martedì 28 febbraio 2017

(Mt 6,1-6.16-18) Il Padre tuo, che vede nel segreto, ti ricompenserà.

VANGELO
(Mt 6,1-6.16-18) Il Padre tuo, che vede nel segreto, ti ricompenserà.
+ Dal Vangelo secondo Matteo
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli:
«State attenti a non praticare la vostra giustizia davanti agli uomini per essere ammirati da loro, altrimenti non c’è ricompensa per voi presso il Padre vostro che è nei cieli.
Dunque, quando fai l’elemosina, non suonare la tromba davanti a te, come fanno gli ipòcriti nelle sinagoghe e nelle strade, per essere lodati dalla gente. In verità io vi dico: hanno già ricevuto la loro ricompensa. Invece, mentre tu fai l’elemosina, non sappia la tua sinistra ciò che fa la tua destra, perché la tua elemosina resti nel segreto; e il Padre tuo, che vede nel segreto, ti ricompenserà.
E quando pregate, non siate simili agli ipòcriti che, nelle sinagoghe e negli angoli delle piazze, amano pregare stando ritti, per essere visti dalla gente. In verità io vi dico: hanno già ricevuto la loro ricompensa. Invece, quando tu preghi, entra nella tua camera, chiudi la porta e prega il Padre tuo, che è nel segreto; e il Padre tuo, che vede nel segreto, ti ricompenserà.
E quando digiunate, non diventate malinconici come gli ipòcriti, che assumono un’aria disfatta per far vedere agli altri che digiunano. In verità io vi dico: hanno già ricevuto la loro ricompensa. Invece, quando tu digiuni, profùmati la testa e làvati il volto, perché la gente non veda che tu digiuni, ma solo il Padre tuo, che è nel segreto; e il Padre tuo, che vede nel segreto, ti ricompenserà».
Parola del Signore



LA MIA RIFLESSIONE
PREGHIERA
Vieni o Santo Spirito e guidaci verso la beatitudine dei figli di Dio, istruisci le nostre menti su come dobbiamo comportarci; insegnaci a sopportare con pazienza ed umiltà le cose che non possiamo cambiare.


Inizio una nuova riflessione, perché le parole " la vostra giustizia " mi fanno pensare che spesso quello che per noi è giusto, non è giusto per Dio e lo sappiamo benissimo, ma fingiamo di ignorarlo e ci giriamo le cose, fino a che non convinciamo noi stessi e gli altri, che Dio ci darebbe ragione...
Si parla spesso oggi di buonismo, che è come dire falsa bontà.
Lo si fa nei confronti degli extracomunitari, dei profughi e di ogni altro tipo di persone, semplicemente diverse da noi.
Lo fanno i politici, per non perdere i consensi e lo fanno tante persone per
" sembrare " politicamente corretti, che vuol dire in fine apparire una persona aperta, libera, nella forma e nella sostanza, da ogni tipo di pregiudizio razziale, etnico, religioso, di genere, di età, di orientamento sessuale, o relativo a disabilità fisiche o psichiche della persona.
Ma è tutta una bufala!!!!
Un esempio ce l' abbiamo quando ci troviamo davanti ad una scelta che ci riguarda, del tipo per esempio, se far nascere un figlio con la possibilità che nasca malato; quante volte ho sentito dire, non è giusto... allora è giusto farlo morire?
Quante volte l' uomo si indigna davanti ad un' ingiustizia?
Quante volte agisce contro chi la commette?
Siamo capaci di sentire nel più profondo qualsiasi ingiustizia, commessa contro chiunque, in qualsiasi parte del mondo, come diceva Che Guevara?
Spesso commette ingiustizia non solo colui che fa qualcosa, ma anche colui che non la fa.....
Quante volte chiamiamo giustizia la vendetta?
Dobbiamo imparare a vivere nel mondo, senza farci contaminare dal mondo e dalla sua falsa giustizia e dobbiamo imparare ad avere rispetto delle idee altrui, ma anche e prima di tutto, a far rispettare ed a rispettare per primi, il pensiero di Dio, il piano che Lui ha formato per le Sue creature e che è meraviglioso.
Il Dio della Bibbia agisce " dall'interno ", cambiando il cuore umano, " verso l'esterno " per influenzare la società.
L’uomo senza timore di Dio e senza rispetto della Sua Parola, agisce
“ dall’ esterno ”, cambiando la società, per arrivare “ all’ interno ”, pensando di cambiare il cuore dell’ individuo.
L' unica nostra salvezza è la misericordia di Dio che non si stanca mai di richiamarci e perdonarci...

lunedì 27 febbraio 2017

(Mc 10,28-31) Riceverete in questo tempo cento volte tanto insieme a persecuzioni, e la vita eterna nel tempo che verrà.


VANGELO
(Mc 10,28-31) Riceverete in questo tempo cento volte tanto insieme a persecuzioni, e la vita eterna nel tempo che verrà.
+ Dal Vangelo secondo Marco
In quel tempo, Pietro prese a dire a Gesù: «Ecco, noi abbiamo lasciato tutto e ti abbiamo seguito».
Gesù gli rispose: «In verità io vi dico: non c’è nessuno che abbia lasciato casa o fratelli o sorelle o madre o padre o figli o campi per causa mia e per causa del Vangelo, che non riceva già ora, in questo tempo, cento volte tanto in case e fratelli e sorelle e madri e figli e campi, insieme a persecuzioni, e la vita eterna nel tempo che verrà. Molti dei primi saranno ultimi e gli ultimi saranno primi».
Parola del Signore



LA MIA RIFLESSIONE
PREGHIERA
Concedimi o mio amato, la luce del tuo Spirito, per comprendere a pieno le tue parole, per inserirle nella mia vita e farmi muovere sui tuoi passi. Io sento di amarti e vorrei essere veramente come Tu mi vuoi, insegnami.
Il giovane ricco è appena andato via… non se la sentiva di vendere tutti i suoi averi per seguire Gesù, non se la sentiva di rinunciare a qualcosa che, secondo lui, gli apparteneva. Pietro guarda Gesù e timidamente gli si avvicina e gli chiede se loro che hanno lasciato tutto per seguirlo, sono a posto? C’è qualcosa in Pietro che gli fa presagire che la risposta non sarà quella che si aspetta, sembra che con Gesù non si riesca mai a capire fino in fondo, quello che è giusto, quello che vuole. Infatti, Gesù fa una precisazione che come al solito, lo lascia esterrefatto. Dice che, già solo il fatto di seguire la sua parola, apre degli scenari completamente diversi nella nostra vita; il sapere che essa non è fine a se stessa, ma che è inserita in un progetto di Dio, è una proposta accattivante che dite? Lasciare tutto, non vuol dire mettersi a fare il barbone, ma non essere attaccati a nulla, non avere delle cose più importanti di Dio, che ci possono fuorviare ed è questo per noi molto difficile. Lo era ai tempi di Gesù, in cui si viveva di poco e lo è ancor di più oggi che tutto sembra essere di primaria importanza, irrinunciabile e per avere tutto si è disposti a tutto, anche a lavorare per tante ore. C’è la macchina, i videogiochi, la discoteca, le serate divertenti, gli impegni dei figli… tutto così importante da non avere il tempo per il Signore. Una fugace messa di domenica e se il sacerdote fa un’ omelia troppo lunga, quanti visi scocciati…. Ma com’è bello ogni giorno aprire la giornata con la preghiera, affrontare le difficoltà con la fede che ci sorregge, sapere che non si è soli, leggere le scritture e cercare di capire alla luce dello Spirito Santo, che cosa ci dice il Signore. Io lo faccio con voi, ma vorrei tanto che tutti lo facessimo ognuno per proprio conto, per aver la possibilità di stare a tu per tu col Signore, aprire a Lui il nostro cuore, scoprire che quello che riceviamo e di gran lunga superiore di quello a cui rinunciamo. Anche Pietro capirà che deve rinunciare al suo orgoglio, alla sua presunzione, al suo carattere irruente, all'idea di essere perfetto, e lo capirà quando sarà messo alla prova in tutta la sua debolezza, e rinnegherà di conoscere Gesù per paura. Dobbiamo far posto a Gesù nel nostro cuore, e non ci rimetteremo, questo è sicuro!

domenica 26 febbraio 2017

(Mc 10,17-27) Vendi quello che hai e vieni! Seguimi!

VANGELO
(Mc 10,17-27) Vendi quello che hai e vieni! Seguimi!
+ Dal Vangelo secondo Marco
In quel tempo, mentre Gesù andava per la strada, un tale gli corse incontro e, gettandosi in ginocchio davanti a lui, gli domandò: «Maestro buono, che cosa devo fare per avere in eredità la vita eterna?». Gesù gli disse: «Perché mi chiami buono? Nessuno è buono, se non Dio solo. Tu conosci i comandamenti: “Non uccidere, non commettere adulterio, non rubare, non testimoniare il falso, non frodare, onora tuo padre e tua madre”». Egli allora gli disse: «Maestro, tutte queste cose le ho osservate fin dalla mia giovinezza». Allora Gesù fissò lo sguardo su di lui, lo amò e gli disse: «Una cosa sola ti manca: va’, vendi quello che hai e dallo ai poveri, e avrai un tesoro in cielo; e vieni! Seguimi!». Ma a queste parole egli si fece scuro in volto e se ne andò rattristato; possedeva infatti molti beni. Gesù, volgendo lo sguardo attorno, disse ai suoi discepoli: «Quanto è difficile, per quelli che possiedono ricchezze, entrare nel regno di Dio!». I discepoli erano sconcertati dalle sue parole; ma Gesù riprese e disse loro: «Figli, quanto è difficile entrare nel regno di Dio! È più facile che un cammello passi per la cruna di un ago, che un ricco entri nel regno di Dio». Essi, ancora più stupiti, dicevano tra loro: «E chi può essere salvato?». Ma Gesù, guardandoli in faccia, disse: «Impossibile agli uomini, ma non a Dio! Perché tutto è possibile a Dio».
Parola del Signore




LA MIA RIFLESSIONE
PREGHIERA.
Vieni o Santo Spirito e manda a noi dal cielo, un raggio della tua luce... Illumina i nostri cuori, perchè sappiamo riconoscerti e seguirti nel mondo in cui ci è concesso di vivere. Amen.
Il giovane che si presenta a Gesù, probabilmente non ha mai avuto problemi, viene definito ricco, e pensa che, dato che ha sempre vissuto onestamente, la salvezza gli spetti quasi per diritto, eppure c’è qualcosa che la sua coscienza gli dice, qualcosa che gli sfugge. Sa che quello che fino a quel momento ha fatto, non gli è costato sacrificio, gli è stato naturale, rispondendo ad una legge che gli hanno tramandato e che è scritta naturalmente nel suo cuore. Gesù chiede però una scelta radicale, non un modo per aggirarla. Essere ricchi non è una colpa, e non è con la ricchezza che Gesù ce l’ha, ma con l' avarizia, che è spesso uno stato d'animo, un modo di essere di chi tende a cumulare per tranquillizzare se stesso. La paura di perdere quello che ci tranquillizza.... e qui torniamo al discorso iniziato nella riflessione di ieri: (http://bricioledivangelo.blogspot.it/2017/02/mt-624-34-non-preoccupatevi-del-domani.html , che spesso ci fa confondere e credere di poter essere padroni delle nostre sicurezze, ma troppe volte è come se mettessimo i nostri soldi in una scatola in cui possono entrare i topi per nutrirsene. “Rinuncia a tutto, dallo ai poveri”, questa pretesa può sembrare assurda al giovane, che aveva sì fatto una domanda al Signore, ma si aspettava che gli dicesse che quello che faceva era sufficiente. Ora invece capisce che non basta, che ci vuole una vera conversione; che quello che faceva poteva essere buono prima che incontrasse Gesù, ma ora non bastava più, perchè se l’incontro con Gesù non ci cambia la vita, non è certo per colpa sua, ma nostra che gli voltiamo le spalle, rifiutando di accoglierlo in tutto e per tutto.

sabato 25 febbraio 2017

(Mt 6,24-34) Non preoccupatevi del domani.

