mercoledì 31 luglio 2013

VOCE DI SAN PIO :

-"Il Signore ci fa conoscere chi siamo un poco per volta. In verità mi sembra inconcepibile come uno, che ha intelligenza e coscienza, possa insuperbirsi." (GB, 57).

(Mt 13,47-53) Raccolgono i buoni nei canestri e buttano via i cattivi.

VANGELO
 (Mt 13,47-53) Raccolgono i buoni nei canestri e buttano via i cattivi.
+ Dal Vangelo secondo Matteo

In quel tempo Gesù disse ai suoi discepoli: «Ancora, il regno dei cieli è simile a una rete gettata nel mare, che raccoglie ogni genere di pesci. Quando è piena, i pescatori la tirano a riva, si mettono a sedere, raccolgono i pesci buoni nei canestri e buttano via i cattivi. Così sarà alla fine del mondo. Verranno gli angeli e separeranno i cattivi dai buoni e li getteranno nella fornace ardente, dove sarà pianto e stridore di denti. Avete compreso tutte queste cose?». Gli risposero: «Sì». Ed egli disse loro: «Per questo ogni scriba, divenuto discepolo del regno dei cieli, è simile a un padrone di casa che estrae dal suo tesoro cose nuove e cose antiche».Terminate queste parabole, Gesù partì di là.

Parola del Signore


LA MIA RIFLESSIONE
PREGHIERA
Aiutami o Santo Spirito a leggere e comprendere quello che tu vuoi far giungere in queste righe.Io mi affido a Te, unico mezzo per avere un vero discernimento della parola del Signore. Amen.
Gesù continua a spiegarci che cosa fare, come leggere la sua parola, come attualizzarla nella nostra vita.E’ normale che nella nostra vita ci siano momenti in cui la scelta tra il bene ed il male non sia semplice, questo non ci deve scoraggiare a scegliere sempre la via più facile, ma, anzi, ci deve far comprendere ancor più quanto può essere appagante una vita all’insegna della parola di Dio. 
Sapere che stai facendo la cosa giusta non è, come dicono coloro che scelgono consapevolmente di sbagliare, assolutamente frustrante. La coscienza umana non è un'opzione, ma la consapevolezza delle nostre azioni, e se o non relazionata al cervello, non si può negare che l'istruzione e le cose che sono in grado di influenzarla.
Questo non significa che non siamo in grado di riconoscere il bene dal male, ma alcune cose possono influenzare le nostre decisioni. La bellezza di vivere in piena coscienza è proprio quello di sapere ciò che è giusto ed essere in grado di vivere secondo le decisioni specifiche
Scegliere di vivere secondo la parola di Dio, non soltanto è enormemente gratificante, ma dà un senso di leggerezza che si può tranquillamente definire serenità.Io non sono un medico, né ne so molto di queste cose scientifiche, cerco solo di spiegare con parole semplici quello che provo.Non è sempre facile, ma e sempre premiante e non genera confusione, perché si ha la netta sensazione che tutto quello che si vive, si vive in armonia con il resto del creato, e poco importa se una gran parte del mondo va nell’altro senso, perché si sa che si sta andando nel senso giusto.

martedì 30 luglio 2013

PER SEGUIRE LA BELLEZZA (San Giovanni della Croce)



Per seguire la bellezza

Per tutta quanta la Bellezza
io giammai mi smarrirò,
ma soltanto per un non so che
che si ottiene per fortuna.

Gusto di un bene limitato
potrà al massimo portare
a stanchezza l'appetito
e il palato rovinare;
e così, per nessuna dolcezza
io giammai mi smarrirò,
ma soltanto per un non so che
che si ottiene per fortuna.

Ogni cuore generoso
non tende ad arrivare
dov'è facile passare,
ma nel luogo più rischioso;
nessuna cosa lo affatica,
tanto vola la sua fede,
che gli piace un non so che
che si ottiene per fortuna.

Chi patisce per amore,
dal divino accarezzato,
tanto il gusto suo rinnova
che respinge ogni sapore;
chi dall'arsura è infastidito
rifiuta il cibo che vede
e lo attira un non so che
che si ottiene per fortuna.

Certo è che la volontà
dal divino accarezzata,
non può essere che appagata
se non dalla Divinità;
ma poiché solo la fede
svela simile bellezza,
la senti in un non so che
che si ottiene per fortuna.

E per quell'innamorato
ditemi se sentite dolore,
poiché non trova mai sapore
in tutto quanto il creato;
non ha volto o forma alcuna,
né appoggio né sostegno,
ma si gode un non so che
che si ottiene per fortuna.

Non pensare che l'anima,
che è di una grande ricchezza,
provi gioie ed allegria
nel mondano godimento;
al di là d'ogni bellezza
che è o sia stata o che sarà,
già pregusta un non so che
che si ottiene per fortuna.

Più impegna ogni sua ansia
chi si vuole migliorare
poiché vuole guadagnare
non già quanto ha guadagnato;
sì, per una grande altezza,
sempre più mi abbasserò
soprattutto a un non so che
che si ottiene per fortuna.

Non per quanto con i sensi
quaggiù si può afferrare
o per quanto si può capire,
sebbene sia molto in alto,
né per grazia o per incanto
io giammai mi perderò
se non per un non so che
che si ottiene per fortuna.

S. Giovanni della Croce, Glossa volta al Divino, 1-3; 5-9, pp. 133-137.





VOCE DI SAN PIO :

-"I cuori forti e generosi non si dolgono che per grandi motivi, ed ancora tali motivi non li fanno troppo penetrare nel loro intimo." (MC, 57).

VOCE DI SAN PIO :

-" Il Signore per allettarci, ci fa tante grazie e noi crediamo di toccare il cielo con un dito. Non sappiamo, invece, che per crescere abbiamo bisogno di pan duro: le croci, le umiliazioni, le prove, le contraddizioni." (FSP, 86)

(Mt 13,44-46) Vende tutti i suoi averi e compra quel campo.

VANGELO
 (Mt 13,44-46) Vende tutti i suoi averi e compra quel campo.
+ Dal Vangelo secondo Matteo

In quel tempo Gesù disse ai suoi discepoli: «Il regno dei cieli è simile a un tesoro nascosto nel campo; un uomo lo trova e lo nasconde; poi va, pieno di gioia, vende tutti i suoi averi e compra quel campo.Il regno dei cieli è simile anche a un mercante che va in cerca di perle preziose; trovata una perla di grande valore, va, vende tutti i suoi averi e la compra».

Parola del Signore


LA MIA RIFLESSIONE
PREGHIERA
Vieni o Santo Spirito, e aiutami a capire e ad esprimere il senso della parola che tu hai ispirato a chi ha scritto per noi queste pagine stupende, decalogo di vita per entrare nel regno dei cieli.

