D. GIUSEPPE TOMASELLI
COMBATTIMENTO
SPIRITUALE
(Tentazioni)
NIHIL OBSTAT QUOMINUS IMPRIMATUR
Messanae, 1-1-1967
Sac. Franciscus Sgalambro
IMPRIMATUR
Messanae, 6-3-1967
Can. Pantaleon Minutoli Vic. Gen.
In ossequio ai decreti di Urbano
VIII si dichiara che certi fatti qui esposti meritano solo la fede
umana.
Introduzione.
Nel luglio del 1966 attraversai
in macchina la Pianura Padana e mi diressi alle alture del Monte
Grappa. Da tempo nutrivo il desiderio di visitare quel luogo storico,
teatro della prima guerra europea.
Bello il panorama che si
presentava al mio sguardo!
Sul Grappa mi fermai ad
osservare ed a far rivivere in me le scene di guerra: rocce
sgretolate dall'azione dei cannoni; piccoli sentieri e fosse, ove si
nascondevano i combattenti per sfuggire allo sguardo nemico;
trincee scoperte, scavate chi sa con quale trepidazione.
Entrai nelle trincee a cemento
armato, disseminate nelle viscere del monte; vidi pure parecchi
cannoni, ancora li piazzati come ricordo.
Sull'alto piazzale osservai la
prima parte del grande cimitero di guerra, ove riposano le ossa degli
Austriaci e degli Ungheresi. Più interessante e più imponente è il
cimitero degli Italiani, disposto in geniale mausoleo.
Visitai anche la devota
Cappella, ov'è la storica statua della Madonna del Grappa, e pregai
per i seicento mila soldati morti, tra cui mio fratello.
Qualunque guerra comincia, dura
più o meno a lungo e poi finisce.
Ma c'è una guerra che comincia e non finisce, o meglio, che
ha inizio quando si entra nell'uso di ragione e termina quando
si chiude la vita. Nessuno può esserne esonerato. È la guerra
spirituale, è la lotta contro il male, è un susseguirsi di assalti,
i quali si chiamano « tentazioni ».
Dice lo Spirito Santo: « La
vita dell'uomo sulla terra è un combattimento » (Giobbe, VII-1).
Con questo scritto s'intende
chiarire il concetto di tentazione e presentare i pericoli ed i
vantaggi della lotta spirituale; s'intende altresí confortare tante
anime tribolate a motivo delle tentazioni.
( http://dongiuseppetomaselli.blogspot.it/2012/10/ven-p-d-giuseppe-tomaselli-sacerdote.html )
LE TENTAZIONI
La grande
tribolazione.
San Giovanni
Evangelista fu mandato in esilio nell'isola di Patmos. Qui ebbe molte
visioni profetiche, che descrisse nel libro dell'Apocalisse.
Eccone un brano.
« Vidi una folla
immensa, che nessuno poteva contare, di ogni nazione e tribù e
popolo e linguaggio. Essi stavano davanti al trono di Dio e davanti
all'Agnello Divino, in bianche vesti e con palme in mano; e
gridavano a gran voce, dicendo: « La salute al nostro Dio che
siede sul trono ed all'Agnello!
« E tutti gli
Angeli, che stavano intorno al trono, si prostrarono bocconi ed
adorarono Dio, dicendo: « Amen! Benedizione, gloria, sapienza,
ringraziamento, onore, potenza e forza al nostro Dio, nei secoli
dei secoli! Amen!
« E mi disse uno
dei vegliardi: Costoro vestiti di bianco chi sono? E donde vennero?
- Ed io gli risposi: Tu lo sai! - Ed egli mi soggiunse: « Costoro
sono quelli che vengono dalla grande tribolazione ed hanno lavate le
loro vesti e le hanno fatte bianche nel Sangue dell'Agnello.
Perciò stanno dinnanzi al trono, di Dio e giorno e notte lo servono;
e l'Assiso sul trono abiterà sopra di essi » (Apocalisse, VII-9 ...
).
San Giovanni vide
il Paradiso ed i Beati in festa. Costoro perché meritarono la gloria
eterna? Perché vennero dalla grande tribolazione.
La grande
tribolazione, che fa meritare il Paradiso, è la vita terrena,
cosparsa di spine, intrecciata di lotte e di vittorie. Le spine
più acute sono quelle dello spirito ed il tormento maggiore per chi
vuole salvarsi è causato dalle tentazioni.
Si esce vittoriosi
dalla grande tribolazione della vita e si entra in Cielo per i
meriti del Sangue dell'Agnello Immacolato, Gesù Cristo. Questo
Sangue Divino dà forza nella lotta, risana le ferite ed è caparra
di eterna felicità.
Intratteniamoci
pertanto sulle tribolazioni, cioè sulle tentazioni.
Prova d'amore.
Tentazione vuol
dire prova o lotta, che Dio permette affinché le creature gli
dimostrino l'amore.
Furono messi in
prova gli Angeli in Cielo, prima di essere confermati in grazia.
Una parte non superò la prova ed allora questi Angeli divennero
demoni.
Ebbero la prova i
nostri progenitori, Adamo ed Eva, con la proibizione di mangiare
il frutto dell'albero, ch'era nel centro del paradiso terrestre.
Cedettero alle insidie del serpente infernale e perdettero lo
stato di grazia.
Noi, discendenti di
Adamo e di Eva, abbiamo pure le nostre prove. Beato chi le
supera, perché ne avrà premio eterno!
Il Paradiso è
premio e bisogna meritarselo con la lotta. San Paolo dice: «
Non sarà coronato, se non chi avrà strenuamente combattuto »
(II Timoteo, II - 5). Sembrerebbe strano, eppure è così: più si è
accetti a Dio e più aumentano le tentazioni. I motivi
potrebbero essere:
l. - Il Signore
vuol dare in Cielo una corona di gloria più preziosa a quelli che
predilige, corona che si arricchisce con le ripetute vittorie.
2. - Satana, geloso
delle anime che Dio predilige, lancia contro di esse le frecce più
velenose, nella speranza di vincerle.
Gli esempi della
Sacra Scrittura ce ne danno conferma.
Fu necessario...
Tobia era un uomo
giusto; camminava nella via del Signore. La sua carità toccò
l'eroismo quando con i suoi connazionali, gli Ebrei, si trovò
in esilio sotto il re della Siria. Era proibito, pena la morte,
seppellire i cadaveri degli Ebrei; invece Tobia li seppelliva
per spirito di carità.
Mentre una volta si
riparava sotto un tetto, ritornando a casa dopo avere seppellito
un morto, perdette la vista di ambedue gli occhi. Buono, pio,
caritatevole, eppure dovette assoggettarsi alla cecità. Non si
ribellò alle disposizioni della Provvidenza e continuò a
vivere nella semplicità del cuore.
Narra la Bibbia che
un giorno Tobia doveva mandare il figlio Tobiolo a Rages per
riscuotere denaro. Un bel giovane si prestò spontaneamente a far
compagnia al figlio, per guidarlo nel lungo viaggio; per opera sua
Tobiolo fu liberato dall'assalto di un grosso pesce; felicemente
sbrigato l'affare, tornarono a casa.
Il bel giovane era
un Arcangelo, che alla fine si manifestò a Tobia dicendo:
« Io sono
Raffaele, uno dei sette che stiamo davanti al Signore. Ora ti
manifesto la verità: Quando tu pregavi tra le lacrime e seppellivi i
morti e, lasciato il pranzo, di giorno nascondevi i morti in casa
tua, io presentai le tue preghiere al Signore. Ma siccome tu eri
accetto a Dio, fu necessario che la tentazione ti provasse. Ed ora il
Signore mi ha mandato per guarirti dalla cecità » (Tobia, XII
-11) .
Dalla dichiarazione
di San Raffaele appare che chi è accetto a Dio, necessariamente
deve subire delle prove o tentazioni.
Vaso di
elezione.
San Paolo dapprima
era persecutore dei Cristiani; sulla via di Damasco si convertì e
divenne vaso di elezione. Fu ripieno di Spirito Santo. Serviva a Dio
con generosità, convertiva i peccatori, operava miracoli, lo stesso
Gesù gli appariva per guidarlo e confortarlo; ancora vivo fu
rapito in Paradiso, al terzo Cielo, e poté contemplare la gloria dei
Beati.
San Paolo era
veramente accetto a Dio. Ma appunto perché tale, fu soggetto a gravi
prove e fu assalito da violente tentazioni.
Le tentazioni più
umilianti per tutti, ed in special modo per le persone pie, sono
quelle del corpo, cioè gli assalti contro la purezza. San Paolo ebbe
tante di queste tentazioni da esclamare: " Chi mi libererà da
questo corpo di morte? » (Romani, VII24). E volendo istruire
gli altri, scrisse ai Corinti: « Affinché la grandezza delle
rivelazioni non mi facesse insuperbire, mi è stato dato lo stimolo
della carne, un angelo di Satana (un demonio), che mi schiaffeggi.
Ripetutamente ho pregato il Signore perché lo allontanasse
da me. Ed Egli mi ha detto: Ti basta la mia grazia, perché la
mia potenza si fa meglio sentire nella debolezza » (II Corinti,
XII - 7 ... ) .
Dunque San Paolo,
gran Santo, colonna della Chiesa Cattolica, dovette lottare contro
il demonio dell'impurità, dimostrando così a Gesù il suo amore.
Dove eravate?
Una delle Sante più
ammirevoli per semplicità e candore è Santa Caterina da Siena.
Gesù l'amava con amore di predilezione, tanto che le diede la
scienza infusa ed il dono della profezia e dei miracoli; le
appariva sovente e le parlava sino a dirle: Mi sei così cara, che
qualunque grazia mi si chiederà in tuo nome, l'accorderò.
Eppure Santa
Caterina ebbe tentazioni straordinarie contro la purezza. La
ribellione dei sensi e l'attrattiva al male erano in lei così
prepotenti, da farla dubitare di essere in grazia di Dio. I demoni le
si presentavano in forma di uomini e la spingevano al male.
Le tentazioni,
sebbene fossero esteriori, pure penetravano attraverso i sensi nel
cuore della vergine senese, tanto che, confessava lei
stessa, il cuore ne era ripieno e non le rimaneva che la sola volontà
superiore con cui resisteva.
Le tempeste impure
si ripetevano, incalzando sempre più.
Un giorno,
essendole apparso Gesù, la Santa gli chiese: - Dove eravate, mio
dolce Signore, quando il cuore mio era pieno di tante tenebre e
di tanta sozzura?
- Figlia mia, io
ero nel tuo cuore.
- E come mai
abitavate nel mio cuore, in cui era tanto fango? Abitate dunque in
simili luoghi?
- Dimmi: Quei sozzi
pensieri del tuo cuore ti davano piacere o afflizione? Amarezza
o diletto?
- Somma amarezza ed
afflizione.
- E chi era che ti
metteva in cuore tanta amarezza se non io, che stavo nascosto
nel mezzo del tuo cuore? Credimi, o mia figlia, che se io non
fossi stato presente, quei pensieri che attorniavano la tua volontà
e potevano abbatterla, l'avrebbero certamente abbattuta e sarebbero
entrati in essa. Il tuo libero arbitrio li avrebbe accolti con
piacere e perciò avrebbero ucciso l'anima tua; ma poiché io
ero là dentro, mettevo nel tuo cuore quella ripugnanza e quella
resistenza, con cui ti opponevi al male. Le tentazioni superate sono
state per te di grande merito, utili ad altre anime ed hanno
aumentato in te la virtù e la fortezza -.
Bersaglio di
satana.
Tra le Sante di
questo secolo abbiamo la verginella di Lucca, Gemma Galgani.
Converrebbe leggere i due volumi « Biografia ed Estasi » e «
Lettere di S. Gemma », per conoscere le sue virtù ed i carismi
divini di cui fu arricchita.
Quest'anima, tanto
santa, fu il bersaglio di Satana; le sue tentazioni erano contro
tutte le virtù come attesta il suo Direttore Spirituale. Ascoltiamo
le stesse parole della Santa:
« Ieri notte
passai al solito una brutta nottata. Il demonio mi venne davanti come
un uomo grosso e lungo; mi picchiò tutta la notte e mi diceva: - Per
te non c'è più speranza che ti possa salvare; sei nelle mie mai -.
« Io risposi che
Dio è misericordioso e perciò non temevo nulla. Allora lui
arrabbiato disse, dandomi un colpo forte sul capo: Sei
maledetta! - e disparve.
« Andiai in camera
per riposare un poco e lo trovai lì; cominciò di nuovo a picchiare
con una fune, tutta nodi; mi picchiava perché voleva che io
dessi retta a lui, che mi insegnava il male. Io dicevo di no e lui
batteva più forte e mi faceva battere assai forte la testa per
terra.
