mercoledì 6 giugno 2018

(Mc 12,28-34) Non c’è altro comandamento più grande di questi.

VANGELO DI GIOVEDI 7 GIUGNO 2018.

Giorno liturgico: Giovedì, IX settimana del Tempo Ordinario

Testo del Vangelo (Mc 12,28-34): In quel tempo, si avvicinò a Gesù uno degli scribi e gli domandò: «Qual è il primo di tutti i comandamenti?». Gesù rispose: «Il primo è: «Ascolta, Israele! Il Signore nostro Dio è l’unico Signore; amerai il Signore tuo Dio con tutto il tuo cuore e con tutta la tua anima, con tutta la tua mente e con tutta la tua forza». Il secondo è questo: «Amerai il tuo prossimo come te stesso». Non c’è altro comandamento più grande di questi». Lo scriba gli disse: «Hai detto bene, Maestro, e secondo verità, che Egli è unico e non vi è altri all’infuori di lui; amarlo con tutto il cuore, con tutta l’intelligenza e con tutta la forza e amare il prossimo come se stesso vale più di tutti gli olocausti e i sacrifici».

Vedendo che egli aveva risposto saggiamente, Gesù gli disse: «Non sei lontano dal regno di Dio». E nessuno aveva più il coraggio di interrogarlo.



RIFLESSIONE DI LELLA

PREGHIERA: Vieni o Spirito Di Dio, vieni in me e su di me, vieni a fare di me una tua cosa, a darmi il tuo alito di vita, la tua scienza e la sapienza. Vieni a prendere in me il posto che ti spetta, ed usami come più ti piace.

- Anche oggi Gesù ci da un insegnamento che sembra dire: " tutto gira intorno all'amore. " Infatti alla domanda dello scriba risponde, come risponde a tutti noi, che due sono i comandamenti che bisogna osservare, quelli principali, che racchiudono tutti gli altri. AMARE DIO con tutto il cuore, mettendolo quindi al di sopra di ogni altro amore, di ogni altra cosa e vivere per fare la sua volontà....
AMARE IL PROSSIMO come Dio stesso ci ama tutti e come vorremmo fosse fatto a noi. A volte le persone pensano che per avvicinarsi a Dio, occorra una preparazione dottrinale, una sapienza eccelsa; non è così. Basta accettare di credere in Dio, mettersi al suo cospetto con umiltà e sincerità e allora sarà Dio stesso a prendersi cura di noi, a guidarci verso di Lui con un amore così grande da poterlo quasi toccare con mano. La fede è un dono che bisogna desiderare, chiedere, senza pregiudizi , senza mettere paletti, ammettendo la nostra incapacità di poter fare da soli, di poter credere con il ragionamento, ma di voler credere. Sta a noi lasciarci andare, lasciarci abbracciare da questo amore grande e farsi plasmare da Lui, con tranquillità e fiducia, tenendo presente che su questi due comandamenti si basa tutta la nostra fede e che questi sono quelli che ci debbono guidare.
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Comentario: P. Rodolf PUIGDOLLERS i Noblom SchP
(La Roca del Vallès, Barcelona, Spagna)

Oggi, un maestro della Legge domanda a Gesù: «Qual’è il primo di tutti i comandamenti?» (Mc 12,28). La domanda è insidiosa. In primo luogo perché cerca di stabilire una gerarchia tra i vari comandamenti; e, in secondo luogo, perché la sua domanda si limita alla Legge. E’ normale, si tratta di una domanda di un maestro della Legge.

La risposta del Signore smonta la spiritualità di quel «maestro della Legge». Ogni atteggiamento di un discepolo di Gesù riguardo a Dio si sintetizza in un doppio punto: «Amerai il Signore tuo Dio con tutto il tuo cuore» e «Amerai il tuo prossimo come te stesso» (Mc 12,31). Il comportamento religioso viene definito nella sua relazione verso Dio e verso il prossimo, e il comportamento umano viene stabilito nella sua relazione con gli altri e verso Dio. In altre parole, dice Sant’Agostino: «Ama e fa quello che vuoi». Ama Dio e ama gli altri, e, tutto il resto sarà conseguenza di questo amore integrale.

Il maestro della Legge lo capisce perfettamente e indica che amare Dio con tutto il cuore e amare gli altri come sé stessi «Vale più di tutti gli olocausti e i sacrifici» (Mc 12,33). Dio sta aspettando la risposta di ogni persona, la donazione totale «con tutto il tuo cuore e con tutta la tua anima e con tutta la tua forza» (Mc 12,30) a Lui che è la Verità e la Bontà ed e il donarsi generosamente agli altri. I «sacrifici e le offerte» hanno senso solo nella misura in cui siano espressione vera di questo doppio amore. E pensare che a volte usiamo i “piccoli comandamenti” ed “i sacrifici e le offerte” come una pietra per criticare o ferire il prossimo!

Gesù commenta la risposta del maestro della Legge con un «Non sei lontano dal regno di Dio» (Mc12,34). Per Gesù, nessuno, che ami il suo prossimo al di sopra di tutto, è lontano dal regno di Dio.

martedì 5 giugno 2018

(Mc 12,18-27) Non è Dio dei morti, ma dei viventi!

VANGELO DI MERCOLEDI 6 GIUGNO 2018.

Giorno liturgico: Mercoledì, IX settimana del Tempo Ordinario

Testo del Vangelo (Mc 12,18-27): In quel tempo, vennero da Gesù alcuni sadducei – i quali dicono che non c’è risurrezione – e lo interrogavano dicendo: «Maestro, Mosè ci ha lasciato scritto che, se muore il fratello di qualcuno e lascia la moglie senza figli, suo fratello prenda la moglie e dia una discendenza al proprio fratello. C’erano sette fratelli: il primo prese moglie, morì e non lasciò discendenza. Allora la prese il secondo e morì senza lasciare discendenza; e il terzo egualmente, e nessuno dei sette lasciò discendenza. Alla fine, dopo tutti, morì anche la donna. Alla risurrezione, quando risorgeranno, di quale di loro sarà moglie? Poiché tutti e sette l’hanno avuta in moglie». Rispose loro Gesù: «Non è forse per questo che siete in errore, perché non conoscete le Scritture né la potenza di Dio? Quando risorgeranno dai morti, infatti, non prenderanno né moglie né marito, ma saranno come angeli nei cieli. Riguardo al fatto che i morti risorgono, non avete letto nel libro di Mosè, nel racconto del roveto, come Dio gli parlò dicendo: «Io sono il Dio di Abramo, il Dio di Isacco e il Dio di Giacobbe»? Non è Dio dei morti, ma dei viventi! Voi siete in grave errore».




RIFLESSIONE DI LELLA

PREGHIERA: Vieni o Santo Spirito e posati sulla mia miseria, non oso neanche chiedere perchè non ne sono degna, ma mi metto al servizio del Tuo divin volere per il bene che Tu puoi offrirci. Amen.

- Oggi leggo predominanti due fattori: Gesù e i sadducei; la verità assoluta e la presunzione di conoscere le sacre scritture tanto da poterle trasmettere.
Venivano infatti dagli aristocratici sadducei i sacerdoti, in particolare il “sommo Sacerdote”.
Certo non volevano stabilire un dialogo, ma volevano mettere in discussione la parola di Gesù e la sua persona, e per farlo usano una domanda ingannevole.
La verità contro la menzogna, il bene contro il male, perchè il male ha paura del bene, come la menzogna ha paura della verità.
Ricordiamo che la lotta tra Gesù e Satana, non è mai finita; anche il diavolo usava la sacra scrittura ...Gesù non la usava, la viveva,e ricorda loro che sulla Bibbia è scritto: "Non è un Dio dei morti ma dei viventi". Queste parole sono già Vangelo, i credenti, liberati dai vincoli della carne, vivranno "come angeli", ossia saranno animati dallo Spirito che è più forte della carne.
Invece di studiare le scritture e di appropiarsene, avevano Gesù davanti che è la scrittura, che è il Verbo fatto carne, ma non l’hanno riconosciuto!
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Comentario: Pbro. D. Federico Elías ALCAMÁN Riffo
(Puchuncaví - Valparaíso, Cile)

Oggi, la Santa Chiesa sottopone alla nostra considerazione –per mezzo della parola di Cristo- la realtà della risurrezione e le proprietà dei corpi risuscitati. Infatti, il Vangelo ci narra l’incontro di Gesù con i sadducei, che –per mezzo di un caso ipotetico subdolo- Gli presentano una difficoltà circa la risurrezione dei morti, verità in cui essi non credevano.

Gli dicono che, se una donna sette volte vedova, «Di quale di loro [dei sette mariti] sarà moglie?» (Mc 12,23). Cercano, così, di ridicolizzare la dottrina di Gesù. Ma il Signore disfa questa difficoltà all’esporre che «Quando risusciteranno dai morti, infatti, non prenderanno moglie né marito, ma saranno come angeli nei cieli.» (Mc 12,26-27).

E, vista l’occasione, Nostro Signore approfitta la circostanza per affermare la realtà della risurrezione, citando quello che disse Dio a Mosè nell’episodio del rovo: «Io sono il Dio di Abramo, il Dio di Isaac e il Dio di Giacobbe» e aggiunge «Non è Dio dei morti, ma dei viventi» (Mc 12,26-27) Lì Gesù li rimprovera per l’equivoco in cui si trovano, perché non capiscono ne le Scritture ne il potere di Dio; non solo ma questa verità era già stata rivelata nell’Antico Testamento: così lo insegnarono Isaia, la madre dei Maccabei, Giobbe ed altri.

Sant’Agostino descriveva così la vita di eterna e amorosa comunione: «Lì non soffrirai limiti ne angustie perché avrai tutto, e tuo fratello anche lui avrà tutto; perché voi due, tu e lui, sarete una sola cosa e questa unicità possederà pure Colui che possederà ambidue».

Noialtri lungi dal dubitare delle Sacre Scritture e del potere misericordioso di Dio, aderiti, con tutta la mente ed il cuore a questa verità che infonde speranza, ci rallegriamo al non vedere frustrata la nostra sete di vita, piena ed eterna, la quale ci viene rassicurata nello stesso Dio, nella Sua gloria e felicità. Davanti a questo invito divino, non ci resta che accrescere il nostro desiderio di vedere Dio, il desiderio di trovarci per sempre regnando accanto a Lui.



lunedì 4 giugno 2018

(Mc 12,13-17) Quello che è di Cesare rendetelo a Cesare, e quello che è di Dio, a Dio.

VANGELO DI MARTEDI 5 GIUGNO 2018.

Giorno liturgico: Martedì, IX settimana del Tempo Ordinario

Santorale 5 Giugno: San Bonifacio, vescovo e martire
Testo del Vangelo (Mc 12,13-17): In quel tempo, mandarono da Gesù alcuni farisei ed erodiani, per coglierlo in fallo nel discorso. Vennero e gli dissero: «Maestro, sappiamo che sei veritiero e non hai soggezione di alcuno, perché non guardi in faccia a nessuno, ma insegni la via di Dio secondo verità. È lecito o no pagare il tributo a Cesare? Lo dobbiamo dare, o no?».
Ma egli, conoscendo la loro ipocrisia, disse loro: «Perché volete mettermi alla prova? Portatemi un denaro: voglio vederlo». Ed essi glielo portarono. Allora disse loro: «Questa immagine e l’iscrizione, di chi sono?». Gli risposero: «Di Cesare». Gesù disse loro: «Quello che è di Cesare rendetelo a Cesare, e quello che è di Dio, a Dio». E rimasero ammirati di lui.




 RIFLESSIONE DI LELLA

PREGHIERA: Quando tu Signore, sei con me, con il tuo Santo Spirito, io non ho paura e anche nella mia stoltezza trovo la strada, leggo e comprendo, vivo e ti sento, ma se mi allontano, ecco che il vuoto mi riempie e mi ritrovo nel nulla… Non lasciarmi mai, mia gioia, mio Dio.

