venerdì 17 agosto 2018

(Mt 19,13-15) Non impedite che i bambini vengano a me; a chi è come loro, infatti, appartiene il regno dei cieli.

VANGELO DI SABATO 18 AGUSTO 2018.

Giorno liturgico: Sabato, XIX settimana del Tempo Ordinario

Testo del Vangelo (Mt 19,13-15): In quel, furono portati a Gesù dei bambini perché imponesse loro le mani e pregasse; ma i discepoli li rimproverarono. Gesù però disse: «Lasciateli, non impedite che i bambini vengano a me; a chi è come loro, infatti, appartiene il regno dei cieli». E, dopo avere imposto loro le mani, andò via di là.




RIFLESSIONE DI LELLA

PREGHIERA: Oggi uso la preghiera di Colletta

Dio onnipotente ed eterno,
che ci dai il privilegio di chiamarti Padre,
fa’ crescere in noi lo spirito di figli adottivi,
perché possiamo entrare
nell’eredità che ci hai promesso.
Per il nostro Signore Gesù Cristo...

Leggendole parole di questa preghiera, non ho potuto fare a meno di farle mie, e chiedo a voi che leggete, con tutto il cuore, fatele vostre, inginocchiamo il nostro cuore a questo Dio che tutto può, che presa la nostra umanità l' ha santificata fino al più alto dei sacrifici, morire sulla croce, morire per noi che non meritiamo niente, che siamo davanti a lui a deriderlo, trafiggerlo, e nella migliore delle ipotesi restiamo in silenzio.

Preghiamo e ci sentiamo giusti, ma amici miei, dentro di noi c'è talmente tanta roba da togliere ancora.... ma noi siamo adulti. In cuor nostro pensiamo di essere anche consapevoli di aver saputo fare un grande cammino di fede, di miglioramento, chi più chi meno, siamo bravi a riconoscere i nostri meriti. Ci stiamo lodando e anche inutilmente, perché di meriti in tutto questo, ne abbiamo ben pochi, tutto è grazia.
I bambini appena nati non sanno parlare, ma cercano amore, sicurezza, cibo, e se riescono ad ottenerlo si lasciano cullare amorevolmente tra le nostre braccia, ma noi chi siamo? Noi siamo i grandi... e già, questa parola ci dovrebbe far capire che siamo già in errore. Noi siamo adulti, inconsapevoli, che credono di essere grandi, e che hanno imparato a camminare sulle loro gambe, ma che si sono allontanati pian piano da quell'amore che era per loro fonte di vita. Passare dal Grembo di Maria per opera dello Spirito Santo, rinascere alla vita in Gesù Cristo e viverla con la fiducia di un bambino, correre a ricevere la benedizione del Signore, senza preoccuparci degli ostacoli, che " i grandi " mettono in mezzo, cercano di trattenerci, ma noi svelti e con la gioia negli occhi, continuiamo a correre verso Gesù. Immagino la scena di chi tira da una parte e dall'altra, e tanti bambini, sgattaiolanti che sfuggono alle prese di chi ci vuole tenere lontani dal nostro maestro, dal nostro pastore, dalla nostra fonte di grazia e benedizione. Sì amici, io voglio essere sempre bambina, che ha voglia di correre da Gesù, che non si fa trattenere da chi sa sempre tutto, anche come ci si deve avvicinare a Dio. Le nostre voci saranno chiassose, stonate, ma se siamo rinati dal Grembo di Maria, siamo come ci vuole Gesù e dobbiamo solo muovere i nostri passi verso di Lui, lo Spirito Santo sarà la nostra guida, perché è attraverso di Lui che il Signore ci chiama a se. Poveri discepoli di Gesù, poveri noi se essere grandi, se essere vicini a Gesù, ci fa arrivare a voler rimproverare anche Gesù e ci fa dire chi è degno o no di essere toccato da Lui…..

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Comentario: Fra. Antoni CAROL i Hostench
(Sant Cugat del Vallès, Barcelona, Spagna)

Oggi, ci si propone di contemplare una scena che, sfortunatamente, è troppo attuale: «Allora gli furono portati dei bambini perché imponesse loro le mani e pregasse; ma i discepoli li sgridavano» (Mt 19,13). Gesù ama i bambini in un modo speciale; noi, con i soliti poveri ragionamenti da “gente adulta”, impediamo loro di avvicinarsi a Gesù e al Padre: —Quando siano maggiorenni, se lo desiderano, sceglieranno loro...! Questo è un grave errore.

I poveri, cioè, quelli che soffrono di più le privazioni, i più bisognosi, sono motivo di particolare predilezione da parte del Signore. Ed i bambini, i piccoli sono molto “poveri”. Sono poveri d'età, sono poveri di formazione... Sono indifesi. Perciò la Chiesa —“Madre” di tutti noi— stabilisce che i genitori portino quanto prima i loro figli a battezzare, perché lo Spirito Santo abiti nelle loro anime ed entrino nel calore della comunità dei credenti. Così lo segnalano sia il Catechismo della Chiesa che il Codice di Diritto Canonico, che sono leggi della massima gerarchia della Chiesa (che, come ogni comunità, deve avere le proprie leggi).

Ma no!: quando siano maggiorenni! È assurda questa forma di procedere. E, se no, domandiamoci: —Che cosa mangerà questo bambino? Ciò che gli darà sua madre, senza aspettare che il bambino specifichi che cosa preferisca. —Che lingua parlerà il bambino? Quella che parlano i suoi genitori (diversamente il bambino non potrà mai sceglierne una). —A quale scuola andrà questo bambino? A quella dove i suoi genitori lo porteranno, senza attendere che il piccolo determini gli studi di sua preferenza...

—Che cosa mangiava Gesù? Quello che sua Madre Maria gli preparava. —Che lingua parlò Gesù? Quella dei suoi genitori. —Quale religione imparò e praticò Gesù Bambino? Quella dei suoi genitori, la religione israelita. Dopo, quando crebbe, ma grazie alla formazione che aveva ricevuto dai suoi genitori, fondò una nuova religione... Ma, prima, quella dei suoi genitori, com'è naturale.

giovedì 16 agosto 2018

(Mt 19,3-12) Per la durezza del vostro cuore Mosè vi ha permesso di ripudiare le vostre mogli; all’inizio però non fu così.

VANGELO DI VENERDI 17 AGUSTO 2018.

Giorno liturgico: Venerdì, XIX settimana del Tempo Ordinario

Testo del Vangelo (Mt 19,3-12): In quel tempo, si avvicinarono a Gesù alcuni farisei per metterlo alla prova e gli chiesero: «È lecito a un uomo ripudiare la propria moglie per qualsiasi motivo?». Egli rispose: «Non avete letto che il Creatore da principio li fece maschio e femmina e disse: “Per questo l’uomo lascerà il padre e la madre e si unirà a sua moglie e i due diventeranno una sola carne”? Così non sono più due, ma una sola carne. Dunque l’uomo non divida quello che Dio ha congiunto». Gli domandarono: «Perché allora Mosè ha ordinato di darle l’atto di ripudio e di ripudiarla?». Rispose loro: «Per la durezza del vostro cuore Mosè vi ha permesso di ripudiare le vostre mogli; all’inizio però non fu così. Ma io vi dico: chiunque ripudia la propria moglie, se non in caso di unione illegittima, e ne sposa un’altra, commette adulterio». Gli dissero i suoi discepoli: «Se questa è la situazione dell’uomo rispetto alla donna, non conviene sposarsi». Egli rispose loro: «Non tutti capiscono questa parola, ma solo coloro ai quali è stato concesso. Infatti vi sono eunuchi che sono nati così dal grembo della madre, e ve ne sono altri che sono stati resi tali dagli uomini, e ve ne sono altri ancora che si sono resi tali per il regno dei cieli. Chi può capire, capisca».




RIFLESSIONE DI LELLA

PREGHIERA: Vieni o Spirito Santo e manda a noi dal cielo,un raggio della tua luce... basterà un piccolo raggio per aprire la mia mente annebbiata dalla mia umanità, e tu dammi quel piccolo raggio e tutto intorno sparirà e sarò solo tua mio Signore, con la mente e con il cuore.

E' lecito Gesù? Quante volte noi chiediamo a Dio se è lecito ai suoi occhi quello che facciamo? Ben poche vero? Siamo noi a decidere quello che è giusto, quello che ci conviene e poi troviamo una giustificazione per cui tutto diventi lecito anche agli occhi di Dio. Dimentichiamo troppo spesso che stringiamo dei patti, facciamo delle promesse e addirittura che consacriamo questi patti. Oggi tutto si fa con troppa leggerezza, sicuramente colpa delle generazioni precedenti, sicuramente della mia generazione, quando ancora non sapevo neanche che cosa era, anche io in pieno femminismo, ho votato per il divorzio. Ma sì, se una cosa non funziona più invece di ripararla, buttiamola alle ortiche, con tutto quello che comporta, così saremo liberi di farci una nuova famiglia, avere altri figli e ricominciare da capo.... sperando che sia la volta buona, o solo fino alla prossima.
Il matrimonio celebrato in chiesa non è solo un patto tra due coniugi, ma anche un patto davanti a Dio e anche se Mosè permise al suo popolo di ripudiare la moglie, lo fece perché il suo popolo era duro di cuore, come quello di oggi. Oggi troviamo che sia giusto tutto quello che ci conviene, quello con cui intendiamo affrontare il problema adattandovi la nostra risoluzione, spesso dettata dal nostro egoismo. Inutile cercare di percorrere i vari ragionamenti, perchè sicuramente troveremo che quello che piace a noi... piace a Dio. Io credo solo che non saremmo meritevoli di nulla se non fosse per l’ immensa misericordia di Dio, che nonostante le nostre scelte infauste, è sempre pronto a concederci ancora possibilità di recupero e conversione. Padre perdonaci, perchè pecchiamo contro il cielo e contro di Te, non siamo degni di essere chiamati figli... uno spirito contrito è sempre gradito a Dio, un cuore affranto ed umiliato, tu o Dio ,non disprezzi.

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Comentario: Fra. oger J. LANDRY
(Hyannis, Massachusetts, Stati Uniti)

Oggi, Gesù risponde alle domande dei suoi contemporanei riguardo al vero significato del matrimonio, sottolineando la indissolubilità del medesimo.

La risposta, non ostante, offre anche la base adeguata affinché i cristiani possano rispondere a coloro dai cuori ostinati che hanno premeditato di ampliare la definizione matrimonio anche per le coppie omosessuali.

Per una giusta interpretazione del matrimonio sul piano originale di Dio, Gesù sottolinea quattro importanti aspetti secondo i quali solamente possono unirsi in matrimonio un uomo e una donna:

1) «il Creatore da principio li creò maschio e femmina» (Mt 19,4). Gesù ci insegna che, nel piano divino la mascolinità e la femminilità hanno un grande significato. Ignorarlo, dunque, é ignorare ciò che siamo.

2) «Per questo l’uomo lascerà suo padre e sua madre, e si unirà a sua moglie» (Mt 19,5). Il piano di Dio non é che l’uomo abbandoni i suoi genitori e se ne vada con chi vuole, ma con una moglie.

3) «Così che non sono più due, ma una carne sola» (Mt 19,6). Questa unione corporale va più in lá della breve unione fisica che avviene nell’atto coniugale. Si riferisce all’unione prolungata che accade quando un uomo ed una donna, attraverso il loro amore, generano una nuova vita che é il matrimonio durevole o unione dei loro corpi. É ovvio che un uomo con un altro uomo, o una donna con un’altra donna, non possono considerarsi, in tal modo, un unico corpo.

4) «Quello dunque che Dio ha congiunto, l'uomo non lo separi» (Mt 19,6). Lo stesso Dio ha unito in matrimonio l’uomo e la donna, e sempre che cerchiamo di separare quello che Lui ha unito, lo staremo facendo per conto nostro e a danno della società.

Nella sua catechesi sul Genesi, il Papa Giovanni Paolo ll disse: «Nella sua risposta ai farisei, Gesù Cristo propone ai suoi interlocutori la visione totale dell’uomo, senza la quale non é possibile offrire una risposta adeguata alle domande relative al matrimonio».

