sabato 31 ottobre 2015

(Mt 5,1-12) Rallegratevi ed esultate, perché grande è la vostra ricompensa nei cieli.

VANGELO 
(Mt 5,1-12) Rallegratevi ed esultate, perché grande è la vostra ricompensa nei cieli.

+ Dal Vangelo secondo Matteo

In quel tempo, vedendo le folle, Gesù salì sul monte: si pose a sedere e si avvicinarono a lui i suoi discepoli. Si mise a parlare e insegnava loro dicendo:
«Beati i poveri in spirito,
perché di essi è il regno dei cieli.
Beati quelli che sono nel pianto,
perché saranno consolati.
Beati i miti,
perché avranno in eredità la terra.
Beati quelli che hanno fame e sete della giustizia,
perché saranno saziati.
Beati i misericordiosi,
perché troveranno misericordia.
Beati i puri di cuore,
perché vedranno Dio.
Beati gli operatori di pace,
perché saranno chiamati figli di Dio.
Beati i perseguitati per la giustizia,
perché di essi è il regno dei cieli.
Beati voi quando vi insulteranno, vi perseguiteranno e, mentendo, diranno ogni sorta di male contro di voi per causa mia. Rallegratevi ed esultate, perché grande è la vostra ricompensa nei cieli».

Parola del Signore

(Mt 5,1-12) Rallegratevi ed esultate, perché grande è la vostra ricompensa nei cieli. (2) 
LA MIA RIFLESSIONE
PREGHIERA
Ti prego o Spirito Santo, stammi vicino, fin dentro il cuore e insegnami Gesù, dammi la chiave per aprire alla comprensione la mia mente, perché tutto quello che vuoi che io capisca possa entrare in questo mio cervellino striminzito.
Ricorrenza di tutti i Santi!
Non vi nego che provo una sana invidia per chi riesce ad avvicinarsi alla figura del Cristo e ad abbracciare la croce in questo modo meraviglioso, mentre la maggior parte di noi prova solo dolore, stanchezza e rifiuto per ogni minima cosa non gradita.
Il nostro non accettare quello che Dio ci dona, solo perché non è quello che vorremmo, è un rifiuto di amarci e di scoprirci meravigliosi, così come lo siamo agli occhi di Dio.
Ognuno di noi è un prodigio, un capolavoro d’ amore che a volte sfugge ai nostri e agli altrui occhi distratti, ma il nostro metro di valutazione si ferma solo all’apparenza; eppure in fondo in fondo, siamo poi talmente soddisfatti di noi che la cosa più difficile è cambiare, imparare a vivere da figli di Dio e non del mondo, in parole povere, convertirci.
Beati… I poveri di spirito non sono coloro che sono limitati intellettualmente, ma le persone coscienti della loro miseria spirituale. Davanti a Dio non abbiamo nessun merito da far valere. Abbandonare le nostre pretese, riconoscere davanti a lui il nostro fallimento morale, è la via obbligata per scoprire l’amore di Dio.
Beati quelli che piangono, se gli “afflitti” sanno confidare a Dio il proprio dolore e consegnarlo a Lui. In questa consegna di fede e fiducia è già la loro consolazione.
Beati i miti.. perché erediteranno la terra. Questa è la promessa che il Signore ci fa, ma Gesù ha fatto ben più che darci un esempio di mitezza e pazienza eroica; ha fatto della mitezza e della non violenza il segno della vera grandezza. Questa non consisterà più nell’ elevarsi solitari sugli altri, sulla massa, ma
nell’ abbassarsi per servire ed elevare gli altri.
Sulla croce, dice Agostino, egli rivela che la vera vittoria non consiste nel fare vittime, ma nel farsi vittima.
Beati quelli che hanno fame e sete della giustizia, perché saranno saziati.
La parola "giustizia" richiama il rispetto dei diritti umani, ma ma essa viene come conseguenza di una giustizia più ampia che implica l'armonia dei rapporti, la concordia, la pace. Con la fame e la sete Matteo ci introduce in un più ampio desiderio che la fame dell' uomo è fame di Dio, il solo che può saziarlo pienamente, come ha ben capito sant'Agostino che, all'inizio delle Confessioni, scrive la famosa frase: "Ci hai fatti per te, e il nostro cuore non ha posa finché non riposa in te" . Gesù stesso ha detto: "Chi ha sete venga a me e beva" . Lui, a sua volta, si è cibato della volontà di Dio.
Giustizia, nel senso biblico, significa dunque vivere in conformità al progetto di Dio sull'umanità: l' ha pensata e voluta come una famiglia unita nell' amore.
Beati i misericordiosi, perché troveranno misericordia.
Essere misericordiosi diventa così un aspetto essenziale dell’essere
