Beata Rosa da Viterbo Vergine
6 marzo
Viterbo, 1233/34 - Viterbo, 6 marzo 1251/52
Nata da famiglia di modeste condizioni, a 17 anni entrò nell’ordine
delle terziarie dopo aver avuto una visione. In questo periodo fece
diversi pellegrinaggi e soprattutto una dura penitenza. Mentre si faceva
intensa la guerra tra Guelfi e Ghibellini insieme alla famiglia fu
esiliata: tornò in patria dopo la morte di Federico II, ma la sua vita
fu assai breve. Sulla sua morte non si sa praticamente nulla solo che
alcuni anni più tardi il suo corpo è stato ritrovato intatto.
Patronato: Viterbo
Etimologia: Rosa = dal nome del fiore
Emblema: Giglio
Martirologio Romano: A Viterbo, beata Rosa, vergine, del Terz’Ordine di
San Francesco, che fu assidua nelle opere di carità e a soli diciotto
anni concluse anzitempo la sua breve esistenza.
Nel 1252 papa Innocenzo IV pensa di farla santa, e ordina un processo
canonico, che forse non comincia mai. La sua fama di santità cresce
ugualmente, e nel 1457 Callisto III ordina un nuovo processo,
regolarmente svolto: ma nel frattempo muore, e Rosa non verrà mai
canonizzata col solito rito solenne. Ma il suo nome è già elencato tra i
santi nell’edizione 1583 del Martirologio romano. Via via si dedicano a
lei chiese, cappelle e scuole in tutta Italia, e anche in America
Latina.
Vita breve, la sua. Nasce dai coniugi Giovanni e Caterina,
forse agricoltori nella contrada di Santa Maria in Poggio. Sui 16-17
anni, gravemente malata, ottiene di entrare subito fra le terziarie di
san Francesco, che ne seguono la regola vivendo in famiglia. Guarita, si
mette a percorrere Viterbo portando una piccola croce o un’immagine
sacra: prega ad alta voce ed esorta tutti all’amore per Gesù e Maria,
alla fedeltà verso la Chiesa. Nessuno le ha dato questo incarico.
Viterbo intanto è coinvolta in una crisi fra la Santa Sede e Federico II
imperatore. Occupata da quest’ultimo nel 1240, nel 1247 si è “data”
accettandolo come sovrano.
Rosa inizia la campagna per rafforzare la
fede cattolica, contro l’opera di vivaci gruppi del dissenso religioso,
nella città dove comandano i ghibellini, ligi all’imperatore e nemici
del papa. Un’iniziativa spirituale, ma collegata alla situazione
politica. Per questo, il podestà manda Rosa e famiglia in domicilio
coatto a Soriano del Cimino. Un breve esilio, perché nel 1250 muore
Federico II e Viterbo passa nuovamente alla Chiesa. Ma non sentirà più
la voce di Rosa nelle strade. La giovane muore il 6 giugno probabilmente
del 1251 (altri pongono gli estremi della sua vita tra il 1234 e il
1252). Viene sepolta senza cassa, nella nuda terra, presso la chiesa di
Santa Maria in Poggio. Nel novembre 1252 papa Innocenzo IV promuove il
primo processo canonico (quello mai visto) e fa inumare la salma dentro
la chiesa. Nel 1257 papa Alessandro IV ne ordina la traslazione nel
monastero delle Clarisse. E forse vi assiste di persona, perché
trasferitosi a Viterbo dall’insicura Roma (a Viterbo risiederanno i suoi
successori fino al 1281).
La morte di Rosa si commemora il 6 marzo.
Ma le feste più note in suo onore sono quelle di settembre, che
ricordano la traslazione del corpo nell’attuale santuario a lei
dedicato. Notissimo è il trasporto della “macchina” per le vie
cittadine: è una sorta di torre in legno e tela, rinnovata ogni anno,
col simulacro della santa, portata a spalle da 62 uomini. Si ricorda nel
1868 anche l’iniziativa del conte Mario Fani che col circolo Santa
Rosa, a Viterbo, anticipava la Società della Gioventù Cattolica,
promossa poi dai cattolici bolognesi con Giovanni Acquaderni. Nel 1922
Benedetto XV ha proclamato Rosa patrona della Gioventù Femminile di
Azione Cattolica.
A Viterbo, di cui è patrona della città e compatrona della diocesi, è ricordata il 4 settembre, giorno della traslazione.
Autore: Domenico Agasso
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