- Non serve mettere alla prova Gesù, fargli trabocchetti, cercare giustificazioni ai nostri atteggiamenti, perché con Gesù ci conviene parlare chiaro, come Lui fa con noi.
Non afferma che il denaro non conta, anzi c’ insegna con semplicità l’utilità del denaro, come mezzo di collaborazione al bene della società.
 Nessun governo in questo mondo e immune dalla corruzione, nessuno, nemmeno nella Chiesa abbiamo visto, tutti sanno resistere al tarlo del potere e del denaro, ma se ognuno di noi vivesse onestamente sempre, potrebbero cambiare le cose.
 Cercare di andare a governare il paese e farlo solo per dividersi una fetta di torta, è quello che porta molti a volersi buttare in politica e questo è già il primo passo verso quella che io chiamo l’ assuefazione al torbido.
Se i nostri politici fossero dei buoni cristiani le cose cambierebbero, ma è proprio questo che manca, una vera ideologia, che si basi sull’ amore per i fratelli più poveri del mondo, una politica dell’ abolizione del lusso invece che della sua ricerca.
E in tutto l’essere umano trova la sua giustificazione… Non ha tempo per Dio, per pregare, per vivere la fede, perché la vita, il lavoro, la famiglia, i figli…. e mille altre cose vengono prima da lui. Che illusi che siamo, che stolti a volte, dimentichiamo che tutto nella vita viene da Dio e che dovremmo per prima cosa ricordare questo e poi tutto il resto.
Ci sentiamo invece così immersi nel mondo, così attaccati alle cose della terra pensando che siano separate dalle cose dell’anima e questo è un grande errore. Per colpa del denaro e della potenza che questo esercita nel mondo perdiamo il senso dell’amore per gli altri e facciamo spesso prevalere il nostro egoismo, senza renderci conto che tradiamo Dio. Seguire Gesù vuol dire che anche vivendo in questo mondo, dobbiamo e possiamo essere onesti.
Non possiamo dare un prezzo ad ogni cosa, perché le cose vere, che contano, che fanno di noi degli uomini,non hanno prezzo. Quante persone si sono divise per colpa del denaro? Quante liti causate dalla bramosia di avere?
Eppure sempre più denaro viene richiesto per sopravvivere in questo mondo consumistico... forse Cesare ha sbagliato i suoi conti... o forse l'uomo ha sbagliato andando troppo dietro a Cesare e cercando di ignorare Dio o di cercare di ingannarlo.
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Comentario: Rev. D. Manuel SÁNCHEZ Sánchez
(Sevilla, Spagna)

Oggi, di nuovo ci meravigliamo dell’ingegno e della saggezza di Cristo. Egli con la Sua magistrale risposta segnala direttamente la giusta autonomia delle realtà terrene: «Quello che è di Cesare rendetelo a Cesare» (Mc 12,17).

Ma la Parola di oggi è molto di più che uscire da un affanno; è un fatto che risulta attuale in tutti i momenti della nostra vita: che cosa sto dando a Dio? E’ realmente la cosa più importante nella mia vita? Dove ho posto il cuore? Perché... «dov'è il vostro tesoro, là sarà anche il vostro cuore» (Lc 12,34).

Infatti, secondo San Geronimo, «dovete dare per forza al Cesare la moneta che porta impressa la sua effigie; ma voi consegnate con piacere tutto il vostro essere a Dio, perché è impressa in noi la Sua immagine e non quella del Cesare». Lungo la Sua vita Gesù propone costantemente la questione dell’elezione. Siamo noi che siamo chiamati a scegliere, e le opzioni sono chiare: vivere secondo i valori di questo mondo, o vivere d’accordo ai valori del Vangelo.

E’ sempre tempo di scelta, tempo di conversione, tempo per tornare a risistemare la nostra vita nella dinamica di Dio. Sarà la preghiera e specialmente quella fatta con la Parola di Dio, quella che ci vada scoprendo ciò che Dio vuole da noi. Chi sa scegliere Dio si converte in dimora di Dio, giacché «Se uno mi ama, osserverà la mia parola e il Padre mio lo amerà e noi verremo a lui e prenderemo dimora presso di lui» (Gv 14,23). E’ la preghiera che si trasforma in una autentica scuola, dove, come afferma Tertulliano, «Cristo va insegnandoci qual’è la volontà del Padre che Lui realizzava nel mondo e quale deve essere la condotta dell’uomo affinché sia conforme a questo stesso progetto». Sappiamo scegliere, perciò, quello che ci conviene!

domenica 3 giugno 2018

(Mc 12,1-12) Presero il figlio amato, lo uccisero e lo gettarono fuori della vigna.

VANGELO DI LUNEDI 4 GIUGNO 2018.

Giorno liturgico: Lunedì, IX settimana del Tempo Ordinario

Testo del Vangelo (Mc 12,1-12): In quel tempo, Gesù si mise a parlare con parabole [ai capi dei sacerdoti, agli scribi e agli anziani]: «Un uomo piantò una vigna, la circondò con una siepe, scavò una buca per il torchio e costruì una torre. La diede in affitto a dei contadini e se ne andò lontano.» Al momento opportuno mandò un servo dai contadini a ritirare da loro la sua parte del raccolto della vigna. Ma essi lo presero, lo bastonarono e lo mandarono via a mani vuote. Mandò loro di nuovo un altro servo: anche quello lo picchiarono sulla testa e lo insultarono. Ne mandò un altro, e questo lo uccisero; poi molti altri: alcuni li bastonarono, altri li uccisero. Ne aveva ancora uno, un figlio amato; lo inviò loro per ultimo, dicendo: «Avranno rispetto per mio figlio!». Ma quei contadini dissero tra loro: «Costui è l’erede. Su, uccidiamolo e l’eredità sarà nostra». Lo presero, lo uccisero e lo gettarono fuori della vigna.» Che cosa farà dunque il padrone della vigna? Verrà e farà morire i contadini e darà la vigna ad altri. Non avete letto questa Scrittura: «La pietra che i costruttori hanno scartato è diventata la pietra d’angolo; questo è stato fatto dal Signore ed è una meraviglia ai nostri occhi»?». E cercavano di catturarlo, ma ebbero paura della folla; avevano capito infatti che aveva detto quella parabola contro di loro. Lo lasciarono e se ne andarono.




RIFLESSIONE DI LELLA

PREGHIERA: O Spirito di Dio, insegnami a stare in ascolto della tua parola, per comprendere l’ essenza del tuo messaggio e saperlo rendere attuale nella mia vita.

- Ancora una parabola sulla vigna, il padrone la lascia in mano ai contadini perché la coltivino, a coloro quindi che detenevano il potere di amministrare la parola di Dio. A loro è stata affidata la parola, ma questi la vogliono gestire a modo loro e non vogliono accettare Gesù, perché non vogliono accettare le sue regole, ma vogliono essere loro il popolo eletto, solo loro il popolo prescelto da Dio, e questo Gesù che parla con i pagani, che sana i lebbrosi, e che accoglie gli emarginati, proprio non gli piace, e non potendo accettare di sentirsi in colpa, di avere qualcuno che pesa sulla loro coscienza, decidono di ucciderlo. Ma quel Gesù che loro hanno scartato, è stato la nostra salvezza, la salvezza di ogni uomo che non vuole un Dio su misura, come gli fa più comodo, ma ascolta la voce di Dio per quella che è, ed accetta Gesù ed il suo messaggio,anche se questo significa accettare la croce nella sua vita, accetta di servire e non di essere servito.Troppo spesso noi uomini, abbiamo una visione spirituale della fede, ma poi nei fatti, non riusciamo a viverla concretamente, perché mettiamo noi stessi al centro della nostra vita, e non Gesù. E' difficile vivere una vita basata sull' imitazione di Cristo.
Questo è quello che l’uomo fa quando diventa superbo e vuole fare a meno di Dio, vuole guidare la propria vita, senza riconoscerla come un dono, perdendo di vista che quella vigna è già sua, che non ha bisogno di uccidere e rubare niente, perché tutto quello che il è del Figlio è per lui. Ma Gesù che è stato ucciso, è diventato la pietra su cui poggia la Chiesa.
 Questa Chiesa che spesso noi non vediamo come la nostra casa, ma come un’ istituzione che ci è estranea, come un regno di pochi, questa Chiesa che alcuni credono di loro proprietà, e che altri non accettano… Chi è stato chiamato a coltivare la vigna, lo fa nel nome di Dio, o lo fa nel suo interesse? Lavora su se stesso per poter portare frutti al regno di Dio, con la parola e l’esempio, o segue i propri interessi? Ognuno di noi dovrebbe farsi un esame di coscienza per scoprire come ci comportiamo, per capire se questo atteggiamento del " tutto ci è dovuto " ci appartiene, e fino a che punto vogliamo continuare a rifiutare di essere partecipi eredi con Cristo, del regno dei cieli. Cosa altro deve fare Dio per farci comprendere quanto è grande il suo amore più che dare la vita del suo Figlio per la nostra redenzione? Quanto ancora vogliamo essere sordi e ciechi? Per rincorrere cosa stiamo rifiutando la nostra partecipazione al progetto di Dio? Vogliamo continuare a credere di poter gestire la vigna del Padre senza di Lui? per farne cosa?Non possiamo trasformare la Chiesa di Cristo in una proprietà privata e pretendere di averlo soltanto per noi. Cristo implica anche la scomodità della sua famiglia e siamo tutti noi,noi che dobbiamo imparare a vivere in comunione tra noi e con Lui,non possiamo fare altro. Chi ha conosciuto Cristo non può distinguerlo dalla Chiesa, deve vivere Cristo dentro la Chiesa.

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Comentario: Fr. Alphonse DIAZ
(Nairobi, Kenya)

Oggi, il Signore ci invita a passeggiare nella Sua vigna: «Un uomo piantò una vigna (e...) la diede in affitto a dei contadini» (Mc 12,1).Tutti siamo locatari di questo vigneto. Il vigneto è il nostro proprio spirito, la Chiesa ed il mondo intero. Iddio ci chiede frutti. In primo luogo, la nostra santità personale; poi un apostolato costante tra i nostri amici, affinché il nostro esempio e la nostra parola li incoraggi ad avvicinarsi sempre di più a Cristo; infine, il mondo, che si trasformerà in un miglior luogo per viverci, se santifichiamo il nostro lavoro professionale, le nostre relazioni sociali e il nostro dovere verso il benessere comune.

Che classe di locatari siamo? Di quelli che lavorano sodo, o di quelli che s’infastidiscono quando il padrone manda i suoi servi a riscuotere l’affitto? Possiamo opporci a quelli che hanno la responsabilità di aiutarci a produrre i frutti che Dio aspetta da noi. Possiamo opporre obiezioni a quanto insegnano la Santa Madre Chiesa ed il Papa, i vescovi, o forse, più modestamente, i nostri genitori, il nostro direttore spirituale o quel buon amico che sta cercando di aiutarci. Possiamo, finanche, diventare aggressivi e cercare di aggredirli o di ferirli o persino di “ucciderli” mediante la nostra critica e commenti negativi. Dovremmo esaminare noi stessi sui motivi reali di quest’atteggiamento. Forse abbiamo bisogno di conoscere più profondamente la nostra fede; forse dobbiamo imparare a conoscerci meglio, a realizzare un miglior esame di coscienza, per poter scoprire le ragioni per le quali non vogliamo produrre frutti.

Chiediamo alla nostra Madre Maria il Suo aiuto per poter lavorare con amore, sotto la guida del Papa. Tutti possiamo essere “buoni pastori” e “pescatori” di uomini. «Allora andiamo e chiediamo al Signore che ci aiuti a produrre frutto, un frutto che perduri. Solo così questa valle di lacrime, verrà trasformata in un giardino di Dio» (Benedetto XVI). Potremmo avvicinare a Gesù il nostro spirito, quello dei nostri amici, o quello di tutto il mondo, se semplicemente leggessimo e meditassimo quanto ci insegna il Santo Padre e cercassimo di metterlo in pratica.

sabato 2 giugno 2018

(Mc 14,12-16.22-26) Questo è il mio corpo. Questo è il mio sangue.

VANGELO DI DOMENICA 3 GIUGNO 2018.