VANGELO
(Mt 6,24-34) Non preoccupatevi del domani.
+ Dal Vangelo secondo Matteo
In quel tempo Gesù disse ai suoi discepoli: «Nessuno può servire due padroni, perché o odierà l’uno e amerà l’altro, oppure si affezionerà all’uno e disprezzerà l’altro. Non potete servire Dio e la ricchezza. Perciò io vi dico: non preoccupatevi per la vostra vita, di quello che mangerete o berrete, né per il vostro corpo, di quello che indosserete; la vita non vale forse più del cibo e il corpo più del vestito? Guardate gli uccelli del cielo: non séminano e non mietono, né raccolgono nei granai; eppure il Padre vostro celeste li nutre. Non valete forse più di loro? E chi di voi, per quanto si preoccupi, può allungare anche di poco la propria vita? E per il vestito, perché vi preoccupate? Osservate come crescono i gigli del campo: non faticano e non filano. Eppure io vi dico che neanche Salomone, con tutta la sua gloria, vestiva come uno di loro. Ora, se Dio veste così l’erba del campo, che oggi c’è e domani si getta nel forno, non farà molto di più per voi, gente di poca fede? Non preoccupatevi dunque dicendo: “Che cosa mangeremo? Che cosa berremo? Che cosa indosseremo?”. Di tutte queste cose vanno in cerca i pagani. Il Padre vostro celeste, infatti, sa che ne avete bisogno. Cercate invece, anzitutto, il regno di Dio e la sua giustizia, e tutte queste cose vi saranno date in aggiunta. Non preoccupatevi dunque del domani, perché il domani si preoccuperà di se stesso. A ciascun giorno basta la sua pena».
Parola del Signore





LA MIA RIFLESSIONE
PREGHIERA.
Vieni su di noi Santo Spirito e insegnaci a vivere affidandoci a Te; dacci la forza di non lasciarci trascinare dal mondo, ma di godere della tua creazione con il massimo rispetto.
A volte pensiamo che non fare scelte decisive possa essere più conveniente, possa metterci al riparo , ma c’è una scelta che non possiamo evitare, che è quella che ci troviamo a fare quando ci troviamo in difficoltà: attaccarci a tutto ciò che è tangibile o affidarci a Dio. Purtroppo molti di noi, si sono ricordati di Lui solo nel momento del bisogno, quando hanno perso tutto quello che gli sembrava indispensabile ed hanno sentito la terra vacillare sotto ai piedi. Viviamo come se il denaro, il benessere, la situazione immobiliare; possano essere garanzie per il futuro, quando purtroppo, non siamo neanche sicuri di averlo un futuro! Molte persone appena perdono le loro sicurezze terrene si preoccupano e disperano, e questo, anche se umanamente è comprensibile, è segno che non è nel Signore che confidano. Quello che è accaduto in questi ultimi tempi nella nostra patria avrebbe dovuto far riflettere tutti, ma non mi sembra che sia cambiato molto. Si continua a vivere senza il minimo imbarazzo rispetto a chi ha perso tutto; senza preoccuparci di dare una mano, di chiedere cosa possiamo, nel nostro piccolo, fare; delegando ad uno stato completamente assente la situazione di tante situazioni che solo per caso, non ci hanno toccato da vicino. Matteo mette in risalto le parole di Gesù con le quali ci dice con una chiarezza sconcertante, che nella vita è una questione di scelta d’appartenenza. Non si può vivere nel mondo ed essere del mondo e allo stesso tempo servire Dio. Appartenere a Dio vuol dire confidare che da Lui ti verrà tutto quello che ti serve per vivere e questo è importante che lo ricordiamo, come è necessario che ci rendiamo conto che noi siamo le mani di Dio. Usciamo dai nostri egoismi e adottiamo un fratello...se ognuno di noi al mondo , si occupasse almeno di un’altra persona, non ci sarebbe più nessuno che vive disagiato.

venerdì 24 febbraio 2017

(Mc 10,13-16) Chi non accoglie il regno di Dio come lo accoglie un bambino, non entrerà in esso.


VANGELO
(Mc 10,13-16) Chi non accoglie il regno di Dio come lo accoglie un bambino, non entrerà in esso.
+ Dal Vangelo secondo Marco
In quel tempo, presentavano a Gesù dei bambini perché li toccasse, ma i discepoli li rimproverarono.
Gesù, al vedere questo, s’indignò e disse loro: «Lasciate che i bambini vengano a me, non glielo impedite: a chi è come loro infatti appartiene il regno di Dio. In verità io vi dico: chi non accoglie il regno di Dio come lo accoglie un bambino, non entrerà in esso».
E, prendendoli tra le braccia, li benediceva, ponendo le mani su di loro.
Parola del Signore.


LA MIA RIFLESSIONE
PREGHIERA.
Aiutami o Santo Spirito a comprendere ed a riferire quello che Tu desideri sia compreso.
“ In quel tempo, presentavano a Gesù dei bambini perché li toccasse, ma i discepoli li rimproverarono. “
Basta già solo questa frase per capire che i discepoli di Gesù avevano una concezione del loro Maestro abbastanza errata... loro che lo seguivano, in fondo non riuscivano a comprendere la sua apertura a tutti gli esseri viventi.
In questo caso vediamo che sono infastiditi dai bambini, e da chi,probabilmente le loro madri, glieli portava.
Ma queste però, avevano compreso, a questo riguardo, più dei Suoi stessi discepoli.
Gesù amava e chi ama veramente non può fare che bene.
Potrei dire tante altre cose, ma credo che questo basti per capire il messaggio che oggi le scritture ci danno; di mio vorrei aggiungere solo, preghiamo per chi non permette ai bambini che gli sono affidati da Dio, di avvicinarsi al Signore.

giovedì 23 febbraio 2017

(Mc 10,1-12) L’uomo non divida quello che Dio ha congiunto.

VANGELO
(Mc 10,1-12) L’uomo non divida quello che Dio ha congiunto.
+ Dal Vangelo secondo Marco
In quel tempo, Gesù, partito da Cafàrnao, venne nella regione della Giudea e al di là del fiume Giordano. La folla accorse di nuovo a lui e di nuovo egli insegnava loro, come era solito fare.
Alcuni farisei si avvicinarono e, per metterlo alla prova, domandavano a Gesù se è lecito a un marito ripudiare la propria moglie. Ma egli rispose loro: «Che cosa vi ha ordinato Mosè?». Dissero: «Mosè ha permesso di scrivere un atto di ripudio e di ripudiarla».
Gesù disse loro: «Per la durezza del vostro cuore egli scrisse per voi questa norma. Ma dall’inizio della creazione [Dio] li fece maschio e femmina; per questo l’uomo lascerà suo padre e sua madre e si unirà a sua moglie e i due diventeranno una carne sola. Così non sono più due, ma una sola carne. Dunque l’uomo non divida quello che Dio ha congiunto».
A casa, i discepoli lo interrogavano di nuovo su questo argomento. E disse loro: «Chi ripudia la propria moglie e ne sposa un’altra, commette adulterio verso di lei; e se lei, ripudiato il marito, ne sposa un altro, commette adulterio».
Parola del Signore




LA MIA RIFLESSIONE
PREGHIERA.
Aiutami Signore ad essere attenta alla voce dello Spirito, per farla mia ed attuarla nella mia vita.
Un nuovo incontro con questa parola che Gesù vuole sia ben compresa .
Mosè da uomo si piegò al volere degli uomini, alle loro usanze, ai loro desideri, ma Gesù  ha relativizzato l’importanza, attribuendo a Mosè e non a Dio alcune parti della legge stessa: “Per la durezza del vostro cuore Mosè vi ha permesso di ripudiare le vostre mogli; all’inizio però non fu così” .
Questo per gli ebrei non era certamente cosa da poco, perchè per loro “ Il LIBRO DELLA LEGGE “ veniva da Dio stesso e Gesù “sostituiva “ alle regole la pratica dell’amore che va oltre.
Dio non si manifesta solo nel Libro, ma nella vita del Figlio che ce lo ha rivelato; non nei codici da osservare, ma nell’amore da accogliere; non chiede obbedienza alla Legge, ma somiglianza al suo modo di vivere dimostrato da Gesù.
per questo Gesù ha detto: “ Non crediate che io sia venuto ad abolire la Legge o i Profeti; non sono venuto ad abolire, ma a dare pieno compimento.”

mercoledì 22 febbraio 2017

(Mc 9,41-50) È meglio per te entrare nella vita con una mano sola, anziché con le due mani andare nella Geènna.

VANGELO
(Mc 9,41-50) È meglio per te entrare nella vita con una mano sola, anziché con le due mani andare nella Geènna.
+ Dal Vangelo secondo Marco
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli:
«Chiunque vi darà da bere un bicchiere d’acqua nel mio nome perché siete di Cristo, in verità io vi dico, non perderà la sua ricompensa.
Chi scandalizzerà uno solo di questi piccoli che credono in me, è molto meglio per lui che gli venga messa al collo una macina da mulino e sia gettato nel mare.
Se la tua mano ti è motivo di scandalo, tagliala: è meglio per te entrare nella vita con una mano sola, anziché con le due mani andare nella Geènna, nel fuoco inestinguibile. E se il tuo piede ti è motivo di scandalo, taglialo: è meglio per te entrare nella vita con un piede solo, anziché con i due piedi essere gettato nella Geènna. E se il tuo occhio ti è motivo di scandalo, gettalo via: è meglio per te entrare nel regno di Dio con un occhio solo, anziché con due occhi essere gettato nella Geènna, dove il loro verme non muore e il fuoco non si estingue.
Ognuno infatti sarà salato con il fuoco. Buona cosa è il sale; ma se il sale diventa insipido, con che cosa gli darete sapore? Abbiate sale in voi stessi e siate in pace gli uni con gli altri».
Parola del Signore





LA MIA RIFLESSIONE
PREGHIERA
Vieni o Santo Spirito e insegnami a comprendere la parola del Signore, dammi la possibilità di spiegare bene quello che tu vuoi che io inserisca in questa mia riflessione, perché possa arrivare là dove tu vuoi che arrivi. Amen.
Continuala spiegazione di Gesù su quello che vuol dire appartenere a Cristo e già da questa prima frase: - Chiunque vi darà da bere un bicchiere d’acqua nel mio nome- fa comprendere che ogni cosa fatta nel nome del Signore sarà ricompensata e viceversa ogni cosa fatta male ai Suoi occhi, che sia motivo di scandalo, sarà punito.
Questo potrebbe sembrare un discorso rigido e freddo, ma se leggiamo tra le righe il senso del discorso, vediamo che invece è dettato dal grande amore che vuole spingerci ad una scelta definitiva e non basata sull’apparenza, ma nella concretezza e consapevolezza che una vita cristiana va vissuta dalle piccole alle grandi scelte.
Niente indecisioni quindi, perché le stesse sono tentazioni di vivere contro il volere di Dio e possono portare alla perdizione.

martedì 21 febbraio 2017

(Mt 16,13-19) Tu sei Pietro, e a te darò le chiavi del regno dei cieli.

