- Sant' Osea Profeta
17 ottobre
Israele, VIII sec. A.C.
San Osea è il profeta ebraico Hoseah (=salvato dal Signore), vissuto
nell'VIII secolo prima di Cristo. Figlio di Beerì, Osea è originario del
regno del nord, Osea inizia la sua predicazione sotto Geroboamo II e la
prosegue sotto i successori di questo. Il dramma personale di Osea, che
lo spinge alla sua azione profetica è raccontato nei primi tre capitoli
del libro della Bibbia che porta il suo nome. Probabilmente Osea aveva
sposato una donna che amava e che l'aveva abbandonato, ma egli ha
continuato ad amarla e l'ha ripresa dopo averla messa alla prova. E'
evidente il parallelismo tra Dio e il popolo d'Israele, che conme una
donna infedele ha provocato le ire del suo sposo divino. Osea condanna
le classi dirigenti di Israele, i re che hanno fatto scelte laiche e
mondane e i sacerdoti che hanno abbandonato lo zelo al loro ministero,
conducendo il popolo alla rovina. Egli tuona contro le ingiustizie e le
violenze, ma soprattutto contro l'infedeltà religiosa, un messaggio
vecchio di quasi tre milleni, ma sempre attuale.
Etimologia: Osea = salvato dal Signore, dall'ebraico
Martirologio Romano: Commemorazione di sant’Osea, profeta, che, non
solo con le parole, ma anche con la vita, mostrò all’infedele popolo di
Israele il Signore come Sposo sempre fedele e mosso da infinita
misericordia.
Il ‘Martirologio Romano’, ricorda al 17 novembre
il profeta Osea, l’ebraico Hoseah, il cui nome significa “salvato dal
Signore”.
Osea apre nella Bibbia la serie dei cosiddetti “Profeti
Minori”, ma in realtà la sua è una testimonianza di alto profilo e si
basa su un’esperienza personale e familiare, che viene presa a simbolo
religioso per tutto il popolo ebraico.
Contemporaneo del profeta
Amos, Osea visse e operò nel regno settentrionale d’Israele, di cui era
anche originario, nella seconda metà dell’VIII secolo a.C.; più
precisamente predicò al popolo la Parola di Dio, in un periodo di tempo
racchiuso tra il 750 e il 754 a.C., mentre si maturava la rovina di quel
regno scismatico (721 a.C.) che si era separato dal regno di Giuda,
dopo la morte di Salomone (931 a.C.).
Figlio di Beeri, Osea scrisse i
suoi oracoli profetici al tempo di Ezechia re di Giuda e di Geroboamo
II re d’Israele; il libro omonimo consta di 14 capitoli, i cui primi
tre, sviluppano la sofferta storia personale e familiare del profeta.
Dietro ordine di Dio, egli sposò una prostituta di nome Gomer, figlia
di Diblaim (forse era una sacerdotessa dei culti della fertilità a
sfondo sessuale, del dio Baal dei cananei), dalla quale ebbe tre figli
dai nomi simbolici, il primo Izreel, dal nome della città dove abitavano
d’estate i re d’Israele; la seconda figlia ebbe il nome chiesto da Dio
di “Non-amata” e il terzo il nome sempre dettato da Dio, di
“Non-popolo-mio”.
E la situazione familiare di Osea sarà il filo
conduttore di tutto il Libro, perché la moglie Gomer, pur essendo amata
dal profeta, dopo qualche tempo riprese a prostituirsi con numerosi
amanti, abbandonando il marito ed i figli; i cui nomi simbolici
riflettono la dolorosa situazione familiare.
Ma l’amore di Osea per
la moglie infedele, gli fa superare il furore che ne scaturiva,
convincendo Gomer a ritornare in famiglia dove c’era amore e perdono;
nel capitolo 3 egli descrive così la ricongiunzione:
[Il Signore mi
disse: “Và di nuovo, ama la donna amata da suo marito, benché adultera,
come il Signore ama i figli d’Israele, benché essi si volgano verso
altri dei e amino le schiacciate di uve passe”. Io dunque me la comprai
per quindici pezzi d’argento e una misura e mezza di orzo. Poi le dissi:
“Per un lungo periodo rimarrai al tuo posto con me, non ti prostituirai
e non sarai di un altro e neppure io verrò da te”.
Perché per un
lungo periodo i figli d’Israele saranno senza re e senza principe, senza
sacrificio e senza stele… Dopo ciò i figli d’Israele si convertiranno,
cercheranno il Signore loro Dio e Davide loro re, trepidanti
accorreranno al Signore e ai suoi beni, alla fine dei giorni].
È
evidente il parallelismo tra Dio e il popolo d’Israele, che come una
moglie infedele ha provocato le ire del suo Sposo divino; per la prima
volta nella Bibbia, Dio viene esaltato come lo Sposo del suo popolo,
perché l’alleanza che lo lega ad esso, è un patto d’amore.
Il
profeta Osea nei capitoli successivi, condanna le classi dirigenti
d’Israele, i re che hanno fatto scelte laiche e mondane e i sacerdoti
che hanno abbandonato lo zelo, trascurando il loro ministero, portando
il popolo alla rovina.
Egli si scaglia contro le violenze e le
ingiustizie, soprattutto contro l’infedeltà religiosa, ma poi il
profeta, con pagine di eccezionale vigore, descrive l’amore di Dio con
mirabili accenti di intimità e tenerezza, che sebbene tradito, continua
vivo e pieno di sollecitudine, al fine di ricondurre a sé il popolo
infedele.
A partire da Osea, la raffigurazione dell’alleanza tra
Jahvé e Israele, non sarà più modellata, come al Sinai, sulla base di un
rapporto tra un re e un suo vassallo, cioè un rapporto ‘politico’ tra
due personaggi; viene invece rappresentata come una relazione d’amore
tra due sposi, con aspetti di comunione, spontaneità, intimità; tema che
verrà ripreso dai profeti successivi, sia pure in forme diverse,
costituendo un simbolismo efficace anche per il Nuovo Testamento.
Al
di là del simbolismo, con cui Osea ha scritto il suo oracolo profetico,
per richiamare l’infedele popolo d’Israele, gli studiosi sono concordi
nel ritenere vere le disavventure familiari del profeta, che egli
trasfigura facendole diventare una parabola dell’intera vicenda del
popolo, che di fronte all’amore fedele da parte del Signore, la “sposa”
Israele, aveva risposto con l’infedeltà dell’idolatria cananea, definita
appunto come prostituzione e adulterio.
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