- Santa Francesca Saverio Cabrini Vergine
22 dicembre
Sant'Angelo Lodigiano, Lodi, 15 luglio 1850 – Chicago, Stati Uniti, 22 dicembre 1917
Una fragile quanto straordinaria maestrina di Sant'Angelo Lodigiano. In
questo ritratto si colloca la figura di Francesca Saverio Cabrini. Nata
nella cittadina lombarda nel 1850 e morta negli Stati Uniti in terra di
missione, a Chicago. Orfana di padre e di madre, Francesca avrebbe
voluto chiudersi in convento, ma non fu accettata a causa della sua
malferma salute. Prese allora l'incarico di accudire a un orfanotrofio,
affidatole dal parroco di Codogno. La giovane, da poco diplomata
maestra, fece molto di più: invogliò alcune compagne a unirsi a lei,
costituendo il primo nucleo delle Suore missionarie del Sacro Cuore,
poste sotto la protezione di un intrepido missionario, san Francesco
Saverio, di cui ella stessa, pronunciando i voti religiosi, assunse il
nome. Portò il suo carisma missionario negli Stati Uniti, tra gli
italiani che vi avevano cercato fortuna. Per questo divenne la patrona
dei migranti. Nel giorno della morte il suo corpo venne traslato a New
York alla «Mother Cabrini High School», vicino ai suoi «figli».
(Avvenire)
Patronato: Emigranti
Etimologia: Francesca = libera, dall'antico tedesco
Emblema: Giglio
Martirologio Romano: A Chicago in Illinois negli Stati Uniti d’America,
santa Francesca Saverio Cabrini, vergine, che fondò l’Istituto delle
Missionarie del Sacratissimo Cuore di Gesù e si adoperò in tutti i modi
nell’assistere gli emigrati con insigne carità.
Tra il 1901 e il 1913 emigrarono in America ben quasi cinque milioni di
italiani, di cui oltre tre milioni provenivano dal meridione. Un vero
morbo sociale, un salasso, come lo hanno definito parecchi politici e
sociologi. Accanto ai drammi che l'emigrazione ebbe a suscitare, merita
ricordare una santa italiana, festeggiata il 22 dicembre, che a questo
fenomeno guardò con gli occhi umanissimi di donna, di cristiana,
meritando così il titolo di “madre degli emigranti”: Santa Francesca
Saverio Cabrini.
Nata a Sant’Angelo Lodigiano il 15 luglio 1850
e rimasta orfana di padre e di madre, Francesca desiderava chiudersi in
convento, ma non fu accettata a causa della sua salute malferma.
Accettò allora l'incarico di accudire un orfanotrofio, affidatole dal
parroco di Codogno. Da poco diplomata maestra, la ragazza fece ben di
più: convinse alcune compagne ad unirsi a lei, costituendo il primo
nucleo delle Suore missionarie del Sacro Cuore; era il 1880.
Ispirandosi al grande San Francesco Saverio, sognava di salpare per la
Cina, ma il Papa le indicò quale luogo di missione l’America, dove
migliaia e migliaia di emigranti italiani vivevano in drammatiche e
disumane condizioni. Anche lei nella prima delle sue ventiquattro
traversate oceaniche condivise i disagi e le incertezze dei nostri
compatrioti, poi con straordinario coraggio affrontò la metropoli di New
York, badando agli orfani e agli ammalati, costruendo case, scuole e un
grande ospedale. Passò poi a Chicago, quindi in California, onde
allargare ancora la sua opera in tutta l'America, sino all'Argentina.
A chi si congratulava con lei per l’evidente successo di cotante opere,
Madre Cabrini soleva rispondere in sincera umiltà: “Tutte queste cose
non le ha fatte forse il Signore?”.
La morte la colse in piena
attività durante l’ennesimo viaggio a Chicago il 22 dicembre 1917. Il
suo corpo venne trionfalmente traslato a New York presso la chiesa
annessa alla “Mother Cabrini High School”, perché fosse vicino ai suoi
“figli”. Nei suoi quaderni di viaggio aveva scritto “Oggi è tempo che
l'amore non sia nascosto, ma diventi operoso, vivo e vero”. Papa Pio XII
l’ha canonizzata nel 1946.