“a immagine e somiglianza di Dio”.
“Siate misericordiosi, come è misericordioso il Padre vostro” (Lc 6, 36) è una parafrasi del famoso: “Siate santi perché io, il Signore, Dio vostro, sono santo” (Lev 19, 2). Gesù dice: “Beati i misericordiosi, perché troveranno misericordia” e nel Padre nostro ci fa pregare: “Rimetti a noi i nostri debiti, come noi li rimettiamo ai nostri debitori” Dice anche: “Se voi non perdonerete agli uomini, neppure il Padre vostro perdonerà le vostre colpe” (Mt 6, 15). Queste frasi potrebbero indurre a pensare che la misericordia di Dio verso di noi è un effetto della nostra misericordia verso gli altri, ed è proporzionata ad essa.
Beati i puri di cuore, perché vedranno Dio.
Nella discussione sul puro e l' impuro Gesù dice che non sono le cose esterne e materiali che rendono impuri. Così pensavano i farisei, che avevano una concezione materialistica della purezza. Essi identificavano il puro con il pulito, perciò si lavavano e facevano tante abluzioni rituali; inoltre ritenevano impuri anche alcuni cibi, evitavano di mangiarli e li proibivano agli altri. Come ancora oggi fanno gli ebrei e i mussulmani con la carne di maiale e altri animali.
Gesù invece dichiara che la purezza è un fatto interiore e spirituale. Ciò che corrompe e rende impuri, non sono le cose materiali, ma il peccato; non è ciò che viene a contatto con l'uomo dal di fuori, ma ciò che dall'interno determina i comportamenti personali di ciascuno. «Tutto ciò che entra nell'uomo dal di fuori non può contaminarlo», perché gli entra nello stomaco, non nell'anima. «Ciò che esce dall'uomo, questo contamina l'uomo. Dal di dentro infatti, cioè dal cuore degli uomini, escono le intenzioni cattive: fornicazioni, furti, omicidi, adulteri, cupidigie, malvagità, inganno, impudicizia, invidia, calunnia, superbia, stoltezza. Tutte queste cose cattive vengono fuori dal di dentro e contaminano l'uomo» (Marco 7,18.20-22).
Beati gli operatori di pace perché saranno chiamati figli di Dio”: significa coloro che lavorano per la pace, che “fanno pace”.
Non tanto, però, nel senso che si riconciliano con i propri nemici, quanto nel senso che aiutano i nemici a riconciliarsi. “Si tratta di persone che amano molto la pace, tanto da non temere di compromettere la propria pace personale intervenendo nei conflitti al fine di procurare la pace tra quanti sono divisi ” .
Operatori di pace non è dunque sinonimo di pacifici, cioè di persone tranquille e calme che evitano il più possibile i contrasti (questi sono proclamati beati da un’altra beatitudine, quella dei miti); non è sinonimo neppure di pacifisti, se per pacifisti si intendono quelli che si schierano contro la guerra (più spesso, contro uno dei contendenti in guerra), senza fare nulla per riconciliare tra loro i contendenti. Il termine più giusto è pacificatori. Dio stesso, non un uomo, è il vero e supremo “operatore di pace”. Proprio per questo quelli che si adoperano per la pace sono chiamati “figli di Dio”: perché somigliano a lui, imitano lui, fanno quello che fa lui.
Beati i perseguitati per la giustizia, perché di essi è il regno dei cieli.
Cristo non ha illuso i suoi discepoli, non ha promesso successi e trionfi, ma ha additato con chiarezza la stessa via battuta da lui: contraddizioni, odi, persecuzione, morte di croce. Chi si mette alla sequela di Cristo, se vuol essere nel vero, non può aspettarsi altro. Tuttavia ciò non vuol dire essere pessimisti, né scoraggiarsi o vivere nella tristezza, perché mentre Gesù preannuncia ai discepoli le persecuzioni, li proclama beati. « Beati quando vi insulteranno, vi perseguiteranno e diranno, mentendo, ogni sorta di male contro di voi » (Mt 5,11). Anzi è questa l’unica beatitudine ripresa e sviluppata in più versetti quasi per persuadere i discepoli di quello che all’ occhio umano è un vero controsenso: ritenersi beati quando si soffre. Certo l’essere beati non consiste direttamente nella persecuzione, che è sempre reale sofferenza fisica e morale, ma nel fatto che questo patire è pegno di beatitudine eterna.« Rallegratevi ed esultate , dice Gesù , perché grande è la vostra ricompensa ».
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venerdì 30 ottobre 2015

