sabato 17 novembre 2012

13 IL COMBATTIMENTO SPIRITUALE di LORENZO SCUPOLI


CAPITOLO XII
Molte volontà esistono nell'uomo. La guerra che si fanno tra loro
Benché si possa dire che in questo combattimento in noi esistano due volontà - l'una della
ragione, detta perciò ragionevole e superiore, l'altra del senso, chiamata inferiore e sensuale, la
quale con i nomi di appetito, carne, senso e passione si suole significare -, tuttavia, poiché siamo
uomini per la ragione, anche se diciamo che  con il solo senso vogliamo qualche cosa, non si
intende che veramente la vogliamo, fintanto che non ci incliniamo a volerla con la volontà
superiore. Per cui tutta la nostra battaglia spirituale consiste principalmente nel fatto che la
volontà ragionevole, essendo come interposta fra la volontà divina che la sovrasta e la volontà
inferiore che è quella del senso, è continuamente combattuta dall'una e dall'altra, mentre ciascuna
di queste tenta di tirarla a sé e rendersela  soggetta e obbediente. Ma gran pena e fatica,
specialmente all'inizio, provano quelli che sono  prigionieri delle cattive abitudini quando
decidono di migliorare la loro vita corrotta e, liberandosi del mondo e  della carne, di darsi
all'amore e al servizio di Gesù Cristo.
Questo perché i colpi, che la volontà superiore sostiene dalla volontà divina e da quella sensuale
che le stanno sempre intorno battagliandola, sono possenti e forti e si fanno ben sentire non senza
grave pena. Il che non avviene a quelli che sono già abituati alle virtù o ai vizi e sulla loro via
intendono continuare, perché i virtuosi facilmente consentono alla volontà divina e i viziosi si
piegano senza contrasto a quella del senso.
Ma nessuno presuma di poter conseguire le vere virtù cristiane né di servire Dio come si
conviene, se non vuole farsi violenza davvero e sopportare la pena che si sente nel lasciare non
solo i piaceri maggiori ma anche i piccoli, ai quali prima era attaccato con affetto terreno. E la
conseguenza di ciò è che pochissimi raggiungono lo scopo della perfezione: dopo aver con fatica
superato i vizi maggiori, non vogliono poi farsi violenza continuando a soffrire le punture e il
travaglio che si provano nel resistere a quasi infinite vogliette proprie  e passioncelle di minor
conto, le quali, prevalendo ogni ora in essi, vengono ad acquistare dominio e signoria sopra i loro
cuori.
Fra questi se ne trovano alcuni che, se non rubano i beni altrui, si affezionano in modo eccessivo
a quelli che giustamente possiedono; se non  si procurano onori con mezzi illeciti, non li
aborriscono però come dovrebbero né smettono di desiderarli e alcune volte di cercarli per vie
diverse; se osservano i digiuni di obbligo, non mortificano per questo la gola nel mangiare
superfluamente e nel desiderare cibi delicati; vivendo nella continenza, non si staccano da certe
amicizie di loro gusto, che portano grande impedimento all'unione con Dio e alla vita spirituale;
essendo inoltre esse molto pericolose in qualsiasi persona sia pur santa e più in chi meno le teme,
sono da fuggirsi da ciascuno quanto più si possa. Da tali cose ancora ne consegue che le altre
loro opere buone sono fatte con tiepidezza di spirito e sono accompagnate da molti interessi e
imperfezioni occulte, da una certa stima di se stessi e dal desiderio di esserne lodati e apprezzati
dal mondo.
Costoro non solo non fanno progresso nella via della salvezza, ma, tornando indietro, corrono il
rischio di ricadere nei primi mali in quanto non amano la vera virtù e si mostrano poco grati al
Signore, che li tolse dalla tirannia del demonio; inoltre sono ignoranti e ciechi per vedere il
pericolo in cui si trovano, mentre si persuadono di essere come in stato sicuro. E qui si scopre un
inganno tanto più dannoso quanto meno avvertito: cioè molti che attendono alla vita spirituale,
amando se stessi più di quanto dovrebbero (sebbene in verità non sanno amarsi), per lo più
praticano quegli esercizi che più si confanno al loro gusto e lasciano gli altri che toccano sul vivo
la propria naturale inclinazione e i loro sensuali appetiti, contro i quali ogni ragione vorrebbe che
si rivolgesse tutto lo sforzo.
Perciò, figlia mia diletta, ti avviso ed esorto  a innamorarti della difficoltà e della pena che
comporta il vincere se stessi: qui è tutto! E tanto più certa e sollecita sarà la vittoria quanto più
fortemente ti innamorerai della difficoltà, che mostra ai principianti la virtù e la guerra; e se tu
amerai la difficoltà e il penoso combattere più delle vittorie e delle virtù, più presto acquisterai
ogni cosa.

12 IL COMBATTIMENTO SPIRITUALE di LORENZO SCUPOLI


CAPITOLO XI
Alcune considerazioni che inducono la volontà a volere in ogni cosa il beneplacito di Dio
Inoltre per indurre con maggior facilità la tua volontà a volere in tutte le cose il beneplacito di
Dio e il suo onore, ricordati spesso che egli ti ha prima in vari modi onorata e amata. Nella
creazione, creandoti dal nulla a sua somiglianza e mettendo tutte le altre creature a tuo servizio
(cfr. Gen 1,26-28). Nella redenzione, mandando non un angelo ma il suo unigenito Figliuolo a
redimerti, non con prezzo corruttibile di oro e di argento ma con il suo sangue prezioso (cfr. Pt 1,
18-19) e con la sua penosa e ignominiosa morte. Che poi ogni ora, anzi ogni momento ti guardi
dai nemici, combatta per te con la sua grazia, tenga continuamente preparato per tua difesa e per
tuo cibo il suo diletto Figliuolo nel sacramento dell'altare non è segno di incalcolabile stima e
amore che l'immenso Dio ti porta? Sicché nessuno può capire quanta considerazione così gran
Signore abbia di noi poverelli, della nostra bassezza e miseria, e viceversa quello che noi siamo
tenuti a fare per così alta Maestà, che tali e tante cose ha operate per noi. Se i signori della terra,
quando sono onorati da persone anche povere e umili, si sentono obbligati a rendere loro onore,
cosa dovrà fare la nostra viltà con il supremo re  dell'universo da cui si vede così altamente
apprezzata e amata? Oltre a quanto ho detto, abbi sempre sopra ogni cosa viva memoria che la
divina Maestà per se stessa merita infinitamente di essere onorata e servita, semplicemente
perché tale è il suo desiderio.

11 IL COMBATTIMENTO SPIRITUALE di LORENZO SCUPOLI


CAPITOLO X
L'esercizio della volontà é il fine al quale
si devono indirizzare tutte le azioni interiori ed esteriori
Oltre all'esercizio che tu devi fare intorno all'intelletto, ti è necessario regolare talmente la tua
volontà che, non lasciandola nei suoi desideri, si renda in tutto conforme al beneplacito divino. E
avverti bene che non ti deve bastare soltanto il volere e il procurare le cose che a Dio sono più
gradite, ma devi anche volerle e compierle  come mossa da lui e solamente allo scopo di
piacergli. In questo abbiamo pure, più che nel suddetto, contrasto grande con la natura: essa è
talmente inclinata verso se stessa che in tutte le cose, anche nelle buone e nelle spirituali (talora
più che nelle altre) cerca il proprio comodo e diletto. In questi si va trattenendo e di quelle, come
di cibo per niente sospetto, si va avidamente pascendo.
Infatti quando ci sono offerte, subito le adocchiamo e le vogliamo, non come mossi dalla volontà
di Dio né allo scopo di piacere solamente a lui, ma per quel bene e diletto che derivano dal volere
le cose volute da Dio. Questo inganno è tanto più occulto, quanto la cosa voluta è per se stessa
migliore. Onde persino nel desiderare lo stesso Dio vi sogliono essere degli inganni dell'amor
proprio, perché si mira spesso più al nostro interesse e al bene che ne aspettiamo che alla volontà
di Dio, il quale per sua sola gloria si compiace e vuole da noi essere amato, desiderato e
obbedito. Per guardarti da quest'insidia, che ti impedirebbe il cammino della perfezione, e per
abituarti a volere e a fare tutto come mossa da Dio e con pura intenzione di onorare e di
compiacere lui solo (il quale vuole essere unico principio e fine di ogni nostra azione e di ogni
nostro pensiero), seguirai questa via. Quando ti si offre qualcosa voluta da Dio, non inclinare la
volontà a volerla se prima non innalzi la mente a Dio per vedere che è volontà sua che tu la
voglia e perché egli così vuole,  e per piacere solamente a lui. Così mossa e attirata da questa
volontà, la tua si pieghi poi a volere quella cosa come voluta da Dio e per suo solo beneplacito e
onore. Parimenti volendo tu rifiutare le cose non volute da Dio, non rifiutarle se prima non fissi
lo sguardo dell'intelletto nella sua divina volontà, la quale vuole che tu le rifiuti per piacergli. Ma
devi sapere che le frodi della sottile natura sono poco conosciute:  essa, cercando sempre
occultamente se medesima, molte volte fa sembrare che in noi vi siano il detto motivo e il fine di
piacere a Dio, e non è così. Onde spesso avviene che quello che si vuole o non si vuole per
nostro interesse, pare a noi di volerlo o non volerlo per piacere o non piacere a Dio. Per fuggire
da questo inganno il rimedio proprio e intrinseco sarebbe la purezza del cuore, la quale consiste
nello spogliarsi dell'uomo vecchio e nel vestirsi del nuovo (cfr. Col 3,9-10; Ef 4,22-23): a tal fine
si indirizza tutto questo Combattimento. Tuttavia per predisporti come si deve, poiché sei piena
di te stessa, dal principio delle tue azioni sta' attenta a spogliarti quanto puoi di ogni mistura dove
tu possa stimare che vi sia del tuo, e non volere né fare né rifiutare cosa alcuna, se prima non ti
senti muovere e tirare dal puro e semplice volere di Dio. Se in tutte le azioni, e particolarmente in
quelle interiori dell'anima e in quelle esteriori che passano presto, non potrai così sempre in atto
sentire questo motivo, contentati  di averlo virtualmente in ciascuna, tenendo sempre vera
intenzione di piacere in tutto al tuo solo Dio.
Ma nelle azioni che continuano qualche spazio di tempo, non solamente nel principio è bene che
tu ecciti in te questo motivo, ma devi stare attenta  a rinnovarlo spesso e  a tenerlo desto fino
all'ultimo: altrimenti vi sarebbe pericolo di incappare in un altro tranello pure dell'amor nostro
naturale. Essendo questo incline e propenso più verso se stesso che verso Dio, molte volte con
intervallo di tempo suole farci inavvertitamente cambiare gli oggetti e mutare le intenzioni. Il
servo di Dio, che in ciò non è ben attento, spesso comincia a fare qualche cosa per il solo motivo
di piacere al suo Signore; ma poi a poco a poco, quasi senza accorgersene, si va talmente
compiacendo in quella con il proprio senso che, scordatosi della divina volontà, si rivolge e si
attacca a tal punto al gusto sensibile e all'utile e all'onore che gliene possono venire, che se Dio
mette impedimento a quell'azione con qualche infermità o avversità o per mezzo di qualche
creatura, egli ne rimane tutto turbato e inquieto e alle volte cade nella mormorazione e di questo
e di quello, per non dire talora dello stesso Dio. Segno assai chiaro che l'intenzione sua non era
in tutto di Dio, ma nasceva da radice e da fondo guasto e corrotto. Perché chiunque si muove  12
come spinto da Dio e per piacere a lui solo non  vuole più l'una che l'altra cosa; ma vuole
solamente averla se a Dio piacerà che l'abbia e nel modo e tempo che gli sarà gradito; e avendola
o non avendola ne resta ugualmente pacifico e contento, poiché in ogni modo ottiene il suo
intento e consegue il fine che altro non era se non il beneplacito di Dio.
Perciò sta' ben raccolta in te stessa e attenta a indirizzare sempre le tue azioni a questo perfetto
fine. E se talora (cosi ricercando la disposizione dell'anima tua) tu ti muovessi a operare il bene
allo scopo di fuggire le pene dell'inferno o per la speranza del paradiso, ancora in questo ti puoi
proporre per ultimo fine il gradimento e la volontà di Dio: egli si compiace che tu non vada
all'inferno, ma che entri nel suo regno.
Non c'è chi possa pienamente conoscere quanta forza ed efficacia abbia questo motivo, poiché
una cosa, sia pur bassa o minima quanto si voglia, fatta allo scopo di piacere a Dio solo e per sua
gloria, per così dire vale infinitamente più di molte altre di grandissimo pregio e valore che siano
fatte senza questo motivo. Pertanto gli è più gradito un solo denaro dato a un poverello per
questo solo motivo di far piacere a sua divina Maestà che se con altra intenzione, anche di godere
i beni del cielo (che è fine non solo buono ma sommamente desiderabile), qualcuno si privasse di
tutti i suoi averi, per copiosi che fossero.
Questo esercizio di fare tutto allo scopo di piacere puramente a Dio sembrerà da principio arduo;
ma esso diventerà agevole e facile con la consuetudine, con il desiderare molte volte lo stesso
Dio e con l'aspirare a lui con vivi affetti del cuore come a perfettissimo e unico nostro bene, il
quale per se stesso merita che tutte le creature lo cerchino, lo servano e lo amino sopra qualunque
altra cosa. Quanto più profondamente e più spesso sarà fatta la considerazione dell'infinito
merito di Dio, tanto più ferventi e frequenti saranno gli atti suddetti della volontà; e così con
maggior facilità e più presto acquisteremo l'abitudine di fare ogni azione in segno di rispetto e di
amore per quel Signore che solo ne è degno. Infine ti avviso che per conseguire questo divino
obiettivo, oltre a quanto ti ho detto, occorre che tu lo domandi a Dio con preghiera insistente e
che consideri spesso gli innumerevoli benefici che Dio ci ha fatti e tuttora ci fa per puro amore e
senza suo interesse.