VANGELO
(Mt 16,13-19) Tu sei Pietro, e a te darò le chiavi del regno dei cieli.
+ Dal Vangelo secondo Matteo
In quel tempo, Gesù, giunto nella regione di Cesarèa di Filippo, domandò ai suoi discepoli: «La gente, chi dice che sia il Figlio dell’uomo?». Risposero: «Alcuni dicono Giovanni il Battista, altri Elìa, altri Geremìa o qualcuno dei profeti». Disse loro: «Ma voi, chi dite che io sia?». Rispose Simon Pietro: «Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente». E Gesù gli disse: «Beato sei tu, Simone, figlio di Giona, perché né carne né sangue te lo hanno rivelato, ma il Padre mio che è nei cieli. E io a te dico: tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia Chiesa e le potenze degli inferi non prevarranno su di essa. A te darò le chiavi del regno dei cieli: tutto ciò che legherai sulla terra sarà legato nei cieli, e tutto ciò che scioglierai sulla terra sarà sciolto nei cieli».
Parola del Signore





LA MIA RIFLESSIONE
PREGHIERA.
Vieni o Santo Spirito e guidami tra le righe di questo Vangelo, perché possano configgersi nella mia carne come una corona di spine.
«Ma voi, chi dite che io sia?» Questa è la domanda che Gesù fece a Pietro, ed ancora oggi ce la sentiamo ripetere. Chi è Gesù per noi? Che cosa facciamo per dimostrargli che lo mettiamo al primo posto nella nostra vita? Quanto amiamo questa Chiesa che gli è costata la vita se mettiamo in dubbio anche il Papa? Pietro non era perfetto e arrivò a dire di non conoscere Gesù, ma Egli lo mise a capo della sua Chiesa. Chi siamo noi? Più di Gesù per poter cercare di destituire il Papa. Divisione e Critiche non vengono certamente perchè ispirate dal Signore. Dobbiamo cercare di ascoltare l’ amore di Dio verso tutti i suoi figli nelle parole del Papa e non stare sempre a fare le pulci su quello che è più o meno conveniente, perchè l’appartenere a Cristo vuol dire avere per famiglia il mondo intero....o abbiamo già dimenticato le parole che solo pochi giorni fa riecheggiavano nelle nostre orecchie:
“Chi compie la volontà di Dio, costui è mio fratello, sorella e madre”

lunedì 20 febbraio 2017

(Mc 9,30-37) Il Figlio dell’uomo viene consegnato. Se uno vuole essere il primo, sia il servitore di tutti.



VANGELO
(Mc 9,30-37) Il Figlio dell’uomo viene consegnato. Se uno vuole essere il primo, sia il servitore di tutti.

+ Dal Vangelo secondo Marco

In quel tempo, Gesù e i suoi discepoli attraversavano la Galilea, ma egli non voleva che alcuno lo sapesse. Insegnava infatti ai suoi discepoli e diceva loro: «Il Figlio dell’uomo viene consegnato nelle mani degli uomini e lo uccideranno; ma, una volta ucciso, dopo tre giorni risorgerà». Essi però non capivano queste parole e avevano timore di interrogarlo.
Giunsero a Cafàrnao. Quando fu in casa, chiese loro: «Di che cosa stavate discutendo per la strada?». Ed essi tacevano. Per la strada infatti avevano discusso tra loro chi fosse più grande. Sedutosi, chiamò i Dodici e disse loro: «Se uno vuole essere il primo, sia l’ultimo di tutti e il servitore di tutti».
E, preso un bambino, lo pose in mezzo a loro e, abbracciandolo, disse loro: «Chi accoglie uno solo di questi bambini nel mio nome, accoglie me; e chi accoglie me, non accoglie me, ma colui che mi ha mandato».

Parola del Signore.


LA MIA RIFLESSIONE
PREGHIERA
Ti prego Spirito Santo, di entrare nel mio cuore, per fare posto alla persona nuova che Gesù vuole per me. Te lo chiedo per poter vivere in comunione con Cristo nostro Signore. Amen.
Noi siamo uomini e rimaniamo uomini, con i nostri difetti e i nostri miseri pregi; noi non capiamo mai neanche quando la fede è forte, neanche quando abbiamo Gesù vicino al cuore, che il nostro ruolo non è apparire, ma servire.
Di chi è la colpa, oggi non ha importanza, satana trova sempre l' esca giusta alla quale farci abboccare, sa com' è l' uomo, conosce il nostro intimo, perché nutre tutte le nostre cattive inclinazioni.
Non possiamo vivere il cristianesimo come un romanzo e dobbiamo imparare a lottare con il male che è dentro di noi, per poter fare il bene, e con questo bene, dobbiamo contaminare il mondo.
"Se uno vuol essere il primo, sia l'ultimo di tutti e il servo di tutti"
Questa frase spesso e volentieri riempie le nostre chiese, MA NON IL NOSTRO CUORE!
Troppo presi a dimostrare il nostro valore terreno, sperando di aumentare con questo il nostro valore spirituale, perdiamo completamente di vista chi è Dio, cosa è venuto a dimostrarci nella persona di Gesù, ed anche,e questa è la cosa peggiore, le sue parole!
Gesù ha dimostrato la sua grandezza, facendosi piccolo come un bambino, nascendo povero in una capanna, rispettando gli ultimi ed accogliendoli accanto a se, lavando i piedi ai suoi discepoli per insegnarci l'umiltà.
La cosa più bella, che dovrebbe commuoverci fino alle lacrime, è che tutto questo l'ha fatto perché ci ama, non perché lo meritiamo; perché l'amore è gratuito e va riversato gratuitamente sui nostri fratelli... non perché lo meritino, ma perché ogni cosa buona che faremo ai nostri fratelli, l'avremo fatta a Gesù!
Se quello che vogliamo è veramente fare il volere di Dio, non fa niente se dovremo servire ed essere anche trattati male, offesi e incompresi, non è forse stato così per Gesù?
L’ importante è fare il volere del Padre, e questa deve essere la nostra preghiera: Padre se puoi allontana da me il calice dell’ umiliazione e allora anche se mi resta difficile anche solo pensarlo, ti prego Signore, perdona chi mi disprezza e mi umilia, perché ma non la mia volontà, ma la Tua sia fatta.

domenica 19 febbraio 2017

(Mc 9,14-29) Credo, Signore; aiuta la mia incredulità.

VANGELO
(Mc 9,14-29) Credo, Signore; aiuta la mia incredulità.
+ Dal Vangelo secondo Marco
In quel tempo, [Gesù, Pietro, Giacomo e Giovanni, scesero dal monte] e arrivando presso i discepoli, videro attorno a loro molta folla e alcuni scribi che discutevano con loro.
E subito tutta la folla, al vederlo, fu presa da meraviglia e corse a salutarlo. Ed egli li interrogò: «Di che cosa discutete con loro?». E dalla folla uno gli rispose: «Maestro, ho portato da te mio figlio, che ha uno spirito muto. Dovunque lo afferri, lo getta a terra ed egli schiuma, digrigna i denti e si irrigidisce. Ho detto ai tuoi discepoli di scacciarlo, ma non ci sono riusciti». Egli allora disse loro: «O generazione incredula! Fino a quando sarò con voi? Fino a quando dovrò sopportarvi? Portatelo da me». E glielo portarono.
Alla vista di Gesù, subito lo spirito scosse con convulsioni il ragazzo ed egli, caduto a terra, si rotolava schiumando. Gesù interrogò il padre: «Da quanto tempo gli accade questo?». Ed egli rispose: «Dall’infanzia; anzi, spesso lo ha buttato anche nel fuoco e nell’ acqua per ucciderlo. Ma se tu puoi qualcosa, abbi pietà di noi e aiutaci». Gesù gli disse: «Se tu puoi! Tutto è possibile per chi crede». Il padre del fanciullo rispose subito ad alta voce: «Credo; aiuta la mia incredulità!».
Allora Gesù, vedendo accorrere la folla, minacciò lo spirito impuro dicendogli: «Spirito muto e sordo, io ti ordino, esci da lui e non vi rientrare più». Gridando, e scuotendolo fortemente, uscì. E il fanciullo diventò come morto, sicché molti dicevano: «È morto». Ma Gesù lo prese per mano, lo fece alzare ed egli stette in piedi.
Entrato in casa, i suoi discepoli gli domandavano in privato: «Perché noi non siamo riusciti a scacciarlo?». Ed egli disse loro: «Questa specie di demòni non si può scacciare in alcun modo, se non con la preghiera».
Parola del Signore




LA MIA RIFLESSIONE
PREGHIERA
Vieni o Spirito di Dio ed aiutami ad unire la mia anima alla Tua, liberami da ogni pensiero che è mio e riempimi del tuo.Credo Signore in te,ma la mia è fede umana,imperfetta e non mi riempie di te, mi lascia spazi enormi in cui la mia umanità non riesce a raggiungerti,per questo ti prego : Credo, Signore; aiuta la mia incredulità.
Con quale meraviglia ci si deve rivolgere al Signore? Riusciamo ad essere ancora meravigliati e stupefatti dalla sua potenza, o non ci crediamo più di tanto? Questo è l’errore che fanno, in questo brano, i discepoli di Gesù, che pur operando nel suo nome, non riescono a scacciare il demone che infesta il ragazzo. Perché non riescono a guarire nel nome di Gesù? Quanto sono convinti di quello che stanno facendo? Spesso la nostra umanità prende il sopravvento sulla fede e tutto diventa più difficile. Lasciare l’ uomo terreno e far posto a Cristo, non è evidentemente così semplice come sembra, perché bisogna imparare ad avere una gran fiducia. A Gesù non sembra strano che questo uomo che lo prega abbia dei dubbi, delle incertezze e che le metta ai suoi piedi, con le sue paure e la sua disperazione, gli dice: - credo, aiuta la mia incredulità - ed è questo che cambia la situazione, affidare la nostra incapacità a Dio. Scopriamo che la fede è un dono, ma non un diritto acquisito, che ha bisogno della nostra partecipazione attiva, per diventare condivisione, che dobbiamo per prima cosa riconoscere che senza Gesù nel cuore non possiamo niente. I discepoli di Gesù possono scacciare demoni, compiere miracoli, ma non perché sono loro, ma perché Gesù può agire attraverso loro, questo è importante da comprendere, sia per chi permette a Gesù di agire sia per chi assiste al miracolo. A volte i fedeli sono attirati dal personaggio e non da Gesù che opera e questo è sbagliato, facilmente si crea un falso rapporto, non dettato dalla vera fede in Cristo, perché è bene non dimenticare mai, come dice la prima lettura che tutto viene dal Signore. Quando invece dell’ umiltà di chi si riconosce un mezzo, è la superbia entra nel cuore dell’uomo, non sarà più possibile che il Signore operi in lui. Per questo si debbono riconoscere le persone e gli avvenimenti dai loro frutti, per poterli giudicare. L’amore per gli altri, per i sofferenti, deve essere alla base del legame perché questo è quello che spinge Gesù ad offrire tutto di se per noi, ecco perché la preghiera è così importante nella vita del Cristiano, perché è l’ invocazione, la richiesta d’aiuto per tutti i fratelli bisognosi, amati tanto da Dio, ancor più di se stesso.

sabato 18 febbraio 2017

(Mt 5,38-48) Amate i vostri nemici.

VANGELO
(Mt 5,38-48) Amate i vostri nemici.


+ Dal Vangelo secondo Matteo


In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli:
«Avete inteso che fu detto: “Occhio per occhio e dente per dente”. Ma io vi dico di non opporvi al malvagio; anzi, se uno ti dà uno schiaffo sulla guancia destra, tu pórgigli anche l’altra, e a chi vuole portarti in tribunale e toglierti la tunica, tu lascia anche il mantello. E se uno ti costringerà ad accompagnarlo per un miglio, tu con lui fanne due. Da’ a chi ti chiede, e a chi desidera da te un prestito non voltare le spalle.
Avete inteso che fu detto: “Amerai il tuo prossimo e odierai il tuo nemico”. Ma io vi dico: amate i vostri nemici e pregate per quelli che vi perseguitano, affinché siate figli del Padre vostro che è nei cieli; egli fa sorgere il suo sole sui cattivi e sui buoni, e fa piovere sui giusti e sugli ingiusti. Infatti, se amate quelli che vi amano, quale ricompensa ne avete? Non fanno così anche i pubblicani? E se date il saluto soltanto ai vostri fratelli, che cosa fate di straordinario? Non fanno così anche i pagani? Voi, dunque, siate perfetti come è perfetto il Padre vostro celeste».


Parola del Signore 


LA MIA RIFLESSIONE
PREGHIERA
O Dio, fortezza di chi spera in te, ascolta benigno le nostre invocazioni e poiché nella nostra debolezza nulla possiamo senza il tuo aiuto, soccorrici con la tua grazia e col tuo Spirito illuminaci.