Una volta che abbiamo incontrato Gesù, la nostra vita cambia, e facciamo quello che Lui stesso ci ha chiesto, lo seguiamo, trascinati dall’ amore che ci attrae come se fosse una calamita, perché mai ci capiterà più nella vita di incontrare un amore così. Ecco perché vale la pena di mollare tutto e di seguirlo. Mi fa sognare l’idea di conquistare un pezzettino di terra nel regno dei cieli, anche se solo di un angolino di paradiso. Non sarà facile comprendere bene quali sono i veri valori della vita, il senso dell’amore di Dio, perché non ci mette davanti un Dio vincente sulla terra, ma quando riusciamo a seguire la sua parola, riusciamo a vedere la sua bellezza, allora sì che sapremo di avere a disposizione il tesoro più grande ed il resto non avrà più senso.

lunedì 29 luglio 2013

(Mt 13,36-43) Come si raccoglie la zizzania e la si brucia nel fuoco, così avverrà alla fine del mondo.

VANGELO
(Mt 13,36-43) Come si raccoglie la zizzania e la si brucia nel fuoco, così avverrà alla fine del mondo.
+ Dal Vangelo secondo Matteo

In quel tempo, Gesù congedò la folla ed entrò in casa; i suoi discepoli gli si avvicinarono per dirgli: «Spiegaci la parabola della zizzania nel campo». Ed egli rispose: «Colui che semina il buon seme è il Figlio dell’uomo. Il campo è il mondo e il seme buono sono i figli del Regno. La zizzania sono i figli del Maligno e il nemico che l’ha seminata è il diavolo. La mietitura è la fine del mondo e i mietitori sono gli angeli. Come dunque si raccoglie la zizzania e la si brucia nel fuoco, così avverrà alla fine del mondo. Il Figlio dell’uomo manderà i suoi angeli, i quali raccoglieranno dal suo regno tutti gli scandali e tutti quelli che commettono iniquità e li getteranno nella fornace ardente, dove sarà pianto e stridore di denti.  Allora i giusti splenderanno come il sole nel regno del Padre loro. Chi ha orecchi, ascolti!».

Parola del Signore

(Mt 13,36-43) Come si raccoglie la zizzania e la si brucia nel fuoco, così avverrà alla fine del mondo.
(Mt 13,36-43) Come si raccoglie la zizzania e la si brucia nel fuoco, così avverrà alla fine del mondo.

LA MIA RIFLESSIONE
PREGHIERA
Vieni o Santo Spirito e illuminaci, a me che scrivo, a te che leggi, a noi che ti ascoltiamo. Fa che tutto sia comprensibile ai nostri orecchi, perché tu stesso hai detto, chi ha orecchie per intendere intenda, donaci Tu la sapienza per intendere.
A  volte leggiamo la stessa parola, ma sembra narrarci cose differenti. Penso a qualche giorno fa , alla parabola del grano e della zizzania,e alla riflessione che mi aveva suggerito. Oggi davanti a questa parola,vedo come il racconto è così reale nella vita di ogni giorno.Vivere da cristiani tra gli uomini che vivono come se Dio non ci fosse,come se al mondo contassero soltanto i beni effimeri delle gioie terrene.Penso da mamma, alle mamme che vorrebbero educare i loro figlioli a vivere oggi in maniera equilibrata, e per evitare che soffrano cercano di consigliarli a come reagire.Questa è la nuova chiave di lettura della vita: reagire e non agire perchè certi meccanismi non si innestino.Il mondo è crudele; lo si comincia presto ad imparare, ma il mondo siamo noi.Se viviamo sempre come in un campo di battaglia, ci scambieremo colpo su colpo e sempre in una guerra c' è chi soccombe.Le famiglie oggi sono lo specchio di questa società moderna; famiglie allargate, non più patriarcali, ma disunite dagli interessi e dalla voglia di prevalere gli uni sugli altri.Viviamo preoccupandoci più del giudizio del mondo che di quello del Signore ed è chiaro che gli uomini non hanno la stessa prospettiva di giudizio di Dio. Dopo averci detto di non estirpare la zizzania, oggi il Signore ci parla di quello che sarà il giorno del giudizio. Ogni giorno è il giorno del giudizio, non dobbiamo pensare solo al giudizio finale, ma a come Dio ci guarda ogni istante, a come Gesù è in attesa della nostra voglia di riprenderci tra le mani la nostra vita e di reindirizzarla verso una società più equa, più giusta e vivibile.  
Il viaggio del Papa in Brasile, le sue parole ai giovani, ll suo invito a reagire a questa tendenza del mondo, non è solo da ascoltare, ma da vivere e allora si che il reagire diventerà agire nel nome di Dio. 
Dobbiamo avere  fiducia in Dio, la stessa fiducia che Lui ha in noi perché Lui solo sa quello che è giusto e ci ripagherà delle ingiustizie che subiamo e delle tribolazioni ma noi dobbiamo essere sempre fedeli alla sua parola e resistere alle tentazioni di quel mondo pieno di lustrini che ci abbaglia come specchietto per le allodole, per non rimanere invischiati nel putridume che sembra invece la felicità del consumismo con cui satana ci tenta,come tentò anche Gesù. 

domenica 28 luglio 2013

VOCE DI SAN PIO :

-"Fa che non turbi l’anima tua il triste spettacolo della ingiustizia umana; anche questa, nella economia delle cose, ha il suo valore." (MC, 13)

(Gv 11,19-27) Io credo che sei il Cristo, il Figlio di Dio

VANGELO
 (Gv 11,19-27) Io credo che sei il Cristo, il Figlio di Dio.
+ Dal Vangelo secondo Giovanni

In quel tempo, molti Giudei erano venuti da Marta e Maria a consolarle per il fratello. Marta dunque, come udì che veniva Gesù, gli andò incontro; Maria invece stava seduta in casa. Marta disse a Gesù: «Signore, se tu fossi stato qui, mio fratello non sarebbe morto! Ma anche ora so che qualunque cosa tu chiederai a Dio, Dio te la concederà». Gesù le disse: «Tuo fratello risorgerà». Gli rispose Marta: «So che risorgerà nella risurrezione dell’ultimo giorno». Gesù le disse: «Io sono la risurrezione e la vita; chi crede in me, anche se muore, vivrà; chiunque vive e crede in me, non morirà in eterno. Credi questo?». Gli rispose: «Sì, o Signore, io credo che tu sei il Cristo, il Figlio di Dio, colui che viene nel mondo».

Parola del Signore.