10 IL COMBATTIMENTO SPIRITUALE di LORENZO SCUPOLI


CAPITOLO IX
Un'altra cosa da cui si deve guardare l'intelletto perché possa discernere bene
L'altra cosa da cui dobbiamo difendere l'intelletto è  la curiosità perché, riempiendolo noi di
pensieri nocivi, vani e impertinenti, lo rendiamo inabile e incapace di apprendere ciò che più
appartiene alla nostra vera mortificazione e perfezione. Per cui tu devi essere come morta in tutto
a ogni investigazione delle cose terrene non necessarie, sebbene lecite.
Restringi sempre il tuo intelletto quanto puoi e ama di farlo stolto. Le novità e le vicissitudini del
mondo, piccole e grandi, per te siano appunto come se non fossero; e se ti sono offerte, opponiti
loro e scacciale lontano da te. Nel desiderio di intendere le cose celestiali fa' in modo da essere
sobria e umile, non volendo sapere altro che Cristo crocifisso (cfr. 1Cor 2,2; Gal 6,14; 1Cor
1,23), la vita e la morte sua e quanto da te domanda. Allontana da te tutto il resto e farai cosa
molto gradita a Dio, il quale considera suoi cari e diletti coloro che desiderano da lui e cercano
quelle cose che bastano per amare la sua divina bontà e per fare la sua volontà. Ogni altra
domanda e ricerca è amor proprio, superbia e inganno del demonio. Se tu seguirai queste norme
potrai sfuggire a molte insidie perché, vedendo l'astuto serpente che in quelli che attendono alla
vita spirituale la volontà è gagliarda e forte, tenta di abbattere il loro intelletto per farsi così
padrone di questo e di quella. Onde è solito  molte volte dar loro sentimenti alti, vivi e
stravaganti; e li concede massimamente alle persone acute e di grande ingegno e che sono facili a
montare in superbia perché, occupate nel diletto e nella meditazione di quei punti nei quali
falsamente si persuadono di godere Dio, si dimentichino di purificare il cuore e di attendere alla
conoscenza di se stessi e alla vera mortificazione. Irretiti così nel laccio della superbia, si fanno
un idolo del proprio intelletto. Da questo ne segue che a poco a poco, senza accorgersene, si
convincono di non avere bisogno del consiglio e ammaestramento altrui, essendo già abituati a
ricorrere in ogni evenienza all'idolo del proprio giudizio. Questa è cosa di grave pericolo e molto
difficile a curarsi, perché è più pericolosa la superbia dell'intelletto che della volontà: essendo la
superbia della volontà manifesta al proprio  intelletto, facilmente un giorno potrà curarla
obbedendo a chi deve. Ma chi ha ferma opinione che il suo parere sia migliore di quello di altri,
da chi e come potrà essere sanato? Come si sottoporrà al giudizio di altri, che non ritiene tanto
buono quanto il suo proprio? Se l'occhio dell'anima, che è l'intelletto, con cui si doveva
conoscere e purificare la piaga della superba  volontà è infermo, cieco e pieno della stessa
superbia, chi lo potrà curare? E se la luce diventa tenebre e la regola fallisce, che ne sarà del
resto? Perciò tu opponiti per tempo a così pericolosa superbia, prima che ti penetri nelle midolla
delle ossa. Rintuzza l'acutezza del tuo intelletto: sottoponi facilmente il tuo parere a quello altrui;
diventa pazza per amore di Dio e sarai più saggia di Salomone

9 IL COMBATTIMENTO SPIRITUALE di LORENZO SCUPOLI


CAPITOLO VIII
Le cause per cui non discerniamo rettamente le cose.
Il metodo che si deve usare per conoscerle bene
La causa per cui non discerniamo rettamente tutte le cose suddette insieme a molte altre è che al
primo loro apparire vi attacchiamo o l'amore  o l'odio. Da questi oscurato, l'intelletto non le
giudica con rettitudine per quelle che sono. Tu, perché in te non trovi luogo questo inganno, sii
accorta nel tenere sempre quanto più puoi la tua volontà purificata e libera dall'affetto disordinato
a qualunque cosa. E quando ti viene posto innanzi qualunque oggetto, osservalo bene con
l'intelletto e consideralo con maturità prima che da odio, se si tratta di cosa contraria alle nostre
naturali inclinazioni, o da amore, se ti apporta diletto, tu sia mossa a volerlo oppure a rifiutarlo.
Perché allora l'intelletto, non essendo ingombrato da passione, è libero e chiaro; può conoscere il
vero e penetrare dentro al male, che è nascosto sotto il falso piacere, e al bene coperto
dall'apparenza del male.
Ma se la volontà si è prima inclinata ad amare la cosa o l'ha presa in aborrimento, l'intelletto non
la può ben conoscere, perché quell'affetto, che si  è interposto, lo offusca in modo da fargliela
stimare diversamente da quella che è, e per tale rappresentandola alla volontà, essa si muove più
ardentemente di prima ad amarla oppure a odiarla contro ogni ordine e legge di ragione. Da tale
affetto viene a essere oscurato maggiormente l'intelletto e, così oscurato, fa di nuovo sembrare
alla volontà la cosa più che mai amabile o odiosa. Perciò, se non si osserva la regola che ho detto
(il che in tutto questo esercizio è di somma  importanza), queste due potenze tanto nobili ed
eccellenti, intelletto e volontà, vengono miseramente a camminare sempre, come in un vortice, di
tenebre in più folte tenebre e di errore in errore maggiore. Guardati dunque, figliuola, con ogni
vigilanza da ogni non bene ordinato affetto a  qualsiasi cosa, che prima non sia da te ben
esaminata e riconosciuta per quella che è veramente con il lume dell'intelletto, e principalmente
con quello della grazia e dell'orazione e con il giudizio del tuo padre spirituale. Il che intendo che
tu debba osservare, talora più  che nelle altre cose, in alcune opere esteriori che sono buone e
sante, perché in queste, per essere tali, vi è più che in quelle pericolo di inganno e di
indiscrezione da parte nostra. Onde per qualche circostanza di tempo, di luogo e di misura, o per
rispetto dell'obbedienza, alcune volte ti potrebbero recare non piccolo danno, come di molti si sa
che nei lodevoli e santissimi esercizi hanno corso pericolo.