La logica che ci lega alla terra è fatta di simpatie e di antipatie, di cose belle e cose brutte, d’odio e d’amore…Tutti siamo capaci di provare dei sentimenti, anche gli animali, che sicuramente sono migliori di noi anche in questo. In genere i nostri sentimenti debbono essere corrisposti, ricambiati, perché non siamo proprio abituati a dare gratuitamente e siamo più inclini all’ indifferenza e al rancore che all’ amore. Ma noi non siamo solo uomini, siamo anche Cristiani e nella logica di Cristo, l’ amore supera i nostri limiti.
Ama il tuo nemico, perché Dio lo ama, è tuo fratello e se ami Dio, se vuoi condividere con lui il progetto di salvezza, non puoi essere tu a decidere chi amare, devi fidarti di Dio. Io sono sicura che molte persone, che per noi non hanno speranza, saranno invece davanti a noi sulla via del paradiso. Il Signore sa come e quando chiamarci… ricordate la frase: - non siete voi che avete scelto me, ma io che ho scelto voi.- ? Si, è vero che abbiamo il libero arbitrio, che la scelta è la nostra, se dire sì o no a quella chiamata, ma come con Paolo, così fa con tutti noi, con tempi e modi che si differenziano.
Gesù ci invita ad amare, sempre e nonostante tutto, perché è da questo che si riconosce il Cristiano, anche i pagani sanno amare chi li ama, ma il Cristiano deve tendere ad amare anche il suo nemico. Dice ancora Gesù: - "Gv. 13,35 Da questo tutti sapranno che siete miei discepoli, se avrete amore gli uni per gli altri." - Abbiamo tanti esempi di gente che ha saputo amare e perdonare come ha fatto Gesù, un esempio è suor Maria Laura Mainetti. Dal gesto insano di tre ragazze, all’ amore incondizionato della piccola suora, e da allora, tanti piccoli fiori sono fioriti da quel seme d’amore.
I disegni del Signore non sono i nostri, ma noi possiamo farne parte nel bene o nel male. Satana propone ma Dio con il nostro aiuto Dispone! Porgi l'altra guancia, non vendicarti, aiuta chi è in difficoltà, sopporta le ingiustizie con pazienza. Certo che Gesù pretende veramente molto da noi, eppure tutto ha una sua logica, solo che è lontana dalla nostra umanità. Ma che potevamo aspettarci da chi ha per amore dato la sua vita per noi, da chi mette l'amore al primo posto....Potremmo forse dire che cosa ne sa Lui? Che ne sa di quando ti accusano d’essere colpevole di un reato e non lo sei?
Lo sa!
Che ne sa di quando ti fanno un torto, ti tradiscono?
Lo sa!
Che ne sa di quando ti schiaffeggiano e ti umiliano davanti a tutti?
Lo sa!
Che ne sa di quando ti senti solo e tutti gli amici ti abbandonano?
Lo sa!
Gesù non parla per sentito dire, ha provato tutto sulla sua pelle, si è umiliato, fatto uomo per portarci nel suo regno, che è quello dell'amore e dove c'è amore vero, per tutti gli uomini, non ci può essere altro. Se negli uomini è insito il desiderio di prevalere, in Gesù quello di far prevalere e la cosa che deve essere prevalente è proprio l'amore.
-Padre perdona loro, perché non sanno quello che fanno - è stata la sua ultima preghiera....

venerdì 17 febbraio 2017

(Mc 9,2-13) Fu trasfigurato davanti a loro.

VANGELO
(Mc 9,2-13) Fu trasfigurato davanti a loro.
+ Dal Vangelo secondo Marco
In quel tempo, Gesù prese con sé Pietro, Giacomo e Giovanni e li condusse su un alto monte, in disparte, loro soli. Fu trasfigurato davanti a loro e le sue vesti divennero splendenti, bianchissime: nessun lavandaio sulla terra potrebbe renderle così bianche. E apparve loro Elìa con Mosè e conversavano con Gesù.
Prendendo la parola, Pietro disse a Gesù: «Rabbì, è bello per noi essere qui; facciamo tre capanne, una per te, una per Mosè e una per Elìa». Non sapeva infatti che cosa dire, perché erano spaventati.
Venne una nube che li coprì con la sua ombra e dalla nube uscì una voce: «Questi è il Figlio mio, l’amato: ascoltatelo!».
E improvvisamente, guardandosi attorno, non videro più nessuno, se non Gesù solo, con loro.
Mentre scendevano dal monte, ordinò loro di non raccontare ad alcuno ciò che avevano visto, se non dopo che il Figlio dell’uomo fosse risorto dai morti. Ed essi tennero fra loro la cosa, chiedendosi che cosa volesse dire risorgere dai morti.
E lo interrogavano: «Perché gli scribi dicono che prima deve venire Elìa?». Egli rispose loro: «Sì, prima viene Elìa e ristabilisce ogni cosa; ma, come sta scritto del Figlio dell’uomo? Che deve soffrire molto ed essere disprezzato. Io però vi dico che Elìa è già venuto e gli hanno fatto quello che hanno voluto, come sta scritto di lui».
Parola del Signore




LA MIA RIFLESSIONE
PREGHIERA
Vieni vicino a me o Santo Spirito, ed aiutami a comprendere il senso della lettura d’oggi, ed a saperla applicare alla mia vita.
Sono molte le cose che mi colpiscono di questo brano e, onestamente non so da dove cominciare, perchè nella sua narrazione Marco, va all'essenziale, senza raccontarci i dettagli di questa giornata particolare, che porta i tre discepoli a vivere un'esperienza spirituale con Gesù, veramente insolita, ma i sacerdoti parleranno abbondantemente di questa esperienza in chiave teologica e molto meglio di me.
Io amo ascoltare quello che questo brano ci dice, quasi in segreto, proprio per noi!
Gesù ha sempre parlato con i suoi, ma ci sono cose che non si possono spiegare a parole, bisogna farne l'esperienza diretta.
Quello che accadde li intimorì, non se lo aspettavano e questo fece nascere in loro il desiderio di potersi fermare lì, di poter continuare a vivere quell'esperienza al di fuori del mondo.
Dio non è così lontano, non è irraggiungibile, perchè è sempre Lui che viene incontro all'uomo, e questo momento di grazia, questo dono che fa loro, deve restare chiuso nel loro cuore.
Gesù sa che il diavolo si insinua facilmente nel cuore dell'uomo, che questa visione fantastica poteva essere presa da lui e manipolata per suscitare in loro superbia, immodestia, presunzione, per questo chiede loro di non parlarne con nessuno fino a che Lui non fosse risorto.
In quel momento era facile per loro credere che Gesù sarebbe veramente risorto, avevano appena visto davanti ai loro occhi Mosè ed Elia... ma poi tutto cambia e svanisce, solo Gesù con loro.... difficile sarà ricordare che non sono soli, quando non vedranno più neanche Gesù.
Questa è l'esperienza che ci viene chiesta, che ci viene concessa, anche a noi sempre, capire che non siamo mai soli, perchè quello che non è visibile ai nostri occhi , è visibile al nostro cuore.
Meravigliose le parole di Dio....ASCOLTATELO... ci da anche l'indicazione di dove trovarlo...nella sua parola!

giovedì 16 febbraio 2017

(Mc 8,34-9,1) Chi perderà la propria vita per causa mia e del Vangelo, la salverà.



VANGELO

(Mc 8,34-9,1) Chi perderà la propria vita per causa mia e del Vangelo, la salverà.


Dal Vangelo secondo Marco


In quel tempo, convocata la folla insieme ai suoi discepoli, Gesù disse loro:

«Se qualcuno vuol venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua. Perché chi vuole salvare la propria vita, la perderà; ma chi perderà la propria vita per causa mia e del Vangelo, la salverà.

Infatti quale vantaggio c’è che un uomo guadagni il mondo intero e perda la propria vita? Che cosa potrebbe dare un uomo in cambio della propria vita?

Chi si vergognerà di me e delle mie parole davanti a questa generazione adultera e peccatrice, anche il Figlio dell’uomo si vergognerà di lui, quando verrà nella gloria del Padre suo con gli angeli santi».

Diceva loro: «In verità io vi dico: vi sono alcuni, qui presenti, che non morranno prima di aver visto giungere il regno di Dio nella sua potenza».




Parola del Signore





LA MIA RIFLESSIONE

PREGHIERA

Vieni o Santo spirito a parlare al mio cuore, ti prego, non mi abbandonare!




Se vogliamo seguire Gesù è bene che non ci facciamo illusioni, non sarà una scelta semplice.

La croce che intanto dobbiamo cominciare a portare è quella della sopportazione!

Faccio un esempio semplice: quando qualcuno ci ferisce, non rispondiamo, non reagiamo offendendoci, portando rancore, ma preghiamo con tutto l’ amore di cui siamo capaci perché

l’ altro possa riavvicinarsi a noi in pace.

So quanto questo sia difficile, ma credo che ogni seguace di Cristo, che ogni uomo di buona volontà debba assumersi le proprie responsabilità, debba imparare a sopportare le umiliazioni ed il dolore di non essere amato, perché Gesù l’ha saputo fare prima di noi e per noi essendo stato crocefisso innocente!

Rinnegare se stessi , le proprie ambizioni, il desiderio di essere applauditi, di piacere, di stare bene, di essere perfetti e saper accettare tutto quello che il buon Dio ci offre, vivendo tutto con la consapevolezza che lottare per vincere sulla nostra carnalità, ci porterà solo ad essere migliori ed a perderci nell’ amore di Dio.

mercoledì 15 febbraio 2017

MISERICORDIA ET MISERA



FRANCESCO

a quanti leggeranno questa Lettera Apostolica misericordia e pace Misericordia et misera sono le due parole che sant’Agostino utilizza per raccontare l’incontro tra Gesù e l’adultera (cfr Gv 8,1-11).




