martedì 31 dicembre 2013

(Lc 2,16-21) I pastori trovarono Maria e Giuseppe e il bambino. Dopo otto giorni gli fu messo nome Gesù.

VANGELO
(Lc 2,16-21) I pastori trovarono Maria e Giuseppe e il bambino. Dopo otto giorni gli fu messo nome Gesù.
+ Dal Vangelo secondo Luca

In quel tempo, [i pastori] andarono, senza indugio, e trovarono Maria e Giuseppe e il bambino, adagiato nella mangiatoia. E dopo averlo visto, riferirono ciò che del bambino era stato detto loro. Tutti quelli che udivano si stupirono delle cose dette loro dai pastori. Maria, da parte sua, custodiva tutte queste cose, meditandole nel suo cuore.I pastori se ne tornarono, glorificando e lodando Dio per tutto quello che avevano udito e visto, com’ era stato detto loro.Quando furono compiuti gli otto giorni prescritti per la circoncisione, gli fu messo nome Gesù, come era stato chiamato dall’ angelo prima che fosse concepito nel grembo.

Parola del Signore




LA MIA RIFLESSIONE
PREGHIERA
Vieni Spirito Santo amico mio, dolce compagno dei miei pensieri, vieni a parlarmi di quello che successe a Betlemme, fammi capire il significato di questo passaggio delle letture alla luce della tua sapienza, perché diventi anche la mia. Amen.

Quello che mi salta agli occhi in questa lettura, da subito, è il ruolo dei pastori, che appena ricevono l’ annuncio dell’angelo, si mettono immediatamente in cammino, alla ricerca di Gesù; parlano tra di loro, annunciano agli abitanti di Betlemme quello che hanno visto e sentito.
Non hanno ancora idea di quello che sarebbe successo, ed annunciano che è nato un bambino, che la stella cometa li guidò alla stalla, che gli angeli facevano festa… Tutto si muove intorno a questo avvenimento. Anche Maria e Giuseppe ancora increduli, accettavano tutto senza in fondo rendersi conto di quello che stava succedendo, ma silenziosamente Maria taceva e conservava tutti i suoi dubbi e le sue paure nel suo cuore, sentivano tutti che stava nascendo per loro qualcuno che avrebbe cambiato la loro vita e la storia del mondo, ma come? Quando arriva la chiamata del Signore è in fondo un po’ la stessa cosa anche per noi, ci agitiamo, domandiamo, ci muoviamo di qua e di là affamati della parola di Dio; vorremmo capire tutto e subito, ma sappiamo che dovremo cambiare il nostro modo di vedere le cose, perché dovremo imparare a vivere qualcosa di meraviglioso, di cui non abbiamo la minima idea e pensiamo che sarà un qualcosa che ci cambierà la vita. Lo afferriamo da subito, ma per fortuna il Signore sa dosare meglio di noi i tempi dell’ azione dello Spirito e pian piano ci porterà a conoscere tutti i passi da fare e ci ricolmerà di grazie, e ci farà vivere il regno dei cieli già su questa terra.

lunedì 30 dicembre 2013

VOCE DI SAN PIO :

- " La palma della gloria non è serbata se non a chi combatte da prode fino alla fine. Incominci dunque quest’anno il nostro santo combattimento. Dio ci assisterà e coronerà di un eterno trionfo." (Epist. IV, p. 879).

SANTI é BEATI :

San Silvestro I Papa

31 dicembre - Memoria Facoltativa

m. 335

(Papa dal 31/01/314 al 31/12/335)
Silvestro è il primo Papa di una Chiesa non più minacciata dalle terribili persecuzioni dei primi secoli. Nell’anno 313, infatti, gli imperatori Costantino e Licinio hanno dato piena libertà di culto ai cristiani, essendo papa l’africano Milziade, che è morto l’anno dopo. Gli succede il prete romano Silvestro. A lui Costantino dona come residenza il palazzo del Laterano, affiancato più tardi dalla basilica di San Giovanni, e costruisce la prima basilica di San Pietro. Il lungo pontificato di Silvestro (21 anni) è però lacerato dalle controversie disciplinari e teologiche, e l’autorità della Chiesa di Roma su tutte le altre Chiese, diffuse ormai intorno all’intero Mediterraneo, non è ancora affermata. Nel Concilio di Arles (314) e di Nicea (325) papa Silvestro non ha alcun modo di intervenire: gli vengono solo comunicate, con solennità e rispetto, le decisioni prese. Fu il primo a ricevere il titolo di «Confessore della fede».

Etimologia: Silvestro = abitatore delle selve, uomo dei boschi, selvaggio, dal latino

Martirologio Romano: San Silvestro I, papa, che per molti anni resse con saggezza la Chiesa, nel tempo in cui l’imperatore Costantino costruì le venerande basiliche e il Concilio di Nicea acclamò Cristo Figlio di Dio. In questo giorno il suo corpo fu deposto a Roma nel cimitero di Priscilla.

È il primo Papa di una Chiesa non più minacciata dalle terribili persecuzioni dei primi secoli. Nell’anno 313, infatti, gli imperatori Costantino e Licinio hanno dato piena libertà di culto ai cristiani, essendo Papa l’africano Milziade, che è morto l’anno dopo. Gli succede il prete romano Silvestro. A lui Costantino dona come residenza il palazzo del Laterano, affiancato più tardi dalla basilica di San Giovanni, e costruisce la prima basilica di San Pietro.
In pace con l’autorità civile, ma non tra di loro: così sono i cristiani del tempo. Il lungo pontificato di Silvestro (ben 21 anni) è infatti tribolato dalle controversie disciplinari e teologiche, e l’autorità ordinaria della Chiesa di Roma su tutte le altre Chiese, diffuse ormai intorno all’intero Mediterraneo, non è ancora compiutamente precisata.
Costantino, poi, interviene nelle controversie religiose (o i vescovi e i fedeli lo fanno intervenire) non tanto per “abbassare” Silvestro, ma piuttosto per dare tranquillità all’Impero. (Tanto più che lui non è cristiano, all’epoca; e infondata è la voce secondo cui l’avrebbe battezzato Silvestro).
Costantino indice nel 314 il Concilio occidentale di Arles, in Gallia, sulla questione donatista (i comportamenti dei cristiani durante le persecuzione di Diocleziano). E sempre lui, nel 325, indice il primo Concilio ecumenico a Nicea, dove si approva il Credo che contro le dottrine di Ario riafferma la divinità di Gesù Cristo («Dio vero da Dio vero, generato non creato, della stessa sostanza del Padre»).
Papa Silvestro non ha alcun modo di intervenire nei dibattiti: gli vengono solo comunicate, con solennità e rispetto, le decisioni prese. E, insomma, ci appare sbiadito, non per colpa sua (e nemmeno tutta di Costantino); è come schiacciato dagli avvenimenti. Ma pure deve aver colpito i suoi contemporanei, meglio informati di noi: tant’è che, appena morto, viene subito onorato pubblicamente come “Confessore”. Anzi, è tra i primi a ricevere questo titolo, attribuito dal IV secolo in poi a chi, pur senza martirio, ha trascorso una vita sacrificata a Cristo.
Silvestro è un Papa anche sfortunato con la storia, e senza sua colpa: per alcuni secoli, infatti, è stato creduto autentico un documento, detto “donazione costantiniana”, con cui l’imperatore donava a Silvestro e ai suoi successori la città di Roma e alcune province italiane; un documento già dubbio nel X secolo e riconosciuto del tutto falso nel XV.
Un anno dopo la sua morte, a papa Silvestro era già dedicata una festa al 31dicembre; mentre in Oriente lo si ricorda il 2 gennaio.

(Gv 1,1-18) Il Verbo si fece carne.

VANGELO 
(Gv 1,1-18) Il Verbo si fece carne. 
+ Dal Vangelo secondo Giovanni

In principio era il Verbo,e il Verbo era presso Dio e il Verbo era Dio.Egli era, in principio, presso Dio:tutto è stato fatto per mezzo di lui e senza di lui nulla è stato fatto di ciò che esiste.In lui era la vitae la vita era la luce degli uomini;la luce splende nelle tenebre e le tenebre non l’hanno vinta.Venne un uomo mandato da Dio:il suo nome era Giovanni.Egli venne come testimone per dare testimonianza alla luce,perché tutti credessero per mezzo di lui.Non era lui la luce,ma doveva dare testimonianza alla luce.Veniva nel mondo la luce vera,quella che illumina ogni uomo.Era nel mondo e il mondo è stato fatto per mezzo di lui;eppure il mondo non lo ha riconosciuto.Venne fra i suoi,e i suoi non lo hanno accolto.A quanti però lo hanno accolto ha dato potere di diventare figli di Dio:a quelli che credono nel suo nome,i quali, non da sangue  né da volere di carne né da volere di uomo,ma da Dio sono stati generati.E il Verbo si fece carnee venne ad abitare in mezzo a noi;e noi abbiamo contemplato la sua gloria,gloria come del Figlio unigenito che viene dal Padre,pieno di grazia e di verità.Giovanni gli dà testimonianza e proclama:«Era di lui che io dissi:Colui che viene dopo di meè avanti a me,perché era prima di me».Dalla sua pienezza noi tutti abbiamo ricevuto:grazia su grazia.Perché la Legge fu data per mezzo di Mosè,la grazia e la verità vennero per mezzo di Gesù Cristo.Dio, nessuno lo ha mai visto:il Figlio unigenito, che è Dio ed è nel seno del Padre,è lui che lo ha rivelato.