Ognuno di noi é chiamato ad essere ”l'eco” di questa Parola di Dio nel nostro tempo.

mercoledì 15 agosto 2018

(Mt 18,21-19,1) Non ti dico fino a sette volte, ma fino a settanta volte sette.

VANGELO DI GIOVEDI 16 AGUSTO 2018.

Giorno liturgico: Giovedì, XIX settimana del Tempo Ordinario

Testo del Vangelo (Mt 18,21—19,1): In quel tempo, Pietro si avvicinò a Gesù e gli disse: «Signore, se il mio fratello commette colpe contro di me, quante volte dovrò perdonargli? Fino a sette volte?». E Gesù gli rispose: «Non ti dico fino a sette volte, ma fino a settanta volte sette. Per questo, il regno dei cieli è simile a un re che volle regolare i conti con i suoi servi. Aveva cominciato a regolare i conti, quando gli fu presentato un tale che gli doveva diecimila talenti. Poiché costui non era in grado di restituire, il padrone ordinò che fosse venduto lui con la moglie, i figli e quanto possedeva, e così saldasse il debito. Allora il servo, prostrato a terra, lo supplicava dicendo: “Abbi pazienza con me e ti restituirò ogni cosa”. Il padrone ebbe compassione di quel servo, lo lasciò andare e gli condonò il debito.» Appena uscito, quel servo trovò uno dei suoi compagni, che gli doveva cento denari. Lo prese per il collo e lo soffocava, dicendo: “Restituisci quello che devi!”. Il suo compagno, prostrato a terra, lo pregava dicendo: “Abbi pazienza con me e ti restituirò”. Ma egli non volle, andò e lo fece gettare in prigione, fino a che non avesse pagato il debito. Visto quello che accadeva, i suoi compagni furono molto dispiaciuti e andarono a riferire al loro padrone tutto l’accaduto. Allora il padrone fece chiamare quell’uomo e gli disse: “Servo malvagio, io ti ho condonato tutto quel debito perché tu mi hai pregato. Non dovevi anche tu aver pietà del tuo compagno, così come io ho avuto pietà di te?”. Sdegnato, il padrone lo diede in mano agli aguzzini, finché non avesse restituito tutto il dovuto. Così anche il Padre mio celeste farà con voi se non perdonerete di cuore, ciascuno al proprio fratello». Terminati questi discorsi, Gesù lasciò la Galilea e andò nella regione della Giudea, al di là del Giordano.




RIFLESSIONE DI LELLA

PREGHIERA: Vieni o Spirito Santo a darmi il tuo appoggio nella lettura e nella comprensione del Vangelo, perché tutto si apra davanti ai miei occhi e sia comprensibile al mio cuore.

Con quanto amore Gesù ci parla, ci consiglia come comportarci, ci aiuta ad essere come Lui. Il metro con il quale l' uomo misura le cose è sicuramente molto egoistico, ma in questa pagina di Vangelo, Gesù ci fa capire come tutto quello che noi facciamo, in fondo, ci riflette addosso come uno specchio. La parabola racconta di un servo che doveva del denaro al suo padrone, e quando questo gliene chiese la restituzione, non era pronto per saldare il suo debito. Il padrone era buono e magnanimo, e gli usò misericordia condonandogli il debito, ma il servo non fece la stessa cosa verso un altro uomo che aveva contratto debito con lui; anzi, lo denunciò e lo fece chiudere in prigione. Saputolo il padrone s' indignò, e lo diede in mano ai suoi aguzzini. Il Signore usa la stessa misericordia con noi e noi invece che cosa facciamo? Non riusciamo a perdonare neanche il minimo torto subito. Pietro chiede al Signore di fissare un limite al perdono, perché nella sua umanità come noi, crede che ci debba essere un limite, oltre il quale sia lecito non perdonare più, ma la risposta di Gesù è chiarissima, non c'è un limite oltre il quale non perdonare, si deve perdonare sempre, perché quello che cerca da sempre di dirci Gesù è che dobbiamo seguirlo in tutto e per tutto se vogliamo essere suoi discepoli, se vogliamo chiamarci Cristiani, appartenenti alla famiglia di Cristo Gesù..


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Comentario: Fra. Joan BLADÉ i Piñol
(Barcelona, Spagna)

Oggi, chiedersi «Signore, quante volte dovrò perdonare al mio fratello, se pecca contro di me?» (Mt 18,21), può significare: Costoro, che tanto amo, li vedo anche con manie e capricci che mi amareggiano, mi importunano ogni momento, non mi parlano... e questo, un giorno dopo l’altro. Signore, fino a quando li dovrò sopportare?

Gesù rispose con la lezione della pazienza. In realtà i due colleghi coincidono nel dire: «Abbi pazienza con me» (Mt 18,26.29). Mentre l’intemperanza del malvagio, che affogava l’altro per un nonnulla, provoca la propria rovina morale ed economica, la pazienza del Re, al tempo stesso che salva il debitore, la sua famiglia ed i suoi beni, accresce la personalità del monarca e gli procura la fiducia della corte. La reazione del Re, in bocca di Gesù, ci ricorda quello del libro dei Salmi: «Ma presso di te è il perdono: e avremo il tuo timore» (Sal 130,4).

È chiaro che dobbiamo opporci all¡’ingiustizia, e se è necessario, energicamente (permettere il male sarebbe un’indizio di apatia o di vigliaccheria). Però l’indignazione è sana quando in essa non c’è egoismo, né ira, né stupidità, bensì il desiderio retto di difendere la verità. L’autentica pazienza è quella che ci porta ad accettare misericordiosamente la contraddizione, le molestie, la mancanza di opportunità delle persone, degli avvenimenti o delle cose. Essere pazienti equivale a sapersi dominare. Gli esseri suscettibili o violenti non possono essere pazienti perché non riflettono né sono padroni di se stessi.

La pazienza è una virtù cristiana perché fa parte del messaggio del Regno dei Cieli, e si forgia nell’esperienza poiché tutti quanti in questo mondo abbiamo dei difetti. Si, Paolo ci esorta a sopportarci, gli uni agli altri (cf. Col 3,12-13). Pietro ci fa ricordare che la pazienza del Signore ci da l’opportunità di essere salvi (cf. 2Pe 3.15).

Certamente, quante volte la pazienza del buon Dio ci ha perdonato nel confessionario! Sette volte? Settanta volte sette? Forse di più!








martedì 14 agosto 2018

(Lc 1,39-56) Grandi cose ha fatto per me l’Onnipotente: ha innalzato gli umili.

VANGELO DI MERCOLEDI 15 AGUSTO 2018.

Giorno liturgico: 15 Agosto: Assunzione della Beata Vergine Maria

Testo del Vangelo (Lc 1,39-56): In quei giorni Maria si alzò e andò in fretta verso la regione montuosa, in una città di Giuda. Entrata nella casa di Zaccarìa, salutò Elisabetta. Appena Elisabetta ebbe udito il saluto di Maria, il bambino sussultò nel suo grembo. Elisabetta fu colmata di Spirito Santo ed esclamò a gran voce: «Benedetta tu fra le donne e benedetto il frutto del tuo grembo! A che cosa devo che la madre del mio Signore venga da me? Ecco, appena il tuo saluto è giunto ai miei orecchi, il bambino ha sussultato di gioia nel mio grembo. E beata colei che ha creduto nell’adempimento di ciò che il Signore le ha detto». Allora Maria disse: «L’anima mia magnifica il Signore e il mio spirito esulta in Dio, mio salvatore, perché ha guardato l’umiltà della sua serva. D’ora in poi tutte le generazioni mi chiameranno beata. Grandi cose ha fatto per me l’Onnipotente e Santo è il suo nome; di generazione in generazione la sua misericordia per quelli che lo temono. Ha spiegato la potenza del suo braccio, ha disperso i superbi nei pensieri del loro cuore; ha rovesciato i potenti dai troni, ha innalzato gli umili; ha ricolmato di beni gli affamati, ha rimandato i ricchi a mani vuote. Ha soccorso Israele, suo servo, ricordandosi della sua misericordia, come aveva detto ai nostri padri, per Abramo e la sua discendenza, per sempre». Maria rimase con lei circa tre mesi, poi tornò a casa sua.




RIFLESSIONE DI LELLA

PREGHIERA: Spirito di Dio, davanti a questa preghiera che è il cantico di gioia di Maria, non oso pregarti con parole, e mi pongo in silenzio all’ascolto, mentre il mio cuore trema.

Mi sembra quasi di sentirla Maria... mentre finalmente può gridare la sua gioia,la sua meraviglia! Solo Elisabetta può capirla, perchè anche su di lei è scesa la grazia del Signore, anche lei che tutti dicevano sterile, è incinta perchè il Signore gli ha concesso la grazia. Prima di loro c’ era stata un’ altra donna che tanto aveva sperato nella grazia di Dio,ricordate? (1 Sam. 9-18) Anna, moglie di Elkana, che fa una preghiera meravigliosa chiedendo la grazia di un figlio dice: “ Se mi darai un figlio, ti prometto di consacrarlo per sempre al tuo servizio.” Maria e la Chiesa, Maria è la chiesa, è colei che lotta contro il male, è con la preghiera del rosario che noi chiediamo a Maria di sorreggerci in questa lotta contro il male. Papa Francesco dice che il rosario ha una dimensione “agonistica”, cioè di lotta, e spesso, pregando, sento che la speranza diventa talmente forte da poter essere chiamata certezza, e non perchè il Signore mi accontenta, ma perchè mi rende felicemente consapevole di obbedire alla sua volontà.


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Comentario: Fra. Dom. Josep ALEGRE Abate di Santa Mª de Poblet
(Tarragona, Spagna)

Oggi celebriamo la solennità dell’Ascensione di Santa Maria al cielo in corpo ed anima. «Oggi —dice San Bernardo— ascende al cielo la Vergine piena di gloria, colmando di felicità la comunità celestiale». E aggiungerà queste bellissime parole «Che regalo così bello invia oggi la nostra terra al cielo! Con questo meraviglioso gesto di amicizia —che è dare e ricevere— si amalgamano l’umano e il divino, il terrenale e il celestiale, l’umile e il sublime. Il frutto più maturo della terra è lì, dal quale procedono i migliori regali e i doni di maggior valore. Elevata nell’alto dei cieli, la Vergine Santa prodigherà i suoi doni all’umanità».

Il primo dono che ti elargisce è la Parola, che Lei seppe custodire con tanta fedeltà nel cuore, che fece fruttificare dal suo profondo e accogliente silenzio. Con questa Parola nel suo spazio interiore, generando la Vita per gli uomini, nel suo ventre, «si alzò e andò in fretta verso la regione montuosa, in una città di Giuda. Entrata nella casa di Zaccarìa, salutò Elisabetta» (Lc 1,39-40). La presenza di Maria sparge l’allegria «Appena Elisabetta ebbe udito il saluto di Maria, il bambino sussultò nel suo grembo» (Lc 1,44).

Soprattutto, ci regala il dono della sua lode, la sua stessa allegria fatta canto, il suo Magnificat: «L’anima mia magnifica il Signore e il mio spirito esulta in Dio, mio salvatore...» (Lc 1,46-47). Che regalo così bello ci restituisce oggi il cielo, con il canto di Maria, fatto parola di Dio! In questo cantico troviamo gli indizi per imparare come si uniscono l’umano e il divino, il terrenale e il celestiale, e possiamo perfino giungere a rispondere come Lei al regalo che ci fa Dio in suo Figlio, attraverso la Sua Santa Madre: per essere un regalo di Dio per il mondo, e domani un regalo della nostra umanità a Dio, seguendo l’esempio di Maria, che ci precede nella glorificazione a cui siamo destinati.

lunedì 13 agosto 2018

(Mt 18,1-5.10.12-14) Guardate di non disprezzare uno solo di questi piccoli.

VANGELO DI MARTEDI 14 AGUSTO 2018.

