mercoledì 27 giugno 2018

(Mt 7,21-29) La casa costruita sulla roccia e la casa costruita sulla sabbia.

VANGELO DI GIOVEDI 28 GIUGNO 2018.

Giorno liturgico: Giovedì, XII settimana del Tempo Ordinario

Santorale 28 Giugno: Sant' Ireneo di Lione, Vescovo e martire
Testo del Vangelo (Mt 7,21-29): In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Non chiunque mi dice: "Signore, Signore", entrerà nel regno dei cieli, ma colui che fa la volontà del Padre mio che è nei cieli. Molti mi diranno in quel giorno: "Signore, Signore, non abbiamo noi profetato nel tuo nome e cacciato demoni nel tuo nome e compiuto molti miracoli nel tuo nome?". Io però dichiarerò loro: non vi ho mai conosciuti; allontanatevi da me, voi operatori di iniquità. Perciò chiunque ascolta queste mie parole e le mette in pratica è simile a un uomo saggio che ha costruito la sua casa sulla roccia. Cadde la pioggia, strariparono i fiumi, soffiarono i venti e si abbatterono su quella casa, ed essa non cadde, perché era fondata sopra la roccia. Chiunque ascolta queste mie parole e non le mette in pratica, è simile a un uomo stolto che ha costruito la sua casa sulla sabbia. Cadde la pioggia, strariparono i fiumi, soffiarono i venti e si abbatterono su quella casa, ed essa cadde, e la sua rovina fu grande». Quando Gesù ebbe finito questi discorsi, le folle restarono stupite del suo insegnamento: egli infatti insegnava loro come uno che ha autorità e non come i loro scribi.



RIFLESSIONE DI LELLA

PREGHIERA:
Signore mio, aiutami con il tuo Santo Spirito a leggere la Tua parola e a viverla nel mondo d’oggi, come Gesù duemila anni fa, voglio vivere solo con Te e di Te. Ascoltami e Così sia.

Gesù ci mette in guardia da una cosa molto importante, non basta l’ apparenza per entrare nel regno di Dio. Per vivere in pieno la fede, infatti, perché sia salda e non cada alle prime intemperie, bisogna capire e vivere la parola di Dio. E’ inutile pronunciare con la bocca per esempio, una preghiera per i poveri, se poi quando ci passano accanto ci giriamo dall’ altra parte schifati, non serve far vedere quanto si è bravi cristiani, ma occorre essere bravi cristiani, perché altrimenti alla prima tentazione forte, crolliamo.
La fede che Gesù c’invita ad avere è fondata sulle solide basi dell’amore che ci lega a Dio, ed è una cosa bellissima confidare, affidarsi, condividere la propria vita con Lui. Troppo spesso noi preferiamo affidarci agli uomini, al politico potente, al personaggio pubblico o al prete e mettiamo Dio sul comodino, come un abat jour da accendere nel momento del bisogno. Questo è quanto di più sbagliato possiamo fare perché Gesù è la luce che deve illuminare i nostri passi, la sua parola la via da seguire; il nostro cuore deve spogliarsi delle cose del mondo e appartenere totalmente a Dio. Non è facile la via che il Signore c’ indica, ma dobbiamo continuare a provare la via della perfezione, dobbiamo seguire la parola di Dio, perché quello che è scritto nelle sacre scritture, solo se praticato, renderà salda la nostra fede. Molto spesso viviamo il cristianesimo come una un vestito troppo stretto, non riusciamo mai a indossarlo completamente, c'è sempre qualche parte che proprio non riusciamo a far entrare. Chiediamo aiuto, ma cerchiamo di imparare a rivestirci completamente di Cristo,  perchè se lasciamo troppe parti scoperte, satana farà presto a lacerarci la veste.
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Comentario: Rev. D. Joan Pere PULIDO i Gutiérrez
(Sant Feliu de Llobregat, Spagna)

Oggi ci colpisce l’affermazione decisa di Gesù: «Non chiunque mi dice: Signore, Signore, entrerà nel regno dei cieli, ma colui che fa la volontà del Padre mio che è nei cieli» (Mt 7,21). Questa affermazione esige anzitutto da noi responsabilità nella nostra condizione di cristiani, e, allo stesso tempo, che avvertiamo l’urgenza di dare una buona testimonianza di fede.

Costruire la casa sulla roccia è un’immagine chiara che ci invita a considerare il nostro impegno di fede, che non si può ridurre solo a belle parole, ma che deve fondarsi sull’autorità delle opere, impregnate di carità. In uno di questi giorni di giugno, la Chiesa ricorda la vita di san Pelagio, martire della castità, morto giovanissimo. San Bernardo, ricordando la vita di Pelagio, ci dice nel suo trattato sui costumi e sul ministero dei vescovi: «La castità, per quanto bella sia, non ha valore né merito, senza la carità. La purezza senza l’amore è come una lampada senza l’olio; e tuttavia dice la sapienza: “Che bella è la sapienza con l’amore”! Con quell’amore di cui ci parla l’Apostolo: quello che procede da un cuore puro, da una coscienza retta e da una fede sincera».

La parola chiara, con la forza della carità, manifesta l’autorità di Gesù, che suscitava la meraviglia nei suoi concittadini: «Le folle restarono stupite dal suo insegnamento: egli infatti insegnava loro come uno che ha autorità e non come i loro scribi» (Mt 7, 28-29). La nostra preghiera e contemplazione di oggi deve essere accompagnata da una seria riflessione: come parlo e agisco nella mia vita cristiana? Come do concretamente la mia testimonianza? Come metto in pratica il comandamento dell’amore nella mia vita personale, familiare, nel lavoro, ecc.? Non sono le parole né le molte preghiere quelle che contano, ma l’impegno a vivere secondo il Progetto di Dio. La nostra preghiera dovrebbe esprimere sempre il desiderio di fare il bene e di chiedere aiuto, dal momento che riconosciamo la nostra debolezza.

—Signore, che la nostra preghiera sia sempre accompagnata dalla forza della carità.

martedì 26 giugno 2018

(Mt 7,15-20) Dai loro frutti li riconoscerete.

VANGELO DI MERCOLEDI 27 GIUGNO 2018.

Giorno liturgico: Mercoledì, XII settimana del Tempo Ordinario

Testo del Vangelo (Mt 7,15-20): In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Guardatevi dai falsi profeti, che vengono a voi in veste di pecore, ma dentro sono lupi rapaci! Dai loro frutti li riconoscerete. Si raccoglie forse uva dagli spini, o fichi dai rovi? Così ogni albero buono produce frutti buoni e ogni albero cattivo produce frutti cattivi; un albero buono non può produrre frutti cattivi, né un albero cattivo produrre frutti buoni. Ogni albero che non dà buon frutto viene tagliato e gettato nel fuoco. Dai loro frutti dunque li riconoscerete».




 RIFLESSIONE DI LELLA

PREGHIERA: Vieni o Santo Spirito, dal tuo cuore al mio cuore e parlami delle cose che vuole da me il Signore.

Quest’oggi è l’immagine dell’albero che prevale nella mia mente, ed immancabilmente il pensiero se ne va dove lo Spirito lo porta e, forse per similitudine, stiamo varcando la porta dell’ Eden.
Le direttive di Dio all’uomo partono proprio da lì, da quell’ albero del bene e del male che produce i frutti per cui è stato piantato.
Seminato il bene, il frutto può essere solo il bene, anche se non tutto il bene viene accolto e tanto meno restituito. Non dobbiamo pensare che quello che è offerto sia per forza accolto; dobbiamo uscire dalla concezione della reciprocità, e riflettere su quanto sia gratuito tutto quello che riceviamo da Dio, per riuscire a donare gratuitamente , ma non per generosità, come inizialmente possiamo pensare, ma perchè tutto quello che c’è di buono in noi ci viene da Dio.
Alla fine è questo in parole povere che siamo, frutti buoni o cattivi noi stessi e da quello che sappiamo dare si vede molto chiaramente chi e cosa è seminato in noi.
È chiaro che verremo contaminati da tutto ciò che c’è di negativo intorno a noi, dall’inquinamento esterno e dai cattivi consiglieri, come Adamo ed Eva, o se volete il primo nucleo di persone, come vi piace di più, perchè la forma non cambia il risultato, ma sta sempre a noi la scelta.
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Comentario: Rev. D. Antoni ORIOL i Tataret
(Vic, Barcelona, Spagna)

Oggi, viene posto innanzi al nostro sguardo un nuovo contrasto evangelico, tra gli alberi buoni e cattivi. Le affermazioni di Gesù al rispetto sono così semplici da sembrare quasi banali. Ed è giusto dire che non lo sono affatto! Non lo sono, così come non lo è la vita reale di ogni giorno.

Queste ci insegnano che vi sono buoni che degenerano e finiscono col dare cattivi frutti, e che, al contrario, vi sono cattivi che cambiano e finiscono col dare frutti buoni. Cosa significa quindi, in definitiva, che «ogni albero buono produce frutti buoni» (Mt 7, 17)? Significa che ciò che è buono lo è in quanto non viene a meno facendo il bene. Fa il bene e non si stanca. Fa il bene e non cede alla tentazione di fare il male. Fa il bene e persevera fino all’eroismo. Fa il bene e, se per caso arrivasse a cedere davanti alla fatica di operare così, di cadere nella tentazione di fare del male, o di spaventarsi al requisito non negoziabile, lo riconosce sinceramente, lo confessa veramente, si pente di cuore e... rincomincia.

Ah! E lo fa, tra l’altro, perché sa che se non da dei frutti buoni sarà tagliato e gettato al fuoco (il santo temore di Dio mantiene la vite del buon vigneto!), e perché, conoscendo la bontà degli altri attraverso le loro opere buone, sa, non solo per propria esperienza, ma anche per esperienza sociale, che egli solo é buono e può essere riconosciuto come tale dai fatti e non dalle sole parole.

Non basta col dire «Signore, Signore!». Così come ci ricorda Giacomo, la fede si riconosce attraverso le opere: «Mostrami la tua fede senza le opere, ed io con le mie opere ti mostrerò la mia fede» (Gc 2, 18).

lunedì 25 giugno 2018

(Mt 7,6.12-14) Tutto quanto volete che gli uomini facciano a voi, anche voi fatelo a loro.

VANGELO DI MARTEDI 26 GIUGNO 2018.

Giorno liturgico: Martedì, XII settimana del Tempo Ordinario

Santorale 26 Giugno: San Josemaria, sacerdote
Testo del Vangelo (Mt 7,6.12-14): In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Non date le cose sante ai cani e non gettate le vostre perle davanti ai porci, perché non le calpestino con le loro zampe e poi si voltino per sbranarvi. Tutto quanto volete che gli uomini facciano a voi, anche voi fatelo a loro: questa infatti è la Legge e i Profeti. Entrate per la porta stretta, perché larga è la porta e spaziosa la via che conduce alla perdizione, e molti sono quelli che vi entrano. Quanto stretta è la porta e angusta la via che conduce alla vita, e pochi sono quelli che la trovano!».




 RIFLESSIONE DI LELLA

PREGHIERA: Spirito Santo, nostra guida Guida intima, tu non ci mostri solo all'esterno la volontà divina, ma la traduci per noi in una illuminazione interiore: aiutaci, dunque, ad accogliere pienamente la tua direzione.

La prima parte del brano evangelico,  mi fa pensare a quando ci avviciniamo all’ Eucarestia senza un minimo di preparazione,alle messe ascoltate come per dovere, ma con la testa altrove, alle grazie che Dio ci fa e non sappiamo apprezzare. L’ immagine delle due porte… tutti si accalcano verso quella larga, quella facile da raggiungere, agevole da superare, ed è nella mia mente, come se quasi tutti gli uomini si incamminino attraverso quella, convinti di essere verso la strada giusta. Ma la strada per il paradiso, quella che ha percorso Gesù e attraverso la quale dobbiamo entrare è quella stretta, quella che non è certo agevole, quella che è fatta di sacrifici fatti per amore.
Questo per amore che ho aggiunto, non è un “di Più”, ma è la chiave della vita del Cristiano.
Cristo ci ama e ci chiede di amare, per essere con lui, perché quella porta stretta è il suo cuore pieno d’amore . Se gli chiediamo di entrare di condividere con lui questo amore, sarà lui a darci la chiave, a spalancarci le braccia ed a stringerci al suo cuore, ma dobbiamo decidere di amare, di abbandonare il nostro ego e di vivere solo per essere figli di Dio, fratelli di Cristo e tra di noi.
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Comentario: Diácono D. Evaldo PINA FILHO
(Brasilia, Brasile)

Oggi il Signore ci fa tre raccomandazioni. La prima, «Non date le cose sante ai cani e non gettate le vostre perle davanti ai porci» (Mt 7,6), contrasti in cui i “beni” sono associati alle “perle” e alle “cose sante”; e, d’altra parte, i “cani” e i “porci” a ciò che è impuro. San Giovanni Crisostomo ci insegna che «i nostri nemici sono uguali a noi nella loro natura ma non nella loro fede». Nonostante i benefici terreni siano concessi nello stesso modo a persone degne e indegne, non è così per ciò che riguarda le “grazie spirituali”, privilegio di coloro che sono fedeli a Dio. La giusta distribuzione dei beni spirituali implica uno zelo per le cose sacre.

