San Biagio Vescovo e martire
3 febbraio - Memoria Facoltativa
+ Sebaste, Armenia, ca. 316
Il martire Biagio è ritenuto dalla tradizione vescovo della comunità di
Sebaste in Armenia al tempo della "pax" costantiniana. Il suo martirio,
avvenuto intorno al 316, è perciò spiegato dagli storici con una
persecuzione locale dovuta ai contrasti tra l'occidentale Costantino e
l'orientale Licinio. Nell'VIII secolo alcuni armeni portarono le
reliquie a Maratea (Potenza), di cui è patrono e dove è sorta una
basilica sul Monte San Biagio. Il suo nome è frequente nella
toponomastica italiana - in provincia di Latina, Imperia, Treviso,
Agrigento, Frosinone e Chieti - e di molte nazioni, a conferma della
diffusione del culto. Avendo guarito miracolosamente un bimbo cui si era
conficcata una lisca in gola, è invocato come protettore per i mali di
quella parte del corpo. A quell'atto risale il rito della "benedizione
della gola", compiuto con due candele incrociate. (Avvenire)
Patronato: Malattie della gola
Etimologia: Biagio = bleso, balbuziente, dal latino
Emblema: Bastone pastorale, Candela, Palma, Pettine per lana
Martirologio Romano: San Biagio, vescovo e martire, che in quanto
cristiano subì a Sivas nell’antica Armenia il martirio sotto
l’imperatore Licinio.
Poco si conosce della vita di San
Biagio, di cui oggi si festeggia la memoria liturgica. Notizie
biografiche sul Santo si possono riscontrare nell’agiografia di Camillo
Tutini, che raccolse numerose testimonianze tramandate oralmente. Si sa
che fu medico e vescovo di Sebaste in Armenia e che il suo martirio è
avvenuto durante le persecuzioni dei cristiani, intorno al 316, nel
corso dei contrasti tra gli imperatori Costantino (Occidente) e Licino
(Oriente).
Catturato dai Romani fu picchiato e scorticato vivo con
dei pettini di ferro, quelli che venivano usati per cardare la lana, ed
infine decapitato per aver rifiutato di abiurare la propria fede in
Cristo. Si tratta di un Santo conosciuto e venerato tanto in Occidente,
quanto in Oriente. Il suo culto è molto diffuso sia nella Chiesa
Cattolica che in quella Ortodossa.
Nella sua città natale, dove
svolse il suo ministero vescovile, si narra che operò numerosi miracoli,
tra gli altri si ricorda quello per cui è conosciuto, ossia, la
guarigione, avvenuta durante il periodo della sua prigionia, di un
ragazzo da una lisca di pesce conficcata nella trachea. Tutt’oggi,
infatti, il Santo lo si invoca per i “mali alla gola”.
Inoltre San
Biagio fa parte dei quattordici cosiddetti santi ausiliatori, ossia,
quei santi invocati per la guarigione di mali particolari. Venerato in
moltissime città e località italiane, delle quali, di molte, è anche il
santo patrono, viene festeggiato il 3 febbraio in quasi tutta la
penisola italica.
È tradizione introdurre, nel mezzo della
celebrazione liturgica, una speciale benedizione alle “gole” dei fedeli,
impartita dal parroco incrociando due candele (anticamente si usava
olio benedetto). Interessanti sono anche alcune tradizioni popolari
tramandatesi nel tempo in occasione dei festeggiamenti del Santo. Chi
usa, come a Milano, festeggiare in famiglia mangiando i resti dei
panettoni avanzati appositamente a Natale, e chi prepara dei dolci
tipici con forme particolari, che ricordano il santo, benedetti dal
parroco e distribuiti poi ai fedeli. A Lanzara, una frazione della
provincia di Salerno, per esempio, è tradizione mangiare la famosa
“polpetta di San Biagio”.
Nella città di Salemi, invece, si narra
che nel 1542 il Santo salvò la popolazione da una grave carestia,
causata da un’invasione di cavallette che distrusse i raccolti nelle
campagne, intercedendo ed esaudendo le preghiere del popolo che invocava
il suo aiuto (san Biagio, infatti, oltre che essere protettore dei
“mali della gola” è anche protettore delle messi); da quel giorno a
Salemi, ogni anno il 3 di febbraio, si festeggia il Santo preparando i
cosiddetti “cavadduzzi”, letteralmente “cavallette”, per ricordare il
miracolo, e i “caddureddi” (la cui forma rappresenta la “gola”), che
sono dei piccoli pani preparati con acqua e farina, benedetti dal
parroco e distribuiti poi ai fedeli. Dal 2008 inoltre, sempre a Salemi,
viene organizzata, con la collaborazione di tutte le scuole e
associazioni della città, una spettacolare rappresentazione del
“miracolo delle cavallette” che si conclude con l’arrivo alla chiesa del
Santo per deporre i doni e farsi benedire le “gole”.
A Cannara,
invece, un comune della provincia di Perugia, i festeggiamenti del Santo
sono occasione per sfidarsi in antichi giochi di abilità popolani come,
ad esempio, il simpatico gioco, attestato già nel XVI secolo, del
“Ruzzolone”, ossia, far rotolare più a lungo possibile delle forme di
formaggio per le vie del centro storico, o la famosa corsa dei sacchi e
molti altri giochi ancora, per concludersi con la solenne processione
con la statua del Santo accompagnati dalla banda musicale del posto.