(Lc 14,1.7-11) Chiunque si esalta sarà umiliato, e chi si umilia sarà esaltato.

VANGELO
(Lc 14,1.7-11) Chiunque si esalta sarà umiliato, e chi si umilia sarà esaltato.
+ Dal Vangelo secondo Luca
Un sabato Gesù si recò a casa di uno dei capi dei farisei per pranzare ed essi stavano a osservarlo. Diceva agli invitati una parabola, notando come sceglievano i primi posti: «Quando sei invitato a nozze da qualcuno, non metterti al primo posto, perché non ci sia un altro invitato più degno di te, e colui che ha invitato te e lui venga a dirti: “Cédigli il posto!”. Allora dovrai con vergogna occupare l’ultimo posto. Invece, quando sei invitato, va’ a metterti all’ ultimo posto, perché quando viene colui che ti ha invitato ti dica: “Amico, vieni più avanti!”. Allora ne avrai onore davanti a tutti i commensali. Perché chiunque si esalta sarà umiliato, e chi si umilia sarà esaltato».
Parola del Signore.

LA MIA RIFLESSIONE
PREGHIERA
O Spirito di Dio, che con la tua luce distingui la verità dall’ errore, aiutaci a discernere il vero. Dissipa le nostre illusioni e mostraci la realtà. Facci riconoscere il linguaggio autentico di Dio nel fondo dell’ anima nostra e aiutaci a distinguerlo da ogni altra voce. Mostraci la Volontà divina in tutte le circostanze della nostra vita, in modo che possiamo prendere le giuste decisioni. Aiutaci a cogliere negli avvenimenti i segni di Dio, gli inviti che ci rivolge, gli insegnamenti che vuole inculcarci. Rendici atti a percepire i tuoi suggerimenti, per non perdere nessuna delle tue ispirazioni. Concedici quella perspicacia soprannaturale che ci faccia scoprire le esigenze della carità e comprendere tutto ciò che richiede un amore generoso, ma soprattutto eleva il nostro sguardo, là dove egli si rende presente, ovunque la sua azione ci raggiunge e ci tocca. Per Cristo nostri Signore. Amen. Quando ero più giovane, e mi ponevo ancora tante domande, mi chiedevo come fanno le suore e i preti a capire cosa si prova a vivere nel mondo… ossia, ho sempre pensato a loro come a qualcuno che vivesse fuori delle cose della vita. Ero forse un po’ illusa, un po’ confusa, ma pian piano ho capito che è Gesù che gli ha insegnato tutto, che c’ insegna tutto; entra così nella nostra vita, alla nostra tavola, nelle nostre abitudini, ma quello che sa fare meglio è entrare nel nostro cuore. Alle funzioni della Domenica nelle prime file, le persone che si sentono importanti della comunità, tutti impettiti e fieri, a far vedere come sono bravi… tanto che una persona umile quando entra si sente un po’ in soggezione, anche se magari non sente bene, ad andare a sedersi davanti. Tutti in mostra tutti vogliono stare vicino allo sposo, ma pochi durante la settimana, pensano di passare in chiesa e salutare 10 minuti il Signore o di farlo nel silenzio della propria casa, perché nessuno li vede. Come rendere il giusto onore al corpo di Cristo? Non disprezzare le sue membra; i poveri, privi di panni per coprirsi. Non ornarlo in Chiesa con stoffe ed oggetti di valore, mentre fuori lo trascuri quando soffre per il freddo e la