CAPITOLO XIX
Il modo di combattere contro il vizio della carne
Contro questo vizio devi combattere in un modo particolare e diverso dagli altri. Perciò, perché
tu sappia combattere ordinatamente, devi osservare tre tempi: prima di essere tentati, quando
siamo tentati e dopo che la tentazione è passata.
Prima della tentazione la battaglia sarà contro le cause che sogliono cagionare questa tentazione.
Anzitutto devi combattere non affrontando il vizio, ma fuggendo con tutte le tue forze qualsiasi
occasione e persona da cui te ne possa venire un minimo pericolo. E bisognando talora trattarci
fallo molto presto con un volto modesto e grave, e le parole devono avere sapore di asprezza
piuttosto che di amorevolezza e di eccessiva affabilità.
Non ti fidare del fatto che tu non senta né abbia in tanti e tanti anni di esperienza sentito stimoli
carnali, perché questo maledetto vizio quello che non ha fatto in molti anni lo fa in un'ora e
spesso ordisce le sue trame occultamente; e tanto più nuoce e ferisce incurabilmente, quanto più
si mostra innocuo e meno dà sospetto di sé.
E molte volte vi è più da temere (come spesso l'esperienza ha mostrato e mostra tuttora) dove
l'abitudine è protratta sotto pretesto di cose lecite, come di parentela o di debito ufficio oppure di
virtù che sia nella persona amata: infatti con il troppo e imprudente praticare si va mescolando il
velenoso diletto del senso che, stillando inavvertitamente a poco a poco e penetrando fino
nell'essenza dell'anima, va offuscando sempre più la ragione in modo che si cominciano a
stimare come niente le cose pericolose, gli sguardi amorevoli, le parole dolci dell'una e dell'altra
parte e i gusti della conversazione; e così, passandosi dall'una all'altra parte, si viene poi a cadere
in rovina o in qualche tentazione dolorosa e difficile da superare.
Di nuovo ti dico di fuggire, perché tu sei paglia; e non ti fidare del fatto che sei bagnata e ben
piena d'acqua di buona e forte volontà, risoluta e pronta piuttosto alla morte che all'offesa divina:
con la pratica frequente a poco a poco il fuoco con il suo calore, asciugando l'acqua della buona
volontà, quando neppure vi si pensa le si attaccherà in modo che non porterà rispetto né a
parentela né ad amici; non temerà Dio, non stimerà l'onore, né la vita, né tutte le pene
dell'inferno. Perciò fuggi, fuggi se davvero non vuoi essere colta all'improvviso, presa e uccisa.
Secondo.
Fuggi l'ozio e sta' vigilante e desta con i pensieri e con le opere convenienti al tuo stato.
Terzo.
Non fare mai resistenza, ma obbedisci facilmente ai tuoi superiori, eseguendo con prontezza le
cose imposte, e più volentieri quelle che ti umiliano e sono più contro la tua volontà e la tua
naturale inclinazione.
Quarto.
Non fare mai giudizio temerario verso il prossimo e principalmente a proposito di questo vizio; e
se manifestamente fosse caduto, abbine compassione e non ti sdegnare contro di esso; non
schernirlo, ma ricavane frutto di umiltà e di conoscenza di te stessa, sapendo di essere polvere e
niente; accostati a Dio con l'orazione e fuggi più che mai le occasioni, dove sia anche solo ombra
di pericolo. Che se tu sarai facile a giudicare gli altri e a disprezzarli, Dio tuo malgrado ti
correggerà permettendo che tu cada nello stesso difetto, affinché così ti avveda della tua superbia
e, umiliata, ponga rimedio ad ambedue questi vizi. E non cadendo né mutando pensiero, sappi
pure che vi è grandemente da dubitare del tuo stato. Quinto e ultimo. Avverti bene che,
ritrovandoti con qualche dono e gusto di delizie spirituali, tu non prenda un certo vano
compiacimento di te stessa persuadendoti di essere qualche cosa e che i tuoi nemici non ti
faranno più guerra, poiché ti pare di guardarli con nausea, orrore e odio; e se in ciò sarai incauta,
cadrai facilmente. Nel tempo della tentazione, considera se procede da causa intrinseca o
estrinseca. La causa estrinseca intendo io che sia la curiosità degli occhi, delle orecchie,
l'eccessiva pulizia delle vesti, le familiarità e i colloqui che incitano a questo vizio. In questi casi
il rimedio è l'onestà, la modestia, non volendo né vedere né sentire cose che incitano a questo
vizio, e la fuga come sopra ho detto. La causa intrinseca procede o dalla vitalità del corpo o dai
pensieri della mente, che ci vengano dalle nostre cattive abitudini oppure per suggestione del 22
demonio. La sensualità del corpo si deve mortificare con digiuni, discipline, cilizi, veglie e altre
simili asprezze secondo come insegnano la discrezione e l'obbedienza. Quanto ai pensieri, da
qualsiasi parte vengano, i rimedi sono questi: l'essere occupati in diversi esercizi convenienti al
proprio stato, nell'orazione e nella meditazione.