La seconda è la cosiddetta chiamata “regola d’oro” (cf. Mt 7, 12), che compendiava tutto ciò che la Legge e i Profeti raccomandarono, come rami di un unico albero: l’amore al prossimo presuppone l’Amore a Dio, e da Lui proviene.

Fare al prossimo ciò che vogliamo che gli uomini facciano a noi comporta una trasparenza di gesti verso l’altro, riconoscendo la sua somiglianza a Dio, la sua dignità. Per quale ragione cerchiamo il bene per noi stessi? Perché lo riconosciamo come mezzo di identificazione e di unione con il Creatore. Essendo il Bene l’unico mezzo per la vita in pienezza, è inconcepibile la sua assenza nel nostro rapporto col prossimo. Non c’è posto per il bene qualora prevalga la falsità e predomini il male.

Per ultimo, la “porta stretta”… Papa Benedetto XVI ci chiede: «Che vuol dire questa ‘porta stretta’? Perché molti non possono attraversarla? È forse un passaggio riservato per pochi eletti?» No! Il messaggio di Cristo «ci dice che tutti possiamo entrare nella vita. Il passaggio è ‘stretto’, ma aperto a tutti; ‘stretto’ perché è esigente, richiede impegno, abnegazione, mortificazione del proprio egoismo».

Preghiamo affinché il Signore, che realizzò la salvezza universale con la sua morte e risurrezione, ci riunisca tutti nel banchetto della vita eterna.

domenica 24 giugno 2018

(Mt 7,1-5) Togli prima la trave dal tuo occhio.

VANGELO DI LUNEDI 25 GIUGNO 2018.

Giorno liturgico: Lunedì, XII settimana del Tempo Ordinario

Testo del Vangelo (Mt 7,1-5): In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Non giudicate, per non essere giudicati; perché con il giudizio con il quale giudicate sarete giudicati voi e con la misura con la quale misurate sarà misurato a voi. Perché guardi la pagliuzza che è nell’occhio del tuo fratello, e non ti accorgi della trave che è nel tuo occhio? O come dirai al tuo fratello: 'Lascia che tolga la pagliuzza dal tuo occhio', mentre nel tuo occhio c’è la trave? Ipocrita! Togli prima la trave dal tuo occhio e allora ci vedrai bene per togliere la pagliuzza dall’occhio del tuo fratello».




RIFLESSIONE DI LELLA

PREGHIERA: Vieni Signore ad assistermi con la presenza del Tuo Santo Spirito, per non farmi perdere neppure una tua orma, ma per far si che il mio “ti Seguirò”, sia totale , come tu lo vuoi.

Se c’è una cosa che ci riesce bene è giudicare il comportamento degli altri, in tutto e per tutto; noi donne poi, siamo delle vere maestre in questo. Gli uomini ci seguono a ruota, ma quando si va oltre il semplice pettegolezzo, quando il nostro è un vero e proprio giudizio che diamo nei confronti dell’altro, allora faremmo meglio a ricordare che il giudizio non spetta a noi, ma a Dio. Una volta Gesù ci raccontò di una peccatrice che stava per essere lapidata perché adultera, una terribile usanza che purtroppo in alcuni paesi ancora permane. Quella donna era sicuramente colpevole, ma chi la stava giudicando, non era certo migliore di lei, tanto che Gesù disse a chi era senza peccato di scagliare la prima pietra e tutti se ne andarono senza colpirla. In questo passo ci invita a fare un buon esame di coscienza prima di guardare la colpa del fratello, la pagliuzza che è nel suo occhio, ma di guardare quante e quali sono le colpe che noi commettiamo ogni volta, ossia quanto è grande il trave che è nel nostro occhio e che ci offusca la vista. Torna ancora una volta il metro con il quale Gesù ci misurerà quando sarà la nostra ora, che è lo stesso con il quale noi giudicheremo gli altri. Perdonerà i nostri debiti come noi li perdoneremo agli altri, ci giudicherà secondo come noi giudicheremo gli altri, infatti ci dice Dio, fare agli altri quello che non vorresti fosse fatto a te! Questo passo uno dei più importanti del Vangelo, fa un pò effetto vedere con quanta facilità siamo pronti a condannare e invece grandi peccatori sono diventati grandi santi. Gesù ha un modo di correggere i nostri sbagli, che si chiama AMORE, avete mai provato a dare fiducia a chi si sente respinto da tutti? Quella donna restò con Gesù fino all' ultimo istante della sua vita e non peccò più. Noi spesso diamo fiducia a chi non dovremmo e rifiutiamo l'amore a chi è emarginato, senza curarci del dolore che brucia nel suo cuore.
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Comentario: Rev. D. Jordi POU i Sabater
(Sant Jordi Desvalls, Girona, Spagna)

Oggi, il Vangelo mi ha ricordato le parole della Marescialla del libro Il cavaliere della rosa, di Hug von Hofmansthal: «Nel come vi è la grande differenza». Dal come facciamo una cosa cambierà molto il risultato in molti aspetti della nostra vita, soprattutto quello spirituale.

Gesù dice: «Non giudicate per non essere giudicati» (Mt 7,1). Ma Gesù aveva detto pure che dobbiamo correggere il fratello che è in peccato, e per ciò è necessario avere fatto prima qualche tipo di giudizio. Lo stesso San Paolo nei suoi scritti giudica la comunità di Corinto e San Pietro condanna di falsità Anania e sua moglie. In seguito a ciò, San Giovanni Crisostomo giustifica: «Gesù non dice che non dobbiamo evitare che un peccatore desista dal peccare, dobbiamo correggerlo, certo, ma non come un nemico che cerca la vendetta, ma come il medico che applica un rimedio». Il giudizio, dunque, sembra che dovrebbe essere con l´intenzione di correggere, mai con l´intenzione di vendetta.

Ma è ancora più interessante quello che dice Sant’Agostino: «Il Signore ci avverte di non giudicare precipitosamente ed ingiustamente (...). Pensiamo, in primo luogo, se noi non abbiamo commesso qualche peccato simile; pensiamo che siamo uomini fragili, e [giudichiamo] sempre con l'intenzione di servire Dio e non noi stessi». Se quando vediamo i peccati dei fratelli pensiamo nei nostri, non ci succederà, come dice il Vangelo, che avendo una trave nell'occhio, pretendiamo cacciare una pagliuzza dall´occhio di nostro fratello (cf. Mt 7,3).

Se siamo ben formati, vedremo le cose buone e le cattive degli altri, quasi in un modo incosciente: da ciò emetteremo un giudizio. Ma il fatto di guardare le mancanze altrui dai punti di vista citati ci aiuterà nel come dobbiamo giudicare: ci aiuterà a non giudicare per giudicare, o per dire qualcosa, o per occultare le nostre mancanze o, semplicemente perché tutti fanno così. E, finalmente, teniamo soprattutto presente le parole di Gesù: «con la misura con la quale misurate sarete misurati» (Mt 7,2).

sabato 23 giugno 2018

(Lc 1,57-66.80) Giovanni è il suo nome.

VANGELO DI DOMENICA 24 GIUGNO 2018.

Giorno liturgico: 24 Giugno: Nativita' di san Giovanni Battista

Testo del Vangelo (Lc 1,57-66.80): Per Elisabetta si compì il tempo del parto e diede alla luce un figlio. I vicini e i parenti udirono che il Signore aveva manifestato in lei la sua grande misericordia, e si rallegravano con lei. Otto giorni dopo vennero per circoncidere il bambino e volevano chiamarlo con il nome di suo padre, Zaccarìa. Ma sua madre intervenne: «No, si chiamerà Giovanni». Le dissero: «Non c’è nessuno della tua parentela che si chiami con questo nome». Allora domandavano con cenni a suo padre come voleva che si chiamasse. Egli chiese una tavoletta e scrisse: «Giovanni è il suo nome». Tutti furono meravigliati. All’istante si aprirono la sua bocca e la sua lingua, e parlava benedicendo Dio. Tutti i loro vicini furono presi da timore, e per tutta la regione montuosa della Giudea si discorreva di tutte queste cose. Tutti coloro che le udivano, le custodivano in cuor loro, dicendo: «Che sarà mai questo bambino?». E davvero la mano del Signore era con lui. Il bambino cresceva e si fortificava nello spirito. Visse in regioni deserte fino al giorno della sua manifestazione a Israele.




RIFLESSIONE DI LELLA

PREGHIERA: Vieni o Spirito Santo, ed aiutami a conoscere la tua parola, fa che io possa capire ogni cosa tu vuoi che capisca, e che sappia scrivere secondo il tuo consiglio.

 Una cosa che mi salta all'occhio è come sia stato Dio a decidere tutto, anche il nome del bambino; incredulo il povero Zaccaria aveva dubitato, mentre offriva incenso sull'altare del Signore... Quanti di noi sono come Zaccaria, compiamo dei gesti senza una vera convinzione, preghiamo senza credere veramente... andiamo a messa distratti, facciamo la comunione incoscienti. Ma quando l'amore di Dio nasce, come viene alla luce il piccolo Giovanni, ecco la grazia. Giovanni, il precursore di Gesù, Giovanni il profeta, un uomo che era stato nel deserto per molti anni, e che aveva al suo seguito molti discepoli, un uomo che parlava nel nome del Signore, annunciava la venuta del Messia, ed era temuto per la sua predicazione quasi come Gesù stesso. Bellissime le parole di Gesù nei suoi confronti, quando dice: non c'è figlio d'uomo più grande di Giovanni. Da prima della sua nascita all'ultimo dei suoi giorni, Giovanni è stato il filo conduttore tra Dio e Gesù e tra questo e gli uomini.. Oggi vediamo che lo Spirito Santo agisce su di noi in maniera mirabile, tanti profeti sorgono, profeti dei giorni nostri, che anche se non sono veggenti, vivono nella vita di tutti i giorni il loro rapporto con il Signore in umiltà e sono motivo di conversione per molti...  piccoli semi di senape nel solco dell'amore di Dio che danno frutti copiosi e neanche se ne accorgono, piccole persone che pregano da tantissimi anni, col rosario in mano, ne ricordo una col suo latino sbiascicato, che seguiva la messa senza capirla, ma con una fede che anche se era seduta tra i banchi della chiesa, io la ricordo in ginocchio.... una donna da sempre vecchia, con le mani rugose di terra e la schiena china dai panni lavati al fiume... una vecchia così io l' ho sempre vista nella mia vita... e mi ha fatto sempre tanta tenerezza e rispetto.. noi che vogliamo sempre conoscere, sapere, scrutare....lei che si affidava alla corona del rosario!
Cerchiamo anche noi, di lasciare un segno semplice del nostro passaggio sulla terra, di essere finalmente figli di Dio più che uomini.
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Comentario: Rev. D. Joan MARTÍNEZ Porcel
(Barcelona, Spagna)

Oggi festeggiamo solennemente la nascita del Battista. San Giovanni è un uomo di grandi contrasti: vive il silenzio del deserto, però da lì muove la folla e la invita con voce convincente alla conversione; è umile per riconoscere che egli è soltanto la voce, non la parola, però non ha nessun impedimento ed è capace di accusare e denunziare le ingiustizie, anche gli stessi re; invita a suoi discepoli ad andare da Gesù, però non rifiuta di conversare con il Re Erode mentre si trova in prigione. Silenzioso e umile, è anche coraggioso, è deciso fino a far versare il suo sangue. Giovanni il Battista è un gran uomo! il maggiore dei nati da una donna, così sarà elogiato da Gesù; però è soltanto il precursore di Cristo.

