venerdì 31 agosto 2018

(Mt 25,14-30) Sei stato fedele nel poco, prendi parte alla gioia del tuo padrone.

VANGELO DI SABATO 1 SETTEMBRE 2018.

Giorno liturgico: Sabato, XXIII settimana del Tempo Ordinario

Testo del Vangelo (Mt 25,14-30): In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli questa parabola: «Avverrà come di un uomo che, partendo per un viaggio, chiamò i suoi servi e consegnò loro i suoi beni. A uno diede cinque talenti, a un altro due, a un altro uno, a ciascuno secondo la sua capacità, e partì. Colui che aveva ricevuto cinque talenti, andò subito a impiegarli e ne guadagnò altri cinque. Così anche quello che ne aveva ricevuti due, ne guadagnò altri due. Colui invece che aveva ricevuto un solo talento, andò a fare una buca nel terreno e vi nascose il denaro del suo padrone.» Dopo molto tempo il padrone di quei servi tornò, e volle regolare i conti con loro. Colui che aveva ricevuto cinque talenti, ne presentò altri cinque, dicendo: "Signore, mi hai consegnato cinque talenti; ecco, ne ho guadagnati altri cinque". "Bene, servo buono e fedele, gli disse il suo padrone, sei stato fedele nel poco, ti darò autorità su molto; prendi parte alla gioia del tuo padrone". Presentatosi poi colui che aveva ricevuto due talenti, disse: "Signore, mi hai consegnato due talenti; vedi, ne ho guadagnati altri due". "Bene, servo buono e fedele, gli rispose il padrone, sei stato fedele nel poco, ti darò autorità su molto; prendi parte alla gioia del tuo padrone".» Venuto infine colui che aveva ricevuto un solo talento, disse: "Signore, so che sei un uomo duro, che mieti dove non hai seminato e raccogli dove non hai sparso; per paura andai a nascondere il talento sotterra: ecco qui il tuo". Il padrone gli rispose: "Servo malvagio e infingardo, sapevi che mieto dove non ho seminato e raccolgo dove non ho sparso; avresti dovuto affidare il mio denaro ai banchieri e così, ritornando, avrei ritirato il mio con l’interesse. Toglietegli dunque il talento, e datelo a chi ha i dieci talenti. Perché a chiunque ha sarà dato e sarà nell’abbondanza; ma a chi non ha sarà tolto anche quello che ha. E il servo fannullone gettatelo fuori nelle tenebre; là sarà pianto e stridore di denti"».




RIFLESSIONE DI LELLA

PREGHIERA: Venga il tuo Spirito, Signore, e ci trasformi interiormente con i suoi doni: crei in noi un cuore nuovo, affinché possiamo piacere a te e a conformarci alla tua Volontà. Per Cristo nostro signore. Amen.

Vi sarà capitato di fare un regalo? Penso di si... come rimarreste se dopo tanto tempo vi accorgeste che la persona a cui l' avete fatto, non l' ha neanche aperto? O se invece dopo qualche anno, ve lo ricicla e ve lo restituisce? Un po' così in fondo, ha diritto il Signore di rimanere deluso e offeso da noi. Chiediamo sempre, in continuazione e neanche apprezziamo quello che ci da, a cominciare dal dono della vita, a seguire alla nostra intelligenza e alla casa, la terra, il mare, i loro prodotti di cui nutrirci... Noi vogliamo sempre di più e pensiamo addirittura che possiamo sostituirci a Dio, nel creare in laboratorio prodotti sempre più grandi e più belli a vedersi, peccato che non abbiano quasi più sapore, dimenticando che Dio ce li offre per soddisfare il palato, ma noi vogliamo soddisfare la vista... belli fuori e insipidi dentro. Noi non siamo che guastatori della bellezza del creato, perché non mettiamo la nostra intelligenza al servizio di Dio, ma degli uomini, solo per soddisfare la nostra sete di denaro e di potere. Abbiamo invece tanti esempi di come si può ringraziare Dio di quello che ci ha dato, anche a livello spirituale, siamo in gradi di aprire ed apprezzare questi doni, o preferiamo lasciarli da una parte per paura di non esserne degni? Non ti chiedere se sei capace di aiutare ... fallo! Non ti porre dei limiti ... fidati dello Spirito Santo! Ad ognuno di noi il Signore ha fatto dei doni, a volte non li percepiamo, perché non riusciamo a vivere in comunicazione con Lui, talmente abbiamo messo il nostro ego al primo posto ed il nostro giudizio al posto di quello divino. Crediamo di saper fare tante cose, ma non riusciamo a fare le più semplici. Quando siamo piccoli, ci fidiamo della nostra mamma, appena sentiamo fame, basta un versetto e puntuale arriva la poppata..... non ci domandiamo niente, ci fidiamo e basta, perché non riusciamo a farlo con Dio? Ci aiuterà in tutto e per tutto appena glielo chiederemo, dobbiamo solo collaborare perché quel seme che ha seminato in noi possa fruttificare, possa crescere rigoglioso anche tra la zizzania che c'è nel nostro cuore... Chiedere a Gesù di estirpare da noi tutto il putridume che ci impedisce di essere liberi. Siamo stanchi e sfiduciati perché non ci rendiamo conto di essere noi gli artefici del nostro fallimento come uomini, anche se sembra che il male vinca sulla terra, non arrendiamoci; preghiamo e agiamo. Tutti noi, dal primo all'ultimo, siamo un esercito di anime, che ha armi potenti a disposizione, quelle che ci dà il Signore attraverso lo Spirito Santo, quindi, a meno che non scegliamo volontariamente di stare dalla parte del principe del male, proviamo a pregare ed invocare lo Spirito Santo per chiedere a Dio e alla sua Santissima Trinità: Ho riflettuto spesso su questa pagina del Vangelo, ma oggi vorrei pensare ad altro; a questi benedetti talenti così diversamente distribuiti !Da bambina ho imparato che Dio è buono e giusto, come conciliare questo con questa diversità di talenti? Come si spiega con il fatto che c'è chi nasce più fortunato e chi meno?Nell' 88 comperai un libro che si intitola
"ABBRACCIATA DALLA LUCE", che consiglio di leggere
file:///C:/Users/ISABELLA/Downloads/Eadie%20Betty%20J.%20-%20ABBRACCIATA%20DALLA%20LUCE%20(3).pdf in cui molte sono le risposte che,romanzate o no, a me piace accettare come probabili, specialmente da pag 42 in poi. Invece di pensare alla differenza di talenti,cerchiamo di non sprecarne neanche una briciola, perchè se non li facciamo fruttare,se non riusciamo ad unirli a quelli dei nostri fratelli,non riusciremo mai a raggiungere l'unità con Dio e con i fratelli, perchè per come la vedo io noi siamo una parte di un insieme.
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Comentario: Fra Albert SOLS i Lúcia
(Barcelona, Spagna)

Oggi, contempliamo la parabola dei talenti. In Gesù osserviamo (come) un periodo di cambio nello stile del suo messaggio: l’annunzio del Regno non si limita tanto a dimostrare la sua prossimità quanto a descrivere il suo contenuto mediante racconti: è l’ora delle parabole!

Un grand’uomo decide di intraprendere un lungo viaggio, e confida tutto il patrimonio ai suoi servitori. Poteva averlo distribuito in parti uguali, ma non lo fece così. Diede a ciascuno d’accordo alle sue capacità (cinque, due ed un talento). Con quel denaro ogni servitore poté capitalizzare l’inizio di un buon affare. I primi due si dedicarono ad amministrare i loro depositi, ma il terzo —per paura o per pigrizia— preferì nasconderlo evitando ogni investimento: si chiuse nella comodità della sua propria povertà.

Il signore ritornò e... richiese la resa dei conti (cf. Mt 25,19). Premiò il coraggio dei primi due che raddoppiarono il deposito affidato. Il comportamento con il servo “prudente” fu molto diverso.

Il messaggio della parabola continua ad essere di grande attualità. Le moderne democrazie camminano verso una separazione progressiva tra la Chiesa e lo Stato. Questo non è controproducente, anzi al contrario. Tuttavia, questa mentalità globale e progressiva racchiude un effetto secondario, pericoloso per i cristiani: essere l’immagine viva di quel terzo servo a chi il signore (figura biblica di Dio Padre) rimproverò molto severamente. Senza malizia, soltanto per comodità o paura, corriamo il pericolo di nascondere e ridurre la nostra fede cristiana al circolo privato della famiglia e degli amici intimi. Il Vangelo non può limitarsi ad una lettura e contemplazione sterile. Dobbiamo amministrare con coraggio e rischio la nostra vocazione cristiana nel proprio ambiente sociale e professionale proclamando la figura di Cristo con le parole e il testimonio.

Commenta Sant’Agostino: «quelli che predichiamo la parola di Dio ai popoli non siamo tanto lontani dalla condizione umana e dalla riflessione basata nella fede da non avvertire i nostri pericoli. Però ci conforta il fatto che, dove c’è il nostro pericolo a causa del ministero, li abbiamo l’aiuto delle vostre preghiere».

giovedì 30 agosto 2018

(Mt 25,1-13) Ecco lo sposo! Andategli incontro!

VANGELO DI VENERDI 31 AGUSTO 2018.

Giorno liturgico: Venerdì, XXI settimana del Tempo Ordinario

Santorale 31 Agosto: San Raimondo Nonnato, religioso
Testo del Vangelo (Mt 25,1-13): In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli questa parabola: «Il regno dei cieli sarà simile a dieci vergini che presero le loro lampade e uscirono incontro allo sposo. Cinque di esse erano stolte e cinque sagge; le stolte presero le loro lampade, ma non presero con sé l’olio; le sagge invece, insieme alle loro lampade, presero anche l’olio in piccoli vasi. Poiché lo sposo tardava, si assopirono tutte e si addormentarono. A mezzanotte si alzò un grido: “Ecco lo sposo! Andategli incontro!”. Allora tutte quelle vergini si destarono e prepararono le loro lampade. Le stolte dissero alle sagge: “Dateci un po’ del vostro olio, perché le nostre lampade si spengono”. Le sagge risposero: “No, perché non venga a mancare a noi e a voi; andate piuttosto dai venditori e compratevene”. Ora, mentre quelle andavano a comprare l’olio, arrivò lo sposo e le vergini che erano pronte entrarono con lui alle nozze, e la porta fu chiusa. Più tardi arrivarono anche le altre vergini e incominciarono a dire: “Signore, signore, aprici!”. Ma egli rispose: “In verità io vi dico: non vi conosco”. Vegliate dunque, perché non sapete né il giorno né l’ora».




RIFLESSIONE DI LELLA

PREGHIERA: Vieni o Santo Spirito, e guidami alla conoscenza della tua parola, perchè possa sbriciolarla ed assaporarla.

Torna questo brano del Vangelo, ma oggi non vorrei concepirlo come sempre, ma vorrei notare con voi che ci sono due tipi di persone: quelle che, dopo aver ascoltato la parola di Dio la mettono in pratica (costi quel che costi ) e quelle che continuano a vivere come gli aggrada di più,tra alti e bassi, obbeienza e disobbedienza. L’olio delle lampae è qualcosa che non si può prestare, perchè è un impegno personale che ognuno deve mettere di suo. Non sono le belle parole, lo studio, l’ apparire; ma l’ agire con perseveranza ed obbedienza a quelle leggi che Dio ha istituito per gli uomini, tramandate da Mosè, ma anche scritte a caratteri cubitali nella nostra coscienza.
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Comentario: Fra Joan Ant. MATEO i García
(La Fuliola, Lleida, Spagna)

Oggi, Venerdì XXl del tempo ordinario, il Signore ci ricorda nel Vangelo che bisogna essere sempre vigilanti e preparati ad incontrarci con Lui. A mezza notte, in qualunque momento, possono chiamare alla porta ed invitarci ad uscire per ricevere il Signore. La morte non chiede un appuntamento previo. Veramente, «non conoscete né il giorno né l'ora» (Mt 25,13).

Vigilare non significa vivere con paura ed angoscia. Significa vivere in un modo responsabile la nostra vita di figli di Dio, la nostra vita di fede, speranza e carità. Il Signore aspetta continuamente la nostra risposta di fede ed amore, costanti e pazienti, tra le occupazioni e preoccupazioni che vanno tessendo il nostro vivere.

E questa risposta solamente la possiamo dare noi, tu ed io. Nessuno può farlo in nostra vece. Questo è ciò che significa il negarsi delle vergini prudenti a cedere parte del loro olio per le lampade spente delle vergini stolte: «andate piuttosto dai venditori e compratevene» (Mt 25,9). Così la nostra risposta a Dio è personale ed intrasferibile.