« Ad un certo
momento mi è venuto in mente d'invocare l'Eterno Padre, affinché
per i meriti di Gesù mi liberasse. Non so quello che sia accaduto.
Quel cosaccio di diavolo mi diede una spinta così forte, mi tirò
giù dal letto, mi fece battere il capo con tanto impeto a terra, che
ho sentito gran dolore, ho perduto i sensi e sono rimasta a terra,
finché mi sono riavuta, il che avvenne dopo assai tempo. Sia
ringraziato Gesù ». Fin qui la Santa.
Se tante e sì
forte tentazioni sono riservate ai Santi, perché i fedeli
devono scoraggiarsi quando subiscono le ordinarie tentazioni?
Essere tentati non vuol dire essere lontani da Dio; da Dio allontana
soltanto il cedere volontariamente alla tentazione.
Gesù e satana.
Il Figlio di Dio,
Gesù Cristo, facendosi uomo, si assoggettò a tutte le miserie
umane, tranne che al peccato. Però, siccome la tentazione di
per sé non è peccato, vi si assoggettò, permettendo al demonio di
tentarlo.
Gesù subì la
tentazione per meritare ai suoi redenti la forza di resistere alle
insidie diaboliche e per insegnare come comportarsi nella lotta
con Satana.
Nel Vangelo di San
Matteo (IV - 1) si legge:
« Allora Gesù fu
condotto dallo Spirito (Santo) nel deserto per essere tentato dal
diavolo; e dopo avere digiunato quaranta giorni e quaranta notti,
alla fine ebbe fame.
Il tentatore,
accostandosi, disse: Se tu sei il Figlio di Dio, di' che queste
pietre diventino pane -.
Ma Gesù rispose:
Sta scritto: Non di solo pane vive l'uomo, ma di ogni parola che
procede dalla bocca di Dio -.
Allora il diavolo
lo trasportò nella città santa e, avendolo posto sul pinnacolo del
Tempio, gli disse: Se tu sei il Figlio di Dio, gettati giù, poiché
sta scritto che agli Angeli suoi ha commesso la cura di te e ti
porteranno sulle mani, affinché non inciampi il tuo piede in
qualche pietra -.
E Gesù a lui: Sta
anche scritto: Non tenterai il Signore Dio tuo! -
Di nuovo il diavolo
lo condusse sopra un monte altissimo e, mostrandogli tutti i regni
del mondo e la loro magnificenza, gli disse: Tutto questo io ti darò,
se prostrandoti mi adorerai -.
Allora Gesù
rispose: Va' via, Satana, perché sta scritto: Adorerai il
Signore Dio tuo e servirai a lui solo! -
Subito il diavolo
lo lasciò; ed ecco poi gli Angeli vennero a servirlo ».
Satana non sapeva
ancora che Gesù di Nazareth fosse l'aspettato Messia; dicono gli
esegeti che Dio gli abbia celata tale notizia.
Satana, sospettando
che potesse essere Gesù il Figlio di Dio, volle assicurarsene,
presentandogli tre forti tentazioni.
I NEMICI
Forte... ma
legato.
La tentazione è
una lotta. Si sa che la lotta si svolge sempre con un avversario e
talvolta con più di uno. Nella lotta spirituale gli avversari
sono tre: il demonio, il corpo ed il mondo.
Occorre conoscere i
nemici e le loro astuzie per lottare con buon esito.
Intratteniamoci pertanto a parlare del demonio, il quale è
chiamato il « tentatore » per eccellenza.
Il demonio è un
puro spirito; nemico giurato di Dio, operatore d'iniquità,
padre della menzogna. Non ha bisogno di riposo esessendo
uno spirito e perciò può lavorare notte e giorno senza
stancarsi mai. E’ molto forte, però la sua forza è dominata dalla
volontà di Dio e non può fare più di quanto Dio gli permette.
Il Signore, somma
Sapienza, gli dà una certa libertà sulle sue creature affinché si
attuino i suoi disegni provvidenziali. Dunque, come si è già detto,
il demonio può tentare al male, ma entro certi limiti, senza
violentare la libertà umana. Si presenta un paragone.
Immaginiamo una
tigre inferocita, legata con grossa catena ad un palo. Può muoversi
tanto quanto è lunga la catena; può urlare, digrignare i denti,
agitarsi, fare salti, ma non può fare nulla a chi le sta lontano.
Può azzannare solo chi le si accosta troppo. Così è il
demonio: forte, terribile, ma legato.
L'astuto
serpente.
È difficile
distinguere il solco tracciato nell'aria dall'aquila che vola. E'
pure difficile distinguere sulla ruvida roccia il posto ov'è passato
il serpente. Ma è più difficile scoprire le astuzie di Satana,
quando egli lavora attorno ad un'anima.
Il tentatore è
chiamato « l'astuto serpente »; le studia tutte, non ha
premura, sa adattarsi alle circostanze; pur di vincere è
disposto a tutto, anche a camuffarsi da angelo di luce per trarre in
inganno.
La Chiesa, sapendo
ciò, nelle Litanie dei Santi ha messo una invocazione particolare: «
Dalle insidie del diavolo, liberaci, o Signore! ».
Durante la seconda
guerra mondiale, nel 1942, in Piazza Università a Catania stava un
lustrino.
Al mattino era lì,
presso la sua cassetta di lavoro; serviva con garbo i clienti. Sotto
la sferza del sole o nel rigore dell'inverno non lasciava il suo
posto. A sera si ritirava.
Contemporaneamente
in un ristorante lavorava un commesso, piuttosto anziano.
Serviva, accettava i richiami e non aveva tante pretese.
Intanto a Catania
avvenivano le incursioni aeree. Sulle navi, sui padiglioni
dell'aeroporto e sui centri militari piombavano le bombe.
Naturalmente si
facevano i commenti: - Ma queste bombe, sganciate con precisione
e proprio ora che sono arrivate alcune navi? ... Ma! -.
Il lustrino di
Piazza Università era un capitano inglese ed il commesso del
ristorante era un comandante delle truppe inglesi. Di giorno
carpivano le notizie e di notte le trasmettevano per radio.
Appena cessato il
mese di resistenza nella Piana di Catania, i due ufficiali
indossarono la divisa e sfilarono con i soldati lungo la città.
Si diceva
giustamente: Che furbizia! ... Chi l'avrebbe mai immaginato?... - Ma
tutto questo non deve fare meraviglia, perché si sa che durante
la guerra lo spionaggio lavora con arte fine.
L'astuzia dell'uomo
è nulla a confronto di quella di Satana. Nella guerra dello spirito
egli usa tanta astuzia da ingannare anche le persone più provette
nella vita spirituale. Meno male che il Signore viene in aiuto alle
anime tentate con grazie attuali, le quali danno luce e forza. Però
bisogna stare all'erta per non lasciarsi prendere dal tentatore.
Iddio ci premunisce
per mezzo di San Pietro: « Siate sobri e vigilate, perché il vostro
nemico, il diavolo,
come un leone ruggente va all'intorno, cercando qualcuno da
divorare. Fategli resistenza restando forti nella Fede! » (I
Pietro, I - 5... ) .
Il corpo umano.
Il primo nemico
dell'anima è Satana; però è un nemico fuori di noi; gli si
può chiudere la porta per non farlo entrare.
Ma c'è un nemico
peggiore, che sta, per così dire, a casa nostra, o meglio, vive con
noi e non possiamo staccarcene. È il nostro corpo.
Dopo la colpa
originale è avvenuto nella creatura umana un grande dissesto. Come
Adamo ed Eva si ribellarono a Dio, così il corpo dei nostri
progenitori si ribellò al loro spirito; e ciò che avvenne in essi
si ripercuote in ogni loro discendente.
Nelle membra del
corpo, dunque, c'è una legge che è in contrasto con la legge dello
spirito. La mente vede il bene, lo apprezza, può tesserne le lodi
... eppure in un certo momento si decide al male. E' il corpo che con
le sue cattive tendenze può ottenebrare la mente e trascinare
all'iniquità.
Il demonio, che
conosce bene le tendenze umane, può sobillare il corpo per piegare
la volontà al male. L'anima è tenuta a resistere per mezzo del
suo libero arbitrio; finché è risoluta di non cedere alla
tentazione, qualunque cosa avvenga nel suo essere, non ha
colpa alcuna, anzi resta vittoriosa. Il Signore, invocato con
fede, viene sempre in aiuto all'anima in pericolo.
Il salvataggio.
Sulla spiaggia
stavano dei bagnanti; ad intervalli taluni si tuffavano nell'acqua.
Una signorina, poco
pratica di nuoto, si azzardò a scostarsi troppo dalla riva;
all'improvviso sparì nell'acqua. In meno che si dica, non
conoscendo le regole del nuoto, andò a fondo.
Un altro bagnante,
molto esperto, vista la scena, corse in aiuto. Si tuffò a capofitto
ed in fondo al mare trovò la signorina, la quale si dibatteva. Per
prima cosa l'afferrò per la chioma e poi le battè la testa sul
fondo del mare. In pochi secondi furono a galla tutti e due. Alla
signorina si fece vomitare l'acqua inghiottita e le si apprestarono i
rimedi del caso. Il suo primo lamento fu: Sento male alla testa! -
Appena riavutasi discretamente, chiese a chi l'aveva salvata: -
Perché mi ha fatto battere 1a testa? - Eh, signorina, se non avessi
fatto così a quest'ora saremmo ambedue morti. Lei, per salvarsi, si
sarebbe aggrappata a me istintivamente, mi avrebbe stretto alle
braccia, non avremmo potuto muoverci e saremmo rimasti a fondo tutti
e due. Quel colpo alla testa l'ha stordita, io sono stato libero nei
movimenti ed in un attimo l'ho portata a galla -.
Lodevole la tattica
usata, ma più lodevole il pronto accorrere del giovane salvatore.
Quando le passioni corporali insorgono e la malvagità diabolica le
intensifica, essendo grave il pericolo che sovrasta all'anima,
il Signore comincia subito l'opera di salvataggio; suscita allora in
mente dei buoni pensieri, quali: Dio vede tutto! ... C'è l'inferno!
... Si può morire! ... Guai a chi abusa della Divina
Misericordia!... E mentre dà luce all'intelligenza, dà forza
alla volontà.
L'anima, mentre è
nel vortice della tentazione, deve accettare il celeste
salvataggio e cioè deve riflettere sul pericolo che corre, pregare
ed assecondare meglio che può il lavorio della Grazia Divina.
Se non fa questo, resta presto vittima della tentazione.
La gru
spirituale.
Si dice da taluni:
È impossibile resistere a certe tentazioni, specialmente
quando è interessato il cuore; l'amore, anche illecito, è
irresistibile! ... Certe tentazioni son più forti di noi! ... Il
corpo trascina irresistibilmente! -
Tali affermazioni
sono false.
È di fede che il
buon Dio non permette la tentazione superiore alle forze di ognuno.
Se ci si lascia vincere, è solo perché si vuole.
San Paolo diceva: «
Tutto io posso in Colui che mi dà forza! » (Filippesi, IV-13). Con
le semplici forze umane non è possibile vincere le tentazioni;
è necessaria la forza divina, la quale è data a chi prega e fa la
parte sua nella lotta.
Non può un
operaio, servendosi delle semplici sue braccia, sollevare da terra un
macigno di tre o quattro quintali; ma se ha l'aiuto della gru, può
sollevarlo subito ed a grande altezza.
La gru spirituale è
la forza che viene da Dio, per la quale innumerevoli anime superano
facilmente le tentazioni dei sensi e vivono nel mondo come Angeli,
quasi non avessero il corpo.
Il grande
alleato.
Il terzo nemico
spirituale è il mondo, che suole essere chiamato l'alleato di
Satana. Per mondo qui s'intende non il creato, ma la sterminata folla
di coloro che pongono il cuore, le speranze e la felicità sulla
sola vita terrena, curandosi poco o niente della vita che ci attende
dopo la morte.
Tutto il mondo è
posto sotto il maligno; chi si lascia vincere, diviene schiavo.
La legge del mondo
è il piacere presente, procurato con la triplice concupiscenza di
cui parla San Giovanni Evangelista: quella del corpo, degli occhi e
della superbia della vita.
Gesù Cristo
condanna il mondo e dice: Io non prego per il mondo! ... Guai al
mondo! ... Io ho vinto il mondo! -
Il mondo infatti
con le sue false dottrine e seduzioni è una continua e forte
tentazione. Beati coloro che ne vivono lontani, cioè nei
deserti e nei conventi!
Ma non tutti
possono fare questo. E' possibile però vivere staccati dal
mondo, pur restando in esso; per riuscirvi occorre resistere
alle sue lusinghe e non lasciarsi contaminare dal suo fango
morale.
Addio, mondo!