(Gv 11,19-27) Io credo che sei il Cristo, il Figlio di Dio.
(Gv 11,19-27) Io credo che sei il Cristo, il Figlio di Dio.

LA MIA RIFLESSIONE
PREGHIERA
Ti prego Spirito Santo di essere sempre presente nel mio cuore, di aiutarmi a comprendere e a capire la parola del Signore che tu dettasti ai suoi apostoli che pure lo conobbero, ma che senza di te non lo avrebbero compreso fino in fondo. Questo ti chiedo, di insegnarmi a conoscerlo, perché io sappia sempre come fare per seguire i suoi insegnamenti.

Marta e Maria, sempre così diverse nell’ affrontare l’incontro con Gesù, diverse anche davanti agli avvenimenti della vita.Lazzaro era morto, avevano avuto tanta fiducia in Gesù, l’ avevano mandato a chiamare… ma ormai era troppo tardi. Gesù sembra non aver risposto al loro richiamo, ma nonostante questo Marta, che pur essendogli stata vicina non aveva capito ancora il messaggio Messianico, non si ferma davanti alla morte del fratello, e correndo da Gesù, gli dice piena di fede, che sa che Dio accoglierà le sue preghiere, e ridarà la vita a suo fratello. Maria era rimasta in casa, a piangere; il dolore a volte fa perdere la speranza, ma questo non ferma l’azione di Cristo, che resusciterà Lazzaro davanti agli occhi di Marta e di Maria e dei giudei che erano accorsi a consolare le due sorelle. La resurrezione di Lazzaro, è un fatto, ma in queste poche righe c’è un altro “ fatto ” che è messo in risalto: Gesù ci chiede se crediamo veramente in Lui, che è il Cristo, il figlio di Dio, che in Lui vive Dio e se questo è quello che noi crediamo, non dobbiamo avere paura della morte, perché in Lui e con Lui risorgeremo. 

sabato 27 luglio 2013

PREGARE è....

Sr. Laura Cenci ap
Pregare è...


1. Pregare è… RACCONTARSI
“Raccontarsi” significa entrare dentro se stessi, nel proprio mondo
interiore, cioè in quel luogo dove noi custodiamo i nostri desideri e le
nostre speranze più grandi e più belle e che forse, per vergogna, non
riusciamo a dire; luogo dove trovano posto anche le paure più nascoste,
gli eventi vissuti che ci fanno più male o che ci spaventano di più e che
per non sentire il dolore nascondiamo, perché ci percepiremo come dei
“deboli” agli occhi del mondo. La casa del nostro mondo interiore
preferiamo allora sigillarla con cura, con porte e finestre blindate,
perché... aprirla per raccontarla a qualcuno ci costerebbe troppo!
Nella preghiera invece è necessario “raccontarsi”, aprire le porte del
cuore e mostrarsi così come si è al Signore, senza maschere di copertura
che ci danno l’aria da “bravi ragazzi”, partendo da ciò che siamo nella
libertà, perché solo in questo modo la paura o il grido che è in noi può
trasformarsi in liberazione e i desideri possono tradursi in scelte che
spalancano le porte ad una vita davvero felice.
Il nostro “raccontarci” vuole essere un vero e proprio atto di coraggio
che si gioca nell’intimo del nostro cuore. Per ciascuno Gesù fa questa
proposta, che troviamo nel libro dell’Apocalisse (3,20):
“Ecco, sto alla porte della casa della tua interiorità,
 alle porte del tuo cuore e busso, se ascolti la mia voce
e mi apri la porta io verrò da te, cenerò con te e tu con me”.
Sono parole dal significato densissimo, attraverso le quali Gesù ci dice
che una volta aperte le porte del cuore, lui starà con noi. In lui ci sarà
il massimo della relazione, della condivisione (cenerò con te…), della
fraternità che non giudica, ma che sa amare e accogliere con verità.
Accettiamo, dunque, questa sfida e, oggi, in qualsiasi situazione ci
troviamo, apriamogli le porte e con fiducia raccontiamo noi stessi a Dio.