Non poteva trovare espressione più bella e coerente di questa per far comprendere il mistero dell’amore di Dio quando viene incontro al peccatore: «Rimasero soltanto loro due: la misera e la misericordia». Quanta pietà e giustizia divina in questo racconto! Il suo insegnamento viene a illuminare la conclusione del Giubileo Straordinario della Misericordia, mentre indica il cammino che siamo chiamati a percorrere nel futuro. 1.Questa pagina del Vangelo può a buon diritto essere assunta come icona di quanto abbiamo celebrato nell’Anno Santo, un tempo ricco di misericordia, la quale chiede di essere ancora celebrata e vissuta nelle nostre comunità. La misericordia, infatti, non può essere una parentesi nella vita della Chiesa, ma costituisce la sua stessa esistenza, che rende manifesta e tangibile la verità profonda del Vangelo. Tutto si rivela nella misericordia; tutto si risolve nell’amore misericordioso del Padre. Una donna e Gesù si sono incontrati. Lei, adultera e, secondo la Legge, giudicata passibile di lapidazione; Lui, che con la sua predicazione e il dono totale di sé, che lo porterà alla croce, ha riportato la legge mosaica al suo genuino intento originario. Al centro non c’è la legge e la giustizia legale, ma l’amore di Dio, che sa leggere nel cuore di ogni persona, per comprenderne il desiderio più nascosto, e che deve avere il primato su tutto. In questo racconto evangelico, tuttavia, non si incontrano il peccato e il giudizio in astratto, ma una peccatrice e il Salvatore. Gesù ha guardato negli occhi quella donna e ha letto nel suo cuore: vi ha trovato il desiderio di essere capita, perdonata e liberata. La miseria del peccato è stata rivestita dalla misericordia dell’amore. Nessun giudizio da parte di Gesù che non fosse segnato dalla pietà e dalla compassione per la condizione della peccatrice. A chi voleva giudicarla e condannarla a morte, Gesù risponde con un lungo silenzio, che vuole lasciar emergere la voce di Dio nelle coscienze, sia della donna sia dei suoi accusatori. I quali lasciano cadere le pietre dalle mani e se ne vanno ad uno ad uno (cfr Gv 8,9). E dopo quel silenzio, Gesù dice: «Donna, dove sono? Nessuno ti ha condannata? … Neanch’io ti condanno; va’ e d’ora in poi non peccare più» (vv. 10- 11). In questo modo la aiuta a guardare al futuro con speranza e ad essere pronta a rimettere in moto la sua vita; d’ora in avanti, se lo vorrà, potrà “camminare nella carità” (cfr Ef 5,2). Una volta che si è rivestiti della misericordia, anche se permane la condizione di debolezza per il peccato, essa è sovrastata dall’amore che permette di guardare oltre e vivere diversamente. 2. Gesù d’altronde lo aveva insegnato con chiarezza quando, invitato a pranzo da un fariseo, gli si era avvicinata una donna conosciuta da tutti come una peccatrice (cfr Lc 7,36-50). Lei aveva cosparso di profumo i piedi di Gesù, li aveva bagnati con le sue lacrime e asciugati con i suoi capelli (cfr v. 37-38). Alla reazione scandalizzata del fariseo, Gesù rispose: «Sono perdonati i suoi molti peccati, perché ha molto amato. Invece colui al quale si perdona poco, ama poco» (v. 47). Il perdono è il segno più visibile dell’amore del Padre, che Gesù ha voluto rivelare in tutta la sua vita. Non c’è pagina del Vangelo che possa essere sottratta a questo imperativo dell’amore che giunge fino al perdono. Perfino nel momento ultimo della sua esistenza terrena, mentre viene inchiodato sulla croce, Gesù ha parole di perdono: «Padre, perdona loro perché non sanno quello che fanno» (Lc 23,34). Niente di quanto un peccatore pentito pone dinanzi alla misericordia di Dio può rimanere senza l’abbraccio del suo perdono. È per questo motivo che nessuno di noi può porre condizioni alla misericordia; essa rimane sempre un atto di gratuità del Padre celeste, un amore incondizionato e immeritato. Non possiamo, pertanto, correre il rischio di opporci alla piena libertà dell’amore con cui Dio entra nella vita di ogni persona. La misericordia è questa azione concreta dell’amore che, perdonando, trasforma e cambia la vita. È così che si manifesta il suo mistero divino. Dio è misericordioso (cfr Es 34,6), la sua misericordia dura in eterno (cfr Sal 136), di generazione in generazione abbraccia ogni persona che confida in Lui e la trasforma, donandole la sua stessa vita. 3. Quanta gioia è stata suscitata nel cuore di queste due donne, l’adultera e la peccatrice! Il perdono le ha fatte sentire finalmente libere e felici come mai prima. Le lacrime della vergogna e del dolore si sono trasformate nel sorriso di chi sa di essere amata. La misericordia suscita gioia, perché il cuore si apre alla speranza di una vita nuova. La gioia del perdono è indicibile, ma traspare in noi ogni volta che ne facciamo esperienza. All’origine di essa c’è l’amore con cui Dio ci viene incontro, spezzando il cerchio di egoismo che ci avvolge, per renderci a nostra volta strumenti di misericordia. Come sono significative anche per noi le parole antiche che guidavano i primi cristiani: «Rivestiti di gioia che è sempre gradita a Dio e gli è accetta. In essa si diletta. Ogni uomo gioioso opera bene, pensa bene e disprezza la tristezza [...] Vivranno in Dio quanti allontanano la tristezza e si rivestono di ogni gioia». Fare esperienza della misericordia dona gioia. Non lasciamocela portar via dalle varie afflizioni e preoccupazioni. Possa rimanere ben radicata nel nostro cuore e farci guardare sempre con serenità alla vita quotidiana. In una cultura spesso dominata dalla tecnica, sembrano moltiplicarsi le forme di tristezza e solitudine in cui cadono le persone, e anche tanti giovani. Il futuro infatti sembra essere ostaggio dell’incertezza che non consente di avere stabilità. È così che sorgono spesso sentimenti di malinconia, tristezza e noia, che lentamente possono portare alla disperazione. C’è bisogno di testimoni di speranza e di gioia vera, per scacciare le chimere che promettono una facile felicità con paradisi artificiali. Il vuoto profondo di tanti può essere riempito dalla speranza che portiamo nel cuore e dalla gioia che ne deriva. C’è tanto bisogno di riconoscere la gioia che si rivela nel cuore toccato dalla misericordia. Facciamo tesoro, pertanto, delle parole dell’Apostolo: «Siate sempre lieti nel Signore» (Fil 4,4; cfr 1 Ts 5,16). 4. Abbiamo celebrato un Anno intenso, durante il quale ci è stata donata con abbondanza la grazia della misericordia. Come un vento impetuoso e salutare, la bontà e la misericordia del Signore si sono riversate sul mondo intero. E davanti a questo sguardo amoroso di Dio che in maniera così prolungata si è rivolto su ognuno di noi, non si può rimanere indifferenti, perché esso cambia la vita. Sentiamo il bisogno, anzitutto, di ringraziare il Signore e dirgli: «Sei stato buono, Signore, con la tua terra […]. Hai perdonato la colpa del tuo popolo» (Sal 85,2-3). È proprio così: Dio ha calpestato le nostre colpe e gettato in fondo al mare i nostri peccati (cfr Mt 7,19); non li ricorda più, se li è buttati alle spalle (cfr Is 38,17); come è distante l’oriente dall’occidente così i nostri peccati sono distanti da lui (cfr Sal 103,12). In questo Anno Santo la Chiesa ha saputo mettersi in ascolto e ha sperimentato con grande intensità la presenza e vicinanza del Padre, che con l’opera dello Spirito Santo le ha reso più evidente il dono e il mandato di Gesù Cristo riguardo al perdono. È stata realmente una nuova visita del Signore in mezzo a noi. Abbiamo percepito il suo soffio vitale riversarsi sulla Chiesa e, ancora una volta, le sue parole hanno indicato la missione: «Ricevete lo Spirito Santo: a coloro a cui perdonerete i peccati, saranno perdonati; a coloro a cui non perdonerete, non saranno perdonati» (Gv 20,22- 23). 5. Adesso, concluso questo Giubileo, è tempo di guardare avanti e di comprendere come continuare con fedeltà, gioia ed entusiasmo a sperimentare la ricchezza della misericordia divina. Le nostre comunità potranno rimanere vive e dinamiche nell’opera di nuova evangelizzazione nella misura in cui la “conversione pastorale” che siamo chiamati a vivere3 sarà plasmata quotidianamente dalla forza rinnovatrice della misericordia. Non limitiamo la sua azione; non rattristiamo lo Spirito che indica sempre nuovi sentieri da percorrere per portare a tutti il Vangelo che salva. In primo luogo siamo chiamati a celebrare la misericordia. Quanta ricchezza è presente nella preghiera della Chiesa quando invoca Dio come Padre misericordioso! Nella liturgia, la misericordia non solo viene ripetutamente evocata, ma realmente ricevuta e vissuta. Dall’inizio alla fine della celebrazione eucaristica, la misericordia ritorna più volte nel dialogo tra l’assemblea orante e il cuore del Padre, che gioisce quando può effondere il suo amore misericordioso. Dopo la richiesta di perdono iniziale con l’invocazione «Signore pietà», veniamo subito rassicurati: «Dio onnipotente abbia misericordia di noi, perdoni i nostri peccati e ci conduca alla vita eterna». È con questa fiducia che la comunità si raduna alla presenza del Signore, particolarmente nel giorno santo della risurrezione. Molte orazioni “collette” intendono richiamare il grande dono della misericordia. Nel periodo della Quaresima, ad esempio, preghiamo dicendo: «Dio misericordioso, fonte di ogni bene, tu ci hai proposto a rimedio del peccato il digiuno la preghiera e le opere di carità fraterna; guarda a noi che riconosciamo la nostra miseria e poiché ci opprime il peso delle nostre colpe, ci sollevi la tua misericordia». Siamo poi immersi nella grande preghiera eucaristica con il prefazio che proclama: «Nella tua misericordia hai tanto amato gli uomini da mandare il tuo Figlio come Redentore a condividere in tutto, fuorché nel peccato, la nostra condizione umana». La quarta preghiera eucaristica, inoltre, è un inno alla misericordia di Dio: «Nella tua misericordia a tutti sei venuto incontro, perché coloro che ti cercano ti possano trovare». «Di noi tutti abbi misericordia», è la richiesta impellente che il sacerdote compie nella preghiera eucaristica per implorare la partecipazione alla vita eterna. Dopo il Padre Nostro, il sacerdote prolunga la preghiera invocando la pace e la liberazione dal peccato grazie all’«aiuto della tua misericordia». E prima del segno di pace, scambiato come espressione di fratellanza e di amore reciproco alla luce del perdono ricevuto, egli prega di nuovo: «Non guardare ai nostri peccati, ma alla fede della tua Chiesa». Mediante queste parole, con umile fiducia chiediamo il dono dell’unità e della pace per la santa Madre Chiesa. La celebrazione della misericordia divina culmina nel Sacrificio eucaristico, memoriale del mistero pasquale di Cristo, da cui scaturisce la salvezza per ogni essere umano, per la storia e per il mondo intero. Insomma, ogni momento della celebrazione eucaristica fa riferimento alla misericordia di Dio. In tutta la vita sacramentale la misericordia ci viene donata in abbondanza. Non è affatto senza significato che la Chiesa abbia voluto fare esplicitamente il richiamo alla misericordia nella formula dei due sacramenti chiamati “di guarigione”, cioè la Riconciliazione e l’Unzione dei malati. La formula di assoluzione dice: «Dio, Padre di misericordia, che ha riconciliato a sé il mondo nella morte e risurrezione del suo Figlio, e ha effuso lo Spirito Santo per la remissione dei peccati, ti conceda, mediante il ministero della Chiesa, il perdono e la pace» e quella dell’Unzione recita: «Per questa santa Unzione e la sua piissima misericordia ti aiuti il Signore con la grazia dello Spirito Santo». Dunque, nella preghiera della Chiesa il riferimento alla misericordia, lungi dall’essere solamente parenetico, è altamente performativo, vale a dire che mentre la invochiamo con fede, ci viene concessa; mentre la confessiamo viva e reale, realmente ci trasforma. È questo un contenuto fondamentale della nostra fede, che dobbiamo conservare in tutta la sua originalità: prima di quella del peccato, abbiamo la rivelazione dell’amore con cui Dio ha creato il mondo e gli esseri umani. L’amore è il primo atto con il quale Dio si fa conoscere e ci viene incontro. Teniamo, pertanto, aperto il cuore alla fiducia di essere amati da Dio. Il suo amore ci precede sempre, ci accompagna e rimane accanto a noi nonostante il nostro peccato. 6. In tale contesto, assume un significato particolare anche l’ascolto della Parola di Dio. Ogni domenica, la Parola di Dio viene proclamata nella comunità cristiana perché il giorno del Signore sia illuminato dalla luce che promana dal mistero pasquale. Nella celebrazione eucaristica sembra di assistere a un vero dialogo tra Dio e il suo popolo. Nella proclamazione delle Letture bibliche, infatti, si ripercorre la storia della nostra salvezza attraverso l’incessante opera di misericordia che viene annunciata. Dio parla ancora oggi con noi come ad amici, si “intrattiene” con noi per donarci la sua compagnia e mostrarci il sentiero della vita. La sua Parola si fa interprete delle nostre richieste e preoccupazioni e risposta feconda perché possiamo sperimentare concretamente la sua vicinanza. Quanta importanza acquista l’omelia, dove «la verità si accompagna alla bellezza e al bene», per far vibrare il cuore dei credenti dinanzi alla grandezza della misericordia! Raccomando molto la preparazione dell’omelia e la cura della predicazione. Essa sarà tanto più fruttuosa, quanto più il sacerdote avrà sperimentato su di sé la bontà misericordiosa del Signore. Comunicare la certezza che Dio ci ama non è un esercizio retorico, ma condizione di credibilità del proprio sacerdozio. Vivere, quindi, la misericordia è la via maestra per farla diventare un vero annuncio di consolazione e di conversione nella vita pastorale. L’omelia, come pure la catechesi, hanno bisogno di essere sempre sostenute da questo cuore pulsante della vita cristiana. 