Non aspettiamo un “domani” —che forse non verrà— per accendere la lampada del nostro amore per lo Sposo. Carpe diem! Bisogna vivere in ogni istante della nostra vita tutta la passione che un cristiano deve sentire per il suo Signore. È una frase conosciuta, ma che vale la pena ricordarla nuovamente: «Vivi ogni giorno della tua vita come se fosse il primo della tua esistenza, come se fosse l'unico giorno di cui disponiamo, come se fosse l'ultimo giorno della nostra vita». Un richiamo realista alla necessaria e ragionevole conversione che dobbiamo portare a buon fine.

Che Dio ci conceda la grazia nella sua grande misericordia di non sentire nell´ora suprema: «In verità vi dico: non vi conosco» (Mt 25,12), vuol dire, «non avete avuto nessun rapporto né tratto con me». Trattiamo il Signore in questa vita in modo tale da essere conosciuti ed amici suoi nel tempo e nell'eternità.

mercoledì 29 agosto 2018

(Mt 24,42-51) Tenetevi pronti.

VANGELO DI GIOVEDI 30 AGUSTO 2018.

Giorno liturgico: Giovedì, XXI settimana del Tempo Ordinario

Testo del Vangelo (Mt 24,42-51): In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Vegliate, perché non sapete in quale giorno il Signore vostro verrà. Cercate di capire questo: se il padrone di casa sapesse a quale ora della notte viene il ladro, veglierebbe e non si lascerebbe scassinare la casa. Perciò anche voi tenetevi pronti perché, nell’ora che non immaginate, viene il Figlio dell’uomo. Chi è dunque il servo fidato e prudente, che il padrone ha messo a capo dei suoi domestici per dare loro il cibo a tempo debito? Beato quel servo che il padrone, arrivando, troverà ad agire così! Davvero io vi dico: lo metterà a capo di tutti i suoi beni. Ma se quel servo malvagio dicesse in cuor suo: “Il mio padrone tarda”, e cominciasse a percuotere i suoi compagni e a mangiare e a bere con gli ubriaconi, il padrone di quel servo arriverà un giorno in cui non se l’aspetta e a un’ora che non sa, lo punirà severamente e gli infliggerà la sorte che meritano gli ipocriti: là sarà pianto e stridore di denti».




RIFLESSIONE DI LELLA

PREGHIERA: Spirito Santo, Spirito di Conoscenza, Spirito d’Amore, Tu solo conosci la Verità, Tu solo puoi scrutare l’essenza e il vero significato di ogni realtà. Tu solo sai perfettamente ciò che è bene e ciò che è male per me. Spirito di Dio, io mi abbandono a Te. Non voglio sapere più di quello che devo sapere. Non voglio dire più di quello che devo dire. Non voglio nulla più di quello che hai deciso per me. Tu mi ami e conosci il mio bene. Spirito di Amore, effondi su di me tutto quello che ora posso ricevere da Te. Sia lode a Te.

In questo brano Gesù mette in risalto quella, che in fondo, deve essere una delle doti principali dei fedeli, LA VIGILANZA!
Spesso viviamo come se tutto ci spettasse di diritto, come se fossimo eterni, anche nelle situazioni più esplicite, come ad esempio la morte improvvisa di una persona. La prima reazione è sconforto e rabbia; ci si chiede perché a noi, perché proprio a quella persona e si trovano mille motivi per cui doveva succedere a tutti, ma non a quella persona. Sempre meno ci si ferma a pregare, sempre più si cerca di cancellare l' idea della morte dalla propria vita, convincendosi che vivere intensamente la allontanerà da noi. Quando qualcuno parla della morte per ricordare che prima o poi arriverà per tutti, non racconta assolutamente una bugia, ma subito è visto come un menagramo se non peggio; figuriamoci poi quando si prende questo discorso per chiedere di riflettere sulla salvezza dell'anima.... Gesù ne sa qualcosa, lo hanno addirittura condannato a morte per questo. Il discorso è scomodo, ma necessario e, sarebbe utile, pensare per tempo alla salvezza dell'anima, senza rischiare di perderci la parte più bella della vita, perché vivere in comunione con il Signore, non è preoccuparci solo della nostra vita dopo la morte, ma vivere già da subito i frutti della redenzione. Non c'è niente che ci sembri insormontabile, niente che ci possa distruggere, perché la consapevolezza di non essere solo dei pupazzetti senz' anima è così forte che ci porta ben oltre la vita terrena. Non voglio dire che possiamo volare, ma la nostra anima può farlo; perché l'amore che entra in noi attraverso lo Spirito Santo, può veramente trasformare la nostra vita. Tutto quello che viviamo sulla terra per quanto bello, per quanto emozionante, ha il sapore di "provvisorio" amiamo i nostri figli in tantissimi modi diversi, i nostri genitori, i nostri fratelli, i nostri amici... ma per tutti c' è un inizio, un cambio e una fine. Ne abbiamo la prova nel Matrimonio, all' inizio tutto baci e coccole e poi quando subentra l' abitudine, dobbiamo riscoprire nuove forme di amore per mantenere vivo il sentimento. La fede invece ci porta a vivere ogni giorno più intensamente il rapporto con Dio, non svilisce, non sminuisce, non disillude... è qualcosa che ogni giorno ti dà qualcosa di più, che chiede la tua partecipazione attiva, ma ti da cento volte tanto. L'amore che ti da Dio è incondizionato, mano mano che te ne rendi conto capisci che il senso della vita è tutto quì, in questo mirabile connubio, che tutto quello che per anni abbiamo considerato più importante di Dio, diventa solo una foto sfocata che racconta il nostro passato.
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Comentario: Fra Albert TAULÉ i Viñas
(Barcelona, Spagna)

Oggi, il testo evangelico ci parla dell'incertezza del momento in cui verrà il Signore: «non sapete in quale giorno il Signore vostro verrà» (Mt 24,42). Se vogliamo che ci trovi svegli al momento del suo arrivo, non possiamo distrarci ne addormentarci: bisogna essere sempre preparati. Gesù ci da molti esempi di questa attenzione: quello che vigila caso mai venisse un ladro, il servo che vuole compiacere il padrone... Forse oggi ci parlerebbe di un portiere di calcio che non sa ne quando ne come gli arriverà il pallone...

Ma, forse, dovremmo prima chiarire di quale venuta ci si parla. Si tratta dell'ora della morte?; si tratta della fine del mondo? Certamente, sono venute del Signore che Lui ha lasciato volutamente nell´incertezza per suscitare in noi un’ attenzione costante. Ma, facendo un calcolo di probabilità, forse nessuno della nostra generazione sarà testimone di un cataclisma universale che metta fine all'esistenza della vita umana in questo pianeta. E, su quello che riguarda la morte, questa solamente succederà una volta e basta. Mentre ciò non accade, non ci sarà nessun’ altra venuta più vicina di fronte alla quale converrà essere sempre preparati?

«Come passano gli anni! I mesi si riducono a settimane, le settimane a giorni, i giorni a ore e le ore a secondi...» (San Francesco di Sales). Ogni giorno, ogni ora, in ogni istante il Signore è vicino alla nostra vita. Attraverso le ispirazioni interne, attraverso le persone che ci circondano, i fatti che vanno succedendosi, il Signore bussa alla nostra porta e, come dice l'Apocalissi: «Ecco, sto alla porta e busso. Se qualcuno ascolta la mia voce e mi apre la porta, io verrò da lui, cenerò con lui ed egli con me» (Ap 3,20). Oggi, se facciamo la comunione, questo accadrà un’ altra volta. Oggi, se ascoltiamo pazientemente i problemi che altri ci affidano o diamo generosamente i nostri soldi per aiutare in una necessità, ciò tornerà a succedere. Oggi, se nella nostra preghiera personale riceviamo —improvvisamente— un’ispirazione inattesa, ciò tornerà ad accadere.

martedì 28 agosto 2018

(Mc 6,17-29) Voglio che tu mi dia adesso, su un vassoio, la testa di Giovanni il Battista.

VANGELO DI MERCOLEDI 29 AGUSTO 2018.

Giorno liturgico: 29 Agosto: Martirio di San Giovanni Battista

Testo del Vangelo (Mc 6,17-29): In quel tempo, Erode aveva mandato ad arrestare Giovanni e lo aveva messo in prigione a causa di Erodìade, moglie di suo fratello Filippo, perché l’aveva sposata. Giovanni infatti diceva a Erode: «Non ti è lecito tenere con te la moglie di tuo fratello». Per questo Erodìade lo odiava e voleva farlo uccidere, ma non poteva, perché Erode temeva Giovanni, sapendolo uomo giusto e santo, e vigilava su di lui; nell’ascoltarlo restava molto perplesso, tuttavia lo ascoltava volentieri. Venne però il giorno propizio, quando Erode, per il suo compleanno, fece un banchetto per i più alti funzionari della sua corte, gli ufficiali dell’esercito e i notabili della Galilea. Entrata la figlia della stessa Erodìade, danzò e piacque a Erode e ai commensali. Allora il re disse alla fanciulla: «Chiedimi quello che vuoi e io te lo darò». E le giurò più volte: «Qualsiasi cosa mi chiederai, te la darò, fosse anche la metà del mio regno». Ella uscì e disse alla madre: «Che cosa devo chiedere?». Quella rispose: «La testa di Giovanni il Battista». E subito, entrata di corsa dal re, fece la richiesta, dicendo: «Voglio che tu mi dia adesso, su un vassoio, la testa di Giovanni il Battista». Il re, fattosi molto triste, a motivo del giuramento e dei commensali non volle opporle un rifiuto. E subito il re mandò una guardia e ordinò che gli fosse portata la testa di Giovanni. La guardia andò, lo decapitò in prigione e ne portò la testa su un vassoio, la diede alla fanciulla e la fanciulla la diede a sua madre. I discepoli di Giovanni, saputo il fatto, vennero, ne presero il cadavere e lo posero in un sepolcro.




RIFLESSIONE DI LELLA

PREGHIERA: Ti prego o Santo Spirito, di illuminare la mia mente, e far penetrare la tua parola nel mio cuore.

Non ci sono mezze misure, il Cristianesimo non è una teoria, ma una condizione di vita. Non ci si può definire cristiani e adattare il cristianesimo alle nostre esigenze, perchè è una scelta seria, in quanto ne va di mezzo la nostra salvezza, per questo risulta difficile, ma costi quel che costi, dobbiamo fare di tutto per riuscirci. Anche Erode, che non aveva nessuna intenzione di convertirsi, temeva Dio, ma più per superstizione che per fede. Lo incuriosiva Giovanni Battista, perché aveva il coraggio di parlare, anche contro di Lui, infatti Giovanni denunciava la sua ambiguità.Erode passava per un buon regnante,addirittura per un benefattore, perché ci teneva molto a rimanere al suo posto, quindi lo fece arrestare temendo che dalle sue parole potesse scaturire una ribellione del popolo.Il potere è una tentazione continua, allora come ora.La vita di corte era all'insegna della lussuria, delle orge e del libertinaggio, Erodiade era la moglie legittima del fratello di Erode, ma viveva in peccato con il cognato e tutte le sollecitazioni di Giovanni Battista ad una vita onesta e correttamente morale le davano proprio fastidio. Aveva già provato a convincere l'amante ad ucciderlo, ma non c'era riuscita, perché in fondo anche lui temeva Dio e la sua ira, ricordiamo, più per superstizione che per sacro timore di fare del male.Ma quando uno accetta di vivere con la corruzione, col male, col peccato, perde sempre il controllo della situazione e per un ballo eccitante della figlia di Erodiade, per una promessa fatta giurando sul male, per non passare da bugiardo davanti agli altri, ecco che lo scempio si compie e la testa di Giovanni cade, servita su un vassoio alla richiesta della vergognosa figlia di Erodiade, conformata a quella della madre.Anche oggi compromessi e ricatti, per chi al potere usa la sua posizione per vivere una vita di lussi e vizi, invece che per amministrare onestamente. Non accettiamo il compromesso tra bene e male perché non esiste, è solo un'illusione che satana insinua nelle nostre menti per farci abituare al male fino a legittimarlo ai nostri occhi.Quando Erode sente parlare di Gesù, la coscienza di quello che aveva fatto a Giovanni ancora gli rimorde e dato che non lo conosceva, che era così estraneo alla sua figura,lo associa a quest'ultimo e teme che sia risorto dai morti. Un comportamento retto, non teme lo sguardo del Signore, per questo Gesù ci ha detto in altre occasioni che chi serve Dio, non può servire mammona, ossia satana.
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Comentario: Fra Josep Mª MASSANA i Mola OFM
(Barcelona, Spagna)

Oggi ricordiamo il martirio di San Giovanni Battista, il Precursore del Messia. L’intera vita del Battista ruota attorno alla Persona di Gesù, di modo che senza di Lui, l’esistenza e l’opera del Precursore del Messia non avrebbero alcun senso.