nudità. Gesù ha detto: “Questo è il mio corpo”, ha detto anche: “Mi avete visto affamato e non mi avete dato da mangiare” e “ogni volta che non avete fatto queste cose a uno dei più piccoli fra questi, non l’ avete fatto neppure a me”. Il corpo di Cristo che sta sull’ altare non ha bisogno di mantelli, ma di anime pure; mentre quello che sta fuori ha bisogno di molta cura. Impariamo dunque a pensare e a onorare Cristo come egli vuole, è lì che aspetta che noi gli dedichiamo un po’ del nostro prezioso tempo. Non è cercando di apparire che saremo notati da lui, forse gli uomini ci noteranno… ma quando non ci saremo più, nessuno si ricorderà di noi. Non conterà se siamo stati notati dagli altri, ma solo quanto siamo stati vicini a Dio, anche con i nostri vestiti logori, la nostra anima sempre turbata, i nostri acciacchi spirituali, ma sempre lì  a confrontarci con le pagine del Vangelo per vedere se siamo degni di essere amati dal Signore, se siamo obbedienti ai suoi insegnamenti, se sappiamo essere caritatevoli con chi ha bisogno di essere accolto, con chi aspetta di trovare in noi una speranza di vita. Oh mio Signore se sapessimo seminare speranza!.... In questo brano si parla del sabato e del banchetto con Gesù, di un Gesù che viene nella casa di un fariseo, addirittura di uno dei capi dei farisei, e vide che tutti si accalcavano per prendere i posti migliori, e ci sprona a non fare come loro, a non cercare il loro consenso, a non dare sperando di ricevere in cambio, come fanno certi ricchi che mettono le loro offerte ben in vista per far vedere la loro generosità. Mettiamo invece i poveri, gli ultimi e i veri bisognosi davanti a tutti, aiutiamo chi ha bisogno di un sorriso, di un abbraccio, e non delle nostre critiche su come vive e come ragiona. Pensando alla frase del vangelo:-chi si umilia sarà esaltato- e viceversa, e pensiamo a quanto poco importante è agli occhi del Signore il nostro apparire, e quanto invece lo sia essere presenti nei bisogni dei nostri fratelli, perché sono gli ultimi che sono più vicini al cuore del Signore, e se vogliamo imparare da Lui, se vogliamo seguirlo in quello che Lui ha fatto, dobbiamo cercare di essere tra gli ultimi, tra i poveri, i peccatori, gli ammalati nel corpo e nell’ anima, e considerarci veramente, nel più profondo del nostro cuore  come i più piccoli e bisognosi della grazia di Dio, perché solo così saremo in grado di ricevere da Lui . In un mondo dove conta chi arriva per primo, dove è più forte chi "vale" di più, dove solo chi produce ha diritto di essere, il Signore ci ricorda che i suoi preferiti sono gli ultimi, gli esclusi, gli operai dell'ultima ora! Madre Teresa ci ricorda che non importa quanto fai, ma quanto amore metti in ciò che fai! Beati gli umili, beati i miti, beati coloro che hanno il cuore grande! Ci sentiamo migliori degli altri? Attenzione…è un bruttissimo segno.
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giovedì 29 ottobre 2015

(Lc 14,1-6) Chi di voi, se un figlio o un bue gli cade nel pozzo, non lo tirerà fuori subito in giorno di sabato?