L'orazione sia di questo tipo: quando tu cominci anche un poco ad accorgerti non solo di tali
pensieri ma dei loro primi accenni, ritirati subito con la mente nel Crocifisso dicendo: “Gesù
mio, Gesù mio dolce, aiutami presto, perché io non sia presa da questo nemico”. E abbracciando
alle volte la croce da cui pende il tuo Signore, bacia più volte le piaghe dei suoi sacri piedi
dicendo affettuosamente: “Piaghe belle, piaghe caste, piaghe sante, ferite ormai questo misero e
impuro cuore, liberandomi dal pericolo di offendervi”.
Nel tempo in cui abbondano le tentazioni dei piaceri carnali, non vorrei che la meditazione fosse
intorno a certi punti proposti da molti libri per rimedio a questa tentazione, come il considerare la
viltà di questo vizio, l'insaziabilità, le molestie, le amarezze che ne seguono, i pericoli e la perdita
dei beni, della vita, dell'onore e cose simili. Perché questo non è sempre sicuro mezzo per
vincere la tentazione, anzi può apportare danno: infatti se l'intelletto per una via scaccia questi
pensieri, per l'altra ci porge occasione e pericolo di dilettarcene e di acconsentire al piacere; per
cui il rimedio vero è il fuggire in tutto non solo da essi, ma anche da ogni cosa che ce li
rappresenti benché sia loro contraria. Perciò la tua meditazione, orientata a questo fine, verta
sulla vita e sulla passione del Signore crocifisso. E se meditando ti si facessero innanzi contro tua
voglia gli stessi pensieri e più del solito ti molestassero, come facilmente ti avverrà, non per
questo ti sgomenterai né lascerai la meditazione né ti rivolgerai ad essi per far loro resistenza; ma
seguiterai la tua meditazione quanto più intensamente ti sia possibile, non curandoti di tali
pensieri, come se non fossero tuoi; infatti non vi è modo migliore di questo per opporsi loro,
benché ti facessero continua guerra.
Concluderai poi la meditazione con questa o con una domanda simile: “Liberatemi, Creatore e
Redentore mio, dai miei nemici in onore della vostra passione e della vostra bontà ineffabile”,
non rivolgendo la mente al vizio, perché il solo ricordo di esso non è senza pericolo. E con simile
tentazione non stare mai a disputare se tu abbia acconsentito o no perché questo, sotto specie di
bene, è inganno del demonio per inquietarti e renderti sfiduciata e pusillanime; oppure perché,
tenendoti occupata in tali discorsi, spera di farti cadere in qualche piacere. Perciò in questa
tentazione, quando il consenso non è chiaro, ti basti confessare il tutto con brevità al tuo padre
spirituale, restandone poi tranquilla con il suo parere senza pensarci più. E fa' in modo di
scoprire a lui fedelmente ogni tuo pensiero, e non te ne trattenga mai alcun rispetto o vergogna.
Che se con tutti i nostri nemici abbiamo bisogno della virtù dell'umiltà per vincerli, in questo più
che in altro dobbiamo umiliarci, essendo questo vizio quasi sempre castigo di superbia. Passato il
tempo della tentazione, quello che devi fare è che, pur sembrandoti di essere libera e del tutto
sicura, tu stia con la mente lontana affatto da quegli oggetti che ti cagionavano la tentazione,
benché per fine di virtù o di altro bene ti sentissi muovere a fare altrimenti: infatti questa è frode
della natura viziosa e tranello del nostro sagace avversario, che si trasforma in angelo di luce per
indurci nelle tenebre.