8 IL COMBATTIMENTO SPIRITUALE di LORENZO SCUPOLI


CAPITOLO VII
L'esercizio.
E in primo luogo l'esercizio dell'intelletto, che va guardato dall'ignoranza e dalla curiosità
Se la diffidenza di noi e la confidenza in Dio tanto necessarie in questa battaglia saranno sole,
non solamente non avremo vittoria su noi stessi, ma precipiteremo in molti mali. Perciò, oltre a
queste, ci è necessario l'esercizio,  che è la terza cosa proposta sopra. Questo esercizio si deve
fare principalmente con l'intelletto e con la volontà. Quanto all'intelletto deve essere da noi
guardato da due cose che sogliono combatterlo.
L'una è l'ignoranza, che lo oscura e gli impedisce la conoscenza del vero, che è il suo oggetto
proprio. Perciò con l'esercizio lo si deve rendere lucido e chiaro, perché possa vedere e
discernere bene quanto ci è necessario per purificare l'anima dalle passioni disordinate e ornarla
delle sante virtù. Questo lume in due modi si può ottenere.
Il primo e più importante è l'orazione, pregando lo Spirito Santo che si degni infonderlo nei
nostri cuori. Questo lo farà sempre, se in verità cercheremo Dio solo; se cercheremo di fare la
sua santa volontà e se sottoporremo ogni cosa insieme al nostro giudizio alla decisione del padre
spirituale.
L'altro modo è un continuo esercizio di profonda  e leale considerazione delle cose per vedere
come siano, se buone o cattive: e ciò secondo come insegna lo Spirito Santo e non come
appaiono all'esterno, si rappresentano ai sensi e giudica il mondo.
Questa considerazione, fatta come si conviene, ci fa chiaramente conoscere che si debbono avere
per nulla, per vanità e bugia tutte quelle cose che il cieco e corrotto mondo ama e desidera, e che
con vari modi e mezzi si va procurando; che gli onori e i piaceri terreni non sono altro che vanità
e afflizione di spirito; che le ingiurie e le infamie, che il mondo ci dà, portano vera gloria e le
tribolazioni quiete; che perdonare i nemici e fare loro del bene è magnanimità e una delle
maggiori somiglianze con Dio; che vale più il disprezzo del mondo che l'esserne padrone; che
l'obbedire volentieri per amore di Dio alle più vili creature è cosa più magnanima e generosa del
comandare ai grandi prìncipi; che l'umile conoscenza di noi stessi si deve apprezzare più
dell'altezza di tutte le scienze; che il vincere e mortificare i propri appetiti, per piccoli che siano,
merita maggior lode che l'espugnare molte città (cfr. Pro 16,32), superare potenti eserciti con le
armi in mano, fare miracoli e risuscitare i morti.

7 IL COMBATTIMENTO SPIRITUALE di LORENZO SCUPOLI


CAPITOLO VI
Altri avvisi, perché acquistiamo la diffidenza di noi stessi e la confidenza in Dio
Poiché tutta la forza di vincere i nostri nemici nasce principalmente dalla diffidenza di noi stessi
e dalla confidenza in Dio, di nuovo ti provvedo di avvisi perché tu le consegua con il divino
aiuto.
Devi sapere dunque e tenere per cosa certa che né tutti i doni, o naturali o acquisiti che siano, né
tutte le grazie gratis date, né la conoscenza di tutta la Scrittura, né l'aver lungamente servito Dio
e fatto in questo l'abitudine ci faranno compiere la sua volontà, se in qualunque opera buona e
accetta agli occhi suoi che dobbiamo fare, e in qualunque tentazione che dobbiamo vincere, e in
qualunque pericolo che dobbiamo fuggire, e in qualunque croce che dobbiamo portare secondo la
sua volontà, se, dico, non è aiutato ed elevato il cuor nostro dal particolare aiuto di Dio, e anzi
Dio stesso non ci tenda anche la mano per fare tutto questo. Dunque dobbiamo in tutta la nostra
vita, in tutti i giorni, in tutte le ore e in tutti i momenti aver presente questa verità: che così per
nessuna via o progetto potremo mai confidare in noi stessi. Per quanto poi riguarda la confidenza
in Dio, sappi che per lui non c'è niente di più facile che vincere i pochi come i molti nemici, i
vecchi ed esperti come i fiacchi e inesperti. Perciò, sebbene un'anima sia carica di peccati, abbia
tutti i difetti del mondo, anzi sia difettosa quanto mai si possa immaginare; benché abbia tentato
quanto si voglia, usato qualunque mezzo e fatto  qualunque esercizio per  lasciare il peccato e
operare il bene; benché non abbia mai potuto acquistare un minimo di bene, anzi sia precipitata
più pesantemente nel male: con tutto ciò non deve mancare di confidare in Dio né deve mai
lasciare le armi e gli esercizi spirituali, ma combattere sempre generosamente in quanto bisogna
sapere che in questa battaglia spirituale non perde chi non smette di combattere e di confidare in
Dio, il cui aiuto non manca mai ai suoi soldati anche se a volte  permette che siano feriti. Si
combatta pure, perché qui è tutto! La medicina per le ferite è pronta ed efficace per i soldati, che
con confidenza cercano Dio e il suo aiuto; e quando meno ci pensano, i nemici si troveranno
morti.

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CAPITOLO V
Un errore di molti, dai quali la pusillanimità è tenuta per virtù
In questo ancora si ingannano molti, i quali attribuiscono a virtù la pusillanimità e l'inquietudine
che seguono dopo il peccato, perché sono accompagnate da qualche dispiacere: ma essi non
sanno che nascono da occulta superbia e presunzione fondate sulla confidenza in se stessi e nelle
proprie forze nelle quali, perché si stimavano qualche cosa, avevano eccessivamente confidato.
Costoro, scorgendo dalla prova della caduta di sbagliare, si turbano e si meravigliano come di
cosa strana e diventano pusillanimi, vedendo caduto per terra quel sostegno in cui vanamente
avevano riposto la loro confidenza.
Questo non accade all'umile, il quale, confidando nel suo solo Dio e in niente presumendo di sé,
quando incorre in qualsiasi colpa, pur sentendone dolore, non se ne inquieta o se ne meraviglia:
egli sa che tutto ciò gli avviene per sua miseria e propria debolezza da lui molto ben conosciute
con lume di verità.

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CAPITOLO IV
Come possa conoscersi se l'uomo opera con la diffidenza di sé e con la confidenza in Dio
Alle volte pare assai al servo presuntuoso d'aver ottenuto la diffidenza di sé e la confidenza in
Dio, ma non sarà così. E di ciò ti darà chiarezza l'effetto che produrrà in te la caduta.
Se tu dunque, quando cadi, t'inquieti, ti rattristi e ti senti chiamare a un certo che di disperazione
di poter andare più innanzi e di far bene, è segno certo che tu confidavi in te e non in Dio. E se
molta sarà la tristezza e la disperazione, molto tu confidavi in te e poco in Dio: infatti colui che
in gran parte diffida di se stesso e confida in Dio, quando cade non si meraviglia, non si rattrista
né si rammarica conoscendo che ciò gli capita per sua debolezza e poca confidenza in Dio. Anzi
più diffida di sé, assai più umilmente confida in Dio; e avendo in odio sopra ogni cosa il difetto e
le passioni disordinate, causa della caduta, con un dolore grande, quieto e pacifico per l'offesa di
Dio, segue poi l'impresa e perseguita i suoi  nemici fino alla morte con maggior animo e
risoluzione.
Queste cose vorrei che fossero ben considerate da certe persone che si dicono spirituali. Quando
esse sono incorse in qualche difetto, non possono né vogliono darsi pace; e alle volte, più per
liberarsi dall'ansietà e dall'inquietudine dovute all'amor proprio che per altro, non vedono l'ora di
andare a trovare il padre spirituale, dal quale dovrebbero andare principalmente per lavarsi dalla
macchia del peccato e prendere forza contro di esso con il santissimo sacramento dell'eucaristia.

4 IL COMBATTIMENTO SPIRITUALE di LORENZO SCUPOLI


CAPITOLO III
La confidenza in Dio
Benché in questa battaglia, come abbiamo detto, sia tanto necessaria la diffidenza di sé, tuttavia,
se l'avremo sola, o ci daremo alla fuga o resteremo vinti e superati dai nemici; e perciò oltre a
questa ti occorre ancora la totale confidenza in Dio, da lui solo sperando e aspettando qualunque
bene, aiuto e vittoria. Perché siccome da noi, che siamo niente, non ci è lecito prometterci altro
che cadute, onde dobbiamo diffidare del tutto di noi medesimi, così grazie a nostro Signore
conseguiremo sicuramente ogni gran vittoria purché, per ottenere il suo aiuto, armiamo il nostro
cuore di una viva confidenza in lui. E questa parimenti in quattro modi si può conseguire.
Primo: col domandarla a Dio.
Secondo: col considerare e vedere con l'occhio della fede l'onnipotenza e la sapienza infinita di
Dio, al quale niente è impossibile (cfr. Lc 1,37) né difficile; e che essendo la sua bontà senza
misura, con indicibile amore sta pronto e preparato a dare di ora in ora e di momento in momento
tutto quello che ci occorre per la vita spirituale e la totale vittoria su noi stessi, se ci gettiamo con
confidenza nelle sue braccia. E come sarà possibile che il nostro Pastore divino, il quale trentatré
anni ha corso dietro alla pecorella smarrita con grida tanto forti da diventarne rauco e per via
tanto faticosa e spinosa da spargervi tutto il sangue e lasciarvi la vita, ora che questa pecorella va
dietro a lui con l'obbedienza ai suoi comandamenti oppure con il desiderio benché alle volte
fiacco di obbedirgli, chiamandolo e pregandolo, come sarà possibile che egli non volga ad essa
quei suoi occhi vivificanti, non l'oda e non se la metta sulle divine spalle facendone festa con
tutti i suoi vicini e con gli angeli del cielo? Che se nostro Signore non lascia di cercare con
grande diligenza e amore e di trovare nella dramma evangelica il cieco e muto peccatore, come
sarà possibile che abbandoni colui che come smarrita pecorella grida e chiama a suo Pastore? E
chi crederà mai che Dio, il quale batte di continuo al cuore dell'uomo per il desiderio di entrarvi e
cenarvi comunicandogli i suoi doni, faccia egli davvero il sordo e non vi voglia entrare qualora
l'uomo apra il cuore e lo inviti (cfr. Ap 3,20)? Il terzo modo per acquistare questa santa
confidenza è il ricorrere con la memoria alla verità della sacra Scrittura, la quale in tanti luoghi ci
mostra chiaramente che non restò mai confuso colui che confidò in Dio.
Il quarto modo, che servirà per conseguire insieme la diffidenza di te stessa e la confidenza in
Dio, è questo: quando ti capita qualcosa da fare e di intraprendere qualche battaglia e vincere te
stessa, prima che ti proponga o ti  risolva di volerla fare rivolgiti  con il pensiero alla tua
debolezza e, diffidando completamente, volgiti poi alla potenza, alla sapienza e alla bontà divina.
E in queste confidando, delibera di operare e di  combattere generosamente; ma come nel suo
luogo dirò, combatti e opera poi con queste armi in pugno e con l'orazione. E se non osserverai
quest'ordine, anche se ti parrà di fare ogni cosa nella confidenza in Dio, ti troverai in gran parte
ingannata: infatti è tanto sottile e tanto propria  all'uomo la presunzione di se medesimo, che
subdolamente quasi sempre vive  nella diffidenza che ci pare di avere di noi stessi e nella
confidenza che stimiamo di avere in Dio.
Perché tu fugga quanto più sia possibile la presunzione e operi con la diffidenza di te stessa e con
la confidenza in Dio, fa in maniera che la  considerazione della  tua debolezza preceda la
considerazione dell'onnipotenza di Dio e ambedue precedano le nostre opere.