A Fiuggi, invece, la sera prima, si bruciano nella piazza del paese
davanti al municipio le “stuzze”, delle grandi cataste di legna a forma
piramidale, in ricordo del miracolo avvenuto nel 1298 che vide San
Biagio far apparire delle finte fiamme nella città, tanto da indurre le
truppe nemiche, che attendevano fuori le mura pronte ad attaccare, a
ripiegare pensando d’esser state precedute dagli alleati.
Le
reliquie di San Biagio sono custodite nella Basilica di Maratea, città
di cui è santo protettore: vi arrivarono nel 723 all’interno di un’urna
marmorea con un carico che da Sebaste doveva giungere a Roma, viaggio
poi interrotto a Maratea, unica città della Basilicata che si affaccia
sul Mar Tirreno, a causa di una bufera.
Si racconta che la le pareti
della Basilica, e più avanti anche la statua a lui eretta nel 1963 in
cima alla Basilica, stillarono una specie di liquido giallastro che i
fedeli raccolsero e usarono per curare i malati. Papa Pio IV nel 1563,
allora vescovo, riconobbe tale liquido come “manna celeste”.
Non a
caso a Maratea il Santo assume una valenza particolare e viene
festeggiato per ben 2 volte l’anno; il 3 febbraio, come di consueto, e
il giorno dell’anniversario della traslazione delle reliquie, dove i
festeggiamenti durano 8 giorni, dal primo sabato di maggio fino alla
seconda domenica del mese.
Autore: Pietro Barbini
C’è
una sua statua anche su una guglia del Duomo di Milano, la città dove in
passato il panettone natalizio non si mangiava mai tutto intero,
riservandone sempre una parte per la festa del nostro santo. (E tuttora
si vende a Milano il “panettone di san Biagio”, che sarebbe quello
avanzato durante le festività natalizie). San Biagio lo si venera tanto
in Oriente quanto in Occidente, e per la sua festa è diffuso il rito
della “benedizione della gola”, fatta poggiandovi due candele incrociate
(oppure con l’unzione, mediante olio benedetto), sempre invocando la
sua intercessione. L’atto si collega a una tradizione secondo cui il
vescovo Biagio avrebbe prodigiosamente liberato un bambino da una spina o
lisca conficcata nella sua gola.
Vescovo, dunque. Governava, si
ritiene, la comunità di Sebaste d’Armenia quando nell’Impero romano si
concede la libertà di culto ai cristiani: nel 313, sotto Costantino e
Licinio, entrambi “Augusti”, cioè imperatori (e pure cognati: Licinio ha
sposato una sorella di Costantino). Licinio governa l’Oriente, e perciò
ha tra i suoi sudditi anche Biagio. Il quale però muore martire intorno
all’anno 316, ossia dopo la fine delle persecuzioni. Perché?
Non
c’è modo di far luce. Il fatto sembra dovuto al dissidio scoppiato tra i
due imperatori-cognati nel 314, e proseguito con brevi tregue e nuove
lotte fino al 325, quando Costantino farà strangolare Licinio a
Tessalonica (Salonicco). Il conflitto provoca in Oriente anche qualche
persecuzione locale – forse ad opera di governatori troppo zelanti, come
scrive lo storico Eusebio di Cesarea nello stesso IV secolo – con
distruzioni di chiese, condanne dei cristiani ai lavori forzati,
uccisioni di vescovi, tra cui Basilio di Amasea, nella regione del Mar
Nero.
Per Biagio i racconti tradizionali, seguendo modelli frequenti
in queste opere, che vogliono soprattutto stimolare la pietà e la
devozione dei cristiani, sono ricchi di vicende prodigiose, ma allo
stesso tempo incontrollabili. Il corpo di Biagio è stato deposto nella
sua cattedrale di Sebaste; ma nel 732 una parte dei resti mortali viene
imbarcata da alcuni cristiani armeni alla volta di Roma. Una improvvisa
tempesta tronca però il loro viaggio a Maratea (Potenza): e qui i fedeli
accolgono le reliquie del santo in una chiesetta, che poi diventerà
l’attuale basilica, sull’altura detta ora Monte San Biagio, sulla cui
vetta fu eretta nel 1963 la grande statua del Redentore, alta 21 metri.
Dal 1863 ha assunto il nome di Monte San Biagio la cittadina chiamata
prima Monticello (in provincia di Latina) e disposta sul versante
sudovest del Monte Calvo. Numerosi altri luoghi nel nostro Paese sono
intitolati a lui: San Biagio della Cima (Imperia), San Biagio di
Callalta (Treviso), San Biagio Platani (Agrigento), San Biagio
Saracinisco (Frosinone) e San Biase (Chieti). Ma poi lo troviamo anche
in Francia, in Spagna, in Svizzera e nelle Americhe... Ne ha fatta tanta
di strada, il vescovo armeno della cui vita sappiamo così poco.
Autore: Domenico Agasso
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