- Tutti i Santi
1 novembre
Festeggiare tutti i santi è guardare coloro che già posseggono l’eredità
della gloria eterna. Quelli che hanno voluto vivere della loro grazia
di figli adottivi, che hanno lasciato che la misericordia del Padre vivificasse
ogni istante della loro vita, ogni fibra del loro cuore. I santi
contemplano il volto di Dio e gioiscono appieno di questa visione. Sono i
fratelli maggiori che la Chiesa ci propone come modelli perché,
peccatori come ognuno di noi, tutti hanno accettato di lasciarsi
incontrare da Gesù, attraverso i loro desideri, le loro debolezze, le
loro sofferenze, e anche le loro tristezze.
Questa beatitudine che
dà loro il condividere in questo momento la vita stessa della Santa
Trinità è un frutto di sovrabbondanza che il sangue di Cristo ha loro
acquistato. Nonostante le notti, attraverso le purificazioni costanti
che l’amore esige per essere vero amore, e a volte al di là di ogni
speranza umana, tutti hanno voluto lasciarsi bruciare dall’amore e
scomparire affinché Gesù fosse progressivamente tutto in loro. E' Maria,
la Regina di tutti i Santi, che li ha instancabilmente riportati a
questa via di povertà, è al suo seguito che essi hanno imparato a
ricevere tutto come un dono gratuito del Figlio; è con lei che essi
vivono attualmente, nascosti nel segreto del Padre.
Martirologio Romano: Solennità di tutti i Santi uniti con Cristo nella
gloria: oggi, in un unico giubilo di festa la Chiesa ancora pellegrina
sulla terra venera la memoria di coloro della cui compagnia esulta il
cielo, per essere incitata dal loro esempio, allietata dalla loro
protezione e coronata dalla loro vittoria davanti alla maestà divina nei
secoli eterni.
Ascolta da RadioVaticana:
Ascolta da RadioRai:
La festa di tutti i Santi, il 1 novembre si diffuse nell’Europa latina
nei secoli VIII-IX. Si iniziò a celebrare la festa di tutti i santi
anche a Roma, fin dal sec. IX.
Un’unica festa per tutti i Santi,
ossia per la Chiesa gloriosa, intimamente unita alla Chiesa ancora
pellegrinante e sofferente. Oggi è una festa di speranza: “l’assemblea
festosa dei nostri fratelli” rappresenta la parte eletta e sicuramente
riuscita del popolo di Dio; ci richiama al nostro fine e alla nostra
vocazione vera: la santità, cui tutti siamo chiamati non attraverso
opere straordinarie, ma con il compimento fedele della grazia del
battesimo.
Dai “Discorsi” di san Bernardo, abate
A che
serve dunque la nostra lode ai santi, a che il nostro tributo di gloria,
a che questa stessa nostra solennità? Perché ad essi gli onori di
questa stessa terra quando, secondo la promessa del Figlio, il Padre
celeste li onora? A che dunque i nostri encomi per essi? I santi non
hanno bisogno dei nostri onori e nulla viene a loro dal nostro culto. E’
chiaro che, quando ne veneriamo la memoria, facciamo i nostri
interessi, non i loro. Per parte mia devo confessare che, quando penso
ai santi, mi sento ardere da grandi desideri. Il primo desiderio, che la
memoria dei santi o suscita o stimola maggiormente in noi, é quello di
godere della loro tanto dolce compagnia e di meritare di essere
concittadini e familiari degli spiriti beati, di trovarci insieme
all’assemblea dei patriarchi, alle schiere dei profeti, al senato degli
apostoli, agli eserciti numerosi dei martiri, alla comunità dei
confessori, ai cori delle vergini, di essere insomma riuniti e felici
nella comunione di tutti i santi.