Giorno liturgico: Santissimo Corpo e Sangue di Cristo (B)

Testo del Vangelo (Mc 14,12-16.22-26): Il primo giorno degli Àzzimi, quando si immolava la Pasqua, i discepoli dissero a Gesù: «Dove vuoi che andiamo a preparare, perché tu possa mangiare la Pasqua?». Allora mandò due dei suoi discepoli, dicendo loro: «Andate in città e vi verrà incontro un uomo con una brocca d’acqua; seguitelo. Là dove entrerà, dite al padrone di casa: “Il Maestro dice: Dov’è la mia stanza, in cui io possa mangiare la Pasqua con i miei discepoli?”. Egli vi mostrerà al piano superiore una grande sala, arredata e già pronta; lì preparate la cena per noi». I discepoli andarono e, entrati in città, trovarono come aveva detto loro e prepararono la Pasqua. Mentre mangiavano, prese il pane e recitò la benedizione, lo spezzò e lo diede loro, dicendo: «Prendete, questo è il mio corpo». Poi prese un calice e rese grazie, lo diede loro e ne bevvero tutti. E disse loro: «Questo è il mio sangue dell’alleanza, che è versato per molti. In verità io vi dico che non berrò mai più del frutto della vite fino al giorno in cui lo berrò nuovo, nel regno di Dio».

Dopo aver cantato l’inno, uscirono verso il monte degli Ulivi.




RIFLESSIONE DI LELLA

PREGHIERA:
Vieni o Santo Spirito e riempi il mio cuore e la mia mente di te e di quello che di Cristo mi vuoi imprimere. Fa che io sia libera e semplice per accoglierti con umiltà.

- La festa degli Azzimi, era una ricorrenza religiosa che serviva a fare memoria della Pasqua ebraica, ossia della liberazione dalla schiavitù  degli egiziani. Questa festa non è solo questo, per noi Cristiani, ma la liberazione dalla schiavitù dal peccato ad opera di Gesù Cristo. Oggi che i tempi corrono tra i binari dell’ indifferenza, resta appena il ricordo di quelle bellissime processioni che si facevano in molte parrocchie per festeggiare il “Corpus Domini”, sembra quasi che tutto si svolga nella più grande indifferenza, e questo la dice lunga su quanto resta sulla terra dell’amore e del sangue versato da Gesù per tutti noi. “Ma il Figlio dell’Uomo, quando verrà, troverà la fede sulla terra?” (Luca 18,8 )
Sappiamo capire che poter ricevere il corpo e il sangue di Gesù ogni giorno nella Santa Eucarestia è un immenso dono? A volte ci sentiamo deboli ed indifesi, ma basta questo incontro per cambiare le cose, eppure molti si accostano alla comunione con indifferenza .  In molti cercano dei segni, per poter credere, ma a troppi sfugge il segno più grande. Quanto è grande l’amore di Gesù per noi, un amore che passa sopra al nostro peccato e alla nostra indifferenza. Grazie Gesù!
In questo periodo che non sono in Italia, mi rendo ancor più  conto della grande opportunità di fare la comunione tutti i giorni, di poter assistere alla messa... perchè qui non è possibile e sto soffrendo molto questa mancanza.
Vi prego quando fate la comunione ogni giorno, di farla anche per me, perchè quando il popolo è in comunione,c'è Gesù tra di noi e con noi.

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Comentario: Mons. Josep Àngel SAIZ i Meneses Vescovo di Terrassa
(Barcelona, Spagna)

Oggi, celebriamo solennemente la presenza eucaristica di Cristo tra noi, il “dono per eccellenza”: «Questo è il mio corpo (...) Questo è il mio sangue» (Mc 14,22-24). Prepariamoci a suscitare nella nostra anima lo “stupore eucaristico” (San Giovanni Paolo II).

Il popolo giudeo, nella sua cena pasquale, commemorava la storia della salvezza, le meraviglie di Dio per il Suo popolo, specialmente la liberazione dalla schiavitù d’Egitto. In questa commemorazione, ogni famiglia mangiava l’agnello pasquale. Gesù diventa il nuovo e definitivo agnello pasquale, sacrificato sulla croce e mangiato nel pane Eucaristico.

L’Eucaristia è sacrificio: è il sacrificio del corpo immolato di Cristo e del Suo sangue sparso per tutti noi. Nell’Ultima Cena questo venne anticipato. Lungo la storia sarà attualizzato in ogni Eucaristia. In Essa abbiamo l’alimento: è il nuovo alimento che da vita e forza al cristiano mentre cammina verso il Padre.

L’Eucaristia è presenza di Cristo tra noi. Cristo, risuscitato e glorioso resta fra noi, in un modo misterioso ma reale, nell’Eucaristia. Questa presenza implica un atteggiamento di adorazione da parte nostra ed un atteggiamento di comunione personale con Lui. La presenza eucaristica ci garantisce che Lui resta tra noi e continua a svolgere l’opera della salvezza.

L’Eucaristia è mistero di fede. E’ il centro e la chiave della vita della Chiesa. E’ la fonte e radice dell’esistenza cristiana. Senza la vivenza eucaristica, la fede cristiana si riduce ad una filosofia.

Gesù ci dà il comandamento dell’amore di carità, nell’istituzione dell’Eucaristia. Non si tratta dell’ultima raccomandazione dell’amico che parte e va lontano o del padre che vede prossima la sua morte. E’ la conferma del dinamismo che Lui mette tra noi. Con il Battesimo cominciamo una vita nuova, che viene alimentata per mezzo dell’Eucaristia. Il dinamismo di questa vita porta ad amare gli altri, ed è un dinamismo che va crescendo fino a dare la vita: in questo scorgeranno gli altri che siamo cristiani.

Cristo ci ama perchè riceve la vita dal Padre. Noi ameremo, ricevendo dal Padre la vita, specialmente attraverso il cibo eucaristico.

venerdì 1 giugno 2018

(Mc 11,27-33) Con quale autorità fai queste cose?

VANGELO DI SABATO 2 GIUGNO 2018.

Giorno liturgico: Sabato, VIII settimana del Tempo Ordinario

Testo del Vangelo (Mc 11,27-33): In quel tempo, Gesù e i suoi discepoli andarono di nuovo a Gerusalemme. E, mentre egli camminava nel tempio, vennero da lui i capi dei sacerdoti, gli scribi e gli anziani e gli dissero: «Con quale autorità fai queste cose? O chi ti ha dato l’autorità di farle?». Ma Gesù disse loro: «Vi farò una sola domanda. Se mi rispondete, vi dirò con quale autorità faccio questo. Il battesimo di Giovanni veniva dal cielo o dagli uomini? Rispondetemi». Essi discutevano fra loro dicendo: «Se diciamo: «Dal cielo», risponderà: «Perché allora non gli avete creduto? ». Diciamo dunque: «Dagli uomini»?». Ma temevano la folla, perché tutti ritenevano che Giovanni fosse veramente un profeta. Rispondendo a Gesù dissero: «Non lo sappiamo». E Gesù disse loro: «Neanche io vi dico con quale autorità faccio queste cose».



 RIFLESSIONE DI LELLA

PREGHIERA: Vieni o Spirito Santo, e svelaci le parole di Gesù; fa che il nostro animo e la nostra mente siano puri davanti al Signore, e che la malizia umana non c’impedisca di capire e di riconoscere il Messia.

- Certo che la sapienza di Gesù a volte, ci lascia senza parole; il fatto che ci stupisce è che, senza neanche innervosirsi, riesce a trovare le parole giuste per far chiudere nella trappola da soli quelli che gli tendono la trappola.I sadducei ed i capi dei sacerdoti, non riconobbero in Giovanni un profeta, coloro che dovevano guidare il popolo verso Dio, non seppero leggere i segni delle sacre scritture ed ora che Giovanni era morto, i loro dubbi non si erano per niente chiariti, eppure già il loro pensiero era di insidiare Gesù. Chi è Gesù? Chi lo autorizza a fare quello che fa?La malizia che mettono nella domanda,gli si ritorce contro e non riescono a dare una risposta che nasconda il tranello che vogliono tender Gesù.     Questo brano ci deve portare a fare una riflessione semplice. Forse è il momento di domandarci chi è per noi Gesù? Se noi lo autorizziamo a guidare la nostra vita, e se facciamo come chi si sente più giusto, più saggio, più importante, e cerchiamo di metterlo a tacere. Oggi voglio leggere in queste parole anche un altro messaggio, voglio chiedere a Gesù di vivere con me in questo particolare momento, di insegnarmi ad essere prudente, a saper discernere l’ inganno e chiedergli di mettermi in bocca parole e silenzi, secondo quello che è più giusto per il progetto di Dio. Gesù ha detto: non vi preoccupate del modo di difendervi, né di ciò che dovete dire: *lo Spirito Santo vi insegnerà in quel momento ciò che conviene dire.(Lc 12,12)
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Comentario: Mn. Antoni BALLESTER i Díaz
(Camarasa, Lleida, Spagna)

Oggi, il Vangelo ci chiede di pensare con quali intenzioni andiamo a vedere Gesù. Ci sono persone che vanno senza fede, senza riconoscere la sua autorità: per questo, «vennero da lui i capi dei sacerdoti, gli scribi e gli anziani e gli dissero: “Con quale autorità fai queste cose? O chi ti ha dato l’autorità di farle?”» (Mc 11,27-28).

Se non trattiamo a Dio nella preghiera, non avremo fede. Ma, come dice San Gregorio Magno: “quando insistiamo nella preghiera con molta veemenza, Dio si detiene nei nostri cuori e ricuperiamo la vista perduta”. Se abbiamo una buona disposizione, anche se siamo nell’errore, vedendo che l’altro ha ragione, accoglieremo le sue parole. Se abbiamo buone intenzioni, anche se trasciniamo il peso del peccato, nell’orazione Dio ci farà capire la nostra miseria, per riconciliarci con Lui, chiedendo perdono con tutto il cuore e attraverso il sacramento della penitenza.

La fede e la preghiera vanno insieme. Dice San Agostino che, “se ti manca la fede, la preghiera è inutile. Poi, quando preghiamo, crediamo e preghiamo perché non ci manchi la fede. La fede provoca la preghiera, e la preghiera produce a sua volta la forza della fede”. Se disponiamo di buone intenzioni, e accorriamo a Gesù, scopriremo chi è e capiremo la sua parola, quando ci chieda: «Il battesimo di Giovanni veniva dal cielo o dagli uomini?» (Mc 11, 30). Per fede, sappiamo che veniva dal cielo, e che la sua autorità viene dal Padre che è Dio, e da Lui stesso perché è la seconda persona della Santissima Trinità.

Poiché sappiamo che Gesù è l’unico salvatore del mondo, ci rivolgiamo a sua Madre che è anche Madre nostra, affinché con il desiderio di accogliere la parola e la vita di Gesù, con buone intenzioni e buona volontà, abbiamo la pace e la gioia dei figli di Dio.

giovedì 31 maggio 2018

(Mc 11,11-25) La mia casa sarà chiamata casa di preghiera per tutte le nazioni. Abbiate fede in Dio!

VANGELO DI VENERDI 1 GIUGNO 2018.

Giorno liturgico: Venerdì, VIII settimana del Tempo Ordinario

Santorale 1 Giugno: San Giustino, martire
Testo del Vangelo (Mc 11,11-25): [Dopo essere stato acclamato dalla folla, Gesù] entrò a Gerusalemme, nel tempio. E dopo aver guardato ogni cosa attorno, essendo ormai l’ora tarda, uscì con i Dodici verso Betània. La mattina seguente, mentre uscivano da Betània, ebbe fame. Avendo visto da lontano un albero di fichi che aveva delle foglie, si avvicinò per vedere se per caso vi trovasse qualcosa ma, quando vi giunse vicino, non trovò altro che foglie. Non era infatti la stagione dei fichi. Rivolto all’albero, disse: «Nessuno mai più in eterno mangi i tuoi frutti!». E i suoi discepoli l’udirono. Giunsero a Gerusalemme. Entrato nel tempio, si mise a scacciare quelli che vendevano e quelli che compravano nel tempio; rovesciò i tavoli dei cambiamonete e le sedie dei venditori di colombe e non permetteva che si trasportassero cose attraverso il tempio. E insegnava loro dicendo: «Non sta forse scritto: «La mia casa sarà chiamata casa di preghiera per tutte le nazioni»? Voi invece ne avete fatto un covo di ladri». Lo udirono i capi dei sacerdoti e gli scribi e cercavano il modo di farlo morire. Avevano infatti paura di lui, perché tutta la folla era stupita del suo insegnamento. Quando venne la sera, uscirono fuori dalla città. La mattina seguente, passando, videro l’albero di fichi seccato fin dalle radici. Pietro si ricordò e gli disse: «Maestro, guarda: l’albero di fichi che hai maledetto è seccato». Rispose loro Gesù: «Abbiate fede in Dio! In verità io vi dico: se uno dicesse a questo monte: “Lèvati e gèttati nel mare”, senza dubitare in cuor suo, ma credendo che quanto dice avviene, ciò gli avverrà. Per questo vi dico: tutto quello che chiederete nella preghiera, abbiate fede di averlo ottenuto e vi accadrà. Quando vi mettete a pregare, se avete qualcosa contro qualcuno, perdonate, perché anche il Padre vostro che è nei cieli perdoni a voi le vostre colpe».