Dal grembo di sua madre sente la prossimità del Salvatore. L’abbraccio di Maria e di Elisabetta, due future madri, aprì il dialogo dei due figli: il Salvatore santificava Giovanni, e questi saltava con entusiasmo dentro il grembo materno.

In tutta la sua missione di Precursore mantenne questo entusiasmo –che etimologicamente significa “essere pieno di Dio”- preparò i cammini, spianò le strade, abbassò le cime, lo annunciò già presente, e lo indicò puntando il dito come il Messia: «Ecco l’Agnello di Dio!» (Gv 1,36).

Nel declino della sua esistenza, Giovanni, al predicare la libertà messianica a coloro che si trovavano prigionieri dei loro vizi, è incarcerato: «Non ti è lecito tenere la moglie di tuo fratello» (Mc 6,18). La morte del Battista è una testimonianza del martirio centrata nella persona di Gesù. Suo Precursore nella vita, e anche lo precede adesso nella morte crudele.

San Beda ci dice che «è rinchiuso, nel buio di una prigione, colui che era venuto a dare testimonianza della luce, e aveva meritato dalla bocca dello stesso Cristo (...) di essere chiamato “torcia ardente e luminosa”. Fu battezzato con il proprio sangue colui al quale prima fu concesso battezzare al Redentore del mondo».

Speriamo che la festa del Martirio di San Giovanni Battista ci entusiasmi, nel senso etimologico del termine e, così, pieni di Dio, anche noi possiamo dare testimonio della nostra fede in Gesù con coraggio. Che la nostra vita cristiana giri sempre attorno alla persona di Gesù, e ciò darà pieno significato alla nostra vita stessa.

lunedì 27 agosto 2018

(Mt 23,23-26) Queste erano le cose da fare, senza tralasciare quelle.

VANGELO DI MARTEDI 28 AGUSTO 2018.

Giorno liturgico: Martedì, XXI settimana del Tempo Ordinario

Santorale 28 Agosto: Sant' Agostino Vescovo e dottore della Chiesa
Testo del Vangelo (Mt 23,23-26): In quel tempo, Gesù parlò dicendo: «Guai a voi, scribi e farisei ipocriti, che pagate la decima sulla menta, sull’anéto e sul cumìno, e trasgredite le prescrizioni più gravi della Legge: la giustizia, la misericordia e la fedeltà. Queste invece erano le cose da fare, senza tralasciare quelle. Guide cieche, che filtrate il moscerino e ingoiate il cammello! Guai a voi, scribi e farisei ipocriti, che pulite l’esterno del bicchiere e del piatto, ma all’interno sono pieni di avidità e d’intemperanza. Fariseo cieco, pulisci prima l’interno del bicchiere, perché anche l’esterno diventi pulito!».




RIFLESSIONE DI LELLA

PREGHIERA: Ti prego o Santo Spirito,di starmi vicino,di far si che solo il tuo volere entri nel mio cuore leggendo questo brano, perché non metta nulla del mio pensiero fuori dal tuo volere.

Gesù continua ad attaccare gli scribi e i farisei… sempre pronti a fare leggi e a trovare poi, per loro, le scappatoie per non rispettarle. Per loro qualsiasi prodotto naturale era soggetto alla legge (un’interpretazione più umana limitava l’ obbligo al “grano, vino e olio”). I rabbini applicavano il precetto mosaico della decima da prelevare sui prodotti della terra ed erano molto lontani dal concetto di giustizia, di misericordia e di fedeltà, veri e fondamentali precetti. L’esempio del moscerino e del cammello sono significativi di come ci si può  perdere nei dettagli da dimenticare le cose veramente importanti e giuste da fare. Gesù mette in discussione la devozione legale farisaica, ai limiti del fanatismo perché la prassi ebraica si accontentava di lavare l’esterno dei recipienti ossia curava l’apparenza. I recipienti sono metafore e simboleggiano le persone, e il “guai” è diretto alla preoccupazione di una corretta osservanza esteriore a scapito di una disposizione interiore.
Le cose importanti, non sono le leggi e le leggine che loro imponevano, ma il senso di quello che Dio indicava importante per il suo popolo e che Gesù riassume su se stesso, fino alla croce, ama Dio e ama il prossimo tuo. Non ci si può mettere a dettar leggi, se non si comprende che il progetto di Dio è amore e non potere e sopraffazione. Il fatto stesso che ci lasci liberi di scegliere se aderire o no a questo progetto, deve essere da noi preso in considerazione, in tutti i sensi, anche nel rispetto di chi sceglie diversamente da noi.Io vorrei , se potessi, contagiare il mondo intero con questa mia piccola fede, che a volte , pur tanto minuscola, mi fa sentire un gigante, ma non è possibile, ogni cosa avverrà come Dio vorrà. Oggi molti vogliono dire agli altri come comportarsi, continuando a creare confini, recinti, ghetti, divisioni... io credo che l'unica cosa che possiamo dire a tutti è : -ama il prossimo tuo come te stesso!
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Comentario: Fra Austin NORRIS
(Mumbai, India)

Oggi abbiamo l' impressione di "catturare" Gesù in un impeto di rabbia, -qualcuno è riuscito ad infastidirlo. Gesù Cristo è a disagio con la falsa religiosità, le richieste pompose e la pietà egoista. Ha notato un vuoto d' amore, cioè manca «la giustizia, la misericordia e la fedeltà» (Mt 23,23), dopo le azioni superficiali con cui cercano di adempiere la Legge. Gesù incarna queste qualità nella sua persona e ministero. Lui era la giustizia, la misericordia e la fede. Le loro azioni, miracoli, guarigioni e parole trasudavano questi veri fondamenti, che gli derivano dal suo cuore amorevole. Per Gesù Cristo non era una questione di "Legge", piuttosto una questione di cuore ...

Anche nelle parole di punizione si vede in Dio un tocco d' amore, importante per chi vuole tornare alle origini: «Uomo, ti è stato insegnato ciò che è buono e ciò che richiede il Signore da te: praticare la giustizia, amare la pietà, camminare umilmente con il tuo Dio» (Mich 6,8). Papa Francesco ha detto: «Un po di pietà rende il mondo meno freddo e più giusto. Abbiamo bisogno di capire questa misericordia di Dio, questo Padre misericordioso che ha tanta pazienza ... Ricordate il profeta Isaia quando dice che, anche se i nostri peccati fossero scarlatto, l'amore di Dio li renderà bianchi come la neve. E 'bello, è la misericordia.

«Pulisci prima l' interno del bicchiere, perché anche l' esterno diventi netto!» (Mt 23,26). Come è vero questo per ciascuno di noi! Sappiamo come la pulizia personale ci fa sentire freschi e vibranti dentro e fuori. Inoltre, in quello spirituale e morale al nostro interno, il nostro spirito, se è pulito e sano brillarà in buone opere e azioni che onorano Dio e lo rendono un vero e proprio tributo (cfr Gv 5,23). Guardiamo il contesto più ampio dell'amore, della giustizia e della fede, e non andiamo persi in minuzie che consumano il nostro tempo, ci fanno diminuire e ci rendono schizzinosi. Tuffiamoci al vasto oceano dell'amore di Dio e non ci accontentiamo con fiumicelli di cattiveria!

domenica 26 agosto 2018

(Mt 23,13-22) Guai a voi, guide cieche.

VANGELO DI LUNEDI 27 AGUSTO 2018.

Giorno liturgico: Lunedì, XXI settimana del Tempo Ordinario

Santorale 27 Agosto: Santa Monica
Testo del Vangelo (Mt 23,13-22): In quel tempo, Gesù parlò dicendo: «Guai a voi, scribi e farisei ipocriti, che chiudete il regno dei cieli davanti alla gente; di fatto non entrate voi, e non lasciate entrare nemmeno quelli che vogliono entrare. Guai a voi, scribi e farisei ipocriti, che percorrete il mare e la terra per fare un solo prosèlito e, quando lo è divenuto, lo rendete degno della Geènna due volte più di voi. Guai a voi, guide cieche, che dite: “Se uno giura per il tempio, non conta nulla; se invece uno giura per l’oro del tempio, resta obbligato”. Stolti e ciechi! Che cosa è più grande: l’oro o il tempio che rende sacro l’oro? E dite ancora: “Se uno giura per l’altare, non conta nulla; se invece uno giura per l’offerta che vi sta sopra, resta obbligato”. Ciechi! Che cosa è più grande: l’offerta o l’altare che rende sacra l’offerta? Ebbene, chi giura per l’altare, giura per l’altare e per quanto vi sta sopra; e chi giura per il tempio, giura per il tempio e per Colui che lo abita. E chi giura per il cielo, giura per il trono di Dio e per Colui che vi è assiso».




RIFLESSIONE DI LELLA

PREGHIERA: Vieni Signore e fammi sentire forte la tua voce, come facesti in quei tempi, e fa che la voce di chi vuole mettere a tacere la mia coscienza non soffochi la tua.

Che cosa impediva agli scribi ed ai farisei di ascoltare Gesù? Erano pieni di orgoglio e superbia! Ma attenzione... vale anche per noi oggi questo monito. Oggi poi davvero diventa difficile capire qual’è la verità, per quanto la parola di Dio è stata rimaneggiata, alterata, resa leggibile oppure solo resa piena di tutto quello che gli uomini, pieni di zelo, hanno saputo metterci sopra. Io conservo una vecchia Bibbia di quando ero fanciulla ed onestamente, mi trovo così bene con quella che a volte, mi sembra di leggere un’altro libro. In ogni edizione la arricchiscono con spiegazioni, immagini, commenti... ma le parole, non possono competere con “LA PAROLA”. (Gv 1,1) « In principio era il Verbo , il Verbo era presso Dio e il Verbo era Dio. “ Guardando a Gesù che è la parola incarnata, se vogliamo, possiamo capire come viverla. Gesù è amore per coloro che soffrono: “I poveri e i sofferenti li avrete sempre con voi”, (Mt 26,11), curare un ammalato, accoglierlo, servirlo, è servire Cristo: il malato è la carne di Cristo. Gesù è perdono: ( Lc 6,36 ) “Siate misericordiosi come il Padre vostro è misericordioso. Non giudicate e non sarete giudicati… Gesù è fedeltà: Poteva dire non ce la faccio più, come diciamo noi molto spesso, ma ha detto (Lc. 22,42) ”Non la mia ,ma la tua volontà sia fatta” Guardando Gesù chiediamoci, che farebbe Lui al mio posto, e non stiamo a pensare a quello che è più conveniente. Molti scribi e farisei, si comportano secondo il loro interesse perché glielo permettiamo, perché non siamo di nessun aiuto quando ci rendiamo complici di chiacchiere e malefatte.
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Comentario: Fra Raimondo M. SORGIA Mannai OP
(San Domenico di Fiesole, Florencia, Italia)

Oggi, il Signore ci vuole illuminare su un concetto elementare in se stesso, però sul quale pochi approfondiscono: guidare verso un disastro non è guidare verso la vita, ma alla morte. Chi insegna a morire o a uccidere gli altri non è un maestro di vita, ma un “assassino”.

Il Signore oggi è —diciamo— di malumore, è giustamente dispiaciuto con le guide che fanno smarrire il prossimo e gli tolgono il piacere di vivere, e finalmente la vita: «Guai a voi, scribi e farisei ipocriti, che percorrete il mare e la terra per fare un solo proselito e, ottenutolo, lo rendete figlio della Geenna il doppio di voi» (Mt 23,15).

C’è gente che si sforza per entrare nel Regno dei Cieli, e togliere questa illusione è una colpa veramente grave. Si sono appropriati delle chiavi dell’ingresso, però per loro rappresentano un “giocattolo”, qualcosa di vistoso per appendere alla cintura e basta. I farisei perseguitano le persone, “vanno alla loro caccia” per portarli alla propria convinzione religiosa; non a quella di Dio, ma alla propria; per convertirli, non in figli di Dio, ma dell’inferno. Il loro orgoglio non eleva al cielo, non conduce alla vita ma alla perdizione. Che grave errore!

«Guide —li chiama Gesù— cieche, che filtrate il moscerino e ingoiate il cammello!» (Mt 23,24). È tutto scambiato, sconvolto; il Signore ripetutamente ha cercato di stappare le orecchie e ad aprire gli occhi ai farisei, però dice il profeta Zaccaria: «Ma essi hanno rifiutato di ascoltarmi, mi hanno voltato le spalle, hanno indurito gli orecchi per non sentire» (Za 7,11). Allora, al momento del giudizio, il giudice emetterà una sentenza severa: «Non vi ho mai conosciuti; allontanatevi da me, voi operatori di iniquità» (Mt 7,23). Non è sufficente saperne di più: bisogna sapere la verità ed insegnarla con umile fedeltà. Ricordiamoci del detto di un vero maestro di sapienza, San Tommaso d’Aquino: «Mentre esaltano la loro propria bravura, i superbi avviliscono l’eccellenza della verità!».

sabato 25 agosto 2018

(Gv 6,60-69) Da chi andremo? Tu hai parole di vita eterna.