Parola del Signore


LA MIA RIFLESSIONE
PREGHIERA

Ti prego Spirito di Dio, stammi vicino mentre leggo queste righe e falle entrare nel mio cuore, trasformale sulla tastiera in ciò che tu vuoi, annulla il mio pensiero se permane, per l' amore con il quale Gesù ha accettato la volontà del Padre, per tutti i secoli dei secoli. Amen.

Non servirono i profeti, non bastò Giovanni Battista che precedendolo lo annunciò, neanche che Gesù venne tra gli uomini, che testimoniò con la sua vita l’ amore del Padre; chi non voleva credere, non credette ugualmente. Anche oggi è così; alcuni aderiscono alla parola di Dio, la fanno loro, la seguono, riescono ad entrare in contatto con il regno di Dio già su questa terra, pur affrontando mille difficoltà e riescono a ricevere dal Signore grazie su grazie, per la fede che ripongono in Lui. Altri invece non seguono la legge dettata a Mosè, proclamata da Gesù su questa terra, cercano ancora, non si fidano, non vogliono riconoscere la verità, non lasciano agire lo Spirito su di loro, si ribellano ed escono dalla via tracciata dal Signore e perdono la verità, andando a cercare chissà quale verità, ma trovando solo la menzogna.
Questo Vangelo di Giovanni ci porta direttamente in contatto con l’ amore di Dio. In principio era il Verbo che per comunicarci il suo amore creò una casa in cui farci vivere, creò la terra e poi ce la mise a disposizione, per amore e con amore. Tutto fa parte di un progetto divino di cui noi facciamo parte. Da Dio viene la vita e nella luce di Dio noi ritroviamo la via per tornare a casa, nella casa che era dal tempo dei tempi, preparata per noi.
Chi non ascoltò i profeti e non credette a Giovanni, non crede neanche a Gesù e non capisce che attraverso di Lui Dio si rivela .

domenica 29 dicembre 2013

VOCE DI SAN PIO :

-" È difficile farsi santi. Difficile ma non impossibile. La strada della perfezione è lunga, come è lunga la vita di ciascuno. La consolazione è il riposo, lungo il cammino; ma, appena ristorati, bisogna alzarsi solertemente e riprendere la corsa ." (AP).

SANTI é BEATI :

Beata Margherita Colonna Vergine
Palestrina, 1255 - 30 dicembre 1284
Martirologio Romano: Presso Palestrina nel Lazio, beata Margherita Colonna, vergine, che preferì alle ricchezze e ai piaceri del mondo la povertà per Cristo, che ella servì professando la regola di santa Chiara.

La Beata Margherita nacque a Palestrina nel 1255, figlia di Oddone Colonna e Mabilia Orsini che ebbero altri due figli: Giovanni e Giacomo. Apparteneva dunque a due potenti famiglie romane, protagoniste, nel corso dei secoli, con fasi alterne di pace e di odio reciproco, della storia della città eterna. Palestrina era la roccaforte di famiglia. La ricchezza dei nobili romani era legata ai pontefici e alle cariche ecclesiastiche: per i Colonna dei tempi della Beata basti citare Giovanni, Cardinale di S. Prassede nel 1212 e legato del pontefice durante la V Crociata. Fu lui che portò a Roma dall’oriente la colonna che, secondo la tradizione, servì per la flagellazione di Cristo e che, ancora oggi, è conservata nella basilica romana di cui era titolare. Gli anni in cui visse Margherita furono per la Chiesa complicati e tumultuosi: dal 1268 al 1271 la sede papale rimase vacante, per il periodo più lungo della storia. Erano venti anni che il papa non risiedeva a Roma. A conclavi lunghi seguivano pontificati brevi: il potere del pontefice era fondamentale per gli equilibri del mondo cristiano e soggetto all’antagonismo tra la Francia (Carlo d’Angiò occupava molte regioni d’Italia) e l’Imperatore tedesco del Sacro Romano Impero.
Margherita e i due fratelli rimasero presto orfani. Destinata ad un matrimonio prestigioso, importante per le alleanze nobiliari, in cuor suo, invece, voleva solo essere sposa verginale di Gesù. Il 6 marzo 1273, con due pie donne di casa, si ritirò a Castel San Pietro, sul monte che sovrasta Palestrina, presso la chiesa di S. Maria della Costa, per seguire la sua vocazione sulla scia del movimento francescano. Francesco era morto da quarantasette anni, Chiara da solo venti: il loro ideale di vita affascinava una moltitudine di persone di ogni ceto sociale. Margherita indossò il rude saio, sotto il quale mise un cilicio. Iniziò digiuni e penitenze, pregando che si realizzasse il suo desiderio: diventare clarissa. Visse lì qualche anno in ritiro. La sua vita da anacoreta era, per la potente famiglia Colonna, uno scandalo. Il conforto arrivò però dal fratello Giacomo che, sebbene giovanissimo, era già cardinale (dal 1278) per volere di Papa Nicolò III (Giovanni Gaetano Orsini), mentre Giovanni era Senatore di Roma. Giacomo, nonostante fosse stato insignito del titolo solo perché membro di una famiglia importante, come purtroppo era consuetudine a quei tempi, amava sinceramente Cristo. Condusse Margherita a Roma e insieme pregarono sulla tomba degli Apostoli Pietro e Paolo. Iniziò per Margherita una nuova vita. La sostanziosa eredità ormai non le apparteneva più, era dei poveri che mai mancano sulla strada dei santi. Il suo esempio luminoso destava interesse, soprattutto da parte di altre donne desiderose di spendere come lei la loro esistenza al servizio di Gesù. Chiese al Generale dei Frati Minori Girolamo Masci (futuro Papa Nicolò IV) il permesso di entrare nel Monastero di Assisi. Lo impedì però una malattia: diversi erano i piani del Signore. Pensò allora al Convento della Mentola (tra Palestrina e Tivoli) dove era venerata un’immagine della Vergine Santissima di cui era molto devota, luogo visitato anche da S. Francesco. Era però feudo del Conte di Poli che mal vedeva una Colonna nei suoi territori. Fece ritorno allora a casa e, con l’aiuto del fratello cardinale, fondò un monastero sulla vicina montagna, dove, poveramente, si lodava e si pregava, notte e giorno, il Signore. Margherita si occupò della formazione delle compagne, ma la sua carità andò oltre, rivolta anche agli ammalati e ai poveri dei paesi vicini. Per loro, ogni anno, per la festività di San Giovanni Battista di cui era molto devota, organizzava un pranzo. La tradizione dice che una volta Gesù e il Battista si presentarono alla sua mensa, ma poi scomparvero quando Margherita li riconobbe. Esaurito il consistente patrimonio personale, lei, nata ricchissima, allungò la mano per chiedere l’elemosina e poter così continuare le sue opere. Tra l’altro si ricorda l’assistenza prestata, in un momento di particolare necessità, ai frati minori del convento di Zagarolo.
La sua unione con Cristo divenne sempre più intensa: fu confortata visibilmente da Gesù, dalla Madonna e dal Santo Padre Francesco. Cadde più volte in estasi e per sette anni sopportò pazientemente una ferita ulcerosa sul fianco, portata come una stimmata della Passione di Gesù. Neppure trentenne la sua morte era preziosa agli occhi del Signore. Spirò, a causa dell’ulcera e di febbri violente, il 30 dicembre 1284. Immediatamente il suo sepolcro divenne meta di pellegrinaggi e i devoti, per sua intercessione, ottenevano grazie. Con l’autorizzazione di Papa Onorio IV, nel 1285, la comunità di clarisse si trasferì a Roma nel Monastero di S. Silvestro in Capite, portando con sé il venerato corpo della Beata (vi resterà fino al 1871). I suoi primi biografi furono il fratello e la prima badessa di S. Silvestro.
Il 17 settembre 1847 Papa Pio IX confermò il culto “ab immemorabili” e la memoria liturgica al 17 dicembre. Qualche anno prima Papa Gregorio XVI aveva stabilito che i Colonna e gli Orsini erano le uniche due famiglie col privilegio esclusivo di Principi assistenti al soglio pontificio.
Oggi le reliquie della Beata Margherita sono venerate nella chiesa di Castel San Pietro, poco distante da Palestrina. Qui il seme da lei gettato, oltre sette secoli fa, è ancora oggi vivo attraverso le Clarisse del Monastero di Santa Maria degli Angeli.
Il Martyrologium Romanum la ricorda il 30 dicembre.


