sabato 22 febbraio 2014

SANTI é BEATI :

Beata Giuseppina Vannini Fondatrice

23 febbraio

Roma, 7 luglio 1859 - 23 febbraio 1911

Fondatrice delle Figlie di San Camillo. Fiduciosa dell'aiuto divino, in appena 19 anni di lavoro, Gioseppina Vannini riuscì a diffondere il provvidenziale Istituto in Italia, in Francia, in Belgio e nel Sudamerica. Oggi le Figlie di S. Camillo operano in quattro continenti: Europa, Asia, Africa, America. Sentendo avvicinarsi il momento della sua dipartita, ripeteva alle figlie: “Fatevi coraggio! Anzitutto è Dio che manda avanti le cose e non io. E poi dal paradiso potrò fare voi di più di quello che non faccio stando in questo mondo. Quando io non sarò più, credete pure che si farà meglio di quanto non si faccia adesso”. Ricca di meriti e circondata di grande fama di santità, la Madre entrò nella vita eterna il 23 febbraio 1911.
La causa di canonizzazione fu avviata presso il tribunale del Vicariato di Roma nel 1955. Adempiuto quanto stabilito dalle Leggi Canoniche, il 7 marzo 1992 è stato dichiarato che la Giuseppina Vannini esercitò in grado eroico le virtù teologali, cardinali ed annesse. Il 16 ottobre 1994 Giovanni Paolo II la proclamò "beata".
Il giorno 23 febbraio 2011, le suore Figlie di San Camillo, hanno celebrato solennemente il primo centenario della morte della loro fondatrice.

Martirologio Romano: A Roma, beata Giuseppina (Giuditta Adelaide) Vannini, vergine, fondatrice della Congregazione delle Figlie di San Camillo per l’assistenza ai malati.