Chissà, il segreto della sua grandezza stia nella sua consapevolezza di sentirsi prescelto da Dio; così lo esprime l’evangelista: «Il fanciullo cresceva e si fortificava nello spirito. Visse in regioni deserte fino al giorno della sua manifestazione a Israele» (Lc 1,80). Tutta la sua infanzia e gioventù è stata segnata dalla consapevolezza della sua missione: dare testimonianza; e lo fa battezzando Cristo nel Giordano, preparando per il Signore un popolo ben disposto e, alla fine della sua vita, versando il suo sangue a favore della verità. Con la nostra conoscenza su Giovanni, possiamo rispondere alle domande di suoi contemporanei: «Chi sarà mai questo bambino?» (Lc 1,66).

Tutti noi, per il battesimo siamo stati scelti e inviati a dare testimonianza del Signore. In un ambiente di indifferenza, San Giovanni è modello e aiuto per noi; San Agostino ci dice: «Ammira Giovanni quanto ti sia possibile, giacché ciò che ammiri profitta Cristo. Profitta Cristo, ripeto, non perché tu gli offra qualcosa a Lui, ma per progressare tu in Lui». In Giovanni le sue attitudini di precursore, manifestate nella sua preghiera attenta allo Spirito, nella sua fortezza e umiltà, ci aiutano ad aprire nuovi orizzonti di Santità per noi e per i nostri fratelli.

venerdì 22 giugno 2018

(Mt 6,24-34) Non preoccupatevi del domani.

VANGELO DI SABATO 23 GIUGNO 2018.

Giorno liturgico: Sabato, XI settimana del Tempo Ordinario

Testo del Vangelo (Mt 6,24-34): In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Nessuno può servire due padroni, perché o odierà l’uno e amerà l’altro, oppure si affezionerà all’uno e disprezzerà l’altro. Non potete servire Dio e la ricchezza. Perciò io vi dico: non preoccupatevi per la vostra vita, di quello che mangerete o berrete, né per il vostro corpo, di quello che indosserete; la vita non vale forse più del cibo e il corpo più del vestito? Guardate gli uccelli del cielo: non séminano e non mietono, né raccolgono nei granai; eppure il Padre vostro celeste li nutre. Non valete forse più di loro? E chi di voi, per quanto si preoccupi, può allungare anche di poco la propria vita?» E per il vestito, perché vi preoccupate? Osservate come crescono i gigli del campo: non faticano e non filano. Eppure io vi dico che neanche Salomone, con tutta la sua gloria, vestiva come uno di loro. Ora, se Dio veste così l’erba del campo, che oggi c’è e domani si getta nel forno, non farà molto di più per voi, gente di poca fede? Non preoccupatevi dunque dicendo: 'Che cosa mangeremo? Che cosa berremo? Che cosa indosseremo?'. Di tutte queste cose vanno in cerca i pagani. Il Padre vostro celeste, infatti, sa che ne avete bisogno. Cercate invece, anzitutto, il regno di Dio e la sua giustizia, e tutte queste cose vi saranno date in aggiunta. Non preoccupatevi dunque del domani, perché il domani si preoccuperà di se stesso. A ciascun giorno basta la sua pena».




RIFLESSIONE DI LELLA

PREGHIERA:
Grazie o Gesù delle tue sante parole, grazie di ogni respiro che hai emesso per noi, concedimi di respirare del tuo respiro e di vivere di Te.

Non si può servire Dio se la ricchezza diventa il nostro Dio. Questo deve essere ben vivo nel nostro cuore e nella nostra mente, se vogliamo salvare la nostra anima, se non vogliamo fare scelte sbagliate.
Spesso ci occupiamo più del nostro corpo che della nostra anima, come se le due cose fossero scollegate, ma non ci rendiamo conto che separando l’una dall’ altra, noi ci separiamo dal creatore, ci allontaniamo da Dio.
Matteo mette in risalto le parole di Gesù con le quali ci dice con una chiarezza sconcertante, che nella vita è una questione di scelta d’appartenenza.
Non si può vivere nel mondo ed essere del mondo e allo stesso tempo servire Dio.
Appartenere a Dio vuol dire confidare che da Lui ti verrà tutto quello che ti serve per vivere.
Molte persone appena perdono le loro sicurezze terrene si preoccupano e disperano, e questo, anche se umanamente è comprensibile, è segno che non è nel Signore che confidano.
Penso agli apostoli che sulla barca, in mezzo alla tempesta avevano paura, ma appena anno invocato il nome di Gesù, hanno visto con loro stupore che comandò alle acque di calmarsi e queste si calmarono.
Abbiamo visto come con pochi pani e pochi pesci, sfamò una moltitudine di gente e ne avanzò.
Abbiamo visto che resuscitò i morti.
Di Dio noi abbiamo attraverso Gesù una rivelazione d’onnipotenza senza pari, ma non ci rivolgiamo a Lui se non in caso d’estrema necessità, e spesso, troppo spesso, lo consideriamo un talismano, un banco dei pegni, al quale dire una preghierina con la speranza di ottenere tutto e subito.
Crediamo di valere solo in base a quello che abbiamo, alla posizione sociale, al nostro aspetto fisico, ma forse questo è vero solo perché anche noi giudichiamo gli altri da questo.
Agli occhi del Signore invece contano le nostre piccole opere buone, la nostra mano tesa verso i fratelli più bisognosi, il nostro amore per lui, per la nostra famiglia; l’amore che riusciamo a dare è più importante di tutto quello che possiamo avere.
Nella vita passiamo molti esami, qualcuno riusciamo anche a truccarlo, con l’aiuto di altri uomini corruttibili…. ma quando passeremo il nostro ultimo esame, non potremo barare, ne comperarne l’ esito.
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Comentario: Rev. D. Carles ELÍAS i Cao
(Barcelona, Spagna)

Oggi, Gesù ci dice: « Non potete servire a Dio e a mammona» (Mt 6,24). Con queste parole ci mette di fronte alla nostra insicurezza che cerchiamo di mascherare con l'appoggio della tranquillità dell'avere non solo il necessario ma anche quello che ci piace, e ciò ci porta a sciupare e a sperperare.

«Che l'ascolti l'avaro; che l'ascolti chi pensa che, chiamandosi cristiano, può servire contemporaneamente la ricchezza e a Cristo. Tuttavia non disse: colui che ha ricchezze, ma chi serve le ricchezze; chi è schiavo della ricchezze e la conserva come uno schiavo; ma chi ha scosso il giogo della schiavitù, le distribuisce quale signore» (San Gerolamo).

Come nelle beatitudini —o in un altro passaggio importante, come quello del comandamento nuovo (cf. Jn 13,34-35)—, oggi il Signore ci invita ad una decisione per la fiducia illimitata in un Padre che ci si dona come provvidenza, per la ricerca del Regno di giustizia, di pace e di gioia per un'autentica povertà interiore dell'anima, che si contorce frequentemente con “con gemiti inesprimibili” (cf. Rom 8,26) verso Colui che solamente può saziare il nostro cuore di pienezza e di eternità. Da questo distacco, da questa incertezza assunta coscientemente, depositiamo tutta la nostra speranza nel seguire Cristo.

Lasciando il passato nel perdono di Dio e scacciando paure e preoccupazioni per un futuro che non è ancora arrivato, Gesù ci invita a vivere il giorno “d’oggi” che è l'unico che abbiamo adesso. Ed in quest’ “oggi” Egli ci si offre come pane che accompagna il giorno. «Solo il presente ci appartiene, giacchè è incerta la speranza del futuro (...). Ad ogni giorno gli è sufficiente la propria malizia. Perché preoccuparci del domani?» (San Gregorio di Nissa).

giovedì 21 giugno 2018

(Mt 6,19-23) Dov’è il tuo tesoro, là sarà anche il tuo cuore.

VANGELO DI VENERDI 22 GIUGNO 2018.

Giorno liturgico: Venerdì, XI settimana del Tempo Ordinario

Testo del Vangelo (Mt 6,19-23): In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Non accumulate per voi tesori sulla terra, dove tarma e ruggine consumano e dove ladri scassìnano e rubano; accumulate invece per voi tesori in cielo, dove né tarma né ruggine consumano e dove ladri non scassìnano e non rubano. Perché, dov’è il tuo tesoro, là sarà anche il tuo cuore.» La lampada del corpo è l’occhio; perciò, se il tuo occhio è semplice, tutto il tuo corpo sarà luminoso; ma se il tuo occhio è cattivo, tutto il tuo corpo sarà tenebroso. Se dunque la luce che è in te è tenebra, quanto grande sarà la tenebra!».



RIFLESSIONE DI LELLA

PREGHIERA: Vieni o Santo Spirito, a parlare con noi di Gesù e di quello che viene ad insegnarci sulla terra, perché a Te affidò noi uomini.

Creati liberi, ci siamo ridotti in schiavitù di tutto e di tutti! Continuiamo a cercare il benessere del corpo, la bellezza, la sensualità, assecondando i nostri desideri, anche a scapito degli altri.
Se almeno questo ci desse la felicità!
Invece no, anzi, più abbiamo e più desideriamo altro, siamo degli eterni insoddisfatti.
Guai poi se perdiamo qualcosa che pensiamo ci spetti di diritto....
In questa pagina del Vangelo c’è una sfida che possiamo e dobbiamo vincere; lasciare la cupidigia e l’egoismo per tornare ad essere liberi, per riuscire a vedere la bellezza del mondo, attraverso la nostra anima, con la luce dell’amore di Dio.
Solo allora riusciremo ad essere felici, quando ci svuoteremo delle cose del mondo e ci riempiremo delle cose di Dio.
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Comentario: Rev. D. Lluís RAVENTÓS i Artés
(Tarragona, Spagna)

Oggi, il Signore ci dice che «La lucerna del corpo è l'occhio» (Mt 6,22). Santo Tommaso interpreta che con questo —parlando dell'occhio— Gesù si riferisce all´intenzione dell'uomo. Quando l'intenzione è retta, chiara, incamminata verso Dio, tutte le nostre azioni sono lucenti, splendenti; ma quando l'intenzione non è retta, com’è grande l'oscurità! (cf. Mt 6,23).

La nostra intenzione può essere non troppo retta, per malizia, per malvagità, ma più frequentemente è per mancanza di buon senso. Viviamo come se fossimo venuti sulla terra per ammucchiare ricchezze e non abbiamo in testa nessun altro pensiero. Guadagnare soldi, comprare, disporre, possedere. Vogliamo attrarre l'ammirazione degli altri o forse l'invidia. Ci inganniamo, soffriamo, ci addossiamo preoccupazioni e dispiaceri e non troviamo la felicità desiderata. Gesù ci fa un'altra proposta: «accumulatevi invece tesori nel cielo, dove né tignola né ruggine consumano, e dove ladri non scassinano e non rubano» (Mt 6,20). Il Cielo è il granaio delle buone azioni. Questo sì che è un tesoro per sempre.

Siamo sinceri con noi stessi. In che cosa impieghiamo i nostri sforzi? Quali sono le nostre inquietudini? Certamente è proprio di un buon cristiano lo studio ed il lavoro onesto per aprirsi passo nel mondo, per portare avanti la famiglia, assicurare il futuro dei suoi e la tranquillità della vecchiaia; magari, per lavorare pure per il desiderio di aiutare gli altri... Sì, tutto questo è proprio di un buon cristiano. Ma se quello che tu cerchi è possedere sempre di più, mettendo il cuore in queste ricchezze, dimenticando le buone azioni, dimenticando che in questo mondo siamo di passaggio, che la nostra vita è un'ombra che passa, non è vero, allora, che abbiamo gli occhi offuscati? E se il buon senso si offusca, «quanto grande sarà la tenebra!» (Mt 6,23).

mercoledì 20 giugno 2018

(Mt 6,7-15) Voi dunque pregate così.

VANGELO DI GIOVEDI 21 GIUGNO 2018.