Non era trascorsa
una settimana, mentre scrivevo queste pagine, da che io avevo avuto
un gradito incontro.
Vidi uno sui
trent'anni, abbastanza sereno in volto. Mi piegai umilmente e gli
baciai le palme delle mani. Egli lasciò fare.
Era un novello
Sacerdote, ordinato dal Vescovo pochi giorni prima.
Questi era vissuto
nel mondo e aveva chiuso felicemente il corso universitario con
la laurea in medicina. Si accorse che il mondo promette e non dà e
che presenta il calice del piacere, entro cui stanno assenzio e
veleno. - Addio, mondo! - disse un giorno. - Io ti lascio e penso ad
altro. Voglio essere Sacerdote! Tu, o mondo, ti ridi di me per la mia
decisione ed io mi rido di te! –
Il pugile.
Viaggiavo; davanti
a me sedeva un signore; approfittai per dirgli una buona
parola: Non dimentichiamo nella vita che sopra di noi c'è un
Dio, che è padre! ... Procuriamo di vivere da buoni cristiani!
Mi rispose: - Sono
cattolico praticante e per questo ho lasciato il mondo, rinunziando
alla mia lucrosa carriera.
- Si spieghi
meglio!
- Sono un uomo di
forza. Sono stato un pugile. Con un pugno nella lotta di pugilato
potrei ammazzare un uomo. Per non avere il rimorso di aver tolto la
vita ad un uomo per divertire gli spettatori, ho deciso di
rinunziare al denaro ed alla gloria. Mi sono ritirato a vita
privata -.
Detto questo, mi
presentò le foto in veste di pugile e poi, rimboccate le
maniche, mi lasciò vedere i poderosi muscoli degli avambracci.
Per il mondo conta
solo il denaro, il piacere e la gloria. I deboli si fanno
trascinare da questi tre lacci e così facilmente cadono e vivono in
peccato.
Non sono troppi
quelli che sanno resistere alle lusinghe del mondo.
Piccolo mondo.
Quando mi avviene
di scendere alla stazione di San Remo, i miei occhi vanno
subito ad un grandioso edificio, sito a pochi passi dalla
stazione. Ha l'aspetto di un palazzo reale, con imponenti
gradinate e con aiuole ricche di verde e di fiori. A destra di chi
guarda l'edificio sta una chiesa dei Francescani ed a sinistra un bel
tempio degli Ortodossi, in stile bizantino.
Il palazzo di cui
si parla è un piccolo mondo: è il celebre Casinò di San Remo.
Ho voluto entrarvi, in ore di quiete, per osservarlo.
Quanto il mondo
suole presentare di attraente alla moderna società, può
trovarsi nel Casinò: giuochi d'azzardo con gli assetati di denaro;
convegni di artiste cinematografiche; appuntamenti con donne
internazionali; veglioni, danze, gare di canto per la Canzonissima,
trasmissioni televisive, ecc.
Il Casinò presenta
il calice del piacere. Ma in fondo al calice c'è l'amaro: rabbie,
bestemmie, immoralità, disillusioni, famiglie che vanno sul
lastrico, lutti ...
In questi giorni,
mentre scrivo, i giornali pubblicano: « Al Casinò di San Remo il
giovane ... rimase deluso. Scoraggiato, ritornò all'albergo e
si uccise ».
« La giovane ...
italo-francese, stella dello schermo televisivo, stanca ed
abbattuta, uscita dal Casinò, prese il veleno per troncarsi la
vita ».
E vale la pena
seguire le massime del mondo, quando il sentiero dei falsi
piaceri porta allo scontento ed all'abisso della disperazione?
Tutto questo si sa, eppure si seguono le correnti mondane.
Evviva il mondo!
Il mondo calpesta
la legge morale e, per fare godere di più, invita al libero amore,
dicendo: Si appaghi il cuore! ... Si è liberi! ... Via le
pastoie che presenta la Religione!
Con questa teoria,
spinta dalla tentazione, una giovane s'innamora di un padre di
famiglia. Saputo ciò e viste le tristi conseguenze, il genitore
della giovane uccide il padre di famiglia.
Un uomo inganna una
ragazza e dopo si rifiuta di sposarla. La partita si chiude con
alcuni colpi di pistola: uno muore e l'altra in galera.
Quell'altra donna
ha ceduto ad una tentazione. Disperata per le conseguenze e per
il disonore, s'impicca al balcone.
Un padre di
famiglia abbandona sposa e figli e va con un'altra donna. Il figlio
maggiore richiama il padre; ma questi fa il sordo. Allora
avviene un delitto: il figlio uccide il genitore.
Tempo fa una
signorina venne a trovarmi in ufficio. Il suo aspetto e gli
occhi sconvolti mi rivelavano il suo stato d'animo.
- Sono una
universitaria; vengo da fuori Sicilia per gli esami. Prima di
suicidarmi voglio parlare con lei.
- Si calmi e dica
pure ciò che vuole!
- Sulla
nave-traghetto incontrai un ufficiale. Subito sorse in me una
forte simpatia per lui ed altrettanta in lui per me ... Non mi fossi
mai incontrata! ... Dopo quanto è avvenuto, penso: E mio padre? ...
E mia madre?... Ed il mio avvenire? ... Non mi resta che togliermi la
vita! -
Feci di tutto per
farle cambiare idea, ma non ci riuscii. La giovane si allontanò da
me risoluta di farla finita.
Evviva il mondo!
Val proprio la pena di seguimele teorie!
LA LOTTA
Tentazione
involontaria.
Conosciuti i nemici
spirituali, studiamo ora la tentazione, la quale può essere
involontaria e volontaria.
La prima non è né
cercata né voluta; la seconda invece è cercata e voluta.
Si chiariscono i
due concetti.
Quando la
tentazione non è cercata, né provocata, quando cioè l'anima fa di
tutto per sfuggire al pericolo della lotta, se con tutto ciò
avvenisse l'assalto spirituale, l'anima dovrebbe restare
tranquilla, contentandosi d'invocare l'aiuto divino. Senza
dubbio il Signore l'assisterà e facilmente ne uscirà vittoriosa.
Un esempio.
Un incontro
eventuale pericoloso ... un cattivo suggerimento inaspettato ... uno
sguardo immodesto per isbaglio... un brutto ricordo che
all'improvviso si affaccia alla mente ... un risveglio spontaneo
di passione ... queste sono tutte tentazioni involontarie, quindi non
imputabili.
Però l'anima,
avvertita la tentazione, è tenuta a superarla con la preghiera,
con la distrazione, con l'allontanarsi dal luogo pericoloso,
ecc ... Si deve stare sempre all'erta, come il soldato sul campo
di battaglia. Ma per quanto si stia vigilanti, non sempre si possono
prevedere tutti i pericoli di tentazione.
Penna a biro?
...
Un ragazzo di nove
anni scorazzava in campagna; non gli mancava nulla per divertirsi:
uccelli, fiori, pietre per la sassoiola ...
Avvistò un piccolo
oggetto di metallo, lo prese, lo pulì alla meglio, perché un po'
irrugginito, e si accorse ch'era una penna a biro. Trovato un
pezzetto di carta, si provò a scrivere. Appena premuto un poco,
avvenne uno scoppio; gli saltò la mano destra e parte
dell'avambraccio, la sinistra fu ferita e la faccia bruciacchiata.
Quell'arnese
sembrava una biro e non lo era. Circa venti anni prima, durante la
guerra, dagli aerei nemici venivano lanciati simili
oggetti. Quanti incauti rimasero feriti o perdettero la vita!
Il ragazzo oggi è
mutilato. Avvenuta la disgrazia, toccò a me, scrivente, dire la
parola di conforto ai parenti.
Può dirsi
colpevole questo ragazzo? Meriterebbe rimprovero? Di certo no!
E’ stata cosa fortuita, imprevista; è stata una disgrazia.
Così nel campo
delle tentazioni. Ci sono oggi tanti di quei pericoli morali, per cui
tutti non si possono prevedere né evitare; perciò si deve stare
vigilanti finché è possibile.
Occasioni.
La tentazione,
della quale si è responsabili, è la volontaria, che per lo più
è cercata o provocata.
Chi volontariamente
si mette nel pericolo di peccare, come può pretendere che Dio
l'aiuti a non peccare? Come può la volontà resistere al male, se
liberamente va incontro ad esso?
È tentazione
volontaria il mettersi in una cattiva occasione. Si danno ora i
principii morali riguardanti l'argomento.
È occasione di
peccato tutto ciò che spinge a peccare, sia persona, sia luogo
e sia oggetto.
Le occasioni
deboli, dette così perché di per sé non hanno la forza di spingere
al peccato grave, si dicono remote. Quelle invece che sono forti, si
dicono occasioni prossime.
Ognuno può
conoscere per esperienza quali siano le occasioni prossime
individuali. Quando una persona, messa in una data occasione, sempre
o quasi sempre o con una certa frequenza commette qualche grave
colpa, è tenuta a fuggire tale occasione, anche con grande
sacrificio.
Chi si mette
volontariamente in un'occasione prossima di grave peccato, senza una
vera e grave necessità, è reo di peccato mortale volta per volta
che si mette in quel pericolo, anche se eventualmente non cedesse
alla tentazione, perché è peccato il mettersi nel grave pericolo di
cadere.
È così importante
questo punto di morale, che la santa Chiesa lo ricorda
espressamente nell'Atto di Dolore, che si recita nella
Confessione: « ... E propongo di fuggire le occasioni ».
Col fuoco non si
scherza ... perché il fuoco brucia. Con le forti tentazioni
volute e cercate non si scherza! Dice lo Spirito Santo: « Chi
ama il pericolo, in esso perirà » (Ecclesiastico, III - 27).
Gioco ... poco
igienico.
Un ricordo
giovanile.
Gli alunni delle
scuole del mio Istituto furono invitati ad assistere allo spettacolo
di un circo equestre. Fra i tanti numeri dello spettacolo ci fu
quello del serpente.
Si trasse fuori dal
giaciglio un pitone, rettile dell'Africa; era lungo circa due metri e
grosso quanto un buon braccio di uomo.
Finché durò quel
numero, si guardava e quasi si tratteneva il respiro. Tutto era
suggestivo: la penombra, il suono del flauto per incantare il
serpente, il silenzio profondo e lo svolgimento delle varie scene.
Lo scrivente, più
che guardare il pitone, osservava il domatore, il quale si mostrava
sicuro del fatto suo.
L'ultima scena
colpì assai. Il domatore afferrò per il collo il serpente, che
spalancava la bocca minacciosa, e lo pose sulle sue spalle nude.
Da lì a poco il pitone si attorcigliò al petto del domatore e
cominciò a stringere. Le spire di questo rettile sono così potenti
da stritolare anche il petto di un leone ... ed immaginarsi di un
uomo!
Per fortuna
accorsero in aiuto due lavoratori del circo, nerboruti; con
sforzi e dopo tanta resistenza riuscirono a snodare il serpente. Se
il domatore fosse rimasto solo, sarebbe stato stritolato.
I giocolieri danno
spettacoli per guadagnarsi il pane, però lo scherzare con un grosso
serpente è sempre pericoloso. Satana, serpente infernale, è più
forte di un pitone. Quando una persona si mette nell'occasione
prossima di peccare, si mette nelle spire di Satana e facilmente
muore alla grazia di Dio cadendo in peccato.
Perché essere
tentati?
La tentazione
involontaria è permessa da Dio per il bene delle anime; giova
conoscerne i vantaggi.
Dice lo Spirito
Santo: « Beato l'uomo che soffre tentazioni, perché, quando
sarà provato, riceverà la corona di vita, da Dio promessa a quelli
che lo amano. Nessuno, quando è tentato, dica di essere
tentato da Dio, perché Dio non può tentare a fare il male ed
Egli non tenta alcuno; ma ciascuno è tentato, attratto, adescato
dalla propria concupiscenza, la quale poi genera il peccato; e
il peccato, consumato che sia, genera la morte » (San Giacomo, I -
12).
Trasformazione.
A Torino visitai
una vetreria; un addetto mi fece da guida.
In un magazzino
stava un grande quantitativo di sabbia. Domandai: - E’ sabbia
di mare?
- Si, viene dai
Paesi Nordici; è ricca di silice, molto adatta a fare il vetro -.
Nel primo magazzino stava la sabbia e nell'ultimo stavano i vetri:
coppe, bottiglie, vassoi e servizi eleganti, lampadari, ecc.
Dissi tra me: che
trasformazione!
Ma per ottenere
questo è necessaria una accurata lavorazione. Nei locali intermedi,
fra il primo e l'ultimo magazzino, stanno i cosiddetti crogioli, che
sono forni ad altissima temperatura.