PREGHIERA
O Dio, che hai reso ammirevole nel disprezzo dei beni terreni
la Beata Vergine Margherita, ardente d’amore per Te,
concedi a noi, per sua intercessione,
di essere continuamente uniti a Te
solo mentre portiamo la croce.
Effondi su di noi, o Signore,
lo spirito di santità che hai donato alla Beata Margherita Colonna,
perché possiamo conoscere l’amore del Cristo,
che supera ogni conoscenza,
e godere la pienezza della vita divina.
Per Cristo Nostro Signore.
Amen.

Autore:
Daniele Bolognini

(Lc 2,36-40) Anna parlava del bambino a quanti aspettavano la redenzione.

VANGELO 
(Lc 2,36-40) Anna parlava del bambino a quanti aspettavano la redenzione. 
+ Dal Vangelo secondo Luca

[Maria e Giuseppe portarono il bambino a Gerusalemme per presentarlo al Signore.] C’era una profetessa, Anna, figlia di Fanuèle, della tribù di Aser. Era molto avanzata in età, aveva vissuto con il marito sette anni dopo il suo matrimonio, era poi rimasta vedova e ora aveva ottantaquattro anni. Non si allontanava mai dal tempio, servendo Dio notte e giorno con digiuni e preghiere. Sopraggiunta in quel momento, si mise anche lei a lodare Dio e parlava del bambino a quanti aspettavano la redenzione di Gerusalemme.Quando ebbero adempiuto ogni cosa secondo la legge del Signore, fecero ritorno in Galilea, alla loro città di Nàzaret. Il bambino cresceva e si fortificava, pieno di sapienza, e la grazia di Dio era su di lui.

Parola del Signore



LA MIA RIFLESSIONE
PREGHIERA
Spirito Santo,amore mio, tu che hai saputo illuminare nei tempi i profeti, degnati di darmi una giusta visione della parola di Dio, perchè non possa ingannarmi, ma leggerla solo alla tua luce.
Fatti spazio nel mio cuore, perché sia solo tuo. Amen.

L’ immagine di oggi della profetessa Anna, mi fa pensare a chi, dopo aver vissuto una vita dedicata alla famiglia, si ritrova all’ improvviso da sola/o e ritrova una famiglia nella sua parrocchia, nella sua chiesa, dedicandosi al servizio più umile, sistemare l’altare, pulire, preparare le funzioni, recitare il rosario… mille piccole attività che richiedono la loro presenza e le fanno sentire utili al Signore.
Molti dicono che le vecchie vanno in chiesa perché non hanno altro da fare e che vista l’età si preoccupano di per la loro anima… ma io penso a quelle vecchiette di quando io ero piccola, che non capivano la messa, perché era in latino e, mentre il sacerdote celebrava, sgranavano il rosario. Quanta tenerezza in quel gesto, quanta umiltà!Anna passa la vita nel tempio, servendo e contemplando il Signore, poi illuminata dallo Spirito lo riconosce nel Bambino e lo annuncia a quanti lo stavano aspettando. Torna la lode a Dio, la preghiera, l’esempio; questa è la chiesa che noi formiamo, quella che è comunità, che accoglie gli anziani, che li fa partecipare e non li esclude, che si preoccupa di portare l’ Eucarestia agli ammalati, che cerca la luce dello Spirito nella preghiera comunitaria.Ieri è stato celebrato da noi il funerale del povero Gaspare, che dopo una vita passata tra i banchi della chiesa, ora è davanti al Signore e sicuramente sta ricevendo da Dio tutto l'amore che merita, quell'amore che ha sempre
vissuto tra i banchi, facendosi accompagnare, lui con il suo bastone,come altri con le carrozzelle... loro si che sono l'immagine della devozione umile e serena di chi si accetta nel mutare del tempo e offre sempre il massimo di quello che ha. Grazie a Dio per il loro esempio e la loro umiltà.

La Santa Famiglia



Festa della Santa Famiglia di Gesù, Maria e Giuseppe
esempio santissimo per le famiglie cristiane che ne invocano il necessario aiuto.

La festa della Sacra Famiglia nella liturgia cattolica, nel secolo XVII veniva celebrata localmente; papa Leone XIII nel 1895, la fissò alla terza domenica dopo l’Epifania “omnibus potentibus”, ma fu papa Benedetto XV che nel 1921 la estese a tutta la Chiesa, fissandola alla domenica compresa nell’ottava dell’Epifania; papa Giovanni XXIII la spostò alla prima domenica dopo l’Epifania; attualmente è celebrata nella domenica dopo il Natale o, in alternativa, il 30 dicembre negli anni in cui il Natale cade di domenica.
La celebrazione fu istituita per dare un esempio e un impulso all’istituzione della famiglia, cardine del vivere sociale e cristiano, prendendo a riferimento i tre personaggi che la componevano, figure eccezionali sì ma con tutte le caratteristiche di ogni essere umano e con le problematiche di ogni famiglia.
Innanzitutto le tre persone che la componevano: Maria la prescelta fra tutte le creature a diventare la corredentrice dell’umanità, che presuppose comunque il suo assenso con l’Annunciazione dell’arcangelo Gabriele.
Seguì il suo sposalizio con il giusto Giuseppe, secondo i disegni di Dio e secondo la legge ebraica; e conservando la sua verginità, avvertì i segni della gravidanza con la Visitazione a s. Elisabetta, fino a divenire con la maternità, la madre del Figlio di Dio e madre di tutti gli uomini.
E a lei toccò allevare il Divino Bambino con tutte le premure di una madre normale, ma con nel cuore la grande responsabilità per il compito affidatale da Dio e la pena per quanto le aveva profetizzato il vecchio Simeone durante la presentazione al Tempio: una spada ti trafiggerà il cuore.
Infine prima della vita pubblica di Gesù, la troviamo citata nei Vangeli, che richiama Gesù ormai dodicenne, che si era fermato nel Tempio con i dottori, mentre lei e Giuseppe lo cercavano angosciati da tre giorni.


Giuseppe è l’altro componente della famiglia di Gesù, di lui non si sa molto; i Vangeli raccontano il fidanzamento con Maria, l’avviso dell’angelo per la futura maternità voluta da Dio, con l’invito a non ripudiarla, il matrimonio con lei, il suo trasferirsi con Maria a Betlemme per il censimento, gli episodi connessi alla nascita di Gesù, in cui Giuseppe fu sempre presente. 

Fu sempre lui ad essere avvisato in sogno da un angelo, dopo l’adorazione dei Magi, di mettere in salvo il Bambino dalla persecuzione scatenata da Erode il Grande e Giuseppe proteggendo la sua famiglia, li condusse in Egitto al sicuro. 

Dopo la morte dello scellerato re, ritornò in Galilea stabilendosi a Nazareth; ancora adempì alla legge ebraica portando Gesù al Tempio per la circoncisione, offrendo per la presentazione alcune tortore e colombe. 


La tradizione lo dice falegname, ma il Vangelo lo designa come artigiano; viene ancora menzionato nei testi sacri, che conduce Gesù e Maria a Gerusalemme, e qui con grande apprensione smarrisce Gesù, che aveva dodici anni, ritrovandolo dopo tre giorni che discuteva con i dottori nel Tempio; ritornati a Nazareth, come dice il Vangelo, il Bambino cresceva e si fortificava, pieno di sapienza e la grazia di Dio era sopra di lui.
Di lui non si sa altro, nemmeno della sua morte, avvenuta probabilmente prima della vita pubblica di Gesù, cioè prima dei 30 anni. http://airemsea.it/i-santi/

La terza persona della famiglia è Gesù; con la sua presenza essa diventa la Sacra Famiglia; anche della sua infanzia non si sa praticamente niente; Egli, il Figlio di Dio, vive nel nascondimento della sua famiglia terrena, ubbidiente a sua madre ed a suo padre, collaborando da grandicello nella bottega di Giuseppe, meraviglioso esempio di umiltà.
Certamente assisté il padre putativo nella sua vecchiaia e morte, come tutti i buoni figli fanno, ubbidientissimo alla madre, ormai vedova, fino ad operare per sua richiesta, il suo primo miracolo pubblico alle nozze di Cana.