Giuseppina Vannini nasce a Roma il 7 luglio 1859 da Angelo e Annunziata Papi e viene battezzata con il nome di Giuditta. È preceduta da una sorella, Giulia, e seguita da un fratello, Augusto.
Il Signore solitamente prepara e matura le anime attraverso la via della croce. A 4 anni Giuditta perde il papà e tre anni dopo anche la mamma. I tre fratelli orfani vengono separati: Augusto è accolto da uno zio materno, Giulia è affidata alle Suore di San Giuseppe e Giuditta di 7 anni è accolta nel Conservatorio Torlonia in Roma, ove le Figlie della Carità la educano alla fede cristiana e la preparano alla vita.
Giuditta cresce buona, pia, docile e riflessiva. Ottiene il diploma di maestra d’asilo e a 21 anni chiede di entrare nel noviziato delle Figlie della Carità a Siena. Ma poco dopo ritorna a Roma per motivi di salute e per un periodo di prova. L’anno seguente torna a Siena, ma poi viene definitivamente dimessa dall’IStituto perché ritenuta inadatta.
Sente profondamente la chiamata verso la vita religiosa; ma in quale istituto? Ella soffre e prega. Ha 32 anni, quando partecipa a un corso di esercizi spirituali nella casa delle Suore di Nostra Signora del Cenacolo a Roma. L’ultimo giorno del ritiro, il 17 dicembre 1891, Giuditta si presenta al predicatore, il camilliano P. Luigi Tezza per chiederne un consiglio. Il padre, pochi mesi prima, aveva avuto l’incarico in qualità di Procuratore generale di ripristinare le Terziarie Camilliane e in quel momento ha un’ispirazione: affidare a lei la realizzazione di tate progetto.
Giuditta risponde: "Padre, lasciatemi riflettere; vi darò una risposta". Due giorni dopo si presenta al Padre: "Eccomi a sua disposizione per il suo progetto. Non sono capace di nulla io. Confido però in Dio".
P. Tezza scopre ben presto in lei la tempra della fondatrice, sicura di sé, donna di preghiera e di sacrificio. Informa i superiori dell’Ordine camilliano e ottiene l’autorizzazione del Cardinale Vicario di Roma a procedere in questa iniziativa.
Giuditta con altre due giovani, preparate da P. Tezza, formano la prima comunità. Il 2 febbraio 1892, ricorrenza della conversione di San Camillo, nella stanza-santuario ove è morto il Santo, mediante l’imposizione dello scapolare con la croce rossa, nasce la nuova famiglia camilliana. Il 19 marzo seguente, P. Tezza veste dell’abito religioso, contrassegnato dalla croce rossa, Giuditta, che prende il nome di suor Giuseppina e viene nominata superiora.
Con la consulenza del Tezza vengono formulate le Regole dell’incipiente Istituto religioso, specificandone la finalità: per l’assistenza delle malate anche a domicilio.
Pure in mezzo a grandi povertà, cresce il loro numero. Alla fine del 1892 sono già quattordici, nel1893 è aperta una nuova comunità a Cremona e nel 1894 a Mesagne nelle Puglie; seguiranno altre case altrove.
Ma occorre ottenere l’approvazione definitiva dell’autorità ecclesiastica. Purtroppo il Papa Leone XIII aveva deciso proprio in quegli anni di non permettere fondazioni di nuove comunità a Roma. Perciò alla richiesta di P. Tezza, rinnovata per due volte, fu risposto a nome del Papa: "non expedit". (non conviene, non si approva). Anzi fu imposto al gruppo delle religiose di allontanarsi da Roma. Sembra che debba svanire ogni prospettiva, ma per l’ammirazione dell’attività di assistenza delle sorelle, anche da parte della stampa, e per l’appoggio del Cardinale Vicario si ottiene l’erezione in "Pia Associazione" dipendente dal cardinale e così l’opera può continuare.
Un’altra prova sopravviene. L’amabilità di P. Tezza verso le religiose, che chiama "le mie figlie", è oggetto di interpretazioni maligne da parte di alcune persone, che spargono sul Padre alcune insinuazioni definite da madre Giuseppina "ciarle e vere calunnie".
Interviene il Cardinale Vicario e senza appurare la verità toglie al loro padre spirituale Ia facoltà di confessare e gli proibisce di incontrane le suore.
P. Tezza non vuole difendersi e accetta in silenzio le disposizioni offrendo il sacrificio della separazione per il bene e lo sviluppo dell’Istituto. Il distacco viene completato quando il Padre, nell’anno 1900, è incaricato dal suo superiore generale di recarsi in Perù in qualità di visitatore della comunità di Lima. Accetta l’obbedienza e parte per l’America Latina. Da lì non tornerà più in Italia.
Manterrà la relazione con la fondatrice e con l’Istituto solo con la corrispondenza epistolare e morirà a Lima a 82 anni, il 26 settembre 1923, venerato come un santo.
L’allontanamento di P. Tezza costituisce un dramma per la fondatrice, che deve addossarsi da sola il peso del nascente Istituto. Ma non si perde d’animo; ha ricevuto da lui quanto occorre per proseguire. Dotata di mirabile fortezza e fiduciosa nell’aiuto del Signore, riesce a diffondere l’Istituto in varie parti d’Italia e in Argentina.
Nonostante una salute debole, spesso travagliata da languori e da emicranie, la Madre non si risparmia, visita ogni anno le case, si prodiga per le Figlie e le accompagna con amabilità e con vigore.
Il 21 giugno 1909, dopo tante resistenze, riesce ad ottenere il Decreto di erezione dell’istituto in Congregazione religiosa sotto il titolo di "Figlie di S. Camillo".
Net 1910, dopo l’ultima visita a tutte le case in Italia e in Francia, è colpita da una grave malattia di cuore. Passa gli ultimi mesi sofferente nel corpo e per un certo periodo anche nello spirito per timori e ansietà sulle sorti dell’Istituto.
Così, purificata ulteriormente dal dolore, il 23 febbraio 1911 rende serenamente l’anima a Dio. Lascia un Istituto con sedici case religiose in Europa e America e con 156 religiose professe.
Il 16 ottobre 1994 Giovanni Paolo II la proclamò "beata".


La sua eredità
Le Figlie di San Camillo, contrassegnate dalla rossa croce camilliana, sono sparse in quattro continenti.
Continuano il carisma della Fondatrice negli ospedali, case di cura, centri di riabilitazione in Europa e in terra di missione, anche presso malati a domicilio e nei lebbrosari, memori dell’ammonimento della Beata Vannini: "Abbiate cura dei poveri infermi con lo stesso amore, come suole un’amorevole madre curare il suo unico figlio infermo".


L’esempio e il mandato di Gesù
"Entrato Gesù nella casa di Pietro, vide Ia suocera di lui che giaceva a letto con la febbre. Le toccò la mano e la febbre scomparve; poi essa si alzò e si mise a servirlo.
Venuta la sera, gli portarono molti indemoniati ed egli scacciò gli spiriti con la sua parola e guarì tutti i malati, perché si adempisse ciò che era stato detto per mezzo del profeta Isaia:
Egli ha preso le nostre infermità e si e addossato le nostre malattie" (Mt 8,14-17).
"Quando entrerete in una città e vi accoglieranno, mangiate quello che vi sarà messo dinanzi, curate i malati che vi si trovano e dite loro: è vicino a voi il regno di Dio" (Lc 10,8-9).

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