Beata Giuseppina Vannini Fondatrice
23 febbraio
Roma, 7 luglio 1859 - 23 febbraio 1911
Fondatrice delle Figlie di San Camillo. Fiduciosa dell'aiuto divino, in
appena 19 anni di lavoro, Gioseppina Vannini riuscì a diffondere il
provvidenziale Istituto in Italia, in Francia, in Belgio e nel
Sudamerica. Oggi le Figlie di S. Camillo operano in quattro continenti:
Europa, Asia, Africa, America. Sentendo avvicinarsi il momento della sua
dipartita, ripeteva alle figlie: “Fatevi coraggio! Anzitutto è Dio che
manda avanti le cose e non io. E poi dal paradiso potrò fare voi di più
di quello che non faccio stando in questo mondo. Quando io non sarò più,
credete pure che si farà meglio di quanto non si faccia adesso”. Ricca
di meriti e circondata di grande fama di santità, la Madre entrò nella
vita eterna il 23 febbraio 1911.
La causa di canonizzazione fu
avviata presso il tribunale del Vicariato di Roma nel 1955. Adempiuto
quanto stabilito dalle Leggi Canoniche, il 7 marzo 1992 è stato
dichiarato che la Giuseppina Vannini esercitò in grado eroico le virtù
teologali, cardinali ed annesse. Il 16 ottobre 1994 Giovanni Paolo II la
proclamò "beata".
Il giorno 23 febbraio 2011, le suore Figlie di
San Camillo, hanno celebrato solennemente il primo centenario della
morte della loro fondatrice.
Martirologio Romano: A Roma, beata
Giuseppina (Giuditta Adelaide) Vannini, vergine, fondatrice della
Congregazione delle Figlie di San Camillo per l’assistenza ai malati.
Giuseppina Vannini nasce a Roma il 7 luglio 1859 da Angelo e Annunziata
Papi e viene battezzata con il nome di Giuditta. È preceduta da una
sorella, Giulia, e seguita da un fratello, Augusto.
Il Signore
solitamente prepara e matura le anime attraverso la via della croce. A 4
anni Giuditta perde il papà e tre anni dopo anche la mamma. I tre
fratelli orfani vengono separati: Augusto è accolto da uno zio materno,
Giulia è affidata alle Suore di San Giuseppe e Giuditta di 7 anni è
accolta nel Conservatorio Torlonia in Roma, ove le Figlie della Carità
la educano alla fede cristiana e la preparano alla vita.
Giuditta
cresce buona, pia, docile e riflessiva. Ottiene il diploma di maestra
d’asilo e a 21 anni chiede di entrare nel noviziato delle Figlie della
Carità a Siena. Ma poco dopo ritorna a Roma per motivi di salute e per
un periodo di prova. L’anno seguente torna a Siena, ma poi viene
definitivamente dimessa dall’IStituto perché ritenuta inadatta.
Sente profondamente la chiamata verso la vita religiosa; ma in quale
istituto? Ella soffre e prega. Ha 32 anni, quando partecipa a un corso
di esercizi spirituali nella casa delle Suore di Nostra Signora del
Cenacolo a Roma. L’ultimo giorno del ritiro, il 17 dicembre 1891,
Giuditta si presenta al predicatore, il camilliano P. Luigi Tezza per
chiederne un consiglio. Il padre, pochi mesi prima, aveva avuto
l’incarico in qualità di Procuratore generale di ripristinare le
Terziarie Camilliane e in quel momento ha un’ispirazione: affidare a lei
la realizzazione di tate progetto.
Giuditta risponde: "Padre,
lasciatemi riflettere; vi darò una risposta". Due giorni dopo si
presenta al Padre: "Eccomi a sua disposizione per il suo progetto. Non
sono capace di nulla io. Confido però in Dio".
P. Tezza scopre ben
presto in lei la tempra della fondatrice, sicura di sé, donna di
preghiera e di sacrificio. Informa i superiori dell’Ordine camilliano e
ottiene l’autorizzazione del Cardinale Vicario di Roma a procedere in
questa iniziativa.
Giuditta con altre due giovani, preparate da P.
Tezza, formano la prima comunità. Il 2 febbraio 1892, ricorrenza della
conversione di San Camillo, nella stanza-santuario ove è morto il Santo,
mediante l’imposizione dello scapolare con la croce rossa, nasce la
nuova famiglia camilliana. Il 19 marzo seguente, P. Tezza veste
dell’abito religioso, contrassegnato dalla croce rossa, Giuditta, che
prende il nome di suor Giuseppina e viene nominata superiora.
Con la
consulenza del Tezza vengono formulate le Regole dell’incipiente
Istituto religioso, specificandone la finalità: per l’assistenza delle
malate anche a domicilio.