Non sappiamo quanti anni trascorsero con la Sacra Famiglia ridotta senza Giuseppe, il quale, se non fu presente negli anni della vita pubblica di Cristo, né alla sua Passione e morte e negli eventi successivi, la sua figura nella Cristianità, si diffuse in un culto sempre più crescente, in Oriente fin dal V secolo, mentre in Occidente lo fu dal Medioevo, sviluppandosi specie nell’Ottocento; è invocato per avere una buona morte, il nome Giuseppe è tra i più usati nella Cristianità.
Pio IX nel 1870 lo proclamò patrono di tutta la Chiesa; nel 1955 Pio XII istituì al 1° maggio la festa di s. Giuseppe artigiano; dal 1962 il suo nome è inserito nel canone della Messa.


La Sacra Famiglia è stato sempre un soggetto molto ispirato nella fantasia degli artisti, i maggiori pittori di tutti i secoli hanno voluto raffigurarla nelle sue varie espressioni della Natività, Adorazione dei Magi, Fuga in Egitto, nella bottega da artigiano (falegname), ecc.
Il tema iconografico ha largamente ispirato gli artisti del Rinascimento, esso è composto in genere da Maria, Giuseppe e il Bambino oppure da Sant’Anna, la Vergine e il Bambino. Le più note rappresentazioni sono quella di Masaccio con s. Anna e quella di Michelangelo con s. Giuseppe, più conosciuta come Tondo Doni. È da ricordare in campo scultoreo e architettonico la “Sagrada Familia” di Antonio Gaudì a Barcellona.

Numerose Congregazioni religiose sia maschili che femminili, sono intitolate alla Sacra Famiglia, in buona parte fondate nei secoli XIX e XX; come le “Suore della Sacra Famiglia”, fondate a Bordeaux nel 1820 dall’abate P.B.Noailles, dette anche ‘Suore di Loreto’; le “Suore della Sacra Famiglia di Nazareth” fondate nel 1875 a Roma, dalla polacca Siedliska; le “Piccole Suore della Sacra Famiglia” fondate nel 1892, dal beato Nascimbeni a Castelletto di Brenzone (Verona); i “Preti e fratelli della Sacra Famiglia” fondati nel 1856 a Martinengo, dalla beata Paola Elisabetta Cerioli; i “Figli della Sacra Famiglia” fondati nel 1864 in Spagna da José Mananet e tante altre.  (Autore: Antonio Borrelli )


LA DEVOZIONE ALLA SACRA FAMIGLIA
La devozione alla Sacra Famiglia è una volontà ferma, risoluta ed efficace di fare tutto ciò che piace a Gesù, Maria e Giuseppe e di fuggire ciò che possa loro dispiacere.
Essa ci porta a conoscere, amare ed onorare nel miglior modo possibile la Famiglia di Nazareth per meritarcene i favori, le grazie, le benedizioni, il patrocinio, ed è perciò la devozione per noi più effi­cace, più dolce e più tenera. 
La devozione più efficace
Chi mai in cielo e in terra è più potente della Sacra Famiglia?
 Gesù Cristo-Dio è onnipotente come il Padre.
Egli è la sorgente di ogni favore, il padrone di ogni grazia, il datore di ogni dono per­fetto;
 come Uomo-Dio è l'avvocato per eccellenza,
che in ogni momento intercede per noi presso Dio Padre.
Maria e Giuseppe per l'altezza della loro san­tità, per l'eccellenza della loro dignità, per i meriti che acquistarono nel perfetto compimento della loro missione divina, per i vincoli che li stringono alla SS. Trinità, godono presso il trono dell'Altissimo una potenza di intercessione infinita; e Gesù, riconoscendo in Maria sua Madre e in Giuseppe il suo custode, a tali intercessori, nulla mai nega.
Gesù, Maria e Giuseppe, padroni delle divine grazie possono aiutarci in qualsiasi bisogno, e chi li prega ottiene tanto e tocca con mano che la devozione alla Sacra Famiglia è fra le più efficaci, efficacissima.
La devozione più dolce
Gesù Cristo è nostro fratello, nostro capo, nostro Salvatore e nostro Dio;
Egli ci amò tanto che morì sulla croce, ci diede se stesso nell'Eucarestia,
 ci lasciò sua Madre come Madre nostra, ci destinò come protettore il suo stesso custode;
 e ci ama tanto che è sempre pronto a darci ogni grazia, ad ottenerci ogni favore
dal suo divin Padre, perciò ha detto:
«Tutto quello che chiedere­te al Padre nel mio nome, tutto vi sarà dato».
Maria ci è due volte Madre: tale divenne quan­do diede al mondo Gesù, nostro fratello primogeni­to e quando ci generò fra i dolori sul Calvario. Ella ha un Cuore tutto simile al Cuore di Gesù e ci ama immensamente.
Grande è anche l'amore che ci porta San Giuseppe come a fratelli di Gesù e a figli di Maria, come a devoti consacrati. E non è forse la cosa più dolce intrattenersi con delle persone che ci amano e che ci vogliono fare molto bene? Ma chi può mai amarci e farci più bene di Gesù, Maria e Giuseppe, i quali ci amano infinitamente e sogliono fare tutto per noi?
La devozione più tenera
I Cuori amatissimi di Gesù, Maria e Giuseppe tanto più si sentono intenerire verso di noi, quanto più grandi sotto le nostre miserie spirituali e tempo­rali; allo stesso modo che una madre più si intene­risce, quanto più grave è il pericolo in cui versa un suo figlio.
La sacra Famiglia non solo può e vuole aiutar­ci, ma è trascinata a soccorrerci dalla sua tenerezza e dai molti bisogni che ci circondano, perché essa in ogni momento scorge in noi dei membri e dei figli suoi carissimi, e vede in quali strettezze e in quali pericoli viviamo.
 Questo affaccendarsi di Gesù, Maria e Giuseppe per aiutarci nelle nostre molteplici miserie, non è forse la cosa più tenera, la più consolante?
Sì, nella devozione alla Sacra Famiglia, si trova davvero il balsamo del conforto e della consolazione per i nostri cuori!
 
ATTO DI CONSACRAZIONE A GESÙ, MARIA E GIUSEPPE
(Imprimatur + Angelo Comastri, Arcivescovo di Loreto, 15 agosto 1997)
Gesù, Maria e Giuseppe, amori miei dolcissimi, io, piccolo figlio vostro, mi consacro totalmente e per sempre a voi: a te, o Gesù, come mio adorato e unico Signore, a te, o Maria, come Madre mia Immacolata e piena di grazia, a te, o Giuseppe, come padre e custode della mia anima. Vi dono la mia volontà, la mia libertà e tutto me stesso. Voi vi siete donati tutti a me, io mi dono tutto a voi. Io non voglio più essere mio, voglio essere vostro e solo vostro.
Voglio che la mia vita sia tutta vostra, con il mio corpo e la mia anima. A voi consacro tutti i miei pensieri, i miei desi­deri, i miei affetti e vi offro il valore delle mie buone opere presenti e future.
Accettate la consacrazione che vi faccio: fate voi in me, disponete di me e di tutte le mie cose, come vi piace. Gesù, Maria e Giuseppe, datemi i vostri cuori, prendete il mio. Unitemi con voi alla Santissima Trinità. Aiutatemi ad amare sempre più la Chiesa e il Papa. lo vi amo, vi amo. Così sia. 
Preghiamo per le nostre Famiglie e rendiamo grazie a Dio,
 alla Vergine Maria e a San Giuseppe,
 che con tanta fede e disponibilità hanno cooperato
al disegno di salvezza del Signore.







sabato 28 dicembre 2013

VOCE DI SAN PIO :

- "Una volta suonata la nostra ultima ora, cessati i battiti del nostro cuore, tutto sarà finito per noi, ed  il tempo di meritare e quello pure di demeritare. Tali e quali la morte ci troverà, ci presenteremo a Cristo giudice. I nostri gridi di supplica, le nostre lacrime, i nostri sospiri di pentimento, che ancora sulla terra ci avrebbero guadagnato il cuore di Dio, avrebbero potuto di noi fare, con l’aiuto dei sacramenti, da peccatori dei santi, oggi piú a nulla valgono; il tempo della misericordia è trascorso, ora incomincia il tempo della giustizia." (Epist. IV, p. 876).  

