VANGELO DI LUNEDI 15 OTTOBRE 2018
Giorno liturgico: Lunedì, XXVIII settimana del Tempo Ordinario
Santorale 15 Ottobre: Santa Teresa di Gesù, Vergine e Dottore della Chiesa
Testo
del Vangelo (Lc 11,29-32): In quel tempo, mentre le folle si
accalcavano, Gesù cominciò a dire: «Questa generazione è una generazione
malvagia; essa cerca un segno, ma non le sarà dato alcun segno, se non
il segno di Giona. Poiché, come Giona fu un segno per quelli di Nìnive,
così anche il Figlio dell’uomo lo sarà per questa generazione. Nel
giorno del giudizio, la regina del Sud si alzerà contro gli uomini di
questa generazione e li condannerà, perché ella venne dagli estremi
confini della terra per ascoltare la sapienza di Salomone. Ed ecco, qui
vi è uno più grande di Salomone. Nel giorno del giudizio, gli abitanti
di Nìnive si alzeranno contro questa generazione e la condanneranno,
perché essi alla predicazione di Giona si convertirono. Ed ecco, qui vi è
uno più grande di Giona».
RIFLESSIONE DI LELLA
PREGHIERA:
Vieni o Santo Spirito di Dio, ad indicarmi i segni che contano per il
mio Signore, a dirmi cosa è giusto che veda e che faccia per non
sbagliare ai Suoi occhi, perché solo questo io voglio.
Prima
di tutto, facciamo mente locale alla storia di Giona, prendendo questo
riassunto da wikipedia: Nel capitolo 1 la Parola del Signore è rivolta a
Giona, figlio di Amittai, e gli viene comandato di andare a predicare a
Ninive, la Grande Città. Giona invece fugge a Tarsis via nave; di
questa localizzazione si dirà più sotto. Ma la nave è investita da un
temporale e rischia di essere colata a picco dalla violenza delle onde.
Giona allora ritrova improvvisamente il proprio coraggio e svela ai
compagni di viaggio che la colpa dell'ira divina è sua, poiché ha
rifiutato di obbedire a JHWH; perché la nave sia salva, egli deve essere
gettato in mare. E così, ecco nel capitolo 2 l'episodio che ha ispirato
generazioni di scrittori ed artisti. Giona è gettato in mare, ma un
"grande pesce" (da nessuna parte è precisato che si tratti di una
balena) lo inghiotte. Dal ventre del pesce, dove rimane tre giorni e tre
notti, Giona rivolge a Dio un'intensa preghiera, che ricorda uno dei
Salmi. Allora, dietro comando divino, il pesce vomita Giona sulla
spiaggia. Nel capitolo 3, Giona ottempera la sua missione e va a
predicare ai niniviti. Questi, contro ogni aspettativa, gli credono,
proclamano un digiuno, si vestono di sacco e Dio decide di risparmiare
la città. Ma qui riemerge l'istinto ribelle di Giona: lui non è contento
del perdono divino, voleva la punizione della città di Ninive. Così,
nel capitolo 4, si siede davanti alla città e chiede a Dio di farlo
morire. L'episodio più gustoso del libretto si trova proprio nel
capitolo 4. Il Signore fa spuntare un ricino sopra la sua testa per
apportargli ombra, ed egli se ne rallegra. Ma all'alba del giorno dopo
un verme rode il ricino che muore, il sole e il vento caldo flagellano
Giona, che invoca di nuovo la morte. Allora l'autore riporta le parole
di Dio, divenute celeberrime:« Tu ti dai pena per quella pianta di
ricino per cui non hai fatto nessuna fatica e che tu non hai fatto
spuntare, che in una notte è cresciuta e in una notte è perita; ed io
non dovrei aver pietà di Ninive, quella grande città, nella quale sono
più di centoventimila persone, che non sanno distinguere fra la mano
destra e la sinistra, e una grande quantità di animali? » Ed ora
passiamo a riflettere sulla parola di oggi, in primo luogo, mettendoci
di fronte a Gesù con tutti i nostri difetti, ritrovandoci purtroppo,
insieme a quelle persone che seguivano Gesù in cerca di segni e non per
ascoltare la sua parola e metterla in pratica. Facendo questo invece,
potremmo vedere i segni dentro di noi e sarebbero dei segni di quanto
Dio può operare in ogni uomo che segue la sua parola con fede. Giona
ragiona con il suo cervello e mette in dubbio quello che Dio gli chiede