7. La Bibbia è il grande racconto che narra le meraviglie della misericordia di Dio. Ogni pagina è intrisa dell’amore del Padre che fin dalla creazione ha voluto imprimere nell’universo i segni del suo amore. Lo Spirito Santo, attraverso le parole dei profeti e gli scritti sapienziali, ha plasmato la storia di Israele nel riconoscimento della tenerezza e della vicinanza di Dio, nonostante l’infedeltà del popolo. La vita di Gesù e la sua predicazione segnano in modo determinante la storia della comunità cristiana, che ha compreso la propria missione sulla base del mandato di Cristo di essere strumento permanente della sua misericordia e del suo perdono (cfr Gv 20,23). Attraverso la Sacra Scrittura, mantenuta viva dalla fede della Chiesa, il Signore continua a parlare alla sua Sposa e le indica i sentieri da percorrere, perché il Vangelo della salvezza giunga a tutti. È mio vivo desiderio che la Parola di Dio sia sempre più celebrata, conosciuta e diffusa, perché attraverso di essa si possa comprendere meglio il mistero di amore che promana da quella sorgente di misericordia. Lo ricorda chiaramente l’Apostolo: «Tutta la Scrittura, ispirata da Dio, è anche utile per insegnare, convincere, correggere ed educare nella giustizia» (2 Tm 3,16). Sarebbe opportuno che ogni comunità, in una domenica dell’Anno liturgico, potesse rinnovare l’impegno per la diffusione, la conoscenza e l’approfondimento della Sacra Scrittura: una domenica dedicata interamente alla Parola di Dio, per comprendere l’inesauribile ricchezza che proviene da quel dialogo costante di Dio con il suo popolo. Non mancherà la creatività per arricchire questo momento con iniziative che stimolino i credenti ad essere strumenti vivi di trasmissione della Parola. Certamente, tra queste iniziative vi è la diffusione più ampia della lectio divina, affinché, attraverso la lettura orante del testo sacro, la vita spirituale trovi sostegno e crescita. La lectio divina sui temi della misericordia permetterà di toccare con mano quanta fecondità viene dal testo sacro, letto alla luce dell’intera tradizione spirituale della Chiesa, che sfocia necessariamente in gesti e opere concrete di carità. 8. La celebrazione della misericordia avviene in modo del tutto particolare con il Sacramento della Riconciliazione. È questo il momento in cui sentiamo l’abbraccio del Padre che viene incontro per restituirci la grazia di essere di nuovo suoi figli. Noi siamo peccatori e portiamo con noi il peso della contraddizione tra ciò che vorremmo fare e quanto invece concretamente facciamo (cfr Rm 7,14-21); la grazia, tuttavia, ci precede sempre, e assume il volto della misericordia che si rende efficace nella riconciliazione e nel perdono. Dio fa comprendere il suo immenso amore proprio davanti al nostro essere peccatori. La grazia è più forte, e supera ogni possibile resistenza, perché l’amore tutto vince (cfr 1 Cor 13,7). Nel Sacramento del Perdono Dio mostra la via della conversione a Lui, e invita a sperimentare di nuovo la sua vicinanza. È un perdono che può essere ottenuto iniziando, anzitutto, a vivere la carità. Lo ricorda anche l’apostolo Pietro quando scrive che «L’amore copre una moltitudine di peccati» (1 Pt 4,8). Solo Dio perdona i peccati, ma chiede anche a noi di essere pronti al perdono verso gli altri, così come Lui perdona i nostri: «Rimetti a noi i nostri debiti, come anche noi li rimettiamo ai nostri debitori» (Mt 6,12). Quanta tristezza quando rimaniamo chiusi in noi stessi e incapaci di perdonare! Prendono il sopravvento il rancore, la rabbia, la vendetta, rendendo la vita infelice e vanificando l’impegno gioioso per la misericordia. 9. Un’esperienza di grazia che la Chiesa ha vissuto con tanta efficacia nell’Anno giubilare è stato certamente il servizio dei Missionari della Misericordia. La loro azione pastorale ha voluto rendere evidente che Dio non pone alcun confine per quanti lo cercano con cuore pentito, perché a tutti va incontro come un Padre. Ho ricevuto tante testimonianze di gioia per il rinnovato incontro con il Signore nel Sacramento della Confessione. Non perdiamo l’opportunità di vivere la fede anche come esperienza di riconciliazione. «Lasciatevi riconciliare con Dio» (2 Cor 5,20) è l’invito che ancora ai nostri giorni l’Apostolo rivolge per far scoprire ad ogni credente la potenza dell’amore che rende una «creatura nuova» (2 Cor 5,17). Esprimo la mia gratitudine ad ogni Missionario della Misericordia per questo prezioso servizio offerto per rendere efficace la grazia del perdono. Questo ministero straordinario, tuttavia, non si conclude con la chiusura della Porta Santa. Desidero, infatti, che permanga ancora, fino a nuova disposizione, come segno concreto che la grazia del Giubileo continua ad essere, nelle varie parti del mondo, viva ed efficace. Sarà cura del Pontificio Consiglio per la Promozione della Nuova Evangelizzazione seguire in questo periodo i Missionari della Misericordia, come espressione diretta della mia sollecitudine e vicinanza e trovare le forme più coerenti per l’esercizio di questo prezioso ministero. 10. Ai sacerdoti rinnovo l’invito a prepararsi con grande cura al ministero della Confessione, che è una vera missione sacerdotale. Vi ringrazio sentitamente per il vostro servizio e vi chiedo di essere accoglienti con tutti; testimoni della tenerezza paterna nonostante la gravità del peccato; solleciti nell’aiutare a riflettere sul male commesso; chiari nel presentare i principi morali; disponibili ad accompagnare i fedeli nel percorso penitenziale, mantenendo il loro passo con pazienza; lungimiranti nel discernimento di ogni singolo caso; generosi nel dispensare il perdono di Dio. Come Gesù davanti alla donna adultera scelse di rimanere in silenzio per salvarla dalla condanna a morte, così anche il sacerdote nel confessionale sia magnanimo di cuore, sapendo che ogni penitente lo richiama alla sua stessa condizione personale: peccatore, ma ministro di misericordia. 11. Vorrei che tutti noi meditassimo le parole dell’Apostolo, scritte verso la fine della sua vita, quando a Timoteo confessa di essere stato il primo dei peccatori, «ma appunto per questo ho ottenuto misericordia» (1 Tm 1,16). Le sue parole hanno una forza prorompente per provocare anche noi a riflettere sulla nostra esistenza e per vedere all’opera la misericordia di Dio nel cambiare, convertire e trasformare il nostro cuore: «Rendo grazie a colui che mi ha reso forte, Cristo Gesù Signore nostro, perché mi ha giudicato degno di fiducia mettendo al suo servizio me, che prima ero un bestemmiatore, un persecutore e un violento. Ma mi è stata usata misericordia» (1 Tm 1,12-13). Ricordiamo con sempre rinnovata passione pastorale, pertanto, le parole dell’Apostolo: «Dio ci ha riconciliati con sé mediante Cristo e ha affidato a noi il ministero della riconciliazione» (2 Cor 5,18). Noi per primi siamo stati perdonati in vista di questo ministero; resi testimoni in prima persona dell’universalità del perdono. Non c’è legge né precetto che possa impedire a Dio di riabbracciare il figlio che torna da Lui riconoscendo di avere sbagliato, ma deciso a ricominciare da capo. Fermarsi soltanto alla legge equivale a vanificare la fede e la misericordia divina. C’è un valore propedeutico nella legge (cfr Gal 3,24) che ha come fine la carità (cfr 1 Tm 1,5). Tuttavia, il cristiano è chiamato a vivere la novità del Vangelo, «la legge dello Spirito, che dà vita in Cristo Gesù» (Rm 8,2). Anche nei casi più complessi, dove si è tentati di far prevalere una giustizia che deriva solo dalle norme, si deve credere nella forza che scaturisce dalla grazia divina. Noi confessori abbiamo esperienza di tante conversioni che si manifestano sotto i nostri occhi. Sentiamo, quindi, la responsabilità di gesti e parole che possano giungere nel profondo del cuore del penitente, perché scopra la vicinanza e la tenerezza della Padre che perdona. Non vanifichiamo questi momenti con comportamenti che possano contraddire l’esperienza della misericordia che viene ricercata. Aiutiamo, piuttosto, a illuminare lo spazio della coscienza personale con l’amore infinito di Dio (cfr 1 Gv 3,20). Il Sacramento della Riconciliazione ha bisogno di ritrovare il suo posto centrale nella vita cristiana; per questo richiede sacerdoti che mettano la loro vita a servizio del «ministero della riconciliazione» (2 Cor 5,18) in modo tale che, mentre a nessuno sinceramente pentito è impedito di accedere all’amore del Padre che attende il suo ritorno, a tutti è offerta la possibilità di sperimentare la forza liberatrice del perdono. Un’occasione propizia può essere la celebrazione dell’iniziativa 24 ore per il Signore in prossimità della IV domenica di Quaresima, che già trova molto consenso nelle Diocesi e che rimane un richiamo pastorale forte per vivere intensamente il Sacramento della Confessione. 12. In forza di questa esigenza, perché nessun ostacolo si interponga tra la richiesta di riconciliazione e il perdono di Dio, concedo d’ora innanzi a tutti i sacerdoti, in forza del loro ministero, la facoltà di assolvere quanti hanno procurato peccato di aborto. Quanto avevo concesso limitatamente al periodo giubilare viene ora esteso nel tempo, nonostante qualsiasi cosa in contrario. Vorrei ribadire con tutte le mie forze che l’aborto è un grave peccato, perché pone fine a una vita innocente. Con altrettanta forza, tuttavia, posso e devo affermare che non esiste alcun peccato che la misericordia di Dio non possa raggiungere e distruggere quando trova un cuore pentito che chiede di riconciliarsi con il Padre. Ogni sacerdote, pertanto, si faccia guida, sostegno e conforto nell’accompagnare i penitenti in questo cammino di speciale riconciliazione. Nell’Anno del Giubileo avevo concesso ai fedeli che per diversi motivi frequentano le chiese officiate dai sacerdoti della Fraternità San Pio X di ricevere validamente e lecitamente l’assoluzione sacramentale dei loro peccati. Per il bene pastorale di questi fedeli, e confidando nella buona volontà dei loro sacerdoti perché si possa recuperare, con l’aiuto di Dio, la piena comunione nella Chiesa Cattolica, stabilisco per mia propria decisione di estendere questa facoltà oltre il periodo giubilare, fino a nuove disposizioni in proposito, perché a nessuno venga mai a mancare il segno sacramentale della riconciliazione attraverso il perdono della Chiesa. 13. La misericordia possiede anche il volto della consolazione. «Consolate, consolate il mio popolo» (Is 40,1) sono le parole accorate che il profeta fa sentire ancora oggi, perché possa giungere a quanti sono nella sofferenza e nel dolore una parola di speranza. Non lasciamoci mai rubare la speranza che proviene dalla fede nel Signore risorto. È vero, spesso siamo messi a dura prova, ma non deve mai venire meno la certezza che il Signore ci ama. La sua misericordia si esprime anche nella vicinanza, nell’affetto e nel sostegno che tanti fratelli e sorelle possono offrire quando sopraggiungono i giorni della tristezza e dell’afflizione. Asciugare le lacrime è un’azione concreta che spezza il cerchio di solitudine in cui spesso veniamo rinchiusi. Tutti abbiamo bisogno di consolazione perché nessuno è immune dalla sofferenza, dal dolore e dall’incomprensione. Quanto dolore può provocare una parola astiosa, frutto dell’invidia, della gelosia e della rabbia! Quanta sofferenza provoca l’esperienza del tradimento, della violenza e dell’abbandono; quanta amarezza dinanzi alla morte delle persone care! Eppure, mai Dio è lontano quando si vivono questi drammi. Una parola che rincuora, un abbraccio che ti fa sentire compreso, una carezza che fa percepire l’amore, una preghiera che permette di essere più forte... sono tutte espressioni della vicinanza di Dio attraverso la consolazione offerta dai fratelli. A volte, anche il silenzio potrà essere di grande aiuto; perché a volte non ci sono parole per dare risposta agli interrogativi di chi soffre. Alla mancanza della parola, tuttavia, può supplire la compassione di chi è presente, vicino, ama e tende la mano. Non è vero che il silenzio sia un atto di resa, al contrario, è un momento di forza e di amore. Anche il silenzio appartiene al nostro linguaggio di consolazione perché si trasforma in un’opera concreta di condivisione e partecipazione alla sofferenza del fratello. 14. In un momento particolare come il nostro, che tra tante crisi vede anche quella della famiglia, è importante che giunga una parola di forza consolatrice alle nostre famiglie. Il dono del matrimonio è una grande vocazione a cui, con la grazia di Cristo, corrispondere nell’amore generoso, fedele e paziente. La bellezza della famiglia permane immutata, nonostante tante oscurità e proposte alternative: «La gioia dell’amore che si vive nelle famiglie è anche il giubilo della Chiesa». Il sentiero della vita che porta un uomo e una donna a incontrarsi, amarsi, e davanti a Dio a promettersi fedeltà per sempre, è spesso interrotto da sofferenza, tradimento e solitudine. La gioia per il dono dei figli non è immune dalle preoccupazioni dei genitori riguardo alla loro crescita e formazione, riguardo a un futuro degno di essere vissuto intensamente. La grazia del Sacramento del Matrimonio non solo fortifica la famiglia perché sia luogo privilegiato in cui vivere la misericordia, ma impegna la comunità cristiana, e tutta l’azione pastorale, a far emergere il grande valore propositivo della famiglia. Questo Anno giubilare, comunque, non può far perdere di vista la complessità dell’attuale realtà familiare. L’esperienza della misericordia ci rende capaci di guardare a tutte le difficoltà umane con l’atteggiamento dell’amore di Dio, che non si stanca di accogliere e di accompagnare. Non possiamo dimenticare che ognuno porta con sé la ricchezza e il peso della propria storia, che lo contraddistingue da ogni altra persona. La nostra vita, con le sue gioie e i suoi dolori, è qualcosa di unico e irripetibile, che scorre sotto lo sguardo misericordioso di Dio. Ciò richiede, soprattutto da parte del sacerdote, un discernimento spirituale attento, profondo e lungimirante perché chiunque, nessuno escluso, qualunque situazione viva, possa sentirsi concretamente accolto da Dio, partecipare attivamente alla vita della comunità ed essere inserito in quel Popolo di Dio che, instancabilmente, cammina verso la pienezza del regno di Dio, regno di giustizia, di amore, di perdono e di misericordia. 