RIFLESSIONE DI LELLA

PREGHIERA: Vieni o Santo Spirito e fa che possiamo comprendere pienamente le parole del Vangelo.

- La folla lo acclamava,ma Gesu`non per questo cercava compromessi e di piacere…anzi,le sue parole ed i suoi gesti diventano severi.
Spesso dico nei miei poveri scritti che dobbiamo cercare di avere un rapporto vero con Dio, non basato su falsita’ e fermo nella mediocrita’; Dio non deve diventare per noi un re di burla, ma l’aspirazione massima della nostra anima ed il corpo e la mente debbono essere il mezzo con cui perseguire questa aspirazione.
Il mondo e’ basato su falsi dei,sul denaro, il successo,l’io smisurato…ma a Dio riserviamo gli avanzi!
Questa e’ amici,perdonatemi la franchezza,la nostra triste realta’!
La fede non si incentiva recando doni all’altare che si comprano col vile denaro, ma facendosi dono per il Signore,e nella sua volontà, diventando dono per gli altri.
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Comentario: Fra. Agustí BOADAS Llavat OFM
(Barcelona, Spagna)

Oggi, “frutto” e “petizione” sono parole chiavi nel Vangelo. Il Signore si avvicina a un fico e non trova frutti: soltanto fogliame caduto e reagisce maledicendolo. Secondo San Isidro de Sevilla, “fico’’, e “frutto” hanno la stessa radice. Al giorno dopo, perplessi, gli apostoli gli dicono: «Maestro, guarda: l’albero di fichi che hai maledetto è seccato» (Mc 11,21). Rispose loro Gesù: «Abbiate fede in Dio! (Mc 11,22).

C’è gente che quasi non prega, e cuando lo fa, è con il proposito che Dio gli risolva un problema cosi complicato del quale non vedono una soluzione. Lo argomentano le parole di Gesù che abbiamo appena ascoltato: Per questo vi dico: «Tutto quello che chiederete nella preghiera, abbiate fede di averlo ottenuto e vi accadrà» (Mc 11,24). Hanno ragione ed è molto umano, comprensibile e lecito che difronte a problemi che ci superano, ci affidiamo a Dio, in qualche forza superiore a noi.

Però bisogna aggiungere che ogni preghiera è “inutile’’ («vostro Padre sa di quali cose avete bisogno prima ancora che gliele chiediate») nella misura in cui non ha una utilità pratica diretta, —ad esempio— accendere una luce. Non riceviamo nulla a cambio di pregare, perche tutto ciò che abbiamo da Dio è grazia su grazia.

Pertanto, non è necessario pregare? Al contrario già che ora sappiamo che non è se non grazia, è allora quando la preghiera ha più valore: perchè è “inutile” ed è “gratuita”. Anche così, ci sono tre benefici che ci da la preghiera di petizione: Pace interiore (incontrare l’amico Gesù e affidarsi a Dio rilassa). Riflettere su un problema, ragionarlo e saperlo esporre è averlo averlo già mezzo risolto, e in terzo luogo, ci aiuta a discèrnere fra quello che è buono e quello che chissà per capriccio vogliamo nelle nostre intenzioni di preghiera. Quindi, a posteriori capiamo con gli occhi della fede cio che Gesù dice: «E qualunque cosa chiederete nel mio nome, la farò, perchè il Padre sia glorificato nel figlio» (Gv 14,13).

mercoledì 30 maggio 2018

(Lc 1,39-56) Grandi cose ha fatto per me l’Onnipotente: ha innalzato gli umili.

VANGELO DI GIOVEDI 31 MAGGIO 2018.

Giorno liturgico: 31 Maggio: Visitazione della Beata Vergine Maria

Testo del Vangelo (Lc 1,39-56): In quei giorni, Maria si alzò e andò in fretta verso la regione montuosa, in una città di Giuda. Entrata nella casa di Zaccarìa, salutò Elisabetta. Appena Elisabetta ebbe udito il saluto di Maria, il bambino sussultò nel suo grembo. Elisabetta fu colmata di Spirito Santo ed esclamò a gran voce: «Benedetta tu fra le donne e benedetto il frutto del tuo grembo! A che cosa devo che la madre del mio Signore venga da me? Ecco, appena il tuo saluto è giunto ai miei orecchi, il bambino ha sussultato di gioia nel mio grembo. E beata colei che ha creduto nell’adempimento di ciò che il Signore le ha detto». Allora Maria disse: «L’anima mia magnifica il Signore e il mio spirito esulta in Dio, mio salvatore, perché ha guardato l’umiltà della sua serva. D’ora in poi tutte le generazioni mi chiameranno beata. Grandi cose ha fatto per me l’Onnipotente e Santo è il suo nome; di generazione in generazione la sua misericordia per quelli che lo temono. Ha spiegato la potenza del suo braccio, ha disperso i superbi nei pensieri del loro cuore; ha rovesciato i potenti dai troni, ha innalzato gli umili; ha ricolmato di beni gli affamati, ha rimandato i ricchi a mani vuote. Ha soccorso Israele, suo servo, ricordandosi della sua misericordia, come aveva detto ai nostri padri, per Abramo e la sua discendenza, per sempre». Maria rimase con lei circa tre mesi, poi tornò a casa sua.




RIFLESSIONE DI LELLA

PREGHIERA: dalla preghiera di Colletta
Dio onnipotente ed eterno, che nel tuo disegno di amore hai ispirato alla beata Vergine Maria, che portava in grembo il tuo Figlio, di visitare sant'Elisabetta, concedi a noi di essere docili all'azione del tuo Spirito, per magnificare con Maria il tuo santo nome. Per il nostro Signore Gesù...

- Quella di oggi è la pagina più bella che riguarda la Madonna che sia mai stata scritta. È  il canto d' amore di Maria che appena è stata scelta dal Signore come Madre di Gesù, capisce, nonostante la preoccupazione che la sua condizione le procura, che la sua non può essere una condizione di immobilità, e parte immediatamente per servire.L' incontro è con Elisabetta, la cugina anziana, alla quale Dio aveva donato una gravidanza in tarda età; che avrebbe contribuito con lei, attraverso il suo figlio Giovanni il Battista a far conoscere Gesù, salvezza del mondo. Maria è abbagliata dalla grandezza di quello che il Signore ha compiuto in lei, che si sente così esaltata da un lato e così umile dall'altro, diviene immediatamente serva del Signore, ma anche consapevole che quello che avverrà nel mondo, sarà un prodigio che darà al mondo la salvezza promessa da Dio attraverso le sacre scritture. Forse Maria non sapeva quanto questa scelta l' avrebbe fatta soffrire, ma attraverso questa sua accettazione di ogni cosa venisse da Dio, diventa partecipe della nostra salvezza, e ancora oggi, ci accompagna al Figlio suo e ci ripete - "fate quello che lui vi dirà"- Grazie del tuo si madre dell'umanità. – La storia di Maria può essere la nostra storia, certamente non ai suoi livelli, ma anche noi possiamo dire " si " a Dio e lasciare che sia Lui a dirigere la nostra vita, attraverso lo Spirito Santo. Per riuscire   a comprendere bene cosa sia lo spirito Santo, se vi sembra di non saperlo ascoltare, lasciatevi trasportare nell'amore per tutti i fratelli, perché nell' amore sarà più facile riconoscere la sua voce.
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Comentario: Mons. F. Xavier CIURANETA i Aymí Vescovo Emerito di Lleida
(Lleida, Spagna)

Oggi contempliamo il fatto della Visita della Vergine Maria a sua cugina Elisabetta. Appena le è stato comunicato di essere stata scelta da Dio Padre per essere Madre del Figlio di Dio, e che sua cugina Elisabetta ha ricevuto anche lei il dono della maternità, marcia decisa verso la montagna per felicitare la sua propria cugina, e condividere con lei la gioia di essere state favorite dal dono della maternità e per servirla.

Il saluto della Madre di Dio provoca che il bambino, che Elisabetta porta nel suo grembo salti di entusiasmo fra le entraglie di sua madre: La Madre di Dio, che porta Gesù nel suo grembo è causa di gioia. La maternità è un dono di Dio che genera gioia. Le famiglie gioiscono quando si annunzia una vita nuova. La nascita di Cristo produce certamente «una grande gioia» (Lc 2,10).

Malgrado tutto, oggi la maternità non è valorizzata dovutamente. Frequentemente si prepongono altri interessi superficiali che sono manifestazioni di comodità e di egoismo. Le possibili rinuncie che comporta l’amore paterno e materno, spaventano a tanti matrimoni che chissà per i mezzi che hanno ricevuto da Dio, dovrebbero essere più generosi e dire di “Sì” in maniera più responsabile alle nuove vite. Tante famiglie smettono di essere “santuari della vita”. Il Papa San Giovanni Paolo II fa constatare che la contraccezione e l’aborto «hanno le loro radici nella mentalità edonistica e irresponsabile, rispetto alla sessualità e presuppongono un concetto egoista della libertà, che vede nella procreazione un ostacolo allo sviluppo della propria personalità».

Elisabetta, durante cinque mesi, non usciva di casa e meditava: «Ecco che cosa ha fatto per me il Signore» (Lc 1,25). E Maria disse: «L'anima mia magnifica il Signore (...) perché ha guardato l'umiltà della sua serva» (Lc 1,46.48). La Vergine Maria e Elisabetta valorizzano e ingrandiscono l’opera di Dio in loro: la maternità! È necessario che i cattolici ritrovino il significato della vita come un dono di Dio agli esseri umani.

martedì 29 maggio 2018

(Mc 10,32-45) Ecco, noi saliamo a Gerusalemme e il Figlio dell’uomo sarà consegnato.

VANGELO DI MERCOLEDI 30 MAGGIO 2018.

Giorno liturgico: Mercoledì, VIII settimana del Tempo Ordinario

Testo del Vangelo (Mc 10,32-45): In quel tempo, mentre erano sulla strada per salire a Gerusalemme, Gesù camminava davanti ai discepoli ed essi erano sgomenti; coloro che lo seguivano erano impauriti. Presi di nuovo in disparte i Dodici, si mise a dire loro quello che stava per accadergli: «Ecco, noi saliamo a Gerusalemme e il Figlio dell’uomo sarà consegnato ai capi dei sacerdoti e agli scribi; lo condanneranno a morte e lo consegneranno ai pagani, lo derideranno, gli sputeranno addosso, lo flagelleranno e lo uccideranno, e dopo tre giorni risorgerà». Gli si avvicinarono Giacomo e Giovanni, i figli di Zebedèo, dicendogli: «Maestro, vogliamo che tu faccia per noi quello che ti chiederemo». Egli disse loro: «Che cosa volete che io faccia per voi?». Gli risposero: «Concedici di sedere, nella tua gloria, uno alla tua destra e uno alla tua sinistra». Gesù disse loro: «Voi non sapete quello che chiedete. Potete bere il calice che io bevo, o essere battezzati nel battesimo in cui io sono battezzato?». Gli risposero: «Lo possiamo». E Gesù disse loro: «Il calice che io bevo, anche voi lo berrete, e nel battesimo in cui io sono battezzato anche voi sarete battezzati. Ma sedere alla mia destra o alla mia sinistra non sta a me concederlo; è per coloro per i quali è stato preparato». Gli altri dieci, avendo sentito, cominciarono a indignarsi con Giacomo e Giovanni. Allora Gesù li chiamò a sé e disse loro: «Voi sapete che coloro i quali sono considerati i governanti delle nazioni dominano su di esse e i loro capi le opprimono. Tra voi però non è così; ma chi vuole diventare grande tra voi sarà vostro servitore, e chi vuole essere il primo tra voi sarà schiavo di tutti. Anche il Figlio dell’uomo infatti non è venuto per farsi servire, ma per servire e dare la propria vita in riscatto per molti».