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2. Pregare è… ASCOLTARE
Il raccontarsi porta ad un secondo livello della preghiera quello
dell’ascoltare il nostro interlocutore. Questo è il momento in cui Dio
vuole dirci qualcosa di importante, qualcosa che può rigenerare,
trasformare. Questo avviene non in un modo anonimo, con una parola
fredda o con una formula preconfezionata, Dio viene a noi
chiamandoci per nome.
Il nostro nome ci dice chi siamo, porta impresso il sigillo della nostra
identità, è l’orma che lasciamo in questa storia di oggi. La prima cosa
che siamo chiamati ad ascoltare nella preghiera è il nostro nome
pronunciato da Dio. Proviamo, oggi, a sentire la Sua voce e il modo in
cui ci chiama. Se non impariamo a fare questo come potremo ascoltare
le sue parole che ci raggiungono attraverso le Scritture, attraverso i fatti
di ogni giorno, attraverso il volto dei nostri fratelli?
Ascoltiamo il momento in cui Dio chiama per nome Mosè e gli rivela la
sua volontà:
Dal libro dell’Esodo (3,1-8a.10-12)
Ora Mosè stava pascolando il gregge di Ietro, suo suocero,
sacerdote di Madian, e condusse il bestiame oltre il deserto
e arrivò al monte di Dio, l’Oreb. L’angelo del Signore gli
apparve in una fiamma di fuoco in mezzo a un roveto. Egli
guardò ed ecco: il roveto ardeva nel fuoco, ma quel roveto
non si consumava. Mosè pensò: «Voglio avvicinarmi a
vedere questo grande spettacolo: perché il roveto non
brucia?". Il Signore vide che si era avvicinato per vedere e
Dio lo chiamò dal roveto e disse: «Mosè, Mosè !». Rispose:
«Eccomi!». Riprese: «Non avvicinarti! Togliti i sandali dai
piedi, perché il luogo sul quale tu stai è una terra santa!». E
disse: «Io sono il Dio di tuo padre, il Dio di Abramo, il Dio
di Isacco, il Dio di Giacobbe». Mosè allora si velò il viso,
perché aveva paura di guardare verso Dio. Il Signore disse:
«Ho osservato la miseria del mio popolo in Egitto e ho udito
il suo grido a causa dei suoi sorveglianti; conosco infatti le
sue sofferenze. Sono sceso per liberarlo dalla mano
dell’Egitto e per farlo uscire da questo paese verso un paese
bello e spazioso. Ora và! Io ti mando dal faraone. Fa’ uscire 3
dall’Egitto il mio popolo, gli Israeliti!». Mosè disse a Dio:
«Chi sono io per andare dal faraone e per far uscire
dall’Egitto gli Israeliti?». Rispose: «Io sarò con te».
vv. 1-4 Dio si rivela a Mosè nella sua quotidianità, in una giornata
normalissima di lavoro e fa leva sulla sua curiosità: “voglio vedere
questo grande spettacolo del roveto ardente”. In questo contesto Dio lo
chiama per nome, con il suo vero nome! Non con il significato abituale,
ma con quello originario. Mosè è “il salvato dalle acque” (questo
significa il suo nome nel linguaggio ebraico); Mosè è il principe
d’Egitto, il giovane addestrato all’arte della guerra, il giovane con
l’incarico di sovrintendere i lavori nella costruzione della città del
faraone… Il suo nome, pronunciato da Dio, non è più quello del pastore
o del fuggiasco che si rifugia nel deserto per aver ucciso un egiziano (cfr.
Esodo 2,11-15).
Dio riporta Mosè alla sua identità originaria.
vv. 5-6 Prima di parlargli, Dio gli chiede di togliersi i sandali. Mosè
dovrà stare a piedi nudi di fronte a lui. I suoi piedi dovranno appoggiarsi
sulla via che Dio gli indicherà. I suoi piedi nudi dovranno “aderire”
al tipo di cammino che il Signore gli proporrà.
Anche noi siamo chiamati ad appoggiare la nostra “nuda volontà” alla
sua. Qui ci vuole un vero e proprio atto di fede verso Dio. Se lui è il
bene, è l’amore, è la gioia… quello che ci proporrà sarà senz’altro la
strada della vera felicità. Siamo però liberi di scegliere se ascoltarlo o
no. Libero è l’essere che accoglie-riceve se stesso e allo stesso tempo,
che offre se stesso.
In Mosè c’è il sì alla proposta di Dio e così… lui, il salvato dalle
acque, salverà il suo popolo dalla schiavitù dell’Egitto. Un’impresa
difficilissima, rischiosissima, ma lungo questa via non ci saranno solo le
orme dei piedi nudi di Mosè, ma anche quelli di Dio, perché Dio non
lascerà solo il suo servo e gli promette: “io sarò con te”.
…E si sa che Dio mantiene le sue promesse!
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3. Pregare è… RISCHIARE
Qualsiasi incontro porta con sé sempre una buona dose di rischio (fidarsi
o non fidarsi dell’altro?); l’incontro con l’altro per essere vero ci spinge
ad abbassare tutte le difese, tutte quelle protezioni che ci fanno stare
apparentemente tranquilli, perché si ha la sensazione, nel momento in
cui ci si espone, di perdere qualcosa. Questo succede anche quando un
ragazzo e una ragazza si “dichiarano il loro amore”... non si sa mai come
l’altro o l’altra reagirà, ma bisogna rischiare perché è in gioco la nostra
felicità.
Anche nell’incontro personale con il Signore, è necessario correre
il rischio di fidarsi, di seguirlo nel suo cammino, anche se non
sappiamo dove si dirige. Egli apre infatti una strada nuova per noi: il
cammino della libertà, della giustizia, dell’amore e della vita, il
cammino di Dio.
Dal vangelo secondo Marco (10,17-22)
Mentre Gesù usciva per mettersi in viaggio, un tale gli corse
incontro e, gettandosi in ginocchio davanti a lui, gli domandò:
«Maestro buono, che cosa devo fare per avere la vita
eterna?». Gesù gli disse: «Perché mi chiami buono? Nessuno
è buono, se non Dio solo. Tu conosci i comandamenti: Non
uccidere, non commettere adulterio, non rubare, non dire falsa
testimonianza, non frodare, onora il padre e la madre». Egli
allora gli disse: «Maestro, tutte queste cose le ho osservate fin
dalla mia giovinezza». Allora Gesù, fissatolo, lo amò e gli
disse: «Una cosa sola ti manca: và, vendi quello che hai e
dallo ai poveri e avrai un tesoro in cielo; poi vieni e seguimi».
Ma egli, rattristatosi per quelle parole, se ne andò afflitto,
poiché aveva molti beni.
vv. 17.22 “Cosa devo fare per avere la vita eterna”, cosa devo fare per
vivere in pienezza la mia vita, per essere davvero felice? È la domanda
del tale che si avvicina a Gesù. Gesù gli dice che il segreto della sua
felicità è racchiuso in ciò che lui ha già, cioè i suoi beni, le sue
ricchezze. Per noi potrebbero essere i doni, le capacità, le possibilità
concrete che abbiamo. Per Gesù questi beni, questi doni non vanno
difesi, tenuti da parte per paura di perderli, ma ci invita a donarli, a
offrirli a chi ne è povero, a chi ha bisogno di noi... solo per amore.
Questo è rischiare!
Quando preghiamo, il Signore ci chiede di rischiare i doni e le capacità
che abbiamo per i fratelli. La preghiera vera non è mai fine a se stessa o
solo un incontro intimo con Dio, la preghiera ci chiede di sporcarci le
mani per i fratelli, di contemplare l’umanità per amarla e guardarla come
la guarda Dio.
“Fissatolo, l’amo”. L’amore di Gesù previene sempre la nostra risposta.
Il suo amore è gratuito, a prescindere dalla risposta; ci raggiunge al di là
di ciò che possiamo fare o dire.
Sentiamoci, oggi, guardati e amati dal Signore, gratuitamente, così come
siamo, con i doni che abbiamo… Abbassiamo le nostre difese e osiamo
guardarlo negli occhi; togliamoci le corazze che impediscono
l’abbraccio e apriamo le mani per poterlo incontrare nei nostri fratelli. Il
segreto della vera felicità sta nel donarsi, nel dare qualcosa di noi agli
altri.


Esperienza di preghiera personale
Scegli uno dei brani Biblici proposti e leggi il brano più volte.
Sottolinea l’espressione che ti colpisce di più.
- Fermati, in particolare, sul momento in cui avviene l’incontro con il
Signore…
- Pensa che Lui è venuto per te e vuole incontrare proprio te…
- Prova a sentire la sua voce che ti chiama per nome… Cosa provi?
- Scrivigli una lettera per raccontargli cosa stai vivendo adesso…

- Di tutto ciò che ho ascoltato oggi cosa “mi dice” il Signore?
- Cosa dovrei cambiare nella mia vita?
Scrivi qui la tua “lettera” a Dio...

(Lc 11,1-13) Chiedete e vi sarà dato.