SANTI é BEATI :

Santa Famiglia di Gesù, Maria e Giuseppe
Nazareth, Palestina, I secolo
Il Natale ci ha già mostrato la Sacra Famiglia raccolta nella grotta di Betlemme, ma oggi siamo invitati a contemplarla nella casetta di Nazareth, dove Maria e Giuseppe sono intenti a far crescere, giorno dopo giorno, il fanciullo Gesù. Possiamo immaginarla facilmente (gli artisti l’hanno fatto spesso) in mille situazioni e atteggiamenti, mettendo in primo piano o la Vergine santa accanto al suo Bambino, o il buon san Giuseppe nella bottega di falegname dove il fanciullo impara anche il lavoro umano, giocando. Ma possiamo anche intuire l’avvenimento immenso che a Nazareth si compie: poter amare Dio e amare il prossimo con un unico indivisibile gesto! Per Maria e Giuseppe, infatti, il Bambino è assieme il loro Dio e il loro prossimo più caro. Fu dunque a Nazareth che gli atti più sacri (pregare, dialogare con Dio, ascoltare la sua Parola, entrare in comunione con Lui) coincisero con le normali espressioni colloquiali che ogni mamma e ogni papà rivolgono al loro bambino. Fu a Nazareth che gli «atti di culto dovuti a Dio» (quelli stessi che intanto venivano celebrati nel grandioso tempio di Gerusalemme) coincisero con le normali cure con cui Maria vestiva il Bambino Gesù, lo lavava, lo nutriva, assecondava i suoi giochi. Fu allora che cominciò la storia di tutte le famiglie cristiane, per le quali tutto (gli affetti, gli avvenimenti, la materia del vivere) può essere vissuto come sacramento: segno reale e anticipazione di un amore Infinito
Martirologio Romano: Festa della Santa Famiglia di Gesù, Maria e Giuseppe, esempio santissimo per le famiglie cristiane che ne invocano il necessario aiuto.
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La festa della Sacra Famiglia nella liturgia cattolica, nel secolo XVII veniva celebrata localmente; papa Leone XIII nel 1895, la fissò alla terza domenica dopo l’Epifania “omnibus potentibus”, ma fu papa Benedetto XV che nel 1921 la estese a tutta la Chiesa, fissandola alla domenica compresa nell’ottava dell’Epifania; papa Giovanni XXIII la spostò alla prima domenica dopo l’Epifania; attualmente è celebrata nella domenica dopo il Natale o, in alternativa, il 30 dicembre negli anni in cui il Natale cade di domenica.
La celebrazione fu istituita per dare un esempio e un impulso all’istituzione della famiglia, cardine del vivere sociale e cristiano, prendendo a riferimento i tre personaggi che la componevano, figure eccezionali sì ma con tutte le caratteristiche di ogni essere umano e con le problematiche di ogni famiglia.
Innanzitutto le tre persone che la componevano: Maria la prescelta fra tutte le creature a diventare la corredentrice dell’umanità, che presuppose comunque il suo assenso con l’Annunciazione dell’arcangelo Gabriele.
Seguì il suo sposalizio con il giusto Giuseppe, secondo i disegni di Dio e secondo la legge ebraica; e conservando la sua verginità, avvertì i segni della gravidanza con la Visitazione a s. Elisabetta, fino a divenire con la maternità, la madre del Figlio di Dio e madre di tutti gli uomini.
E a lei toccò allevare il Divino Bambino con tutte le premure di una madre normale, ma con nel cuore la grande responsabilità per il compito affidatale da Dio e la pena per quanto le aveva profetizzato il vecchio Simeone durante la presentazione al Tempio: una spada ti trafiggerà il cuore.
Infine prima della vita pubblica di Gesù, la troviamo citata nei Vamgeli, che richiama Gesù ormai dodicenne, che si era fermato nel Tempio con i dottori, mentre lei e Giuseppe lo cercavano angosciati da tre giorni.
Giuseppe è l’altro componente della famiglia di Gesù, di lui non si sa molto; i Vangeli raccontano il fidanzamento con Maria, l’avviso dell’angelo per la futura maternità voluta da Dio, con l’invito a non ripudiarla, il matrimonio con lei, il suo trasferirsi con Maria a Betlemme per il censimento, gli episodi connessi alla nascita di Gesù, in cui Giuseppe fu sempre presente.
Fu sempre lui ad essere avvisato in sogno da un angelo, dopo l’adorazione dei Magi, di mettere in salvo il Bambino dalla persecuzione scatenata da Erode il Grande e Giuseppe proteggendo la sua famiglia, li condusse in Egitto al sicuro.
Dopo la morte dello scellerato re, ritornò in Galilea stabilendosi a Nazareth; ancora adempì alla legge ebraica portando Gesù al Tempio per la circoncisione, offrendo per la presentazione alcune tortore e colombe.
La tradizione lo dice falegname, ma il Vangelo lo designa come artigiano; viene ancora menzionato nei testi sacri, che conduce Gesù e Maria a Gerusalemme, e qui con grande apprensione smarrisce Gesù, che aveva dodici anni, ritrovandolo dopo tre giorni che discuteva con i dottori nel Tempio; ritornati a Nazareth, come dice il Vangelo, il Bambino cresceva e si fortificava, pieno di sapienza e la grazia di Dio era sopra di lui.
Di lui non si sa altro, nemmeno della sua morte, avvenuta probabilmente prima della vita pubblica di Gesù, cioè prima dei 30 anni.
La terza persona della famiglia è Gesù; con la sua presenza essa diventa la Sacra Famiglia; anche della sua infanzia non si sa praticamente niente; Egli, il Figlio di Dio, vive nel nascondimento della sua famiglia terrena, ubbidiente a sua madre ed a suo padre, collaborando da grandicello nella bottega di Giuseppe, meraviglioso esempio di umiltà.
Certamente assisté il padre putativo nella sua vecchiaia e morte, come tutti i buoni figli fanno, ubbidientissimo alla madre, ormai vedova, fino ad operare per sua richiesta, il suo primo miracolo pubblico alle nozze di Cana.
Non sappiamo quanti anni trascorsero con la Sacra Famiglia ridotta senza Giuseppe, il quale, se non fu presente negli anni della vita pubblica di Cristo, né alla sua Passione e morte e negli eventi successivi, la sua figura nella Cristianità, si diffuse in un culto sempre più crescente, in Oriente fin dal V secolo, mentre in Occidente lo fu dal Medioevo, sviluppandosi specie nell’Ottocento; è invocato per avere una buona morte, il nome Giuseppe è tra i più usati nella Cristianità.
Pio IX nel 1870 lo proclamò patrono di tutta la Chiesa; nel 1955 Pio XII istituì al 1° maggio la festa di s. Giuseppe artigiano; dal 1962 il suo nome è inserito nel canone della Messa.
La Sacra Famiglia è stato sempre un soggetto molto ispirato nella fantasia degli artisti, i maggiori pittori di tutti i secoli hanno voluto raffigurarla nelle sue varie espressioni della Natività, Adorazione dei Magi, Fuga in Egitto, nella bottega da artigiano (falegname), ecc.
Il tema iconografico ha largamente ispirato gli artisti del Rinascimento, esso è composto in genere da Maria, Giuseppe e il Bambino oppure da Sant’Anna, la Vergine e il Bambino. Le più note rappresentazioni sono quella di Masaccio con s. Anna e quella di Michelangelo con s. Giuseppe, più conosciuta come Tondo Doni. È da ricordare in campo scultoreo e architettonico la “Sagrada Familia” di Antonio Gaudì a Barcellona.
Numerose Congregazioni religiose sia maschili che femminili, sono intitolate alla Sacra Famiglia, in buona parte fondate nei secoli XIX e XX; come le “Suore della Sacra Famiglia”, fondate a Bordeaux nel 1820 dall’abate P.B.Noailles, dette anche ‘Suore di Loreto’; le “Suore della Sacra Famiglia di Nazareth” fondate nel 1875 a Roma, dalla polacca Siedliska; le “Piccole Suore della Sacra Famiglia” fondate nel 1892, dal beato Nascimbeni a Castelletto di Brenzone (Verona); i “Preti e fratelli della Sacra Famiglia” fondati nel 1856 a Martinengo, dalla beata Paola Elisabetta Cerioli; i “Figli della Sacra Famiglia” fondati nel 1864 in Spagna da José Mananet e tante altre.

Autore:
Antonio Borrelli

"Alzati, prendi con te il bambino e sua madre e fuggi in Egitto"(Mat 2,13-15.19-23.)

VANGELO DI DOMENICA 29 DICEMBRE
"Alzati, prendi con te il bambino e sua madre e fuggi in Egitto"(Mat 2,13-15.19-23.)

Dal Vangelo di Gesù Cristo secondo Matteo 2,13-15.19-23.

Essi erano appena partiti, quando un angelo del Signore apparve in sogno a Giuseppe e gli disse: «Alzati, prendi con te il bambino e sua madre e fuggi in Egitto, e resta là finché non ti avvertirò, perché Erode sta cercando il bambino per ucciderlo».
Giuseppe, destatosi, prese con sé il bambino e sua madre nella notte e fuggì in Egitto,
dove rimase fino alla morte di Erode, perché si adempisse ciò che era stato detto dal Signore per mezzo del profeta: Dall'Egitto ho chiamato il mio figlio.
Morto Erode, un angelo del Signore apparve in sogno a Giuseppe in Egitto
e gli disse: «Alzati, prendi con te il bambino e sua madre e và nel paese d'Israele; perché sono morti coloro che insidiavano la vita del bambino».
Egli, alzatosi, prese con sé il bambino e sua madre, ed entrò nel paese d'Israele.
Avendo però saputo che era re della Giudea Archelào al posto di suo padre Erode, ebbe paura di andarvi. Avvertito poi in sogno, si ritirò nelle regioni della Galilea
e, appena giunto, andò ad abitare in una città chiamata Nazaret, perché si adempisse ciò che era stato detto dai profeti: «Sarà chiamato Nazareno».

