- San Carlo Borromeo Vescovo
4 novembre
Arona, Novara, 1538 - Milano, 3 novembre 1584
Nato nel 1538 nella Rocca dei Borromeo, sul Lago Maggiore, era il
secondo figlio del Conte Giberto e quindi, secondo l'uso delle famiglie
nobiliari, fu tonsurato a 12 anni. Studente brillante a Pavia, venne poi
chiamato a Roma, dove venne creato cardinale a 22 anni. Fondò a Roma
un'Accademia secondo l'uso del tempo, detta delle «Notti Vaticane».
Inviato al Concilio di Trento, nel 1563 fu consacrato vescovo e inviato
sulla Cattedra di sant'Ambrogio di Milano, una diocesi vastissima che si
estendeva su terre lombarde, venete, genovesi e svizzere. Un territorio
che il giovane vescovo visitò in ogni angolo, preoccupato della
formazione del clero e delle condizioni dei fedeli. Fondò seminari,
edificò ospedali e ospizi. Utilizzò le ricchezze di famiglia in favore
dei poveri. Impose ordine all'interno delle strutture ecclesiastiche,
difendendole dalle ingerenze dei potenti locali. Un'opera per la quale
fu obiettivo di un fallito attentanto. Durante la peste del 1576 assistì
personalmente i malati. Appoggiò la nascita di istituti e fondazioni e
si dedicò con tutte le forze al ministero episcopale guidato dal suo
motto: «Humilitas». Morì a 46 anni, consumato dalla malattia il 3
novembre 1584. (Avvenire)
Patronato: Catechisti, Vescovi
Etimologia: Carlo = forte, virile, oppure uomo libero, dal tedesco arcaico
Emblema: Bastone pastorale
Martirologio Romano: Memoria di san Carlo Borromeo, vescovo, che, fatto
cardinale da suo zio il papa Pio IV ed eletto vescovo di Milano, fu in
questa sede vero pastore attento alle necessità della Chiesa del suo
tempo: indisse sinodi e istituì seminari per provvedere alla formazione
del clero, visitò più volte tutto il suo gregge per incoraggiare la
crescita della vita cristiana ed emanò molti decreti in ordine alla
salvezza delle anime. Passò alla patria celeste il giorno precedente a
questo.
(3 novembre: A Milano, anniversario della morte di san Carlo Borromeo, vescovo, la cui memoria si celebra domani).
Quella che oggi ci giunge dalla pagina del Calendario, è la voce di uno
dei più grandi Vescovi nella storia della Chiesa: grande nella carità,
grande nella dottrina, grande nell'apostolato, ma grande soprattutto
nella pietà e nella devozione.
"Le anime - dice questa voce, la voce
di San Carlo Borromeo - si conquistano con le ginocchia ". Si
conquistano cioè con la preghiera, e preghiera umile. San Carlo Borromeo
fu uno dei maggiori conquistatori di anime di tutti i tempi.
Era
nato nel 1538 nella Rocca dei Borromeo, padroni e signori del Lago
Maggiore e delle terre rivierasche. Era il secondo figlio del Conte
Giberto e quindi, secondo l'uso delle famiglie nobiliari, fu tonsurato a
12 anni. Il giovane prese la cosa sul serio: studente a Pavia, dette
subito prova delle sue doti intellettuali. Chiamato a Roma, venne creato
Cardinale a soli 22 anni. Gli onori e le prebende piovvero abbondanti
sul suo cappello cardinalizio, poiché il Papa Pio IV era suo zio. Amante
dello studio, fondò a Roma un'Accademia secondo l'uso del tempo, detta
delle " Notti Vaticane ". Inviato al Concilio di Trento vi fu, secondo
la relazione di un ambasciatore, " più esecutore di ordini che
consigliere ". Ma si rivelò anche un lavoratore formidabile, un vero
forzato della penna e della carta.
Nel 1562, morto il fratello
maggiore, avrebbe potuto chiedere la secolarizzazione, per mettersi a
capo della famiglia. Restò invece nello stato ecclesiastico, e fu
consacrato Vescovo nel 1563, a 25 anni.
Entrò trionfalmente a
Milano, destinata ad essere il campo della sua attività apostolica. La
sua arcidiocesi era vasta come un regno, stendendosi su terre lombarde,
venete, genovesi e svizzere. Il giovane Vescovo la visitò in ogni
angolo, preoccupato della formazione del clero e delle condizioni dei
fedeli. Fondò seminari, edificò ospedali e ospizi. Profuse, inoltre, a
piene mani, le ricchezze di famiglia in favore dei poveri.
Nello
stesso tempo, difese i diritti della Chiesa contro i signorotti e i
potenti. Riportò l'ordine e la disciplina nei conventi, con un tal
rigore da buscarsi un colpo d'archibugio, sparato da un frate indegno,
mentre pregava nella sua cappella. La palla non lo colpì, e il foro
sulla cappamagna cardinalizia fu la più bella decorazione
dell'Arcivescovo di Milano.
Durante la terribile peste del 1576
quella stessa cappa divenne coperta dei miti, assistiti personalmente
dal Cardinale Arcivescovo. La sua attività apparve prodigiosa, come
organizzatore e ispiratore di confraternite religiose, di opere pie, di
istituti benefici.
Milano, durante il suo episcopato, rifulse su
tutte le altre città italiane. Da Roma, i Santi della riforma cattolica
guardavano ammirati e consolati al Borromeo, modello di tutti i Vescovi.
Ma per quanto robusta, la sua fibra era sottoposta a una fatica troppo
grave. Bruciato dalla febbre, continuò le sue visite pastorali, senza
mangiare, senza dormire, pregando e insegnando.
Fino all'ultimo,
continuò a seguire personalmente tutte le sue fondazioni, contrassegnate
dal suo motto, formato da una sola parola: Humilitas.
Il 3 novembre
dei 1584, il titanico Vescovo di Milano crollò sotto il peso della sua
insostenibile fatica. Aveva soltanto 46 anni, e lasciava ai Milanesi il
ricordo di una santità seconda soltanto a quella di un altro grande
Vescovo milanese, Sant'Ambrogio.
Fonte:
Archivio Parrocchia
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