VANGELO
(Lc 14,1-6)  Chi di voi, se un figlio o un bue gli cade nel pozzo, non lo tirerà fuori subito in giorno di sabato?
+ Dal Vangelo secondo Luca
Un sabato Gesù si recò a casa di uno dei capi dei farisei per pranzare ed essi stavano a osservarlo. Ed ecco, davanti a lui vi era un uomo malato di idropisìa.
Rivolgendosi ai dottori della Legge e ai farisei, Gesù disse: «È lecito o no guarire di sabato?». Ma essi tacquero. Egli lo prese per mano, lo guarì e lo congedò.
Poi disse loro: «Chi di voi, se un figlio o un bue gli cade nel pozzo, non lo tirerà fuori subito in giorno di sabato?». E non potevano rispondere nulla a queste parole.
Parola del Signore.

LA MIA RIFLESSIONE
PREGHIERA
Vieni o Santo Spirito, e aiutami a vivere con il Signore ogni istante della mia vita, fa che sia sempre così aderente a Lui da non poter sbagliare, da non potermi perdere, e che in ogni cosa che faccio ci sia la Tua impronta.
I farisei ascoltavano Gesù, cercavano di capire, si fermavano a pranzo con Lui, ma erano sempre troppo pieni di sè per accogliere la novità che egli portava. La scelta di questo tipo di malattia, non è sicuramente casuale, perchè la malattia rappresenta un qualcosa infiltrato sotto pelle, proprio come le nostre idee, il nostro io, duro a morire al vecchio, per aprirsi al nuovo.
Eppure erano dotti e conoscevano le scritture, ma non riuscivano a comprendere che cosa significava veramente servire Dio, perchè il loro servire non era mai disinteressato,non servivano veramente,ma volevano essere serviti in nome di Dio.Dio non lo adoravano, ma lo usavano, come molti ancora oggi si creano un Dio come gli fa più comodo.Gesù, che lo aveva compreso appieno, cercava di spronarli al cambiamento, e proprio per questo li provocava con le guarigioni del sabato.
In tutto ciò che può sembrare solo una provocazione, io però ci leggo una gran forma d’ amore, proprio per questo suo popolo, fatto di uomini duri che non riescono a comprendere le sue parole ed i suoi gesti.
Non dimentichiamo che offrivano olocausti e non sapevano ancora che stavano rifiutando l’olocausto per eccellenza, consideravano il sacrificio gradito a Dio e non riuscivano a comprendere di cosa sarebbe stato capace per amore di fare. Voler essere protagonisti è una gran forma di presunzione, che pur se nei farisei sembra più accentuata, non lo è poi così tanto rispetto agli altri uomini, perché è insita nella natura umana.
Stiamo dunque molto attenti a non sentirci migliori di loro, perché spesso siamo così orgogliosi da non accettare di essere ripresi, ci sentiamo giusti e santi senza neanche lodare Dio che è l’unico dal quale ci viene tutto ciò che è buono; mi viene in mente una frase di un salmo di Davide che forse non c’entra nulla con la pagina d’oggi, ma mi fa pensare a stare sempre con i piedi per terra: - riconosco la mia colpa, il mio peccato mi sta sempre dinanzi - Per essere graditi al Signore, dobbiamo cercare a tutti i costi di uscire dalla nostra mentalità umana e sbriciolare davanti a Gesù il nostro io, farlo cadere e riempirci a mano a mano delle briciole che sapremo raccogliere dalla parola di Dio, senza edificare strutture, che possono impedirci di coglierne il senso, ma lasciandoci plasmare dagli strumenti dei quali Dio ci dota attraverso lo Spirito Santo.
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mercoledì 28 ottobre 2015

(Lc 13,31-35) Non è possibile che un profeta muoia fuori di Gerusalemme.