Autore: Fabio Arduino
“La vostra Cina saranno gli Stati Uniti”
Francesca nacque nel 1850 a Sant’Angelo Lodigiano, in una numerosa
famiglia di contadini benestanti e cristianamente praticanti. Nella sua
famiglia imparò non solo il fervore religioso e un certo spirito di
iniziativa, ma anche un sincero amore alla patria italiana, non
frequente in quei tempi. Questo giusto sentimento patriottico che cercò
di risvegliare o di tenere desto nei numerosi emigranti italiani negli
Stati Uniti.
onseguito il diploma magistrale e l’abilitazione, anche
per accudire insieme alla sorella Rosa l’altra sorella handicappata
Maddalena, accettò subito il lavoro di supplente nella scuola vicina di
Vidardo. Qui insegnò due anni. Un episodio ci rivela il carattere e la
determinazione di Francesca. Riuscì infatti a vincere la battaglia
contro il sindaco anticlericale del paese: ottenne il permesso
all’insegnamento della dottrina cristiana in classe nonostante la
proibizione governativa. Lei però desiderava ardentemente diventare
missionaria. Sogno che non poté realizzare subito. Fece anche i voti
religiosi entrando nella Casa della Provvidenza di Codogno. Furono anni
difficili, (“ho pianto molto” dirà lei stessa) che lei affrontò con
coraggio e praticando la virtù dell’obbedienza.
Ma la Provvidenza le
venne incontro nella persona del Vescovo di Lodi che le propose di
fondare un istituto religioso per l’assistenza degli emigrati italiani
in America. L’America non era la Cina che lei sognava, ma l’ideale
missionario si poteva concretizzare ugualmente. Fondò presto Le
Missionarie del Sacro Cuore di Gesù, con case in Lombardia, ed una anche
a Roma. Il secondo intervento provvidenziale arrivò con Mons. Giovanni
B. Scalabrini. Questi cercava un ramo femminile al suo Istituto, e
stimava molto la Cabrini. Lei però temendo di perdere l’autonomia
dell’istituto, resistette alla proposta. Ma accettò subito la direzione
di una scuola e di un asilo a New York. Questo significava l’addio per
sempre alla Cina. D’altra parte, ed ecco il terzo intervento
provvidenziale, era stato nientemeno che il Papa Leone XIII a dirle
paternamente: “Non a Oriente, Cabrini, ma all’Occidente. L’Istituto è
ancora giovane. Ha bisogno di mezzi. Andate negli Stati Uniti, ne
troverete. E con essi un grande campo di lavoro. La vostra Cina sono gli
Stati Uniti, vi sono tanti italiani emigrati che hanno bisogno di
assistenza”.
Francesca partì nel 1889. Destinazione l’America, città
New York. Era sicura della volontà di Dio, e del campo di lavoro
missionario. Ma le difficoltà non si fecero attendere. Uno dei primi che
si mise a ‘remare contro’ di lei e il suo progetto fu addirittura
l’arcivescovo Corrigan. Fece la parte dell’avvocato del diavolo
scoraggiando quel manipolo di suore temerarie e... italiane che
sembravano avere tanta fede ma, ahimè, poco “money”. Anche per le opere
del Signore, pensava lui, ci vuole molto “denaro”. Che, poverette, non
avevano. Non era più saggio tornare in Italia? La Cabrini gli oppose un
argomento spirituale... la benedizione del Papa, e uno materiale:
l’amicizia di una ricca cattolica americana, moglie di un emigrato
italiano illustre, Luigi Palma de Cesnola, direttore del Metropolitan
Museum.
Non si sa se il prelato fu convinto da questi due
“argomenti”, ma è sicuro che la Cabrini continuò per la sua strada e il
suo progetto. “Le suore aprirono una prima scuola femminile in un
modesto appartamento offerto dalla contessa de Cesnola, ma si
impegnarono anche in un lavoro di assistenza e di insegnamento nei
quartieri più degradati della città, compiendo ogni giorno chilometri di
strada ed entrando senza paura in ambienti spaventosi per miseria e
violenza. Madre Cabrini dimostrò subito di saper affiancare alla sua
attività di educatrice religiosa una spiccata sensibilità per i problemi
degli emigranti italiani: “Gli italiani qui sono trattati come
schiavi... bisognerebbe non sentire amor di patria per non sentirsi
ferita” (L. Scaraffia).
Ella lavorò tutta la vita, con innumerevoli
viaggi, per aiutare ad inserire gli emigrati nella realtà sociale
americana, facendone dei buoni cittadini, ma nello stesso tempo
rafforzando in loro anche l’identità italiana e cattolica. In questa
promozione sociale Francesca usò una tecnica il cui principio era:
convincere gli italiani ricchi ad aiutare gli altri italiani meno
favoriti. Ed alcuni dei suoi benefattori, convinti e incalliti
anticlericali, la aiutavano trascinati dal suo carisma più che dalle
motivazioni teologiche.