RIFLESSIONE DI LELLA

PREGHIERA: Manda o Signore il tuo Santo Spirito, sui tuoi apostoli moderni e su noi pecore smarrite, perché possiamo vivere e testimoniare la nostra fede.

- Povero Gesù, è uomo, ha paura, come tutti e, questo evidentemente, si legge sul suo volto, nel suo passo stanco, perché Marco ci dice che i discepoli che lo seguivano avevano paura. Non seguivano quindi un Gesù guerriero che li incitava alla battaglia, ma un agnello mite che si offriva come olocausto al suo destino. Presi i suoi apostoli gli disse che sapeva quello che stava succedendo, che sarebbe stato catturato, deriso, flagellato e ucciso, ma che dopo tre giorni sarebbe risorto.
Certo, capire che uno che uno che aveva resuscitato i morti (avevano visto Lazzaro tornare in vita) accettava di morire per risorgere, per i poveri apostoli non aveva senso, ma in ogni modo era tanta la fiducia che avevano in lui che volevano condividerne il destino. Morire e risorgere, vuol dire per noi, morire all’ uomo vecchio che c’è in noi, per risorgere nello Spirito con Cristo e seguirlo nella sua destinazione che è il Paradiso. Non è una via facile, perché bere il suo calice vuol dire passare attraverso la sofferenza; seguire Gesù non è seguire un potente della terra, ma uno che è venuto per servire, per offrire, per donare tutto quello che aveva per noi, anche  la cosa più preziosa, la sua vita. Tutto in Gesù è nuovo, tutto ha uno scopo, dal suo nascere povero in una stalla al suo morire martire sulla croce, tutto perché ci ama, e mentre noi mortali ci riempiamo spesso la bocca con parole d’ amore, mentre diciamo a vuoto “darei la vita per te” Gesù l’ha data veramente. Un’ ultima cosa da notare nel vangelo di oggi, è come Gesù risponde a quegli apostoli che si erano indignati contro Giacomo e Pietro, egli afferma che chi vuole essere il primo, il più grande, sarà quello che si umilierà per servire…e pensiamoci bene,perchè in fondo non dice mai agli altri di fare qualcosa che Lui non ha fatto per primo.
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Comentario: Rev. D. René PARADA Menéndez
(San Salvador, El Salvador)

Oggi, il Signore ci insegna quale dev’essere il nostro atteggiamento davanti alla Croce. L’amore ardente alla volontà di Suo Padre, per consumare la salvazione del genero umano –di ogni uomo e di ogni donna- Lo muove ad andare in fretta verso Gerusalemme, dove «sarà consegnato (...), lo condanneranno a morte (...), lo flagelleranno e l’uccideranno (cf. Mc 10,33-34). Anche se non comprendiamo, o incluso, abbiamo paura di fronte al dolore, la sofferenza o le contraddizioni di ogni giorno, cerchiamo di restare uniti –per amore alla volontà salvifica di Dio- all’offerta della croce di ogni giorno.

L’esercizio assiduo della preghiera e dei sacramenti, specialmente quello della Confessione personale dei peccati e quello dell’Eucaristia, aumenteranno in noi l’amore verso Dio e degli altri per Dio, in tal modo che ci renderemo capaci di dire: «Lo possiamo» (Mc 10,39), nonostante le nostre miserie, paure e peccati. Sì, possiamo abbracciare la croce di ogni giorno (cf.Lc 9,23) per amore, con un sorriso; questa croce che si svela in ciò che è ordinario e quotidiano: la stanchezza nel lavoro, le normali difficoltà nella vita familiare e nelle relazioni sociali, etc.

Solamente se abbracciamo la croce di ogni giorno, negando le nostre preferenze per servire gli altri, riusciremo a identificarci con Cristo, che venne «per servire e dare la propria vita in riscatto per molti» (Mc 10,45). Giovanni Paolo II spiegava che «il servizio di Gesù arriva alla Sua pienezza con la morte sulla Croce, cioè con il dono totale di sè stesso». Imitiamo, dunque, Gesù, trasformando costantemente il nostro amore a Lui con atti di servizio a tutte le persone: ricchi o poveri, con grande o poca cultura, giovani o anziani, senza nessuna distinzione. Atti di servizio per avvicinarli a Dio e liberarli dal peccato.

lunedì 28 maggio 2018

(Mc 10,28-31) Riceverete in questo tempo cento volte tanto insieme a persecuzioni, e la vita eterna nel tempo che verrà.

VANGELO DI MARTEDI 29 MAGGIO 2018.

Giorno liturgico: Martedì, VIII settimana del Tempo Ordinario

Testo del Vangelo (Mc 10,28-31): In quel tempo, Pietro prese a dire a Gesù: «Ecco, noi abbiamo lasciato tutto e ti abbiamo seguito». Gesù gli rispose: «In verità io vi dico: non c’è nessuno che abbia lasciato casa o fratelli o sorelle o madre o padre o figli o campi per causa mia e per causa del Vangelo, che non riceva già ora, in questo tempo, cento volte tanto in case e fratelli e sorelle e madri e figli e campi, insieme a persecuzioni, e la vita eterna nel tempo che verrà. Molti dei primi saranno ultimi e gli ultimi saranno primi».





RIFLESSIONE DI LELLA

PREGHIERA: Concedimi o mio amato, la luce del tuo Spirito, per comprendere a pieno le tue parole, per inserirle nella mia vita e farmi muovere sui tuoi passi. Io sento di amarti e vorrei essere veramente come Tu mi vuoi, insegnami.

- Il giovane ricco è appena andato via… non se la sentiva di vendere tutti i suoi averi per seguire Gesù, non se la sentiva di rinunciare a qualcosa che,secondo lui, gli apparteneva. Pietro guarda Gesù e timidamente gli si avvicina e gli chiede se loro che hanno lasciato tutto per seguirlo, sono a posto? C’è qualcosa in Pietro che gli fa presagire che la risposta non sarà quella che si aspetta, sembra che con Gesù non si riesca mai a capire fino in fondo, quello che è giusto, quello che vuole. Infatti, Gesù fa una precisazione che come al solito, lo lascia esterrefatto. Dice che, già solo il fatto di seguire la sua parola, apre degli scenari completamente diversi nella nostra vita; il sapere che essa non è fine a se stessa, ma che è inserita in un progetto di Dio, è una proposta accattivante che dite? Lasciare tutto, non vuol dire mettersi a fare il barbone, ma non essere attaccati a nulla, non avere delle cose più importanti di Dio, che ci possono fuorviare ed è questo per noi molto difficile. Lo era ai tempi di Gesù, in cui si viveva di poco e lo è ancor di più oggi che tutto sembra essere di primaria importanza, irrinunciabile e per avere tutto si è disposti a tutto, anche a lavorare per tante ore. C’è la macchina, i videogiochi, la discoteca, le serate divertenti, gli impegni dei figli… tutto così importante da non avere il tempo per il Signore. Una fugace messa di domenica e se il sacerdote fa un’ omelia troppo lunga, quanti visi scocciati…. Ma com’è bello ogni giorno aprire la giornata con la preghiera, affrontare le difficoltà con la fede che ci sorregge, sapere che non si è soli, leggere le scritture e cercare di capire alla luce dello Spirito Santo, che cosa ci dice il Signore. Io lo faccio con voi, ma vorrei tanto che tutti lo facessimo ognuno per proprio conto, per aver la possibilità di stare a tu per tu col Signore, aprire a Lui il nostro cuore, scoprire che quello che riceviamo e di gran lunga superiore di quello a cui rinunciamo. Anche Pietro capirà che deve rinunciare al suo orgoglio, alla sua presunzione, al suo carattere irruente, all'idea di essere perfetto, e lo capirà quando sarà messo alla prova in tutta la sua debolezza, e rinnegherà di conoscere Gesù per paura. Dobbiamo far posto a Gesù nel nostro cuore, e non ci rimetteremo, questo è sicuro!
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Comentario: Rev. D. Jordi SOTORRA i Garriga
(Sabadell, Barcelona, Spagna)

Oggi, come quel padrone che andava in piazza ogni mattina a cercare lavoratori per la sua vigna, il Signore cerca discepoli, seguaci, amici. Il Suo invito è universale. E’ un’offerta affascinante! Il Signore ci dà fiducia. Pone, però, una condizione per essere Suoi discepoli, condizione che può scoraggiarci; bisogna lasciare «casa o fratelli o sorelle o madre o padre o figli o campi a causa mia e a causa del vangelo»(Mc 10,29).

Non c’è contropartita? Non c’è compenso? Questo ci apporterà dei benefici? Pietro a nome degli Apostoli, ricorda al Maestro: «Noi abbiamo lasciato tutto e ti abbiamo seguito» (Mc 10,28), quasi volesse dire: che beneficio otterremo da tutto questo?

La promessa del Signore è generosa; «già al presente cento volte (...) e nel futuro la vita eterna» (Mc 10,30). Lui non si lascia vincere in generosità. Però aggiunge: “Con persecuzioni”. Gesù è realista e non vuole ingannarci. Essere Suoi discepoli, se lo siamo veramente, ci porterà difficoltà, problemi. Ma Gesù considera le persecuzioni e le difficoltà come un premio, giacchè ci aiutano a crescere, se le sappiamo accettare e vivere come un’occasione per guadagnare in maturità e in responsabilità. Tutto quello che è motivo di sacrificio ci fa rassomigliare a Gesù che ci salva con la sua morte sulla Croce.

Stiamo sempre in tempo per rivedere la nostra vita ed avvicinarci di più a Gesù. Questi tempi, e tutto il tempo, ci permettono –per mezzo della preghiera e dei sacramenti- di verificare se, tra i discepoli che Lui cerca, ci siamo noi, e vedremo pure quale deve essere la nostra risposta a questa chiamata. Accanto alle risposte radicali (come quella degli Apostoli) ve ne sono altre. Per molti, lasciare “casa, fratelli, sorelle, madre, padre...”vorrà dire tutto quello che ci impediva di vivere in profondità l’amicizia verso Gesù e, conseguentemente, essere Suoi testimoni di fronte al mondo. E questo è urgente, non ti sembra?


domenica 27 maggio 2018

(Mc 10,17-27) Vendi quello che hai e vieni! Seguimi!

VANGELO DI LUNEDI 28 MAGGIO 2018.

Giorno liturgico: Lunedì, VIII settimana del Tempo Ordinario

Testo del Vangelo (Mc 10,17-27): In quel tempo, mentre Gesù andava per la strada, un tale gli corse incontro e, gettandosi in ginocchio davanti a lui, gli domandò: «Maestro buono, che cosa devo fare per avere in eredità la vita eterna?». Gesù gli disse: «Perché mi chiami buono? Nessuno è buono, se non Dio solo. Tu conosci i comandamenti: “Non uccidere, non commettere adulterio, non rubare, non testimoniare il falso, non frodare, onora tuo padre e tua madre”». Egli allora gli disse: «Maestro, tutte queste cose le ho osservate fin dalla mia giovinezza». Allora Gesù fissò lo sguardo su di lui, lo amò e gli disse: «Una cosa sola ti manca: va’, vendi quello che hai e dallo ai poveri, e avrai un tesoro in cielo; e vieni! Seguimi!». Ma a queste parole egli si fece scuro in volto e se ne andò rattristato; possedeva infatti molti beni. Gesù, volgendo lo sguardo attorno, disse ai suoi discepoli: «Quanto è difficile, per quelli che possiedono ricchezze, entrare nel regno di Dio!». I discepoli erano sconcertati dalle sue parole; ma Gesù riprese e disse loro: «Figli, quanto è difficile entrare nel regno di Dio! È più facile che un cammello passi per la cruna di un ago, che un ricco entri nel regno di Dio». Essi, ancora più stupiti, dicevano tra loro: «E chi può essere salvato?». Ma Gesù, guardandoli in faccia, disse: «Impossibile agli uomini, ma non a Dio! Perché tutto è possibile a Dio».