15. Particolare rilevanza riveste il momento della morte. La Chiesa ha sempre vissuto questo passaggio drammatico alla luce della risurrezione di Gesù Cristo, che ha aperto la strada per la certezza della vita futura. Abbiamo una grande sfida da accogliere, soprattutto nella cultura contemporanea che spesso tende a banalizzare la morte fino a farla diventare una semplice finzione, o a nasconderla. La morte invece va affrontata e preparata come passaggio doloroso e ineludibile ma carico di senso: quello dell’estremo atto di amore verso le persone che ci lasciano e verso Dio a cui si va incontro. In tutte le religioni il momento della morte, come quello della nascita, è accompagnato da una presenza religiosa. Noi viviamo l’esperienza delle esequie come preghiera carica di speranza per l’anima del defunto e per dare consolazione a quanti soffrono il distacco dalla persona amata. Sono convinto che abbiamo bisogno, nell’azione pastorale animata da fede viva, di far toccare con mano quanto i segni liturgici e le nostre preghiere siano espressione della misericordia del Signore. È Lui stesso che offre parole di speranza, perché niente e nessuno potranno mai separare dal suo amore (cfr Rm 8,35). La condivisione di questo momento da parte del sacerdote è un accompagnamento importante, perché permette di vivere la vicinanza alla comunità cristiana nel momento di debolezza, solitudine, incertezza e pianto. 16. Termina il Giubileo e si chiude la Porta Santa. Ma la porta della misericordia del nostro cuore rimane sempre spalancata. Abbiamo imparato che Dio si china su di noi (cfr Os 11,4) perché anche noi possiamo imitarlo nel chinarci sui fratelli. La nostalgia di tanti di ritornare alla casa del Padre, che attende la loro venuta, è suscitata anche da testimoni sinceri e generosi della tenerezza divina. La Porta Santa che abbiamo attraversato in questo Anno giubilare ci ha immesso nella via della carità che siamo chiamati a percorrere ogni giorno con fedeltà e gioia. È la strada della misericordia che permette di incontrare tanti fratelli e sorelle che tendono la mano perché qualcuno la possa afferrare per camminare insieme. Voler essere vicini a Cristo esige di farsi prossimo verso i fratelli, perché niente è più gradito al Padre se non un segno concreto di misericordia. Per sua stessa natura, la misericordia si rende visibile e tangibile in un’azione concreta e dinamica. Una volta che la si è sperimentata nella sua verità, non si torna più indietro: cresce continuamente e trasforma la vita. È un’autentica nuova creazione che realizza un cuore nuovo, capace di amare in modo pieno, e purifica gli occhi perché riconoscano le necessità più nascoste. Come sono vere le parole con cui la Chiesa prega nella Veglia Pasquale, dopo la lettura del racconto della creazione: «O Dio, che in modo mirabile ci hai creati a tua immagine e in modo più mirabile ci hai rinnovati e redenti». La misericordia rinnova e redime, perché è l’incontro di due cuori: quello di Dio che viene incontro a quello dell’uomo. Questo si riscalda e il primo lo risana: il cuore di pietra viene trasformato in cuore di carne (cfr Ez 36,26), capace di amare nonostante il suo peccato. Qui si percepisce di essere davvero una “nuova creatura” (cfr Gal 6,15): sono amato, dunque esisto; sono perdonato, quindi rinasco a vita nuova; sono stato “misericordiato”, quindi divento strumento di misericordia. 17. Durante l’Anno Santo, specialmente nei “venerdì della misericordia”, ho potuto toccare con mano quanto bene è presente nel mondo. Spesso non è conosciuto perché si realizza quotidianamente in maniera discreta e silenziosa. Anche se non fanno notizia, esistono tuttavia tanti segni concreti di bontà e di tenerezza rivolti ai più piccoli e indifesi, ai più soli e abbandonati. Esistono davvero dei protagonisti della carità che non fanno mancare la solidarietà ai più poveri e infelici. Ringraziamo il Signore per questi doni preziosi che invitano a scoprire la gioia del farsi prossimo davanti alla debolezza dell’umanità ferita. Con gratitudine penso ai tanti volontari che ogni giorno dedicano il loro tempo a manifestare la presenza e vicinanza di Dio con la loro dedizione. Il loro servizio è una genuina opera di misericordia, che aiuta tante persone ad avvicinarsi alla Chiesa. 18. È il momento di dare spazio alla fantasia della misericordia per dare vita a tante nuove opere, frutto della grazia. La Chiesa ha bisogno di raccontare oggi quei «molti altri segni» che Gesù ha compiuto e che «non sono stati scritti» (Gv 20,30), affinché siano espressione eloquente della fecondità dell’amore di Cristo e della comunità che vive di Lui. Sono passati più di duemila anni, eppure le opere di misericordia continuano a rendere visibile la bontà di Dio. Ancora oggi intere popolazioni soffrono la fame e la sete, e quanta preoccupazione suscitano le immagini di bambini che nulla hanno per cibarsi. Masse di persone continuano a migrare da un Paese all’altro in cerca di cibo, lavoro, casa e pace. La malattia, nelle sue varie forme, è un motivo permanente di sofferenza che richiede aiuto, consolazione e sostegno. Le carceri sono luoghi in cui spesso, alla pena restrittiva, si aggiungono disagi a volte gravi, dovuti a condizioni di vita disumane. L’analfabetismo è ancora molto diffuso e impedisce ai bambini e alle bambine di formarsi e li espone a nuove forme di schiavitù. La cultura dell’individualismo esasperato, soprattutto in occidente, porta a smarrire il senso di solidarietà e di responsabilità verso gli altri. Dio stesso rimane oggi uno sconosciuto per molti; ciò rappresenta la più grande povertà e il maggior ostacolo al riconoscimento della dignità inviolabile della vita umana. Insomma, le opere di misericordia corporale e spirituale costituiscono fino ai nostri giorni la verifica della grande e positiva incidenza della misericordia come valore sociale. Essa infatti spinge a rimboccarsi le maniche per restituire dignità a milioni di persone che sono nostri fratelli e sorelle, chiamati con noi a costruire una «città affidabile». 19. Tanti segni concreti di misericordia sono stati realizzati durante questo Anno Santo. Comunità, famiglie e singoli credenti hanno riscoperto la gioia della condivisione e la bellezza della solidarietà. Eppure non basta. Il mondo continua a generare nuove forme di povertà spirituale e materiale che attentano alla dignità delle persone. È per questo che la Chiesa dev’essere sempre vigile e pronta per individuare nuove opere di misericordia e attuarle con generosità ed entusiasmo. Poniamo, dunque, ogni sforzo per dare forme concrete alla carità e al tempo stesso intelligenza alle opere di misericordia. Quest’ultima possiede un’azione inclusiva, per questo tende ad allargarsi a macchia d’olio e non conosce limiti. E in questo senso siamo chiamati a dare volto nuovo alle opere di misericordia che conosciamo da sempre. La misericordia, infatti, eccede; va sempre oltre, è feconda. È come il lievito che fa fermentare la pasta (cfr Mt 13,33) e come un granello di senape che diventa un albero (cfr Lc 13,19). Pensiamo solo, a titolo esemplificativo, all’opera di misericordia corporale vestire chi è nudo (cfr Mt 25,36.38.43.44). Essa ci riporta ai primordi, al giardino dell’Eden, quando Adamo ed Eva scoprirono di essere nudi e, sentendo avvicinarsi il Signore, ebbero vergogna e si nascosero (cfr Gen 3,7-8). Sappiamo che il Signore li punì; tuttavia, Egli «fece all’uomo e a sua moglie tuniche di pelle e li vestì» (Gen 3,21). La vergogna viene superata e la dignità restituita. Fissiamo lo sguardo anche su Gesù al Golgota. Il Figlio di Dio sulla croce è nudo; la sua tunica è stata sorteggiata e presa dai soldati (cfr Gv 19,23-24); Lui non ha più nulla. Sulla croce si rivela all’estremo la condivisione di Gesù con quanti hanno perso dignità perché privati del necessario. Come la Chiesa è chiamata ad essere la “tunica di Cristo”20 per rivestire il suo Signore, così è impegnata a rendersi solidale con i nudi della terra perché riacquistino la dignità di cui sono stati spogliati. «(Ero) nudo e mi avete vestito» (Mt 25,36), pertanto, obbliga a non voltare lo sguardo davanti alle nuove forme di povertà e di emarginazione che impediscono alle persone di vivere dignitosamente. Non avere il lavoro e non ricevere il giusto salario; non poter avere una casa o una terra dove abitare; essere discriminati per la fede, la razza, lo stato sociale...: queste e molte altre sono condizioni che attentano alla dignità della persona., di fronte alle quali l’azione misericordiosa dei cristiani risponde anzitutto con la vigilanza e la solidarietà. Quante sono oggi le situazioni in cui possiamo restituire dignità alle persone e consentire una vita umana! Pensiamo solo a tanti bambini e bambine che subiscono violenze di vario genere, che rubano loro la gioia della vita. I loro volti tristi e disorientati sono impressi nella mia mente; chiedono il nostro aiuto per essere liberati dalle schiavitù del mondo contemporaneo. Questi bambini sono i giovani di domani; come li stiamo preparando a vivere con dignità e responsabilità? Con quale speranza possono affrontare il loro presente e il loro futuro? Il carattere sociale della misericordia esige di non rimanere inerti e di scacciare l’indifferenza e l’ipocrisia, perché i piani e i progetti non rimangano lettera morta. Lo Spirito Santo ci aiuti ad essere sempre pronti ad offrire in maniera fattiva e disinteressata il nostro apporto, perché la giustizia e una vita dignitosa non rimangano parole di circostanza, ma siano l’impegno concreto di chi intende testimoniare la presenza del Regno di Dio. 20. Siamo chiamati a far crescere una cultura della misericordia, basata sulla riscoperta dell’incontro con gli altri: una cultura in cui nessuno guarda all’altro con indifferenza né gira lo sguardo quando vede la sofferenza dei fratelli. Le opere di misericordia sono “artigianali”: nessuna di esse è uguale all’altra; le nostre mani possono modellarle in mille modi, e anche se unico è Dio che le ispira e unica la “materia” di cui sono fatte, cioè la misericordia stessa, ciascuna acquista una forma diversa. Le opere di misericordia, infatti, toccano tutta la vita di una persona. E’ per questo che possiamo dar vita a una vera rivoluzione culturale proprio a partire dalla semplicità di gesti che sanno raggiungere il corpo e lo spirito, cioè la vita delle persone. È un impegno che la comunità cristiana può fare proprio, nella consapevolezza che la Parola del Signore sempre la chiama ad uscire dall’indifferenza e dall’individualismo in cui si è tentati di rinchiudersi per condurre un’esistenza comoda e senza problemi. «I poveri li avete sempre con voi» (Gv 12,8), dice Gesù ai suoi discepoli. Non ci sono alibi che possono giustificare un disimpegno quando sappiamo che Lui si è identificato con ognuno di loro. La cultura della misericordia si forma nella preghiera assidua, nella docile apertura all’azione dello Spirito, nella familiarità con la vita dei santi e nella vicinanza concreta ai poveri. È un invito pressante a non fraintendere dove è determinante impegnarsi. La tentazione di fare la “teoria della misericordia” si supera nella misura in cui questa si fa vita quotidiana di partecipazione e condivisione. D’altronde, non dovremmo mai dimenticare le parole con cui l’apostolo Paolo, raccontando il suo incontro con Pietro, Giacomo e Giovanni, dopo la conversione, mette in risalto un aspetto essenziale della sua missione e di tutta la vita cristiana: «Ci pregarono soltanto di ricordarci dei poveri, ed è quello che mi sono preoccupato di fare» (Gal 2,10). Non possiamo dimenticarci dei poveri: è un invito più che mai attuale che si impone per la sua evidenza evangelica. 21. L’esperienza del Giubileo imprima in noi le parole dell’apostolo Pietro: «Un tempo eravate esclusi dalla misericordia; ora, invece, avete ottenuto misericordia» (1 Pt 2,10). Non teniamo gelosamente solo per noi quanto abbiamo ricevuto; sappiamo condividerlo con i fratelli sofferenti perché siano sostenuti dalla forza della misericordia del Padre. Le nostre comunità si aprano a raggiungere quanti vivono nel loro territorio perché a tutti giunga la carezza di Dio attraverso la testimonianza dei credenti. Questo è il tempo della misericordia. Ogni giorno del nostro cammino è segnato dalla presenza di Dio che guida i nostri passi con la forza della grazia che lo Spirito infonde nel cuore per plasmarlo e renderlo capace di amare. È il tempo della misericordia per tutti e per ognuno, perché nessuno possa pensare di essere estraneo alla vicinanza di Dio e alla potenza della sua tenerezza. È il tempo della misericordia perché quanti sono deboli e indifesi, lontani e soli possano cogliere la presenza di fratelli e sorelle che li sorreggono nelle necessità. È il tempo della misericordia perché i poveri sentano su di sé lo sguardo rispettoso ma attento di quanti, vinta l’indifferenza, scoprono l’essenziale della vita. È il tempo della misericordia perché ogni peccatore non si stanchi di chiedere perdono e sentire la mano del Padre che sempre accoglie e stringe a sé. Alla luce del “Giubileo delle persone socialmente escluse”, mentre in tutte le cattedrali e nei santuari del mondo si chiudevano le Porte della Misericordia, ho intuito che, come ulteriore segno concreto di questo Anno Santo straordinario, si debba celebrare in tutta la Chiesa, nella ricorrenza della XXXIII Domenica del Tempo Ordinario, la Giornata mondiale dei poveri. Sarà la più degna preparazione per vivere la solennità di Nostro Signore Gesù Cristo Re dell’Universo, il quale si è identificato con i piccoli e i poveri e ci giudicherà sulle opere di misericordia (cfr Mt 25,31-46). Sarà una Giornata che aiuterà le comunità e ciascun battezzato a riflettere su come la povertà stia al cuore del Vangelo e sul fatto che, fino a quando Lazzaro giace alla porta della nostra casa (cfr Lc 16,19-21), non potrà esserci giustizia né pace sociale. Questa Giornata costituirà anche una genuina forma di nuova evangelizzazione (cfr Mt 11,5), con la quale rinnovare il volto della Chiesa nella sua perenne azione di conversione pastorale per essere testimone della misericordia. 22. Su di noi rimangono sempre rivolti gli occhi misericordiosi della Santa Madre di Dio. Lei è la prima che apre la strada e ci accompagna nella testimonianza dell’amore. La Madre della Misericordia raccoglie tutti sotto la protezione del suo manto, come spesso l’arte l’ha voluta rappresentare. Confidiamo nel suo materno aiuto e seguiamo la sua perenne indicazione a guardare a Gesù, volto raggiante della misericordia di Dio. Dato a Roma, presso San Pietro, il 20 novembre, Solennità di Nostro Signore Gesù Cristo Re dell’Universo, dell’Anno del Signore 2016, quarto di pontificato. FRANCESCO