“Si è detto che se Cristoforo Colombo ha
scoperto l’America, la Cabrini ha scoperto tutti gli italiani in
America. Ma pur sentendosi autentica patriota e quantunque circostanze
particolari la inducessero a rendersi cittadina americana nel 1909, il
suo ideale missionario rimase sempre quello genuino, senza confini di
razze e di geografia” (G. Pelliccia).
Spiritualità e messaggio di Francesca Cabrini
Continuò con coraggio nel suo lavoro di fondazioni di nuovi istituti e
di rafforzamento di quelli esistenti e soprattutto nel seguire
l’Istituto delle Missionarie del Sacro Cuore di Gesù, da lei fondato. E
questo fino alla fine della sua vita, che si spense a Chicago, durante
uno di questi viaggi, nel 1917. Lasciando dietro di sé in eredità alla
chiesa tutta e al mondo un fiorente istituto religioso e la sua
personale santità e testimonianza di carità apostolica a beneficio
particolarmente degli emigrati italiani (ma non solo).
Fu dichiarata
santa da Pio XII il 7 luglio 1946 e nel 1950 proclamata “Celeste
Patrona di tutti gli Emigranti”. Due anni dopo, in considerazione del
suo lavoro per gli Italo-americani, il Comitato Americano per
l’Emigrazione Italiana le decretava un importante riconoscimento
dichiarandola “La Immigrata Italiana del Secolo”. Per gli emigrati
italo-americani è semplicemente “la loro santa”: la sua opera geniale,
coraggiosa la fece stimare anche in ambienti non benevoli verso il
cattolicesimo, e aiutò enormemente a far cambiare idea sui nostri
connazionali emigrati.
Francesca Cabrini non la ricordiamo per le
sue opere teologiche o per grandi rivelazioni e miracoli. Niente di
tutto questo. Noi la ricordiamo per la sua santità semplice, umile,
fatta non di tante ore di preghiera, ma per tutte le ore delle giornate,
di tutta la sua vita, passate a “lavorare, sudare, faticare per Dio,
per la sua gloria, per farlo conoscere ed amare”. Una santità fatta non
di rapimenti o di rivelazioni mistiche, ma di grande impegno sociale per
Dio. Non fu rapita in estasi nella contemplazione di Dio, ma consumò la
vita “lavorando” per lo stesso Dio. Con gioia. Un giorno, infatti,
fermò una suora che era sul punto di imbarcarsi per andare nelle
missioni, solo perché salutando parenti e amici, aveva affermato che
faceva volentieri “il sacrificio”. Sembrava che per lei si trattasse di
una rinuncia da fare, che le mancasse la gioia di partire e “lavorare
per Dio”. Madre Cabrini la fermò dicendole: “Iddio non vuole importi
sacrifici così gravi”.
Il Papa Pio XI esaltava il suo nome come un
“poema di attività, un poema di intelligenza, un poema soprattutto di
carità”. E prima ancora era stato lo stesso Leone XIII che già nel 1898,
affermava di lei: “È una santa vera, ma così vicina a noi che diventa
la testimone della santità possibile a tutti”. Una santità “accostevole”
imitabile da tutti, perché consiste nel fare bene e per amore di Dio
quelli che sono i nostri doveri. Questo richiama la famosa frase e
programma di santità consigliato da Don Bosco a Domenico Savio, smanioso
di farsi santo a forza di penitenze: bastava l’esatto adempimento dei
propri doveri quotidiani.
La santità e “la spiritualità intensa di
madre Cabrini si realizzò soprattutto nelle opere, nella sua continua
attività finalizzata ad opporre del bene al male. La preghiera stava nei
fatti, non nelle parole. La sua vita è segnata da una perpetua
attività” (L. Scaraffia). Fatta tutta per Dio e per correre dietro al
Cristo. Diceva: “Con la tua grazia, amatissimo Gesù, io correrò dietro a
Te sino alla fine della corsa, e ciò per sempre, per sempre. Aiutami o
Gesù, perché voglio fare ciò ardentemente, velocemente”.
Lavorare
per Dio nella gioia (anche quando si pensa di avere diritto a
tutt’altro). Non amava lamentarsi nelle difficoltà e raccomandava alle
sue figlie non solo tanto lavoro ma anche il coraggio, fondato sulla
fede, che si esprime nel sorriso: “Ci sentiamo male? Sorridiamo lo
stesso”.
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