Beato Giacomo Capocci da Viterbo
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Viterbo, 1255 circa - Napoli, 1307/8
Nacque a Viterbo intorno al 1255, ma non si hanno notizie dei suoi anni
giovanili. Nel 1272 entrò tra gli Eremitani di sant'Agostino, di cui
vestì l'abito nel convento viterbese della Santissima Trinità. Studiò
teologia a Parigi dove conseguì il dottorato in teologia nel 1293.
Insegnò a Napoli dal 1300 per due anni, quando Bonifacio VIII, lo nominò
arcivescovo di Benevento e poi di Napoli. Qui si guadagnò la fiducia
del re Carlo II d'Angiò e del figlio Roberto, duca di Calabria, che lo
aiutò nella costruzione della nuova Cattedrale. Il 13 maggio 1306 avviò,
su richiesta di Clemente V, la causa di canonizzazione di Celestino V. A
questa causa si dedicò con zelo fino alla morte, avvenuta a Napoli alla
fine del 1307. La sua unica opera pubblicata per intero è il «De
regimine christiano», scritta nel 1303 in occasione della lotta tra
Bonifacio VIII e Filippo il Bello. Il suo culto fu confermato
ufficialmente da Pio X nel 1911. (Avvenire)
Martirologio Romano: A Napoli, commemorazione del beato Giacomo Capocci, vescovo, che da eremita di Sant’Agostno fu chiamato a reggere la Chiesa di Benevento e poi quella di Napoli, che illuminò tutte con saggezza, dottrina e prudenza. |
Discendente forse, della nobile famiglia Capocci, nacque a Viterbo intorno al 1255, ma non si hanno notizie dei suoi anni giovanili. Abbracciata ben presto la vita religiosa, entrò nel 1272 tra gli Eremitani di s. Agostino, di cui vestì l’abito nel convento viterbese della Santissima Trinità. Prima del 1275 fu inviato a Parigi a studiare teologia nello Studio del suo Ordine, dove frequentò le lezioni di Egidio Romano, che lo ebbe poi sempre in grande stima. Tornato in patria nel 1281-82, ricoprì dapprima la carica di primo Definitore della provincia romana nel 1283, quindi fu Visitatore nel 1284 e poi di nuovo Definitore nel 1285, esercitando nel frattempo, con ogni probabilità, anche le funzioni di Lettore in qualche convento della medesima provincia. Insieme forse con Egidio Romano, ritornò a Parigi nel 1286 per riprendervi gli studi teologici, conseguendo il Baccellierato nel 1288 e, al termine del prescritto tirocinio, il Dottorato nel 1293. Su designazione di Egidio Romano, eletto Priore Generale dell'Ordine, fu nominato nello stesso anno Maestro Reggente dello Studio parigino, rimanendo in carica sino al 1299. Tornato in Italia nel 1300, insegnò per due anni nello Studio di Napoli, che dovette lasciare perché nominato da Bonifacio VIII, il 3 settembre 1302, arcivescovo di Benevento; il 6 o il 12 dicembre successivo venne trasferito alla sede di Napoli, dove, pastore veramente zelante, seppe guadagnarsi la stima e la venerazione del re Carlo II d'Angiò e del figlio Roberto, duca di Calabria, che lo aiutò nella costruzione della nuova cattedrale. Il 13 maggio 1306 cominciò a trattare la causa di canonizzazione del santo pontefice Celestino V, che gli era stata espressamente affidata da Clemente V e nella quale egli pose ogni cura, tanto da recarsi personalmente a raccogliere testimonianze sui luoghi stessi dove Pietro di Morrone aveva condotto la sua vita penitente; ed in tale attività seguitò sino alla morte, avvenuta a Napoli, con fama di santità. Considerato uno dei maggiori teologi scolastici, per l’acume del suo ingegno, meritò l’onorifico titolo di doctor speculativus. L’unica opera pubblicata per intero del b. Giacomo è il De regimine christiano, scritta nel 1303 in occasione della lotta tra Bonifacio VIII e Filippo il Bello, e che può considerarsi il primo trattato sistematico sulla Chiesa. Morì a Napoli verso la fine del 1307 o all’inizio del 1308. La memoria di Giacomo, subito circondata di venerazione, divenne ben presto oggetto di culto pubblico, confermato ufficialmente da Papa San Pio X solo nel 1911. La memoria liturgica ricorre il 12 dicembre. Autore: P. Bruno Silvestrini O.S.A. |
Vorrei conoscere la Bibbia a memoria,conoscere il greco,il latino e pure l' aramaico,ma nulla di tutto questo mi è stato donato. Quello che al Signore è piaciuto donarmi, è una grande voglia di parlargli e di ascoltarlo.Logorroica io e taciturno Lui,ma mentre io ho bisogno di parole,Lui si esprime meglio a fatti.Vorrei capire perchè questo bisogno si tramuta in scrivere, e sento che è un modo semplice,delicato e gratuito di mettere al centro la mia relazione con Dio.
mercoledì 11 dicembre 2013
SANTI é BEATI :
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