La sabbia, posta in
particolare recipiente, sta dentro il crogiolo; il fuoco la cuoce a
tal punto da renderla una pasta. L'operaio attraverso uno
sportellino, servendosi di un lungo tubo d'acciaio, ne estrae una
porzione, che dopo pone dentro una forma.
Basta un soffio nel
tubo e la pasta prende la forma che si vuole.
Il nuovo recipiente
è scottante e potrebbe frantumarsi passando subito a bassa
temperatura. Per evitare ciò, si mette in un secondo
crogiolo e poi in un terzo e in un quarto ... finché gradatamente
abbia raggiunto la temperatura normale.
Due palette di
sabbia possono trasformarsi in graziosi servizi da tavola, degni
delle mense reali. Però, se la sabbia non passa per il fuoco del
crogiolo, non può divenire vetro.
Così capita nella
vita spirituale: se l'anima non passa per il crogiolo della
tentazione e della sofferenza, non può impreziosirsi.
Il fuoco delle
passioni è più che il fuoco del forno della vetreria. L'anima deve
lottare e vincere le sue cattive tendenze, rifiutando le
soddisfazioni illecite che presentano i tre nemici spirituali;
ma superata la tentazione, si arricchisce, si tempra e diviene
più preziosa agli occhi di Dio.
È vero che si deve
fuggire la tentazione e pregare Dio che ce ne liberi, per il pericolo
cui si espone la debolezza umana; ma quando Dio la permette, deve
accettarsi con serenità. È di tanto conforto l'insegnamento dello
Spirito Santo: « Quando siete bersaglio di diverse tentazioni,
rallegratevi, sapendo che la vostra Fede, messa alla prova delle
tentazioni, produce la pazienza, che porta alla perfezione »
(San Giacomo, I - 2 ...) .
Scuola di
umiltà.
La superbia è
madre di ogni vizio, mentre l'umiltà è madre, fondamento e
custodia di ogni virtù.
Vantaggio della
tentazione è un aumento d'umiltà.
Nel libro
dell'Imitazione di Cristo è detto che le tentazioni sono
profittevoli, ancorché siano gravi e moleste, perché così
l'anima resta umiliata, purificata ed erudita.
Quando non si hanno
tentazioni e si gode delle gioie spirituali, è facile esser
tentati di superbia: Valgo qualche cosa!... Sono forte!...
Non sono miserabile come tante altre anime! ...
Ma quando giunge
l'assalto di una terribile tentazione, allora si tocca con mano
la propria debolezza, si sente il bisogno dell'aiuto divino, si
vede l'abisso ove potrebbe cadersi ed in tal modo la virtù
dell'umiltà mette più profonde le sue radici.
L'esperienza.
La tentazione è
una scuola pratica, ove si impara a proprie spese. Il vantaggio di
cui si parla è quello dell'esperienza.
Ero in Piazza Santa
Maria di Gesù a Catania; da lì stava per partire un camion. Un
operaio, giunto in ritardo, volendo approfittare dell'occasione,
si aggrappò al parapetto retrostante, nella speranza di
spiccare un salto e montare sul camion.
L'autista non si
accorse di nulla ed iniziò la marcia, prima ancora che
l'operaio facesse il salto. Si sa bene che non è possibile
prendere la spinta di un buon salto mentre la macchina è in moto. La
corsa intanto accelerava.
L'operaio rimase
aggrappato al parapetto, ma con i piedi a terra. Cosa fare? ...
Non servirsi più dei piedi e restare appeso? A un certo punto
le braccia sarebbero cedute e lui sarebbe piombato a terra
sfracellato. Staccarsi dal parapetto? Peggio ancora! Data la
velocità, si sarebbe di certo ammazzato.
Quelli che stavano
dietro a guardare, un po' lontani, seguivano trepidanti la scena e
non potevano dare alcun aiuto. L'unica salvezza sarebbe stata il
trovare chiuso il prossimo semaforo. Non so come sia andata a
finire; mi auguro in bene.
Un'applicazione!
Se quel povero
operaio se la fosse scappata, più o meno malconcio, avrebbe
imparato a spese sue. Certamente in avvenire non si sarebbe più
permesso di aggrapparsi ad un camion pronto a partire.
L'esperienza è
maestra!
Una forte
tentazione, causata dall'incontro con persona pericolosa, o da
uno svago incauto, o da una lettura cattiva ... una tale tentazione
potrebbe costituire un pericolo morale di vita ... e di vita eterna
... cadendo in peccato mortale.
L'anima che si
fosse trovata in simile pericolo e se la fosse scampata, più o meno
malconcia, dovrebbe dire: Non sarà mai più! Dopo la triste
esperienza ho imparato come comportarmi!
Purtroppo, per i
pericoli del corpo si sta attenti, per quelli dell'anima si suole
essere trascurati!
TENTAZIONI VARIE
Principii di
morale.
Si viene a trattare
di certe tentazioni in particolare, incominciando con l'esporre i
principii di morale.
Ora s'intende
parlare di peccato mortale, o grave colpa, che toglie l'amicizia di
Dio. Perché si possa commettere un peccato mortale occorrono tre
condizioni essenziali: materia grave, piena conoscenza e piena
volontà. Se manca una sola di queste condizioni, non c'è
il peccato mortale.
Materia.
Nei comandamenti di
Dio c'è la materia grave e quella leggera. Rubare cento lire, è
mancare al settimo comandamento; però la materia è leggera. Rubare
una buona somma o recare un danno relativamente grave alla roba
altrui, costituisce materia grave. Quasi in tutti i comandamenti c'è
la distinzione di materia. Si è detto « quasi in tutti »,
perché nel secondo comandamento « Non bestemmiare », nel sesto «
Non commettere atti impuri » e nel nono « Non desiderare
la persona d'altri » non c'è materia leggera, ma tutto è grave.
Memoria.
Tante colpe, che a
prima vista potrebbero sembrare gravi, non lo sono, perché, quando
la conoscenza dal male non è piena, non può esserci la colpa grave.
Chi ha poca
istruzione, non sa distinguere le facoltà dello spirito umano e
facilmente potrebbe credere che sia colpa ogni cosa poco buona
che passi per la mente. Su ciò si dà un'istruzione.
L'anima nostra ha
tre facoltà: la memoria, l'intelligenza e la volontà. Queste
facoltà agiscono nella mente.
La memoria fa
ricordare il passato: persone viste, parole udite, azioni
compiute, scene buone o cattive. Per mezzo della memoria le
immagini passate diventano presenti. Quando il sistema nervoso è
eccitato, o per malattia, o per stanchezza snervante causata dagli
scrupoli, o per una forte impressione, o anche per una semplice
cattiva digestione, allora i ricordi del passato possono
acquistare nella mente tanta vivezza da fare meraviglia. In questo
stato la mente potrebbe paragonarsi al televisore, ove le
immagini si susseguono tempestivamente.
La memoria e la
fantasia non possono fare mai il minimo peccato, perché il peccato
può farlo soltanto la volontà.
Intelligenza.
Una facoltà più
nobile della memoria è l'intelligenza; per mezzo di questa si
conosce il bene ed il male.
L'intelligenza è
fatta per la verità; dà la luce per conoscere la moralità degli
atti che si hanno da compiere; però non è capace di peccare,
avendo, come si è detto sopra, soltanto la volontà la capacità
di peccare. La condizione perché si possa commettere un grave
peccato è questa: l'intelligenza deve conoscere il gran male che sta
per fare e deve conoscerlo pienamente.
Perciò non è
peccato mortale:
1. - Il male che si
fa per ignoranza. Sono incapaci di peccare i piccoli, prima
dell'uso di ragione; i pazzi; i veri deficienti. In costoro
manca la conoscenza del male che fanno e quindi sono esenti da colpa.
2. - Il male che si
fa con poca riflessione, quasi distrattamente o istintivamente,
o per dir meglio con sorpresa. In simili casi, tutto al più, si
potrebbe essere colpevoli di peccato leggero.
3. - Il male che si
fa quando l'intelligenza è offuscata. Questo, ad esempio, può
avvenire nel dormi-veglia, perché in quel tempo si è intontiti e la
conoscenza del male non può essere piena. Nel dormi-veglia la colpa
non può superare il limite del peccato veniale o leggero.
La piena conoscenza
deve esserci prima di fare il male; se si ha dopo, manca la colpa.
Per chiarificazione si porta un esempio. Un tale ascolta una predica
ed apprende che una certa mancanza è peccato mortale. Costui deve
cure a se stesso: Sinora non l'ho saputo e quindi sinora non ho
peccato. Da oggi in poi, essendone ormai a conoscenza, peccherò
gravemente se ricadrò in quella mancanza.
Data l'importanza
del principio di conoscenza del male, non è lecito concludere:
Meglio non istruirsi e così non si è responsabili del male che
si commette! - La ragione è che si ha il dovere di istruirsi,
perché l'ignoranza colpevole delle verità della Fede e della
legge morale è un peccato contro il primo comandamento.
Gesù disse agli
Apostoli: « Andate ed istruite tutte le genti, battezzandole nel
nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo, dicendo loro
di osservare ciò che ho comandato a voi » (Matteo, XXVII-19).
Se il Papa, i
Vescovi ed i Sacerdoti hanno il dovere d'insegnare, i fedeli
hanno il dovere d'istruirsi.
Volontà.
La volontà è la
facoltà « regina » della nostra anima; è proprio essa che ci
decide a fare il bene o il male.
Quando si pecca non
sono le mani a peccare, o gli occhi, o la memoria, o
l'intelligenza, ma è sempre e soltanto la volontà.
Finché la volontà
non si decide, non c'è peccato; inoltre, perché si possa peccare,
si richiede che la volontà sia pienamente risoluta di
trasgredire un comandamento di Dio.
Appena la volontà
si decide al male, il peccato è già commesso, ancorché
esternamente il male non si sia ancora operato. Un esempio.
Una persona,
ricevuta una grave offesa, dice in cuor suo: Voglio uccidere quel
tale. So di commettere un delitto e di mancare al quinto comandamento
di Dio; tuttavia voglio vendicarmi!
Presa la
deliberazione, il peccato mortale è già fatto, quantunque il
delitto si consumi dopo giorni o mesi, oppure non si consumi per
timore del carcere.
In questo esempio
citato c'è: la materia grave, la piena conoscenza del male e la
piena volontà di farlo.
Quando si resta in
dubbio se la conoscenza o la volontà siano state piene o no,
essendoci il dubbio, non si è responsabili della colpa grave; per
conseguenza non si è tenuti ad accusarsene in Confessione.
Tuttavia, chi volesse confessarsene dovrebbe dire: Sono in
dubbio se io abbia peccato.
Esistente il
dubbio, di cui ora si parla, ci si può accostare anche alla santa
Comunione. È consigliabile far precedere un atto di dolore,
dicendo ad esempio: Gesù mio, chi sa ti abbia io offeso in qualche
modo, perdonami! Non voglio offenderti mai più!
Cosa fare?
Passata che sia la
tentazione, ci sono tre casi: o si resta dubbiosi, o vincitori, o
vinti. Cosa fare?
Nel caso del dubbio
si è spiegato or ora come comportarsi.
Quando si è vinta
la tentazione, si ringrazii il Signore, dando a Lui l'onore e la
gloria, perché è per l'assistenza divina che si esce vincitori da
una lotta spirituale e non per valentia personale o per forza umana.
Quando
disgraziatamente si cede alla tentazione, non bisogna
abbattersi. Chi cade, si rialzi e subito!
Occorre allora
umiliarsi davanti a Dio, riconoscendo la propria miseria e debolezza.
Si chieda perdono al Signore, con tutto il cuore, promettendo di
confessarsi al più presto; l'atto di dolore sia fatto con più
perfezione possibile, cioè, più per il dispiacere di avere
offeso Dio, che per il timore dei suoi castighi.
È molto fruttuoso
il fare una buona penitenza volontaria dopo aver ceduto a
qualche grave tentazione.
Contro la fede.
Una tentazione
veramente molesta è quella contro la Fede. Possono venire in mente
questi o simili pensieri: Ma Dio realmente c'è? ... Gesù è proprio
il Figlio di Dio, fatto uomo? ... L'Ostia consacrata è davvero
Gesù vivente? ... Il Paradiso e l'inferno sono realtà o
supposizioni? ... E’ da credere che l'inferno non finirà mai?
Com'è possibile che Dio, da buon Padre, punisca così uno suo
figlio? ... I morti un giorno risorgeranno? ... Gli articoli del
Credo, insegnati dalla Chiesa Cattolica, sono proprio verità
indiscusse?
Molti fedeli, che
credono con semplicità, come i bambini, neppure pensano che possano
esserci simili tentazioni. Eppure ci sono e sono forti e
potrebbero formare il tormento di un'intera vita.
Come regolarsi?