Giorno liturgico: Giovedì, XI settimana del Tempo Ordinario

Testo del Vangelo (Mt 6,7-15): In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Pregando, non sprecate parole come i pagani: essi credono di venire ascoltati a forza di parole. Non siate dunque come loro, perché il Padre vostro sa di quali cose avete bisogno prima ancora che gliele chiediate.» Voi dunque pregate così: 'Padre nostro che sei nei cieli, sia santificato il tuo nome, venga il tuo regno, sia fatta la tua volontà, come in cielo così in terra. Dacci oggi il nostro pane quotidiano, e rimetti a noi i nostri debiti come anche noi li rimettiamo ai nostri debitori, e non abbandonarci alla tentazione, ma liberaci dal male'. Se voi infatti perdonerete agli altri le loro colpe, il Padre vostro che è nei cieli perdonerà anche a voi; ma se voi non perdonerete agli altri, neppure il Padre vostro perdonerà le vostre colpe».





RIFLESSIONE DI LELLA

PREGHIERA: Vieni o Santo Spirito e guidami per capire le meravigliose parole di Gesù.

Credo che sul Padre Nostro, la preghiera che Gesù ci ha insegnato, si sia detto e spiegato tutto; quindi non mi soffermerò ancora una volta a riflettere sulle parole della preghiera, ma cercherò di trovare il senso che ha questo discorso di Gesù, aiutata dalle indicazioni che la Chiesa ci da, unendo questa lettura alle altre di oggi. Perchè la preghiera sia efficace, non servono le parole, ma quanto ci lasciamo trasformare dalla preghiera stessa. Le parole possono essere anche belle, ma vane se non sono accompagnate da intenzioni sincere e dal desiderio di un vero colloquio, senza finzioni, con il nostro Dio. Nessun cammino porta lontano se gira intorno a se stesso; infatti a volte parliamo di amore, ma non riusciamo ad amare; parliamo di perdono, ma non proviamo neanche a perdonare. Nelle parole che Gesù ci insegna è scritta la nostra salvezza o la nostra condonna, perchè senza giri di parole ci dice : -Se voi infatti perdonerete agli altri le loro colpe, il Padre vostro che è nei cieli perdonerà anche a voi; ma se voi non perdonerete agli altri, neppure il Padre vostro perdonerà le vostre colpe.- Quindi non sprechiamo parole, ma cerchiamo di disporre prima tutto perchè le nostre parole possano essere prese sul serio da Dio. Il perdono che desideriamo per noi, dobbiamo desiderarlo anche per i fratelli, perchè, per quanto possiamo fare, è comunque un perdono al quale non avremmo diritto, ma che ci viene concesso per la grande misericordia del nostro Padre. Un bel fioretto sarebbe imparare a non giudicare e non condannare nessuno, ma dire una preghiera per chiedere perdono per coloro che sono lontani “secondo noi” dal cammino di conversione, tenendo presente che noi per primi, siamo ancora in cammino, e purtroppo, spesso giriamo a vuoto.
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Comentario: Rev. D. Joan MARQUÉS i Suriñach
(Vilamarí, Girona, Spagna)

Oggi, Gesù ci propone un ideale grande e difficile: perdonare le offese. E stabilisce una misura molto ragionevole: la nostra: «Se voi infatti perdonerete agli uomini le loro colpe, il Padre vostro celeste perdonerà anche a voi; se voi non perdonerete agli uomini, neppure il Padre vostro perdonerà le vostre colpe» (Mt 6,14-15). In altre parole dimostrava la regola d’oro della convivenza umana: «Tutto quanto volete che gli uomini facciano a voi, anche voi fatelo a loro» (Mt 7,12).

Desideriamo che Dio ci perdoni e che anche gli altri lo facciano; però noi siamo restii a farlo. Costa chiedere perdono; però non darlo costa ancora di più. Se fossimo veramente umili, non sarebbe così difficile; però l’orgoglio ce lo rende laborioso. Per questo possiamo stabilire la seguente equazione: a maggiore umiltà, maggior facilità; a maggior orgoglio, maggior difficoltà. Questo ti darà una pista per conoscere il tuo grado di umiltà.

Terminata la guerra civile spagnola (anno 1939), dei sacerdoti liberati celebrarono una Messa di ringraziamento nella chiesa di Els Omells. Il celebrante, dopo le parole del Padre nostro «rimetti a noi i nostri debiti» si fermò senza poter continuare. Non era nello stato d’animo di poter perdonare a quelli che lo avevano fatto soffrire tanto in quello stesso campo di lavori forzati. Trascorsi vari secondi, in un silenzio che si poteva tagliare, riprese la preghiera: «come anche noi li rimettiamo ai nostri debitori». Più tardi si chiesero quale fosse stata la miglior omelia. Tutti furono d’accordo: quella del silenzio del celebrante quando recitava il Padre nostro. Costa, però è possibile con l’aiuto del Signore.

Per di più, il perdono che Dio ci da è totale, arriva fino alla dimenticanza. Trascuriamo in fretta i favori, però le offese... Se i matrimoni le potessero dimenticare, si eviterebbero e si potrebbero risolvere molti drammi familiari.

Che la Madre di misericordia ci aiuti a comprendere agli altri ed a perdonarli generosamente.

martedì 19 giugno 2018

(Mt 6,1-6.16-18) Il Padre tuo, che vede nel segreto, ti ricompenserà.

VANGELO DI MERCOLEDI 20 GIUGNO 2018.

Giorno liturgico: Mercoledì, XI settimana del Tempo Ordinario

Testo del Vangelo (Mt 6,1-6.16-18): In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «State attenti a non praticare la vostra giustizia davanti agli uomini per essere ammirati da loro, altrimenti non c’è ricompensa per voi presso il Padre vostro che è nei cieli. Dunque, quando fai l’elemosina, non suonare la tromba davanti a te, come fanno gli ipocriti nelle sinagoghe e nelle strade, per essere lodati dalla gente. In verità io vi dico: hanno già ricevuto la loro ricompensa. Invece, mentre tu fai l’elemosina, non sappia la tua sinistra ciò che fa la tua destra, perché la tua elemosina resti nel segreto; e il Padre tuo, che vede nel segreto, ti ricompenserà.» E quando pregate, non siate simili agli ipocriti che, nelle sinagoghe e negli angoli delle piazze, amano pregare stando ritti, per essere visti dalla gente. In verità io vi dico: hanno già ricevuto la loro ricompensa. Invece, quando tu preghi, entra nella tua camera, chiudi la porta e prega il Padre tuo, che è nel segreto; e il Padre tuo, che vede nel segreto, ti ricompenserà.» E quando digiunate, non diventate malinconici come gli ipocriti, che assumono un’aria disfatta per far vedere agli altri che digiunano. In verità io vi dico: hanno già ricevuto la loro ricompensa. Invece, quando tu digiuni, profùmati la testa e làvati il volto, perché la gente non veda che tu digiuni, ma solo il Padre tuo, che è nel segreto; e il Padre tuo, che vede nel segreto, ti ricompenserà».




RIFLESSIONE DI LELLA

PREGHIERA: Ti prego o Santo Spirito, di illuminarmi con la tua sapienza, di benedirmi con il Tuo amore e di non farmi mancare mai il tuo appoggio. Per Cristo nostro Signore.

L’ arte dell’apparire non è dei figli di Dio, ma piuttosto lo è quella del silenzio, del fare senza voler ricevere niente in cambio, quella del perdonare anche chi offende. Essere Cristiani, diventa sempre più faticoso, Gesù scava sempre più dentro di noi, per fare piazza pulita di quello che può deviare la nostra spiritualità, la nostra condotta, che deve essere veramente sincera per arrivare all’ essenza della fede.
Il vero credente non fa di tutto per sembrare buono, ma è buono… ed è buono perché ama il suo Dio ed il suo prossimo. Se noi viviamo in una famiglia unita e ci vogliamo bene, ci aiutiamo gli uni con gli altri; se vediamo che nostra Madre o nostro Padre sono preoccupati, addolorati per il comportamento dei nostri fratelli, cerchiamo di parlare con loro, di fargli capire dove sbagliano, non li cacciamo da casa e non chiediamo di chiuderli fuori; se a nostro fratello serve aiuto, non stiamo neanche ad aspettare che lo chieda, ma senza voler sembrare più in gamba, solo perché abbiamo di più, lo aiutiamo.
Purtroppo tanti nostri atteggiamenti sono sbagliati, perché mentre con una mano aiutiamo, con l’altra pretendiamo di avere riconoscimenti per il nostro gesto.
Come possiamo pensare di fare parte della stessa famiglia, di essere legati all’ amore di Dio, che ha dato la vita per noi e non ci chiede altro che amore.
Lui è stato martoriato, in silenzio, è morto su una croce di legno ruvida che graffiava il suo corpo piagato, e chi lo avrebbe mai sospettato che da duemila anni ancora nessuno riesca a dimenticare quel gesto.
La piccola Teresa Madre di Calcutta, per fare un esempio fra tanti, non cercava gli onori, anzi, era là tra i poveri, i lebbrosi e gli emarginati e cercava solo di alleviare le loro ferite, ma più di tutto, cercava di abbracciare i suoi ammalati, molti dei quali in fin di vita, per non farli sentire soli nel momento del trapasso.
Quello che lei iniziò a fare non aveva evidentemente lo scopo di farla apparire, anzi, gli unici che la avvicinavano erano proprio loro, gli ultimi del mondo, ma il Signore guardava la piccola madre, ed aveva in serbo per lei grandi cose e così, lei che non fece nulla per apparire, divenne nel mondo l’ immagine stessa della carità.
Fa o Signore, che possiamo somigliare sempre più alla piccola Madre Teresa, che sappiamo come lei riconoscerti nel fratello bisognoso, di un sorriso, di una parola, di un aiuto… fa che possiamo essere le tue mani ed il tuo cuore, belli, puri e mai vanitosi, perché tutto quello che ci viene da te viene direttamente dal cuore.
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Comentario: Rev. D. Antoni CAROL i Hostench
(Sant Cugat del Vallès, Barcelona, Spagna)

Oggi, Gesù ci invita a operare per la gloria di Dio, con lo scopo di gradire al Padre, che perciò stesso siamo stati creati. Cosi lo afferma il Catechismo della Chiesa Cattolica: «Dio ha creato tutto per l’uomo, ma l’uomo è stato creato per servire e amare Dio e per offrirgli tutta la creazione». Questo è il senso della nostra vita e il nostro onore: gradire al Padre, compiacere Dio. Questo è il testimonio che ci ha lasciato Cristo. Magari il Padre celeste possa dare di ognuno di noi lo stesso testimonio che ha dato del suo Figlio al momento del battesimo: «Questi è il Figlio mio prediletto, nel quale mi sono compiaciuto» (Mt 3,17).

La mancanza di una retta intenzione sarebbe specialmente grave e ridicola se avvenisse in atti come la preghiera, il digiuno e l´elemosina, perché questi sono atti di pietà e carità, vuol dire, atti che —di per se— sono propri della virtù della religione o atti che si eseguono per amore a Dio.

Per questo, «guardatevi dal praticare le vostre buone opere davanti agli uomini per essere da loro ammirati, altrimenti non avrete ricompensa presso il Padre vostro che è nei cieli» (Mt 6,1). Come potremmo gradire a Dio se quello che procuriamo fin dall´inizio è che ci vedano ed essere ben considerati —prima di tutto— davanti agli uomini? Non significa che dobbiamo nasconderci dagli uomini affinché non ci vedano, piuttosto si intende che dobbiamo dirigere le nostre buone opere direttamente e in primo luogo a Dio. Non importa e non è nemmeno pregiudizievole che ci vedano gli altri: al contrario, poiché possiamo educarli con la testimonianza coerente del nostro agire.

Quello che è veramente importante —e molto!— è che noi vediamo Dio dietro le nostre azioni. E, per questo, dobbiamo «esaminare con molta cura (accuratezza) la nostra intenzione in tutto quello che facciamo, e non cercare i nostri interessi, se vogliamo servire il Signore» (San Gregorio Magno).





lunedì 18 giugno 2018

(Mt 5,43-48) Siate perfetti come il Padre vostro celeste.

VANGELO DI MARTEDI 19 GIUGNO 2018.

Giorno liturgico: Martedì, XI settimana del Tempo Ordinario

Testo del Vangelo (Mt 5,43-48): In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Avete inteso che fu detto: “Amerai il tuo prossimo” e odierai il tuo nemico. Ma io vi dico: amate i vostri nemici e pregate per quelli che vi perseguitano, affinché siate figli del Padre vostro che è nei cieli; egli fa sorgere il suo sole sui cattivi e sui buoni, e fa piovere sui giusti e sugli ingiusti. Infatti, se amate quelli che vi amano, quale ricompensa ne avete? Non fanno così anche i pubblicani? E se date il saluto soltanto ai vostri fratelli, che cosa fate di straordinario? Non fanno così anche i pagani? Voi, dunque, siate perfetti come è perfetto il Padre vostro celeste».