RIFLESSIONE DI LELLA

PREGHIERA: DONAMI O SIGNORE IL TUO SANTO SPIRITO, PER SAPER DISCERNERE E PROMULGARE LA TUA PAROLA, E PER SAPERLA PER PRIMA COSA VIVERE E TRASMETTERE CON LA MIA VITA.PER CRISTO NOSTRO SIGNORE

- Spesso quando si ascolta la parola di Dio in Chiesa, si sente salire un brusio... oppure scendere un silenzio... nel nostro cuore. Penso ai ricchi, che magari hanno fatto tanti sacrifici, si sono privati del superfluo per anni e anni, per raggiungere una soddisfacente situazione finanziaria, che gli garantisca una vecchiaia serena, e con il cuore spero che questo sia vero, primo che riescano a diventare vecchi e poi anche sereni. Se volessi inventare un lavoro, mi metterei a costruire le casse da morto con le tasche, perché almeno potrebbero essere seppelliti con i loro averi, tanto purtroppo, ha ragione Gesù, quando dice che è difficile che un ricco entri nel regno di Dio, ma non perché è ricco, ben venga la ricchezza se può essere un mezzo, è la povertà d'animo, la grettezza, l' avarizia e l' egoismo che perdono le anime dei ricchi. Al tempo stesso, non serve essere ricchi per essere egoisti e poveri d'animo, perché un sorriso non costa nulla, una parola buona nemmeno e ancora meno costa pregare per gli altri... e certe persone invece non riescono a fare neanche questo. Quanto è difficile essere come Dio ci vuole, difficile capire dove sbagliamo, ma tutto quello che è difficile a noi, anche impossibile, è possibile a Dio, ed è a Lui che dobbiamo rivolgerci per chiedergli di farci diventare come ci vuole, per fare di noi esseri umani degni di essere chiamati figli di Dio. Non basta osservare i comandamenti, non uccidere, se poi qualcuno nel mondo muore di fame e io non muovo un dito; non rubare, se poi non rispettiamo chi lavora o chi ci da il lavoro. L’ inganno del maligno è dovunque, ma quello che più è tragico, è che è così annidato nel nostro animo, che non riusciamo più nemmeno a distinguerlo, per questo dobbiamo continuamente rivolgerci allo Spirito Santo di Dio, che ci aiuta a discernere il bene dal male, cosa che noi crediamo di saper fare, ma non ne siamo più capaci.
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Comentario: P. Joaquim PETIT Llimona, L.C.
(Barcelona, Spagna)

Oggi, la liturgia ci presenta un vangelo sul quale è difficile rimanere indifferenti se viene affrontato con sincerità di cuore.

Nessuno può mettere in dubbio le buone intenzioni di quel giovane che si avvicinò a Gesù per porGli una domanda: "Maestro buono, che cosa devo fare per avere la vita eterna?" (Mc 10,17). Per quello che ci riferisce Marco, è chiaro che quel cuore aveva bisogno di qualcos'altro, infatti è facile supporre che –buon israelita- conosceva bene la legge, ma dentro di lui c'era un’inquietudine, un bisogno di andare oltre e, quindi, chiede una spiegazione a Gesù.

Nella nostra vita cristiana, dobbiamo imparare a superare questa visione che riduce la fede a una mera questione di compimento. La nostra fede è molto di più. Si tratta di un impegno di cuore verso Qualcuno, che è Dio. Quando si mette il cuore in qualcosa, ci mettiamo anche la vita e, nel caso della fede, superiamo così il conformismo che sembra oggi condizionare l’esistenza di tanti credenti. Chi ama non si conforma con dare qualsiasi cosa. Chi ama cerca un rapporto personale, stretto, approfitta i dettagli e sa scoprire in tutto un’occasione per crescere nell'amore. Chi ama si dà.

In realtà, la risposta di Gesù alla domanda del giovane è una porta aperta alla donazione totale per amore: "Va, vendi quello che hai e dallo ai poveri (...), poi vieni e seguimi" (Mc 10,21). Non si tratta di lasciare senza motivo. È un lasciare che è dare se stesso e un dare se stesso che è una genuina espressione dell’amore. Apriamo, quindi, i nostri cuori all'amore-dono. Viviamo il nostro rapporto con Dio in questa chiave. Orare, servire, lavorare, superarsi, sacrificarsi... sono tutti modi di donarsi e pertanto cammini d'amore. Che il Signore trovi in noi non solo un cuore sincero, ma anche un cuore generoso e aperto alle esigenze dell'amore. Perché -con parole di Giovanni Paolo II- "l'amore che viene da Dio, amore tenero e sponsale, è fonte di esigenze profonde e radicali".




sabato 26 maggio 2018

(Mt 28,16-20) A me è stato dato ogni potere in cielo e sulla terra.

VANGELO DI DOMENICA 27 MAGGIO 2018.

Giorno liturgico: Santissima Trinità (B)

Testo del Vangelo (Mt 28,16-20): In quel tempo, gli undici discepoli andarono in Galilea, sul monte che Gesù aveva loro indicato. Quando lo videro, si prostrarono. Essi però dubitarono. Gesù si avvicinò e disse loro: «A me è stato dato ogni potere in cielo e sulla terra. Andate dunque e fate discepoli tutti i popoli, battezzandoli nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo, insegnando loro a osservare tutto ciò che vi ho comandato. Ed ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo».


RIFLESSIONE DI LELLA

PREGHIERA: Io sono con voi…Tu l’ hai detto Signore, fa che da qui, da questa tua piccola serva inutile, possano vederti anche i cuori di pietra, fa che questa tua zappa, possa scalfire la roccia per permetterti di seminare, Tu sei il seme che da frutti di vita eterna, io solo una zappa nelle tue mani… usami.

- Poche parole, pochi gesti, e tutto si riduce all’essenziale: Io sono con voi!
Quanto è importante questo messaggio del Signore:«A me è stato dato ogni potere in cielo e sulla terra. Andate dunque e fate discepoli tutti i popoli, battezzandoli nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo, insegnando loro ad osservare tutto ciò che vi ho comandato. Ed ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo». Vale per tutti noi che chiamiamo Dio Padre, ma oggi Gesù vuole parlare a noi per dirci di pregare per i sacerdoti, di aiutare queste sue povere mani consacrate che ne subiscono i tutti i colori, di aiutarli perché sono loro la nostra guida ,ma più di tutti, perché sono loro la nostra salvezza. Loro ci confessano, ci riconciliano con il Padre, anche se come gli apostoli, non sono perfetti, sono inviati da Lui. Loro sono il mezzo che Gesù usa per farci stare in comunione con Lui, piccole mani consacrate che alzano quell’ Ostia al cielo, spesso con il cuore pieno di sofferenza. Gesù è con noi, sempre, tutti i giorni, ma a volte è nascosto, e gli occhi umani, gli animi umani, non riescono a trovarlo, a sentirlo, offuscato da tanta cattiveria e da tanti pregiudizi. A volte tra gli stessi confratelli c’ è tanto peccato, tanta invidia, tanta presunzione…. é così difficile resistere ai soprusi… sono uomini come noi, hanno solo tanta voglia di piangere a volte e, non possono neanche confidarsi con nessuno, se non con quel Gesù nascosto che gli sembra che sia voltato dall’altra parte. Se per noi è difficile accettare una parola cattiva, un’offesa, un rifiuto; quanto è più difficile per loro accettarla. E poi ci siamo noi, che invece di pregare per loro, ci mettiamo a giudicarli, a rimanere male per ogni piccolo gesto distratto, per ogni stupidaggine, per ogni malinteso. Noi che siamo i primi a ferirli con le nostre bugie e la nostra mancanza d’amore, ma noi siamo pieni di noi stessi e loro devono essere pieni di Dio!
No fratelli… tutti dobbiamo essere pieni di Dio e poco di noi stessi… Loro e noi dobbiamo avere la forza di non pensare alla nostra apparenza, al piacere agli altri, alla nostra dignità di uomini e donne che spesso si sentono offesi, ma dobbiamo gettare alle ortiche tutto questo e rivestirci della dignità di Cristo, che passa attraverso il dolore e, a volte, l’umiliazione e l’incomprensione.
- Preghiamo per questi nostri angeli così fragili, così sballottati tra responsabilità e umanità, per questi piccoli Cristi che non hanno nessuno sotto alla croce che li sostenga, e che alzi per loro preghiere al Signore. A loro dico: - Gesù è con voi, soffre con voi, sa quello che passate, la solitudine nella quale vi trovate a volte…. è con voi nel Getzemani, non dimenticatelo mai… perché non la vostra volontà deve vincere, ma la gloria di Dio, passa anche attraverso le umiliazioni che subite. -
A noi laici dico: - Amiamoli, come diciamo di amare Gesù, aiutiamoli come faremmo con i nostri figli, sosteniamoli e capiamo le loro esigenze, parliamo con loro, non soltanto di noi…. usciamo dai preconcetti e dagli individualismi e diventiamo la loro famiglia che li sostiene e li aiuta. Apriamo i nostri cuori e chiudiamo le bocche alla critica e alla superbia. Forse a qualcuno sapremo insegnare e da qualcuno sapremo imparare… siamo qui apposta, per camminare insieme, ma le pecore senza pastori, non sanno dove andare ed i pastori non hanno nessun interesse a portare le pecore sulla roccia dura, ma in pascoli erbosi.-
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Comentario: Mons. F. Xavier CIURANETA i Aymí Vescovo Emerito di Lleida
(Lleida, Spagna)

Oggi, la liturgia ci invita ad adorare la Santissima Trinità, nostro Dio, che è Padre, Figlio e Spirito Santo. Un solo Dio in tre persone, nel nome del quale siamo stati battezzati. Attraverso la grazia del Battesimo siamo chiamati a formar parte nella vita della Santissima Trinità qui in basso, nell'oscurità della fede, e, dopo la morte, nella vita eterna. Per il Sacramento del battesimo siamo stati fatti partecipi della vita divina, arrivando ad essere figli del Padre Dio, fratelli in Cristo e templi dello Spirito Santo. Nel Battesimo è iniziata la nostra vita cristiana, ricevendo la vocazione alla santità. Il Battesimo ci fa appartenere a Quello che è per eccellenza il Santo, il «tre volte santo» (cf. Is 6,3).

Il dono della santità ricevuto nel Battesimo richiede la fedeltà a un lavoro di conversione evangelica che dovrà dirigere sempre tutta la vita dei figli di Dio: «Questa infatti è volontà di Dio, la vostra santificazione» (1Tes 4,3). È un impegno che compromette tutti i battezzati. «È dunque evidente per tutti, che tutti coloro che credono nel Cristo di qualsiasi stato o rango, sono chiamati alla pienezza della vita cristiana e alla perfezione della carità» (Concilio Vaticano II, Lumen gentium, n. 40).

Se il nostro Battesimo fu una vera entrata nella santità di Dio, non possiamo accontentarci con una vita cristiana magra, abitudinaria e superficiale. Siamo chiamati alla perfezione nell’amore, perché il Battesimo ci ha introdotto nella vita e nell’intimità dell’amore di Dio.

Con profonda gratitudine per il progetto benevolo di nostro Dio, che ci ha chiamato a partecipare nella sua vita di amore, rendiamogli adorazione e lode oggi e sempre. «Benedetto sia Dio Padre, e suo Figlio unico, e lo Spirito Santo, perche ha avuto misericordia di noi» (Antifona d’inizio della messa).

venerdì 25 maggio 2018

(Mc 10,13-16) Chi non accoglie il regno di Dio come lo accoglie un bambino, non entrerà in esso.

VANGELO DI SABATO 26 MAGGIO 2018.