VANGELO DI DOMENICA 28  LUGLIO
 (Lc 11,1-13) Chiedete e vi sarà dato.
+ Dal Vangelo secondo Luca

Gesù si trovava in un luogo a pregare; quando ebbe finito, uno dei suoi discepoli gli disse: «Signore, insegnaci a pregare, come anche Giovanni ha insegnato ai suoi discepoli». Ed egli disse loro: «Quando pregate, dite:“Padre,sia santificato il tuo nome,venga il tuo regno;dacci ogni giorno il nostro pane quotidiano,e perdona a noi i nostri peccati,anche noi infatti perdoniamo a ogni nostro debitore,e non abbandonarci alla tentazione”».Poi disse loro: «Se uno di voi ha un amico e a mezzanotte va da lui a dirgli: “Amico, prestami tre pani, perché è giunto da me un amico da un viaggio e non ho nulla da offrirgli”; e se quello dall’interno gli risponde: “Non m’importunare, la porta è già chiusa, io e i miei bambini siamo a letto, non posso alzarmi per darti i pani”, vi dico che, anche se non si alzerà a darglieli perché è suo amico, almeno per la sua invadenza si alzerà a dargliene quanti gliene occorrono.Ebbene, io vi dico: chiedete e vi sarà dato, cercate e troverete, bussate e vi sarà aperto. Perché chiunque chiede riceve e chi cerca trova e a chi bussa sarà aperto. Quale padre tra voi, se il figlio gli chiede un pesce, gli darà una serpe al posto del pesce? O se gli chiede un uovo, gli darà uno scorpione? Se voi dunque, che siete cattivi, sapete dare cose buone ai vostri figli, quanto più il Padre vostro del cielo darà lo Spirito Santo a quelli che glielo chiedono!».

Parola del Signore


LA MIA RIFLESSIONE
PREGHIERA

"Vedi come ardisco parlare al mio Signore, io che sono polvere e cenere...Non si adiri il mio Signore, se parlo ancora" Dammi o Spirito di Dio la grazia di rivolgermi a te con la tenacia e l' umiltà della preghiera di Abramo, e concedimi di essere fedele a Gesù e alla preghiera che lui stesso ci ha insegnato, per farne il vessillo della mia vita.

Gesù pregava,ed era evidente che la sua preghiera era diversa, perché i suoi discepoli guardandolo, trovavano in Lui, più lo stile di Giovanni il Battista che quello dei sacerdoti del tempio.
C’ era infatti un’ autorità, mista ad amore, che era così evidente, tanto da sembrare diversa da quella dei capi e dei dottori della legge, che insegnavano nel tempio. Chiamare Dio Padre,nessuno lo aveva mai fatto e Gesù non solo lo fa, addirittura ci dice di farlo con Lui, insegnandoci a chiamarlo Padre Nostro. Questo gesto così confidenziale, non ci deve però portare a perdere il rispetto nei confronti di Dio, come si fa con uno con il quale si ha troppa confidenza, ma ci deve dare l’opportunità di arrivare a chiedere a Dio di abbracciarci, di occuparsi di noi, delle nostre necessità del corpo e dell’anima; di assisterci nel nostro cammino e di insegnarci a non commettere più peccati.
Appena più sotto, vediamo che Luca ci fa notare come Gesù vuole che viviamo il nostro rapporto con Dio:
- chiedete e vi sarà dato, bussate e vi sarà aperto - Mi piace pensare ad un bambino che si attacca ai calzoni del padre o alla gonna della madre e continua a tirare e chiede, e piange, e fa la lagna, e continua a chiedere con insistenza, perché vuole una cosa… Noi dobbiamo fare la stessa cosa con il Signore, chiedere fino a che la nostra insistenza diventa una preghiera fino a che diventa invadenza, alla quale neanche Lui riesce a resistere.
Allego questo vecchio  link del commento al vangelo di Paolo Curtaz,perché lo trovo molto utile per capire come pregare,in cui capiremo come la preghiera non serve a cambiare Dio,ma serve a cambiare noi....
 http://www.youtube.com/watch?v=PXHZBZ6gnnce dal mio blog,la concordanza al vangelo dal libro della mistica Maria Valtorta.http://bricioledivangelo.blogspot.it/2013/07/dal-vangelo-di-gesu-cristo-secondo-luca_26.htmlA proposito della Valtorta, vorrei dire che è stata una delle letture che io non condividevo, che ho fatto solo a fatica, ma con molta onestà devo dire che oggi  penso tutto il bene possibile di questa pubblicazione, che io definisco lo sguardo di Gesù che ci  illumina anche su quello che vissero dentro di loro, le persone che lui incontrò.


venerdì 26 luglio 2013

Dal Vangelo di Gesù Cristo secondo Luca 11,1-13 concordanza con "l'Evangelo come mi è stato rivelato" di Maria Valtorta


17ª DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO 
Rivelazione di Gesù a Maria Valtorta

Domenica 28 luglio 2013 – Anno C

Dal Vangelo di Gesù Cristo secondo Luca 11,1-13
Un giorno Gesù si trovava in un luogo a pregare e quando ebbe finito uno dei discepoli gli disse: «Signore, insegnaci a pregare, come anche Giovanni ha insegnato ai suoi discepoli». Ed Egli disse loro: «Quando pregate, dite: Padre, sia santificato il tuo nome, venga il tuo regno; dacci ogni giorno il nostro pane quotidiano, e perdonaci i nostri peccati, perché anche noi perdoniamo ad ogni nostro debitore, e non ci indurre in tentazione». Poi aggiunse: «Se uno di voi ha un amico e va da lui a mezzanotte a dirgli: Amico, prestami tre pani, perché è giunto da me un amico da un viaggio e non ho nulla da mettergli davanti; e se quegli dall'interno gli risponde: Non m'importunare, la porta è già chiusa e i miei bambini sono a letto con me, non posso alzarmi per darteli; vi dico che, se anche non si alzerà a darglieli per amicizia, si alzerà a dargliene quanti gliene occorrono almeno per la sua insistenza. Ebbene Io vi dico: Chiedete e vi sarà dato, cercate e troverete, bussate e vi sarà aperto. Perché chi chiede ottiene, chi cerca trova, e a chi bussa sarà aperto. Quale padre tra voi, se il figlio gli chiede un pane, gli darà una pietra? O se gli chiede un pesce, gli darà al posto del pesce una serpe? O se gli chiede un uovo, gli darà uno scorpione? Se dunque voi, che siete cattivi, sapete dare cose buone ai vostri figli, quanto più il Padre vostro celeste darà lo Spirito Santo a coloro che glielo chiedono!».