VANGELO DI GIOVEDÍ 29 OTTOBRE 2015
(Lc 13,31-35) Non è possibile che un profeta muoia fuori di Gerusalemme.
+ Dal Vangelo secondo Luca
In quel momento si avvicinarono a Gesù alcuni farisei a dirgli: «Parti e vattene via di qui, perché Erode ti vuole uccidere».
Egli rispose loro: «Andate a dire a quella volpe: “Ecco, io scaccio demòni e compio guarigioni oggi e domani; e il terzo giorno la mia opera è compiuta. Però è necessario che oggi, domani e il giorno seguente io prosegua nel cammino, perché non è possibile che un profeta muoia fuori di Gerusalemme”.
Gerusalemme, Gerusalemme, tu che uccidi i profeti e lapidi quelli che sono stati mandati a te: quante volte ho voluto raccogliere i tuoi figli, come una chioccia i suoi pulcini sotto le ali, e voi non avete voluto! Ecco, la vostra casa è abbandonata a voi! Vi dico infatti che non mi vedrete, finché verrà il tempo in cui direte: “Benedetto colui che viene nel nome del Signore!”».
Parola del Signore



LA MIA RIFLESSIONE
PREGHIERA
Vieni o Spirito Santo, ed aiutami a capire il senso della Parola che Gesù ci rivolge oggi, per bocca dell’ apostolo Luca.
Avvisarono Gesù che Erode lo voleva uccidere…
Magari fosse sempre così facile riconoscere i nemici della fede in Cristo! Questi non si fermano davanti a niente, né ai prodigi compiuti da Gesù, né a quelli che compie nei suoi discepoli. A volte essere innamorati di Gesù non è solo andare contro corrente, ma anche ritrovarsi addosso critiche e pregiudizi senza fine. Non siamo Santi solo perché crediamo in Cristo, magari bastasse credere per essere perfetti; siamo spinti dalla parola di Dio ad essere sempre in cammino verso la perfezione, ma difficilmente riusciremo mai a raggiungere la vera devozione.
Nella nostra imperfezione, siamo bersaglio di chi ci giudica e questo spesso ci porta a vedere attraverso gli occhi e le chiacchiere degli altri, i nostri difetti:
L’ essere umano è portato a difendersi e a giustificare i suoi comportamenti, anche se sbagliati, ma questo non è costruttivo per la nostra fede. Ben vengano le umiliazioni ed i rimproveri, anche se chi ce li fa è ancora peggio di noi, ben vengano se possiamo crescere nella devozione, ben vengano se ci insegnano ad accettare nel nome di Dio, di essere in questo simili a Gesù, pur di compiere la volontà del Padre.
Scegliere per Dio, scegliere con coraggio di restare al suo fianco anche nell’orto del Getsemani, anche nella croce, per rimanere fedeli al progetto di salvezza che il Padre ha per tutti noi.
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martedì 27 ottobre 2015

(Lc 6,12-19) Ne scelse dodici ai quali diede anche il nome di apostoli.

VANGELO (Lc 6,12-19) Ne scelse dodici ai quali diede anche il nome di apostoli.
+ Dal Vangelo secondo Luca
In quei giorni, Gesù se ne andò sul monte a pregare e passò tutta la notte pregando Dio. Quando fu giorno, chiamò a sé i suoi discepoli e ne scelse dodici, ai quali diede anche il nome di apostoli: Simone, al quale diede anche il nome di Pietro; Andrea, suo fratello; Giacomo, Giovanni, Filippo, Bartolomeo, Matteo, Tommaso; Giacomo, figlio di Alfeo; Simone, detto Zelota; Giuda, figlio di Giacomo; e Giuda Iscariota, che divenne il traditore. Disceso con loro, si fermò in un luogo pianeggiante. C’era gran folla di suoi discepoli e gran moltitudine di gente da tutta la Giudea, da Gerusalemme e dal litorale di Tiro e di Sidòne, che erano venuti per ascoltarlo ed essere guariti dalle loro malattie; anche quelli che erano tormentati da spiriti impuri venivano guariti. Tutta la folla cercava di toccarlo, perché da lui usciva una forza che guariva tutti.
Parola del Signore