3 IL COMBATTIMENTO SPIRITUALE di LORENZO SCUPOLI


CAPITOLO II
La diffidenza di noi stessi
La diffidenza di te stessa, figliuola, ti è talmente necessaria in questo combattimento che senza
questa devi tenere per certo che non solamente non potrai conseguire la vittoria desiderata, ma
neppure superare una ben piccola tua passioncella. E ciò ti s'imprima bene nella mente, perché
noi siamo purtroppo facili e inclinati dalla natura corrotta  verso una falsa stima di noi stessi:
essendo veramente non altro che un bel nulla, ci convinciamo tuttavia di valere qualche cosa; e
senza alcun fondamento, vanamente presumiamo delle nostre forze. Questo è difetto assai
difficile a conoscersi e dispiace molto agli occhi di Dio, che ama e vuole in noi una leale
cognizione di questa certissima verità che ogni grazia e virtù derivano in noi da lui solo, fonte di
ogni bene; e che da noi non può venire nessuna cosa, neppure un buon pensiero che gli sia
gradito (cfr. 2Cor 3,5).
E benché questa tanto importante diffidenza sia ben anche opera della sua divina mano che suole
darla ai suoi cari amici ora con sante ispirazioni, ora con aspri flagelli e con violente e quasi
insuperabili tentazioni, e con altri mezzi non intesi da noi medesimi, tuttavia, volendo egli che
anche da parte nostra si faccia quello che tocca a noi, ti propongo quattro modi con i quali,
aiutata principalmente dal supremo favore, tu possa conseguire tale diffidenza.
Il primo è che tu consideri e conosca la tua viltà e nullità e che da te non puoi fare alcun bene per
il quale meriti di entrare nel regno dei cieli.
Il secondo è che con ferventi e umili preghiere la domandi spesso al Signore, poiché è dono suo.
E per ottenerla prima ti devi mirare non solo priva di essa, ma del tutto impotente ad acquistarla
da te. Così presentandoti più volte davanti alla  divina Maestà con una fede certa che per sua
bontà sia per concedertela, e aspettandola con perseveranza per tutto quel tempo disposto dalla
sua provvidenza, non vi è dubbio che l'otterrai.
Il terzo modo è che ti abitui a temere te stessa, il tuo giudizio, la forte inclinazione al peccato, gli
innumerevoli nemici ai quali non hai forza di fare una minima resistenza; la loro esperienza nel
combattere, gli stratagemmi, le loro trasfigurazioni in angeli di luce; le innumerevoli arti e i
tranelli, che nella via stessa della virtù nascostamente ci tendono.
Il quarto modo è che quando ti avviene di cadere in qualche difetto, allora tu penetri più dentro e
più vivamente nella considerazione della tua somma debolezza: infatti per questo fine Dio ha
permesso la tua caduta, affinché, avvisata dall'ispirazione con più chiaro lume di prima,
conoscendoti bene impari a disprezzare te stessa come cosa purtroppo vile e per tale tu voglia
anche dagli altri essere tenuta e parimenti disprezzata. Sappi che senza questa volontà non vi può
essere virtuosa diffidenza, la quale ha il suo fondamento nell'umiltà vera e nella cognizione
sperimentale.
Chiara è questa cosa: a ognuno che vuol congiungersi con la luce suprema e con la verità
increata è necessaria la conoscenza di se stesso, che la divina clemenza dà ordinariamente ai
superbi e ai presuntuosi attraverso le cadute: essa li lascia giustamente incorrere in qualche
mancanza dalla quale si persuadono di potersi difendere, affinché, venendosi così a conoscere,
apprendano a diffidare in tutto di se medesimi.
Il Signore, però, non è solito servirsi di questo mezzo così miserabile se non quando gli altri più
benigni, che abbiamo detto sopra, non hanno portato quel giovamento inteso dalla sua divina
bontà. Essa permette che l'uomo cada più o meno tanto quanto maggiore o minore è la sua
superbia e la propria reputazione; in maniera che dove non si ritrovasse la pur minima
presunzione, come fu in Maria Vergine, similmente non vi sarebbe nemmeno la pur minima
caduta. Dunque quando cadi, corri subito col pensiero all'umile conoscenza di te stessa e con
preghiera insistente (cfr. Lc 11,5-13) domanda al Signore che ti doni il vero lume per conoscerti
e la totale diffidenza di te stessa, se non vorrai cadere di nuovo e talvolta in più grave rovina.

2 IL COMBATTIMENTO SPIRITUALE di LORENZO SCUPOLI


CAPITOLO I
In che consiste la perfezione cristiana. Per acquistarla bisogna combattere.
Quattro cose necessarie per questa battaglia
Volendo tu, figliuola in Cristo amatissima, conseguire l'altezza della perfezione e, accostandoti al
tuo Dio, diventare uno stesso spirito con lui (cfr. 1Cor 6,17), dal momento che questa è la
maggiore e la più nobile impresa che si possa dire o immaginare, devi prima conoscere in che
cosa consista la vera e perfetta vita spirituale.
Molti infatti, senza troppo riflettere, l'hanno posta nel rigore della vita, nella macerazione della
carne, nei cilizi, nei flagelli, nelle lunghe veglie, nei digiuni e in altre simili asprezze e fatiche
corporali.
Altri, e particolarmente le donne, credono di aver fatto molto cammino se dicono molte preghiere
vocali; se partecipano a parecchie messe e a lunghe salmodie; se frequentemente vanno in chiesa
e si ritemprano al banchetto eucaristico.
Molti altri (tra cui talvolta se ne ritrova qualcuno che,  vestito dell'abito religioso, vive nei
chiostri) si sono persuasi che la perfezione dipenda del tutto dal frequentare il coro, dal silenzio,
dalla solitudine e dalla regolata disciplina: e così chi in queste e chi in altre simili azioni ritiene
che sia fondata la perfezione.
Il che però non è così! Siccome dette azioni sono ora mezzo per acquistare spirito e ora frutto di
spirito, così non si può dire che in esse solo consistano la perfezione cristiana e il vero spirito.
Sono senza dubbio mezzo potentissimo per acquistare spirito per quelli che bene e discretamente
le usano, per prendere vigore e forza contro la propria malizia e fragilità; per armarsi contro gli
assalti e gli inganni dei nostri comuni nemici; per provvedersi di quegli aiuti spirituali che sono
necessari a tutti i servi di Dio e massimamente ai principianti.
Sono poi frutto di spirito nelle persone veramente spirituali, le quali castigano il corpo perché ha
offeso il suo Creatore e per tenerlo sottomesso e umile nel suo servizio; tacciono e vivono
solitarie per fuggire qualunque minima offesa del Signore e per conversare nei cieli (cfr. Fíl 3,20
Volgata); attendono al culto divino e alle opere di pietà; pregano e meditano la vita e la passione
di nostro Signore non per curiosità e gusti sensibili, ma per conoscere ancora di più la propria
malizia e la bontà misericordiosa di Dio, onde infiammarsi sempre più nell'amore divino e
nell'odio di se stesse, seguendo con la loro abnegazione e la croce in spalla il Figliuolo di Dio;
frequentano i santissimi sacramenti a gloria  di sua divina Maestà, per congiungersi più
strettamente con Dio e per prendere nuova forza contro i nemici.
Ma ad altri poi che pongono nelle suddette opere esteriori tutto il loro fondamento, possono, non
per difetto delle cose in sé (che sono tutte santissime) ma per difetto di chi le usa, porgere
talvolta occasione di rovina più che i peccati fatti apertamente. Mentre sono intenti solo in esse,
abbandonano il cuore in mano alle inclinazioni e al demonio occulto, il quale, vedendo che
questi già sono fuori del retto sentiero, li lascia non solamente continuare con diletto nei suddetti
esercizi ma anche spaziare secondo il loro vano pensiero per le delizie del paradiso, dove si
persuadono di essere sollevati tra i cori angelici e di sentire Dio dentro di sé. Questi si trovano
talora tutti assorti in certe meditazioni piene di alti, curiosi e dilettevoli punti e, quasi dimentichi
del mondo e delle creature, par loro di essere rapiti al terzo cielo. Ma in quanti errori si trovino
questi avviluppati e quanto siano lontani da  quella perfezione che noi andiamo cercando,
facilmente si può comprendere dalla vita e dai loro costumi: infatti questi vogliono in ogni cosa
grande e piccola essere preferiti agli altri e avvantaggiati su di loro, sono radicati nella propria
opinione e ostinati in ogni loro voglia. Ciechi nei propri, sono invece solleciti e diligenti
osservatori e mormoratori dei detti e dei fatti altrui. Se tu li tocchi anche un poco in una certa
loro vana reputazione, in cui essi si tengono e si compiacciono di essere tenuti dagli altri, e li levi
da quelle devozioni che usano passivamente, si alterano tutti e s'inquietano moltissimo. E se Dio,
per ridurli alla vera conoscenza di se stessi e sulla strada della perfezione, manda loro travagli e
infermità o permette persecuzioni (che non  vengono mai senza sua volontà, così volendo o
permettendo, e che sono la pietra di paragone della lealtà dei suoi servi), allora scoprono il loro
falso fondo e l'interno corrotto e guasto a causa della superbia. Infatti in ogni avvenimento, triste   3
o lieto che sia, non vogliono rassegnarsi e umiliarsi sotto la mano divina acquietandosi nei
sempre giusti benché segreti giudizi di Dio (cfr. Rm 11,33); né sull'esempio del suo Figliuolo, il
quale umiliò se stesso e volle patire (cfr. Fil 2,8), si sottomettono a tutte le creature considerando
come cari amici i persecutori, che effettivamente sono strumenti della divina bontà e cooperano
alla loro mortificazione, perfezione e salvezza.
Perciò è cosa certa che questi tali sono posti in grave pericolo: avendo l'occhio interno
ottenebrato e mirando con quello se medesimi e le azioni esterne che sono buone, si attribuiscono
molti gradi di perfezione e così insuperbiti giudicano gli altri: ma per loro non c'è chi li converta,
fuorché uno straordinario aiuto di Dio. Per tale motivo assai più  agevolmente si converte e si
riduce al bene il peccatore pubblico, anziché quello occulto e coperto con il manto delle virtù
apparenti. Tu vedi dunque assai chiaramente, figliuola, che la vita spirituale non consiste nelle
suddette cose, come ti ho dichiarato. Devi sapere che essa non consiste in altro che nella
conoscenza della bontà e della grandezza di Dio, e della nostra nullità e inclinazione a ogni male;
nell'amore suo e nell'odio di noi stessi; nella sottomissione non solo a lui, ma a ogni creatura per
amor suo; nella rinuncia a ogni nostro volere e nella totale rassegnazione al suo divino
beneplacito: inoltre essa consiste nel volere e nel fare tutto questo semplicemente per la gloria di
Dio, per il solo desiderio di piacere a lui, e perché così egli vuole e merita di essere amato e
servito. Questa è la legge d'amore impressa dalla mano dello stesso Signore nei cuori dei suoi
servi fedeli. Questo è il rinnegamento di noi stessi, che da noi ricerca (cfr. Lc 9,23). Questo è il
giogo soave e il peso suo leggero (cfr. Mt 11, 30). Questa è l'obbedienza, alla quale con
l'esempio e con la parola il nostro Redentore e Maestro ci chiama.
E perché, aspirando tu all'altezza di tanta perfezione, devi fare continua violenza a te stessa per
espugnare generosamente e annullare tutte le voglie, grandi o piccole che siano, necessariamente
conviene che con ogni prontezza d'animo ti prepari a questa battaglia: infatti la corona non si dà
se non a quelli che combattono valorosamente.
Siccome tale battaglia è più di ogni altra difficile (poiché combattendo contro di noi, siamo
insieme combattuti da noi stessi), così la vittoria ottenuta sarà più gloriosa di ogni altra e più cara
a Dio. Se tu attenderai a calpestare e a dar morte  a tutti i tuoi disordinati appetiti, desideri e
voglie ancorché minime, renderai maggior piacere  e servizio a Dio che se, tenendo alcune di
quelle volontariamente vive, ti flagellassi fino al sangue e digiunassi più degli antichi eremiti e
anacoreti o convertissi al bene migliaia di anime. Sebbene il Signore in sé gradisca più la
conversione delle anime che la mortificazione di una voglietta, nondimeno tu non devi volere né
operare altro se non quello che il medesimo Signore da te rigorosamente ricerca e vuole. Ed egli
senza alcun dubbio si compiace di più che tu ti affatichi e attenda a mortificare le tue passioni
che se tu, lasciandone anche una avvedutamente e  volontariamente viva in te, lo servissi in
qualunque cosa sia pure grande e  di maggior importanza. Ora che tu vedi, figliuola, in che
consiste la perfezione cristiana e che per acquistarla devi intraprendere una continua e asprissima
guerra contro te stessa, c'è bisogno che ti provveda di quattro cose, come di armi sicurissime e
necessarissime, per riportare la palma e restare vincitrice in questa spirituale battaglia. Queste
sono: la diffidenza di noi stessi, la confidenza in Dio, l'esercizio e l'orazione. Di tutte tratteremo
con l'aiuto divino e con facile brevità.