Corrispondenza nell’"Evangelo come mi è stato rivelato" di Maria Valtorta
Volume 3 Capitolo 203 pagina 309

Gesù esce con i suoi da una casa prossima alle mura e credo sempre nel rione di Bezeta, perché per uscire dalle mura si deve ancora passare davanti alla casa di Giuseppe, che è presso la porta che ho sentito definire “di Erode”. La città è semideserta nella sera placida e lunare. Comprendo che è stata consumata la Pasqua in una delle case di Lazzaro, che però non è per nulla la casa del Cenacolo. Questa è proprio agli antipodi di quella. Una a nord, l’altra a sud di Gerusalemme.
Sulla porta di casa Gesù si accomiata, col suo garbo gentile, da Giovanni di Endor, che Egli lascia a custodia delle donne e che ringrazia per questa custodia. Bacia Marjziam, che è venuto anche lui sulla porta, e poi si avvia fuori della porta detta di Erode.
“Dove andiamo, Signore?”.
“Venite con Me. Vi porto a coronare con una perla rara e desiderata la Pasqua. Per questo ho voluto stare con voi soli. I miei apostoli! Grazie, amici, del vostro grande amore per Me. Se poteste vedere come esso mi consola, voi restereste stupiti. Vedete, Io procedo fra continui attriti e delusioni. Delusioni per voi. Per Me, persuadetevene, non ho nessuna delusione, non essendomi concesso il dono di ignorare…
Anche per questo vi consiglio a lasciarvi guidare da Me. Se Io permetto questo o quello, non ostacolatelo. Se Io non intervengo a porre fine ad una cosa, non pensatevi di farlo voi. Ogni cosa a suo tempo. Abbiate fiducia in Me, su tutto”.
Sono all’angolo nord-est della cerchia delle mura; lo girano e costeggiano il monte Moria fino al punto in cui, per un ponticello, possono valicare il Cedron.
“Andiamo al Getsemani?”, chiede Giacomo d’Alfeo.
“No. Più su. Sul monte degli Ulivi”.
“Oh! sarà bello!”, dice Giovanni.
“Sarebbe piaciuto anche al bambino”, mormora Pietro.
“Oh! ci verrà molte altre volte! Era stanco. Ed è bambino. Io voglio darvi una grande cosa, perché ormai è giusto che voi l’abbiate”.
Salgono fra gli ulivi, lasciando alla loro destra il Getsemani e elevandosi ancora, su per il monte, sino a raggiungerne la cresta su cui gli ulivi fanno un pettine frusciante.
Gesù si ferma e dice: “Sostiamo… Miei cari, cari tanto, discepoli miei e miei continuatori in futuro, venite a Me vicino.
Un giorno, e non uno solo, voi mi avete detto: “Insegnaci a pregare come Tu preghi. Insegnaci come Giovanni lo insegnò ai suoi, acciò noi discepoli si possa pregare con le stesse parole del Maestro”. Ed Io vi ho sempre risposto: “Vi farò questo quando vedrò in voi un minimo di preparazione sufficiente, acciò la preghiera non sia formula vana di parole umane, ma vera conversazione col Padre”.
A questo siamo giunti. Voi siete possessori di quanto basta per poter conoscere le parole degne di essere dette a Dio. E ve le voglio insegnare questa sera, nella pace e nell’amore che è fra noi, nella pace e nell’amore di Dio e con Dio, perché noi abbiamo ubbidito al precetto pasquale, da veri israeliti, e al comando divino sulla carità verso Dio e verso il prossimo. Uno fra voi ha molto sofferto in questi giorni. Sofferto per un atto immeritato, e sofferto per lo sforzo fatto su se stesso per contenere lo sdegno che quell’atto aveva eccitato. Sì, Simone di Giona, vieni qui. Non c’è stato un fremito del tuo cuore onesto che mi sia stato ignoto, e non c’è stata pena che Io non abbia condivisa con te. Io e i tuoi compagni…”.
“Ma Tu, Signore, sei stato ben più offeso di me! E questa era per me una sofferenza più… più grande, no, più sensibile… neppure… più… più… Ecco: che Giuda abbia avuto schifo di partecipare alla mia festa mi ha fatto male come uomo. Ma di vedere che Tu eri addolorato e offeso mi ha fatto male in un altro modo e ne ho sofferto il doppio… Io… non mi voglio vantare e fare bello usando le tue parole… Ma devo dire, e se faccio superbia dimmelo Tu, devo dire che ho sofferto con la mia anima… e fa più male”.
“Non è superbia, Simone. Hai sofferto spiritualmente perché Simone di Giona, pescatore di Galilea, si sta mutando in Pietro di Gesù, Maestro dello spirito, per cui anche i suoi discepoli divengono attivi e sapienti nello spirito. È per questo tuo progredire nella vita dello spirito, è per questo vostro progredire che Io vi voglio questa sera insegnare l’orazione. Quanto siete mutati dalla sosta solitaria in poi!”.
“Tutti, Signore?”, chiede Bartolomeo un poco incredulo.
“Comprendo ciò che vuoi dire… Ma Io parlo a voi undici. Non ad altri…”.
“Ma che ha Giuda di Simone, Maestro? Noi non lo comprendiamo più… Pareva tanto cambiato, e ora, da quando abbiamo lasciato il lago…”, dice desolato Andrea.
“Taci, fratello. La chiave del mistero ce l’ho io! Ci si è attaccato un pezzettino di Belzebù. È andato a cercarlo nella caverna di Endor per stupire e… e è stato servito! Il Maestro lo ha detto quel giorno… A Gamala i diavoli sono entrati nei porci. A Endor i diavoli, usciti da quel disgraziato di Giovanni, sono entrati in lui… Si capisce che… si capisce… Lasciamelo dire, Maestro! Tanto è qui, in gola, e se non lo dico non esce, e mi ci avveleno…”.
“Simone, sii buono!”.
“Sì, Maestro… e ti assicuro che non farò sgarbi a lui. Ma dico e penso cheessendo Giuda un vizioso -tutti lo abbiamo capito- è un poco affine al porco… e si capisce che i demoni scelgono volentieri i porci per i loro… cambi di dimora. Ecco, l’ho detto”.
“Tu dici che è così?”, chiede Giacomo di Zebedeo.
“E che vuoi che altro sia? Non c’è stata nessuna ragione per diventare così intrattabile. Peggio che all’Acqua Speciosa! E là potevo pensare che era il luogo e la stagione che lo innervosivano. Ma ora…”.
“C’è un’altra ragione, Simone…”.
“Dilla, Maestro. Sono contento di ricredermi sul compagno”.
“Giuda è geloso. È inquieto per gelosia”.
“Geloso? Di chi? Non ha moglie e, anche l’avesse e fosse con le donne, io credo che nessuno di noi userebbe spregio al condiscepolo…”.