Il volere ragionare
troppo, il volere addentrarsi più del necessario nelle verità
della Fede, il volere penetrare a fondo ogni singola sublime verità
rivelata da Dio è grande fatica e spesso sprecata. Le verità divine
superano la capacità della mente umana; bisogna accettarle con
semplicità. Si capisce ciò che è possibile capire, perché
l'intelligenza umana davanti ad una verità divina è come un piccolo
recipiente davanti al mare. Il bicchiere prende dal mare
soltanto quel poco di acqua, che è capace di contenere.
I Dottori della
Chiesa e i grandi Teologi, che devono insegnare ai fedeli con gli
scritti e con la predicazione, giungono solo là, ov'è possibile
giungere, contentandosi d'illustrare le verità rivelate, e
concludono come concluse San Tommaso d'Aquino nell'inno
eucaristico del Pange lingua: « Praestet fides supplementum
sensuum defectui » e cioè: Supplisca la Fede al difetto dei sensi.
Bisogna conoscere,
ma con sobrietà.
Santa Teresina.
Quando si è
assaliti da tentazioni contro la Fede, si dica: Signore, io credo
quanto Voi avete rivelato e lo credo perché l'avete rivelato
Voi, che siete Verità infallibile! ... Signore, accrescete in
me la Fede!
Non sono le anime,
per così dire, piccine che possono avere le tentazioni, ma anche
certe anime grandi, quale Santa Teresina del Bambino Gesù.
A questa Santa il
demonio suggeriva: Cosa hai guadagnato a lasciare le comodità e
le gioie della tua famiglia, per vivere incompresa in un convento?
Le tue sofferenze
sono sprecate! ... Non c'è né Dio né un'altra vita!
Perché perdi il
tempo a seguire quel Tale, che è morto in croce da malfattore? -
La Santa, anima
delicatissima, si affliggeva, resisteva e con tutto ciò la
tentazione si intensificava.
Un giorno ebbe
un'idea luminosa, che attuò. Si praticò una piccola ferita e poi
con il suo stesso sangue scrisse la formula del Credo; teneva sul
petto la preziosa cartina e quando il demonio la tentava, portava la
mano al petto dicendo in cuor suo: Io credo tutto ciò che ho
scritto col mio sangue!
Scrisse la Santa
nella sua Autobiografia: - Ho fatto più atti di fede da qualche anno
in qua, anziché in tutto il resto della mia vita. -
Quanti meriti,
dunque, acquistò la Santa, a motivo di quella tentazione,
meriti che non avrebbe acquistati se Dio non avesse permesso quella
tentazione.
Ad imitazione di
Santa Teresina, chi ha tentazioni contro la Fede non si scoraggi e
non sprechi il tempo a pensare; piuttosto faccia degli atti di fede
con semplicità e serenità.
La bestemmia.
Più di una persona, specialmente del sesso
femminile, si è presentata allo scrivente in uno stato da fare pena.
- Reverendo, soffro
assai! Ho la testa piena di bestemmie. Sento nella mente parole
contro Dio e contro i Santi. Talvolta mi sembra di pronunciarle anche
con la bocca. Prego, sí! Ma che valore hanno le mie preghiere,
dato che con la mente bestemmio? Vorrei comunicarmi tutti i
giorni, stare sempre vicino a Gesù e dargli piacere; ma sento
di essere un'anima indegna e spesso tralascio la Comunione. Il
Confessore mi dice: Lei non pecca; può comunicarsi sempre! Ma
io non so più cosa fare! -
Per buona sorte
sono poche le persone soggette a questa tentazione.
Nel caso ora
esposto si tratta di un semplice lavorio mentale. Per effetto
dell'esaurimento nervoso la mente può fissarsi sulla bestemmia;
però non si commette peccato, neppure leggero, perché non c'è
nulla di volontario. Infatti, se si chiedesse a chi ha questa
tentazione: - Lei vorrebbe bestemmiare apposta, con la bocca,
per offendere Dio e sfogare la sua collera contro Gesù? - la
risposta sarebbe: - Ma io non vorrei offendere Gesù, anzi vorrei
amarlo! -
E’ questo il modo
di comportarsi: Convincersi che non si pecca. Distrarsi e non far
caso di quanto passa nella mente. Non stancarsi a fare esami di
coscienza, perché l'esaminarsi è tempo sprecato. Di tanto in
tanto dire: Benedetto Dio nei suoi Angeli e nei suoi Santi! -
Più di tutto si
curi l'esaurimento nervoso.
Contro la
carità.
Una tentazione
forte e non rara è quella contro la carità, che dalla semplice
antipatia può passare all'avversione ed all'odio.
Quando si riceve un
rifiuto, un'umiliazione, una grave offesa, resta ferito il
naturale amor proprio, o superbia. Sorge subito nella mente
un cumulo di pensieri tendenti all'avversione e, se non si sta
vigilanti, si progettano disegni di vendetta.
Finché nel primo
momento tutto si svolge nella mente, senza il controllo
dell'intelligenza e senza l'accettazione della volontà,
manca il peccato, perché si tratta solo di atti istintivi. Ma appena
si rientra in se stessi, bisogna reagire alla tentazione per non
soccombere. Il demonio approfitta del momento propizio per soffiare
sul fuoco e fare sviluppare un grande incendio da una piccola
favilla.
Si suggerisce cosa
fare:
1. - Appena ci si
accorge dell'assalto diabolico contro la carità, subito chiudere la
porta della volontà, dicendo: - Signore, non intendo acconsentire ai
pensieri ed ai sentimenti, che possono offendere la carità! -
Compiendo
quest'atto di protesta, si resti tranquilli.
2. - Se in seguito
si affacceranno alla mente i torti ricevuti, le parole offensive
udite ed i mali trattamenti, non si stia a ragionare, perché più si
vuol ragionare e più l'amor proprio ferito, sobillato dal demonio,
reclama i suoi diritti. Guai a secondare la superbia ferita!
Rimedio efficace
assai è il dire: Gesù, come Tu perdoni a me i peccati, così io
perdono, agli altri i torti che mi fanno! - Ovvero dire: Gesù, ti
offro la mia pena a penitenza dei miei peccati! -
Ed è ancor meglio
dire: Gesù, benedici chi mi ha offeso! Ricambia con gioia e
benedizione chi mi ha dato tanta amarezza! -
Quando
saltuariamente si presentasse alla mente l'immagine di chi abbia
mancato verso di noi, si approfitti per dire un'Ave Maria per l'anima
sua.
Chi si comporta
così, ottiene vittoria, acquista fortezza, mette in fuga il
demonio e si unisce di più a Gesù.
Quando si riceve la
Comunione o si recita il Rosario, la prima persona per cui pregare
sia quella verso la quale si sente avversione.
Se Dio presenta
l'opportunità di essere utile a chi abbia mancato nei nostri
riguardi, non si lasci sfuggire l'occasione.
Oggi non sono
disposta!
Una famiglia
numerosa era a tavola. Essendo giorno festivo, alla fine del
pranzo fu dato il dolce.
Si sa che tanto i
piccoli quanto i grandi non rinunziano facilmente ad un dolce.
Eppure la figlia maggiore quel giorno vi rinunziò; con un
sorriso lo porse alla mamma, dicendo: Mangialo tu! Oggi non sono
disposta! -
La mamma non
trovava la ragione di quella privazione e per il momento non chiese
nulla.
Ma nel pomeriggio
chiese: Sarei curiosa di sapere perché ti sei privata del dolce!
- Non vorrei
dirtelo; ma poiché potrebbe essere di giovamento anche a te, lo
dico, a patto che non ne parli con altri. Una amica mi ha oggi
offesa; mi son sentita bollire il sangue; mi sono frenata per
amore di Gesù ed è ritornata in me la calma. Quando a tavola
mi son trovata davanti al dolce, mi è venuta in mente l'amica. Ho
avuto una ispirazione ed ho detto nel mio cuore: Gesù, rinuncio al
dolce per tuo amore; il mio sacrificio accettalo a bene
dell'anima, anzi gradiscilo come se te l'offrisse l'amica e non
io. Intanto, o Gesù, benedici lei e me! -
Ansietà di
spirito.
Una tentazione
pesante è questa: Ho peccato nella mia vita. Ma Dio mi ha
perdonato? ... Ho fatto tante Confessioni. Ma ho accusato bene i
miei peccati? ...
Questo timore e
questo dubbio, alimentati spesso dall'opera diabolica, tarpano le ali
della vita spirituale e rendono l'anima triste e oppressa.
Come superare tale
tentazione?
1. - Pensando che
Gesù è buono, che in un attimo cancellò una vita di scandali a
Maria Maddalena e che dietro poche parole di pentimento promise
subito il Paradiso al buon ladrone.
Si bacino spesso le
sante Piaghe di Gesù, dicendo col cuore: Qui metto tutte le miserie
della mia vita! O buon Gesù, pietà di me!
Come può Gesù,
che è tutto bontà e misericordia, non perdonare ad un'amica
contrita ed umiliata?
2. - Riflettendo
sulle Confessioni passate, se ci fossero dei forti e veri
timori, si manifestino al Confessore e poi si stia nella serenità
dello spirito, senza preoccuparsi più del passato.
Il cuore turbato è
il campo ove il demonio guadagna sempre qualche cosa.
Tentazione
allarmante.
Di buon mattino mi
ero messo in viaggio; stavo sul direttissimo. Mentre il
controllore vistava i biglietti del mio compartimento ed io
gli scambiavo qualche parola, il treno improvvisamente si fermò, pur
essendo in aperta campagna.
Il controllore si
allontanò pochi minuti e poi, ritornato, disse: Un uomo è morto
sotto il treno!
Da Sacerdote, nella
speranza di essere ancora in tempo a dare l'Assoluzione
sacramentale, scesi dal treno per andare e vedere. Nulla da
fare! Il corpo era presso le rotaie e la testa dell'infelice stava a
due metri, in una scarpata.
Era un uomo sugli
ottant'anni. Forse solo, privo di affetto e di tutto, stanco della
vita, in un momento di abbattimento decise di troncarsi la vita.
Si compatisce un
vecchio, forse poco consapevole dell'atto inumano per effetto
della arterio-sclerosi.
Ciò che oggi è
allarmante è la tentazione del suicidio, tentazione terribile, che
giornalmente ha le sue vittime, come appare dagli articoli dei
giornali.
E non sono tanto i
vecchi, quanto i giovani ad essere tentati.
Tra le lettere che
ho sul tavolo, c'è quella di una giovane, che per due volte ha
tentato di avvelenarsi.
Una madre, venuta a
trovarmi con la figlia, mi diceva qualche tempo fa:
- Questa figlia si
è gettata dal balcone e non è morta. Ancora un paio di volte ha
tentato di uccidersi. Non so più cosa fare!
Mi sforzai di
convincere la giovane a non fare simili pazzie e mi rispose:
- Ciò che lei dice
è giusto. Ma io sola so che cosa provo dentro di me; nessuno
può averne un'idea! -
Un'altra madre,
vestita a lutto, mi diceva: Stavo nella mia cameretta, quando
entrò la figlia di ventiseí anni. Mi abbracciò e disse: Mamma, ti
saluto per sempre! Ho preso or ora il veleno! ... E così ho perduto
la figlia! -
In vista di tanti
attentati di suicidio, un tedesco, vero filantropo, da alcuni anni ha
attuato una buona iniziativa. Ha comunicato per radio il numero del
suo telefono, dicendo: Chiunque avrà deciso di togliersi la
vita, prima di suicidarsi mi chiami a telefono.
Altre buone
persone, anche in Italia, già ne seguono l'esempio, pubblicando il
loro numero di telefono. L'iniziativa ha preso il nome di « Telefono
Amico ».
Si spera che
mettendosi qualcuno a colloquio con questi disperati, si possa
riuscire a calmare i loro nervi, incoraggiandoli a superare le
difficoltà della vita.
Motivi.
Come spiegare tanti
tentativi di suicidio? La vita irreligiosa moderna influisce assai.
Si è falsato da molti il fine della vita, cioè si vuole vivere
soltanto per godere. Quando ci si trova davanti ad una forte
sofferenza, si conclude: Non ne posso più! È meglio farla finita!
Siccome si vuol
trascorrere la vita passando da piacere a piacere, non essendo
allenati al dolore, ci si abbatte per poco; talvolta per
arrivare al suicidio basta una bocciatura agli esami, un affare
mal riuscito, una disillusione d'amore, un rifiuto reciso avuto dai
genitori e spesso il sentire il vuoto nel cuore. Può spingere al
suicidio la vanità di far parlare di sé i giornali.
Il demonio potrebbe
tentare anche persone timorate di Dio, in certe ore nere della
vita. Bisogna allora pregare, domandare la forza a Dio e respingere
subito e con energia l'insinuazione diabolica.