Giorno liturgico: Martedì, XIX settimana del Tempo Ordinario

Santorale 14 Agosto: San Massimiliano Maria Kolbe, sacerdote e martire
Testo del Vangelo (Mt 18,1-5.10.12-14): In quel tempo, i discepoli si avvicinarono a Gesù dicendo: «Chi dunque è il più grande nel regno dei cieli?». Allora Gesù chiamò a sé un bambino, lo pose in mezzo a loro e disse: «In verità vi dico: se non vi convertirete e non diventerete come i bambini, non entrerete nel regno dei cieli. Perciò chiunque diventerà piccolo come questo bambino, sarà il più grande nel regno dei cieli. E chi accoglie anche uno solo di questi bambini in nome mio, accoglie me. Guardatevi dal disprezzare uno solo di questi piccoli, perché vi dico che i loro angeli nel cielo vedono sempre la faccia del Padre mio che è nei cieli. Che ve ne pare? Se un uomo ha cento pecore e ne smarrisce una, non lascerà forse le novantanove sui monti, per andare in cerca di quella perduta? Se gli riesce di trovarla, in verità vi dico, si rallegrerà per quella più che per le novantanove che non si erano smarrite. Così il Padre vostro celeste non vuole che si perda neanche uno solo di questi piccoli».




RIFLESSIONE DI LELLA

PREGHIERA: Vieni Spirito di Dio ed aiutami ad essere come un bambino e affidarmi a te.

Questa volta è  Matteo e non Luca e ci descrive la scena, mettendo in risalto le parole di Gesù. Vorrei notare con voi una frase che dice il Signore: ”accoglie me”. Gesù si immedesima in un bambino, si fa piccolo e ci chiede di fare come lui; di non cercare la grandezza, ma proprio come un fanciullo lasciarsi educare e plasmare dall’ amore del Padre. I bambini hanno degli angeli che li custodiscono,                   e l'intervento immediato del Padre in loro difesa: egli ha disposto uno schieramento di angeli a servizio e a difesa dei suoi bambini, dei suoi "piccoli". Tramite i propri angeli che vedono la faccia di Dio, essi possono far giungere fino a lui i torti e le ingiustizie che ricevono. Chi tocca i suoi "piccoli", tocca Dio.
Essere come bambini, vuol dire essere semplici ed umili e non significa essere incapaci di ragionare, ma capaci di affidarsi a Dio. Poi passiamo ad un altro passo, quello del pastore .  Queste poche righe sembrano povere a prima vista, semplici, perché in fondo è normale che il pastore ci tenga alle sue pecore, fin qui non ci piove;  ma se guardiamo più attentamente, scopriremo che il discorso è rivolto anche a noi. Che ve ne pare di questo pastore che corre dietro alla pecora smarrita fino a che non l’ ha trovata? Sembra chiederci Gesù! Che amore pensate che sia quello che lo spinge a sacrificare anche se stesso per darci la possibilità di entrare a far parte del suo regno? Scoprire quanto e come Dio ci ama, ci fa notare che non è proporzionabile al nostro modo d’amare, né a come noi concepiamo l’amore.  Nella lettura del Vangelo, si parla di Gesù come dell’ agnello che è messo sul trono da Dio e che sarà il pastore per tutti noi, ma anche dell’ agnello che per primo ha accettato di essere sacrificato, di donare la sua vita, con una rassegnazione che è tipica di quest’animale, che va incontro alla morte senza neanche un lamento, con docile accettazione. Gesù ha accettato di servire fino alla fine il progetto di Dio e per questo sarà ritenuto degno di diventare il pastore di tutti, quello che c’ indicherà la via da seguire.
Una sola pecora in cambio di 99… sicuramente tornerà pensiamo, speriamo, ma sarà difficile che qualcuno di noi sarebbe disposto ad abbandonare le altre per correre mille pericoli ed andare a cercarla.
Eppure questo è quello che fanno centinaia di missionari che corrono mille pericoli in terra straniera per far conoscere Gesù, perché questo sentimento di condivisione della salvezza, dono per tutti, deve essere quello che anima i nostri cuori di Cristiani per essere conformi a Cristo e non un rapporto egoistico. Sempre più spesso si parla di una chiesa troppo ricca, ma poi, quando sentiamo di quanti perdono la vita solo perché cristiani che cercano di far conoscere il Signore in ogni parte del mondo, capiamo che la chiesa con è soltanto una banca che prende per arricchirsi, ma un’opera di grande umanità che porta nei posti più sconsolati del mondo tanto amore, istruzione e cibo per il corpo e per l’ anima. Quanti di noi che stiamo caldi e comodi nelle nostre case, sono disponibili a camminare diverse miglia nella foresta o nel deserto per poche anime, quanti come Gesù sanno essere buoni pastori? Dacci o Signore la forza di non perderci mai e di poter aiutare chi non conosce le tue vie.


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Comentario: Fra. Valentí ALONSO i Roig
(Barcelona, Spagna)

Oggi, il Vangelo ci svela nuovamente il cuore di Dio. Ci fa capire con quali sentimenti il Padre del cielo attua in relazione ai suoi figli. Il richiamo più fervoroso è per i più piccoli, quelli ai quali nessuno presta attenzione, quelli che non giungono al luogo dove tutti arrivano. Sapevamo che il Padre, come Padre nella sua bontà, ha predilezione per i figli più piccoli, ma oggi ci rendiamo conto di un’altro desiderio del Padre, che si converte in un obbligo per noi: «se non vi convertirete e non diventerete come i bambini, non entrerete nel Regno dei Cieli» (Mt 18,3).

Quindi, ci rendiamo conto che il Padre valuta non tanto “essere piccoli”, ma “farsi piccoli”. «Chiunque diventerà piccolo (...), sarà il più grande nel Regno dei Cieli» (Mt 18,4). Per questo, possiamo capire qual’è la nostra responsabilità in quest’azione di impiccolirsi. Non si tratta tanto del fatto di essere stato creato piccolo o semplice, con più o meno limitazioni o con più o meno capacità, come di saper prescindere dell’eventuale grandezza di ognuno di noi per rimanere all’altezza dei più umili e semplici. La vera importanza per ognuno di noi risiede nel rassomigliarsi ad uno di questi piccoli che Gesù stesso presenta in tutta la sua sembianza.

Finalmente, il Vangelo rafforza ancora di più la lezione di oggi. Ci sono, e molto vicino a noi!, dei “piccoli” che con frequenza vediamo più abbandonati di altri: quelli che sono come pecore smarrite; il Padre li cerca e, quando li trova, si compiace perché può farli rientrare “all’ovile” per non perderli più. Forse, se identificassimo questi “piccoli” che ci circondano come pecore che il Padre cerca e ricupera, piuttosto che come pecore smarrite, saremmo preparati per vedere più frequentemente e più da vicino il volto di Dio. Come dice san Asterio di Amasea: «La parabola della pecora smarrita ed il pastore, ci insegna che non dobbiamo diffidare frettolosamente degli uomini, ne venir meno nell’aiutare quelli che si trovano in rischio».

domenica 12 agosto 2018

(Mt 17,22-27) Lo uccideranno, ma risorgerà. I figli sono liberi dal tributo.

VANGELO DI LUNEDI 13 AGUSTO 2018.

Giorno liturgico: Lunedì, XIX settimana del Tempo Ordinario

Testo del Vangelo (Mt 17,22-27): In quel tempo, mentre si trovavano insieme in Galilea, Gesù disse ai suoi discepoli: «Il Figlio dell’uomo sta per esser consegnato nelle mani degli uomini e lo uccideranno, ma il terzo giorno risorgerà». Ed essi furono molto rattristati. Venuti a Cafarnao, si avvicinarono a Pietro gli esattori della tassa per il tempio e gli dissero: «Il vostro maestro non paga la tassa per il tempio?». Rispose: «Sì». Mentre entrava in casa, Gesù lo prevenne dicendo: «Che cosa ti pare, Simone? I re di questa terra da chi riscuotono le tasse e i tributi? Dai propri figli o dagli altri?». Rispose: «Dagli estranei». E Gesù: «Quindi i figli sono esenti. Ma perché non si scandalizzino, va’ al mare, getta l’amo e il primo pesce che viene prendilo, aprigli la bocca e vi troverai una moneta d’argento. Prendila e consegnala a loro per me e per te».




RIFLESSIONE DI LELLA

PREGHIERA: Vieni o Santo Spirito e donami la sapienza di comprendere quello che il Signore vuole che io comprenda, aiutami !

Il momento è quasi giunto, Gesù ne è consapevole e cerca di dare ai suoi discepoli le coordinate per comprendere quanto tutto quello che sta per succedere sia necessario. Il volere del Padre è la salvezza dei figli ed anche se costerà caro a Gesù, in termini di sofferenza, è disposto a tutto pur di salvare i suoi fratelli, perché l’amore di Dio ci unisce a Lui in maniera indissolubile. Gesù cerca di far capire a Pietro che è necessario che viva da uomo e che muoia da uomo per assumere su di se tutte le colpe degli uomini e poterli liberare. La Sua passione sarà terribile, ma il messaggio che Gesù da a Pietro, non è di dolore o paura, ma di accettazione e fondamentalmente di Speranza. Il Figlio di Dio non dovrebbe pagare la tassa nella chiesa di Dio, ma Gesù fa comprendere a Pietro che sarà Dio stesso a provvedere per pagare il tributo, e lo farà proprio attraverso la sua vita. Ma anche se Gesù morirà, risorgerà dopo tre giorni, e questo deve essere ben presente nella nostra mente, perché la nostra non è solo speranza, ma certezza che nulla è perduto, anche se ci sembra che la fede stia morendo, che la Chiesa sia più una multinazionale che la casa di Dio… non fermiamoci a giudicare, ma andiamo oltre, andiamo a condividere con Gesù Cristo quella che sarà la sua e la nostra resurrezione. Noi siamo tempio di Cristo, se accettiamo di rinascere in Lui.


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Comentario: Fra. Joaquim PETIT Llimona, L.C.
(Barcelona, Spagna)

Oggi, la liturgia ci offre diversi spunti da sottoporre alla nostra considerazione. Tra questi potremmo soffermarci su qualcosa che è presente lungo tutto il testo: l’atteggiamento familiare di Gesù con i suoi.

Ci dice san Matteo che Gesù con i discepoli «si trovavano insieme in Galilea» (Mt 17,22). Potrebbe sembrare qualcosa di scontato, ma il fatto di menzionare che si trovavano insieme ci indica come l’evangelista vuole sottolineare la vicinanza di Cristo. Poi apre loro il Cuore per rivelare il cammino della sua Passione, Morte e Risurrezione, ovvero, qualcosa che Gesù porta ben dentro di sè e che non vuole che ignorino proprio coloro che tanto ama. Poi il testo descrive l’episodio del contributo delle tasse, e anche qui l’evangelista ci lascia intravedere l’atteggiamento di Gesù, che si pone alla pari di Pietro, nel contrapporre i figli (Gesù e Pietro) esenti dal versare il tributo, e gli estranei obbligati ad esso. Cristo, infine, dice loro come conseguire i soldi necessari per pagare non solo per Lui ma per entrambi e non essere, così, motivo di scandalo.

In tutti questi profili scopriamo una visione fondamentale della vita cristiana: il grande desiderio di Gesù di restare al nostro fianco. Dice il Signore nel libro dei Proverbi: «la mia gioia è vivere con gli uomini» (Prov 8,31). Come cambia, questa realtà, il nostro modo di interpretare la vita spirituale. Talvolta prestiamo l’attenzione e l’accento solo su ciò che facciamo, come se questo fosse la cosa più importante! La vita interiore, invece, si deve concentrare su Cristo, sul suo amore per noi, sul suo dono totale fino alla morte per me, nella sua costante ricerca del nostro cuore. Giovanni Paolo II lo esprimeva perfettamente in uno dei suoi incontri con i giovani: il Papa esclamò ad alta voce: «Guardate a Lui!».

sabato 11 agosto 2018

(Gv 6,41-51) Io sono il pane vivo, disceso dal cielo.

VANGELO DI DOMENICA 12 AGUSTO 2018.