RIFLESSIONE DI LELLA

PREGHIERA: Vieni o Santo Spirito e ferisci il mio cuore con un raggio della Tua luce; fa che la Tua parola mi penetri fino in fondo e lì lasci un segno indelebile, perchè io non possa più mancare di ascoltarla , nè ferirti con il mio silenzio.

Silenzio - assenso!
Dire non odio, non faccio del male, purtroppo non basta fratelli e sorelle!
Ama il tuo nemico, è questo che ci chiede il Signore; ama chi ti perseguita, chi ti giudica, chi ti critica, chi parla male di te...
Ama e non chiedergli di cambiare, di essere diverso, ma ama anche chi non lo merita, perchè siamo amati senza merito alcuno e così dobbiamo imparare ad amare.
Avete mai notato che i genitori che hanno figli che li fanno dannare, difficili da educare, tentano il tutto per tutto per non vederli rovinare e chiedono aiuto anche alle istituzioni quando vedono che non riescono?
Ecco ... noi siamo le istituzioni di Dio, siamo quelli che devono aiutare ed essere aiutati quando il male incombe, siamo quelli che uniti in preghiera sconfiggono il male.
La santità è un cammino in cui le pietre d’inciampo servono per costruire; i nostri nemici sono coloro che più di tutti ci aiutano a salire i gradini della perfezione; si impara di più non ribellandosi che contestando continuamente.
Ecco perchè Gesù dice: Amateli, pregate per essi, perché sono i vostri più
grandi benefattori.
Gesù perdonami se non riesco sempre a perdonare, se non riesco sempre ad amare, e fa che la forza del tuo amore cambi il mio cuore di pietra!
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Comentario: Rev. D. Iñaki BALLBÉ i Turu
(Terrassa, Barcelona, Spagna)

Oggi, Cristo ci invita ad amare. Amare senza limiti, che è la misura dell'Amore vero. Dio è Amore, «che fa sorgere il suo sole sopra i malvagi e sopra i buoni, e fa piovere sopra i giusti e sopra gli ingiusti» (Mt 5,45). E l'uomo, scintilla di Dio, deve lottare per somigliare a Lui ogni giorno, «perché siate figli del Padre vostro celeste» (Mt 5,45). Dove troviamo il volto di Cristo? Negli altri, nel prossimo più vicino a noi. È molto facile provare compassione per i bambini affamati d'Etiopia quando li vediamo in televisione, o per gli immigranti che arrivano ogni giorno sulle nostre spiagge. Ma, e quelli di casa nostra? Ed i nostri compagni di lavoro? E quel famigliare lontano che è solo e al quale potremmo andare a fargli un po’ di compagnia? Gli altri, come li trattiamo? Come li amiamo? Concretamente quale servizio rendiamo loro ogni giorno?

È molto facile amare chi ci ama. Ma il Signore ci invita ad andare oltre, perché «se amate quelli che vi amano, quale merito ne avete? Non fanno così anche i pubblicani?» (Mt 5,46). Amare i nostri nemici! Amare quelle persone che sappiamo —con certezza— che non ci restituiranno mai né l'affetto, né il sorriso, né quel favore. Semplicemente perché ci ignorano. Il cristiano, ogni cristiano, non può amare “interessatamente”; non deve dare un pezzo di pane, un'elemosina al mendicante dell'angolo della strada. Deve dare sé stesso. Il Signore morente sulla Croce, perdona chi lo crocifigge. Non un rimprovero, non un lamento, né un gesto improprio...

Amare senza aspettare nulla a cambio. Quando amiamo dobbiamo seppellire le calcolatrici. La perfezione è amare senza limiti. La perfezione l'abbiamo nelle nostre mani in mezzo al mondo, tra le nostre occupazioni di ogni giorno. Facendo quello che bisogna fare ad ogni istante, non quello che ci soddisfa di più. La Madre di Dio, alle nozze di Cana di Galilea, si accorge che gli invitati non hanno vino. E si fa avanti. E chiede al Signore che faccia il miracolo. Chiediamo a Lei oggi il miracolo di saperlo scoprire nelle necessità altrui.

domenica 17 giugno 2018

(Mt 5,38-42) Io vi dico di non opporvi al malvagio.

VANGELO DI LUNEDI 18 GIUGNO 2018.

Giorno liturgico: Lunedì, XI settimana del Tempo Ordinario

Testo del Vangelo (Mt 5,38-42): In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Avete inteso che fu detto: “Occhio per occhio” e “dente per dente”. Ma io vi dico di non opporvi al malvagio; anzi, se uno ti dà uno schiaffo sulla guancia destra, tu pórgigli anche l’altra, e a chi vuole portarti in tribunale e toglierti la tunica, tu lascia anche il mantello. E se uno ti costringerà ad accompagnarlo per un miglio, tu con lui fanne due. Da’ a chi ti chiede, e a chi desidera da te un prestito non voltare le spalle».




RIFLESSIONE DI LELLA

PREGHIERA: O Dio, fortezza di chi spera in te, ascolta benigno le nostre invocazioni, e poiché nella nostra debolezza nulla possiamo senza il tuo aiuto, soccorrici con la tua grazia, e col tuo Spirito illuminaci.

Porgi l'altra guancia... non vendicarti, aiuta chi è in difficoltà, sopporta le ingiustizie con pazienza....  che poteva dire ancora Gesù?Certo che pretende veramente molto da noi!
Eppure tutto ha una sua logica, solo che non è umana.
Ma che potevamo aspettarci da chi ha per amore dato la sua vita per noi, da chi mette l'amore e l’obbedienza a Dio, al primo posto.... ma che ne sa Lui?
Che ne sa di quando ti accusano di essere colpevole di un reato e non lo sei?... lo sa!
Che ne sa di quando ti fanno un torto, ti tradiscono?... lo sa!
Che ne sa di quando ti schiaffeggiano e ti umiliano davanti a tutti?...... lo sa!
Che ne sa di quando ti senti solo e tutti gli amici ti abbandonano?... lo sa!
Gesù non parla per sentito dire, ha provato tutto sulla sua pelle, si è umiliato, fatto uomo per portarci nel suo regno, che è quello dell'amore incondizionato, dove c' è amore vero, per tutti gli uomini, e non ci può essere altro.
Se negli uomini è insito il desiderio di prevalere, in Gesù quello di far prevalere e la cosa che deve essere prevalente è proprio l'amore. - Padre perdona loro, perché non sanno quello che fanno -   è stata la sua ultima preghiera....
Come poter seguire Gesù senza accettare di fare quello che lui ha fatto, non ha senso, perché non riusciremmo a fare molta strada, anzi ,rischieremmo di sbagliare completamente direzione, perché significherebbe mettere il proprio orgoglio davanti all’amore per Dio e per il prossimo.
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Comentario: Rev. D. Joaquim MESEGUER García
(Sant Quirze del Vallès, Barcelona, Spagna)

Oggi, Gesù ci insegna che l’odio si supera con il perdono. La legge del taglione era un progresso poiché limitava il diritto a vendicarsi in una giusta proporzione: solo puoi fare al prossimo quello che lui ha fatto a te, contrariamente commetteresti una ingiustizia; questo è quello che significa l’aforismo «occhio per occhio, dente per dente». Malgrado ciò era un progresso limitato, visto che Gesù Cristo nel Vangelo afferma il bisogno di superare la vendetta con l’amore, così lo espresse Lui stesso quando, nella croce, intercedette per i suoi carnefici: «Padre, perdonali, perché non sanno quello che fanno» (Lc 23,34).

Ciò nonostante, il perdono deve essere accompagnato dalla verità. Non perdoniamo soltanto perché ci sentiamo impotenti e complessati. Spesso si è confusa l’espressione «porgi l’altra guancia” con l’idea della rinuncia ai nostri legittimi diritti. Non si tratta di questo. Porgere l’altra guancia significa denunciare e interpellare a chi lo ha fatto, con un gesto pacifico però deciso, l’ ingiustizia che ha commesso; è come dirgli «Mi hai picchiato in una guancia. Allora, vuoi picchiarmi anche nell’altra? Ti sembra corretto il tuo comportamento?». Gesù rispose con serenità al servo insolente del sommo sacerdote: «Se ho parlato male, dimostrami dov'è il male; ma se ho parlato bene, perché mi percuoti?» (Gv 18,23).

Vediamo, dunque, quale deve essere la condotta del cristiano: non cercare la rivincita, però si mantenersi fermi; essere disposti al perdono e dire le cose con chiarezza. Certamente non è un’arte facile, però è l’unico modo di frenare la violenza e manifestare la grazia divina a un mondo spesso privo di grazia. San Basilio ci consiglia: «Fate caso e dimenticherete le ingiurie e gli oltraggi che vi giungano dal prossimo. Potrete vedere i nomi diversi che avrete l’uno e l’altro; a lui lo chiameranno collerico e violento, e a voi mansueti e pacifici. Lui si pentirà un giorno della sua violenza e voi non vi pentirete mai della vostra mansuetudine».

sabato 16 giugno 2018

(Mc 4,26-34) L’uomo getta il seme e dorme; il seme germoglia e cresce. Come, egli stesso non lo sa.

VANGELO DI DOMENICA 17 GIUGNO 2018.

Giorno liturgico: XI Domenica (B) del Tempo Ordinario

Testo del Vangelo (Mc 4,26-34): In quel tempo, Gesù diceva [alla folla]: «Così è il regno di Dio: come un uomo che getta il seme sul terreno; dorma o vegli, di notte o di giorno, il seme germoglia e cresce. Come, egli stesso non lo sa. Il terreno produce spontaneamente prima lo stelo, poi la spiga, poi il chicco pieno nella spiga; e quando il frutto è maturo, subito egli manda la falce, perché è arrivata la mietitura». Diceva: «A che cosa possiamo paragonare il regno di Dio o con quale parabola possiamo descriverlo? È come un granello di senape che, quando viene seminato sul terreno, è il più piccolo di tutti i semi che sono sul terreno; ma, quando viene seminato, cresce e diventa più grande di tutte le piante dell’orto e fa rami così grandi che gli uccelli del cielo possono fare il nido alla sua ombra». Con molte parabole dello stesso genere annunciava loro la Parola, come potevano intendere. Senza parabole non parlava loro ma, in privato, ai suoi discepoli spiegava ogni cosa.




RIFLESSIONE DI LELLA

PREGHIERA: Signore mio, datore dello Spirito Santo, aiutami a capire e attuare nella mia vita, quello che tu mi insegni col vangelo. Amen.

Gesù, si esprime con parabole, ma non perché ci vuole complicare la vita, ma per semplificarcela.
Tutto quello che lui insegna, è nuovo agli occhi dei suoi discepoli e della gente che lo ascolta, eppure ci parla di una legge antica, nata con la fede in un unico Dio, la fede dei patriarchi, non è che ci volesse insegnare una nuova religione, ma sembra tutto così nuovo, perché è con la sua venuta che ha fatto nuove tutte le cose.
È il maestro che ci parla, che ci guida con amore verso la comprensione delle sue parole, che ci prende per mano e ci conduce nel regno di Dio.
Nella prima parabola, ci tranquillizza parlando del seme che cresce e germoglia pur senza il controllo del contadino, e lo fa perché vuole che non ci affanniamo a pensare a ragionare, a cercare di voler essere noi che mettiamo a frutto i suoi insegnamenti, ma verrà tutto naturalmente, noi dobbiamo solo essere terra buona dove far seminare la sua parola, il resto verrà con i tempi ed i modi che al Signore piaceranno, senza voler essere noi a guidare ,ma affidandoci a Lui.
Non preoccupiamoci dunque della nostra piccolezza, del nostro essere ignoranti e miseri, ma diamo al Signore la possibilità di far crescere in noi una grande fede e vedremo meraviglie.
Quello che conta, non è chi siamo, ma quanto siamo disposti a far posto al Signore nella nostra vita, sarà questo che ci farà crescere nella fede e trasformerà la nostra vita in un turbine di emozioni e di amore e migliorerà non solo la nostra vita, ma anche quella delle persone che verranno in contatto con noi, perché la fede vera, ha una luce particolare,  che attira chi la intravede nelle nostre parole e nelle nostre azioni.
Quello che conta, non è chi siamo, ma quanto siamo disposti a far posto al Signore; sarà questo che ci farà crescere nella fede e trasformerà la nostra vita in un turbine di emozioni e di amore e migliorerà non solo la nostra vita, ma anche quella delle persone che verranno in contatto con noi, perché la fede vera, ha una luce particolare, che attira chi la intravede nelle nostre parole e nelle nostre azioni.
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Comentario: Fr. Faust BAILO
(Toronto, Canada)

Oggi, Gesù ci offre due immagini di grande intensità spirituale: la parabola del seme che germoglia e cresce e la parabola del granello di sènape. Sono immagini di vita quotidiana che erano famigliari agli uomini ed alle donne che lo ascoltavano abituati come erano a seminare, irrigare e raccogliere. Gesù ha usato qualcosa che era noto –l’agricoltura- per istruirli su qualche cosa che non era, per loro, molto conosciuto: il Regno di Dio.