1 IL COMBATTIMENTO SPIRITUALE di LORENZO SCUPOLI


IL COMBATTIMENTO SPIRITUALE
di LORENZO SCUPOLI
“Non riceve la corona se non chi ha combattuto secondo le regole” (2Tm 2,5).
AL SUPREMO CAPITANO
E GLORIOSISSIMO TRIONFATORE
GESÙ CRISTO
FIGLIUOLO DI MARIA
Poiché sempre piacquero e piacciono tuttora a vostra Maestà i sacrifici e le offerte di noi mortali
quando da puro cuore vengono offerti a gloria vostra, io presento questo trattatello del
Combattimento spirituale  dedicandolo alla divina vostra Maestà. Né mi tiro indietro perché
questo trattato è piccolo: infatti ben si sa che voi solo siete quell'alto Signore che si diletta delle
cose umili e disprezza le vanità e le pretese del mondo. E come potevo io senza biasimo e senza
danno dedicarlo ad altra persona che alla vostra Maestà, Re del cielo e della terra? Quanto
insegna questo trattatello tutto è dottrina vostra, avendoci voi insegnato che, non confidando più
in noi stessi, confidiamo in voi, combattiamo e preghiamo.
Inoltre se ogni combattimento  ha bisogno di un capo esperto che guidi la battaglia e animi i
soldati, i quali tanto più generosamente combattono quanto più militano sotto un invincibile
capitano, non ne avrà forse bisogno questo Combattimento spirituale? Voi dunque eleggemmo,
Gesù Cristo (noi tutti che già siamo risoluti  a combattere e a vincere qualunque nemico), per
nostro Capitano: voi che avete vinto il mondo, il principe delle tenebre, e con le piaghe e la
morte della vostra sacratissima carne avete vinto la carne di tutti quelli che hanno combattuto e
combatteranno generosamente.
Quando io, Signore, ordinavo questo Combattimento, avevo sempre nella mente quel detto: “Non
siamo nemmeno capaci di pensare qualcosa come proveniente da noi” (2Cor 3,5). Se senza di
voi e senza il vostro aiuto non possiamo avere pensieri che siano buoni, come potremo da soli
combattere contro tanti potentissimi nemici ed evitare tante innumerevoli e nascoste insidie?
Vostro è, Signore, da tutte le parti questo Combattimento,  perché, come ho detto, vostra è la
dottrina e vostri sono tutti i soldati spirituali, tra i quali siamo noi Chierici Regolatori Teatini:
perciò, tutti chini ai piedi della vostra altissima Maestà, vi preghiamo di accettare questo
Combattimento  muovendoci e animandoci sempre con la vostra grazia attuale a combattere
molto più generosamente: perché noi non dubitiamo affatto che, combattendo voi in noi,
vinceremo a gloria vostra e della vostra santissima Madre Maria Vergine.
Umilissimo servo comprato con il vostro Sangue
DON LORENZO SCUPOLI Chierico Regolare
“Voi oggi siete prossimi
a dar battaglia ai vostri nemici;
il vostro cuore non venga meno;
non temete, non vi smarrite
e non vi spaventate dinanzi a loro,
perché il Signore vostro Dio cammina con voi
per combattere per voi
contro i vostri nemici e per salvarvi”
(Dt 20,3-4)

sabato 27 ottobre 2012

"Disperazione" di un Santo ( san Giovanni Maria Vianney )


"Disperazione" di un Santo ( un breve cenno )


  (Curato D'Ars ) S.Giovanni Maria Vianney

I Profeti non ebbero, spesso, altro segno che la loro stessa vita. Il Curato d' Ars ha dovuto imparare a leggere la sua storia personale: " Non chiedete a Dio la conoscenza totale della vostra miseria... io l'ho chiesta una volta e l'ho ottenuta. Se Dio in quel momento non mi avesse sostenuto, nel medesimo istante sarei caduto nella disperazione. Sono rimasto talmente atterrito nel riconoscere  la mia miseria, che ho chiesto immediatamente la grazia di dimenticarla. Dio mi ha ascoltato, ma mi ha lasciato, sul mio nulla, luce sufficiente a farmi capire che non sono capace di fare niente".............Diciamo dunque ogni mattina:" Tutto per piacere a Voi, mio Dio! Tutto quello che farò, per voi". Com'è dolce e consolante il pensiero della santa presenza di Dio! Non ci stanca mai, le ore passano come se fossero minuti: è un godimento anticipato del cielo!
 S.Giovanni Maria Vianney

martedì 16 ottobre 2012

L'uomo invisibile

L'uomo invisibile
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L'uomo invisibile ha un odore acre
di terra e sudore.
Una stamberga senza fogne
e senza luce
raccoglie l'acqua piovana
in barattoli di latta
un armadio di mattoni
e un divano sfondato 
dove non c'è posto per tutti
per questo ama
tenere in braccio i suoi figli!

sabato 29 settembre 2012

(Mc 9,38-43.45.47-48) Chi non è contro di noi è per noi. Se la tua mano ti è motivo di scandalo, tagliala.


VANGELO 
(Mc 9,38-43.45.47-48) Chi non è contro di noi è per noi. Se la tua mano ti è motivo di scandalo, tagliala.
+ Dal Vangelo secondo Marco

In quel tempo, Giovanni disse a Gesù: «Maestro, abbiamo visto uno che scacciava demòni nel tuo nome e volevamo impedirglielo, perché non ci seguiva». Ma Gesù disse: «Non glielo impedite, perché non c’è nessuno che faccia un miracolo nel mio nome e subito possa parlare male di me: chi non è contro di noi è per noi. Chiunque infatti vi darà da bere un bicchiere d’acqua nel mio nome perché siete di Cristo, in verità io vi dico, non perderà la sua ricompensa. Chi scandalizzerà uno solo di questi piccoli che credono in me, è molto meglio per lui che gli venga messa al collo una macina da mulino e sia gettato nel mare. Se la tua mano ti è motivo di scandalo, tagliala: è meglio per te entrare nella vita con una mano sola, anziché con le due mani andare nella Geènna, nel fuoco inestinguibile. E se il tuo piede ti è motivo di scandalo, taglialo: è meglio per te entrare nella vita con un piede solo, anziché con i due piedi essere gettato nella Geènna. E se il tuo occhio ti è motivo di scandalo, gettalo via: è meglio per te entrare nel regno di Dio con un occhio solo, anziché con due occhi essere gettato nella Geènna, dove il loro verme non muore e il fuoco non si estingue».

Parola del Signore
La mia riflessione
Preghiera
Vieni o Gesù, con lo Spirito Santo, ad aprire la mia mente alla comprensione della tua parola. Dammi la possibilità di aiutarti, divulgando il senso d’ogni tua parola, perché come la neve, possa disciogliere con il suo ardore, tutte le barriere della nostra stoltezza.