Giorno liturgico: XIX Domenica (B) del Tempo Ordinario

Testo del Vangelo (Gv 6,41-51): In quel tempo, i Giudei si misero a mormorare contro Gesù perché aveva detto: «Io sono il pane disceso dal cielo». E dicevano: «Costui non è forse Gesù, il figlio di Giuseppe? Di lui non conosciamo il padre e la madre? Come dunque può dire: “Sono disceso dal cielo”?». Gesù rispose loro: «Non mormorate tra voi. Nessuno può venire a me, se non lo attira il Padre che mi ha mandato; e io lo risusciterò nell’ultimo giorno. Sta scritto nei profeti: “E tutti saranno istruiti da Dio”. Chiunque ha ascoltato il Padre e ha imparato da lui, viene a me. Non perché qualcuno abbia visto il Padre; solo colui che viene da Dio ha visto il Padre. In verità, in verità io vi dico: chi crede ha la vita eterna. Io sono il pane della vita. I vostri padri hanno mangiato la manna nel deserto e sono morti; questo è il pane che discende dal cielo, perché chi ne mangia non muoia. Io sono il pane vivo, disceso dal cielo. Se uno mangia di questo pane vivrà in eterno e il pane che io darò è la mia carne per la vita del mondo».




RIFLESSIONE DI LELLA

PREGHIERA: Vieni o Santo Spirito, anche se non ti meritiamo,vieni a accendere in noi la sapienza di figli.

 Prima di passare al Vangelo,vorrei che rileggessimo ATTENTAMENTE la seconda lettura:
(Ef 4,30-5,2) Camminate nella carità come Cristo.
Dalla lettera di san Paolo apostolo agli Efesìni

Fratelli, non vogliate rattristare lo Spirito Santo di Dio, con il quale foste segnati per il giorno della redenzione. Scompaiano da voi ogni asprezza, sdegno, ira, grida e maldicenze con ogni sorta di malignità. Siate invece benevoli gli uni verso gli altri, misericordiosi, perdonandovi a vicenda come Dio ha perdonato a voi in Cristo.Fatevi dunque imitatori di Dio, quali figli carissimi, e camminate nella carità, nel modo in cui anche Cristo ci ha amato e ha dato se stesso per noi, offrendosi a Dio in sacrificio di soave odore. Non credo di dover aggiungere parole alla Parola di  questa lettera, è di per se un fortissimo richiamo a non lasciarci influenzare da chi chiacchiera e sputa sentenze.

Non credo di dover aggiungere parole alla Parola di questa lettera, è di per se un fortissimo richiamo a non lasciarci influenzare da chi chiacchiera e sputa sentenze. La fede è un dono di Dio, fatto a chi sceglie di accoglierlo, ma credere in Dio, non basta, non possiamo dire di credere in Dio, se non riconosciamo il figlio che Lui ha mandato. Qui sta il nocciolo della questione, accettare il Figlio perché si ascolta la parola del Padre, che con Gesù si compie, trasformando questo Figlio in amore che nutre la nostra fame di verità. Anche i giudei onorano Dio, ne conoscono le letture, se le tramandano ancora, ma non hanno adempiuto pienamente la sua parola, perché non hanno riconosciuto in Gesù il Messia promesso. Non lo hanno accettato perché non era quello che loro speravano, non era un vincitore, un re ricco e potente, non veniva a portare gloria sulla terra, ma diceva che il suo regno non era di questo mondo…è difficile accettare di conoscere qualcuno, quando quello che ci propone non ci interessa, quando quello che cerchiamo è solo terreno.Così oggi molti incartano le loro parole con la parola  delle scritture per parlare contro il Papa e contro i fratelli, salendo sul pulpito e chiamandoli peccatori,eretici e miscredenti...e andando contro ogni richiamo di Gesù all'amore e al perdono. Noi Signore invece ti vogliamo conoscere, vogliamo che tu ci parli, che c’ indichi la via da percorrere, perché ci fidiamo di Dio e di Te, Signore nostro Gesù Cristo, perché solo attraverso di te, potremo entrare nel progetto di Dio per la nostra salvezza. Continua il discorso del  pane di vita e penso che noi siamo il seme di Dio sparso sulla terra, per quanto tempo non importa, ma in ognuno di noi c'è un seme di Dio. Quello che vediamo sulla terra è il risultato di quello che da noi è germogliato e, stando a quello che si vede oggi nel mondo, non sembra proprio che il risultato sia ottimale; c'è molta gramigna e zizzania che soffoca anche i germogli più buoni, ma verrà il giorno che la gramigna sarà strappata ed il seme buono, potrà crescere rigoglioso. Nessuno può uccidere il seme buono in noi se non noi stessi, ricordiamolo sempre; gli altri ci fanno quello che ci lasciamo fare!


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Comentario: Fra. Lluc TORCAL Monje del Monasterio de Sta. Mª de Poblet
(Santa Maria de Poblet, Tarragona, Spagna)

Oggi, il Vangelo ci presenta la perplessità che provavano i concittadini di Gesù in sua presenza «Costui non è forse Gesù, il figlio di Giuseppe? Di lui non conosciamo il padre e la madre? Come dunque può dire: “Sono disceso dal cielo”?» (Gn 6,42). La vita di Gesù in mezzo ai suoi fu così normale che, iniziando la proclamazione del Regno, chi lo conosceva si scandalizzava di ciò che diceva.

Di quale Padre parlava loro Gesù, che nessuno aveva visto? Chi era questo pane disceso dal cielo, che chi lo mangiava sarebbe vissuto per sempre? Lui negava che fosse la manna del deserto, perché chi l’avesse mangiata sarebbe morto. «Il pane che io darò è la mia carne per la vita del mondo». (Gn 6,51). La sua carne poteva essere un’alimento per noi? Lo sconcerto che Gesù provocò nei giudei potrebbe estendersi tra noi se non rispondiamo a una domanda centrale per la nostra vita cristiana: Chi è Gesù?

Molti uomini e donne prima di noi si sono fatti questa domanda, hanno risposto personalmente, sono andati verso Gesù, lo hanno seguito ed ora godono di una vita senza fine e piena d’amore. E a coloro che vadano verso Gesù, Lui li risuscitarà nell’ultimo giorno (cf. Gn 6,44). Giovanni Cassiano esortava i suoi monaci dicendo loro: « “Avvicinatevi a Dio e Dio si avvicinerà a voi”, perché “nessuno può andare a Gesù se il Padre che lo ha inviato non lo attira”(...) ». Nel Vangelo ascoltiamo il Signore che ci invita ad andare verso di Lui: “Venite a me tutti quelli che siete stanchi e affaticati, ed io vi farò riposare”. Accogliamo la Parola del Vangelo che ci avvicina a Gesù ogni giorno; accogliamo l’invito dello stesso Vangelo ad entrare in comunione con Lui, cibandoci della sua carne, perché «questo è il vero alimento, la carne di Cristo, il quale, essendo la Parola, si è fatto carne per noi». (Origene).

venerdì 10 agosto 2018

(Mt 17,14-20) Se avrete fede, nulla vi sarà impossibile.

VANGELO DI SABATO 11 AGUSTO 2018.

Giorno liturgico: Sabato, XVIII settimana del Tempo Ordinario

Santorale 11 Agosto: Santa Chiara d'Assisi, vergine
Testo del Vangelo (Mt 17,14-20): In quel tempo, si avvicinò a Gesù un uomo che gli si gettò in ginocchio e disse: «Signore, abbi pietà di mio figlio! È epilettico e soffre molto; cade spesso nel fuoco e sovente nell’acqua. L’ho portato dai tuoi discepoli, ma non sono riusciti a guarirlo». E Gesù rispose: «O generazione incredula e perversa! Fino a quando sarò con voi? Fino a quando dovrò sopportarvi? Portatelo qui da me». Gesù lo minacciò e il demonio uscì da lui, e da quel momento il ragazzo fu guarito. Allora i discepoli si avvicinarono a Gesù, in disparte, e gli chiesero: «Perché noi non siamo riusciti a scacciarlo?». Ed egli rispose loro: «Per la vostra poca fede. In verità io vi dico: se avrete fede pari a un granello di senape, direte a questo monte: “Spòstati da qui a là”, ed esso si sposterà, e nulla vi sarà impossibile».




RIFLESSIONE DI LELLA

PREGHIERA: Ti invoco Santo Spirito, che per potenza divina abbiamo ricevuto, di aiutarci a vivere in santità, per onorare Dio e Dio solo.

Una cosa che mi è subito evidente è come quest’uomo non si arrenda davanti alla prima non riuscita da parte dei discepoli di Gesù…ecco che va alla fonte, si rivolge a Gesù stesso, ed è esaudito. Se la nostra fede fosse così forte…se riuscissimo a non fermarci davanti a niente, se tutti gli ostacoli fra noi è Dio avessero come unico mediatore Gesù Cristo, se noi avessimo fede come un granello di senape…..Ma la nostra umanità è più forte della nostra fede, chiediamo, preghiamo, ci sforziamo di credere sempre di più, ma non raggiungiamo mai quella santità che ci rende veri discepoli di Gesù.I santi, questi sconosciuti, che operano miracoli in vita e dopo, perché riescono ad essere un tutt’uno con Cristo Gesù, sono ancora mille miglia lontani da noi. Leggiamo di loro, ma non riusciamo a penetrarne il segreto della fede, non riusciamo ad abbandonarci a Dio come loro hanno fatto, eppure altro non erano, e non sono, che uomini come noi, e dobbiamo aspirare a diventare anche noi Santi, non per la gloria degli uomini, ma perché nulla potrebbe essere più bello che riuscire ad essere così in comunione con Cristo. Eppure restiamo qui, ancorati alla nostra preghiera stanca e inconcludente, mentre il Signore ci mostra come la vera fede trasfigura. La domanda che cosa dobbiamo fare, non è quella giusta. Signore facci essere come Te, donaci la Tua fede, donaci la potenza del Tuo essere perché possiamo essere solo tuoi, possiamo farti vivere in noi, fa che tutto quello che c’è di così umano e terreno che c’impedisce di raggiungerti, sia spazzato via dal tuo Santo Spirito, e che abbracciati ed uniti a te possiamo farti operare attraverso di noi: Questa forse dovrebbe essere la nostra preghiera, e dovrebbe essere talmente forte e sincera da non tremare di fronte a nulla, da aver paura di non farcela, ma consapevole del “ Sia fatta la Tua volontà ” che ogni giorno diciamo senza neanche rendercene conto.
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Comentario: Fra. Fidel CATALÁN i Catalán
(Terrassa, Barcelona, Spagna)

Oggi, ancora una volta, Gesù ci fa capire che la dimensione dei miracoli è in proporzione alla nostra fede: «In verità io vi dico: se avrete fede pari a un granello di senape, direte a questo monte: “Spòstati da qui a là”, ed esso si sposterà, e nulla vi sarà impossibile» (Mt 17,20). Infatti, come fanno notare San Geronimo e Sant’Agostino, nel cammino verso la nostra santità (qualcosa che chiaramente supera le nostre forze) si realizza questo “spostamento della montagna”. Quindi, i miracoli avvengono, e se non ne vediamo di più è perché non permettiamo che accadano, dovuto alla nostra poca fede.

D’innanzi a questa situazione sconcertante e inspiegabile, l’essere umano reagisce in modi diversi. L’epilessia era considerata come una malattia incurabile sofferta da persone possedute da uno spirito maligno.

Il padre di quella creatura dimostra il suo amore verso il figlio cercando la cura totale, e si rivolge a Gesù. La sua azione è dimostrata come un vero atto di fede. Si inginocchia di fronte a Gesù e lo supplica direttamente, con la convinzione intima, che la sua richiesta sarà ascoltata favorevolmente. La forma in cui esprime la sua richiesta, dimostra, l’accettazione della propria condizione e allo stesso tempo il riconoscimento della misericordia di Colui che può avere compassione verso gli altri.

Quel padre si riferisce al fatto che i discepoli non poterono scacciare quel demonio. Questo elemento ci introduce all’insegnamento di Gesù, facendoci notare la poca fede dei discepoli. Seguirlo, farsi discepolo, collaborare con la Sua missione esige una fede profonda e ben fondata, capace di sopportare le avversità, i contrattempi, le difficoltà e le incomprensioni. Una fede che diventa tangibile perché è solidamente radicata. In altri brani del Vangelo, lo stesso Gesù si lamenta della mancanza di fede dei suoi seguaci. L’espressione «nulla vi sarà impossibile» (Mt 17,20) esprime con tutta la sua forza l’importanza della fede per seguire il Maestro.

La Parola di Dio ci pone d’innanzi a una riflessione sulla qualità della nostra fede e la forma in cui la approfondiamo, ricordandoci il comportamento di quel padre di famiglia che si avvicina a Gesù e lo supplica con la profondità dell’amore del suo cuore.

giovedì 9 agosto 2018

(Gv 12,24-26) Se il chicco di grano muore, produce molto frutto.