È geloso di Me. Considera: Giuda si è alterato dopo Endor e dopo Esdrelon. Ossia quando ha visto che Io mi sono occupato di Giovanni e di Jabé. Ma ora che Giovanni, soprattutto Giovanni, verrà allontanato passando da Me a Isacco, vedrai che torna allegro e buono”.
“E… bene! Non mi vorrai però dire che non è preso da un demonietto. E soprattutto… No, lo dico! E soprattutto non mi vorrai dire che si è migliorato in questi mesi. Ero geloso anche io l’anno scorso… Non avrei voluto nessuno più di noi sei, i primi sei, lo ricordi? Ora, ora… lasciami invocare Dio una volta tanto a testimonio del mio pensiero. Ora dico che sono felice più aumentano i discepoli intorno a Te. Oh! vorrei avere tutti gli uomini e portarli a Te e tutti i mezzi per poter sovvenire chi ne ha bisogno, perché la miseria non sia a nessuno di ostacolo per venire a Te. Dio vede se dico il vero. Ma perché sono così ora? Perché mi sono lasciato cambiare da Te. Lui… non è cambiato. Anzi… Va’ là, Maestro… Un demonietto lo ha preso…”.
“Non lo dire. Non lo pensare. Prega perché guarisca. La gelosia è una malattia…”.
“Che al tuo fianco guarisce se uno lo vuole. Ah! lo sopporterò, per Te… Ma che fatica!…”.
“Ti ho dato il premio per essa: il bambino. E ora ti insegno a pregare…”.
“Oh! sì, fratello. Parliamo di questo… e il mio omonimo sia ricordato solo come uno che ha bisogno di questo. Mi pare che ha già il suo castigo. Non è con noi in quest’ora!”, dice Giuda Taddeo.
“Udite. Quando pregate dite così: “Padre nostro che sei nei Cieli, sia santificato il Nome tuo, venga il Regno tuo in Terra come lo è in Cielo, e in Terra come in Cielo sia fatta la Volontà tua. Dacci oggi il nostro pane quotidiano, rimetti a noi i nostri debiti come noi li rimettiamo ai nostri debitori, non ci indurre in tentazione, ma liberaci dal Maligno”.
Gesù si è alzato per dire la preghiera e tutti lo hanno imitato, attenti, commossi.
Non occorre altro, amici miei. In queste parole è chiuso come in un cerchio d’oro tutto quanto abbisogna all’uomo per lo spirito e per la carne e il sangue. Con questo chiedete ciò che è utile a quello e a questi. E se farete ciò che chiedete, acquisterete la vita eterna.
È una preghiera tanto perfetta che i marosi delle eresie e il corso dei secoli non l’intaccheranno. Il cristianesimo sarà spezzettato dal morso di satana e molte parti della mia Carne mistica verranno staccate, separate, facenti cellule a sé, nel vano desiderio di crearsi a corpo perfetto come sarà il Corpo mistico del Cristo, ossia quello dato da tutti i fedeli uniti nella Chiesa apostolica che sarà, finché sarà la Terra, l’unica vera Chiesa.
Ma queste particelle separate, prive perciò dei doni che Io lascerò alla Chiesa Madre per nutrire i miei figli, si chiameranno però sempre cristiane, avendo culto al Cristo, e sempre si ricorderanno, nel loro errore, di essere venute dal Cristo. Ebbene, esse pure pregheranno con questa universale preghiera. Ricordatevela bene. Meditatela continuamente. Applicatela alle vostre azioni. Non occorre altro per santificarsi. Se uno fosse solo, in un posto di pagani, senza chiese, senza libri, avrebbe già tutto lo scibile da meditare in questa preghiera e una chiesa aperta nel suo cuore per questa preghiera. Avrebbe una regola e una santificazione sicura.
“Padre nostro”.
Io lo chiamo: “Padre”. Padre è del Verbo, Padre è dell’Incarnato. Così voglio Lo chiamiate voi, perché voi siete uni con Me se voi in Me permanete. Un tempo era che l’uomo doveva gettarsi volto a terra per sospirare, fra i tremori dello spavento: “Dio!”. Chi non crede in Me e nella mia Parola ancora è in questo tremore paralizzante… Osservate nel Tempio. Non Dio, ma anche il ricordo di Dio è celato dietro triplice velo agli occhi dei fedeli. Separazioni di distanze, separazioni di velami, tutto è stato preso e applicato per dire a chi prega: “Tu sei fango. Egli è Luce. Tu sei abbietto. Egli è Santo. Tu sei schiavo. Egli è Re”.
Ma ora!… Alzatevi! Accostatevi! Io sono il Sacerdote eterno. Io posso prendervi per mano e dire: “Venite”. Io posso afferrare le tende del velario e aprirle, spalancando l’inaccessibile luogo chiuso fino ad ora. Chiuso? Perché? Chiuso per la Colpa, sì. Ma ancor più serrato dall’avvilito pensiero degli uomini. Perché chiuso, se Dio è Amore, se Dio è Padre? Io posso, Io devo, Io voglio portarvi non nella polvere, ma nell’azzurro; non lontani, ma vicini; non in veste di schiavi, ma di figli sul cuore di Dio.
“Padre! Padre!”, dite.
E non stancatevi di dire questa parola. Non sapete che ogni volta che la dite il Cielo sfavilla per la gioia di Dio? Non diceste che questa, e con vero amore, fareste già orazione gradita al Signore.
“Padre! Padre mio!”, dicono i piccoli al padre loro. È la parola che dicono per prima: “Madre, padre”. Voi siete i pargoli di Dio. Io vi ho generati dal vecchio uomo che eravate e che Io ho distrutto col mio amore per far nascere l’uomo nuovo, il cristiano. Chiamate dunque con la parola che per prima conoscono i pargoli, il Padre Santissimo che è nei Cieli.
“Sia santificato il tuo Nome”.
Oh! Nome più di ogni altro santo e soave, Nome che il terrore del colpevole vi ha insegnato a velare sotto un altro. No, non più Adonai, non più. È Dio. È il Dio che in un eccesso di Amore ha creato l’Umanità. L’Umanità, d’ora in poi, con le labbra mondate dal lavacro che Io preparo, lo chiami col suo Nome, riservandosi di comprendere con pienezza di sapienza il vero significato di questo Incomprensibile quando, fusa con Esso, l’Umanità, nei suoi figli migliori, sarà assurta al Regno che Io sono venuto a stabilire.
“Venga il Regno tuo in Terra come in Cielo”.