Alcuni discepoli di Gesù, non erano stati capaci di scacciare il demonio da un ragazzo e che il padre si era rivolto al Cristo, disperato e aveva messo tutta la sua piccola fede nelle Sue mani, perché l’accrescesse. Grazie a questo suo atto d’ abbandono alla grazia Divina, il figlio fu guarito da Gesù.
Quindi essere vicini al Signore, essere nella sua Chiesa, non è la sola cosa che è richiesta, ma una fede vera e profonda in Gesù. Vediamo che in questo brano, Gesù toglie ancora dei paletti che gli uomini vogliono come sempre frapporre tra i fedeli e Dio. Dice poi una cosa che forse in  molti non abbiamo recepito, perché è un errore in cui ogni tanto cadiamo un po' tutti: - chi non è contro di noi è per noi- non limita il suo raggio d’azione,  ma con un preciso avvertimento:
- perché non c’è nessuno che faccia un miracolo nel mio nome e subito possa parlare male di me-
Chi opera nel nome del Signore unisce, non divide, chi parla nel nome del Signore, non si meraviglia della potenza del suo braccio, e pensando alle parole del Magnificat, mi viene da aggiungere che Dio disperde i cuori superbi e gli fa perdere la strada della conoscenza. Dio non discrimina nessuno, né razza né religione, non facciamolo neanche noi, e tantomeno, non nascondiamoci dietro al nome di Dio per farlo.
 Continuala spiegazione di Gesù su quello che vuol dire appartenere a Cristo : -  Chiunque vi darà da bere un bicchiere d’acqua nel mio nome - fa comprendere che ogni cosa fatta nel nome del Signore sarà ricompensata e viceversa ogni cosa fatta male ai Suoi occhi, che sia motivo di scandalo, sarà punito.
Questo potrebbe sembrare un discorso rigido e freddo, ma se leggiamo tra le righe il senso del discorso, vediamo che invece è dettato dal grande amore che vuole spingerci ad una scelta definitiva e non basata sull’apparenza, ma nella concretezza e consapevolezza che una vita cristiana va vissuta dalle piccole alle grandi scelte.
Niente indecisioni quindi, perché le stesse sono tentazioni di vivere contro il volere di Dio e possono portare alla perdizione.

venerdì 28 settembre 2012

(Gv 1,47-51) Vedrete il cielo aperto e gli angeli di Dio salire e scendere sopra il Figlio dell’uomo.


VANGELO
 (Gv 1,47-51) Vedrete il cielo aperto e gli angeli di Dio salire e scendere sopra il Figlio dell’uomo.
+ Dal Vangelo secondo Giovanni

In quel tempo, Gesù, visto Natanaèle che gli veniva incontro, disse di lui: «Ecco davvero un Israelita in cui non c’è falsità». Natanaèle gli domandò: «Come mi conosci?». Gli rispose Gesù: «Prima che Filippo ti chiamasse, io ti ho visto quando eri sotto l’albero di fichi». Gli replicò Natanaèle: «Rabbì, tu sei il Figlio di Dio, tu sei il re d’Israele!». Gli rispose Gesù: «Perché ti ho detto che ti avevo visto sotto l’albero di fichi, tu credi? Vedrai cose più grandi di queste!». Poi gli disse: «In verità, in verità io vi dico: vedrete il cielo aperto e gli angeli di Dio salire e scendere sopra il Figlio dell’uomo».

Parola del Signore
LA MIA RIFLESSIONE
PREGHIERA
Vieni o Santo Spirito e illuminami, donami la luce necessaria per comprendere la Tua parola.

Quella che stiamo vedendo nella prima lettura, è una scena dell’apocalisse, descritta da Giovanni, il quale  ci parla della lotta degli angeli fedeli con gli angeli ribelli che si combatte in cielo, ed è una scena che ci mostra la lotta tra il bene ed il male. Quello che mi piace notare, è come questa lotta avvenga ogni giorno nella nostra vita, come le forze del bene e quelle del male cerchino  di imporsi nel nostro destino, per questo  occorre tutta la nostra forza per non sbagliare strada.
Nel Vangelo invece,  scopriamo un uomo di nome Natanaele, che va incontro a Gesù. Andare incontro significa cercare di incontrare Gesù. Vedete come ogni parola, ogni virgola ha un senso nella lettura della parola di Dio.Il Messia che Natanaele aspettava doveva venire da Betlemme e non da Nazaret, ma questo non blocca l'uomo, che riconosce in Gesù il Messia, perchè era una persona onesta e aperta, non chiusa nei suoi preconcetti.  A Dio non era sfuggito che mentre aspetta la venuta del Messia  scrutava i segni di tale evento leggendo la Bibbia. Per questo il Signore gli parla di quando lo vedeva da solo , sotto l’albero del fico  a leggere le sacre scritture e, alla meraviglia di lui, gli dice che ben altre sono le cose di cui dovrà meravigliarsi. Così gli parla  della scena descritta nella profezia di Giovanni, in cui gli angeli mostreranno la loro presenza e Gesù si rivelerà nel giorno della sua venuta .

domenica 16 settembre 2012

(Lc 7,1-10) Neanche in Israele ho trovato una fede così grande.


(Lc 7,1-10) Neanche in Israele ho trovato una fede così grande.
+ Dal Vangelo secondo Luca

In quel tempo, Gesù, quando ebbe terminato di rivolgere tutte le sue parole al popolo che stava in ascolto, entrò in Cafàrnao. Il servo di un centurione era ammalato e stava per morire. Il centurione l’aveva molto caro. Perciò, avendo udito parlare di Gesù, gli mandò alcuni anziani dei Giudei a pregarlo di venire e di salvare il suo servo. Costoro, giunti da Gesù, lo supplicavano con insistenza: «Egli merita che tu gli conceda quello che chiede – dicevano –, perché ama il nostro popolo ed è stato lui a costruirci la sinagoga». Gesù si incamminò con loro. Non era ormai molto distante dalla casa, quando il centurione mandò alcuni amici a dirgli: «Signore, non disturbarti! Io non sono degno che tu entri sotto il mio tetto; per questo io stesso non mi sono ritenuto degno di venire da te; ma di’ una parola e il mio servo sarà guarito. Anch’io infatti sono nella condizione di subalterno e ho dei soldati sotto di me e dico a uno: “Va’!”, ed egli va; e a un altro: “Vieni!”, ed egli viene; e al mio servo: “Fa’ questo!”, ed egli lo fa». All’udire questo, Gesù lo ammirò e, volgendosi alla folla che lo seguiva, disse: «Io vi dico che neanche in Israele ho trovato una fede così grande!». E gli inviati, quando tornarono a casa, trovarono il servo guarito.

Parola del Signore
LA MIA RIFLESSIONE
PREGHIERA
Vieni o Spirito di Dio e donaci la luce per capire quello che Tu vuoi che  noi capiamo. A te ci affidiamo con fede, come il centurione si affidò a Gesù.

Il centurione era un comandante dell'esercito romano, quindi un pagano, sente parlare di Gesù, che sembra veramente un ebreo diverso dagli altri, uno che non solo compie dei miracoli, delle guarigioni, ma che non disdegna di fermarsi per parlare ed accontentare anche gli ultimi e i lontani . L'uomo si fa coraggio e chiede ad alcuni anziani giudei, di domandare per lui a Gesù di salvare il suo servo che stava molto male.
Il  soldato, voleva bene al suo servo suo e sperava nell’intervento miracoloso di Gesù . Era probabilmente un uomo generoso, perché anche gli anziani giudei, si spinsero a perorare la sua causa. Con molta umiltà, quando seppe che Gesù stava andando da lui, gli corse incontro, ritenendosi indegno di ospitarlo in casa sua. Egli non vedeva il suo servo come un lavoratore da sfruttare, ma come un amico, proprio come Gesù vede noi ,e l’ amore lo porta a pregare per lui, lo stesso amore con il quale Gesù lo ripaga, benché  pagano ed accoglie la sua preghiera. Una fede così non poteva non colpire Gesù, che non aveva certo preconcetti , anche se aveva detto inizialmente di essere venuto solo per il popolo ebraico, ma da subito, non aveva rifiutato grazie a nessuno. Questo ci spinge a capire che i nostri orizzonti si debbono allargare, verso chi ha una fede diversa dalla nostra, nel senso che dobbiamo amare tutti e non chiudere il nostro cuore verso alcuno, ritenendolo indegno. Un esame più attento invece, dobbiamo farlo verso noi stessi, proprio come il pagano della racconto di Luca, per scoprire quanto e profonda la nostra fede in Cristo.
Gesù  non ci permette di restare immobili sulle nostre idee, ma ci obbliga ad allargare il nostro modo di concepire la parola di Dio, perchè non è l'idea che ci siamo fatti di Lui che dobbiamo seguire, ma quello che la vita ci presenta visto con i suoi occhi.  Le regole degli ebrei che restavano attaccati all' idea che si erano fatti del Messia, non gli ha permesso di riconoscerlo in Gesù. Se noi non perdiamo il nostro modo di pensare, e non entriamo in comunione con Dio, non potremo mai neanche cominciare a viverlo.

venerdì 14 settembre 2012

(Gv 19,25-27) Ecco tuo figlio! Ecco tua madre!


VANGELO
 (Gv 19,25-27) Ecco tuo figlio! Ecco tua madre!
+ Dal Vangelo secondo Giovanni

In quel tempo, stavano presso la croce di Gesù sua madre, la sorella di sua madre, Maria madre di Clèopa e Maria di Màgdala. Gesù allora, vedendo la madre e accanto a lei il discepolo che egli amava, disse alla madre: «Donna, ecco tuo figlio!». Poi disse al discepolo: «Ecco tua madre!». E da quell’ora il discepolo l’accolse con sé.

Parola del Signore.


Oppure (Lc 2,33-35: Anche a te una spada trafiggerà l’anima):

Dal Vangelo secondo Luca

In quel tempo, il padre e la madre di Gesù si stupivano delle cose che si dicevano di lui. Simeone li benedisse e a Maria, sua madre, disse: «Ecco, egli è qui per la caduta e la risurrezione di molti in Israele e come segno di contraddizione - e anche a te una spada trafiggerà l’anima -, affinché siano svelati i pensieri di molti cuori».