VANGELO DI VENERDI 10 AGUSTO 2018.

Giorno liturgico: 10 Agosto: San Lorenzo Diacono e martire

Testo del Vangelo (Gv 12,24-26): In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «In verità, in verità io vi dico: se il chicco di grano, caduto in terra, non muore, rimane solo; se invece muore, produce molto frutto. Chi ama la propria vita, la perde e chi odia la propria vita in questo mondo, la conserverà per la vita eterna. Se uno mi vuole servire, mi segua, e dove sono io, là sarà anche il mio servitore. Se uno serve me, il Padre lo onorerà».




RIFLESSIONE DI LELLA

PREGHIERA: Vieni o Santo Spirito e porta in me la luce, fa che io sappia vedere,sappia ascoltare e sopra ogni cosa, sappia vivere la Tua parola.

Questo brano del Vangelo è sicuramente uno dei più suggestivi, io lo amo da quando ho cominciato a sentirmi seme. Tutto è molto semplice quando il Signore ci fa sentire la sua presenza, quando, come dico io, ci porta in braccio. All’inizio di ogni conversione è un po’ così, ci si sente come gli innamorati, ed il Signore ci insegna come è bello vivere accanto a Lui. Ma c’è sempre un momento in cui ci mette alla prova, ci lascia da soli e vuole vedere come camminiamo. Sconcerto, solitudine, paura...ci sembra di aver perso tutto, di non saper camminare, di non saper più comportarci come prima, quando Lui era con noi. La nostra fede viene messa alla prova, riceviamo scossoni da ogni parte, ed abbiamo la sensazione di sentirci soli, inutili, quasi orfani , vuoti...proprio come un chicco di grano che è caduto lontano dalla spiga. É a questo punto che invece accade il miracolo, quel chicco torna a generarsi, trovando in se stesso la vita ; e così noi, impariamo a risollevarci, a cercare di tornare a quelle sensazioni di gioia e di pace che ci dava l’abbraccio con Gesù. Lo sposo è stato incontrato, ora dobbiamo dimostrare la nostra fedeltà, e poichè sappiamo per certo che Lui è un Dio fedele, impareremo ad aver fede in lui. Tutto quello che Dio ha fatto è per noi, è morto per amore nostro e noi per amore suo, dobbiamo imparare a far morire i nostri egoismi, i vizi, e al loro posto far germogliare le virtù perché prendano definitivamente il loro posto.
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Comentario: Fra. Antoni CAROL i Hostench
(Sant Cugat del Vallès, Barcelona, Spagna)

Oggi la Chiesa —mediante la liturgia eucaristica che celebra il martire romano San Lorenzo— ci ricorda che «c’è una testimonianza di coerenza che ogni cristiano deve essere disposto a dare ogni giorno, anche a costo di sofferenze e di grandi sacrifici» (S. Giovanni Paolo II).

La legge morale è santa e inviolabile. Questa affermazione, certamente, contrasta con l’ambiente relativista che impera nei nostri giorni, dove con facilità ognuno di noi adatta le esigenze etiche alla propria comodità personale o alle proprie debolezze. Non sentiamo nessuno che dica: —Io sono immorale; —Io sono incosciente; —Io sono un bugiardo... Qualsiasi persona che dicesse ciò si squalificherebbe immediatamente.

Ma la domanda definitiva sarebbe: di quale morale, di quale coscienza e di quale verità stiamo parlando? È evidente che la pace e la sana coesistenza sociale non possono basarsi su una “morale alla carta”, dove ognuno va dove gli pare, senza tener conto delle inclinazioni e delle aspirazioni che il Creatore ha disposto nella nostra natura. Questa “morale”, lontano dal condurci per «il giusto cammino» verso i «pascoli erbosi» che il Buon Pastore desidera per noi (cf. Sal 23,1-3), ci spingerebbe inevitabilmente verso le sabbie mobili del “relativismo morale”, dove assolutamente tutto si può negoziare e giustificare.

I martiri sono testimoni inappellabili della santità della legge morale: ci sono esigenze di amore fondamentali che non ammetteranno mai eccezioni né adattamenti. Infatti, «nella Nuova Alleanza si trovano numerose testimonianze di seguaci di Cristo che (...) accettarono le persecuzioni e la morte anziché fare il gesto idolatrico di bruciare incenso davanti alla statua dell’Imperatore» (S. Giovanni Paolo II).

Nell’ambiente della città di Roma sotto l’imperatore Valeriano, il diacono «san Lorenzo amò Cristo nella vita, imitò Cristo nella morte» (Sant’Agostino). Ed è successo sempre più spesso che «chi odia la propria vita in questo mondo, la conserverà per la vita eterna» (Gv 12,25). La memoria di san Lorenzo, fortunatamente per noi, rimarrà per sempre come un esempio che per seguire Cristo vale la pena dare la vita, anziché ammettere frivole interpretazioni del suo cammino.

mercoledì 8 agosto 2018

(Mt 25,1-13) Ecco lo sposo! Andategli incontro!

VANGELO DI GIOVEDI 9 AGUSTO 2018.

Giorno liturgico: Giovedì, XVIII settimana del Tempo Ordinario

Santorale 9 Agosto: Santa Teresa Benedetta della Croce, Compatrona dell’Europa
Testo del Vangelo (Mt 16,13-23): In quel tempo, Gesù, giunto nella regione di Cesarèa di Filippo, domandò ai suoi discepoli: «La gente, chi dice che sia il Figlio dell’uomo?». Risposero: «Alcuni dicono Giovanni il Battista, altri Elìa, altri Geremìa o qualcuno dei profeti». Disse loro: «Ma voi, chi dite che io sia?». Rispose Simon Pietro: «Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente». E Gesù gli disse: «Beato sei tu, Simone, figlio di Giona, perché né carne né sangue te lo hanno rivelato, ma il Padre mio che è nei cieli. E io a te dico: tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia Chiesa e le potenze degli inferi non prevarranno su di essa. A te darò le chiavi del regno dei cieli: tutto ciò che legherai sulla terra sarà legato nei cieli, e tutto ciò che scioglierai sulla terra sarà sciolto nei cieli». Allora ordinò ai discepoli di non dire ad alcuno che egli era il Cristo. Da allora Gesù cominciò a spiegare ai suoi discepoli che doveva andare a Gerusalemme e soffrire molto da parte degli anziani, dei capi dei sacerdoti e degli scribi, e venire ucciso e risorgere il terzo giorno. Pietro lo prese in disparte e si mise a rimproverarlo dicendo: «Dio non voglia, Signore; questo non ti accadrà mai». Ma egli, voltandosi, disse a Pietro: «Va’ dietro a me, Satana! Tu mi sei di scandalo, perché non pensi secondo Dio, ma secondo gli uomini!».




RIFLESSIONE DI LELLA

PREGHIERA: Vieni o Santo Spirito, e guidami alla conoscenza della tua parola, perchè possa sbriciolarla ed assaporarla.

Torna questo brano del Vangelo, ma oggi non vorrei concepirlo come sempre, ma vorrei notare con voi che ci sono due tipi di persone: quelle che, dopo aver ascoltato la parola di Dio la mettono in pratica (costi quel che costi ) e quelle che continuano a vivere come gli aggrada di più,tra alti e bassi, obbeienza e disobbedienza. L’olio delle lampae è qualcosa che non si può prestare, perchè è un impegno personale che ognuno deve mettere di suo. Non sono le belle parole, lo studio, l’ apparire; ma l’ agire con perseveranza ed obbedienza a quelle leggi che Dio ha istituito per gli uomini, tramandate da Mosè, ma anche scritte a caratteri cubitali nella nostra coscienza.
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Comentario: Fra. Joaquim MESEGUER García
(Sant Quirze del Vallès, Barcelona, Spagna)

Oggi, Gesù proclama Pietro beato per la sua saggia dichiarazione di fede: «Rispose Simon Pietro: “Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente”. E Gesù: "Beato te, Simone figlio di Giona, perché né la carne né il sangue te l'hanno rivelato, ma il Padre mio che sta nei cieli» (Mt 16,16-17). Con questo encomio Gesù preannuncia a Pietro il primato nella sua Chiesa; ma poco dopo lo rimprovera per aver manifestato un’idea troppo umana ed erronea del Messia: «Ma Pietro lo trasse in disparte e cominciò a protestare dicendo: "Dio te ne scampi, Signore; questo non ti accadrà mai". Ma egli, voltandosi, disse a Pietro: "Lungi da me, satana! Tu mi sei di scandalo, perché non pensi secondo Dio, ma secondo gli uomini!"» (Mt 16,22-23).

Bisogna ringraziare gli evangelisti per averci presentato i primi discepoli di Gesù così come erano: non come personaggi idealizzati, ma come persone in carne ed ossa, come noi, con le loro virtù e i loro difetti; questa circostanza li avvicina a noi e ci aiuta a capire che la perfezione nella vita cristiana è una strada che tutti dobbiamo percorrere, poiché nessuno nasce saggio.

Visto che conosciamo già la storia accettiamo che Gesù Cristo sia stato il Messia sofferente profetizzato da Isaia e che abbia offerto la sua vita sulla croce. Quello che ci è più difficile da accettare è che noi dobbiamo continuare a far conoscere la sua opera attraverso lo stesso cammino di servizio, rinuncia e sacrificio. Immersi come siamo in una società che promuove il rapido successo, imparare senza sforzo e in modo divertente ed ottenere il massimo profitto con il minimo sforzo, è facile che finiamo col vedere le cose più come uomini che come Dio. Una volta ricevuto lo Spirito Santo, Pietro apprese la via del sentiero dove procedere e visse nella speranza. «Le tribolazioni del mondo sono piene di tristezza e vuote di premio; però quelle che si soffrono per Dio si mitigano con la speranza di un premio eterno» (San Efrem).

martedì 7 agosto 2018

(Mt 15,21-28) Donna, grande è la tua fede!

VANGELO DI MERCOLEDI 8 AGUSTO 2018.

Giorno liturgico: Mercoledì, XVIII settimana del Tempo Ordinario

Testo del Vangelo (Mt 15,21-28): In quel tempo, Gesù si ritirò verso la zona di Tiro e di Sidòne. Ed ecco una donna Cananea, che veniva da quella regione, si mise a gridare: «Pietà di me, Signore, figlio di Davide! Mia figlia è molto tormentata da un demonio». Ma egli non le rivolse neppure una parola. Allora i suoi discepoli gli si avvicinarono e lo implorarono: «Esaudiscila, perché ci viene dietro gridando!». Egli rispose: «Non sono stato mandato se non alle pecore perdute della casa d’Israele». Ma quella si avvicinò e si prostrò dinanzi a lui, dicendo: «Signore, aiutami!». Ed egli rispose: «Non è bene prendere il pane dei figli e gettarlo ai cagnolini». «È vero, Signore, —disse la donna— eppure i cagnolini mangiano le briciole che cadono dalla tavola dei loro padroni». Allora Gesù le replicò: «Donna, grande è la tua fede! Avvenga per te come desideri». E da quell’istante sua figlia fu guarita.



RIFLESSIONE DI LELLA

PREGHIERA: Vieni o Santo Spirito e guidaci all’ascolto della Tua parola, perchè possiamo comprendere quello che è l’insegnamento di Gesù.