VANGELO DI DOMENICA 26 AGUSTO 2018.

Giorno liturgico: XXI Domenica (B) del Tempo Ordinario

Testo del Vangelo (Gv 6,60-69): En aquel tiempo, muchos de los que hasta entonces habían seguido a Jesús dijeron: «Es duro este lenguaje. ¿Quién puede escucharlo?». Pero sabiendo Jesús en su interior que sus discípulos murmuraban por esto, les dijo: «¿Esto os escandaliza? ¿Y cuando veáis al Hijo del hombre subir adonde estaba antes? El espíritu es el que da vida; la carne no sirve para nada. Las palabras que os he dicho son espíritu y son vida. Pero hay entre vosotros algunos que no creen». Porque Jesús sabía desde el principio quiénes eran los que no creían y quién era el que lo iba a entregar. Y decía: «Por esto os he dicho que nadie puede venir a mí si no se lo concede el Padre». Desde entonces muchos de sus discípulos se volvieron atrás y ya no andaban con Él. Jesús dijo entonces a los Doce: «¿También vosotros queréis marcharos?». Le respondió Simón Pedro: «Señor, ¿a quién iremos? Tú tienes palabras de vida eterna, y nosotros creemos y sabemos que Tú eres el Santo de Dios».




RIFLESSIONE DI LELLA

PREGHIERA: Vieni o Santo Spirito, e degnami del tuo aiuto, vieni per dare un senso all’ amore di Dio, che si fa parola in Gesù Cristo nostro Signore, verbo incarnato, morto e risorto per noi, e fa che grazie al Tuo immenso aiuto, in noi possa morire l’uomo vecchio, pieno di difetti e attaccato alle cose terrene, e rinascere l’uomo nuovo, più conforme al figlio che Dio vorrebbe veder nascere in noi, che porta in se il seme di Dio.

Gesù è mandato da Dio, ed è Dio, per questo conosce il pensiero dei suoi discepoli, ed anche la sorte che lo attende; sa anche che l’ intelletto dei suoi uomini non riesce ancora a concepire un pensiero basato sulla fede nello Spirito Santo, è come chiedere qualcosa a qualcuno che non è ancora pronto, ne è stato dotato dei mezzi necessari. Eppure Pietro, con tutti i suoi dubbi e le sue indecisioni, capisce che è quella di Cristo la strada da seguire, che non ce ne sono altre … Possiamo insieme con lui dire: - Signore, da chi andremo? Tu hai parole di vita eterna, e noi ti riconosciamo come il Signore della nostra vita, tu sei colui che Dio ci ha mandato per la nostra salvezza, colui le cui orme devono ripercorrere se vogliamo salvarci, se vogliamo che la nostra vita sulla terra abbia un senso e non sia abbandonata all’ effimero piacere che è dettato solo da cose terrene e carnali, che allontana dalla fonte dello Spirito Divino.
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Comentario: Fra Miquel VENQUE i To
(Barcelona, Spagna)

Oggi, il Vangelo ci porta a Cafarnao, dove Gesù è seguito da molti per aver visto i suoi miracoli, soprattutto quello della spettacolare moltiplicazione dei pani. Socialmente, Gesù corre il rischio di morire di successo, come viene spesso detto; inoltre lo vogliono nominare re. Si tratta di un momento chiave della catechesi di Gesù. E' il momento in cui inizia a esporre chiaramente la dimensione soprannaturale del suo messaggio. E, come Gesù è un catechista così buono, perfetto sacerdote, il miglior vescovo e papa, li lascia andare, con dolore, ma Egli è fedele al suo messaggio. Il successo popolare non lo cieca.

Diceva un grande sacerdote che, in tutta la storia della Chiesa, sono cadute persone che sembravano colonne indispensabili: «si tirarono indietro e non andavano più con lui» (Gv 6,66). Io e te possiamo cadere, "lasciar stare", allontanarci, criticare, "andare alla nostra." Con umiltà e fiducia diciamo al buon Gesù che vogliamo essere fedeli oggi, domani e ogni giorno; che ci faccia vedere il poco senso evangelico che ha discutere gli insegnamenti di Dio o della Chiesa perché "non capisco": «Signore, da chi andremo?» (Gv 6,68). Chiediamo più visione soprannaturale. Solo in Gesù e nella sua Chiesa, troviamo la Parola di vita eterna: «Tu hai parole di vita eterna» (Gv 6,68).

Come Pietro, noi sappiamo che Gesù ci parla con linguaggio soprannaturale, linguaggio che deve essere sintonizzato correttamente per entrare nel suo pieno significato, altrimenti solamente sentiremo dei rumori incoerenti e sgradevoli: dunque è necessario mettere la sintonia al punto. Come Pietro, anche nella nostra vita cristiana ci sono momenti in cui dobbiamo rinnovare e manifestare che stiamo in Gesù e vogliamo continuare con Lui. Pietro amava Gesù Cristo, perciò restò. Gli altri lo volevano per il pane, per le "caramelle", per motivi politici, e lo abbandonano. Il segreto della lealtà è amare, la fiducia. Chiediamo alla Virgo Fidelis che ci aiuti qui ed ora per essere fedeli alla Chiesa che abbiamo.

venerdì 24 agosto 2018

(Mt 23,1-12) Dicono e non fanno.

VANGELO DI SABATO 25 AGUSTO 2018.

Giorno liturgico: Sabato, XX settimana del Tempo Ordinario

Testo del Vangelo (Mt 23,1-12): In quel tempo, Gesù si rivolse alla folla e ai suoi discepoli dicendo: «Sulla cattedra di Mosè si sono seduti gli scribi e i farisei. Praticate e osservate tutto ciò che vi dicono, ma non agite secondo le loro opere, perché essi dicono e non fanno. Legano infatti fardelli pesanti e difficili da portare e li pongono sulle spalle della gente, ma essi non vogliono muoverli neppure con un dito. Tutte le loro opere le fanno per essere ammirati dalla gente: allargano i loro filattèri e allungano le frange; si compiacciono dei posti d’onore nei banchetti, dei primi seggi nelle sinagoghe, dei saluti nelle piazze, come anche di essere chiamati “rabbì” dalla gente.» Ma voi non fatevi chiamare “rabbì”, perché uno solo è il vostro Maestro e voi siete tutti fratelli. E non chiamate “padre” nessuno di voi sulla terra, perché uno solo è il Padre vostro, quello celeste. E non fatevi chiamare “guide”, perché uno solo è la vostra Guida, il Cristo. Chi tra voi è più grande, sarà vostro servo; chi invece si esalterà, sarà umiliato e chi si umilierà sarà esaltato».




RIFLESSIONE DI LELLA

PREGHIERA: Spirito del Signore,stammi vicino, illumina il mio core con la parola di Dio,perchè io possa conoscerlo veramente e comprendere come onorarlo con la mia vita.

Quant e volte ho riflettuto su questa parola di Dio, è così facile criticare i ministri di Dio, che ormai così fan tutti. Noi discepoli infedeli, diamo la colpa a loro delle nostre mancanze, e loro danno la colpa a noi del nostro scarso rispetto per la parola di Dio, ma siamo gli uni, lo specchio degli altri.
In questo gioco al massacro, restiamo fermi senza fare passi avanti, e non riusciamo ad uscire per andare incontro a Dio. La falsità è una dote che ci accomuna tutti; l'ipocrisia altrettanto, ma vediamo solo quella degli altri. Ho paura del tempo che passa e vorrei saper fare di più, amare di più, pregare di più,perdonare di più....ma non mi sento mai degna, sempre troppa poca pazienza, insofferente alle provocazioni. Vorrei essere capita, non interpretata, ma compresa nei miei gesti, nelle mie parole, nelle mie assenze e presenze, e soprattutto nei miei silenzi. Ma Gesù ci ha avvertito, non dobbiamo cercare di piacere alla gente, o di piacere al parroco di turno, ma dobbiamo seguirlo su quella via che è spesso fatta di mortificazioni, di giudizi ingiusti, di chiacchiere cattive e, quello che conta, non è quanto ci sapremo far rispettare, ma quanto sapremo offrire tutta la nostra sofferenza a Dio, rinunciando al nostro orgoglio per amore Suo e dei fratelli, specialmente dei nostri nemici e di chi è lontano.
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Comentario: Fra Antoni CAROL i Hostench
(Sant Cugat del Vallès, Barcelona, Spagna)

Oggi, Gesù Cristo ci rivolge nuovamente un richiamo all’umiltà, un invito a metterci nel ruolo che ci corrisponde: «Ma voi non fatevi chiamare "rabbì" (...); non chiamate nessuno "padre" (...); non fatevi chiamare "maestri"» (Mt 23,8-10). Prima di appropriarci di tutti questi titoli, procuriamo ringraziare Dio per tutto ciò che abbiamo e che da Egli abbiamo ricevuto.

Come dice San Paolo, «Cosa avete che non abbiate ricevuto?» E se l’avete ricevuto, ....? (1 Cor 1,7). Di modo che, quando abbiamo coscienza di avere reagito in modo corretto, faremo bene a ripetere: «Siamo servi inutili. Abbiamo fatto quanto dovevamo fare» (Lc 17,10).

L’uomo moderno soffre di una lamentevole amnesia: viviamo e attuiamo come se noi stessi fossimo stati gli autori della vita e i creatori del mondo. Per contrasto, causa ammirazione Aristotele, il quale —nella sua teologia naturale— sconosceva il concetto della “creazione” (nozione conosciuta in quei tempi soltanto per Rivelazione divina), però almeno, comprendeva che questo mondo dipendeva dalla Divinità (la “causa incausata”). Giovanni Paolo II ci chiama a conservare la memoria del debito che abbiamo contratto con nostro Dio: «È preciso che l’uomo onori il creatore offrendo in un atto di gratitudine e di elogio, tutto ciò che da Egli ha ricevuto. L’uomo non può perdere il senso di questo debito, che soltanto lui, fra tutte le realtà terrestri, può riconoscere».

Inoltre, pensando alla vita sopra-naturale, la nostra collaborazione —Egli non farà nulla senza il nostro permesso, senza il nostro sforzo!— consiste in non interferire il lavoro dello Spirito Santo: Lasciare che Dio faccia!; che la santità non la “fabbrichiamo” noi, ma viene otorgata da Lui, che è il Maestro, Padre e Guida. In ogni caso, se crediamo di essere e di avere qualcosa, sforziamoci per metterli al servizio degli altri: «Il più grande tra voi sia vostro servo» (Mt 23,11).

giovedì 23 agosto 2018

(Gv 1,45-51) Ecco davvero un Israelita in cui non c’è falsità.

VANGELO DI VENERDI 24 AGUSTO 2018.

Giorno liturgico: 24 Agosto: San Bartolomeo, Apostolo

Testo del Vangelo (Gv 1,45-51): In quel tempo, Filippo trovò Natanaèle e gli disse: «Abbiamo trovato colui del quale hanno scritto Mosè, nella Legge, e i Profeti: Gesù, il figlio di Giuseppe, di Nàzaret». Natanaèle gli disse: «Da Nàzaret può venire qualcosa di buono?». Filippo gli rispose: «Vieni e vedi». Gesù intanto, visto Natanaèle che gli veniva incontro, disse di lui: «Ecco davvero un Israelita in cui non c’è falsità». Natanaèle gli domandò: «Come mi conosci?». Gli rispose Gesù: «Prima che Filippo ti chiamasse, io ti ho visto quando eri sotto l’albero di fichi». Gli replicò Natanaèle: «Rabbì, tu sei il Figlio di Dio, tu sei il re d’Israele!». Gli rispose Gesù: «Perché ti ho detto che ti avevo visto sotto l’albero di fichi, tu credi? Vedrai cose più grandi di queste!». Poi gli disse: «In verità, in verità io vi dico: vedrete il cielo aperto e gli angeli di Dio salire e scendere sopra il Figlio dell’uomo».




RIFLESSIONE DI LELLA

PREGHIERA: Aiutami Signore attraverso il Tuo Santo Spirito, a comprendere cosa mi vuoi dire oggi con questo brano del Vangelo.