Desideratelo con tutte le vostre forze questo avvento. Sarebbe la gioia sulla Terra se esso venisse. Il Regno di Dio nei cuori, nelle famiglie, fra i cittadini, fra le nazioni. Soffrite, faticate, sacrificatevi per questo Regno. Sia la Terra uno specchio che riflette nei singoli la vita dei Cieli. Verrà. Un giorno tutto questo verrà. Secoli e secoli di lacrime e sangue, di errori, di persecuzioni, di caligine rotta da sprazzi di luce irraggianti dal Faro mistico della mia Chiesa -che, se barca è, e non verrà sommersa, è anche scogliera incrollabile ad ogni maroso, e alta terrà la Luce, la mia Luce, la Luce di Dio- precederanno il momento in cui la Terra possederà il Regno di Dio. E sarà allora come il fiammeggiare intenso di un astro che, raggiunto il perfetto del suo esistere, si disgrega, fiore smisurato dei giardini eterei, per esalare in un rutilante palpito la sua esistenza e il suo amore ai piedi del suo Creatore. Ma venire verrà. E poi sarà il Regno perfetto, beato, eterno del Cielo.
“E in Terra come in Cielo sia fatta la tua Volontà”.
L’annullamento della volontà propria in quella di un altro si può fare solamente quando si è raggiunto il perfetto amore verso quella creatura. L’annullamento della volontà propria in quella di Dio si può fare solo quando si è raggiunto il possesso delle teologali virtù in forma eroica. In Cielo, dove tutto è senza difetti, si fa la volontà di Dio. Sappiate, voi, figli del Cielo, fare ciò che in Cielo si fa.
“Dacci il nostro pane quotidiano”.
Quando sarete nel Cielo vi nutrirete soltanto di Dio. La beatitudine sarà il vostro cibo. Ma qui ancora abbisognate di pane. E siete i pargoli di Dio. Giusto dunque dire: “Padre, dacci il pane”.
Avete timore di non essere ascoltati? Oh, no! Considerate. Se uno di voi ha un amico e, accorgendosi di essere privo di pane per sfamare un altro amico o un parente, giunto da lui sulla fine della seconda vigilia, va ad esso dicendo: “Amico, prestami tre pani perché m’è venuto un ospite e non ho che dargli da mangiare”, può mai sentirsi rispondere dal di dentro della casa: “Non mi dare noia perché ho già chiuso l’uscio e assicurati i battenti e i miei figli dormono già al mio fianco. Non posso alzarmi e darti quanto vuoi”? No.
Se egli si è rivolto ad un vero amico e se insiste, avrà ciò che chiede. L’avrebbe anche se colui a cui si è rivolto fosse un amico poco buono. Lo avrebbe per la sua insistenza, perché il richiesto di tal favore, pur di non essere più importunato, si affretterà a dargliene quanti ne vuole. Ma voi, pregando il Padre, non vi rivolgete ad un amico della Terra, ma vi rivolgete all’Amico perfetto che è il Padre del Cielo.
Perciò Io vi dico: “Chiedete e vi sarà dato, cercate e troverete, picchiate e vi sarà aperto”.
Infatti a chi chiede viene dato, chi cerca finisce col trovare, e a chi bussa si apre la porta.
Chi fra i figli degli uomini si vede porre in mano un sasso se chiede al proprio padre un pane? E chi si vede dare un serpente al posto di un pesce arrostito? Delinquente sarebbe quel padre se così facesse alla propria prole. Già l’ho detto e lo ripeto per persuadervi a sensi di bontà e di fiducia. Come dunque uno di sana mente non darebbe uno scorpione al posto di un uovo, con quale maggiore bontà non vi darà Dio ciò che chiedete! Poiché Egli è buono, mentre voi, più o meno, malvagi siete. Chiedete dunque con amore umile e figliale il vostro pane al Padre.
“Rimetti a noi i nostri debiti come noi li rimettiamo ai nostri debitori”.
Vi sono i debiti materiali e quelli spirituali. Vi sono anche i debiti morali. È debito materiale la moneta o la merce che avuta in prestito va restituita. È debito morale la stima carpita e non resa e l’amore voluto e non dato. È debito spirituale l’ubbidienza a Dio dal quale molto si esigerebbe salvo dare ben poco, e l’amore verso di Lui. Egli ci ama e va amato, così come va amata una madre, una moglie, un figlio da cui si esigono tante cose. L’egoista vuole avere e non dà. Ma l’egoista è agli antipodi del Cielo.
Abbiamo debiti con tutti. Da Dio al parente, da questo all’amico, dall’amico al prossimo, dal prossimo al servo e allo schiavo, essendo tutti esseri come noi. Guai a chi non perdona! Non sarà perdonato. Dio non può, per giustizia, condonare il debito dell’uomo a Lui che è Santissimo se l’uomo non perdona al suo simile.
“Non ci indurre in tentazione, ma liberaci dal Maligno”.
L’uomo che non ha sentito il bisogno di spartire con noi la cena di Pasqua mi ha chiesto, or è meno di un anno: “Come? Tu hai chiesto di non essere tentato e di essere aiutato, nella tentazione, contro la stessa?”. Eravamo noi due soli… e ho risposto. Eravamo poi in quattro, in una solitaria plaga, ed ho risposto ancora.Ma non è ancora servito, perché in uno spirito tetragono occorre fare breccia demolendo la mala fortezza della sua caparbietà. E perciò lo dirò ancora una, dieci, cento volte, fino a che tutto sarà compiuto.
Ma voi, non corazzati di infelici dottrine e di ancora più infelici passioni, vogliate pregare così. Pregate con umiltà perché Dio impedisca le tentazioni. Oh! l’umiltà!Conoscersi per quello che si è!  Senza avvilirsi, ma conoscersi.
Dire: “Potrei cedere anche se non mi sembra poterlo fare, perché io sono un giudice imperfetto di me stesso. Perciò, Padre mio, dammi, possibilmente, libertà dalle tentazioni col tenermi tanto vicino a Te da non permettere al Maligno di nuocermi”.
Perché, ricordatelo, non è Dio che tenta al Male, ma è il Male che tenta. Pregate il Padre perché sorregga la vostra debolezza al punto che essa non possa essere indotta in tentazione dal Maligno.
Ho detto, miei diletti. Questa è la mia seconda Pasqua fra voi. Lo scorso anno spezzammo soltanto il pane e l’agnello. Quest’anno vi dono la preghiera. Altri doni avrò per le altre mie Pasque fra voi, acciò, quando Io sarò andato dove il Padre vuole, voi abbiate un ricordo di Me, Agnello, in ogni festa dell’agnello mosaico. Alzatevi e andiamo. Rientreremo in città all’aurora. Anzi, domani tu, Simone, e tu, fratello mio (indica Giuda), andrete a prendere le donne e il bambino. Tu, Simone di Giona, e voi altri, starete con Me finché costoro tornano. Poi andremo insieme a Betania”.
E scendono fino al Getsemani nella cui casa entrano per il riposo.

Estratto di "l'Evangelo come mi è stato rivelato" di Maria Valtorta