Quante volte pensiamo che molti non meritano la salvezza? Oggi proviamo a leggere questo brano del Vangelo, attribuendo a quelle briciole il perdono del Signore, la salvezza. Gesù ci vuole indicare che la salvezza non ci viene per diritto, nè per appartenenza , ma è una grazia che per amore ci viene concessa. Ricordiamo la parabola del figliol prodigo, quando l’altro fratello che si era sempre comportato bene, ha un moto di gelosia ed invidia per quel fratello che ha dissipato ogni avere e viene riaccolto e perdonato dal Padre? In questo brano ci porta ancora oltre, concede la salvezza a chi arriva da lontano, a chi non gli è mai stato accanto e lo conosce solo per sentito dire e sa di Lui che è il Dio degli ebrei: “ Signore, figlio di Davide!” Penso a Paolo, che sentendosi interrogato dagli ateniesi su cosa stesse predicando, rispose loro:
“ Ateniesi, vedo che sotto ogni aspetto siete estremamente religiosi. Poiché, passando, e osservando gli oggetti del vostro culto, ho trovato anche un altare sul quale era scritto: Al dio sconosciuto. Orbene, ciò che voi adorate senza conoscerlo, io ve lo annunzio .” Ecco chi è Dio, è colui che porta la salvezza; è quello che non appartiene a nessuno per diritto, ma che placa le ricerche di chi non ha ancora trovato pace. Noi sappiamo come è facile smarrirci tra tutte le nostre idee, ma ci sono dei momenti in cui non sappiamo più a chi chiedere aiuto, ci sentiamo inermi davanti al dolore, come in questo episodio, di una mamma che soffre nel vedere la figlia posseduta dal demonio, ed oggi molti sono i demoni che catturano i nostri figli.
Ecco allora che la preghiera sale dal cuore alle labbra, la preghiera di chi sa di non essere degno neanche di chiedere aiuto: “ Pietà di me “, “ Io non sono degno”, “ io non merito “,“ma non c’è nessuno che veramente sappia amare anche chi è lontano come me”, “non conosco altro Dio che ha pregato per salvare anche i suoi nemici”. Mi capita spesso di parlare con chi pensa di non credere, e non mi preoccupo molto per loro, perché so che se stanno cercando le briciole del Vangelo e che il Signore vede e provvede anche per loro.
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Comentario: Fra. Jordi CASTELLET i Sala
(Sant Hipòlit de Voltregà, Barcelona, Spagna)

Oggi, sentiamo spesso espressioni come “non c’è più fede”, e si esprimono così persone che richiedono di ricevere nelle nostre comunità il battesimo per i loro figli o la catechesi dei bambini o il sacramento del matrimonio. Questo modo di esprimersi denuncia una visione negativa del mondo, indica la convizione che qualsiasi tempo passato fù migliore dell’attuale e che siamo alla fine di una epoca nella quale non c’è niente di nuovo da dire, e nemmeno niente di nuovo da fare. Evidentemente, si tratta di persone giovani che, in maggioranza, vedono con un po’ di tristezza che il mondo è molto cambiato in comparazione alla generazione dei loro genitori, che chissà vivevano una fede più popolare, alla quale questi giovani non hanno saputo adattarsi. Questa esperienza li lascia insoddisfatti e senza capacità di reazione quando, in effetto, forse sono all’inizio di una nuova era della quale sarebbe conveniente approfittarne.

Questo brano del vangelo cita l’attenzione di quella madre cananea che chiede una grazia per sua figlia, riconoscendo in Gesù il Figlio di Davide: «Pietà di me, Signore, figlio di Davide. Mia figlia è crudelmente tormentata da un demonio» (Mt 15,22). Il Maestro rimane sorpreso: «Donna, grande è la tua fede!», e non può fare altro che agire in suffragio di quelle persone: «Ti sia fatto come desideri» (Mt 15,28), anche se sembra che loro non entrino nei suoi progetti. Nonostante tutto, nella realtà umana si manifesta la grazia di Dio.

La fede non è patrimonio di alcuni, e non è neppure proprietà di quelli che si credono buoni o di quelli che lo sono stati, che esibiscono una etichetta sociale o ecclesiale. L’azione di Dio precede l’azione della Chiesa e lo Spirito Santo sta già attuando in persone dalle quali non avremmo mai sospettato che ci potessero portare un messaggio da parte di Dio, una richiesta in beneficio dei più bisognosi. Dice San Leone: «Amati miei, la virtù e la saggezza della fede cristiana sono l’amore a Dio e al prossimo: non trasgredisce nessun obbligo di pietà chi cerca di dare gloria a Dio e aiuta suo fratello».

lunedì 6 agosto 2018

(Mt 14,22-36) Comandami di venire verso di te sulle acque.

VANGELO DI MARTEDI 7 AGUSTO 2018.

Giorno liturgico: Martedì, XVIII settimana del Tempo Ordinario

Testo del Vangelo (Mt 14,22-36): [Dopo che la folla ebbe mangiato], subito Gesù costrinse i discepoli a salire sulla barca e a precederlo sull’altra riva, finché non avesse congedato la folla. Congedata la folla, salì sul monte, in disparte, a pregare. Venuta la sera, egli se ne stava lassù, da solo. La barca intanto distava già molte miglia da terra ed era agitata dalle onde: il vento infatti era contrario. Sul finire della notte egli andò verso di loro camminando sul mare. Vedendolo camminare sul mare, i discepoli furono sconvolti e dissero: «È un fantasma!» e gridarono dalla paura. Ma subito Gesù parlò loro dicendo: «Coraggio, sono io, non abbiate paura!». Pietro allora gli rispose: «Signore, se sei tu, comandami di venire verso di te sulle acque». Ed egli disse: «Vieni!». Pietro scese dalla barca, si mise a camminare sulle acque e andò verso Gesù. Ma, vedendo che il vento era forte, s’impaurì e, cominciando ad affondare, gridò: «Signore, salvami!». E subito Gesù tese la mano, lo afferrò e gli disse: «Uomo di poca fede, perché hai dubitato?». Appena saliti sulla barca, il vento cessò. Quelli che erano sulla barca si prostrarono davanti a lui, dicendo: «Davvero tu sei Figlio di Dio!». Compiuta la traversata, approdarono a Gennèsaret. E la gente del luogo, riconosciuto Gesù, diffuse la notizia in tutta la regione; gli portarono tutti i malati e lo pregavano di poter toccare almeno il lembo del suo mantello. E quanti lo toccarono furono guariti.




RIFLESSIONE DI LELLA

PREGHIERA: Aiutami o Santo Spirito ad ascoltare col cuore la tua parola; a viverla e ad esprimerla, con parole semplici che sappiano penetrare i cuori, per primo il mio, e lascino tracce indelebili.

Incomincio realizzando che la vicinanza con Gesù, non cambia le cose se continuiamo a volere gestire tutto con le nostre idee. I discepoli pensavano che fosse buona cosa rimandare indietro tutta quella gente che era accorsa da Gesù, perché erano stanchi ed affamati, ed il viaggio per tornare nelle loro case era lungo. A nessuno di loro era passato per la mente di chiedere a Gesù cosa fare, e questo è quello che il più delle volte facciamo anche noi, vivendo anche da credenti, come se Dio fosse uno spettatore della nostra vita, da invocare solo nel momento in cui ci rendiamo conto dei nostri limiti, fino a che non facciamo quella che io definisco, l'esperienza del "risorto". Per questo Gesù li costrinse a salire sulla barca ed andare sull’altra riva. Capire chi è Gesù non basta, perché non si può restare spettatori quando lo si è incontrato, ma si deve vincere la paura, la vergogna, e soprattutto certi schemi di ragionamento umani, che ci tengono legati a preconcetti tutti nostri. Gesù non si vive a distanza, ma si vive da dentro, ci si convive, ci si deve sentire incatenati a Lui, altrimenti restiamo spettatori assonnati e spesso assenti. I discepoli che si addormentano, le donne che si addormentano... queste figure mi hanno sempre lasciato sconcertata; come si può dormire, come si può perdere quel contatto meraviglioso! Ma il più delle volte è proprio Gesù che ci costringe a questo, per farci stare coi piedi per terra. Noi senza Dio, navighiamo nella tempesta, abbiamo paura, perdiamo la rotta e non riusciamo a vincere i venti contrari. In queste notti annaspiamo, sperando in qualche miracolo che venga da fuori, da chissà dove, da chissà chi! La fede non è una sensazione esterna, ma come una piantina va seguita, accarezzata, fatta crescere, perché possa far fiorire un modo di vivere diverso. Io ho fede SE Gesù è sempre presente in me, con il Suo modo di vivere e non come spettatore del mio agire.
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Comentario: Fra. Lluc TORCAL Monje del Monasterio de Sta. Mª de Poblet
(Santa Maria de Poblet, Tarragona, Spagna)

Oggi, non vedremo Gesù dormendo nella barca mentre questa si affonda, ne acquietando la tormenta con un’unica parola di ammonizione, suscitando così l’ammirazione dei discepoli (cf. Mt 8,22-23). Ma l’atto di oggi non è meno sconvolgente: tanto per i primi discepoli come per noi.

Gesù aveva costretto i discepoli a salire sulla barca e navigare per raggiungere l’altra sponda; aveva congedato tutta la gente dopo aver sfamato la moltitudine famelica ed era rimasto nella montagna Lui solo, profondamente immerso nell’orazione (cf. Mt 14,22-23). I discepoli, senza il Maestro, vanno avanti con difficoltà. Fu allora quando Gesù si avvicinò alla loro barca camminando sulle acque.

Come succederebbe a persone normali e sensate, i discepoli si spaventano al vederlo: gli uomini di solito non camminano sulle acque e, pertanto, credevano di star vedendo uno spettro. Sbagliavano: non era un’illusione, davanti a loro c’era proprio il Signore, che li invitava –come in tante altre occasioni- a non avere paura e a fidarsi di Lui per svelare in loro la fede. Questa fede si richiese, per primo, a Pietro, che disse: «Signore, se sei tu, comanda che io venga da te sulle acque» (Mt 14,28). Con questa risposta, Pietro dimostrò che la fede consiste nell’obbedienza alla parola di Cristo: non disse «fai che cammini sulle acque», piuttosto voleva seguire quello che lo stesso e unico Signore le ordinasse per poter credere nella veracità delle parole del Maestro.

I suoi dubbi lo fecero vacillare nella incipiente fede, ma persuasero gli altri discepoli a confessare, presente il Maestro: «Tu sei veramente il Figlio di Dio!» (Mt 14,33). «Il gruppo di quelli che erano già apostoli, pero ancora non credevano, poiché videro che le acque giocavano sotto i piedi del Signore e che nell’agitato movimento delle onde i passi del Signore erano sicuri, (…) credettero che Gesù era il vero Figlio di Dio, confessandolo in quanto tale (Sant’Ambrogio).

domenica 5 agosto 2018

(Mc 9,2-10) Questi è il Figlio mio, l’amato.

VANGELO DI LUNEDI 6 AGUSTO 2018.

Giorno liturgico: 6 Agosto: Trasfigurazione del Signore (B)

Testo del Vangelo (Mc 9,2-10): In quel tempo, Gesù prese con sé Pietro, Giacomo e Giovanni e li condusse su un alto monte, in disparte, loro soli. Fu trasfigurato davanti a loro e le sue vesti divennero splendenti, bianchissime: nessun lavandaio sulla terra potrebbe renderle così bianche. E apparve loro Elia con Mosè e conversavano con Gesù. Prendendo la parola, Pietro disse a Gesù: «Rabbì, è bello per noi essere qui; facciamo tre capanne, una per te, una per Mosè e una per Elia». Non sapeva infatti che cosa dire, perché erano spaventati. Venne una nube che li coprì con la sua ombra e dalla nube uscì una voce: «Questi è il Figlio mio, l’amato: ascoltatelo!». E improvvisamente, guardandosi attorno, non videro più nessuno, se non Gesù solo, con loro. Mentre scendevano dal monte, ordinò loro di non raccontare ad alcuno ciò che avevano visto, se non dopo che il Figlio dell’uomo fosse risorto dai morti. Ed essi tennero fra loro la cosa, chiedendosi che cosa volesse dire risorgere dai morti.




RIFLESSIONE DI LELLA

PREGHIERA: Vieni Santo Spirito e prendimi con Te, fa di me una cosa Tua, perché Dio possa raggiungermi nell’intimo del mio piccolo cuore.