Parola del Signore
LA MIA RIFLESSIONE
PREGHIERA
Maria, Madre di Gesù e Madre mia, io piccola figlia tua, mi unisco fortemente a te, per essere tua piccola serva ....
Quando c' è la Mamma c' è il Figlio; quando c' è il Figlio, c' è la Mamma. Indissolubili, legati dall' amore che non ha confini umani.A volte noi ci arrabbiamo con i nostri figli, a volte bisticciamo e , addirittura riusciamo a interrompere i rapporti, a giudicarci , a distruggerci gli uni contro gli altri, come se l' amore che unisce una madre al Figlio non sapesse resistere alle sollecitazioni della vita. Per fortuna non sempre il più delle volte l'amore tra madre e figlio supera  le incomprensioni, ma resta pur sempre nei limiti dell'umanità. Quando penso all' amore che univa Gesù a Maria invece, sento che era ed è senza limiti, nè di tempo , nè d'intensità, come solo chi è così profondamente inserito  in Dio può provare. C' è un'affermazione di Papa Luciani, che rispecchia il senso dell'assoluto dell'amore divino, quando disse che Dio era Padre e Madre.Amore immenso, e dolore immenso, questo era Maria.La gioia della nacita veniva subito turbata  dall' affermazione di Simeone, eppure non si fermò l'amore e la fede in Dio , non si incrinò l'ubbidienza e la sottomissione, perchè la conoscenza dell'amore che li legava, non lasciava dubbi nella piccola Maria.Un Dio che era amore, che era giustizia, che era perfezione, non poteva permettere la sofferenza di chi amava così tanto,se non per un bene superiore.
Neanche davanti alla tomba del Figlio, pur con il suo piccolo cuore di donna trafitto, Maria ha mai smesso di essere consapevole di questo. Gli aveva detto che sarebbe risorto e lo avrebbe fatto, il suo Gesù non poteva mentire; il suo Dio non l'avrebbe abbandonata.Dacci Madre la forza di superare il dolore, aiutaci a vivere con Te  la certezza della resurrezione , e fa che noi ci uniamo attraverso di Te a Tuo Figlio nell' amore dello Spirito di Dio.

giovedì 23 agosto 2012

(Gv 1,45-51) Ecco davvero un Israelita in cui non c’è falsità.


VANGELO
 (Gv 1,45-51) Ecco davvero un Israelita in cui non c’è falsità.
+ Dal Vangelo secondo Giovanni

In quel tempo, Filippo trovò Natanaèle e gli disse: «Abbiamo trovato colui del quale hanno scritto Mosè, nella Legge, e i Profeti: Gesù, il figlio di Giuseppe, di Nàzaret». Natanaèle gli disse: «Da Nàzaret può venire qualcosa di buono?». Filippo gli rispose: «Vieni e vedi». Gesù intanto, visto Natanaèle che gli veniva incontro, disse di lui: «Ecco davvero un Israelita in cui non c’è falsità». Natanaèle gli domandò: «Come mi conosci?». Gli rispose Gesù: «Prima che Filippo ti chiamasse, io ti ho visto quando eri sotto l’albero di fichi». Gli replicò Natanaèle: «Rabbì, tu sei il Figlio di Dio, tu sei il re d’Israele!». Gli rispose Gesù: «Perché ti ho detto che ti avevo visto sotto l’albero di fichi, tu credi? Vedrai cose più grandi di queste!». Poi gli disse: «In verità, in verità io vi dico: vedrete il cielo aperto e gli angeli di Dio salire e scendere sopra il Figlio dell’uomo».

Parola del Signore
LA MIA RIFLESSIONE
 PREGHIERA
 Vieni o Santo Spirito promesso da Gesù per chi t ' invoca, vieni ed accendi nel mio cuore la luce della tua parola; insegnami a capire la parola del Signore, insegnami a togliere da me il mio pensiero terreno perché non  mi confonda e mi perda, ma possa sempre seguire fedelmente i suoi insegnamenti.

In questo brano vediamo che Gesù sceglie chi chiamare, si capisce da quel " prima che Filippo ti chiamasse, io ti ho visto quando eri sotto l'albero di fichi! "  Se leggiamo con attenzione  tra le righe, capiamo che anche nella nostra incredulità,con tutti i nostri dubbi e paure, quello che conta è la disposizione del nostro cuore; e solo aprendoci a Dio conosceremo la verità. Per chi non conosce Gesù non è facile capire, comprendere quello che chi crede annuncia, e quindi con molta serenità dobbiamo accettare che espongano i loro dubbi, e non sentirci migliori di loro anche perché spesso gli allievi superano i maestri, (maestri per modo di dire, non dimentichiamo mai che uno solo è il MAESTRO) Nonostante in duemila anni Gesù abbia fornito prove su prove della sua esistenza e della sua veridicità, ancora oggi, anche di fronte ai miracoli che avvengono ogni giorno, c ' è chi resta scettico e chi rifiuta di credere, ma non certo perché può negare l'esistenza di Dio con prove concrete, ma solo perché in cuor suo rifiuta di assoggettarsi ad un Dio che non gli interessa conoscere di cui non sente alcun desiderio. C '  è anche chi vorrebbe invece credere in qualcosa di soprannaturale, ma è così lontano dalla verità, da non riuscire ad afferrarne neanche il minimo concetto, e parlare a queste persone, non è facile, spesso, infatti, riusciamo più ad allontanarli dalla luce che ad illuminarli, confinandoli nel buio di chi avrebbe voluto far domande anche assurde magari, ma ricevere risposte concrete.
La cosa che non ci aiuta, è che dobbiamo essere per primi noi ad essere illuminati da quella luce, tutta la nostra vita deve, anche se non nella perfezione, essere improntata sulla scia di quella di Gesù, perché è Lui che dobbiamo seguire ed indicare, non la nostra persona e tantomeno le nostre idee. Neanche Maria, pur molto più perfetta di noi, diceva ai discepoli di seguire lei, ma fate quello che Lui vi dirà...e se non si imponeva lei come maestra, come possiamo noi pensare di poterlo fare. Gesù ci ha spesso esortato a chiedere a confidare in Lui e ci ha anche insegnato che è sempre Lui con il suo Spirito che opera, quindi questa è la cosa che più di ogni altra dobbiamo tenere presente, SEMPRE. Dobbiamo avere il coraggio di testimoniare, ma la sapienza di non poter imporre le nostre idee, e quando ci accingiamo a parlare con qualcuno del Signore, chiediamo a Lui di usarci, e di servirsi di noi, non pensiamo mai di saper fare da soli, perché senza lo Spirito Santo su di noi, siamo solo cembali stonati e vuoti.Possiamo in vero,difendere la Chiesa, sostenere la nostra dottrina dalle eresie, ma a che serve discutere, aggredire, contestare, se non a rimanere nelle proprie posizioni? Dove l'uomo deve imparare a tacere e far parlare lo Spirito Santo? Dove deve imparare ad ascoltare? Ma sopratutto, dove deve imparare a lasciar fare a Dio e pregare per chi è secondo noi contro di noi. Spesso mi viene in mente una risposta che Gesù diede a Giovanni,che ci viene raccontata da Marco
( 9,38-40)38 Giovanni gli disse: "Maestro, abbiamo visto uno che scacciava demòni nel tuo nome e volevamo impedirglielo, perché non ci seguiva". 39 Ma Gesù disse: "Non glielo impedite, perché non c'è nessuno che faccia un miracolo nel mio nome e subito possa parlare male di me: 40 chi non è contro di noi è per noi.

martedì 21 agosto 2012

(Mt 20,1-16) Sei invidioso perché io sono buono?


VANGELO
 (Mt 20,1-16) Sei invidioso perché io sono buono?
+ Dal Vangelo secondo Matteo

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli questa parabola: «Il regno dei cieli è simile a un padrone di casa che uscì all’alba per prendere a giornata lavoratori per la sua vigna. Si accordò con loro per un denaro al giorno e li mandò nella sua vigna. Uscito poi verso le nove del mattino, ne vide altri che stavano in piazza, disoccupati, e disse loro: “Andate anche voi nella vigna; quello che è giusto ve lo darò”. Ed essi andarono. Uscì di nuovo verso mezzogiorno, e verso le tre, e fece altrettanto. Uscito ancora verso le cinque, ne vide altri che se ne stavano lì e disse loro: “Perché ve ne state qui tutto il giorno senza far niente?”. Gli risposero: “Perché nessuno ci ha presi a giornata”. Ed egli disse loro: “Andate anche voi nella vigna”.Quando fu sera, il padrone della vigna disse al suo fattore: “Chiama i lavoratori e da’ loro la paga, incominciando dagli ultimi fino ai primi”. Venuti quelli delle cinque del pomeriggio, ricevettero ciascuno un denaro. Quando arrivarono i primi, pensarono che avrebbero ricevuto di più. Ma anch’essi ricevettero ciascuno un denaro. Nel ritirarlo, però, mormoravano contro il padrone dicendo: “Questi ultimi hanno lavorato un’ora soltanto e li hai trattati come noi, che abbiamo sopportato il peso della giornata e il caldo”. Ma il padrone, rispondendo a uno di loro, disse: “Amico, io non ti faccio torto. Non hai forse concordato con me per un denaro? Prendi il tuo e vattene. Ma io voglio dare anche a quest’ultimo quanto a te: non posso fare delle mie cose quello che voglio? Oppure tu sei invidioso perché io sono buono?”. Così gli ultimi saranno primi e i primi, ultimi».

Parola del Signore
LA MIA RIFLESSIONE
PREGHIERA
Vieni o Spirito Santo, Spirito di sapienza, dammi la possibilità di discernere il mio dal tuo e di togliere tutto quello che non mi viene da te, te lo chiedo nel nome di Gesù Cristo che è Dio e vive e regna con te nell'unità, nei secoli dei Secoli . Amen.
Dio è il padrone buono,  quello che sa quello che fa,  il giusto, L' UNICO . Anche Gesù lo ha messo in rilievo, dicendo -" uno solo è buono, uno solo è giusto" - eppure a volte noi vorremmo dirgli che cosa è giusto, secondo il nostro metro, vorremmo sapere più di lui perché ci costa accettare che non ci dia tutto quello che chiediamo.
I nostri sentimenti non sono perfetti, ma crediamo sempre di sapere quello che è più giusto per noi, e se non va tutto come vorremmo, siamo pronti a criticare tutti, anche Dio.
Questa parabola è indicativa di come noi vorremmo decidere al posto di Dio, e quando preghiamo, lo facciamo  solo con la bocca e non con il cuore.
Noi siamo abituati a pensare che un premio vada dato in base al comportamento tenuto, perché dimentichiamo che la stessa bontà che il Signore usa agli altri , la usa con noi.
Ma noi siamo i buoni? Pensiamo davvero di meritare più degli altri? Ci rendiamo conto di quante grazie ci passano per le mani senza che neanche ce ne accorgiamo?  Se ci sembra che la paga non sia giusta, forse è il caso che ci fermiamo a conoscere di più il nostro Dio. Dio AMA, la sua giustizia è più che giustizia, è amore, e l’amore dona e si dona senza misurare , perché è assoluto. Se così non fosse, non ci sarebbe salvezza per noi, ma il nostro Dio è inchiodato alla croce per amore nostro, il suo scopo, il suo desiderio, è quello di vederci liberi dal peccato. Non importa se solo un secondo prima di morire ci renderemo conto di quello che stiamo facendo, se risponderemo alla sua chiamata dopo aver vagabondato per tutta la vita , lui vuole solo che torniamo a casa, per poterci riempire del suo amore e della sua pace. Dio vuole la nostra salvezza, ma ci chiede di renderci conto di non poter essere salvi senza di lui.