di fare, non ha fede, ma poi, viste le conseguenze del suo rifiuto al
Signore, si pente e ammette la sua colpa. Gli uomini lo gettano in mare
per salvarsi, ma il Signore gli concede ancora la possibilità di
redimersi e dopo tre giorni lo fa ritrovare sulla spiaggia. Compie la
sua missione e nonostante il suo pensiero negativo, il popolo di Ninive
si converte, ma lui ancora non ha capito e vorrebbe che Dio punisse quel
popolo, dimenticando che anche lui aveva disobbedito a Dio, e che anche
lui allora era degno di essere punito. Come facciamo presto noi uomini a
giudicare e a condannare gli altri, proprio l'altro giorno abbiamo
riflettuto sulle parole " rimetti a noi i nostri debiti, come noi li
rimettiamo ai nostri debitori. "Dio ama il suo popolo, i suoi figli, non
cerca vendetta né cieca obbedienza, ma come un Padre misericordioso,
invia suo Figlio tra noi per aiutarci a comprendere il senso del suo
amore. Se non crediamo che il Cristo sia la più alta espressione dell’
amore di Dio e non seguiamo la sua parola, non ha senso che cerchiamo
dei segni di prodigio negli avvenimenti che ci circondano, perché il
prodigio che conta per il Signore è la conversione di tutti i suoi figli
alla sua parola, perché attraverso i suoi insegnamenti riusciamo a
passare per quella porta stretta che ci fa entrare nel regno dei cieli,
già da questa terra. Seguiamo la parola di Gesù, ascoltiamola con il
cuore e cerchiamo di farla entrare in noi con avidità, perché diventi
l’unica strada da percorrere, non giriamo la testa in cerca di segni,
perché da soli non saremmo neanche in grado di riconoscere il vero dal
falso, e solo grazie all’ azione dello Spirito Santo, e per grazia di
Dio, possiamo farlo.
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Comentario: Fra. Raimondo M. SORGIA Mannai OP
(San Domenico di Fiesole, Florencia, Italia)
Oggi,
la dolce voce –ma severa- di Cristo mette in guardia quelli che sono
convinti di aver già il “biglietto” per il paradiso soltanto perché
dicono: “Gesù, che bello sei!”. Gesù ha pagato il prezzo della nostra
salvezza senza escludere nessuno, ma bisogna osservare alcune condizioni
primordiali. E, tra queste, c’è la condizione di non pretendere che
Cristo faccia tutto e noi niente. Questo sarebbe non solo stupidità, ma
superbia malvagia. Per questo, oggi il Signore usa la parola “malvagia”:
«Questa generazione è una generazione malvagia; essa cerca un segno, ma
non le sarà dato alcun segno, se non il segno di Giona» (Lc 11,29). Gli
da il nome “malvagia” perché impone la condizione di vedere prima
miracoli spettacolari per dare poi la sua eventuale e condiscendente
adesione.
Nemmeno davanti ai suoi paesani di Nazareth consentì,
perché –esigenti!- pretendevano che Gesù segnasse la sua missione di
profeta e Messia con prodigi meravigliosi, che loro volevano assaporare
come spettatori seduti nella poltrona di un cinema. Ma questo non è
possibilie: il Signore offre la salvezza, ma solo a quelli che si
sottomettono a Lui per mezzo di una obbedienza che nasce dalla fede, che
aspetta e tace. Dio pretende quella fede antecedente (che Lui stesso ha
messo nella nostra anima come un seme di grazia).
Un testimone
contro i credenti che mantengono una caricatura della fede sarà la
regina del Sud, che si spostò dai confini della terra per ascoltare la
sapienza di Salomone, e risulta che «qui vi è uno più grande di
Salomone» (Lc 11,31). Dice un proverbio che “non c’è più sordo che
quello che non vuole ascoltare”. Cristo, condannato a morte, risusciterà
al terzo giorno: a chi lo riconosce, Lui propone la salvezza, mentre
invece per gli altri –tornando come Giudice- non ci sarà più nulla da
fare, bensì ascoltare la condanna per ostinata incredulità. Accettiamolo
con fede e amore anticipato. Lo riconosceremo e Lui ci riconoscerà come
suoi. Diceva il Servo di Dio Don Alberione: “Dio non spreca la luce:
accende le lampadine nel momento del bisogno, ma sempre nel tempo
opportuno”.