La trasfigurazione del Signore è una delle pagine più sconcertanti e belle. Non è dato a tutti di vedere quello che c’è oltre la nostra piccola fede, di avere la piena consapevolezza che tra noi e Dio c’è un qualcosa di invisibile agli occhi ma visibile al cuore. Questo mistero io lo chiamo esperienza, perché è quello che Gesù fa fare agli apostoli. Non sempre erano riusciti a capire quale era il fine di Gesù, non erano certi di volerne condividere certi aspetti, come la persecuzione e la sofferenza; vedevano cambiare le cose da un momento all'altro ed erano disorientati. Era facile seguire Gesù quando la folla lo acclamava, quando compiva miracoli... era un Gesù vincente! Ma quando vuole andare a Gerusalemme, dove troverà la morte, seguirlo non sarà così scontato. C’è in lui una forza che non riescono a capire e per questo non lo volle spiegare a parole, ma volle che potessero condividere con Lui quel momento di preghiera, per aiutarli a comprendere che è proprio in questa accettazione di un disegno incomprensibile, ma ben più grande di quello che potevano vedere, che la luce della fede può diventare abbagliante.
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Comentario: Fra. Ignasi NAVARRI i Benet
(La Seu d'Urgell, Lleida, Spagna)

Oggi, celebriamo la festa della Trasfigurazione del Signore. La montagna del Tabor, come quella del Sinai, è il luogo della vicinanza con Dio. È lo spazio elevato, rispetto all'esistenza quotidiana dove si respira l'aria pura della creazione. E 'il luogo di preghiera dove si sta in presenza del Signore, come Mosè ed Elia che fanno la sua apparizione con Gesù trasfigurato e stanno a parlare con Lui circa l'Esodo che lo attendeva a Gerusalemme (cioè, la loro Pasqua).

«Le sue vesti "divennero splendenti, bianchissime: nessun lavandaio sulla terra potrebbe renderle così bianche» (Mc 9,3). Questo simboleggia la purificazione della Chiesa. E Pietro disse a Gesù: «facciamo tre tende, una per te, una per Mosè e una per Elia!» (Mc 9,5). Sant'Agostino commenta in bel modo che Pietro ha cercato tre tende perché non conoseva ancora l'unità tra la legge, la profezia ed il Vangelo.

«Mentre egli parlava ancora, una nuvola luminosa li coprì con la sua ombra, ed ecco una voce dalla nuvola che diceva: “Questo è il mio Figlio diletto, nel quale mi sono compiaciuto; ascoltatelo» (Mc 9,7). La Trasfigurazione non è un cambiamento in Gesù, ma la rivelazione della sua Divinità. Pietro, Giacomo e Giovanni contemplano la divinità del Signore, si preparano ad affrontare lo scandalo della croce. La trasfigurazione è anticipo della Risurrezione!

«Maestro, è bello per noi stare qui» (Mc 9,5). La Trasfigurazione ci ricorda che le gioie seminate da Dio nella vita non sono punti di arrivo, ma luci che Egli ci dona nel pellegrinaggio terreno in modo che "Gesù solo" sia la nostra Legge e la sua Parola sia il criterio, la gioia e la beatitudine della nostra esistenza.

Che la Vergine Maria ci aiuti a vivere intensamente i nostri momenti di incontro con il Signore in modo da poter seguirLo ogni giorno con gioia, e ci aiuti ad ascoltare e seguire sempre il Signore Gesù, fino alla passione e la Cruz con vista a partecipare anceh della Sua Gloria.

sabato 4 agosto 2018

(Gv 6,24-35) Chi viene a me non avrà fame e chi crede in me non avrà sete, mai!

VANGELO DI DOMENICA 5 AGUSTO 2018.

Giorno liturgico: XVIII Domenica (B) del Tempo Ordinario

Testo del Vangelo (Gv 6,24-35): In quel tempo, quando la folla vide che Gesù non era più là e nemmeno i suoi discepoli, salì sulle barche e si diresse alla volta di Cafàrnao alla ricerca di Gesù. Lo trovarono di là dal mare e gli dissero: «Rabbì, quando sei venuto qua?». Gesù rispose loro: «In verità, in verità io vi dico: voi mi cercate non perché avete visto dei segni, ma perché avete mangiato di quei pani e vi siete saziati. Datevi da fare non per il cibo che non dura, ma per il cibo che rimane per la vita eterna e che il Figlio dell’uomo vi darà. Perché su di lui il Padre, Dio, ha messo il suo sigillo».
Gli dissero allora: «Che cosa dobbiamo compiere per fare le opere di Dio?». Gesù rispose loro: «Questa è l’opera di Dio: che crediate in colui che egli ha mandato». Allora gli dissero: «Quale segno tu compi perché vediamo e ti crediamo? Quale opera fai? I nostri padri hanno mangiato la manna nel deserto, come sta scritto: “Diede loro da mangiare un pane dal cielo”». Rispose loro Gesù: «In verità, in verità io vi dico: non è Mosè che vi ha dato il pane dal cielo, ma è il Padre mio che vi dà il pane dal cielo, quello vero. Infatti il pane di Dio è colui che discende dal cielo e dà la vita al mondo». Allora gli dissero: «Signore, dacci sempre questo pane». Gesù rispose loro: «Io sono il pane della vita; chi viene a me non avrà fame e chi crede in me non avrà sete, mai!».




RIFLESSIONE DI LELLA

PREGHIERA: Illumina Spirito di Dio, il mio cuore; donami la sapienza di saper capire le scritture. Amen.

Perchè cerchiamo Gesù? Cosa vogliamo da Lui?  Gesù compie miracoli, vero,ma è forse questo che cerchiamo,un segno? A volte ci rivolgiamo a Lui solo perchè le cose non vanno bene e , magari,  vorremmo che le sistemasse a modo nostro...
Ma se ci fermassimo un attimo a vedere chi è Gesù, che cosa è per noi, forse capiremmo che la nostra ricerca è finita. Gesù è Dio, è il figlio di Dio, è lo Spirito di Dio; Lui è il Signore assoluto della nostra vita, luce per illuminare le genti, la sua parola è verità, e tutto il resto non conta. Non importa quanto dovremo soffrire, lui ha sofferto per noi, e se vogliamo seguirlo, sappiamo che saremo ostacolati, derisi, umiliati,  in alcuni casi, persino uccisi, ma sappiamo che chi perde la vita per amore di Dio, la salverà nel regno di Dio. Questa è la nostra fede, una fede che va oltre il miracolo, va all'autore del miracolo più grande, va a chi ha saputo dare la vita per tutti noi. La sua parola è pane di vita, un pane che non ci darà beni terreni, ma spirituali, di quelli che ci serviranno per saziare la nostra anima, ma al tempo stesso,  è fiducia che non ci abbandonerà mai, e che se sapremo fidarci pienamente di Lui, la nostra vità cambierà totalmente, ed anche il dolore con lui sarà gioia.
Per questo dobbiamo saper vivere Gesù nella sua parola, non fermarci al miracolismo, al segno, al desiderio di avere  conferme delle sua esistenza, quasi come se continuassimo a dubitarne. La fede è certezza, è consapevolezza che noi uomini siamo stati creati da Dio e che su questa terra ci siamo per riuscire a passare oltre i segni, oltre le prove...  per essere provati e per riuscire ad entrare con Dio nel regno di Dio. San Paolo nella seconda lettura ci esorta a vivere quello che lui vive, lo fa con parole semplici ed accorate, piene di amore e di gratitudine verso Gesù che lo ha cambiato e che ha sconvolto in bene la sua vita:" Fratelli, vi dico e vi scongiuro nel Signore: non comportatevi più come i pagani con i loro vani pensieri. Voi non così avete imparato a conoscere il Cristo, se davvero gli avete dato ascolto e se in lui siete stati istruiti, secondo la verità che è in Gesù, ad abbandonare, con la sua condotta di prima, l’uomo vecchio che si corrompe seguendo le passioni ingannevoli, a rinnovarvi nello spirito della vostra mente e a rivestire l’ uomo nuovo, creato secondo Dio nella giustizia e nella vera santità."  Ascoltiamo la sua preghiera e cerchiamo di fidarci una volta per tutte di Gesù, fino a poter dire come Paolo: " non sono più io che vivo, ma Cristo vive in me! "
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Comentario: Fra. Joaquim FONT i Gassol
(Igualada, Barcelona, Spagna)

Oggi, troviamo atteggiamenti diversi nelle persone che cercano Gesù: alcuni hanno mangiato del pane materiale, altri chiedono un segno quando il Signore ha appena fatto uno grande, degli altri si sono affrettati a incontrarlo e fanno in buona fede -potremmo dire- una comunione spirituale: «Signore, dacci sempre questo pane» (Gv 6,34).

Gesù doveva essere molto felice dello sforzo per cercarlo e seguirlo. Insegnava tutti e interpellava in diversi modi. Ad alcuno gli dice: «Procuratevi non il cibo che perisce, ma quello che dura per la vita eterna» (Gv 6,27). Quelli che domandano: «Che cosa dobbiamo fare per compiere le opere di Dio?» (Gv 6,28) avranno un consiglio specifico in quella sinagoga di Cafarnao, dove il Signore promette la Santa Comunione, «Credete».

Tu ed io, che cerchiamo di entrare nelle pagine di questo Vangelo, vediamo riflesso il nostro atteggiamento? A noi, che vogliamo rivivere questa scena, quali espressioni ci pungono di più? Siamo pronti nello sforzo di trovare Gesù dopo tante grazie, dottrina, esempi e insegnamenti che abbiamo ricevuto? Sappiamo fare una buona comunione spirituale: 'Signore, dacci sempre questo pane, che calma tutta la nostra fame'?

La migliore scorciatoia per andare a Gesù e trovare Maria. Lei è la Madre di Famiglia che offre il pane bianco per i bambini al calore della casa paterna. La Madre della Chiesa che vuole alimentare i propri figli affinché crescano, abbiano le forze, siano contenti, conducano un'opera santa e comunicativa. Sant'Ambrogio, nel suo trattato sui misteri, scrive: «Ebbene, quello che noi ripresentiamo è il corpo nato dalla Vergine. Perché cerchi qui il corso della natura nel corpo di Cristo, mentre lo stesso Signore Gesù Cristo è stato generato dalla Vergine all'infuori del corso della natura?».

La Chiesa madre e maestra, ci insegna che l'Eucaristia è "sacramento di pietà, segno di unità, vincolo di carità, convito pasquale, nel quale si riceve Cristo, l’anima viene ricolmata di grazia e viene dato il pegno della gloria futura"(Vaticano II).

venerdì 3 agosto 2018

(Mt 14,1-12) Erode mandò a decapitare Giovanni e i suoi discepoli andarono a informare Gesù.

VANGELO DI SABATO 4 AGUSTO 2018.

Giorno liturgico: Sabato, XVII settimana del Tempo Ordinario

Santorale 4 Agosto: San Giovanni Maria Vianney, Sacerdote
Testo del Vangelo (Mt 14,1-12): In quel tempo al tetrarca Erode giunse notizia della fama di Gesù. Egli disse ai suoi cortigiani: «Costui è Giovanni il Battista. È risorto dai morti e per questo ha il potere di fare prodigi!». Erode infatti aveva arrestato Giovanni e lo aveva fatto incatenare e gettare in prigione a causa di Erodìade, moglie di suo fratello Filippo. Giovanni infatti gli diceva: «Non ti è lecito tenerla con te!». Erode, benché volesse farlo morire, ebbe paura della folla perché lo considerava un profeta. Quando fu il compleanno di Erode, la figlia di Erodìade danzò in pubblico e piacque tanto a Erode che egli le promise con giuramento di darle quello che avesse chiesto. Ella, istigata da sua madre, disse: «Dammi qui, su un vassoio, la testa di Giovanni il Battista». Il re si rattristò, ma a motivo del giuramento e dei commensali ordinò che le venisse data e mandò a decapitare Giovanni nella prigione. La sua testa venne portata su un vassoio, fu data alla fanciulla e lei la portò a sua madre. I suoi discepoli si presentarono a prendere il cadavere, lo seppellirono e andarono a informare Gesù.




RIFLESSIONE DI LELLA

PREGHIERA: Spirito di Dio, so di non meritarti, e che mai sarò abbastanza degna di riceverti, ma anche che Tu sei impastato della misericordia di Dio. Assistimi dunque e non contristarti, ma libera il mio cuore come solo tu sai fare, perché possa riempirmi di te.