PAROLA DEL SIGNORE.
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Papa Francesco
Enciclica « Lumen Fidei/ La luce della fede » , § 52-53( © Libreria Editrice Vaticana)

La fede e il cammino della famiglia

La fede e la famiglia: Nel cammino di Abramo verso la città futura, la Lettera agli Ebrei accenna alla benedizione che si trasmette dai genitori ai figli (cfr Eb 11, 20-21). Il primo ambito in cui la fede illumina la città degli uomini si trova nella famiglia. Penso anzitutto all’unione stabile dell’uomo e della donna nel matrimonio. Essa nasce dal loro amore, segno e presenza dell’amore di Dio, dal riconoscimento e dall’accettazione della bontà della differenza sessuale, per cui i coniugi possono unirsi in una sola carne (cfr Gen 2,24) e sono capaci di generare una nuova vita, manifestazione della bontà del Creatore, della sua saggezza e del suo disegno di amore. Fondati su quest’amore, uomo e donna possono promettersi l’amore mutuo con un gesto che coinvolge tutta la vita e che ricorda tanti tratti della fede. Promettere un amore che sia per sempre è possibile quando si scopre un disegno più grande dei propri progetti, che ci sostiene e ci permette di donare l’intero futuro alla persona amata. La fede poi aiuta a cogliere in tutta la sua profondità e ricchezza la generazione dei figli, perché fa riconoscere in essa l’amore creatore che ci dona e ci affida il mistero di una nuova persona. È così che Sara, per la sua fede, è diventata madre, contando sulla fedeltà di Dio alla sua promessa (cfr Eb11,11).

In famiglia, la fede accompagna tutte le età della vita, a cominciare dall’infanzia: i bambini imparano a fidarsi dell’amore dei loro genitori. Per questo è importante che i genitori coltivino pratiche comuni di fede nella famiglia, che accompagnino la maturazione della fede dei figli. Soprattutto i giovani, che attraversano un’età della vita così complessa, ricca e importante per la fede, devono sentire la vicinanza e l’attenzione della famiglia e della comunità ecclesiale nel loro cammino di crescita nella fede.

venerdì 27 dicembre 2013

VOCE DI SAN PIO :

-" I mondani, ingolfati nei loro affari, vivono nell’oscurità e nell’errore, né si danno pensiero di conoscere le cose di Dio, né alcun pensiero della loro salvezza eterna, né alcuna premura di conoscere la venuta di quel Messia atteso e sospirato dalle genti, profetizzato e predetto dai profeti." (Epist. IV, p. 885).

SANTI é BEATI :

Santi Innocenti Martiri
sec. I
Gli innocenti che rendono testimonianza a Cristo non con le Parole, ma con il sangue, ci ricordano che il martirio è dono gratuito del Signore. Le vittime immolate dalla ferocia di Erode appartengono, insieme a santo Stefano e all'evangelista Giovanni, al corteo del re messiniaco e ricordano l'eminente dignità dei bambini nella Chiesa. (Mess. Rom.)
Patronato: Bambini
Emblema: Palma

Martirologio Romano: Festa dei santi Innocenti martiri, i bambini che a Betlemme di Giuda furono uccisi dall’empio re Erode, perché insieme ad essi morisse il bambino Gesù che i Magi avevano adorato, onorati come martiri fin dai primi secoli e primizia di tutti coloro che avrebbero versato il loro sangue per Dio e per l’Agnello.
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La Chiesa onora come martiri questo coro di fanciulli ("infantes" o "innocentes"), vittime ignare del sospettoso e sanguinario re Erode, strappati dalle braccia materne in tenerissima età per scrivere col loro sangue la prima pagina dell'albo d'oro dei martiri cristiani e meritare la gloria eterna secondo la promessa di Gesù: " Colui che avrà perduto la sua vita per causa mia la ritroverà". Per essi la liturgia ripete oggi le parole del poeta Prudenzio: "Salute, o fiori dei martiri, che sulle soglie del mattino siete stati diverti dal persecutore di Gesù, come un turbine furioso tronca le rose appena sbocciate. Voi foste le prime vittime, il tenero gregge immolato, e sullo stesso altare avete ricevuto la palma e la corona".
L'episodio è narrato soltanto dall'evangelista Matteo, che si indirizzava principalmente a lettori ebrei e pertanto intendeva dimostrare la messianicità di Gesù, nel quale si erano avverate le antiche profezie: "Allora Erode, vedendosi deluso dai magi, s'irritò grandemente e mandò ad uccidere tutti i bambini che erano in Betlem e in tutti i suoi dintorni, dai due anni in giù, secondo il tempo che aveva rilevato dai magi. Allora si adempì ciò che era stato annunciato dal profeta Geremia, quando disse: Un grido in Rama si udì, pianto e grave lamento: Rachele piange i suoi figli, né ha voluto essere consolata, perché non sono più".
L'origine di questa festa è molto antica. Compare già nel calendario cartaginese del IV secolo e cent'anni più tardi a Roma nel Sacramentario Leoniano. Oggi, con la nuova riforma liturgica, la celebrazione ha un carattere gioioso e non più di lutto com'era agli inizi, e ciò in sintonia con le simpatiche consuetudini medioevali che celebravano in questa ricorrenza la festa dei "pueri" di coro e di servizio all'altare. Tra le curiose manifestazioni ricordiamo quella di far scendere i canonici dai loro stalli al canto del versetto "Deposuit potentes de sede et exaltavit humiles".
Da questo momento i fanciulli, rivestiti delle insegne dei canonici, dirigevano tutto l'uffìcio del giorno. La nuova liturgia, pur non volendo accentuare il carattere folcloristico che questo giorno ha avuto nel corso della storia, ha voluto mantenere questa celebrazione, elevata al grado di festa da S. Pio V, vicinissima alla festività natalizia, collocando le innocenti vittime tra i "comites Christi", per circondare la culla di Gesù Bambino dello stuolo grazioso di piccoli fanciulli, rivestiti delle candide vesti dell'innocenza, piccola avanguardia dell'esercito di martiri che testimonieranno col sangue la loro appartenenza a Cristo.

Autore:
Piero Bargellini

(Mt 2,13-18) Erode mandò a uccidere tutti i bambini che stavano a Betlemme.



VANGELO


(Mt 2,13-18) Erode mandò a uccidere tutti i bambini che stavano a Betlemme.


+ Dal Vangelo secondo Matteo


I Magi erano appena partiti, quando un angelo del Signore apparve in sogno a Giuseppe e gli disse: «Àlzati, prendi con te il bambino e sua madre, fuggi in Egitto e resta là finché non ti avvertirò: Erode infatti vuole cercare il bambino per ucciderlo».Egli si alzò, nella notte, prese il bambino e sua madre e si rifugiò in Egitto, dove rimase fino alla morte di Erode, perché si compisse ciò che era stato detto dal Signore per mezzo del profeta:«Dall’Egitto ho chiamato mio figlio».Quando Erode si accorse che i Magi si erano presi gioco di lui, si infuriò e mandò a uccidere tutti i bambini che stavano a Betlemme e in tutto il suo territorio e che avevano da due anni in giù, secondo il tempo che aveva appreso con esattezza dai Magi. Allora si compì ciò che era stato detto per mezzo del profeta Geremìa:«Un grido è stato udito in Rama,un pianto e un lamento grande:Rachele piange i suoi figlie non vuole essere consolata,perché non sono più».


Parola del Signore





LA MIA RIFLESSIONE


PREGHIERA


Signore mio ti prego, inondami del tuo Spirito di sapienza, fa che io possa trarre da questa lettura tutto quello che vuoi concedermi di sapere. Io non merito nulla per me, sono la più stupida dei tuoi fratelli, ma sto cercando di fare quello che tu vuoi, sto cercando di testimoniare la tua parola, aiutami o mio tutto a non essere me ma a lasciare che tu prenda il mio posto. Annullami, ti amo tanto!