(Mc 8,27-33) Tu sei il Cristo… Il Figlio dell’uomo deve molto soffrire.



VANGELO
(Mc 8,27-33) Tu sei il Cristo… Il Figlio dell’uomo deve molto soffrire.

+ Dal Vangelo secondo Marco

In quel tempo, Gesù partì con i suoi discepoli verso i villaggi intorno a Cesarèa di Filippo, e per la strada interrogava i suoi discepoli dicendo: «La gente, chi dice che io sia?». Ed essi gli risposero: «Giovanni il Battista; altri dicono Elìa e altri uno dei profeti».
Ed egli domandava loro: «Ma voi, chi dite che io sia?». Pietro gli rispose: «Tu sei il Cristo». E ordinò loro severamente di non parlare di lui ad alcuno.
E cominciò a insegnare loro che il Figlio dell’uomo doveva soffrire molto ed essere rifiutato dagli anziani, dai capi dei sacerdoti e dagli scribi, venire ucciso e, dopo tre giorni, risorgere.
Faceva questo discorso apertamente. Pietro lo prese in disparte e si mise a rimproverarlo. Ma egli, voltatosi e guardando i suoi discepoli, rimproverò Pietro e disse: «Va’ dietro a me, Satana! Perché tu non pensi secondo Dio, ma secondo gli uomini».

Parola del Signore.


LA MIA RIFLESSIONE

PREGHIERA

Vieni Gesù, vieni nel mio cuore, parlami e fatti conoscere, dimmi tutto quello che io non so di te, che non riesco a capire, insegnami a vederti la dove mi sfuggi, dammi la forza e la costanza di vivere sempre e solo in Te, per Te di Te. Amen.

Chi sei per noi Signore? Ti viviamo veramente come il figlio di Dio, nato per noi, per dare la sua vita per la nostra salvezza, e risorto per darci la certezza del regno di Dio? O ti stiamo vivendo solo come un personaggio affascinante delle telenovelas…
Stiamo imparando da te ad amare i poveri e gli oppressi? A non disprezzare gli ultimi? A vedere gli invisibili? O siamo sempre in lotta per gli extracomunitari che ci rubano il lavoro? Passiamo davanti ai barboni e ci voltiamo schifati? Diciamo che non possiamo pensare agli altri perché non ci basta neanche per noi? Io non so gli altri Signore, ma io in teoria amo tutti… ma solo in teoria, perché non riesco a donarmi neanche alla mia famiglia, a volte basta una battuta pungente per farmi ritirare. La paura di essere ferita è più forte dell’amore che dovrei provare, quindi il mio io viene prima del bisogno dell’altro. Certo che se Tu fossi stato come me, non avresti neanche accettato di essere catturato e umiliato….. io forse sono più di te Signore? Tengo forse più a me che a Te, Dio mio?
Perdonami se indietreggio, se tentenno, se scappo come una vigliacca ancor prima di avvicinarmi al prossimo che tu ami, io me lo vorrei poter scegliere il mio, vorrei solo persone buone, che dicano grazie, che non puzzino, che non sporchino…. e invece no…. Mandami Signore la dove c’è da sporcarsi, come tu ti sei sporcato di sangue per noi; io che ero melma e so che vuol dire essere fango, voglio non aver paura di sporcarmi le mani, ma devo aver paura di sporcarmi l’ anima. Quest’ anima che mi sembra così candida ma che puzza di stantio e d’ irrisolto. Aiutami ad essere come Te Gesù e allora potrò dire di saperti riconoscere come il Figlio del mio Dio, di essere degna di appartenere alla famiglia celeste, di non essere una spettatrice occasionale del Vangelo.

martedì 14 febbraio 2017

(Mc 8,22-26) Il cieco fu guarito e da lontano vedeva distintamente ogni cosa.

VANGELO
(Mc 8,22-26) Il cieco fu guarito e da lontano vedeva distintamente ogni cosa.
+ Dal Vangelo secondo Marco
In quel tempo, Gesù e i suoi discepoli giunsero a Betsàida, e gli condussero un cieco, pregandolo di toccarlo.
Allora prese il cieco per mano, lo condusse fuori dal villaggio e, dopo avergli messo della saliva sugli occhi, gli impose le mani e gli chiese: «Vedi qualcosa?». Quello, alzando gli occhi, diceva: «Vedo la gente, perché vedo come degli alberi che camminano».
Allora gli impose di nuovo le mani sugli occhi ed egli ci vide chiaramente, fu guarito e da lontano vedeva distintamente ogni cosa. E lo rimandò a casa sua dicendo: «Non entrare nemmeno nel villaggio».
Parola del Signore 




LA MIA RIFLESSIONE
PREGHIERA
Aiutami Santo Spirito a capire il senso delle azioni di Gesù. Fammi vedere quello che Tu vuoi che io capisca. Insegnami a camminare dietro a Gesù, insegnami la santità che Dio vuole da me. Io posso solo dirti… guidami, trascinami e non permettere che mi perda.
Questo è un brano del vangelo poco conosciuto, un po’ particolare, perché non parla della guarigione di un cieco, ma di uno che, nonostante vedesse, non riusciva a distinguere bene.
È un’ azione quella che compie Gesù che fa capire di avere dei tempi ben precisi, forse sta parlando agli apostoli con questo miracolo, o forse sta parlando proprio a me o a te che leggi. Stiamo conoscendo Gesù, cominciamo a capire ciò che è bene e ciò che è male agli occhi di Dio, ma ancora non riusciamo ad afferrare tutto il concetto di quel che vuol dire essere seguaci, discepoli di Gesù. La nostra vita scorre su dei binari che attraversano la professione di fede senza fermarsi, senza scendere a scoprirla veramente, senza voler rinunciare a niente. Invece Gesù ci educa con sapienza, con lentezza e ci fa uscire dai nostri limiti di tempo; vuole che pian piano scopriamo la bellezza del messaggio del Vangelo.
Noi siamo sanguinei, a volte ci innamoriamo pazzamente, ma subito abbandoniamo alle prime difficoltà, perché confondiamo l’amore e la passione, e questo non è quello che vuole il Signore, che ci conosce meglio di quanto noi stessi ci conosciamo. Gesù ci conduce nel suo Regno, man mano che riusciamo ad allontanarci dal nostro io, ci offre azioni, miracoli, grazie ed anche tanti ostacoli da superare. Ci assiste nel nostro cammino e vede che spesso diamo tutto per scontato, quando le cose vanno bene, non ci fermiamo a ringraziare, ma ci ricordiamo di Lui solo nel momento del bisogno. Se questo è quello di cui siamo capaci, come possiamo pensare di seguire Gesù? Abbiamo una visione contorta di quello che significa e dobbiamo ancora lasciarci toccare dal Signore. La nostra vita forse non basterà per comprendere la bellezza di una fede vera e senza riserve. La mia preghiera iniziale è un’invocazione alla santità, che non è finire sui calendari, ma imparare a compiere nella vita d’ogni giorno, cominciando dalle piccole cose, il volere di Dio Padre.