lunedì 20 agosto 2012

Nel nome del Padre,del Figlio e dello Spirito Santo.
Ti ringrazio mio Signore della notte trascorsa,della vita che mi concedi di vivere e ti offro quello che sono,perchè Tu lo trasformi in quello che vuoi.Amen.
Se devo trovare ancora in me il perdono per qualcuno,Signore riempimi del tuo perdono,perchè solo per grazia io riesco a farlo. Se devo essere più caritatevole,anche nei modi e con le persone che mi metti accanto,Signore donami la forza della tua carità senza limiti.Se devo essere portatrice sana della fede in Te,fa o mio Signore,che la tua presenza trabocchi e faccia innamorare di te chi mi farai incontrare oggi.E poi,fa che io sparisca Signore,che non cerchi di essere amata e mi sappia accontentare solo di Te. Proteggi la mia famiglia,i miei amici e tutte le persone che si affidano alle mie preghiere.Amen.

pensierini

Come può un Dio così grande,desiderare di restare sempre unito ad un essere inutile come l'uomo...e come può un essere inutile come l'uomo,pensare di poter vivere senza Dio!
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Dio è meraviglioso,lo si riconosce nell'abbraccio che ti ama ,mentre tutti ti odiano!
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«Sopporta obbrobrio e afflizione per il nome di Gesù con umiltà e cuore contrito. E mostra davanti a lui la tua debolezza ed egli diverrà la tua forza».
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« Che la tua opera sia pura per la presenza del Signore e non per l'ostentazione».
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«Quanto uno si sarà reso folle per il Signore, altrettanto il Signore lo renderà saggio ».




(Mt 19,23-30) È più facile che un cammello passi per la cruna di un ago, che un ricco entri nel regno di Dio.


VANGELO
 (Mt 19,23-30) È più facile che un cammello passi per la cruna di un ago, che un ricco entri nel regno di Dio.
+ Dal Vangelo secondo Matteo

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «In verità io vi dico: difficilmente un ricco entrerà nel regno dei cieli. Ve lo ripeto: è più facile che un cammello passi per la cruna di un ago, che un ricco entri nel regno di Dio». A queste parole i discepoli rimasero molto stupiti e dicevano: «Allora, chi può essere salvato?». Gesù li guardò e disse: «Questo è impossibile agli uomini, ma a Dio tutto è possibile».Allora Pietro gli rispose: «Ecco, noi abbiamo lasciato tutto e ti abbiamo seguito; che cosa dunque ne avremo?». E Gesù disse loro: «In verità io vi dico: voi che mi avete seguito, quando il Figlio dell’uomo sarà seduto sul trono della sua gloria, alla rigenerazione del mondo, siederete anche voi su dodici troni a giudicare le dodici tribù d’Israele. Chiunque avrà lasciato case, o fratelli, o sorelle, o padre, o madre, o figli, o campi per il mio nome, riceverà cento volte tanto e avrà in eredità la vita eterna. Molti dei primi saranno ultimi e molti degli ultimi saranno primi».

Parola del Signore
A MIA RIFLESSIONE
PREGHIERA
Vieni Spirito Santo, riempimi e donami la tua sapienza per capire e vivere la parola del vangelo.

Troppe volte Gesù si sofferma a farci capire che la ricchezza sulla terra, non solo non è una cosa che c’è utile per il regno di Dio, ma che spesso ci danneggia, perché c’impedisce di entrare nel regno dei cieli. L' esempio del cammello e della cruna di un ago, mette in risalto la difficoltà data dalle proporzioni. Non è la ricchezza in se stessa, ma il fatto che spesso la ricchezza rende aridi ed egoisti. Dio ha scelto il popolo d' Israele, ma questo popolo lo ha tradito, ricordiamo che Mentre Mosè era sul monte Sinai per 40 giorni, il popolo si era costruito come idolo un vitello d'oro; oggi mentre aspettiamo il ritorno di Gesù, ce ne siamo costruiti talmente tanti di idoli che alla fine ci hanno allontanato da Dio, perché li abbiamo messi davanti a Lui.  -  Lascia quello che hai e seguimi, sarai ricompensato nel regno dei cieli !-  Addirittura agli apostoli, promette i troni dai quali giudicheranno le loro tribù, vale la pena di starlo a sentire, perché anche il più stupido degli uomini si rende conto che dove andremo, non conteremo per i soldi che abbiamo, ma proprio per il cuore arido, non riesce a cambiare.
Quello che ci rende tutto difficile , secondo me, è uscire dalla nostra cognizione di tempo, pur se l'uomo cerca di vivere come se fosse eterno,nel momento delle scelte di vita,si comporta come se dovesse vivere solo subito e tutto. La nostra breve vita di passaggio sulla terra, non viene presa in considerazione per quella che è ma per il tutto che abbiamo.  Questo porta ad escludere che le nostre scelte siano basate sull'eternità ,ma vissute sulla temporalità della vita terrena. A che serve essere Cristiani se non riusciamo a vivere da figli di Dio e coeredi della realtà celeste? A che serve credere nella resurrezione di Cristo se non crediamo nella nostra resurrezione? 

lunedì 13 agosto 2012

(Mt 18,1-5.10.12-14) Guardate di non disprezzare uno solo di questi piccoli.


VANGELO
 (Mt 18,1-5.10.12-14) Guardate di non disprezzare uno solo di questi piccoli.
Dal Vangelo secondo Matteo

In quel momento i discepoli si avvicinarono a Gesù dicendo: «Chi dunque è più grande nel regno dei cieli?». Allora chiamò a sé un bambino, lo pose in mezzo a loro e disse: «In verità io vi dico: se non vi convertirete e non diventerete come i bambini, non entrerete nel regno dei cieli. Perciò chiunque si farà piccolo come questo bambino, costui è il più grande nel regno dei cieli. E chi accoglierà un solo bambino come questo nel mio nome, accoglie me.Guardate di non disprezzare uno solo di questi piccoli, perché io vi dico che i loro angeli nei cieli vedono sempre la faccia del Padre mio che è nei cieli. Che cosa vi pare? Se un uomo ha cento pecore e una di loro si smarrisce, non lascerà le novantanove sui monti e andrà a cercare quella che si è smarrita? In verità io vi dico: se riesce a trovarla, si rallegrerà per quella più che per le novantanove che non si erano smarrite. Così è volontà del Padre vostro che è nei cieli, che neanche uno di questi piccoli si perda».

Parola del Signore
LA MIA RIFLESSIONE
PREGHIERA
Vieni Spirito di Dio ed aiutami ad essere come un bambino e affidarmi a te.

Questa volta è  Matteo e non Luca e ci descrive la scena,mettendo in risalto le parole di Gesù. Vorrei notare con voi una frase che dice il Signore,”accoglie me”. Gesù si immedesima in un bambino,si fa piccolo e ci chiede di fare come lui;di non cercare la grandezza,ma proprio come un fanciullo lasciarsi educare e plasmare dall’amore del Padre. I bambini hanno degli angeli che li custodiscono, e l'intervento immediato del Padre in loro difesa: egli ha disposto uno schieramento di angeli a servizio e a difesa dei suoi bambini, dei suoi "piccoli". Tramite i propri angeli che vedono la faccia di Dio, essi possono far giungere fino a lui i torti e le ingiustizie che ricevono. Chi tocca i suoi "piccoli", tocca Dio.
Essere come bambini,vuol dire essere semplici ed umili e non significa essere incapaci di ragionare,ma capaci di affidarsi. A Dio.
Poi passiamo ad un altro passo,quello del pastore . 
Queste poche righe sembrano povere a prima vista, semplici, perché in fondo è normale che il pastore ci tenga alle sue pecore, fin qui non ci piove;  ma se guardiamo più attentamente, scopriremo che il discorso è rivolto anche a noi. Che ve ne pare di questo pastore che corre dietro alla pecora smarrita fino a che non l’ha trovata? Sembra chiederci Gesù!
Che amore pensate che sia quello che lo spinge a sacrificare anche se stesso per darci la possibilità di entrare a far parte del suo regno?
Scoprire quanto e come Dio ci ama, ci fa notare che non è proporzionabile al nostro modo d’amare, né a come noi concepiamo l’amore. Nella lettura del Vangelo, si parla di Gesù come dell’agnello che è messo sul trono da Dio e che sarà il pastore per tutti noi, ma anche dell’ agnello che per primo ha accettato di essere sacrificato, di donare la sua vita, con una rassegnazione che è tipica di quest’animale, che va incontro alla morte senza neanche un lamento, con docile accettazione. Gesù ha accettato di servire fino alla fine il progetto di Dio e per questo sarà ritenuto degno di diventare il pastore di tutti, quello che c’indicherà la via da seguire.
Una sola pecora in cambio di 99… sicuramente tornerà pensiamo, speriamo, ma sarà difficile che qualcuno di noi sarebbe disposto ad abbandonare le altre per correre mille pericoli ed andare a cercarla.
Eppure questo è quello che fanno centinaia di missionari che corrono mille pericoli in terra straniera per far conoscere Gesù, perché questo sentimento di condivisione della salvezza, dono per tutti, deve essere quello che anima i nostri cuori di Cristiani per essere conformi a Cristo e non un rapporto egoistico. Sempre più spesso si parla di una chiesa troppo ricca, ma poi, quando sentiamo di quanti perdono la vita solo perché cristiani che cercano di far conoscere il Signore in ogni parte del mondo, capiamo che la chiesa con è soltanto una banca che prende per arricchirsi, ma un’opera di grande umanità che porta nei posti più sconsolati del mondo tanto amore, istruzione e cibo per il corpo e per l’anima. Quanti di noi che stiamo caldi e comodi nelle nostre case, sono disponibili a camminare diverse miglia nella foresta o nel deserto per poche anime, quanti come Gesù sanno essere buoni pastori? Dacci o Signore la forza di non perderci mai e di poter aiutare chi non conosce le tue vie.