LA MIA RIFLESSIONE
PREGHIERA
Vieni in me, Spirito Santo, Spirito di sapienza: donami lo sguardo e l' udito interiore, perché non mi attacchi alle cose materiali, ma ricerchi sempre le realtà spirituali. (Sant'Agostino)
Notiamo per prima cosa come ad ogni decisione importante Gesù fa precedere un’ intera nottata in preghiera, per essere in sintonia con il Padre prima di scegliere i dodici apostoli. Stranissima scelta, non poteva cercarli più diversi tra loro, eppure li riunì tutti sotto il suo nome e questo è un dato importante che non dobbiamo mai dimenticare. Nessuno può sapere da cosa ci giudica il Signore, perché non è importante quello che siamo prima dell’ incontro con lui, ma quanto ci lasciamo trasformare dalla sua venuta nel nostro cuore. Gesù guarisce ogni ferita, fisica o spirituale, scaccia la parte di noi che è schiava del peccato, perché la forza che viene da Lui è più forte d’ ogni male, ma per fare questo ha bisogno del nostro consenso, del nostro accettare di seguirlo e di seguire la sua parola. All' inizio non possono capire, e sono solo attratti dal Carisma di Gesù, lo vedono compiere miracoli come se una forza interiore scaturisse da Lui, non hanno idea di cosa significhi essere suoi discepoli, non sanno che in forza dello Spirito Santo, anche loro dovranno guidare il popolo, non immaginano certo che anche loro saranno capaci di compiere grandi gesti, che la loro vita sarà trasformata da Gesù. Ma quello che ancora oggi molti si ostinano a non vedere è che Gesù, è ancora tra noi, ci chiama, ci sceglie e ci trasforma. Non a tutti dà poteri che si vedono, non a tutti chiede le stesse cose, ci conosce perfettamente, ma quello che noi dobbiamo capire è che senza di Lui, senza lo Spirito Santo di Dio, noi non siamo capaci di nulla. Tutta la folla cercava di toccarlo, abbiamo mai percepito che è Lui che si lascia toccare e che non abbiamo meriti neanche in questo? Riusciamo a sentire la grazia del suo amore su di Noi? O siamo ancora convinti di essere talmente buoni e giusti da meritare tutto il suo amore? C’è un brano del vangelo che ci parla dei fratelli di Gesù, che lui riconosce in quelli che fanno la sua volontà e questo, ci dovrebbe far pensare che essere apostoli è entrare nella famiglia di Gesù, entrare nella sua intimità, nel suo modo di pensare, di vedere, di sentire che siamo tutti fratelli, figli dello stesso Padre, perché Gesù stesso ci ha insegnato a pregare: - Padre nostro che sei nei cieli…-
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lunedì 26 ottobre 2015

(Lc 13,18-21) Il granello crebbe e divenne un albero.

VANGELO
(Lc 13,18-21)
Il granello crebbe e divenne un albero.
+ Dal Vangelo secondo Luca
In quel tempo, diceva Gesù: «A che cosa è simile il regno di Dio, e a che cosa lo posso paragonare? È simile a un granello di senape, che un uomo prese e gettò nel suo giardino; crebbe, divenne un albero e gli uccelli del cielo vennero a fare il nido fra i suoi rami».
E disse ancora: «A che cosa posso paragonare il regno di Dio? È simile al lievito, che una donna prese e mescolò in tre misure di farina, finché non fu tutta lievitata».
Parola del Signore