Giorno liturgico: Sabato, VII settimana del Tempo Ordinario

Testo del Vangelo (Mc 10,13-16): In quel tempo, presentavano a Gesù dei bambini perché li toccasse, ma i discepoli li rimproverarono. Gesù, al vedere questo, s’indignò e disse loro: «Lasciate che i bambini vengano a me, non glielo impedite: a chi è come loro infatti appartiene il regno di Dio. In verità io vi dico: chi non accoglie il regno di Dio come lo accoglie un bambino, non entrerà in esso». E, prendendoli tra le braccia, li benediceva, ponendo le mani su di loro.




RIFLESSIONE DI LELLA

PREGHIERA: Aiutami o Santo Spirito a comprendere ed a riferire quello che Tu desideri sia compreso.
“ In quel tempo, presentavano a Gesù dei bambini perché li toccasse, ma i discepoli li rimproverarono. “

- Basta già solo questa frase per capire che i discepoli di Gesù avevano una concezione del loro Maestro abbastanza errata... loro che lo seguivano, in fondo non riuscivano a comprendere la sua apertura a tutti gli esseri viventi.
In questo caso vediamo che sono infastiditi dai bambini, e da chi,probabilmente le loro madri, glieli portava.
Ma queste però, avevano compreso, a questo riguardo, più dei Suoi stessi discepoli.
Gesù amava e chi ama veramente non può fare che bene.
Potrei dire tante altre cose, ma credo che questo basti per capire il messaggio che oggi le scritture ci danno; di mio vorrei aggiungere solo, preghiamo per chi non permette ai bambini che gli sono affidati da Dio, di avvicinarsi al Signore.
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Comentario: Rev. D. Josep Lluís SOCÍAS i Bruguera
(Badalona, Barcelona, Spagna)

Oggi, i bambini sono notizia. Più che mai, i bambini hanno molto da dire, malgrado che la parola “bambino” significhi “colui che non parla”. Lo vediamo nei mezzi tecnologici: essi sono capaci di farli funzionare, di usarli e, finanche, di insegnare agli adulti il loro uso corretto. Diceva l’autore di un articolo che,«sebbene i bambini non parlano, ciò non vuol dire che non pensino».

Nel passaggio del Vangelo di Marco troviamo diverse considerazioni. «Gli presentavano dei bambini perché li toccasse, ma i discepoli li rimproverarono» (Mc 10,13). Il Signore, però, nel Vangelo che abbiamo letto in questi ultimi giorni, L’abbiamo visto farsi tutto per tutti, a maggior ragione, si fa con i bambini. Così, «Al vedere questo s’indignò e disse loro: «Lasciate che i bambini vengano a me, non glielo impedite: a chi è come loro infatti appartiene il regno di Dio» (Mc 10,14).

La carità rispetta un ordine: comincia dal più bisognoso. Chi è, dunque, più bisognoso, più “povero” di un bambino? Tutti hanno diritto ad avvicinarsi a Gesù e il bambino è uno dei primi che deve godere di questo diritto: «Lasciate che i bambini vengano a me» (Mc 10,14).

Badiamo, però, che all’accogliere i più bisognosi, i primi beneficiati siamo noi stessi. Perciò il Maestro avverte: «In verità io vi dico: chi non accoglie il regno di Dio come lo accoglie un bambino, non entrerà in esso» (Mc 10,15). E corrispondendo al modo di fare semplice ed aperto dei bambini, «Egli prendendoli tra le braccia, li benediceva, imponendo le mani su di loro» (Mc 10,16).

Bisogna imparare l’arte di accogliere il Regno di Dio. Chi è come un bambino –come gli antichi “poveri di Jahvè”- si accorge facilmente che ogni cosa è dono, tutto è una grazia. E, per “ricevere” il favore di Dio, bisogna ascoltare e contemplare con “silenzio ricettivo”. Secondo Sant’Ignazio di Antiochia: «E’ meglio star zitti ed essere, che parlare e non essere (...). Colui che possiede la parola di Gesù, può pure, in verità, ascoltare il silenzio di Gesù».

giovedì 24 maggio 2018

(Mc 10,1-12) L’uomo non divida quello che Dio ha congiunto.

VANGELO DI VENERDI 25 MAGGIO 2018.

Giorno liturgico: Venerdì, VII settimana del Tempo Ordinario

Testo del Vangelo (Mc 10,1-12): In quel tempo, Gesù, partito da Cafàrnao, venne nella regione della Giudea e al di là del fiume Giordano. La folla accorse di nuovo a lui e di nuovo egli insegnava loro, come era solito fare. Alcuni farisei si avvicinarono e, per metterlo alla prova, domandavano a Gesù se è lecito a un marito ripudiare la propria moglie. Ma egli rispose loro: «Che cosa vi ha ordinato Mosè?». Dissero: «Mosè ha permesso di scrivere un atto di ripudio e di ripudiarla». Gesù disse loro: «Per la durezza del vostro cuore egli scrisse per voi questa norma. Ma dall’inizio della creazione [Dio] li fece maschio e femmina; per questo l’uomo lascerà suo padre e sua madre e si unirà a sua moglie e i due diventeranno una carne sola. Così non sono più due, ma una sola carne. Dunque l’uomo non divida quello che Dio ha congiunto». A casa, i discepoli lo interrogavano di nuovo su questo argomento. E disse loro: «Chi ripudia la propria moglie e ne sposa un’altra, commette adulterio verso di lei; e se lei, ripudiato il marito, ne sposa un altro, commette adulterio».



RIFLESSIONE DI LELLA

PREGHIERA: Aiutami Signore ad essere attenta alla voce dello Spirito, per farla mia ed attuarla nella mia vita.
Un nuovo incontro con questa parola che Gesù vuole sia ben compresa .

- Mosè da uomo si piegò al volere degli uomini, alle loro usanze, ai loro desideri, ma Gesù  ha relativizzato l’importanza, attribuendo a Mosè e non a Dio alcune parti della legge stessa: “Per la durezza del vostro cuore Mosè vi ha permesso di ripudiare le vostre mogli; all’inizio però non fu così” .
Questo per gli ebrei non era certamente cosa da poco, perchè per loro “ Il LIBRO DELLA LEGGE “ veniva da Dio stesso e Gesù “sostituiva “ alle regole la pratica dell’amore che va oltre.
Dio non si manifesta solo nel Libro, ma nella vita del Figlio che ce lo ha rivelato; non nei codici da osservare, ma nell’amore da accogliere; non chiede obbedienza alla Legge, ma somiglianza al suo modo di vivere dimostrato da Gesù.
per questo Gesù ha detto: “ Non crediate che io sia venuto ad abolire la Legge o i Profeti; non sono venuto ad abolire, ma a dare pieno compimento.”
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Comentario: Rev. D. Miquel VENQUE i To
(Barcelona, Spagna)

Oggi, Signore, vorrei pregare un momento per ringraziarTi per il Tuo insegnamento. Insegnavi con autorità e lo facevi sempre che ti lasciavamo, approfittavi tutte le occasioni: è chiaro!, lo capisco Signore, la tua missione fondamentale era trasmettere la Parola del Padre. E lo facesti.

-Oggi, usando Internet ti dico: Parlami, perché voglio fare un momento di preghiera, come un discepolo fedele. In primo luogo, vorrei chiederti di aiutarmi a essere capace di imparare ciò che insegni e, in secondo luogo, sapere insegnarlo. Riconosco che è molto facile cadere nella trappola di farti dire cose che Tu non hai detto, e con malefico coraggio, cerco di farti dire ciò che mi piace. Ammetto che forse sono più duro di cuore di quelli che ascoltavano.

-Conosco il tuo Vangelo, il Magistero della Chiesa, il Catechismo, e ricordo le parole di Giovanni Paolo II nella Lettera alle famiglie: " Il progetto dell'utilitarismo, fondato su di una libertà orientata in senso individualistico, ossia una libertà senza responsabilità, costituisce l'antitesi dell'amore ". Signore, spezza il mio cuore ansioso di felicità utilitaristica e fammi entrare nella tua verità divina, della quale ho tanto bisogno.

-In questo luogo di visione, come dalla cima della cordigliera, capisco che Tu dica che l’amore matrimoniale è definitivo, che l'adulterio -oltre ad essere peccato come tutto reato grave fatto a te, che sei il Signore della Vita e dell’Amore- è un cammino sbagliato verso la felicità: « Chi ripudia la propria moglie e ne sposa un’altra, commette adulterio verso di lei " (Marco 10,11).

Mi ricordo di un giovane che diceva, "Padre, il peccato promette molto, no da nulla e ruba tutto." Che ti capisca, buon Gesù, e che lo sappia spiegare: Ciò che Tu hai unito, l'uomo non lo può separare (cfr Mc 10,9). Fuori da qui, fuori dalle tue traiettorie, non troverò la vera felicità. Gesù, insegnami di nuovo!

Grazie, Gesù, sono duro di cuore, ma so che hai ragione.

mercoledì 23 maggio 2018

(Mc 9,41-50) È meglio per te entrare nella vita con una mano sola, anziché con le due mani andare nella Geènna.

VANGELO DI GIOVEDI 24 MAGGIO 2018.

Giorno liturgico: Giovedì, VII settimana del Tempo Ordinario
Santorale

Testo del Vangelo (Mc 9,41-50): In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Chiunque vi darà da bere un bicchiere d’acqua nel mio nome perché siete di Cristo, in verità io vi dico, non perderà la sua ricompensa. Chi scandalizzerà uno solo di questi piccoli che credono in me, è molto meglio per lui che gli venga messa al collo una macina da mulino e sia gettato nel mare. Se la tua mano ti è motivo di scandalo, tagliala: è meglio per te entrare nella vita con una mano sola, anziché con le due mani andare nella Geènna, nel fuoco inestinguibile. E se il tuo piede ti è motivo di scandalo, taglialo: è meglio per te entrare nella vita con un piede solo, anziché con i due piedi essere gettato nella Geènna. E se il tuo occhio ti è motivo di scandalo, gettalo via: è meglio per te entrare nel regno di Dio con un occhio solo, anziché con due occhi essere gettato nella Geènna, dove il loro verme non muore e il fuoco non si estingue. Ognuno infatti sarà salato con il fuoco. Buona cosa è il sale; ma se il sale diventa insipido, con che cosa gli darete sapore? Abbiate sale in voi stessi e siate in pace gli uni con gli altri».


RIFLESSIONE DI LELLA

PREGHIERA: Vieni o Santo Spirito e insegnami a comprendere la parola del Signore, dammi la possibilità di spiegare bene quello che tu vuoi che io inserisca in questa mia riflessione, perché possa arrivare là dove tu vuoi che arrivi. Amen.

- Continuala spiegazione di Gesù su quello che vuol dire appartenere a Cristo e già da questa prima frase: - Chiunque vi darà da bere un bicchiere d’acqua nel mio nome- fa comprendere che ogni cosa fatta nel nome del Signore sarà ricompensata e viceversa ogni cosa fatta male ai Suoi occhi, che sia motivo di scandalo, sarà punito.
Questo potrebbe sembrare un discorso rigido e freddo, ma se leggiamo tra le righe il senso del discorso, vediamo che invece è dettato dal grande amore che vuole spingerci ad una scelta definitiva e non basata sull’apparenza, ma nella concretezza e consapevolezza che una vita cristiana va vissuta dalle piccole alle grandi scelte.
Niente indecisioni quindi, perché le stesse sono tentazioni di vivere contro il volere di Dio e possono portare alla perdizione.
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Comentario: Rev. D. Xavier PARÉS i Saltor
(La Seu d'Urgell, Lleida, Spagna)

Oggi, il Vangelo proclamato, diventa un po`difficile da capire dovuto alla durezza delle parole di Gesù: «Se la tua mano ti è motivo di scandalo, tagliala (...).se il tuo occhio ti è motivo di scandalo, gettalo via» Mc 9,43.47). È che Gesù è molto esigente con quelli che sono i suoi seguaci. Semplicemente Gesù vuole ribadire che dobbiamo saper rinunciare alle cose che ci danneggiano, anche se sono cose molto piacevoli, ma che possono essere motivo di peccato e vizio. San Gregorio lascerà scritto «che non dobbiamo desiderare le cose che soddisfanno solo le necessità materiali e peccaminose». Gesù esige radicalità. Altrove nel Vangelo dice anche: «Chi avrà trovato la sua vita, la perderà: e chi avrà perduto la sua vita per causa mia, la troverà» (Mt 10,39).