Sappiamo che Erode aveva cercato di corrompere i re Magi, che avrebbero dovuto tornare da lui e dirgli dove si trovava il Bambino Gesù, ma alla vista del piccolo questi avevano capito ed erano ripartiti per un' altra strada. Ma il persecutore non si arrende e, ancora più adirato, senza alcuna pietà decide di far uccidere tutti i neonati al di sotto dei due anni. Il Signore mandò un angelo ad avvisare Giuseppe di prendere la moglie ed il bambino e di fuggire in Egitto fino alla morte di Erode, che compie con quel gesto una strage immane di bambini innocenti. Le madri piangono i loro figli, la profezia si avvera. Le lotte, le divisioni, il potere, tutte cose che fanno vittime, e le prime vittime di tutto questo sono i bambini; quelli che muoiono di fame, quelli che vengono rapiti per farne dei soldati, quelli che vengono utilizzati nelle miniere, quelli che vengono abbandonati nell’ indigenza , quelli che vendono usati dagli adulti per la pornografia, per la prostituzione, uccisi per rubargli gli organi, violentati, quelli che vengono mutilati nelle guerre, quelli che vengono abortiti…..


Quanti Erodi oggi uccidono in nome del potere, del progresso, della loro libidine; quanti uomini e donne rifiutano di riconoscere Gesù come loro Signore e distruggono tutto quello che intorno gli parla di Lui, quanti vogliono avere potere di vita e di morte, decidere se far nascere o no un bambino, quanti si ingozzano ed hanno il superfluo, mentre tanti bambini muoiono di fame. E noi cosa facciamo di concreto per non essere come Erode?


Ci scandalizziamo facilmente guardando la crudeltà degli altri, ma nel nostro piccolo, in tutti noi c'è un Erode che cerca di soffocare Gesù e di non fargli gridare il suo amore per tutti! Saremo giudicati in base a quanto avremo amato, aiutato e perdonato, ma noi a volte siamo talmente presi da noi stessi che neanche li vediamo gli altri. La gente muore nel mondo, ma questo sembra non toccarci ; ogni 3,6 secondi una persona muore di fame. Ventiquattromila al giorno. La maggior parte bambini, disidratati o malnutriti. Un olocausto permanente. Intorno a me sento sempre lamentarci della crisi economica, ma ai nostri bambini non manca l'ultimo giocattolo, l' ultimo telefonino moderno.... I ristoranti sono sempre pieni!

giovedì 26 dicembre 2013

VOICE DI SAN PIO :

-" Gesú chiama i poveri e semplici pastori per mezzo degli angeli per manifestarsi ad essi. Chiama i sapienti per mezzo della stessa loro scienza. E tutti, mossi dall’interiore influsso della sua grazia, corrono a lui per adorarlo. Chiama tutti noi con le divine ispirazioni e si comunica a noi con la sua grazia. Quante volte egli ha amorosamente invitato anche noi? E noi con quale prontezza gli abbiamo corrisposto? Mio Dio, mi arrossisco e mi sento ripieno di confusione nel dover rispondere a sí fatta interrogazione." (Epist. IV, p. 883s.)

SANTI é BEATI :

San Giovanni Apostolo ed evangelista
Betsaida Iulia, I secolo - Efeso, 104 ca.
L'autore del quarto Vangelo e dell'Apocalisse, figlio di Zebedeo e fratello di Giacomo maggiore, venne considerato dal Sinedrio un «incolto». In realtà i suoi scritti sono una vetta della teologia cristiana. La sua propensione più alla contemplazione che all'azione non deve farlo credere, però, una figura "eterea". Si pensi al soprannome con cui Gesù - di cui fu discepolo tra i Dodici - chiamò lui e il fratello: «figli del tuono». Lui si definisce semplicemente «il discepolo che Gesù amava». Assistette alla Passione con Maria. E con lei, dice la tradizione, visse a Efeso. Qui morì tra fine del I e inizio del II secolo, dopo l'esilio a Patmos. Per Paolo era una «colonna» della Chiesa, con Pietro e Giacomo. (Avvenire)
Patronato: Scrittori, Editori, Teologi
Etimologia: Giovanni = il Signore è benefico, dono del Signore, dall'ebraico
Emblema: Aquila, Calderone d'olio bollente, Coppa