Poiché queste
pagine sono dirette alle anime pie, si raccomanda loro di non
dimenticare nella preghiera quotidiana le persone disperate,
che sono in procinto di suicidarsi, affinché il Signore ne abbia
misericordia.
Contro la
purezza.
Le tentazioni
specifiche, di cui si è parlato, riguardano certe categorie di
anime; infatti non tutte le persone sono tentate contro la
Fede, o di bestemmia, o di suicidio.
Ma c'è una
tentazione che riguarda tutti ed è quella contro la virtù della
purezza.
Poiché da tutti si
è tentati e con veemenza e di giorno e di notte e si è tentati
in mille modi, in vista di ciò è bene trattare l'argomento un po'
diffusamente.
Iddio ha creato
l'uomo e la donna per attuare i suoi disegni nel mondo. Ciò che il
Creatore ha stabilito è santo.
E' prescritta la
purezza e del corpo e dello spirito. A tale scopo Dio ha dato
due comandamenti: il « sesto » che riguarda gli atti, ed il « nono
» che riguarda i pensieri e i desideri.
Mancare
volontariamente a questi ordini divini è peccato mortale.
Chi ha buona
volontà, con la grazia di Dio, può mantenersi puro.
C'è la purezza
coniugale, prescritta a coloro che sono legati dal vincolo del
matrimonio, e c'è la purezza verginale, prescritta a chi non ha
il vincolo matrimoniale, cioè ai celibi, alle nubili, ai vedovi e
alle vedove.
A chi volesse
ulteriori istruzioni in proposito si consiglia il libretto «
Perla e fango » (Libreria Sacro Cuore - Via Lenzi - Messina).
Il divorzio.
La corrente
dell'immoralità vuol travolgere tutto; vuole abbattere anche la
santità del matrimonio.
Pure nelle nazioni
cattoliche, quale è l'Italia, si è fatto di tutto per avere la
legge del divorzio. Essendo il problema del divorzio di capitale
importanza, si d'anno delle delucidazioni.
Il matrimonio è il
Sacramento che dà all'uomo e alla donna la grazia di convivere
santamente e di educare cristianamente i figliuoli.
Questo Sacramento
lega gli sposi con vincolo indissolubile. Nessuna autorità
umana, neppure il Capo Supremo della Chiesa Cattolica, ha il
diritto di scioglierlo, finché gli sposi sono in vita. Soltanto la
morte di uno dei coniugi spezza tale vincolo.
L'indissolubilità
è legge divina; infatti Gesù Cristo ha detto: « L'uomo non separi
ciò che Dio ha congiunto » (San Matteo, XIX-6).
Essendo il divorzio
proibito da Dio, pecca gravemente l'uomo che lascia la propria
moglie per convivere con un'altra donna, come pecca la donna che
abbandona il proprio marito per convivere con un altro uomo.
Ancorché in una
nazione ci sia la legge del divorzio, chi si serve di essa per
divorziare, commette peccato mortale, anzi si lega ad una
terribile catena di peccati mortali quotidiani.
I divorziati sono
pubblici peccatori ed i loro figli sono figli del peccato.
Per conseguenza i
divorziati non possono né confessarsi, né comunicarsi, né ricevere
alcun altro Sacramento; non sono ammessi a fare da padrini al
Battesimo ed alla Cresima; i loro cadaveri non possono portarsi
in chiesa per i funerali e la loro tomba non riceve la Benedizione.
Queste sono le pene
ecclesiastiche riservate a chi divorzia.
Nei rapporti con
Dio i divorziati sono molto da compiangersi; vivendo essi nello stato
abituale di peccato, sono sotto la spada della Divina Giustizia.
Guai a morire in tale stato! Li attende l'inferno, ove sconteranno in
eterno i pochi anni di vita di piacere. Il Creatore, che ha dato
una legge, essendo infinitamente giusto, non può non punire
chi la calpesta.
Riflettere bene!
Il male non si deve
fare, né consigliare, né approvare, né desiderare e né vi si deve
cooperare in qualsiasi modo. Pecca perciò chi fa un omicidio,
che lo consiglia, chi l'approva e chi vi coopera in qualche modo.
Questo principio di morale è per tutte le violazioni della
legge di Dio e quindi anche per il divorzio.
Pecca, dunque,
gravemente chi fa il divorzio, chi lo suggerisce, chi lo
desidera, chi l'approva e chi vi coopera.
Davanti a Dio sono
rei di grave colpa i Deputati al Parlamento che votano per la legge
del divorzio, coloro che hanno eletto tali Deputati sapendo che un
giorno avrebbero votato per questa legge immorale; sono
pure colpevoli i pubblicisti, che con libri o con giornali propugnano
il divorzio.
I peccati
d'immoralità che si commettono in una nazione, forse per secoli, a
motivo della legge del divorzio, sono imputabili non soltanto ai
divorziati, ma pure a coloro che hanno cooperato per averne la legge,
essendone responsabili in causa.
Quale tremenda
responsabilità apporta la legge del divorzio!
Gli uomini e le
donne immorali avranno da fare un giorno i conti con Dio, col quale
c'è poco da scherzare! ...
Sul matrimonio ed
in particolare sul divorzio ci sarebbe molto da dire. Si rimanda
il lettore ad altri scritti, di cui sono fornite le Librerie
cattoliche.
Gl'incendi.
Una sera d'estate,
ad ora avanzata, stavo in terrazza e contemplavo un grande incendio,
che si svolgeva sui Monti Peloritani, poco distanti da Messina. In
seguito, passando in macchina per quei pressi, vidi il danno causato
dall'incendio.
Un'altra sera, pure
d'estate, volgendo lo sguardo al di là dello Stretto, vidi sulle
alture di Aspromonte, in Calabria, non un incendio, ma parecchi
incendi, distanti tra loro. È da pensare: si mettono iscrizioni e
targhe lungo gli stradali « Pericolo d'incendio » e gl'incendi
avvengono ugualmente!
Quale causa
potrebbe produrli in un bosco? ... Forse una vendetta privata,
oppure una cicca di sigaretta, ancora accesa, gettata distrattamente
da un fumatore, oppure qualche cosa di simile.
Ma c'è un'altra
causa ed è l'autocombustione, cioè l'incendio che si sviluppa
da se stesso. La reazione chimica, dovuta alla fermentazione di
certi elementi in decomposizione, produce calore ed essendo i
cespugli ed il fogliame abbastanza caldi per l'azione del sole,
avviene l'incendio.
Ciò che si
verifica nel mondo vegetale, sotto altro aspetto si verifica pure in
quello animale; e poiché il corpo umano è soggetto alle leggi del
mondo animale, si deve vigilare sull'autocombustione.
Nel corpo umano
possono svilupparsi improvvisamente degli incendi passionali,
anche senza una causa esterna determinante. Non bisogna né
meravigliarsi né tanto meno scoraggiarsi; si faccia però di
tutto per non alimentare l'incendio, anzi per spegnerlo.
L'incendio
corporale si doma col conservare la calma dello spirito,
convinti che ciò che non è volontario non può essere peccato.
Il pensiero agisce
potentemente sul corpo; perciò l'autocombustione si supera
d'ordinario col volgere la mente ad altro, col cambiare
posizione, passeggiando, applicandosi a qualche lavoro, cercando
onesta compagnia ed anche ... cantando o zufolando... come
diceva un oratore ad un gruppo di giovanotti universitari.
Più che tutto
giova il pensare serenamente a Dio, alla morte, al Paradiso ed
il recitare qualche preghiera.
Una visione.
San Smeraldo Abate,
a proposito di tentazioni, racconta un fatto. Dice che un santo
monaco vide una volta due demoni, che stavano ragionando tra loro.
Uno domandò: -
Come te la passi col tuo monaco?
- Molto bene,
perché gli presento alla mente un cattivo pensiero ed egli si ferma
a rimirarlo. Dopo torna a fare riflessione: come andò quel
pensiero, se vi si trattenne, se vi ebbe qualche colpa, se gli fece
resistenza, donde ebbe origine, se vi diede occasione, se
fece tutto ciò che poteva per resistere. In tal modo gli faccio
sprecare il tempo. Rispose l'altro demonio:
- A me non succede
così! Il mio monaco è furbo. Appena gli presento un cattivo
pensiero, rivolge subito la mente ad altro, ovvero si leva da
sedere e dà mano a qualche occupazione. Per quanto io faccia, non
riesco a vincerlo -.
Il Signore avrà
permesso questa visione affinché serva d'insegnamento alle anime
tentate, specialmente contro la purezza.
Tempo
pericoloso.
L'autocombustione
nei magazzini di fieno può avvenire anche in periodo invernale; ma
nei boschi si verifica sempre in estate, tempo di forte calore.
Anche per il corpo
umano ci sono i periodi più pericolosi.
E' un periodo
particolare l'età, dai dodici anni circa ai cinquanta o ai sessanta.
È un pericolo la
stagione dell'anno; cioè il principio della primavera e tutta
l'estate. E’ pure un gran pericolo l'ora del giorno, cioè l'ora in
cui comincia il riposo notturno e quella del primo mattino.
Sono ore di
autocombustione quelle che seguono il pranzo.
Chi vuole, con
l'aiuto di Dio non si brucia, come non si bruciavano tra le fiamme
materiali Sant'Agata, Santa Lucia e Sant'Agnese.
La purezza del
corpo giova alla salute, conserva la pace del cuore, attira le
benedizioni di Dio e rende simili agli Angeli, in compagnia dei
quali un giorno i puri godranno in Cielo.
Il toro
inferocito.
Nel 1932 dimoravo a
Trapani. Avvenne allora un fatto curioso. La città è una lunga
lingua di terra che s'interna nel mare, dando a chi la guarda dal
vicino Monte Erice l'aspetto di una falce.
Un giorno alla
banchina del porto si mettevano giù dalla nave molti capi di
bestiame. Chi sa come, un toro riuscì a scappare. È da
immaginarsi il panico!
La bestia
inferociva sempre più, e per l'inseguimento e per le grida
d'allarme.
In meno che si dica
le vie si spopolarono; chi correva e chi si rifugiava in qualche
entrata. Il momento fu tragico quando il toro imboccò il Corso
Vittorio Emanuele, ove hanno sede parecchie scuole statali.
Si salvi chi può!
Guardie e
poliziotti con la pistola in mano seguivano il toro, finché questo
entrò in un portone. Seguí allora una scarica di pallottole e
la povera bestia si abbatté.
Un toro inferocito,
che corre pazzamente lungo le vie di una città, può fare delle
vittime.
Lucifero, o Satana,
che è il principe delle potenze infernali, intelligente oltre ogni
dire, sa bene che il peccato proprio dell'uomo e della donna è
quello contro la purezza; sa pure che chiunque si abbandona a questo
peccato, poco per volta perde anche la Fede e facilmente può
andare all'inferno.
Lucifero, per
permissione di Dio, ha il potere di mandare in giro per il mondo
i suoi satelliti, cioè i demoni, affinché tentino al male, senza
però violentare la libertà umana.
Non sappiamo in che
quantitativo i demoni vaghino per il mondo, però sappiamo che
per lo più tentano contro la purezza, non dando tregua ad alcuno. Se
è terribile un toro inferocito, e guai a chi gli si accosta
incautamente, più temibili sono i demoni dell'impurità,
arrabbiati per aver perduto il Paradiso e gelosi che vi vadano le
creature umane.
I demoni, essendo
puri spiriti, non si vedono, tranne quando Dio permette che
prendano temporaneamente sembianza umana, come, secondo che
narra la sacra storia, è avvenuto di vedere a certi Santi.
Dunque, questi tori
infernali seminano la strage nel mondo, suscitando pensieri e
desideri impuri, ispirando ed appoggiando le iniziative del male,
quale sarebbe oggi la moda scandalosa, togliendo dal cuore umano la
speranza della vita di oltretomba, mettendo il dubbio
sull'esistenza di Dio, annullando il timore dell'inferno e
presentando la vita presente come una partita di piacere.
I demoni della
fornicazione, conoscendo la tendenza dell'uomo e della donna verso
l'immoralità, per spingere al peccato si servono di tutto: di
persone, di oggetti, di luoghi, di spassi, ecc.
Fluido
magnetico.
Avevo tenuto una
conferenza a Torino; alla fine un Sacerdote mi presentò un giovane,
sui venticinque anni, dicendo: - Costui ha il fluido magnetico.
Vorrebbe intrattenersi un po' con lei -.
Tra me ed il
giovane si svolse un colloquio interessante: - Ha qualche titolo
di studio?
- Sono ragioniere.
Vorrei divenire Sacerdote. Ho chiesto consiglio anche a Padre
Pio da Pietrelcina.
- Faccia di tutto
per rispondere alla chiamata del Signore. Passando ad altro, dica un
po': Come utilizza lei il suo fluido magnetico?