Ci attende la primitiva comunità
dei cristiani, e noi ce ne disinteresseremo? I santi desiderano di
averci con loro e noi e ce ne mostreremo indifferenti? I giusti ci
aspettano, e noi non ce ne prenderemo cura? No, fratelli, destiamoci
dalla nostra deplorevole apatia. Risorgiamo con Cristo, ricerchiamo le
cose di lassù, quelle gustiamo. Sentiamo il desiderio di coloro che ci
desiderano, affrettiamoci verso coloro che ci aspettano, anticipano con i
voti dell’anima la condizione di coloro che ci attendono. Non soltanto
dobbiamo desiderare la compagnia dei santi, ma anche di possederne la
felicità. Mentre dunque bramiamo di stare insieme a loro, stimoliamo nel
nostro cuore l’aspirazione più intensa a condividerne la gloria. Questa
bramosia non é certo disdicevole, perché una tale fame di gloria é
tutt’altro che pericolosa. Vi é un secondo desiderio che viene suscitato
in noi dalla commemorazione dei santi, ed é quello che Cristo, nostra
vita, si mostri anche a noi come a loro, e noi pure facciamo con lui la
nostra apparizione nella gloria. Frattanto il nostro capo si presenta a
noi non come é ora in cielo, ma nella forma che ha voluto assumere per
noi qui in terra. Lo vediamo quindi non coronato di gloria, ma
circondato dalle spine dei nostri peccati. Si vergogni perciò ogni
membro di far sfoggio di ricercatezza sotto un capo coronato di spine.
Comprenda che le sue eleganze non gli fanno onore, ma lo espongono al
ridicolo. Giungerà il momento della venuta di Cristo, quando non si
annunzierà più la sua morte. Allora sapremo che anche noi siamo morti e
che la nostra vita é nascosta con lui in Dio. Allora Cristo apparirà
come capo glorioso e con lui brilleranno le membra glorificate. Allora
trasformerà il nostri corpo umiliato, rendendolo simile alla gloria del
capo, che é lui stesso.
Nutriamo dunque liberamente la brama della
gloria. Ne abbiamo ogni diritto. Ma perché la speranza di una felicità
così incomaparabile abbia a diventare realtà, ci é necessario il
soccorso dei santi. Sollecitiamolo premurosamente. Così, per loro
intercessione, arriveremo là dove da soli non potremmo mai pensare di
giungere. (Disc. 2; Opera omnia, ed. Cisterc. 5 [1968] 364-368)
Godete e rallegratevi, perché grande è la vostro ricompensa nei cieli.
La beatitudine, consiste nel raggiungimento di ciò che colma e fa
felice definitivamente il cuore dell’uomo. È la felicita che hanno
conseguito i santi, che oggi celebriamo riuniti in un’unica festa. È una
schiera che nessuno può numerare e che hanno lavato le loro vesti nel
sangue dell’ Agnello, hanno cioè sperimentato in vita e in morte
l’infinita misericordia di divina e vivono, anche per le loro virtù,
nella beatitudine eterna. Una beatitudine a cui ogni fedele aspira nella
speranza che lo stesso Cristo ci infonde. Il Cristo annuncia una
felicità che non è nell’ordine dei valori terreni, ma è in vista del
Regno, proclamato da lui, e, pur cominciando già su questa terra per
coloro che accolgono Cristo e le sue esigenze, sarà definitiva solo
nell’eternità. La Chiesa, formata da tutti i santi, ci invita oggi a
guardare al futuro e al premio che Dio ha riservato a coloro che lo
seguono nel difficile cammino della perfezione evangelica. Tutti
vorremmo che, dopo la nostra morte, questo giorno fosse anche la nostra
festa. Gesù ci invita a godere e rallegrarci già durante il percorso in
vista dell’approdo finale. La santità quindi non è la meta di pochi
privilegiati, ma l’aspirazione continua e costante di ogni credente,
nella ferma convinzione che questa è innanzi tutto un progetto divino
che nessuno esclude e che ci è stata confermata a prezzo del sacrificio
di Cristo, che ha dato la vita per la nostra salvezza, quindi per la
nostra santità. Non conseguire la meta allora significherebbe rendersi
responsabile di quel grande peccato, che nessuno speriamo commetta, di
vanificare l’opera redentiva del salvatore. Sant’Agostino, mosso da
santa invidia soleva ripetersi: “Se tanti e tante perché non io?”
Autore: Monaci Benedettini Silvestrini
Fonte:
www.liturgia.silvestrini.org
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