Martirologio Romano: Festa di san Giovanni, Apostolo ed Evangelista, che, figlio di Zebedeo, fu insieme al fratello Giacomo e a Pietro testimone della trasfigurazione e della passione del Signore, dal quale ricevette stando ai piedi della croce Maria come madre. Nel Vangelo e in altri scritti si dimostra teologo, che, ritenuto degno di contemplare la gloria del Verbo incarnato, annunciò ciò che vide con i propri occhi.
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Il più giovane e il più longevo degli Apostoli; il discepolo più presente nei grandi avvenimenti della vita di Gesù; autore del quarto Vangelo, opera essenzialmente dottrinale e dell’Apocalisse, unico libro profetico del Nuovo Testamento.
Giovanni era originario della Galilea, di una zona sulle rive del lago di Tiberiade (forse Betsaida Iulia), figlio di Zebedeo e di Salome, fratello di Giacomo il Maggiore; la madre era nel gruppo di donne che seguivano ed assistevano Gesù salendo fino al Calvario, forse era cugina della Madonna; il padre aveva una piccola impresa di pesca sul lago anche con dipendenti.
Pur essendo benestante e con conoscenze nelle alte sfere sacerdotali, non era mai stato alla scuola dei rabbini e quindi era considerato come ‘illetterato e popolano’, tale che qualche studioso ha avanzato l’ipotesi che lui abbia solo dettato le sue opere, scritte da un suo discepolo.
Giovanni è da considerarsi in ordine temporale come il primo degli apostoli conosciuto da Gesù, come è l’ultimo degli Apostoli viventi, con cui si conclude la missione apostolica tesa ad illuminare la Rivelazione.
Infatti egli era già discepolo di s. Giovanni Battista, quando questi additò a lui ed Andrea Gesù che passava, dicendo “Ecco l’Agnello di Dio” e i due discepoli udito ciò presero a seguire Gesù, il quale accortosi di loro domandò: “Che cercate?” e loro risposero: “Rabbi dove abiti?” e Gesù li invitò a seguirlo fino al suo alloggio, dove si fermarono per quel giorno; “erano le quattro del pomeriggio”, specifica lui stesso, a conferma della forte impressione riportata da quell’incontro.
In seguito si unì agli altri apostoli, quando Gesù passando sulla riva del lago, secondo il Vangelo di Matteo, chiamò lui e il fratello Giacomo intenti a rammendare le reti, a seguirlo ed essi “subito, lasciata la barca e il padre loro, lo seguirono”.
Da allora ebbe uno speciale posto nel collegio apostolico, era il più giovane ma nell’elenco è sempre nominato fra i primi quattro, fu prediletto da Pietro, forse suo compaesano, ma soprattutto da Gesù al punto che Giovanni nel Vangelo chiama se stesso “il discepolo che Gesù amava”.
Fra i discepoli di Gesù fu infatti tra gli intimi con Pietro e il fratello Giacomo, che accompagnarono il Maestro nelle occasioni più importanti, come quando risuscitò la figlia di Giairo, nella Trasfigurazione sul Monte Tabor, nell’agonia del Getsemani.
Con Pietro si recò a preparare la cena pasquale e in questa ultima cena a Gerusalemme ebbe un posto d’onore alla destra di Gesù, e dietro richiesta di Pietro, Giovanni appoggiando con gesto di consolazione e affetto la testa sul petto di Gesù, gli chiese il nome del traditore fra loro.
Tale scena di alta drammaticità, è stata nei secoli raffigurata nell’"Ultima Cena" di tanti celebri artisti. Dopo essere scappato con tutti gli altri, quando Gesù fu catturato, lo seguì con Pietro durante il processo e unico tra gli Apostoli si trovò ai piedi della croce accanto a Maria, della quale si prese cura, avendola Gesù affidatagliela dalla croce.
Fu insieme a Pietro, il primo a ricevere l’annunzio del sepolcro vuoto da parte della Maddalena e con Pietro corse al sepolcro giungendovi per primo perché più giovane, ma per rispetto a Pietro non entrò, fermandosi all’ingresso; entrato dopo di lui poté vedere per terra i panni in cui era avvolto Gesù, la vista di ciò gli illuminò la mente e credette nella Resurrezione forse anche prima di Pietro, che se ne tornava meravigliato dell’accaduto.
Giovanni fu presente alle successive apparizioni di Gesù agli apostoli riuniti e il primo a riconoscerlo quando avvenne la pesca miracolosa sul lago di Tiberiade; assistette al conferimento del primato a Pietro; insieme ad altri apostoli ricevette da Gesù la solenne missione apostolica e la promessa dello Spirito Santo, che ricevette nella Pentecoste insieme agli altri e Maria.
Seguì quasi sempre Pietro nel suo apostolato, era con lui quando operò il primo clamoroso miracolo della guarigione dello storpio alla porta del tempio chiamata “Bella”; insieme a Pietro fu più volte arrestato dal Sinedrio a causa della loro predicazione, fu flagellato insieme al gruppo degli arrestati.
Con Pietro, narrano gli Atti degli Apostoli, fu inviato in Samaria a consolidare la fede già diffusa da Filippo.
San Paolo verso l’anno 53, lo qualificò insieme a Pietro e Giacomo il Maggiore come ‘colonne’ della nascente Chiesa.
Il fratello Giacomo fu decapitato verso il 42 da Erode Agrippa I, protomartire fra gli Apostoli; Giovanni, secondo antiche tradizioni, lasciata definitivamente Gerusalemme (nel 57 già non c’era più) prese a diffondere il cristianesimo nell’Asia Minore, reggendo la Chiesa di Efeso e altre comunità della regione.
Anche Giovanni adempì la profezia di Gesù di imitarlo nella passione; anche se non subì il martirio come il fratello e gli altri apostoli, dovette patire la persecuzione di Domiziano (51-96) la seconda contro i cristiani, che negli ultimi anni del suo impero, 95 ca., conosciuta la fama dell’apostolo, lo convocò a Roma e dopo averlo fatto rasare i capelli in segno di scherno, lo fece immergere in una caldaia di olio bollente davanti alla porta Latina; ma Giovanni ne uscì incolume.
Ancora oggi un tempietto ottagonale disegnato dal Bramante e completato dal Borromini, ricorda il leggendario miracolo.
Fu poi esiliato nell’isola di Patmos (arcipelago delle Sporadi a circa 70 km da Efeso) a causa della sua predicazione e della testimonianza di Gesù. Dopo la morte di Domiziano, salì al trono l’imperatore Nerva (96-98) tollerante verso i cristiani; quindi Giovanni poté tornare ad Efeso dove continuò ad esortare i fedeli all’amore fraterno, finché ultracentenario morì verso il 104, cosicché il più giovane degli Apostoli, il vergine perché non si sposò, visse più a lungo di tutti portando con la sua testimonianza, l’insegnamento di Cristo fino ai cristiani del II secolo.
Sulla sua tomba ad Efeso, fu edificata nei secoli V e VI una magnifica basilica. In vita la tradizione e gli antichi scritti gli attribuiscono svariati prodigi, come di essersi salvato senza danno da un avvelenamento e dopo essere stato buttato in mare; ad Efeso risuscitò anche un morto.
Alle riunioni dei suoi discepoli, ormai vecchissimo, veniva trasportato a braccia, ripetendo soltanto “Figlioli, amatevi gli uni gli altri” e a chi gli domandava perché ripeteva sempre la stessa frase, rispose: “ Perché è precetto del Signore, se questo solo si compia, basta”.
Fra tutti gli apostoli e i discepoli, Giovanni fu la figura più luminosa e più completa, dalla sua giovinezza trasse l’ardore nel seguire Gesù e dalla sua longevità la saggezza della sua dottrina e della sua guida apostolica, indicando nella Grazia la base naturale del vivere cristiano.
La sua propensione più alla contemplazione che all’azione, non deve far credere ad una figura fantasiosa e delicata, anzi fu caldo e impetuoso, tanto da essere chiamato insieme al fratello Giacomo ‘figlio del tuono’, ma sempre zelante in tutto.
Teologo altissimo, specie nel mettere in risalto la divinità di Gesù, mistico sublime fu anche storico scrupoloso, sottolineando accuratamente l’umanità di Cristo, raccontando particolari umani che gli altri evangelisti non fanno, come la cacciata dei mercanti dal tempio, il sedersi stanco, il piangere per Lazzaro, la sete sulla croce, il proclamarsi uomo, ecc.
Giovanni è chiamato giustamente l’Evangelista della carità e il teologo della verità e luce, egli poté penetrare la verità, perché si era fatto penetrare dal divino amore.
Il suo Vangelo, il quarto, ebbe a partire dal II secolo la definizione di “Vangelo spirituale” che l’ha accompagnato nei secoli; Origene nel III secolo, per la sua alta qualità teologica lo chiamò ‘il fiore dei Vangeli’.
Gli studiosi affermano che l’opera ebbe una vicenda editoriale svolta in più tappe; essa parte nell’ambiente palestinese, da una tradizione orale legata all’apostolo Giovanni, datata negli anni successivi alla morte di Cristo e prima del 70, esprimendosi in aramaico; poi si ha un edizione del vangelo in greco, destinata all’Asia Minore con centro principale la bella città di Efeso e qui collabora alla stesura un ‘evangelista’, discepolo che raccoglie il messaggio dell’apostolo e lo adatta ai nuovi lettori.
Inizialmente il vangelo si concludeva con il capitolo 20, diviso in due grandi sezioni; dai capitoli 1 a 12 chiamato “Libro dei segni”, cioè dei sette miracoli scelti da Giovanni per illustrare la figura di Gesù, Figlio di Dio e dai capitoli 13 a 20 chiamato “Libro dell’ora”, cioè del momento supremo della sua vita offerta sulla croce, che contiene i mirabili “discorsi di addio” dell’ultima Cena. Alla fine del I secolo comparvero i capitoli finali da 21 a 23, dove si allude anche alla morte dell’apostolo.
All’inizio del Vangelo di Giovanni è posto un prologo con un inno di straordinaria bellezza, divenuto una delle pagine più celebri dell’intera Bibbia e che dal XIII secolo fino all’ultimo Concilio, chiudeva la celebrazione della Messa: “In principio era il Verbo e il Verbo era presso Dio e il Verbo era Dio….”.
L’Apocalisse come già detto è l’unico libro profetico del Nuovo Testamento e conclude il ciclo dei libri sacri e canonici riconosciuti dalla Chiesa, il suo titolo in greco vuol dire ‘Rivelazione’.
Denso di simbolismi, spesso si è creduto che fosse un infausto oracolo sulla fine del mondo, invece è un messaggio concreto di speranza, rivolto alle Chiese in crisi interna e colpite dalla persecuzione di Babilonia o della bestia, cioè la Roma imperiale, affinché ritrovino coraggio nella fede, dimostrandolo con la testimonianza.
È un’opera di grande potenza e suggestione e anche se il linguaggio e i simboli sono del genere ‘apocalittico’, corrente letteraria e teologica molto diffusa nel giudaismo, il libro si autodefinisce ‘profezia’, cioè lettura dell’azione di Dio all’interno della storia.
Colori, animali, sogni, visioni, numeri, segni cosmici, città, costellano il libro e sono gli elementi di questa interpretazione della storia alla luce della fede e della speranza.
Il libro inizia con la scena della corte divina con l’Agnello - Cristo e il libro della storia umana e alla fine dell’opera c’è il duello definitivo tra Bene e Male, cioè tra la Chiesa e la Prostituta (Roma) imperiale, con la rivelazione della Gerusalemme celeste, dove si attende la venuta finale del Cristo Salvatore.
Di Giovanni esistono anche tre ‘Epistole’ scritte probabilmente a Efeso, che hanno lo scopo di sottolineare e difendere presso determinati gruppi di fedeli (o uno solo, con la terza) alcune verità fondamentali, che erano attaccate da dottrine gnostiche.
San Giovanni ha come simbolo l’aquila, perché come si credeva che l’aquila potesse fissare il sole, anche lui nel suo Vangelo fissò la profondità della divinità.
È il patrono della Turchia e dell’Asia Minore, patronato confermato da papa Benedetto XV il 26 ottobre 1914; giacché Gesù gli affidò la Vergine Maria, è considerato patrono delle vergini e delle vedove; per i suoi grandi scritti è patrono dei teologi, scrittori, artisti; per il suo supplizio dell'olio bollente, protegge tutti coloro che sono esposti a bruciature oppure hanno a che fare con l’olio, quindi: proprietari di frantoi, produttori di olio per lampade, armaioli; patrono degli alchimisti, è invocato contro gli avvelenamenti e le intossicazioni alimentari.
Anche i “Quattro Cavalieri dell’Apocalisse” che rappresentano conquista, guerra, fame, morte, sono un suo simbolo. In Oriente il suo culto aveva per centro principale Efeso, dove visse e l’isola di Patmos nel Dodecanneso dove fu esiliato a dove nel secolo XI s. Cristodulo fondò un monastero a lui dedicato, inglobando la grotta dove l’apostolo ricevette le rivelazioni e scrisse l’Apocalisse.
In Occidente il suo culto si diffuse in tutta Europa e templi e chiese sono a lui dedicate un po’ dappertutto, ma la chiesa principale costruita in suo onore è S. Giovanni in Laterano, la cattedrale di Roma.
Inizialmente i grandi santi del primo cristianesimo Stefano, Pietro, Paolo, Giacomo, Giovanni, erano celebrati fra il Natale e la Circoncisione (1° gennaio); poi con lo spostamento in altre date di s. Pietro, s. Paolo e s. Giacomo, rimasero solo s. Stefano il 26 dicembre e s. Giovanni apostolo ed evangelista il 27 dicembre.

Autore:
Antonio Borrelli