VIENI E VEDI!
Sapete, dopo tanti anni ho capito che nel mio vagare, che chi avevo sempre inseguito, mi seguiva in silenzio, in attesa! Natanaele cercava il Messia, ma aveva idee sue su come doveva essere il Signore che cercava. Da Nazaret ,un paese così piccolo, non può venire nulla di buono... come può il Messia venire da questo nulla? Dio è questo! Natanaele se ne renderà conto, quando comprenderà che quello sguardo di Gesù lo aveva sempre seguito, che lui non se ne era accorto perché cercava qualcuno che aveva immaginato secondo i suoi preconcetti. La fede in Dio si dimostra invece qualcosa di diverso, di nuovo, di sconosciuto; la Fede di ognuno di noi cresce con la conoscenza, con la frequentazione, con la presenza di Dio in noi. Ecco che allora anche da noi, dal nostro nulla, potrà nascere qualcosa che ci farà dire come Filippo: “ vieni e vedi”.
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Comentario: Mons. Christoph BOCKAMP Vicario Regionale dell'Opus Dei in Germania
(Bonn, Germania)

Oggi celebriamo la festa di san Bartolomeo apostolo. San Giovanni evangelista racconta il suo primo incontro con il Signore con tanto realismo che ci è facile entrare nella scena. Sono dialoghi di cuori giovani, diretti, franchi… divini!

Gesù incontra Filippo per caso e gli dice «Seguimi!» (Gv 1,43). Poco dopo, Filippo, entusiasta dell’incontro con Gesù, cerca il suo amico Natanaèle per comunicagli che —finalmente— ha trovato colui che Mosè e i profeti aspettavano: «Gesù, il figlio di Giuseppe, di Nàzaret» (Gv 1,45). La risposta che riceve non è entusiasta ma scettica: «Da Nàzaret può venire qualcosa di buono?» (Gv 1,46). Quasi dappertutto succede qualcosa di simile. È normale che in ogni città, in ogni paese si pensi che dalla città, dal paese vicino non possa uscire nulla che valga la pena… lì sono quasi tutti degli inetti… e viceversa.

Ma Filippo non si scoraggia. E, siccome sono amici, non dà spiegazioni ma dice: «Vieni e vedi» (Gv 1,46). Va e il suo primo incontro con Gesù è l’inizio della sua vocazione. Quello che apparentemente è una casualità, nei piani di Dio era stato lungamente preparato. Per Gesù, Natanaèle non è uno sconosciuto: «Prima che Filippo ti chiamasse, io ti ho visto quando eri sotto l’albero di fichi» (Gv 1,48). Quale albero di fichi? Forse era il luogo preferito da Natanaèle dove soleva recarsi quando voleva riposare, pensare, rimanere da solo… sempre sotto l’amoroso sguardo di Dio. Come tutti gli uomini, in ogni momento. Ma per rendermi conto di questo amore infinito di Dio per ciascuno di noi, per essere cosciente che è alla mia porta e bussa, ho bisogno di una voce esterna, di un amico, un “Filippo” che mi dica: «Vieni e vedi». Qualcuno che mi porti al cammino che san Josemaria descrive così: Cercare Cristo; incontrare Cristo, amare Cristo.

mercoledì 22 agosto 2018

(Mt 22,1-14) Tutti quelli che troverete, chiamateli alle nozze.

VANGELO DI GIOVEDI 23 AGUSTO 2018.

Giorno liturgico: Giovedì, XX settimana del Tempo Ordinario

Testo del Vangelo (Mt 22,1-14): In quel tempo, Gesù, riprese a parlare con parabole [ai capi dei sacerdoti e ai farisei] e disse: «Il regno dei cieli è simile a un re, che fece una festa di nozze per suo figlio. Egli mandò i suoi servi a chiamare gli invitati alle nozze, ma questi non volevano venire. Mandò di nuovo altri servi con quest’ordine: “Dite agli invitati: Ecco, ho preparato il mio pranzo; i miei buoi e gli animali ingrassati sono già uccisi e tutto è pronto; venite alle nozze!”. Ma quelli non se ne curarono e andarono chi al proprio campo, chi ai propri affari; altri poi presero i suoi servi, li insultarono e li uccisero. Allora il re si indignò: mandò le sue truppe, fece uccidere quegli assassini e diede alle fiamme la loro città.» Poi disse ai suoi servi: “La festa di nozze è pronta, ma gli invitati non erano degni; andate ora ai crocicchi delle strade e tutti quelli che troverete, chiamateli alle nozze”. Usciti per le strade, quei servi radunarono tutti quelli che trovarono, cattivi e buoni, e la sala delle nozze si riempì di commensali. Il re entrò per vedere i commensali e lì scorse un uomo che non indossava l’abito nuziale. Gli disse: “Amico, come mai sei entrato qui senza l’abito nuziale?”. Quello ammutolì. Allora il re ordinò ai servi: “Legatelo mani e piedi e gettatelo fuori nelle tenebre; là sarà pianto e stridore di denti”. Perché molti sono chiamati, ma pochi eletti».




RIFLESSIONE DI LELLA

PREGHIERA: Vieni o Spirito Santo, Vieni nei cuori dei tuoi fedeli, in me che scrivo ed in chi legge, vieni ad illuminare i nostri cuori e a farci venire fame di Te, fame da affamati, sete da assetati, fa che senza di te non possiamo vivere e che ti cerchiamo come la cerva anela ai corsi d'acqua, per Cristo nostro Signore.

Il re ha scelto un popolo e l' ha invitato ad un banchetto, ma questo popolo non ha accettato l' invito, e allora ha invitato altre persone, che erano pagane, emarginate, tutte persone che per quel popolo non avevano diritti... questa cosa mi fa pensare che questo invito fu una grande possibilità per il suo popolo, ma che non ne approfittò e questo decretò la loro condanna. Il banchetto di nozze rappresenta la condivisione del regno di Dio, che inizia dalla nostra adesione sulla terra. Se in noi non c' è il desiderio di partecipare al banchetto, avremo sempre altre fami di cui saziarci e altre fonti alle quali dissetarci, ma nessuna di queste ci condurrà al regno di Dio. Ricordiamo la samaritana al pozzo, alla quale Gesù disse « Chiunque beve di quest' acqua avrà di nuovo sete; ma chi beve dell' acqua che io gli darò, non avrà mai più sete, anzi, l'acqua che io gli darò diventerà in lui sorgente di acqua che zampilla per la vita eterna ». Aderire al progetto di Dio vuol dire indossare la veste di chi si vuole rivestire della sua essenza di figlio di Dio, vuol dire accettare il Vangelo e farlo nostro. La stanza è piena di commensali, alcuni buoni ed altri no, ma chi non si sarà per niente impegnato in un cammino di fede, chi " sembrerà " fedele a Dio, ma non lo sarà veramente, verrà smascherato e sarà troppo tardi. A Dio niente è nascosto, il nostro cuore è un libro aperto davanti a Lui, sa perfettamente quello che proviamo, conosce le nostre infedeltà e i nostri difetti, non cerca la perfezione, ma vede la verità "Salmo 19- Uno spirito contrito è sacrificio a Dio, un cuore affranto e umiliato, Dio, tu non disprezzi.-"
E' inutile camuffare la nostra fede, far vedere che siamo bravi cristiani, meglio essere mediocri ma desiderosi di migliorare, che falsi; perché possiamo ingannare gli uomini, ma non Dio. Possiamo sfuggire alla giustizia umana, con la nostra furbizia o con le conoscenze corrotte, ma non a quella divina. Possiamo entrare nelle grazie degli uomini con falsi abiti, ma non sfuggirà nulla a Dio...Convertiamoci veramente, con umiltà mettiamoci davanti al nostro re e chiediamo perdono finchè siamo in tempo, prima che il Signore decreti anche per noi la sua condanna... nessuno sa quando verrà il giorno del giudizio. Oggi mi hanno chiesto cosa vuol dire "vivere il Vangelo" non ho trovato risposta migliore che: vivere amando , sopratutto chi ci sembra più lontano da Dio, perchè noi possiamo essere per loro, la possibilità di capire che Dio li ama. Un pò come se fossimo la trasmissione "chi l'ha visto?" per chi si è perduto!
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Comentario: Fra. David AMADO i Fernández
(Barcelona, Spagna)

Oggi, la parabola evangelica ci parla del banchetto del Regno. È una figura usata frequentemente nella predicazione di Gesù. Si tratta della festa di nozze che accadrà alla fine dei tempi e costituirà l'unione di Gesù con la sua Chiesa. Questa è la sposa di Cristo che cammina nel mondo, ma che si unirà alla fine col suo Amato per sempre. Dio Padre ha preparato questa festa e vuole che vi partecipino tutti gli uomini. Perciò dice a tutti: «Venite alle nozze» (Mt 22,4).

La parabola, tuttavia, ha uno sviluppo tragico, «Ma costoro non se ne curarono e andarono chi al proprio campo, chi ai propri affari...» (Mt 22,5). Perciò la misericordia di Dio va dirigendosi a persone sempre più lontane. È come un fidanzato che va a sposarsi ed invita i suoi familiari ed amici, ma questi rifiutano di andarci; invita poi conoscenti e compagni di lavoro e vicini di casa, ma interpongono scuse; infine si dirige a chiunque trova per strada, perché ha preparato un banchetto e vuole che ci siano invitati a tavola. Un Qualcosa del genere capita a Dio.

Ma i diversi personaggi che compaiono nella parabola, possono anche essere l'immagine delle condizioni della nostra anima. Per la grazia battesimale siamo amici di Dio e coeredi con Cristo: abbiamo un posto riservato nel banchetto. Se dimentichiamo la nostra condizione di figli, Dio passa a trattarci come conoscenti e continua ad invitarci. Se lasciamo morire in noi la grazia, diventiamo gente della strada, passanti senza importanza nelle cose del Regno. Ma Dio continua a chiamare.

La chiamata può arrivare in qualsiasi momento. È per invito. Nessuno ne ha diritto. È Dio che ci dice: «Venite alle nozze!». E l'invito va accolto con le parole ed i fatti. Perciò quell'invitato venne scacciato: «Come hai potuto entrare qui senz'abito nuziale?» (Mt 22,12).

martedì 21 agosto 2018

(Lc 1,26-38) Ecco, concepirai e darai alla luce un figlio.

VANGELO DI MERCOLEDI 22 AGUSTO 2018.

Giorno liturgico: Mercoledì, XX settimana del Tempo Ordinario

Santorale 22 Agosto: Beata Vergine Maria Regina
Testo del Vangelo (Mt 20,1-16): In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli questa parabola: «Il regno dei cieli è simile a un padrone di casa che uscì all’alba per prendere a giornata lavoratori per la sua vigna. Si accordò con loro per un denaro al giorno e li mandò nella sua vigna. Uscito poi verso le nove del mattino, ne vide altri che stavano in piazza, disoccupati, e disse loro: “Andate anche voi nella vigna; quello che è giusto ve lo darò”. Ed essi andarono. Uscì di nuovo verso mezzogiorno, e verso le tre, e fece altrettanto. Uscito ancora verso le cinque, ne vide altri che se ne stavano lì e disse loro: “Perché ve ne state qui tutto il giorno senza far niente?”. Gli risposero: “Perché nessuno ci ha presi a giornata”. Ed egli disse loro: “Andate anche voi nella vigna”.» Quando fu sera, il padrone della vigna disse al suo fattore: “Chiama i lavoratori e da’ loro la paga, incominciando dagli ultimi fino ai primi”. Venuti quelli delle cinque del pomeriggio, ricevettero ciascuno un denaro. Quando arrivarono i primi, pensarono che avrebbero ricevuto di più. Ma anch’essi ricevettero ciascuno un denaro. Nel ritirarlo, però, mormoravano contro il padrone dicendo: “Questi ultimi hanno lavorato un’ora soltanto e li hai trattati come noi, che abbiamo sopportato il peso della giornata e il caldo”. Ma il padrone, rispondendo a uno di loro, disse: “Amico, io non ti faccio torto. Non hai forse concordato con me per un denaro? Prendi il tuo e vattene. Ma io voglio dare anche a quest’ultimo quanto a te: non posso fare delle mie cose quello che voglio? Oppure tu sei invidioso perché io sono buono?”. Così gli ultimi saranno primi e i primi, ultimi».




RIFLESSIONE DI LELLA

PREGHIERA: Vieni o Santo Spirito e guida il mio cuore in quell’ umile casa....