Effettivamente, il Signore rivela a loro qualcosa del suo regno spirituale. Nella prima parabola racconta: <> (Mc 4,26). E introcuce la seconda dicendo: <> (Mc 4,30).

La maggior parte di noi abbiamo poco in comune con gli uomini e le donne del tempo di Gesù, e, comunque, queste parabole risuonano ancora nelle nostre menti moderne, perché dietro la semina, l’irrigazione e la raccolta, indoviniamo quello che Gesù ci stà dicendo: Dio ha innestato qualcosa di divino nei nostri cuori umani.

Cos’ è il Regno di Dio? “E’ lo stesso Gesù”, Benedetto XVI ci ricorda. E la nostra anima “è il luogo essenziale in cui si trova il Regno di Dio”. Dio vuole vivere e crescere dentro di noi! Cerchiamo la sapienza di Dio e obbediamo i suoi suggerimenti interiori; se lo facciamo, allora la nostra vita acquisterà una forza e un’intensità difficile da immaginare.

Se correspondiamo pazientemente alla sua grazia, la sua vita divina crescerà nella nostra anima come il seme cresce nel campo, come il mistico medioevale Meister Eckhart magnificamente esprime: “Il seme di Dio è in noi. Se l’agricoltore è intelligente e lavoratore, crescerà per essere Dio, il cui seme è; i suoi frutti saranno della natura di Dio. Il seme di pera diventa albero di pera; il seme di noce, albero di noce; il seme di Dio diventa Dio”.

venerdì 15 giugno 2018

(Mt 5,33-37) Io vi dico: non giurate affatto.

VANGELO DI SABATO 16 GIUGNO 2018.

Giorno liturgico: Sabato, X settimana del Tempo Ordinario

Testo del Vangelo (Mt 5,33-37): In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Avete anche inteso che fu detto agli antichi: Non spergiurare, ma adempi con il Signore i tuoi giuramenti; ma io vi dico: non giurate affatto: né per il cielo, perché è il trono di Dio; né per la terra, perché è lo sgabello per i suoi piedi; né per Gerusalemme, perché è la città del gran Re. Non giurare neppure per la tua testa, perché non hai il potere di rendere bianco o nero un solo capello. Sia invece il vostro parlare sì, sì; no, no; il di più viene dal maligno».



RIFLESSIONE DI LELLA

PREGHIERA: Vieni o Santo Spirito ed impregnami di umiltà, fammi conoscere la giustizia dei tuoi insegnamenti e fammela aderire al corpo come una seconda pelle. Fa che quest' alleanza che faccio con te, sia sincera e duratura, e che mai io venga meno all'aderire ai tuoi comandamenti. Proteggimi dalla voglia di agire come io voglio e imprimimi in me l'azione del Tuo Santo pensiero.

Il nostro parlare sia si, si; no, no. Ripetuto due volte perché al parlare corrisponda l'azione, che ad esso è legata.
Una delle più comuni accuse che si fa alle persone che frequentano le varie chiese, è proprio quella dell' incoerenza tra il dire ed il fare, ed è una critica che condivido in pieno, perché tutti parliamo bene, ma razzoliamo male.
Ogni giorno mi trovo a combattere con questa incoerenza che esce fuori in ogni occasione, noi spesso estrapoliamo dalla Bibbia quello che ci fa comodo ed omettiamo di ricordare quello che invece ci riesce poco e niente. " Il di più viene dal maligno " tremenda affermazione, ma da prendere molto sul serio. Non si deve neanche cercare di alterare la verità per convincere o per convincerci che quello che diciamo è giusto, ma semplicemente attenerci ai fatti e alla parola di Dio.Possiamo non essere perfetti e chiedere perdono e aiuto, questo ci renderà più umili e a Dio non dispiacerà correre in nostro soccorso; nella nostra incapacità potremo riconoscere che quello che ci riesce è grazia, ma se pensiamo di poter fare, poter essere, poter agire da soli , siamo già in errore, perchè non abbiamo nessuna capacità se non la volontà di chiedere aiuto all'Onnipotente.

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Comentario: Rev. D. Jordi PASCUAL i Bancells
(Salt, Girona, Spagna)

Oggi, Gesù continua commentandoci i Comandamenti. Gli israeliti avevano un grande rispetto verso il nome di Dio, una sacra venerazione sapevano che il nome si riferisce alla persona, e Dio merita tutto il rispetto, ogni onore e gloria, di pensiero, parola ed opere. Per questo –tenendo presente che giurare è mettere Dio come testimone della verità di ciò che diciamo –la Legge li comandava: «Non spergiurare, ma adempi con il Signore i tuoi giuramenti» (Mt 5,33). Ma Gesù viene a perfezionare la Legge (e, quindi, per perfezionare noi stessi secondo la Legge), e dà un passo in più: «non giurate affatto: né per il cielo, (...), né per la terra (...)» (Mt 5,34). Non è che giurare, di per sé, sia un male, ma sono necessarie alcune condizioni perché il giuramento sia lecito, per esempio, una giusta causa, seria, grave (un processo, per esempio), e ciò che si è giurato sia vero e buono.

Ma il Signore ci dice ancora di più: «Sia invece il vostro parlare sì, sì; no,no» (Mt 5,37). Cioè, ci invita a vivere la verità in ogni occasione, a adattare i nostri pensieri, le nostre parole e le nostre azioni alla verità. E la verità cos'è? E’ la grande domanda che abbiamo formulato nel Vangelo per bocca di Pilato nel processo contro Gesù, e alla quale molti pensatori nel corso dei secoli hanno cercato di dar risposta. Dio è la Verità. Chi vive compiacendo a Dio, adempiendo ai suoi comandamenti, vive nella verità. Dice il santo Curato d'Ars: “La ragione per cui così pochi cristiani agiscono con la sola intenzione di compiacere Dio è perché la maggior parte di loro si trovano sottomessi a una ignoranza spaventosa. Mio Dio, quante buone opere si perdono per il cielo!” Bisogna pensarci.

È conveniente formarci leggere il Vangelo e il Catechismo. Poi, vivere secondo ciò che abbiamo imparato.

giovedì 14 giugno 2018

(Mt 5,27-32) Chiunque guarda una donna per desiderarla, ha già commesso adulterio.

VANGELO DI VENERDI 15 GIUGNO 2018.

Giorno liturgico: Venerdì, X settimana del Tempo Ordinario

Testo del Vangelo (Mt 5,27-32): In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Avete inteso che fu detto: Non commettere adulterio; ma io vi dico: chiunque guarda una donna per desiderarla, ha già commesso adulterio con lei nel suo cuore. Se il tuo occhio destro ti è occasione di scandalo, cavalo e gettalo via da te: conviene che perisca uno dei tuoi membri, piuttosto che tutto il tuo corpo venga gettato nella Geenna. E se la tua mano destra ti è occasione di scandalo, tagliala e gettala via da te: conviene che perisca uno dei tuoi membri, piuttosto che tutto il tuo corpo vada a finire nella Geenna.» Fu pure detto: Chi ripudia la propria moglie, le dia l’atto di ripudio; ma io vi dico: chiunque ripudia sua moglie, eccetto il caso di concubinato, la espone all’adulterio e chiunque sposa una ripudiata, commette adulterio».




RIFLESSIONE DI LELLA

PREGHIERA: Aiutami o Santo Spirito di verità, a dire la Tua verità e non quella che mi è più comoda.

Tra le varie cose in cui siamo maestri c’è il giudizio, che sempre è lacerante... che sempre ferisce! Ma c’è un altro modo per dire le cose quando, per quanto ci costi, abbiamo il dovere di dirle?
Una madre non fa forse un urlo al figlio che sta per rovesciarsi addosso dell’acqua bollente? Lo spaventerà a tal punto che ne resterà scioccato e lo ricorderà ogni volta che si riavvicinerà alla pentola sul fuoco.
Oggi purtroppo per buonismo o per evitare discussioni oppure per lasciarsi la possibilità di dialogo, siamo spesso silenziosi; tacciamo su cose importanti che invece andrebbero urlate se volessimo veramente la salvezza dei nostri fratelli.
Credetemi, non voglio fare il solito discorso condito dal bigottismo più sfrenato, ma il silenzio non aiuta nessuno, né possiamo affidare tutto alla misericordia di Dio, perché tacere ci rende complici nel peccato medesimo. So benissimo quanto sia invitante il peccato, apposta si chiama "tentazione", ma quello che invece voglio ricordare con voi, è che si può vincere sul peccato e ci si può sentire ancora più appagati che nel commetterlo.
La pace che il Signore ci offre, vale molto più di tante inutili lotte con noi stessi; decidere per Dio significa vincere sul peccato, chiedere a Gesù di assisterci, e di perdonarci se non riusciamo ad essere migliori,ma di darci la forza di insistere, perché non possiamo sempre rimanere a metà, tra bene e male, tra Dio e mammona, tra cielo e terra. Non importa cosa abbiamo fatto fino ad oggi,è quello che decidiamo di fare ogni giorno che ci cambia la vita.
San Paolo uccideva i cristiani, ma divenne uno degli apostoli più grandi di Gesù; Sant'Agostino lottava per non lasciarsi andare all'amore di Dio.... poi scelse per Dio ed abbandonò la sua vita dissoluta.
Sono le scelte definitive che danno un senso alla vita, non il sopravvivere a noi stessi.
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Comentario: Pare Josep LIÑÁN i Pla SchP
(Sabadell, Barcelona, Spagna)

Oggi, Gesù continua ad approfondire nell’esigenza del Sermone della Montagna. Non deroga la Legge, ma le dà pienezza; perciò la sua osservanza è qualcosa di più che una semplice osservanza di alcune condizioni minime per avere le carte in regola. Iddio ci dà la legge dell’amore per raggiungere la vetta, però noi, cerchiamo il modo di trasformarla nella legge del minimo sforzo. Dio ci chiede tanto...! Sì, ma ci ha dato pure il massimo che può darci, visto che ci ha dato Sé stesso!

Oggi, Gesù punta in alto al manifestare la Sua autorità sul sesto e sul nono comandamento: i comandamenti che si riferiscono alla sessualità e alla purezza del pensiero. La sessualità è un linguaggio umano che significa amore e alleanza, perciò, non può essere banalizzata, come neppure possiamo trasformare gli altri in oggetti di piacere, neppure con il pensiero; da ciò ha origine quest'affermazione tanto severa di Gesù: «Chiunque guarda una donna per desiderarla, ha già commesso adulterio con lei nel proprio cuore» (Mt 5,28). E’ necessario, dunque, tagliare il male alla radice ed evitare pensieri e occasioni che ci porterebbero a fare quello che Dio detesta; questo è quello che tali parole vogliono indicare, che possono sembrarci radicali o esagerate, ma che quelli che ascoltavano Gesù capivano nella loro espressività: togli , taglia, butta via...

Finalmente, la dignità del matrimonio deve essere sempre protetta, perché forma parte del progetto di Dio per l’uomo e la donna, affinché nell’amore e nella donazione mutua si trasformino in una sola carne e, allo stesso tempo, è segno e partecipazione nella Alleanza di Cristo con la Chiesa. Il cristiano non può vivere la relazione uomo-donna ne la vita coniugale secondo lo spirito mondano: «Non dovete credere che per il fatto di avere scelto lo stato matrimoniale, vi sia permesso di continuare con una vita mondana e abbandonarsi all’ozio ed alla poltroneria; anzi, il vostro nuovo stato vi obbliga a lavorare con maggior sforzo e vegliare con più attenzione per la vostra salvezza» (San Basilio).

mercoledì 13 giugno 2018

(Mt 5,20-26) Va’ prima a riconciliarti con il tuo fratello.