- Curo le malattie.
- Quando e come si
è accorto di questo dono di Dio?
- Da ragazzo
avvertivo niente; crescendo negli anni, qualche volta avvertivo
un po' di malessere e stavo a disagio. Mi accorsi che mettendo
le mani sopra qualcuno, stavo meglio, poiché il fluido del mio corpo
si scaricava in parte su colui che toccavo. Così poco per volta
compresi sempre meglio che il mio corpo è un campo magnetico
speciale. Per mia iniziativa e per suggerimento di altri, provai
ad imporre le mani sui sofferenti ed essi o miglioravano o
guarivano. Consapevole di ciò, cerco di fare del bene. Se
qualcuno, per esempio, ha mal di testa, basta che per alcuni minuti
io vi ponga le mani sopra e cessa il dolore. Al mio contatto il
fluido si scarica sulla parte ammalata, agisce in bene e
l'organismo si rimette. Ormai con la pratica, ancorché gli ammalati
non mi dicano nulla del loro male, imponendo le mani indovino la
malattia. Difatti, dopo che mi presentano le lastre della
radiografia, tutto risulta come io ho di già constatato.
- Che cosa avverte
per individuare un male
- Quando la mia
mano è a contatto della parte ammalata, il fluido si scarica in
abbondanza in quel posto e sento un formicolio particolare
alla mano. Per certi disturbi bastano dieci minuti circa
d'imposizione delle mani; per altri mali è necessario ripetere
l'imposizione a distanza di giorni. Se lei ha qualche male, le do una
prova.
- Ho un piccolo
disturbo al petto; sarà un trauma per sforzi fatti.
- Ed allora,
permetta! Non occorre scoprirsi; impongo le mani sull'abito -.
Prima ancora che il giovane mi toccasse, già ad un palmo di
distanza, avvertii nell'organismo ciò che si avverte appena
penetra nel corpo il liquido di una iniezione endovenosa.
Procurai di non suggestionarmi. Il contatto delle mani produceva
abbondante calore. Presto il giovane individuò il punto preciso
del mio disturbo.
Influsso
malefico.
Il fluido magnetico
è qualche cosa di misterioso, che ancora sfugge ai ritrovati
della scienza; se ne constatano solo gli effetti. Coloro che ne sono
forniti in abbondanza, siccome d'ordinario l'utilizzano nel curare le
malattie, sono chiamati « guaritori » oppure « salvatori ».
Nel campo morale
c'è un'altra specie di fluido; invece di chiamarlo fluido benefico,
si chiami influsso malefico. È qualche cosa di diabolico, che
sprizza da certe persone e da certi ambienti, provocante
all'immoralità.
L'attuale società,
forse più che in altri tempi, è satura di tale influsso, il quale
agisce in male su tutti e su tutto. Hanno questo influsso: la
televisione scandalosa, la minigonna, il rotocalco dei giornali, il
foglio-réclame, l'affisso murale, ecc.
Nelle Litanie dei
Santi c'è l'invocazione: Dallo spirito di fornicazione, liberaci, o
Signore!
Che il Signore
liberi dall'influsso impuro le anime innocenti e che trattenga dal
male le anime penitenti!
Guardarsi dal
contagio.
In Colombia,
nell'America Meridionale, c'è un paese di lebbrosi, Agua de Dios. Un
visitatore, andando lì per osservare, diceva: « Ho constatato che
taluni dei lebbrosi toccano apposta degli oggetti, affinché i
visitatori possano avere il contagio della loro malattia ».
Questi miseri
agiscono male; meritano compassione.
Quelli che vivono
nel fango dell'immoralità sono peggiori dei lebbrosi; hanno la
disonestà loro e vogliono comunicarla agli altri, anzi sogliono
indispettirsi contro chi vuole essere puro.
Guardarsi!
Un convegno di
persone, in una famiglia, in un bar, in una sala di ricevimento o sul
treno. I due o i tre ... e forse più ... si fanno presto
conoscere per quello che sono. E’ lo sguardo irrequieto, è il
sorrisetto malizioso, è la maniera di vestire o di stare a sedere,
è la barzelletta equivoca, è il giornale cattivo che sta tra le
mani ... è tutto un assieme che manifesta il fango del cuore.
L'influsso malefico
della disonestà dei due o dei tre comincia ad agire sui presenti col
pericolo del contagio.
Bisogna evitare
l'incontro con tali persone, perché costituiscono una vera
tentazione. Se si è costretti da forza maggiore a stare
presenti, si pensi ad altro e si reagisca con energia al loro
cattivo influsso; se non altro, se è possibile, si cambi posto.
La favola
insegna.
L'antichissima
favola del lupo e dell'agnello è sempre di attualità.
Lungo un torrente,
ma in basso, stava un agnello a bere; lassù, in alto al torrente,
stava un lupo, al quale venne la brama di mangiare l'agnello. Cercava
un pretesto; perciò disse: - Non sporcarmi l'acqua!
- Se sto in basso,
non è vero che ti sporco l'acqua!
- Tuo nonno una
volta mi offese!
- Cosa c'entro io
con mio nonno? - Intanto, mentre si parlava, il lupo si avvicinava;
poi spiccò un salto, avventò al collo l'agnello e l'uccise.
Un maestro,
raccontata la favola, chiese agli alunni:
- Dunque, l'agnello
perdette la vita. Di chi fu la colpa?
- Del lupo! -
risposero a coro i ragazzi.
- No! - riprese il
maestro. - La colpa fu dell'agnello, perché, quando si accorse
che c'era il lupo, doveva scappare; invece stette fermo, cominciò a
chiacchierare e così gli fini male -.
La favola insegna a
tutti, ma specialmente alla gioventù femminile.
Oggi sono le
ragazze che vanno in bocca al lupo; non amano stare in casa e bramano
la compagnia dei giovanotti. Le conseguenze sono: poca voglia di
lavorare e di studiare, ribellione ai genitori, fughe, richieste
di divorzio, attentati di suicidio, ecc.
Attenti al
sesso!
Lo stato ordinario
è quello del matrimonio; è necessario quindi fidanzarsi.
Il fidanzamento,
periodo molto pericoloso, si svolga con serietà e secondo le
norme della morale cattolica.
Una cosa poco
lodevole è la troppa familiarità con le persone di altro
sesso, con la scusa della parentela, del vicinato, dell'amicizia
o della riconoscenza. Il fuoco e la paglia producono l'incendio!
Che male ci sarebbe
nella familiarità con una buona persona di altro sesso? Eppure! Si
prenda un pugno di terra santa; vi si metta sopra un poco di acqua
benedetta. Cosa ne risulterà? ... Un pugno di fango! Comprenda chi
può comprendere.
Custodire i
piccoli.
Venne a trovarmi in
ufficio una signora, con la figlioletta di quattro anni. Mi accorsi
che la bambina non poteva star ferma. Rovistava tutto, osservava
e faceva continue domande.
- Signora, - le
dissi - ma questa bambina è troppo vispa! La tenga a freno e la
domini mentre è ancora piccola.
- Reverendo, non ne
posso più! È troppo! Mentre attendevo nell'atrio per essere
ricevuta, ho dovuto darle due schiaffetti.
Me ne combina
sempre. L'altra sera eravamo in piazza; un signore ed un
ufficiale parlavano con me. Questa birichina, senza farsene
accorgere, estrasse dal fodero la pistola dell'ufficiale, si pose nel
mezzo della piazza e con l'arma in mano puntava sulle persone
circostanti. Corremmo a toglierla di mano. Per fortuna la pistola era
scarica -.
Questo episodio
infantile faccia aprire gli occhi ai genitori ed a chi ha cura dei
piccoli. I bambini oggi nascono, come si suol dire, con gli occhi
aperti. Essendo piccoli non sono responsabili di ciò che fanno, ma
si custodiscano bene, perché in fatto di purezza potrebbero
essere di tentazione ai grandi e potrebbero prendere l'abitudine del
male senza comprenderne la gravità.
I ragazzi e le
ragazze di nove o dieci anni, data l'atmosfera malefica che pervade
il mondo, ne sanno oggi forse piú di quanto se ne sapeva prima
oltrepassati i quindici anni.
Attenzione
particolare ai precoci! Che i piccoli siano e crescano puri!
« Chi avrà
scandalizzato uno di questi piccoli che credono in me, sarebbe meglio
per lui che gli fosse appesa al collo una macina da mulino e
fosse sommerso nel profondo del mare » (San Matteo, XVII-6).
Moda.
Quanta stranezza
nella moda femminile! Si è giunti al ridicolo ed al ributtante.
Sino al principio
di questo secolo le donne erano vestite con decenza, cioè, la
veste ai piedi e le maniche ai polsi; ma anche allora c'erano delle
stranezze; infatti talune, per distinguersi dalle altre, portavano la
veste con la coda; più lunga era la coda e più si era
ammirate. La veste prese tali proporzioni che fu necessario che una
donna andasse dietro ad un'altra donna per sostenerle la coda.
Era troppo; ma
l'abito di moda era quello e bisognava appagare la vanità muliebre.
Poco per volta scomparve la coda; la veste sino ai piedi era
comune. Al solito, la vanità cominciò a far ridurre la naturale
lunghezza, per apparire con una certa aria di modernità. Prima la
veste si accorciò di mezzo palmo, poi di uno e poi quasi di due.
Quando la veste femminile giunse al ginocchio, ci fu un allarme
di meraviglia. Allora venne fuori una cartolina del pubblico: Un
bambino, sopra i tre anni, piangeva lungo la via. Uria guardia gli
domandò:
- Perché piangi?
- Ho perduto la
mamma!
- Ma tu devi stare
sempre vicino alla mamma; devi stare attaccato alla sua gonna! - Non
ci arrivo! - esclamò il bambino. La barzelletta uscita in quel tempo
è oggi una triste realtà. La minigonna e la microgonna
non permettono più che i bimbi possano aggrapparsi alla veste della
mamma. Certe donne cattoliche, dette tali soltanto perché
battezzate, dovrebbero imparare la decenza del vestire dalle buddiste
e dalle maomettane. La donna vestita indecentemente appare forse più
bella? Al contrario! Desta meraviglia e spesso ribrezzo.
Qual è il movente
del nudismo femminile? In piccola parte è la vanità; in gran
parte è la disonestà. I primi responsabili di tanto marciume sono i
genitori e poi le figliuole. Quale conto daranno a Dio!
L'uomo è
tentazione alla donna e questa all'uomo. L'abito femminile indecente
è causa d'innumerevoli tentazioni, per cui può affermarsi che
le donne che vestono così sono a servizio di Satana, sono portatrici
di fango, rovina degli altri e più che tutto di se stesse.
Incontro con
un'artista.
L'influsso malefico
dell'impurità si riscontra pure, e non in piccola dose, nei
divertimenti mondani: balli, festival, canzoni, spiagge e
particolarmente film e televisione. Desideravo incontrarmi con
un'artista italoamericana, di nome Maria Iannella; l'incontro
avvenne a Roma.
La giovane artista,
ricca di doti intellettuali e d'iniziative e più che tutto
ripiena di amor di Dio, mi fece delle confidenze: « Amo Gesù e la
Madonna. La mia vita di artista è un apostolato. Ma quante lotte e
delusioni! Credevo di trovare almeno in Italia un campo fertile ed
invece... Proprio qui, a Roma, centro del Cattolicesimo, trovo
tanta irreligiosità ed immoralità.
« Sapesse quali
sconcezze si vedono nelle rappresentazioni! Non è molto, un'amica
insisteva che le facessi compagnia, poiché si dava in prima
visione un super-spettacolo. Andai e dalle prime scene compresi che
la rappresentazione trasmodava; dapprima abbassai lo sguardo e
poi fui costretta a lasciare la sala, con le lacrime agli occhi.
« Io che conosco
l'arte e la vedo così deturpata, mi affliggo più degli altri a
vedere certe cose. « Ormai ho deciso di ritornare a New York;
sono stanca della vita di Roma ». Fin qui l'artista Maria Iannella,
autrice ed attrice di drammi morali e religiosi, della quale
s'interessano le Riviste cattoliche. Quanto male può produrre un
film cattivo!
Scarica di
bombe.
Durante la guerra
del 1940-45 le incursioni aeree s'intensificavano sempre più.
Erano cadute le bombe sopra un edificio della mia città. Andai a
vedere. Che rovina! Un ammasso di macerie!
Nel primo momento
furono portati via i feriti ed i cadaveri in vista; poi si
procedette ad un lavoro delicato.
Non si vedeva altro
che un campo di macerie. Quanti, ancora vivi, stavano sotto quei
rottami! Come salvarli? Non si poteva andare sulle macerie, perché
il peso avrebbe accelerato la morte a qualche sottostante;
non si poteva lavorare con i picconi, per timore di colpire qualche
sotterrato.