Alla base della nascita di Gesù, c’è la grande e meravigliosa umiltà di Maria.
La grazia di Dio si riconosce anche da questo, dalla sua personalità docile, ma al tempo stesso ferma e consapevole.
Insegnaci Maria l’arte del silenzio, guidaci verso una fede forte e consapevole, aiutaci ad accettare tutto quello che accade con pazienza ed umiltà.
Nulla è impossibile a Dio, nulla è impossibile all’ uomo che ha fede, spesso Gesù ci ripeterà che è la fede che salva, che guarisce, e noi dobbiamo fare tesoro di ogni attimo di vita di Gesù, per farlo nostro, cominciando proprio dalla semplicità nella quale è nato, che getta le basi sulle quali fondare la nostra fede, nell’ umiltà.
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Comentario: Fra. Antoni CAROL i Hostench
(Sant Cugat del Vallès, Barcelona, Spagna)

Oggi, la Parola di Dio ci invita a vedere che la “logica” divina va molto più in là di quella meramente umana. Mentre gli uomini calcoliamo «pensavano che avrebbero ricevuto di più» (Mt 20,10), Dio —che è Padre misericordioso—, semplicemente ama «Oppure tu sei invidioso perché io sono buono? (Mt 20,15). E la misura dell’Amore è quella di non aver misura: «Amo perché amo, amo per amare» (San Bernardo).

Eppure tutto ciò non rende inutile la giustizia: «quello che è giusto ve lo darò» (Mt 20,4). Dio non è arbitrario e ci vuole trattare come figli intelligenti: per questo è logico che giunga a dei “patti” con noi. Infatti, in altri momenti, gli insegnamenti di Gesù dicono chiaramente che a chi ha ricevuto di più, anche gli si esigirà di più (ricordiamo la parabola dei talenti). Ebbene, Dio è giusto, ma non per questo la carità ignora la giustizia, anzi, piuttosto la supera (cf.1 Cor 13,5).

Un proverbio popolare dice che «la peggiore delle ingiustizie è la giustizia per la giustizia». Fortunatamente per noi la giustizia di Dio —lo ripetiamo, superata dal suo Amore— va al di là dei nostri schemi. Se di mera e rigorosa giustizia si trattasse, noi staremmo ancora aspettando la redenzione. Anzi, non avremmo nessuna speranza di redimerci. Per pura giustizia non meriteremmo nessuna redenzione: semplicemente, rimarremmo spodestati da ciò che Dio ci aveva donato nel momento della creazione e che rifiutammo nel momento del peccato originale. Esaminiamoci, allora, su come ci comportiamo nei giudizi, nei confronti e nei calcoli quando ci trattiamo con gli altri.

Inoltre, se parliamo di santità, dobbiamo partire dalla base che tutto è grazia. La dimostrazione più chiara è il caso di Dimas il buon ladro. Anche la possibilità di merito davanti a Dio è grazia (qualcosa che Dio ci concede gratuitamente). Dio è il nostro «padrone di casa che uscì all'alba per prendere a giornata lavoratori per la sua vigna.» (Mt 20,1). La vigna (ovvero, la vita il cielo...) è Sua; gli invitati siamo noi, e non in qualunque modo: per noi è un onore lavorare lì e poter “guadagnare” il cielo.

lunedì 20 agosto 2018

(Mt 19,23-30) È più facile che un cammello passi per la cruna di un ago, che un ricco entri nel regno di Dio.

VANGELO DI MARTEDI 21 AGUSTO 2018.

Giorno liturgico: Martedì, XX settimana del Tempo Ordinario

Testo del Vangelo (Mt 19,23-30): In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «In verità io vi dico: difficilmente un ricco entrerà nel regno dei cieli. Ve lo ripeto: è più facile che un cammello passi per la cruna di un ago, che un ricco entri nel regno di Dio». A queste parole i discepoli rimasero molto stupiti e dicevano: «Allora, chi può essere salvato?». Gesù li guardò e disse: «Questo è impossibile agli uomini, ma a Dio tutto è possibile». Allora Pietro gli rispose: «Ecco, noi abbiamo lasciato tutto e ti abbiamo seguito; che cosa dunque ne avremo?». E Gesù disse loro: «In verità io vi dico: voi che mi avete seguito, quando il Figlio dell’uomo sarà seduto sul trono della sua gloria, alla rigenerazione del mondo, siederete anche voi su dodici troni a giudicare le dodici tribù d’Israele. Chiunque avrà lasciato case, o fratelli, o sorelle, o padre, o madre, o figli, o campi per il mio nome, riceverà cento volte tanto e avrà in eredità la vita eterna. Molti dei primi saranno ultimi e molti degli ultimi saranno primi».




RIFLESSIONE DI LELLA

PREGHIERA: Vieni Spirito del Signore, guida il mio cuore, conducimi per mano dove vuoi, e fa che nulla mi trattenga.

Le cose a cui siamo attaccati nella nostra vita, sono veramente tante ed è per questo che ci riesce così difficile seguire il volere di Dio. Non è solo una questione di ricchezza, ma di non saper fare a meno di troppe cose, che ormai, come droghe ci sembrano indispensabili. Il progresso ci ha reso schiavi, vedi quanto sembrano importanti i mezzi di comunicazione, ed in parte lo sono, ma per parlare con Dio non serve il cellulare e neanche il computer. Vanità ... tutto è vanità, tutto è vano, non cambia le cose, non cambieremo il corso della vita, non ci porteremo via nulla, ma per colpa di tante cose, possiamo perdere la cosa più importante, la chiave del regno. Abbiamo compreso che vuol dire " lasciare tutto" di Gesù, e pur avendone capito l'importanza, pur capendo di essere schiavi dei nostri averi, abbiamo difficoltà a distaccarcene. Quello che ci rende tutto difficile, è che viviamo come se fossimo eterni, nel momento delle scelte di vita, prevale il tutto e subito. La nostra breve vita di passaggio sulla terra, non viene presa in considerazione per quella che è ma per il tutto che abbiamo. Questo porta ad escludere che le nostre scelte siano basate sull’ eternità, ma vissute sulla temporalità della vita terrena. A che serve essere Cristiani se non riusciamo a vivere da figli di Dio e coeredi della realtà celeste? A che serve credere nella resurrezione di Cristo se non crediamo nella nostra resurrezione? Perché non riusciamo a vivere il Dio presente, relegandolo a qualcosa di indefinito che forse troveremo alla fine della vita e non capiamo che il regno che Dio ci ha preparato, è il fine della vita, e che se falliamo in questo, tutto il resto a cui teniamo tanto, sarà la causa della nostra rovina.
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Comentario: Fra. Fernando PERALES i Madueño
(Terrassa, Barcelona, Spagna)

Oggi, contempliamo la reazione che ha suscitato fra l’uditorio il dialogo del giovane ricco con Gesù: «Chi si potrà dunque salvare?» (Mt 19,25). Le parole del Signore rivolgendosi al giovane ricco sono manifestamente dure, pretendono sorprendere, risvegilarci dalla nostra sonnolenza. Non si tratta di parole isolate e accidentali nel Vangelo: ripete venti volte questo tipo di messaggio. Lo dobbiamo ricordare: Gesù avverte contro gli ostacoli che comportano le ricchezze, per entrare nella vita...

E tuttavia, Gesù amò e chiamò a uomini ricchi, senza esigere di abbandonare le loro responsabilità. La ricchezza in se stessa non è male, ma l’ origine, se fu acquisita ingiustamente, o la sua destinazione, se si utilizza egoisticamente senza prendere in considerazione i più svantaggiati, se si chiude il cuore ai veri valori spirituali (dove non c’è bisogno di Dio).

«Chi si potrà salvare?». Gesù rispose: «Questo è impossibile agli uomini, ma a Dio tutto è possibile» (Mt 19,26). —Signore, Tu conosci bene l’abilità degli uomini per attenuare la tua parola—. Devo dirtelo, Signore, aiutami! Converti il mio cuore!

Dopo essersene andato, il giovane ricco, afflitto per l’attaccamento alle sue ricchezze, Pietro prese la parola e disse: —Concedi, Signore alla Tua Chiesa, ai tuoi Discepoli di essere capaci di lasciare tutto per Te.

«Nella nuova creazione, quando il Figlio dell'uomo sarà seduto sul trono della sua gloria...» (Mt 19,28). Il tuo pensiero si rivolge a quel “giorno”, verso quel futuro, Tu sei un uomo con tendenza verso la fine del mondo, verso la pienezza dell’uomo. In quel tempo, Signore, tutto sarà nuovo, rinnovato e bello.

Gesù Cristo, ci dice: —Voi che avete lasciato tutto per il mio Regno, vi sederò con il Figlio dell’uomo... riceverete il cento per uno di quello che avete lasciato... E sarete eredi della vita eterna... (cf. Mt 19,28-29).

Il futuro che Tu prometti ai tuoi, a quelli che ti hanno seguito rinunciando a tutti gli ostacoli... è un futuro felice, è l’abbondanza della vita, è la pienezza divina.

—Grazie, Signore. Conducimi fino a quel giorno!

domenica 19 agosto 2018

(Mt 19,16-22) Se vuoi essere perfetto, vendi quello che possiedi e avrai un tesoro nel cielo.

VANGELO DI LUNEDI 20 AGUSTO 2018.

Giorno liturgico: Lunedì, XX settimana del Tempo Ordinario

Santorale 20 agosto: San Bernardo, abate e dottore della Chiesa
Testo del Vangelo (Mt 19,16-22): In quel tempo, un tale si avvicinò e gli disse: «Maestro, che cosa devo fare di buono per avere la vita eterna?». Gli rispose: «Perché mi interroghi su ciò che è buono? Buono è uno solo. Se vuoi entrare nella vita, osserva i comandamenti». Gli chiese: «Quali?». Gesù rispose: «Non ucciderai, non commetterai adulterio, non ruberai, non testimonierai il falso, onora il padre e la madre e amerai il prossimo tuo come te stesso». Il giovane gli disse: «Tutte queste cose le ho osservate; che altro mi manca?». Gli disse Gesù: «Se vuoi essere perfetto, va’, vendi quello che possiedi, dallo ai poveri e avrai un tesoro nel cielo; e vieni! Seguimi!». Udita questa parola, il giovane se ne andò, triste; possedeva infatti molte ricchezze.




RIFLESSIONE DI LELLA

PREGHIERA: Vieni Santo Spirito e liberami da tutto quello che mi impedisce di seguire Gesù.

Non so se è perchè questo per me è uno strano periodo, ma quanto vorrei poter mollare tutto e perdermi dietro al Signore. Non è così facile seguire Gesù quando tutto ti rema contro, quando intorno a te tutto concorre a farti perdere la pace. Non è sufficiente seguire le regole, essere onesti, cercare di non reagire alle offese... purtroppo la nostra umanità esce sempre fuori e ci trascina lontani dalla meta. C’è chi pone le sue sicurezze nella ricchezza; chi nella famiglia; chi nella chiesa e lascia tutto per servire il Signore, ma poi si rende conto che non è al sicuro, che non è abbastanza libero, perchè si trova in un’organizzazione che lo riempie di lavoro. Io non so davvero come colmare quel divario che c’è tra la nostra vita e quello che Dio vorrebbe per noi, lo vorrei anche io con tutto il cuore, ma non so neanche da che parte cominciare. Quando vado all’adorazione,vorrei non dover più andare via, ma fuori da lì il mondo mi ripiomba addosso e tutto crolla. Crollano i buoni propositi, crolla la pace... e allora ti chiedo Gesù, fai Tu qualcosa perchè io sappia seguirti sul serio, io so solo vivere il compromesso, ma tu sai come indicarmi la vera via, aiutami!
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Comentario: Fra. Óscar MAIXÉ i Altés
(Roma, Italia)

Oggi, la liturgia della Parola mette davanti alla nostra considerazione il famoso passaggio del ‘giovane ricco´, di quel giovane che non seppe rispondere davanti allo sguardo d’amore che Cristo gli rivolse (cf Mc 10,21). Giovanni Paolo II ci ricorda che in quel giovane possiamo riconoscere ogni uomo che si avvicina a Cristo e gli domanda sul senso della sua propria vita: «Maestro, che cosa devo fare di buono per avere la vita eterna?» (Mt 19,16). Il Papa commenta che l’interlocutore di Gesù intuisce che c’è un nesso tra il bene morale e la piena realizzazione del proprio destino».

Anche oggi quante persone si rivolgono questa domanda! Se ci guardiamo attorno, possiamo, forse, pensare che sono poche le persone che vedono `più in là´, oppure che l’uomo del secolo XXI, non avverte il bisogno di rivolgersi questo tipo di domande, giacchè le risposte pensa che non gli servono.

Gesù gli risponde: «Perché mi interroghi su ciò che è buono? Buono è uno solo. Se vuoi entrare nella vita, osserva i comandamenti...» (Mt 19,17). Rivolgersi domande sull’aldilà non è solo legittimo, ma... è necessario farlo! Il giovane che Gli ha chiesto che cosa deve fare per ottenere la vita eterna, Cristo gli risponde che deve essere buono.