Pure in mezzo a grandi povertà, cresce il
loro numero. Alla fine del 1892 sono già quattordici, nel1893 è aperta
una nuova comunità a Cremona e nel 1894 a Mesagne nelle Puglie;
seguiranno altre case altrove.
Ma occorre ottenere l’approvazione
definitiva dell’autorità ecclesiastica. Purtroppo il Papa Leone XIII
aveva deciso proprio in quegli anni di non permettere fondazioni di
nuove comunità a Roma. Perciò alla richiesta di P. Tezza, rinnovata per
due volte, fu risposto a nome del Papa: "non expedit". (non conviene,
non si approva). Anzi fu imposto al gruppo delle religiose di
allontanarsi da Roma. Sembra che debba svanire ogni prospettiva, ma per
l’ammirazione dell’attività di assistenza delle sorelle, anche da parte
della stampa, e per l’appoggio del Cardinale Vicario si ottiene
l’erezione in "Pia Associazione" dipendente dal cardinale e così l’opera
può continuare.
Un’altra prova sopravviene. L’amabilità di P. Tezza
verso le religiose, che chiama "le mie figlie", è oggetto di
interpretazioni maligne da parte di alcune persone, che spargono sul
Padre alcune insinuazioni definite da madre Giuseppina "ciarle e vere
calunnie".
Interviene il Cardinale Vicario e senza appurare la
verità toglie al loro padre spirituale Ia facoltà di confessare e gli
proibisce di incontrane le suore.
P. Tezza non vuole difendersi e
accetta in silenzio le disposizioni offrendo il sacrificio della
separazione per il bene e lo sviluppo dell’Istituto. Il distacco viene
completato quando il Padre, nell’anno 1900, è incaricato dal suo
superiore generale di recarsi in Perù in qualità di visitatore della
comunità di Lima. Accetta l’obbedienza e parte per l’America Latina. Da
lì non tornerà più in Italia.
Manterrà la relazione con la
fondatrice e con l’Istituto solo con la corrispondenza epistolare e
morirà a Lima a 82 anni, il 26 settembre 1923, venerato come un santo.
L’allontanamento di P. Tezza costituisce un dramma per la fondatrice,
che deve addossarsi da sola il peso del nascente Istituto. Ma non si
perde d’animo; ha ricevuto da lui quanto occorre per proseguire. Dotata
di mirabile fortezza e fiduciosa nell’aiuto del Signore, riesce a
diffondere l’Istituto in varie parti d’Italia e in Argentina.
Nonostante una salute debole, spesso travagliata da languori e da
emicranie, la Madre non si risparmia, visita ogni anno le case, si
prodiga per le Figlie e le accompagna con amabilità e con vigore.
Il
21 giugno 1909, dopo tante resistenze, riesce ad ottenere il Decreto di
erezione dell’istituto in Congregazione religiosa sotto il titolo di
"Figlie di S. Camillo".
Net 1910, dopo l’ultima visita a tutte le
case in Italia e in Francia, è colpita da una grave malattia di cuore.
Passa gli ultimi mesi sofferente nel corpo e per un certo periodo anche
nello spirito per timori e ansietà sulle sorti dell’Istituto.
Così,
purificata ulteriormente dal dolore, il 23 febbraio 1911 rende
serenamente l’anima a Dio. Lascia un Istituto con sedici case religiose
in Europa e America e con 156 religiose professe.
Il 16 ottobre 1994 Giovanni Paolo II la proclamò "beata".
La sua eredità
Le Figlie di San Camillo, contrassegnate dalla rossa croce camilliana, sono sparse in quattro continenti.
Continuano il carisma della Fondatrice negli ospedali, case di cura,
centri di riabilitazione in Europa e in terra di missione, anche presso
malati a domicilio e nei lebbrosari, memori dell’ammonimento della Beata
Vannini: "Abbiate cura dei poveri infermi con lo stesso amore, come
suole un’amorevole madre curare il suo unico figlio infermo".
L’esempio e il mandato di Gesù
"Entrato Gesù nella casa di Pietro, vide Ia suocera di lui che giaceva a
letto con la febbre. Le toccò la mano e la febbre scomparve; poi essa
si alzò e si mise a servirlo.
Venuta la sera, gli portarono molti
indemoniati ed egli scacciò gli spiriti con la sua parola e guarì tutti i
malati, perché si adempisse ciò che era stato detto per mezzo del
profeta Isaia:
Egli ha preso le nostre infermità e si e addossato le nostre malattie" (Mt 8,14-17).
"Quando entrerete in una città e vi accoglieranno, mangiate quello che
vi sarà messo dinanzi, curate i malati che vi si trovano e dite loro: è
vicino a voi il regno di Dio" (Lc 10,8-9).
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