VANGELO DI GIOVEDI 14 GIUGNO 2018.

Giorno liturgico: Giovedì, X settimana del Tempo Ordinario

Testo del Vangelo (Mt 5,20-26): In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Io vi dico: se la vostra giustizia non supererà quella degli scribi e dei farisei, non entrerete nel regno dei cieli.» Avete inteso che fu detto agli antichi: Non uccidere; chi avrà ucciso sarà sottoposto a giudizio. Ma io vi dico: chiunque si adira con il proprio fratello, sarà sottoposto a giudizio. Chi poi dice al fratello: stupido, sarà sottoposto al sinedrio; e chi gli dice: pazzo, sarà sottoposto al fuoco della Geenna.» Se dunque presenti la tua offerta sull’altare e lì ti ricordi che tuo fratello ha qualche cosa contro di te, lascia lì il tuo dono davanti all’altare e va’ prima a riconciliarti con il tuo fratello e poi torna ad offrire il tuo dono. Mettiti presto d’accordo con il tuo avversario mentre sei per via con lui, perché l’avversario non ti consegni al giudice e il giudice alla guardia e tu venga gettato in prigione. In verità ti dico: non uscirai di là finché tu non abbia pagato fino all’ultimo spicciolo!».



RIFLESSIONE DI LELLA

PREGHIERA: Ti prego Spirito Santo, di non mancarmi mai, mentre cerco di scrivere questa mia riflessione alla tua parola,
perché voglio esserti fedele e togliere da me tutto quello che non è tuo. Te lo chiedo per nostro Signore Gesù Cristo. Amen.

Abbiamo già visto come gli uomini, adattino le leggi a loro piacimento, anche gli uomini di chiesa, quindi non dobbiamo essere come loro, (spesso falsi e ipocriti) ma migliori e non ci dobbiamo fermare alle apparenze ma andare nella profondità delle cose, dobbiamo cercare in verità, nel nostro rapporto con Dio le risposte che ci servono, perché noi in coscienza sappiamo qual è la verità.
Quando Gesù dice che non è venuto per abolire la legge di Dio, ma per darne compimento, intende dire che non è sufficiente dire:  io non uccido per essere a posto. La legge di Dio, non deve essere vista come un insieme di regole, da rispettare alla lettera, ma come un modo di vivere che mette tutto sotto alla lente d'ingrandimento dell'amore.
Non fare del male agli altri, perché sono i nostri fratelli e quindi come il nostro padre terreno ci chiede di non litigare con i nostri fratelli di sangue, così il nostro padre celeste ci esorta ad andare d’accordo con tutti i nostri fratelli spirituali.
Non ci dice di guardare chi ha torto o chi ha ragione, ma  di fare pace; di tendere in ogni caso la mano verso gli altri, di non ferire nessuno con le nostre parole ed i nostri comportamenti, perché anche questo è male.
Ci esorta a migliorare ed a cambiare seriamente il nostro atteggiamento per cercare la salvezza attraverso il rispetto della legge morale dettata da un vero amore, verso tutti, in particolar modo, verso quei fratelli che sentiamo più lontani, più difficili da raggiungere, più difficili da amare.
A questo proposito vorrei aggiungere che là dove non riusciamo da soli a farlo, non dobbiamo arrenderci, ma con il cuore veramente sincero, possiamo chiedere al Signore di donarci la forza del SUO amore perché sinceramente aderiamo al Suo progetto d’amore.
Spesso non è facile, con tutta la cattiveria che si vede intorno a noi, riuscire ad amare e a perdonare chi ci fa del male o fa del male ad un nostro famigliare, ma dobbiamo riuscire a farlo, perché il rancore, è un tarlo che distrugge quel ponte che ci lega a Dio, e sul quale anche noi dovremo passare un giorno per essere perdonati e poter entrare nel regno dei cieli.
Impariamo dunque ad amare come ci ha amato Gesù, a mettere le ali al nostro amore per  farlo volare al di sopra delle divisioni,  delle guerre, delle diverse etnie, religioni, differenze politiche; impariamo a perdonare, perché il perdono deve nascere da dentro al nostro cuore e non dipendere dalla gravità della cattiva azione subita. Prima di presentarsi in chiesa, a celebrare con il sacerdote la messa, è giusto presentarsi davanti a Dio, chiedere perdono delle nostre mancanze, ma in modo veramente sincero, con il cuore contrito e il desiderio di non ripetere i nostri errori, ma ancor di più, con la voglia di stare in pace con tutti, quindi cercare di rappacificarsi con i fratelli con cui abbiamo discusso e perdonare chi ci ha ferito. Benediciamo chi ci maledice e perdoniamo chi ci fa del male.Tutto quello che non riusciremo a perdonare non ci sarà perdonato, siamo quindi noi gli artefici del nostro destino, perché secondo come vivremo saremo alla fine giudicati da Gesù.
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Comentario: P. Julio César RAMOS González SDB
(Mendoza, Argentina)

Oggi, Gesù ci invita ad andare più in là di quanto possa vivere qualunque semplice osservante della legge. Anche senza cadere nella concrezione di cattive azioni, molte volte l’abitudine indurisce il desiderio della ricerca della santità, adattandoci conciliantemente all’abitudine di comportarsi bene e nient’altro. San Giovanni Bosco soleva ripetere: «Il buono è nemico dell’ottimo». E’ lì dove ci porta la Parola del Maestro, che ci invita a realizzare cose “maggiori” (cf. Mt5,20); che partono da un atteggiamento diverso. Cose maggiori che paradossalmente, passano attraverso cose minori, attraverso le più piccole. Incollerirsi, disprezzare e ingiuriare il fratello non vanno d’accordo con i discepoli del Regno, che è stato chiamato ad essere –nientemeno- che sale della terra e luce del mondo (cf.Mt 5,13-16), da quando esistono le beatitudini (cf.Mt 5,3-12).

Gesù, con autorità, cambia l’interpretazione del precetto negativo “non uccidere” (cf. Ex 20,13) con l’interpretazione positiva della profonda e radicale esigenza della riconciliazione – messa, per darle maggior enfasi- in relazione al culto. Così, non c’è offerta che valga quando ricordi che un fratello tuo ha qualcosa contro di te (cf. Mt 5,23) E’ perciò importante conciliare qualunque discordia, perché, diversamente, l’invalidità dell’offerta sarà rivolta contro di te (cf. Mt 5,26).

Tutto questo solamente potrà mobilitarlo un amore grande. Ci dirà San Paolo: «(...) non commetterai adulterio, non ucciderai, non ruberai non desidererai, e qualsiasi altro comandamento, si riassume in questa massima: Amerai il tuo prossimo come te stesso. La carità non fa alcun male al prossimo: pienezza della Legge infatti è la carità» (Rom 113,9-10). Chiediamo di essere rinnovati nel dono della carità –fino al minimo dettaglio- verso il prossimo e la nostra vita sarà la migliore e la più autentica offerta che possiamo fare a Dio.

martedì 12 giugno 2018

(Mt 5,17-19) Chi insegnerà e osserverà i precetti, sarà considerato grande nel regno dei cieli.

VANGELO DI MERCOLEDI 13 GIUGNO 2018.

Giorno liturgico: Mercoledì, X settimana del Tempo Ordinario

Santorale 13 Giugno: Sant' Antonio di Padova, sacerdote e dottore della Chiesa
Testo del Vangelo (Mt 5,17-19): In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Non crediate che io sia venuto ad abolire la Legge o i Profeti; non sono venuto ad abolire, ma a dare pieno compimento. In verità io vi dico: finché non siano passati il cielo e la terra, non passerà un solo iota o un solo trattino della Legge, senza che tutto sia avvenuto. Chi dunque trasgredirà uno solo di questi minimi precetti e insegnerà agli altri a fare altrettanto, sarà considerato minimo nel regno dei cieli. Chi invece li osserverà e li insegnerà, sarà considerato grande nel regno dei cieli».



RIFLESSIONE DI LELLA

PREGHIERA: Vieni o Santo Spirito, e parlami come Gesù mi parlerebbe oggi, parlami che io possa capire, che sappia spiegare, ma più di tutto, perché possa vivere questa parola.

- Gesù dice delle cose in questo brano, molto importanti, ci annuncia che è venuto con parole nuove, ma non per abolire la legge di Dio proclamata da Mosè e dai profeti, ma per portarla a compimento. Lui è infatti colui nel quale si compie la parola di Dio; Lui è quello che parla con autorità, perché è l'autore delle cose che racconta, Lui è colui che le vive in prima persona. Quello che porta Gesù, non è contro Dio, ma è l'azione di Dio che si compie in Lui; l’ amore di Dio, che s’ incarna e si fa olocausto fino alla morte in croce, per la nostra salvezza. Tutto è compiuto, dice Gesù, ora tocca a noi discepoli proseguire verso Dio Padre, dove Lui ci prepara il posto, ma per farlo dobbiamo seguire i suoi insegnamenti, ed elevare lo spirito al di sopra della carne. Quanti Santi prima di noi l’ hanno fatto, sono riusciti ad entrare talmente in comunione con Gesù Spirito da riuscire ad avere anche nel corpo i segni della passione di Cristo. Certo sarebbe bello diventare Santi …. Poter aiutare il Signore con grandi carismi a riportare le pecorelle smarrite all’ ovile, ma intanto accontentiamoci di entrare noi stessi in quest’ovile che è la casa del Padre, cerchiamo di vivere amando Dio ed il nostro prossimo e di fare cose sante nella semplicità di ogni giorno vissuto per fare la Sua volontà. Una cosa fondamentale è seguire la parola di Dio, leggerla, meditarla e non discostarsene mai, perché tutto passerà, ma la parola di Dio è un patto che vale per sempre, e che ci rende eredi del regno; non c'è bisogno di cercare altro. Non sono le parole che salvano, ma le opere di misericordia che dobbiamo riuscire a consegnare nelle mani del Signore, prima di tutto con l’esempio che sapremo dare ai nostri fanciulli. Questo è apostolato, non sapere formule a memoria!....
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Comentario: Rev. D. Miquel MASATS i Roca
(Girona, Spagna)

Oggi, ascoltiamo dal Signore: «Non crediate che io sia venuto ad abolire la Legge o i Profeti; ma a dare pieno compimento» (Mt 5,17). Nel Vangelo di oggi, Gesù insegna che l’Antico Testamento forma parte della Rivelazione divina: Dio inizialmente si diede a conoscere agli uomini per mezzo dei profeti. Il popolo eletto si riuniva ogni sabato nella Sinagoga per ascoltare la Parola di Dio. Così come ogni bravo israelita conosceva le Scritture e le metteva in pratica; anche ai cristiani conviene la meditazione frequente –giornaliera, se fosse possibile- delle Scritture.

In Gesù abbiamo la pienezza della Rivelazione. Egli è il Verbo, la Parola di Dio, che si è fatto uomo (cf. Gv 1,14), che viene a noi per farci conoscere chi è Dio e quanto ci ama. Dio attende dall’uomo una risposta d’amore, manifestata nell’osservanza dei suoi insegnamenti: «Se mi amate, osserverete i miei comandamenti» (Gv 14,15).

Del testo del Vangelo di oggi troviamo una buona spiegazione nella Prima lettera di San Giovanni: «In questo (...) consiste l’amore di Dio, nell’osservare i suoi comandamenti; e i suoi comandamenti non sono gravosi» (1Gv 5,3). Osservare i comandamenti di Dio, garantisce che lo amiamo con opere e davvero.. L’amore non è solo un sentimento, ma esige - allo stesso tempo- opere, opere d’amore, vivere il doppio precetto della carità.

Gesù ci insegna la malignità dello scandalo; «Chi (...) trasgredirà uno solo di questi minimi precetti e insegnerà agli altri a fare altrettanto, sarà considerato minimo nel regno dei cieli» (Mt 5,19). Perché, come dice San Giovanni- «Chi dice «lo conosco» e non osserva i suoi comandamenti, è bugiardo e in lui non c’è verità» (1Gv 2,4).