Oggi giorno per alcuni o per molti –poco importa– può sembrare impossibile l’ ”essere buono”... Oppure può sembrare a loro un qualcosa che non ha senso, una sciocchezza! Oggi, come più di venti secoli fa, Cristo continua a ricordarci che per entrare nella vita eterna, è necessario rispettare i comandamenti della legge di Dio: non si tratta di un “ottimo”, ma che è il cammino necessario affinché l’uomo sia simile a Dio e possa così entrare nella vita eterna della mano di Padre-Dio. Infatti «Gesù mostra che i comandamenti non devono essere intesi come un limite che non bisogna oltrepassare, ma come un sentiero aperto verso un cammino morale e spirituale di perfezione, il cui impulso interno è l’amore» (Giovanni PaoloII).

sabato 18 agosto 2018

( Gv 6,51-58 ) La mia carne è vero cibo e il mio sangue vera bevanda.

VANGELO DI DOMENICA 19 AGUSTO 2018.

Giorno liturgico: XX Domenica (B) del Tempo Ordinario

Testo del Vangelo (Gv 6,51-58): In quel tempo, Gesù disse alla folla: «Io sono il pane vivo, disceso dal cielo. Se uno mangia di questo pane vivrà in eterno e il pane che io darò è la mia carne per la vita del mondo». Allora i Giudei si misero a discutere aspramente fra loro: «Come può costui darci la sua carne da mangiare?». Gesù disse loro: «In verità, in verità io vi dico: se non mangiate la carne del Figlio dell’uomo e non bevete il suo sangue, non avete in voi la vita. Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue ha la vita eterna e io lo risusciterò nell’ultimo giorno. Perché la mia carne è vero cibo e il mio sangue vera bevanda. Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue rimane in me e io in lui. Come il Padre, che ha la vita, ha mandato me e io vivo per il Padre, così anche colui che mangia me vivrà per me. Questo è il pane disceso dal cielo; non è come quello che mangiarono i padri e morirono. Chi mangia questo pane vivrà in eterno».




RIFLESSIONE DI LELLA

PREGHIERA: Ascolta Signore la mia preghiera, fammi conoscere il tuo volere, fa che attraverso il tuo Santo Spirito, io sappia come agire, per essere in perfetta comunione con te.

Gesù continua a parlare con i Giudei, e rincara la dose,- chi non mangia la mia carne e non beve il mio sangue, non ha in se la vita…- chi mangia la mia carne e beve il mio sangue, ha la vita eterna…- chi mangia la mia carne e beve il mio sangue, rimane in me ed io in lui…Lo dice in tutti i modi, ma i Giudei si mettono a discutere aspramente tra di loro…. Eppure Gesù era lì, insieme a loro, non potevano mettersi ai suoi piedi e parlare con Lui, chiedere a Lui stesso di fargli capire quello che non riuscivano interpretare? Perché stavano lì a discutere tra loro? Quante volte non capiamo i progetti di Dio su di noi, ed ecco che subito ci mettiamo a dire tutto quello che non va, perché proprio a noi, che cosa abbiamo fatto di male, e parliamo… continuiamo a discutere, ma non ci mettiamo ai suoi piedi per parlare con Lui. Io non so Signore cosa vuoi da me, aiutami a capire, manda su di me il tuo Spirito e fammi trascinare dove tu vuoi che vada, fammi capire la tua parola, quella che oggi tu hai per me, io sono qui, voglio fare un unico corpo con te, voglio amarti come tu mi ami, voglio sentirti carne della mia carne ed essere così unita a te da sentirmi al sicuro tra le tue braccia, dal sentire che sei tu che vivi la mia vita, perché solo a te io la voglio affidare, Tu unica via che porta al Padre nostro che è nei cieli. Dammi la tua mano, ed io ti seguirò! Popoli da sempre abituati ad offrire agli dei olocauti, non capiscono che Dio non sa che farsene dei loro agnelli che uccidono senza che nulla cambi nei loro cuori. Ad Abramo Dio chiede qualcosa di più, chiede la vita del figlio, di quell' unico figlio che gli concesse in grazia nella tarda età di Sara; ma poi ferma la sua mano... leggo tra le righe con quanto amore Dio vuole che l' uomo comprenda che tutto appartiene a Lui, anche la vita e la morte di ogni essere, che l' uomo non può disporre di nulla da offrire al Signore che non sia già suo.
In contrapposizione invece Dio offre all'uomo il sacrificio di se stesso per la redenzione di tutti gli uomini. Tra l'uomo e Dio c'è un abisso che solo il grande amore che Lui nutre per noi può colmare, noi possiamo soltanto attraversare questa vita proprio come la traversata di un deserto, in cui l' unico nutrimento che ci mantiene vivi, viene da Dio, e ringraziarlo di quanto amore ha per noi.
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Comentario: Fra. Antoni CAROL i Hostench
(Sant Cugat del Vallès, Barcelona, Spagna)

Oggi, proseguiamo nella lettura del ‘Discorso del pane di vita’ che ci occupa in queste domeniche: «Io sono il pane vivo, disceso dal cielo» (Gv 6,51). Ha una struttura perfino letteraria, molto ben pensata e piena di ricchi insegnamenti. Come sarebbe bello se i cristiani conoscessero meglio le Sacre Scritture! Vi incontrerebbero lo stesso Mistero di Dio che ci viene dato come autentico alimento per le nostre anime così frequentemente assopite e avide di eternità. E’ fantastica questa Parola Viva, l’unica Scrittura capace di tarsformare i cuori.

Gesù, che è Via, Verità e Vita, parla di Sé stesso, al dirci che è Pane. Ed il pane, come ben sappiamo, vien fatto per essere mangiato. E per mangiare, dobbiamo ricordarlo, bisogna aver fame. Come potremmo capire, nel fondo, che cosa significhi essere cristiani, se abbiamo perso la fame di Dio? Fame di conoscerLo, fame di trattarLo come deve trattarsi un buon Amico, fame di farLo conoscere, fame di condividerLo come si condivide il pane a tavola. Che bella immagine vedere il capo-famiglia tagliare un buon pane, che ha guadagnato prima con lo sforzo del suo lavoro, e darlo a piene mani ai suoi figli! Adesso, dunque, è Gesù che si offre quale Pane di Vita, ed è Lui stesso che offre la misura, dandocelo con una generosità che ci fa vibrare di emozione.

Pane di Vita... , di quale vita? È chiaro che non ci allungherà un solo giorno la nostra permanenza su questa terra; in ogni caso ci cambierà la qualità e la profondità dl ogni istante dei nostri giorni. Domandiamoci onestamente: -Che vita desidero per me? Paragoniamola, adesso, con la orientazione reale con cui viviamo. E’ questo, quello che volevi ? Non credi che l’orizzonte possa essere tuttavia molto più ampio? Guarda, dunque: ancora molto di più di quanto possiamo immaginare tu ed io insieme... molto più piena... molto più bella... assai di più è la Vita di Cristo palpitando nell’Eucaristia. Ed Egli è lì aspettandoci per essere mangiato, aspettando alla porta del tuo cuore, paziente, ardente come chi sa amare. E, dopo questo, la Vita eterna: «...Chi mangia questo pane vivrà in eterno» (Gv 6,58).

venerdì 17 agosto 2018

(Mt 19,13-15) Non impedite che i bambini vengano a me; a chi è come loro, infatti, appartiene il regno dei cieli.

VANGELO DI SABATO 18 AGUSTO 2018.

Giorno liturgico: Sabato, XIX settimana del Tempo Ordinario

Testo del Vangelo (Mt 19,13-15): In quel, furono portati a Gesù dei bambini perché imponesse loro le mani e pregasse; ma i discepoli li rimproverarono. Gesù però disse: «Lasciateli, non impedite che i bambini vengano a me; a chi è come loro, infatti, appartiene il regno dei cieli». E, dopo avere imposto loro le mani, andò via di là.




RIFLESSIONE DI LELLA

PREGHIERA: Oggi uso la preghiera di Colletta

Dio onnipotente ed eterno,
che ci dai il privilegio di chiamarti Padre,
fa’ crescere in noi lo spirito di figli adottivi,
perché possiamo entrare
nell’eredità che ci hai promesso.
Per il nostro Signore Gesù Cristo...

Leggendole parole di questa preghiera, non ho potuto fare a meno di farle mie, e chiedo a voi che leggete, con tutto il cuore, fatele vostre, inginocchiamo il nostro cuore a questo Dio che tutto può, che presa la nostra umanità l' ha santificata fino al più alto dei sacrifici, morire sulla croce, morire per noi che non meritiamo niente, che siamo davanti a lui a deriderlo, trafiggerlo, e nella migliore delle ipotesi restiamo in silenzio.

Preghiamo e ci sentiamo giusti, ma amici miei, dentro di noi c'è talmente tanta roba da togliere ancora.... ma noi siamo adulti. In cuor nostro pensiamo di essere anche consapevoli di aver saputo fare un grande cammino di fede, di miglioramento, chi più chi meno, siamo bravi a riconoscere i nostri meriti. Ci stiamo lodando e anche inutilmente, perché di meriti in tutto questo, ne abbiamo ben pochi, tutto è grazia.
I bambini appena nati non sanno parlare, ma cercano amore, sicurezza, cibo, e se riescono ad ottenerlo si lasciano cullare amorevolmente tra le nostre braccia, ma noi chi siamo? Noi siamo i grandi... e già, questa parola ci dovrebbe far capire che siamo già in errore. Noi siamo adulti, inconsapevoli, che credono di essere grandi, e che hanno imparato a camminare sulle loro gambe, ma che si sono allontanati pian piano da quell'amore che era per loro fonte di vita. Passare dal Grembo di Maria per opera dello Spirito Santo, rinascere alla vita in Gesù Cristo e viverla con la fiducia di un bambino, correre a ricevere la benedizione del Signore, senza preoccuparci degli ostacoli, che " i grandi " mettono in mezzo, cercano di trattenerci, ma noi svelti e con la gioia negli occhi, continuiamo a correre verso Gesù. Immagino la scena di chi tira da una parte e dall'altra, e tanti bambini, sgattaiolanti che sfuggono alle prese di chi ci vuole tenere lontani dal nostro maestro, dal nostro pastore, dalla nostra fonte di grazia e benedizione. Sì amici, io voglio essere sempre bambina, che ha voglia di correre da Gesù, che non si fa trattenere da chi sa sempre tutto, anche come ci si deve avvicinare a Dio. Le nostre voci saranno chiassose, stonate, ma se siamo rinati dal Grembo di Maria, siamo come ci vuole Gesù e dobbiamo solo muovere i nostri passi verso di Lui, lo Spirito Santo sarà la nostra guida, perché è attraverso di Lui che il Signore ci chiama a se. Poveri discepoli di Gesù, poveri noi se essere grandi, se essere vicini a Gesù, ci fa arrivare a voler rimproverare anche Gesù e ci fa dire chi è degno o no di essere toccato da Lui…..

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Comentario: Fra. Antoni CAROL i Hostench
(Sant Cugat del Vallès, Barcelona, Spagna)

Oggi, ci si propone di contemplare una scena che, sfortunatamente, è troppo attuale: «Allora gli furono portati dei bambini perché imponesse loro le mani e pregasse; ma i discepoli li sgridavano» (Mt 19,13). Gesù ama i bambini in un modo speciale; noi, con i soliti poveri ragionamenti da “gente adulta”, impediamo loro di avvicinarsi a Gesù e al Padre: —Quando siano maggiorenni, se lo desiderano, sceglieranno loro...! Questo è un grave errore.

I poveri, cioè, quelli che soffrono di più le privazioni, i più bisognosi, sono motivo di particolare predilezione da parte del Signore. Ed i bambini, i piccoli sono molto “poveri”. Sono poveri d'età, sono poveri di formazione... Sono indifesi. Perciò la Chiesa —“Madre” di tutti noi— stabilisce che i genitori portino quanto prima i loro figli a battezzare, perché lo Spirito Santo abiti nelle loro anime ed entrino nel calore della comunità dei credenti. Così lo segnalano sia il Catechismo della Chiesa che il Codice di Diritto Canonico, che sono leggi della massima gerarchia della Chiesa (che, come ogni comunità, deve avere le proprie leggi).

Ma no!: quando siano maggiorenni! È assurda questa forma di procedere. E, se no, domandiamoci: —Che cosa mangerà questo bambino? Ciò che gli darà sua madre, senza aspettare che il bambino specifichi che cosa preferisca. —Che lingua parlerà il bambino? Quella che parlano i suoi genitori (diversamente il bambino non potrà mai sceglierne una). —A quale scuola andrà questo bambino? A quella dove i suoi genitori lo porteranno, senza attendere che il piccolo determini gli studi di sua preferenza...

