- San Gioele Profeta d’Israele
19 ottobre
Gerusalemme, V secolo a.C.
È uno dei dodici profeti minori, le cui profezie sono contenute nel
breve libro anticotestamentario che porta il suo nome e che è anche
l'unica fonte da cui si può ricostruire qualche notizia che lo riguarda.
Secondo gli studiosi, l'epoca della sua esistenza sarebbe l'inizio del V
secolo a.C. Tutti i dati storici rilevabili all'interno del suo
scritto, infatti, porterebbero a pensare che la sua opera si collochi
durante l'occupazione persiana della Palestina. Si suppone che fosse di
stirpe sacerdotale, perché parla spesso di offerte sacre, di offerte nel
Tempio e di sacerdoti, ai quali si rivolge con una certa autorità;
esercitò a Gerusalemme, ai cui abitanti si rivolge nel libro. Alla base
della profezia di Gioele vi è sicuramente una calamità naturale
verificatasi proprio in quei tempi. Ma il profeta ne prevede una
peggiore e invita alla alla penitenza. La seconda parte del libro è una
descrizione del «giorno del Signore», cioè del suo supremo intervento
nella storia, accompagnato da una straordinaria ed universale effusione
del suo Spirito. Seguirà il Giudizio divino sulle genti e l'alba di un
nuovo mondo. (Avvenire)
Martirologio Romano: Commemorazione di
san Gioele, profeta, che annunciò il grande giorno del Signore e il
mistero dell’effusione del suo Spirito su ogni uomo, che la maestà
divina si degnò di compiere mirabilmente in Cristo nel giorno di
Pentescoste.
Il nuovo ‘Martyrologium Romanum’ ha spostato al 19
ottobre la celebrazione liturgica di s. Gioele, che nel passato nella
Chiesa latina, era ricordato al 13 luglio.
È uno dei dodici profeti
minori, le cui profezie sono contenute nel breve libro biblico che porta
il suo nome e che è anche l’unica fonte da cui si può ricostruire
qualche notizia che lo riguarda.
Gli studiosi, hanno supposto che
l’epoca della sua esistenza sia l’inizio del V secolo a.C. perché nel
suo libro non si fa menzione di notizie storiche certe, non parla delle
grandi potenze dell’epoca come la Samaria, l’Assiria e Babilonia, quindi
si pensa che fossero già tramontate.
Egli cita come nemici
d’Israele, l’Egitto e l’Idumea, ma in particolare i Fenici ed i Filistei
che vengono accusati di vendere i figli di Giuda (ebrei) come schiavi
ai Greci.
Accenna alla dispersione del popolo ebraico fra le altre
nazioni e la frammentazione del suo territorio; non nomina un re e le
funzioni di guida, nei suoi scritti, sembrano affidate agli “anziani” ed
ai sacerdoti.
Nomina il Tempio, però mancano le offerte per i
sacrifici¸ quindi tutto fa pensare ad un’epoca di grande povertà e ad un
Israele, ridotto di numero di abitanti e di importanza; perciò gli
studiosi hanno pensato all’epoca dell’occupazione persiana della
Palestina, nel V secolo a.C.
Si suppone che fosse di stirpe
sacerdotale, perché parla spesso di offerte sacre, di offerte nel Tempio
e di sacerdoti, ai quali si rivolge con una certa autorità; esercitò
nel territorio di Giuda e più particolarmente a Gerusalemme, ai cui
abitanti si rivolge nel libro.
Alla base della profezia di Gioele vi
è sicuramente una calamità naturale verificatasi proprio in quei tempi;
una enorme invasione di cavallette, come solo in Oriente se ne può
vedere, aveva devastato i campi della Giudea, portando miseria e fame
alla popolazione.
Il profeta interpretando questo flagello, come
castigo inviato da Dio, ritiene che sia necessario invitare tutto il
popolo a fare penitenza ed a chiedere il perdono dei propri peccati. Ma
ciò non basta a placare l’ira di Dio e Gioele vede approssimarsi un
altro flagello, più terribile del precedente, descritto come un immenso
esercito di soldati nemici, più numeroso delle cavallette.
È il
“giorno del Signore” o il giorno della vendetta che si avvicina, il
profeta incita di nuovo alla penitenza (2, 12-17) e finalmente l’ira di
Dio si placa. Il flagello viene scongiurato, la terra ritorna fertile ed
Israele riconosce in Iahweh il suo Dio; questo riconoscimento è come
una conversione gradita a Dio, che ricambia con la promessa di favori
straordinari, assicurando che quando verrà il nuovo “giorno dei
Signore”, egli farà giustizia di tutti i nemici d’Israele radunati nella
valle di Giosafat e riunito il suo popolo disperso, abiterà eternamente
in mezzo a loro.
La seconda parte del libro è una grandiosa
descrizione del “giorno del Signore”, cioè del suo supremo intervento
nella storia, accompagnato da una straordinaria ed universale effusione
del suo Spirito; seguirà il Giudizio divino sulle genti e l’alba di un
nuovo mondo.
S. Pietro apostolo proclamò l’effusione dello Spirito,
adempiuta nel giorno di Pentecoste, con la discesa dello Spirito Santo e
con i prodigi che l’accompagnarono e la seguirono (Act. 2, 16-21).
La liturgia della Chiesa utilizza buona parte del libro di Gioele nei
responsori, lezioni, antifone del Breviario e nelle letture della Messa,
specie durante i periodi di penitenza come l’Avvento, la Quaresima, le
Ceneri.
È ritenuto il profeta della Pentecoste. La Chiesa greca,
l’onora il 19 ottobre, data a cui si è adeguata attualmente la Chiesa
latina, uniformandone la celebrazione.
Autore: Antonio Borrelli
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