Vorrei conoscere la Bibbia a memoria,conoscere il greco,il latino e pure l' aramaico,ma nulla di tutto questo mi è stato donato. Quello che al Signore è piaciuto donarmi, è una grande voglia di parlargli e di ascoltarlo.Logorroica io e taciturno Lui,ma mentre io ho bisogno di parole,Lui si esprime meglio a fatti.Vorrei capire perchè questo bisogno si tramuta in scrivere, e sento che è un modo semplice,delicato e gratuito di mettere al centro la mia relazione con Dio.
martedì 15 ottobre 2013
LA DURA VITA DEI CRISTIANI IN PAKISTAN " Autore: Nicola Morcavallo "
- «La domenica dopo l’attentato suicida, le
chiese erano piene. I cristiani pachistani hanno sì paura, ma non
perdono la loro fede». Così monsignor Joseph Coutts,
arcivescovo di Karachi e presidente della Conferenza episcopale del
Pakistan, ha raccontato il coraggio dei suoi fedeli a margine della
conferenza “Vittime della legge nera-La libertà religiosa in Pakistan”,
organizzata da Aiuto alla Chiesa che Soffre in collaborazione con la
Pontificia Università della Santa Croce. L’incontro, tenutosi lo scorso
10 ottobre, è stato aperto dai saluti del professor Norberto González
Gaitano, docente di Opinione Pubblica presso la Facoltà di Comunicazione
Sociale Istituzionale dell’Università della Santa Croce. Poi il
direttore di ACS-Italia, Massimo Ilardo, ha ricordato lo storico impegno
della fondazione pontificia nella tutela della libertà religiosa, e
presentato alcuni esempi di paesi in cui essa è negata o limitata, quali
Cina, Eritrea e Corea del Nord. Monsignor Coutts ha approfondito le
drammatiche conseguenze della legge sulla blasfemia: norma introdotta
dal dittatore Zia-ul-Haq nel 1986, che punisce con l’ergastolo chiunque
profani il Corano e condanna a morte chi insulta il profeta Maometto.
«Anche se è nata per proteggere l’onore del Profeta Maometto e impedire
dissacrazioni del Corano – ha spiegato il presule – questa legge può
essere facilmente usata in modo improprio. È infatti molto facile per un
musulmano accusare chiunque di blasfemia, perfino un altro musulmano».
Seppure la maggior parte delle accuse sono infondate, la cosiddetta
legge nera rappresenta un potente strumento per ritorsioni personali.
Un’arma particolarmente efficace se la persona contro la quale si punta
il dito è un cristiano, infatti non è richiesta alcuna prova a sostegno
dell’accusa formulata ed il presunto bestemmiatore viene immediatamente
incarcerato. «Diventa molto difficile per la persona accusata provare la
propria innocenza – ha continuato – e quando le emozioni della gente,
incitata dai locali leader islamici, prendono il sopravvento possono
scatenarsi veri e propri massacri». Come accaduto a Gojra, nel 2009,
dopo che dei bambini avevano trasformato dei vecchi fogli di giornale in
coriandoli per festeggiare un matrimonio. Su quelle pagine erano stati
trascritti dei versetti del Corano e così una folla di centinaia di
persone inferocite, a caccia del blasfemo, hanno appiccato il fuoco a
quasi cento case. Otto persone sono morte tra le fiamme. Dall’entrata in
vigore della legge fino alla metà del 2011 si contano ben 1081 accuse
di blasfemia. «La legge sulla blasfemia rappresenta uno degli elementi
tragici del sistema giuridico internazionale», ha affermato Roberto
Fontolan, direttore del Centro internazionale di Comunione e
Liberazione. Tuttavia la “legge nera” non è l’unica causa di sofferenza
per la piccola minoranza cristiana pachistana. «I non musulmani sono
considerati cittadini di seconda classe – ha aggiunto monsignor Coutts –
e sono discriminati in molti modi, specie in ambito lavorativo o
scolastico. Nelle scuole statali, gli alunni non musulmani sono
penalizzati negli studi e non è insolito che agli studenti sia assegnato
un tema dal titolo:“Invita un tuo amico non musulmano a convertirsi
all’Islam”».
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