—Che cosa mangiava Gesù? Quello che sua Madre Maria gli preparava. —Che lingua parlò Gesù? Quella dei suoi genitori. —Quale religione imparò e praticò Gesù Bambino? Quella dei suoi genitori, la religione israelita. Dopo, quando crebbe, ma grazie alla formazione che aveva ricevuto dai suoi genitori, fondò una nuova religione... Ma, prima, quella dei suoi genitori, com'è naturale.

giovedì 16 agosto 2018

(Mt 19,3-12) Per la durezza del vostro cuore Mosè vi ha permesso di ripudiare le vostre mogli; all’inizio però non fu così.

VANGELO DI VENERDI 17 AGUSTO 2018.

Giorno liturgico: Venerdì, XIX settimana del Tempo Ordinario

Testo del Vangelo (Mt 19,3-12): In quel tempo, si avvicinarono a Gesù alcuni farisei per metterlo alla prova e gli chiesero: «È lecito a un uomo ripudiare la propria moglie per qualsiasi motivo?». Egli rispose: «Non avete letto che il Creatore da principio li fece maschio e femmina e disse: “Per questo l’uomo lascerà il padre e la madre e si unirà a sua moglie e i due diventeranno una sola carne”? Così non sono più due, ma una sola carne. Dunque l’uomo non divida quello che Dio ha congiunto». Gli domandarono: «Perché allora Mosè ha ordinato di darle l’atto di ripudio e di ripudiarla?». Rispose loro: «Per la durezza del vostro cuore Mosè vi ha permesso di ripudiare le vostre mogli; all’inizio però non fu così. Ma io vi dico: chiunque ripudia la propria moglie, se non in caso di unione illegittima, e ne sposa un’altra, commette adulterio». Gli dissero i suoi discepoli: «Se questa è la situazione dell’uomo rispetto alla donna, non conviene sposarsi». Egli rispose loro: «Non tutti capiscono questa parola, ma solo coloro ai quali è stato concesso. Infatti vi sono eunuchi che sono nati così dal grembo della madre, e ve ne sono altri che sono stati resi tali dagli uomini, e ve ne sono altri ancora che si sono resi tali per il regno dei cieli. Chi può capire, capisca».




RIFLESSIONE DI LELLA

PREGHIERA: Vieni o Spirito Santo e manda a noi dal cielo,un raggio della tua luce... basterà un piccolo raggio per aprire la mia mente annebbiata dalla mia umanità, e tu dammi quel piccolo raggio e tutto intorno sparirà e sarò solo tua mio Signore, con la mente e con il cuore.

E' lecito Gesù? Quante volte noi chiediamo a Dio se è lecito ai suoi occhi quello che facciamo? Ben poche vero? Siamo noi a decidere quello che è giusto, quello che ci conviene e poi troviamo una giustificazione per cui tutto diventi lecito anche agli occhi di Dio. Dimentichiamo troppo spesso che stringiamo dei patti, facciamo delle promesse e addirittura che consacriamo questi patti. Oggi tutto si fa con troppa leggerezza, sicuramente colpa delle generazioni precedenti, sicuramente della mia generazione, quando ancora non sapevo neanche che cosa era, anche io in pieno femminismo, ho votato per il divorzio. Ma sì, se una cosa non funziona più invece di ripararla, buttiamola alle ortiche, con tutto quello che comporta, così saremo liberi di farci una nuova famiglia, avere altri figli e ricominciare da capo.... sperando che sia la volta buona, o solo fino alla prossima.
Il matrimonio celebrato in chiesa non è solo un patto tra due coniugi, ma anche un patto davanti a Dio e anche se Mosè permise al suo popolo di ripudiare la moglie, lo fece perché il suo popolo era duro di cuore, come quello di oggi. Oggi troviamo che sia giusto tutto quello che ci conviene, quello con cui intendiamo affrontare il problema adattandovi la nostra risoluzione, spesso dettata dal nostro egoismo. Inutile cercare di percorrere i vari ragionamenti, perchè sicuramente troveremo che quello che piace a noi... piace a Dio. Io credo solo che non saremmo meritevoli di nulla se non fosse per l’ immensa misericordia di Dio, che nonostante le nostre scelte infauste, è sempre pronto a concederci ancora possibilità di recupero e conversione. Padre perdonaci, perchè pecchiamo contro il cielo e contro di Te, non siamo degni di essere chiamati figli... uno spirito contrito è sempre gradito a Dio, un cuore affranto ed umiliato, tu o Dio ,non disprezzi.

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Comentario: Fra. oger J. LANDRY
(Hyannis, Massachusetts, Stati Uniti)

Oggi, Gesù risponde alle domande dei suoi contemporanei riguardo al vero significato del matrimonio, sottolineando la indissolubilità del medesimo.

La risposta, non ostante, offre anche la base adeguata affinché i cristiani possano rispondere a coloro dai cuori ostinati che hanno premeditato di ampliare la definizione matrimonio anche per le coppie omosessuali.

Per una giusta interpretazione del matrimonio sul piano originale di Dio, Gesù sottolinea quattro importanti aspetti secondo i quali solamente possono unirsi in matrimonio un uomo e una donna:

1) «il Creatore da principio li creò maschio e femmina» (Mt 19,4). Gesù ci insegna che, nel piano divino la mascolinità e la femminilità hanno un grande significato. Ignorarlo, dunque, é ignorare ciò che siamo.

2) «Per questo l’uomo lascerà suo padre e sua madre, e si unirà a sua moglie» (Mt 19,5). Il piano di Dio non é che l’uomo abbandoni i suoi genitori e se ne vada con chi vuole, ma con una moglie.

3) «Così che non sono più due, ma una carne sola» (Mt 19,6). Questa unione corporale va più in lá della breve unione fisica che avviene nell’atto coniugale. Si riferisce all’unione prolungata che accade quando un uomo ed una donna, attraverso il loro amore, generano una nuova vita che é il matrimonio durevole o unione dei loro corpi. É ovvio che un uomo con un altro uomo, o una donna con un’altra donna, non possono considerarsi, in tal modo, un unico corpo.

4) «Quello dunque che Dio ha congiunto, l'uomo non lo separi» (Mt 19,6). Lo stesso Dio ha unito in matrimonio l’uomo e la donna, e sempre che cerchiamo di separare quello che Lui ha unito, lo staremo facendo per conto nostro e a danno della società.

Nella sua catechesi sul Genesi, il Papa Giovanni Paolo ll disse: «Nella sua risposta ai farisei, Gesù Cristo propone ai suoi interlocutori la visione totale dell’uomo, senza la quale non é possibile offrire una risposta adeguata alle domande relative al matrimonio».

Ognuno di noi é chiamato ad essere ”l'eco” di questa Parola di Dio nel nostro tempo.

mercoledì 15 agosto 2018

(Mt 18,21-19,1) Non ti dico fino a sette volte, ma fino a settanta volte sette.

VANGELO DI GIOVEDI 16 AGUSTO 2018.

Giorno liturgico: Giovedì, XIX settimana del Tempo Ordinario

Testo del Vangelo (Mt 18,21—19,1): In quel tempo, Pietro si avvicinò a Gesù e gli disse: «Signore, se il mio fratello commette colpe contro di me, quante volte dovrò perdonargli? Fino a sette volte?». E Gesù gli rispose: «Non ti dico fino a sette volte, ma fino a settanta volte sette. Per questo, il regno dei cieli è simile a un re che volle regolare i conti con i suoi servi. Aveva cominciato a regolare i conti, quando gli fu presentato un tale che gli doveva diecimila talenti. Poiché costui non era in grado di restituire, il padrone ordinò che fosse venduto lui con la moglie, i figli e quanto possedeva, e così saldasse il debito. Allora il servo, prostrato a terra, lo supplicava dicendo: “Abbi pazienza con me e ti restituirò ogni cosa”. Il padrone ebbe compassione di quel servo, lo lasciò andare e gli condonò il debito.» Appena uscito, quel servo trovò uno dei suoi compagni, che gli doveva cento denari. Lo prese per il collo e lo soffocava, dicendo: “Restituisci quello che devi!”. Il suo compagno, prostrato a terra, lo pregava dicendo: “Abbi pazienza con me e ti restituirò”. Ma egli non volle, andò e lo fece gettare in prigione, fino a che non avesse pagato il debito. Visto quello che accadeva, i suoi compagni furono molto dispiaciuti e andarono a riferire al loro padrone tutto l’accaduto. Allora il padrone fece chiamare quell’uomo e gli disse: “Servo malvagio, io ti ho condonato tutto quel debito perché tu mi hai pregato. Non dovevi anche tu aver pietà del tuo compagno, così come io ho avuto pietà di te?”. Sdegnato, il padrone lo diede in mano agli aguzzini, finché non avesse restituito tutto il dovuto. Così anche il Padre mio celeste farà con voi se non perdonerete di cuore, ciascuno al proprio fratello». Terminati questi discorsi, Gesù lasciò la Galilea e andò nella regione della Giudea, al di là del Giordano.




RIFLESSIONE DI LELLA

PREGHIERA: Vieni o Spirito Santo a darmi il tuo appoggio nella lettura e nella comprensione del Vangelo, perché tutto si apra davanti ai miei occhi e sia comprensibile al mio cuore.

Con quanto amore Gesù ci parla, ci consiglia come comportarci, ci aiuta ad essere come Lui. Il metro con il quale l' uomo misura le cose è sicuramente molto egoistico, ma in questa pagina di Vangelo, Gesù ci fa capire come tutto quello che noi facciamo, in fondo, ci riflette addosso come uno specchio. La parabola racconta di un servo che doveva del denaro al suo padrone, e quando questo gliene chiese la restituzione, non era pronto per saldare il suo debito. Il padrone era buono e magnanimo, e gli usò misericordia condonandogli il debito, ma il servo non fece la stessa cosa verso un altro uomo che aveva contratto debito con lui; anzi, lo denunciò e lo fece chiudere in prigione. Saputolo il padrone s' indignò, e lo diede in mano ai suoi aguzzini. Il Signore usa la stessa misericordia con noi e noi invece che cosa facciamo? Non riusciamo a perdonare neanche il minimo torto subito. Pietro chiede al Signore di fissare un limite al perdono, perché nella sua umanità come noi, crede che ci debba essere un limite, oltre il quale sia lecito non perdonare più, ma la risposta di Gesù è chiarissima, non c'è un limite oltre il quale non perdonare, si deve perdonare sempre, perché quello che cerca da sempre di dirci Gesù è che dobbiamo seguirlo in tutto e per tutto se vogliamo essere suoi discepoli, se vogliamo chiamarci Cristiani, appartenenti alla famiglia di Cristo Gesù..


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Comentario: Fra. Joan BLADÉ i Piñol
(Barcelona, Spagna)

Oggi, chiedersi «Signore, quante volte dovrò perdonare al mio fratello, se pecca contro di me?» (Mt 18,21), può significare: Costoro, che tanto amo, li vedo anche con manie e capricci che mi amareggiano, mi importunano ogni momento, non mi parlano... e questo, un giorno dopo l’altro. Signore, fino a quando li dovrò sopportare?

Gesù rispose con la lezione della pazienza. In realtà i due colleghi coincidono nel dire: «Abbi pazienza con me» (Mt 18,26.29). Mentre l’intemperanza del malvagio, che affogava l’altro per un nonnulla, provoca la propria rovina morale ed economica, la pazienza del Re, al tempo stesso che salva il debitore, la sua famiglia ed i suoi beni, accresce la personalità del monarca e gli procura la fiducia della corte. La reazione del Re, in bocca di Gesù, ci ricorda quello del libro dei Salmi: «Ma presso di te è il perdono: e avremo il tuo timore» (Sal 130,4).

È chiaro che dobbiamo opporci all¡’ingiustizia, e se è necessario, energicamente (permettere il male sarebbe un’indizio di apatia o di vigliaccheria). Però l’indignazione è sana quando in essa non c’è egoismo, né ira, né stupidità, bensì il desiderio retto di difendere la verità. L’autentica pazienza è quella che ci porta ad accettare misericordiosamente la contraddizione, le molestie, la mancanza di opportunità delle persone, degli avvenimenti o delle cose. Essere pazienti equivale a sapersi dominare. Gli esseri suscettibili o violenti non possono essere pazienti perché non riflettono né sono padroni di se stessi.

La pazienza è una virtù cristiana perché fa parte del messaggio del Regno dei Cieli, e si forgia nell’esperienza poiché tutti quanti in questo mondo abbiamo dei difetti. Si, Paolo ci esorta a sopportarci, gli uni agli altri (cf. Col 3,12-13). Pietro ci fa ricordare che la pazienza del Signore ci da l’opportunità di essere salvi (cf. 2Pe 3.15).

Certamente, quante volte la pazienza del buon Dio ci ha perdonato nel confessionario! Sette volte? Settanta volte sette? Forse di più!