LA MIA RIFLESSIONE
PREGHIERA
Vieni o Santo Spirito, e aiutami a capire la parola del Signore, a renderla cosa viva nella mia vita e a saperla esprimere.
" Anche noi, che possediamo le primizie dello Spirito, gemiamo interiormente aspettando l’ adozione a figli, la redenzione del nostro corpo.Nella speranza infatti siamo stati salvati. A volte crediamo di essere più bravi degli altri e che noi possediamo le primizie dello Spirito, come diceva San Paolo, e questo ci fa camminare a testa alta e ci inorgoglisce.... noi saremo salvati!!!!!! Quanto siamo assurdi, noi non siamo nulla.... se l' orgoglio di ciò che siamo, ci rende pavoneggianti, noi già siamo in peccato e non ce ne rendiamo conto.
Il regno di Dio non è simile a un trono, o a uno specchio rilucente, ma ad un piccolo, nascostissimo seme.... a una preghiera che sale dal cuore ogni giorno, ad un gesto di carità mentre nessuno ci vede, ad una piccola rinuncia per lasciare magari un'offerta per i poveri, senza sapere chi sono, senza farci diecimila domande del tipo: ma andranno veramente ai poveri? Ma chi sono questi poveri? Non sono più povero io? Non ne ho forse più bisogno?
Affida il tuo gesto con tutto il cuore a Gesù, sarà lui l'amministratore del tuo gesto.
Affidiamo al Signore la nostra vita, in modo che possa seminare nel nostro cuore e far crescere in noi la sua parola, far germogliare ogni giorno un piccolo fiore, che darà frutto se noi non terremo tutto per noi, con cieco egoismo, il suo amore, ma lo faremo vedere, conoscere, apprezzare, indicare ai nostri fratelli.
E più sarà morbida la terra nella quale sarà seminato, più sarà fruttuosa, più da lassù si vedranno i frutti e il Signore se ne compiacerà.
Siamo operai nella vigna del Signore, e noi dobbiamo essere orgogliosi di questo, di stare sempre chini sul lavoro che Lui ci darà da svolgere e non di come siamo bravi a svolgerlo.
Gesù fa uso delle parabole, perché quello che dice sia comprensibile a chi non ne sa di teologia, perché tutti possano comprendere ed in quella di oggi ce lo conferma. Ha cercato più volte di farci sentire che il regno di Dio, pur non essendo un regno visibile agli occhi di molti, è però una realtà alla quale si deve cercare di arrivare. Io penso a quanto poco capivo i primi tempi che ascoltavo la parola di Dio, lo chiamavo Gesù questo sconosciuto, era tutto incomprensibile, perché non mi disponevo all’ascolto, ma gli parlavo sopra. Chi ha orecchie intenda dice Gesù, ed io non ascoltavo, poi piano pianissimo, ho imparato ad ascoltarlo, a conoscerlo, ad amarlo ed a lasciarmi amare. E’ stato così come un piccolo granellino di senape che la sua parola ha germogliato nel mio cuore.
Il lievito fermenta e fa crescere la pasta, poi basta che un piccolo pezzetto di pasta lievitata si mescoli ad altra farina e d ecco che anche questa lieviterà, la tua parola Signore fa da lievito nel cuore di chi l’ ascolta.Fammi impastare di te e fa che io contamini di te chi mi ascolta. Tutto è in tuo potere, tutto tu puoi trasformare da niente ad un universo di meraviglia. Ti prego Signore aiutami ad aiutarti, aiutami a non guardare quello che semino, ma a fidarmi di quello che tu semini, a non cercare di vedere il raccolto perché non è a me che spetta, ma a te la mietitura, a non volermi sentire ne seminatore ne seme, ma polvere che tu impasti e crei come ti sembra più giusto, aiutami ad annullarmi per rinascere in te. Te lo chiedo nel nome di Gesù Cristo,che ci ha detto, chiedete e vi sarà dato, bussate e vi sarà aperto, ed io ci credo e ci credo fermamente. Amen.
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