Leggendo il Vangelo e la prima lettura di oggi, vediamo che c’è una grande differenza dal giubileo proposto da Dio che libera e rimette i debiti, e la schiavitù di Erode che non riesce a dominare la sua bramosia.
Facile lasciarsi convincere dai cattivi consiglieri, quando pensiamo che tutto sia lecito ed il vizio e la lussuria hanno ormai imprigionato il cuore e la mente.
Erode sembra esagerato nel contesto, tagliare la testa di Giovanni il battista per una donna che lo istiga , ma in realtà è facile mettere a tacere le persone che ci consigliano di camminare sulla retta via semplicemente non ascoltandole o eliminandole dalla nostra vita.
La cosa assurda è che, chi è schiavo del peccato, preferisce pensare, che chi segue la legge di Dio, sia schiavo delle sue convinzioni e del suo credo, e rifiuta Dio perché non riesce a vincere sul peccato.
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Comentario: Fra. D. Joan Pere PULIDO i Gutiérrez
(Sant Feliu de Llobregat, Spagna)

Oggi, la liturgia ci invita a contemplare un’ingiustizia: la morte di Giovanni il Battista; e allo stesso tempo, scoprire nella parola di Dio la necessità di una testimonianza chiara e concreta della nostra fede per colmare di speranza il mondo.

Vi invito a riflettere sul personaggio del tetrarca Erode. Realmente per noi, è un controtestimone, però ci aiuterà a rivelare alcuni aspetti importanti per la nostra testimonianza di fede nel mondo. «il tetrarca Erode ebbe notizia della fama di Gesù» (Mt 14,1). Questa affermazione indica un’attitudine apparentemente corretta, però poco sincera. È la realtà che oggi possiamo trovare in tante persone e chissà anche in noi stessi. Molti hanno sentito parlare di Gesù, però chi è Lui realmente?; che implicazione personale ci unisce a Lui?

Per primo, è necessario dare una risposta corretta; quella del tetrarca Erode non è che un’informazione vaga: «Costui è Giovanni il Battista risuscitato dai morti» (Mt 14,2). Indubbiamente ci manca la affermazione di Pietro davanti alla domanda di Gesù: «Voi chi dite che io sia? Rispose Simon Pietro: "Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente» (Mt 16,15-16). E questa affermazione non da luogo alla paura o all’indifferenza, ma apre la porta ad una testimonianza fondamentata nel Vangelo della speranza. Cosi è stato definito da San Giovanni Paolo II nella sua Esortazione apostolica La Chiesa in Europa: «Con tutta la Chiesa, invito ai miei fratelli e sorelle nella fede ad aprirsi in maniera constante e fiduciosa a Cristo e a lasciarsi lasciarsi rinnovare da Egli, annunciando col vigore della pace e l’amore a tutte le persone di buona volontà: chi incontra il Signore, incontra la verità, scopre la vita e riconosce il Cammino che conduce a questa».

Che oggi sabato, la Vergine Maria, la Madre della speranza, ci aiuti a scoprire veramente a Gesù e a dare una vera testimonianza di Lui ai nostri fratelli.

giovedì 2 agosto 2018

(Mt 13,54-58) Non è costui il figlio del falegname? Da dove gli vengono allora tutte queste cose?

VANGELO DI VENERDI 3 AGUSTO 2018.

Giorno liturgico: Venerdì, XVII settimana del Tempo Ordinario

Testo del Vangelo (Mt 13,54-58): In quel tempo Gesù, venuto nella sua patria, insegnava nella loro sinagoga e la gente rimaneva stupita e diceva: «Da dove gli vengono questa sapienza e i prodigi? Non è costui il figlio del falegname? E sua madre, non si chiama Maria? E i suoi fratelli, Giacomo, Giuseppe, Simone e Giuda? E le sue sorelle, non stanno tutte da noi? Da dove gli vengono allora tutte queste cose?». Ed era per loro motivo di scandalo. Ma Gesù disse loro: «Un profeta non è disprezzato se non nella sua patria e in casa sua». E lì, a causa della loro incredulità, non fece molti prodigi.





RIFLESSIONE DI LELLA

PREGHIERA: Vieni o Spirito Santo e aiutami a capire come sentirmi parte di quel popolo che ascolta e vive Gesù.

Questa pagina del Vangelo mette in risalto quanto, proprio le persone per cui Gesù era venuto, per coloro che presiedevano il culto nel tempio, sia così difficile accettare di aprire il cuore e la mente al Cristo. Sarà che si sentono dotti, che credono di non aver nulla da imparare dalle scritture più di quello che hanno studiato, che invece di facilitarli , gli impedisce di andare oltre. Gesù era entrato lì appena dodicenne e i dottori del tempio si erano meravigliati di tanta sapienza; ma poi che cosa è cambiato? Ora Gesù non si limitava a dire loro quello che era giusto secondo il volere di Dio, non si fermava alla teoria, ma era passato alla pratica, e li spingeva alla pratica nel nome di Dio. La legge di Dio non è solo una legge scritta da imparare a memoria e decantare, ma è adesione alla parola e alla persona che è la parola stessa. "In principio era il verbo,il verbo era presso Dio, il verbo era Dio" Gv 1,1 Ma quando uno non vuole aprire il suo cuore, non permette che il Signore apra la sua mente; tutti coloro che si oppongono a Dio, che gli parlano sopra, non ascoltano la sua voce e si fermano ai loro pre-giudizi. Proprio così fecero i cosiddetti sapienti, che videro in Gesù, solo il figlio del falegname e non riuscirono ad andare oltre. Oggi mi chiedo e vi invito a porvi la stessa domanda: che cosa è cambiato in me da quando Gesù è entrato nella mia vita? Quanto riesco a lavorare su me stessa per far si che la sua parola sia aderente con la mia vita? Comprendo che le parole di Gesù mi riguardano personalmente?

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Comentario: Fra. D. Jordi POU i Sabater
(Sant Jordi Desvalls, Girona, Spagna)

Oggi, come ieri, parlare di Dio a chi ci conosce da sempre è difficile. Nel caso di Gesù, san Giovanni Crisostomo dice: «Quelli di Nazareth lo ammirano, ma questa ammirazione non li porta a credere ma ad essere gelosi, è come se dicessero: 'Perché lui e non io?'». Gesù conosceva bene quelli che, piuttosto che ascoltarlo, si scandalizzavano. Erano parenti, amici, vicini di casa che stimava, ma sono proprio loro quelli che non riceveranno il suo messaggio di salvezza.

Noi, -che non possiamo fare miracoli e non abbiamo la santità di Cristo-, non provocheremo l'invidia (anche se a volte può accadere se davvero cerchiamo di vivere cristianamente). In ogni modo, succede spesso, come a Gesù, che coloro che amiamo e apprezziamo sono quelli che meno ci ascoltano. In questo senso, dobbiamo ricordare anche che i difetti si vedono di più che le virtù, e che coloro che sono stati con noi per anni possono dire nel suo interno: -Tu che stavi facendo (o fai) questo o quello, che cosa vuoi insegnare a me?

Predicare o parlare di Dio tra la gente del nostro paese o famiglia è difficile, ma necessario. Inutile dire che quando Gesù va a casa sua è preceduto dalla fama dei suoi miracoli e della sua parola. Forse abbiamo bisogno anche noi, un po', di stabilire una certa fama di santità al di fuori (e dentro) di casa prima di "predicare" quelli di casa nostra.

San Giovanni Crisostomo aggiunge nel suo commento: «Guarda, ti prego, nella gentilezza del Maestro; non li punisce per no ascoltarlo, piuttosto dice con dolcezza: Un profeta non è disprezzato se non nella sua patria e in casa sua» ( Mt 13,57). E' chiaro che Gesù sarebbe partito triste, ma continuerebbe a pregare affinché la sua parola di salvezza fosse ben accolta da i suoi. E noi (che niente avremo da perdonare o ignorare), chissà se dovremmo pregare affinché la parola di Gesù venga a coloro che amiamo, ma che non vogliono ascoltare.

mercoledì 1 agosto 2018

(Mt 13,47-53) Raccolgono i buoni nei canestri e buttano via i cattivi.

VANGELO DI GIOVEDI 2 AGUSTO 2018.

Giorno liturgico: Giovedì, XVII settimana del Tempo Ordinario

Testo del Vangelo (Mt 13,47-53): In quel tempo, Gesù disse alla folla: «Il regno dei cieli è simile anche a una rete gettata nel mare, che raccoglie ogni genere di pesci. Quando è piena, i pescatori la tirano a riva e poi, sedutisi, raccolgono i pesci buoni nei canestri e buttano via i cattivi. Così sarà alla fine del mondo. Verranno gli angeli e separeranno i cattivi dai buoni e li getteranno nella fornace ardente, dove sarà pianto e stridore di denti. Avete capito tutte queste cose?». Gli risposero: «Sì». Ed egli disse loro: «Per questo ogni scriba divenuto discepolo del regno dei cieli è simile a un padrone di casa che estrae dal suo tesoro cose nuove e cose antiche». Terminate queste parabole, Gesù partì di là.




RIFLESSIONE DI LELLA

PREGHIERA: Aiutami o Santo Spirito a leggere e comprendere quello che tu vuoi far giungere in queste righe.Io mi affido a Te, unico mezzo per avere un vero discernimento della parola del Signore. Amen.

Gesù continua a spiegarci che cosa fare, come leggere la sua parola, come attualizzarla nella nostra vita.E’ normale che nella nostra vita ci siano momenti in cui la scelta tra il bene ed il male non sia semplice, questo non ci deve scoraggiare a scegliere sempre la via più facile, ma, anzi, ci deve far comprendere ancor più quanto può essere appagante una vita all’insegna della parola di Dio.  Sapere che stai facendo la cosa giusta non è, come dicono coloro che scelgono consapevolmente di sbagliare, assolutamente frustrante. La coscienza umana non è un'opzione, ma la consapevolezza delle nostre azioni, e se o non relazionata al cervello, non si può negare che l'istruzione e le cose che sono in grado di influenzarla.
Questo non significa che non siamo in grado di riconoscere il bene dal male, ma alcune cose possono influenzare le nostre decisioni. La bellezza di vivere in piena coscienza è proprio quello di sapere ciò che è giusto ed essere in grado di vivere secondo le decisioni specifiche Scegliere di vivere secondo la parola di Dio, non soltanto è enormemente gratificante, ma dà un senso di leggerezza che si può tranquillamente definire serenità.Io non sono un medico, né ne so molto di queste cose scientifiche, cerco solo di spiegare con parole semplici quello che provo.Non è sempre facile, ma e sempre premiante e non genera confusione, perché si ha la netta sensazione che tutto quello che si vive, si vive in armonia con il resto del creato, e poco importa se una gran parte del mondo va nell’altro senso, perché si sa che si sta andando nel senso giusto.
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Comentario: Fra. D. Ferran JARABO i Carbonell
(Agullana, Girona, Spagna)

Oggi, il Vangelo rappresenta un richiamo vitale alla conversione. Gesù non ci risparmia la cruda realtà: «Verranno gli angeli e separeranno i cattivi dai buoni e li getteranno nella fornace ardente» (Mt 13,49-50). L’avvertimento è chiaro! Non possiamo rimanere indifferenti.

Ora dobbiamo scegliere liberamente: o cerchiamo Dio e il bene con tutte le nostre forze, o mettiamo la nostra vita sull’orlo del precipizio della morte. O stiamo con Cristo o stiamo contro di Lui. Convertirsi, significa, in questo caso, scegliere liberamente di far parte dei giusti e condurre una vita degna come figli. Tuttavia, incorporiamo , la esperienza del peccato: vediamo il bene che dovremmo fare e contrariamente procediamo nel male; come possiamo dare una vera unità alle nostre vite? Noi da soli non possiamo far molto. Solamente se ci mettiamo nelle mani di Dio possiamo riuscire a compiere il bene e far parte dei giusti.

«Per il fatto di non essere sicuri di quando verrà il nostro giudice, dobbiamo vivere ogni giorno come se ci dovessero giudicare il giorno dopo» (San Geronimo). Questa frase è un invito a vivere con intensità e responsabilità l’essere cristiano. Non si tratta di aver paura, ma di vivere nella speranza questo tempo che è di grazia, elogio e gloria.

Cristo ci insegna il cammino verso la nostra propria glorificazione. Cristo è il cammino dell’uomo, quindi, la nostra salvezza, la nostra felicità e tutto quello che possiamo immaginare avviene attraverso di Lui. E se tutto lo abbiamo in Cristo, non possiamo non amare la Chiesa che lo rappresenta nel suo corpo mistico. Contro le visioni puramente umane di questa realtà è necessario recuperare la visione divino-spirituale: e nulla meglio di Cristo e il compimento della sua volonta!