D'altra parte, questa esigenza di Gesù vuole essere una esigenza di amore e di crescita. Non resteremo senza la sua ricompensa. Ciò che darà senso alla nostre cose deve essere sempre l'amore: dobbiamo arrivare a saper dare un bicchiere d'acqua a chi ne ha bisogno, e non per interesse personale, ma per amore. Dobbiamo scoprire Gesù Cristo nei più bisognosi e poveri. Gesù solo denuncia severamente e condanna coloro che fanno il male e scandalizzano, quelli che allontanano i più piccoli dal bene e dalla grazia di Dio.

Finalmente, tutti noi dobbiamo superare la prova del fuoco. È il fuoco della carità e dell’amore che ci purifica dai nostri peccati, per poter essere il sale che dà il buon sapore dell’amore, del servizio e della carità. Nella preghiera e nell'Eucaristia è dove i cristiani troviamo la forza della fede e del buon gusto del sale di Cristo. Non rimarremo senza ricompensa!

martedì 22 maggio 2018

(Mc 9,38-40) Chi non è contro di noi è per noi.

VANGELO DI MERCOLEDI 23 MAGGIO 2018.

Giorno liturgico: Mercoledì, VII settimana del Tempo Ordinario

Testo del Vangelo (Mc 9,38-40): In quel tempo, Giovanni disse a Gesù: «Maestro, abbiamo visto uno che scacciava demòni nel tuo nome e volevamo impedirglielo, perché non ci seguiva». Ma Gesù disse: «Non glielo impedite, perché non c’è nessuno che faccia un miracolo nel mio nome e subito possa parlare male di me: chi non è contro di noi è per noi».



RIFLESSIONE DI LELLA

PREGHIERA: Vieni o Gesù, con lo Spirito Santo, ad aprire la mia mente alla comprensione della tua parola. Dammi la possibilità di aiutarti, divulgando il senso d’ogni tua parola, perché come la neve, possa disciogliere con il suo ardore, tutte le barriere della nostra stoltezza.

- Abbiamo visto che alcuni discepoli di Gesù, non erano stati capaci di scacciare il demonio da un ragazzo e che il padre si era rivolto al Cristo, disperato e aveva messo tutta la sua piccola fede nelle Sue mani, perché l’accrescesse.Grazie a questo suo atto d’abbandono alla grazia Divina, il figlio fu guarito da Gesù. Quindi essere vicini al Signore, essere nella sua Chiesa, non è la sola cosa che è richiesta, ma una fede vera e profonda in Gesù. Vediamo che in questo brano, Gesù toglie ancora dei paletti che gli uomini vogliono come sempre frapporre tra i fedeli e Dio. Dice poi una cosa che forse non molti hanno recepito, perché è un errore che in tanti fanno: - chi non è contro di noi è per noi!  - non limita il suo raggio d’azione, né la possibilità per qualcuno che sia fuori della sua chiesa di fare miracoli, ma con un preciso avvertimento: - perché non c’è nessuno che faccia un miracolo nel mio nome e subito possa parlare male di me. Chi opera nel nome del Signore unisce, non divide, chi parla nel nome del Signore, non si meraviglia della potenza del suo braccio, e pensando alle parole del Magnificat, mi viene da aggiungere che Dio disperde i cuori superbi e gli fa perdere la strada della conoscenza. Dio non discrimina nessuno, né razza né religione, non facciamolo neanche noi, e non nascondiamoci dietro al nome di Dio per farlo.
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Comentario: Rev. D. David CODINA i Pérez
(Puigcerdà, Gerona, Spagna)

Oggi sentiamo un rimprovero all'apostolo Giovanni, che vede persone fare del bene nel nome di Cristo, senza far parte del gruppo dei suoi discepoli: «Maestro, abbiamo visto uno che scacciava demoni nel tuo nome e volevamo impedirglielo, perché non ci seguiva» (Mc 9,38). Gesù ci dà la corretta visione che dobbiamo avere verso queste persone: accoglierle ed ampliare il nostro punto di vista, con umiltà verso noi stessi, compartendo sempre un comune legame di comunione, una stessa fede, la stessa orientazione, cioè camminare insieme verso la perfezione dell'amore a Dio e al prossimo.

Questo modo di vivere la nostra vocazione di "Chiesa" ci invita a rivedere con pace e serietà la coerenza con cui viviamo questa apertura di Gesù Cristo. Mentre ci siano "altri" che ci “molestano” perché fanno le nostre stesse cose, questo è un chiaro indizio che l'amore di Cristo non ci impregna in tutta la sua profondità, e ci richiederà la "umiltà" di accettare che non esauriamo "tutta la saggezza e l'amore di Dio ". In definitiva, accettare che siamo coloro che Cristo sceglie per annunciare tutti come l'umiltà è la via per avvicinarci a Dio.

Gesù operò così dalla sua Incarnazione, quando ci avvicina al massimo la maestà di Dio nella piccolezza dei poveri. Crisostomo dice: "Cristo non si accontentò di soffrire la croce e la morte, ma volle anche diventare povero e pellegrino, vagare errante e nudo, volle essere buttato in carcere e subirne le debolezze, per ottenere da te la conversione». Se Cristo non ha lasciato passare nessuna occasione affinché viviamo l'amore con gli altri, cerchiamo di non perdere l'occasione di accettare colui che è diverso da noi nel modo di vivere la propria vocazione nel formar parte della Chiesa, perché «chi non è contro noi è per noi» (Mc 9,40).

lunedì 21 maggio 2018

(Mc 9,30-37) Il Figlio dell’uomo viene consegnato. Se uno vuole essere il primo, sia il servitore di tutti.

VANGELO DI MARTEDI 22 MAGGIO 2018.

Giorno liturgico: Martedì, VII settimana del Tempo Ordinario

Testo del Vangelo (Mc 9,30-37): In quel tempo, Gesù e i suoi discepoli attraversavano la Galilea, ma egli non voleva che alcuno lo sapesse. Insegnava infatti ai suoi discepoli e diceva loro: «Il Figlio dell’uomo viene consegnato nelle mani degli uomini e lo uccideranno; ma, una volta ucciso, dopo tre giorni risorgerà». Essi però non capivano queste parole e avevano timore di interrogarlo. Giunsero a Cafàrnao. Quando fu in casa, chiese loro: «Di che cosa stavate discutendo per la strada?». Ed essi tacevano. Per la strada infatti avevano discusso tra loro chi fosse più grande. Sedutosi, chiamò i Dodici e disse loro: «Se uno vuole essere il primo, sia l’ultimo di tutti e il servitore di tutti». E, preso un bambino, lo pose in mezzo a loro e, abbracciandolo, disse loro: «Chi accoglie uno solo di questi bambini nel mio nome, accoglie me; e chi accoglie me, non accoglie me, ma colui che mi ha mandato».



RIFLESSIONE DI LELLA

PREGHIERA: Ti prego Spirito Santo ,di entrare nel mio cuore, per fare posto alla persona nuova che Gesù vuole per me. Te lo chiedo per poter vivere in comunione con Cristo nostro Signore. Amen.

Noi siamo uomini e rimaniamo uomini, con i nostri difetti e i nostri miseri pregi; noi non capiamo mai neanche quando la fede è forte, neanche quando abbiamo Gesù vicino al cuore, che il nostro ruolo non è apparire, ma servire.
E' molto difficile comprendere che Gesù ha accettato di morire per poterci salvare, che ha messo la sua vita al nostro servizio, perché noi sulla terra, abbiamo un altro modo di vedere le cose e non riusciamo a spostare il fuoco della nostra visione, perché non riusciamo a vedere con gli occhi dell'anima. È il figlio di Dio, è Dio e quindi la nostra mentalità umana, in fondo non percepisce come impossibile quello che è successo, quasi come se essere il figlio di Dio, gli avesse fatto vivere una vita umana diversa dalla nostra. In fondo faceva miracoli, forse non soffrì poi così tanto...... e non ci rendiamo conto che questa nostra ottusità, oltre ad essere bestemmia, non ci fa entrare nel mistero quaresimale, e che ci impedisce di capire che Gesù uomo ha sofferto veramente per noi, su questa terra, per farci risorgere con lui dalla morte che prima o poi inevitabilmente colpirà' ognuno di noi. Il nostro passaggio su questa terra, è contrassegnato da sofferenza, ma il messaggio di Gesù, ci fa intravedere la speranza della resurrezione; ma se non riusciamo a capire il mistero della sua morte in croce, l' amore che l' ha generato, e quanto è stato alto il prezzo da pagare per amore, non riusciremo a comprendere la certezza della resurrezione dei morti, come quella che Cristo ci ha svelato. Vogliamo apparire, essere i primi, farci vedere migliori di quello che siamo, anche a volte solo per noi stessi, come se guardandoci allo specchio e vedendo la nostra anima così scarsa nella fede, non ci piacessimo, e volessimo riempirla a tutti i costi con palliativi privi di contenuto.
Cerchiamo invece di metterci UMILMENTE davanti al Signore, e chiediamogli di farci capire a pieno il mistero della sua morte e resurrezione, perché Lui ce lo farà comprendere, sa che siamo imperfetti, non dobbiamo sembrargli migliori, dobbiamo aprire gli occhi del cuore a Lui e Lui grazie allo Spirito Santo ci illuminerà. Chiediamo soccorso a chi ha saputo comprendere e non fare domande, a chi ha saputo fidarsi e vivere con Dio il miracolo dell'amore, chiediamo aiuto a Maria, imitando la sua fede e la sua umiltà. Oggi leggendo queste parole , mi rendo conto che troppe volte perdiamo tempo a discutere, invece di affidarci al Signore.  Se quello che vogliamo è veramente fare il volere di Dio, non fa niente se dovremo servire ed essere anche trattati male, offesi e incompresi, non è forse stato così per Gesù? L’ importante è fare il volere del Padre, e questa deve essere la nostra preghiera: Padre se puoi allontana da me il calice dell’ umiliazione, ma non la mia volontà, ma la Tua sia fatta.
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Comentario: Rev. D. Jordi PASCUAL i Bancells
(Salt, Girona, Spagna)

Oggi, il Vangelo ci offre due insegnamenti di Gesù, che sono strettamente legati tra di loro. Da una parte, il Signore annuncia agli Apostoli che «lo uccideranno; ma, una volta ucciso, dopo tre giorni risorgerà» (Mt 9,31). E’ la volontà del Padre per Lui: per questo è venuto al mondo; così vuole liberarci dalla schiavitù del peccato e dalla morte eterna; in questo modo Gesù ci renderà figli di Dio. La consacrazione di Gesù fino all’estremo di dare la propria vita per noi, ci dimostra l’infinito Amore di Dio: un Amore assoluto un Amore al quale non importa ribassarsi fino alla pazzia e allo scandalo della Croce.

Risulta terribile ascoltare la reazione degli Apostoli, ancora troppo presi nel pensare a sé stessi dimenticandosi di imparare dal Maestro: «non capivano queste parole» (Mc 9,32), poiché cammin facendo discutevano chi di loro sarebbe il più grande e per evitare di essere rimproverati non avevano il coraggio di rivolgerGli domande.

Con delicata pazienza, Gesù aggiunge: bisogna diventare l’ultimo ed essere servo degli altri. Bisogna accogliere chi è semplice e piccolo, perché il Signore ha voluto identificarsi con lui. Dobbiamo accogliere Gesù nella nostra vita, perché così staremo aprendo le porte allo stesso Dio. E’ come un programma di vita per continuare a camminare.

Così lo spiega con chiarezza il Santo parroco di Ars, Giovanni Battista Maria Vianney: «Ogni volta che possiamo rinunciare alla nostra volontà per fare quella degli altri, sempre che questa non vada contro la legge di Dio, otterremo grandi meriti, che solo Dio conosce». Gesù insegna con le Sue parole ma soprattutto con le Sue opere. Quegli Apostoli, inizialmente caparbi, dopo la Croce e la Risurrezione, seguiranno le stesse orme del loro Signore e del loro Dio. Accompagnati da Maria Santissima, vorranno diventare sempre più piccoli perché Gesù cresca in essi e nel mondo.