Contemporaneamente, Gesù insegna l’importanza del buon esempio: «Chi (...) li osserverà e li insegnerà sarà considerato grande nel regno dei cieli» (Mt 5,19). Il buon esempio costituisce il primo elemento dell’apostolato cristiano.

lunedì 11 giugno 2018

(Mt 5,13-16) Voi siete la luce del mondo.

VANGELO DI MARTEDI 12 GIUGNO 2018.

Giorno liturgico: Martedì, X settimana del Tempo Ordinario

Testo del Vangelo (Mt 5,13-16): In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Voi siete il sale della terra; ma se il sale perdesse il sapore, con che cosa lo si potrà render salato? A null’altro serve che ad essere gettato via e calpestato dagli uomini. Voi siete la luce del mondo; non può restare nascosta una città collocata sopra un monte, né si accende una lucerna per metterla sotto il moggio, ma sopra il lucerniere perché faccia luce a tutti quelli che sono nella casa. Così risplenda la vostra luce davanti agli uomini, perché vedano le vostre opere buone e rendano gloria al vostro Padre che è nei cieli».




RIFLESSIONE DI LELLA

PREGHIERA: Aiutami o Santo Spirito, a leggere la tua parola e a viverla per prima, per non dispiacere al mio Signore; fammela comprendere con la tua sapienza e togli tutto quello che è mio.

- Voi siete il sale della terra-
Le parole di Gesù ai suoi discepoli, hanno per me il sapore di un invito ad agire, ma non solo a muoversi verso Gesù, ma anche verso i nostri fratelli, perché a che serve riconoscere in Gesù il Salvatore, il Messia se poi non lo annunciamo?
L’esempio del sale che da sapore alle nostre pietanze, ci da l’idea di come l’annuncio del vangelo da sapore alla nostra vita, di come aver trovato Gesù abbia cambiato in maniera decisiva tutto quello che ci circonda, anche le più piccole azioni.
Questo modo di vivere, con Gesù nel cuore, non può passare inosservato a chi ti è accanto, perché quando ami il tuo prossimo, aiuti, sostieni, ascolti e parli con le persone di questo gran miracolo d’amore che t’infiamma il cuore.
La luce della fede splende nel tuo sguardo, nelle tue parole e quest’amore che ti lega a Dio e agli uomini da valore alla tua vita e da gloria a Dio.Vivi da innamorata, perché è questo che ti rende viva, avere uno scopo, che infiamma il cuore; è la condivisione con Gesù che da sapore al nostro vivere da cristiani; è il sapore di Cristo che entra a far parte di noi, che ci porta ad avere un’altra visione che va oltre la sofferenza, oltre la morte, oltre il male. A volte mi guardo indietro e vedo come grazie all’ aiuto di Dio, ho superato delle fasi della mia vita incredibilmente difficili e questo mi da la certezza che non sono mai stata da sola, ma che sempre Gesù ha condiviso con me questi momenti, altrimenti non si spiegherebbe il non essere crollata sotto al peso delle croci che si sono susseguite. La fede è fidarsi, vivere insieme, aiutarsi a vicenda, rispecchiare la stessa luce, altrimenti non ha senso….Non trasmetto speranza se non spero per prima, né posso far vedere la bellezza dell’abbraccio del Signore se non ne sono affascinata. Penso che siamo dei contenitori che trasmettono quello che hanno dentro

Sia che siamo freddi, tiepidi o bollenti, che facciamo luce per quanto sappiamo vedere, altrimenti, possiamo anche vivere, ma di vivo non abbiamo niente.
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Comentario: Rev. D. Francesc PERARNAU i Cañellas
(Girona, Spagna)

Oggi, San Matteo ci ricorda quelle parole con le quali Gesù parla della missione dei cristiani: essere sale e luce del mondo. Il sale, da una parte, è quel condimento necessario che da sapore ai cibi: senza sale, le vivande sono insipide! D’altra parte, per molti secoli, il sale è stato l’elemento fondamentale per la conservazione degli alimenti, per la sua capacità di evitare la decomposizione. Gesù ci dice: Dovete essere sale nel vostro mondo, e come il sale dar gusto onde evitare la corruzione.

Ai nostri tempi, molti hanno perso il senso della loro vita e dicono che non ne vale la pena; che è piena di dispiaceri, di difficoltà e di sofferenze; che passa troppo in fretta e che ha come prospettiva finale –assai triste- la morte.

«Voi siete il sale della terra» (Mt 5,13). Il cristiano deve metterci il sapore: mostrare con la gioia e l’ottimismo sereno, di chi sa di essere figlio di Dio, che, in questa vita tutto è un cammino di santità; che le difficoltà, le sofferenze e i dolori aiutano a purificarci; e che poi ci aspetta la vita della Gloria, la felicità eterna.

E, anche come il sale, il discepolo di Cristo deve preservare dalla corruzione: dove c’è un cristiano di fede viva, non vi può esserci ingiustizia, violenza, abusi verso i più deboli... Anzi deve risplendere la virtù della carità con pieno vigore: l’interesse per gli altri, la solidarietà, la generosità...

E, così, il cristiano diventa luce del mondo (cf.Mt 5,14). Il cristiano è quella fiaccola che, con l’esempio della sua vita, porta la luce della verità fino all’ultimo angolo della terra, segnalando il cammino della salvezza... Là, dove prima c’erano solamente tenebre, incertezze e dubbi, nasce la luce, la certezza e la fiducia assoluta.

domenica 10 giugno 2018

(Mt 5,1-12) Rallegratevi ed esultate, perché grande è la vostra ricompensa nei cieli.

VANGELO DI LUNEDI 11 GIUGNO 2018.

Giorno liturgico: Lunedì, X settimana del Tempo Ordinario

Santorale 11 Giugno: San Barnaba, apostolo
Testo del Vangelo (Mt 5,1-12): In quel tempo, vedendo le folle, Gesù salì sulla montagna e, messosi a sedere, gli si avvicinarono i suoi discepoli. Prendendo allora la parola, li ammaestrava dicendo: «Beati i poveri in spirito, perché di essi è il regno dei cieli. Beati gli afflitti, perché saranno consolati. Beati i miti, perché erediteranno la terra. Beati quelli che hanno fame e sete della giustizia, perché saranno saziati. Beati i misericordiosi, perché troveranno misericordia. Beati i puri di cuore, perché vedranno Dio. Beati gli operatori di pace, perché saranno chiamati figli di Dio. Beati i perseguitati per causa della giustizia, perché di essi è il regno dei cieli. Beati voi quando vi insulteranno, vi perseguiteranno e, mentendo, diranno ogni sorta di male contro di voi per causa mia. Rallegratevi ed esultate, perché grande è la vostra ricompensa nei cieli. Così infatti hanno perseguitato i profeti prima di voi».



RIFLESSIONE DI LELLA

PREGHIERA: Aiutami o Santo Spirito, ad esprimerti anche attraverso la mia miseria.

- Oggi come allora,sono tanti quelli che cercano in Gesù la loro guida, ma pochi quelli che veramente si lasciano trascinare da lui.
Tutti i Santi! Tutti noi chiamati ad essere santi.
Non vi nego che provo una sana invidia per chi riesce ad avvicinarsi alla figura del Cristo e ad abbracciare la croce in questo modo meraviglioso, mentre la maggior parte di noi prova solo dolore, stanchezza e rifiuto per ogni minima cosa non gradita.
Beati… I poveri di spirito; non sono coloro che sono limitati intellettualmente, ma le persone coscienti della loro miseria spirituale.
Beati ....Quelli che piangono; se gli “afflitti” sanno confidare a Dio il proprio dolore e consegnarlo a Lui. In questa consegna di fede e fiducia è già la loro consolazione.
Beati... i miti; perché erediteranno la terra. Questa è la promessa che il Signore ci fa, ma Gesù ha fatto ben più che darci un esempio di mitezza e pazienza eroica; ha fatto della mitezza e della non violenza il segno della vera grandezza. Beati... quelli che hanno fame e sete della giustizia,;perché saranno saziati. Con la fame e la sete Matteo ci introduce in un più ampio desiderio che la fame dell' uomo è fame di Dio, il solo che può saziarlo pienamente.
Beati... I misericordiosi, perché troveranno misericordia. Essere misericordiosi diventa così un aspetto essenziale dell’essere “a immagine e somiglianza di Dio”.“Siate misericordiosi, come è misericordioso il Padre vostro” (Lc 6, 36) è una parafrasi del famoso: “Siate santi perché io, il Signore, Dio vostro, sono santo” (Lev 19, 2).
Beati ... I puri di cuore, perché vedranno Dio. Nella discussione sul puro e
l' impuro Gesù dice che non sono le cose esterne e materiali che rendono impuri, dichiara che la purezza è un fatto interiore e spirituale. Ciò che corrompe e rende impuri, non sono le cose materiali, ma il peccato; non è ciò che viene a contatto con l'uomo dal di fuori, ma ciò che dall'interno determina i comportamenti personali di ciascuno .
Beati ...gli operatori di pace perché saranno chiamati figli di Dio: significa coloro che lavorano per la pace, che “fanno la pace”.Non tanto, però, nel senso che si riconciliano con i propri nemici, quanto nel senso che aiutano i nemici a riconciliarsi. Si tratta di persone che amano molto la pace, tanto da non temere di compromettere la propria pace personale intervenendo nei conflitti al fine di procurare la pace tra quanti sono divisi .
Beati... i perseguitati per la giustizia, perché di essi è il regno dei cieli. Cristo non ha illuso i suoi discepoli, non ha promesso successi e trionfi, ma ha additato con chiarezza la stessa via battuta da lui: contraddizioni, odi, persecuzione, morte di croce. Chi si mette alla sequela di Cristo, se vuol essere nel vero, non può aspettarsi altro.
Beati... Quando vi insulteranno, vi perseguiteranno e diranno, mentendo, ogni sorta di male contro di voi » (Mt 5,11). Anzi è questa l’unica beatitudine ripresa e sviluppata in più versetti quasi per persuadere i discepoli di quello che
all’ occhio umano è un vero controsenso: ritenersi beati quando si soffre. Certo l’essere beati non consiste direttamente nella persecuzione, che è sempre reale sofferenza fisica e morale, ma nel fatto che questo patire è pegno di beatitudine eterna. « Rallegratevi ed esultate , dice Gesù , perché grande è la vostra ricompensa ».
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Comentario: Rev. D. Àngel CALDAS i Bosch
(Salt, Girona, Spagna)

Oggi, con la proclamazione delle Beatitudini, Gesù ci fa notare che spesso siamo degli smemorati e agiamo come bambini, perché il gioco ci fa perdere il ricordo. Gesù temeva che l’abbondanza di “buone notizie” che ci ha comunicato –cioè parole, gesti e silenzi– si diluisse nei nostri peccati e preoccupazioni. Ricordate, nella parabola del seminatore, l’immagine del chicco di grano soffocato dalle spine? Per questo san Matteo ci riporta le Beatitudini come dei principi fondamentali, per non farcele dimenticare mai. Sono un compendio della Nuova Legge presentata da Gesù, come dei punti base che ci aiutano a vivere cristianamente.

Le Beatitudini sono destinate a tutti. Il Maestro non insegna solo ai discepoli che lo circondano, non esclude nessun gruppo di persone, ma presenta un messaggio universale. Certamente puntualizza sulle disposizioni che dobbiamo avere e sulla condotta morale che ci chiede. Anche se la salvezza definitiva non esiste in questo mondo ma nell’altro, mentre viviamo nella terra dobbiamo cambiare la mentalità e trasformare la nostra valutazione delle cose. Dobbiamo abituarci a vedere il volto di Cristo che piange in quelli che piangono, in coloro che vogliono vivere staccati dalle cose a parole e nei fatti, nei miti di cuore, in coloro che fomentano aneli di santità, in coloro che hanno preso una “determinata determinazione”, come diceva santa Teresa d’Avila di essere seminatori di pace e gioia.

Le Beatitudini sono il profumo del Signore che partecipa alla storia umana. Anche nella tua e nella mia. I due ultimi versetti includono la presenza della Croce, dal momento che invitano alla gioia quando le cose diventano difficili dal punto di vista umano a causa di Gesù e del Vangelo. È evidente che quando la coerenza della vita cristiana sia solida e convinta, allora più facilmente verrà la persecuzione sotto mille forme, tra difficoltà e contrarietà inaspettate. Il testo di san Matteo è chiaro: allora «rallegratevi ed esultate, perché grande è la vostra ricompensa nei cieli. » (Mt 5,12).