Come Dio volle, con
pazienza e prudenza, si venne in aiuto a tanti infelici.
Intanto da molti si stava a guardare.
Un lembo di coperta
emergente sui rottami richiamò l'attenzione dei lavoranti.
Sotto vi si trovò una vecchia, che sembrava morta.
Fatto un po' di
largo, si procedette nel salvataggio e fu trovato un uomo morto, con
lire venticinque mila tra le mani. Avvistato un grande armadio, si
sgombrò all'intorno ed, appena aperto, ne vennero fuori due sposi,
del tutto illesi. I presenti li salutarono con un applauso spontaneo.
A poco a poco si salvò il salvabile. Ma quanti morti e feriti!
Danni morali.
Il male che produce
un film cattivo è superiore a quello che può produrre una densa
scarica di bombe sopra una città. Le bombe apportano danni
materiali, al massimo possono ferire o togliere la vita al
corpo. Il film immorale invece ferisce o toglie la vita della Grazia
all'anima.
Chi potrebbe
contare le tentazioni impure che assalgono gli spettatori
durante una rappresentazione oscena? E poiché le tentazioni sono
cercate, anzi si paga il biglietto per averle, come si può
resistere agli assalti della passione?
Quante anime, di
giovanetti e di fanciulle, entrano innocenti nella sala
cinematografica e poi ne escono scandalizzate! Quante altre ne
escono legate con doppie catene dai demoni della fornicazione!
Ciò che si dice
del film, vale anche per la televisione.
Conoscere
l'acqua.
Durante un Anno
Santo mi trovavo a Roma; vi giungevano pellegrini da tutto il mondo.
Andavo un giorno
lungo il Transtevere; era vicino a me una comitiva di pellegrini. Uno
di costoro, vero omaccione, stanco e assetato, alla vista di una
fontanella non ci pensò due volte e si attaccò al getto d'acqua.
Frattanto uno dei presenti lesse e pronunciò forte le parole
scritte sulla fontanella: « Acqua Marcia ».
Udito questo, la
moglie dell'omaccione corse alla fontanella, afferrò il marito per
un braccio, gridando: - Non bere! Non bere! Quest'acqua é marcia! Ti
avveleni! -
Intervenni subito
io: - Signora, si calmi! L'Acqua Marcia di Roma è buona, anzi la
migliore della città! - Se me lo dice lei, che è Sacerdote, ci
credo! ... E allora, marito mio, continua a bere! -
In altra occasione
ero in treno, sulla linea Roma-Torino. Trovandomi sulla
piattaforma della vettura, vidi passarmi vicino un ragazzetto.
Non ne feci caso. Dopo un poco assistetti ad un dialogo.
Il ragazzetto,
assetato, lasciando aperta la porta del gabinetto, cominciò a bere
l'acqua del così detto « lavabo », acqua destinata solo ad
uso esterno. Un signore, accortosi, disse: - Bambino, non bere!
Quest'acqua ti fa male.
- Perché mi fa
male? - Perché non è buona.
- Ma sì che è
buona! - replicò il ragazzetto. Qui sta scritto « Acqua non
potabile ». Perciò vuol dire che si può bere! -
Ce ne volle per
convincere quel marmocchio!
Attenti all'acqua!
Non tutta l'acqua, che momentaneamente disseta, è buona; potrebbe
essere inquinata. Ci vuole poco a prendersi un tifo o un
paratifo.
Ciò che si dice
dell'acqua, si dica pure del cibo.
Lettura sana.
Il nostro corpo ha
bisogno di acqua e di cibo; pure il nostro spirito, o anima, ha
bisogno di nutrizione. Si nutrisce la mente con la ricerca della
verità, accumulando cognizioni; l'intelligenza infatti ha sete
di conoscere, sete che si appaga con l'istruzione. Ci si può
istruire in diverse maniere, ma la più comune è la lettura.
La lettura è acqua
e cibo dello spirito. Guai se la lettura non è buona!
L'intelligenza allora si ottenebra e la volontà si perverte.
C'è in giro molta
stampa; la maggior parte è pericolosa o addirittura cattiva. Per
renderla più attraente, i pubblicisti presentano materia piccante,
pornografia o scandalosa; inoltre arricchiscono le pagine d'immagini
immodeste, ponendo in prima pagina di copertina, ad esempio, una
giovane in minigonna o in costume da bagno.
Un giornale, o una
rivista, o un fumetto, o un romanzo, messi su da pubblicisti senza
coscienza, diventano una deleteria sorgente di tentazioni contro la
purezza.
Non si lasci
entrare in casa la stampa cattiva! Si vigili che non vada in mano
specialmente alla gioventù! Si distrugga quella che capitasse
tra le mani!
Si diffonda
piuttosto la stampa buona! Quando si viaggia, si lasci un buon libro
sul sedile, quasi fosse stato dimenticato. Qualcuno prenderà e
leggerà. Si spedisca per posta, in omaggio, all'insaputa del
destinatario. Si regali il buon libro, come atto di carità!
Donare un buon libro ad un'anima bisognosa o farlo penetrare in una
famiglia di indifferenti, vale più che regalare un pranzo ad un
poverello.
Coloro che vestono
con indecenza, o assistono a spettacoli non buoni, o leggono
stampa cattiva, non dovrebbero recitare il Padre nostro. Se costoro
dicessero: « Padre nostro ... e non ci indurre in tentazione! »,
potrebbe il Signore rispondere: « Siete voi che cercate la
tentazione, anzi voi siete di tentazione agli altri! Come osate
chiedere a me la grazia di liberarvene o la forza per non cadere? ».
Lettori e lettrici
di questo libretto, esaminate la coscienza su quei punti della
purezza, che più vi riguardano!
SEGRETI DI VITTORIA
Un brutto quarto
d'ora.
Ad ora notturna
avanzata partivo da Villa San Giovanni sulla nave-traghetto per
rientrare in Sicilia.
Attraversare lo
Stretto è delizioso, ma non così quando infuriano i venti,
specialmente perché proprio allo Stretto s'incontrano i
due mari, il Tirreno e l'Ionio. Quella notte, dopo qualche attesa
d'incertezza, il comandante della nave diede il via. Finché si
era vicino alla terra, le onde agitate non mettevano paura; ma
in alto mare, incalzando il vento e la furia delle onde, cominciò il
panico.
La nave doveva
resistere ed andare avanti; tutti i motori si misero in
attività; si spensero tutte le luci. La nave frattanto oscillava da
sembrare un'enorme altalena.
Io stavo a centro
della nave per avvertire meno il disturbo; pregavo e con me altri.
Finalmente si entrò nel porto; recitai un'Ave di ringraziamento,
rivolto alla Madonnina, che domina sul braccio del porto. Si
passò da tutti un brutto quarto d'ora. Anche la tentazione è un
brutto quarto d'ora nella vita umana; è una tempesta spirituale.
Occorre stare preparati e sapere come comportarsi all'occasione.
Sulla nave c'è
tutto preparato: gòmene, pompe, salvagente, scialuppe, àncore,
ignìfugo ... Dato l'allarme, ognuno si mette all'opera per
salvarsi e salvare.
Trattandosi il tema
delle tentazioni, si devono presentare i mezzi opportuni per non
farsi travolgere dalle onde della tentazione.
Al principio della
Passione, nel Getsemani, Gesù agonizzava e sudava sangue; si
accostò ai tre Apostoli che dormivano e, svegliatili, disse loro: «
Vigilate e pregate, per non cadere in tentazione » (San Matteo,
XXVI-41) .
Dunque, Gesù
insegna quali siano i mezzi ai quali appigliarsi: la vigilanza e la
preghiera.
Se ne dà
dettagliata spiegazione.
Vigilanza.
Non è raro il viaggio in treno di qualche detenuto.
In tal caso in un compartimento della vettura si scrive: « Riservato
ai detenuti ».
Entro l'anno, in
cui scrivo, giunse alla stazione di Messina un compartimento
riservato. Era portato fuori dalla Sicilia un assassino, uomo
tetro. Lungo il tragitto era stato ben custodito. Alla stazione i
gendarmi, sicuri che tutto procedesse bene, scesero dalla
vettura e s'intrattennero a chiacchierare sulla banchina.
Appena il detenuto
si vide solo nel compartimento e si accorse che i custodi non
vigilavano, si liberò alla meglio dalle pastoie, saltò fuori
dallo sportello opposto alla banchina e prese la fuga.
Fu grande poi lo
sgomento dei gendarmi. Essi ne erano i responsabili ed i gravemente
responsabili. Seguirono telefonate alla Legione dei Carabinieri
ed alla Questura Centrale; tutti in movimento per rintracciare
subito l'assassino.
Non essendo facile
l'impresa, l'indomani giunsero in città i cani-poliziotti; si fecero
annusare ad essi certi indumenti del detenuto e poi furono
sguinzagliati per la città, sotto il controllo dei veri poliziotti.
I cani, guidati dal
fiuto, rifecero il percorso fatto dal fuggitivo; era
meraviglioso vederli andare avanti ed indietro, fermarsi
definitivamente. Forse i forti odori estranei, specie il puzzo della
benzina, avranno fatto disorientare i bravi cani.
Dopo due giorni di
trepidanti ricerche, con l'aiuto delle foto, si riuscì a trovare
l'assassino.
In conclusione:
finché i gendarmi vigilavano, tutto procedeva bene; cessata la
vigilanza, cominciarono i pasticci.
Così nel campo
spirituale: finché si vigila sulle cattive tendenze del cuore e
del corpo, finché si fuggono le occasioni, finché si riflette sui
lacci che Satana tende, non si cade nella tentazione. Ma se si vive
alla leggera, poco curandosi della vita spirituale, cullandosi sui
passatempi e sulle scarse gioie della vita, allora i nemici
spirituali assalgono e cantano vittoria sull'anima.
« Beati quei servi
- dice Gesù - che il padrone al suo ritorno troverà vigilanti »
(San Luca, XII-37).
Preghiera.
Per vincere le
tentazioni è necessaria la forza che viene da Dio, forza che si
ottiene con la preghiera. Per questo Gesù nell'Orto del Getsemani
esortò gli Apostoli a pregare.
Gesù, nella
preghiera del Padre nostro, tra le grazie da domandare a Dio mise
anche questa: « E non ci indurre in tentazione », il che
vuol dire: Dà a noi, o Dio, la forza per non essere vinti dalla
tentazione.
Recitando il Padre
nostro, si ponga sempre mente alla suddetta invocazione, per
implorare l'aiuto divino nella lotta con Satana.
Chi prega, si
salva; chi non prega, si danna!
Qualunque preghiera
è accetta a Dio ed ha la sua efficacia; ma se ne suggeriscono due in
particolare. La prima è l'invocazione del divino aiuto per i
meriti della vittoria riportata da Gesù su Satana, quando fu tentato
per tre volte nel deserto. È del seguente tenore:
« Gesù, che con
la tua onnipotenza dicesti: Satana, ritirati e si adori il solo
Dio, per i meriti di tale vittoria, concedimi la grazia che io non
sia mai preda delle sue diaboliche suggestioni e metta sempre nei
miei pensieri di volere piuttosto la morte, che aderire ai
suggerimenti del maligno infernale.
« Signore Gesù,
per il tuo santissimo Nome aiutami a trionfare delle mie passioni,
che sono e danno motivo a Satana di tormentarmi.
« Io, che ho
fiducia nel tuo aiuto ed in quello della Madre tua divina, trionferò
di sicuro ed avrò la salvezza eterna. Amen! ».
Questa preghiera
sia recitata di tanto in tanto; ma in certi periodi, in cui gli
assalti diabolici si susseguono con frequenza, sia recitata
possibilmente ogni giorno.
L'altra preghiera
che si consiglia è l'offerta del Divin Sangue. Il Sangue di
Gesù Cristo, offerto all'Eterno Padre con fede, è mezzo
efficacissimo per abbattere i nemici dell'anima.
Nella storia del «
Fiorellino di Gesù » si narra:
« Quest'anima
privilegiata era fortemente tentata. Il demonio l'assaliva anche in
modo sensibile, presentandosi in forma umana.
« Il direttore
spirituale un giorno le suggerì: Appena le si presenterà la
prima volta il demonio per tentarla, dica subito: "Scenda,
o Signore, il tuo Sangue sopra di me per fortificarmi e sopra il
demonio per abbatterlo!". Detto questo, osservi bene il
comportamento del maligno.
« Non passò molto
ed al solito il tentatore si presentò.
« Appena recitata
la preghierina del Divin Sangue, il demonio montò sulle furie ed
esclamò: "Ma quell'uomo non aveva altro da suggerirti?..."
« Il Direttore
spirituale comprese sempre più l'importanza di quell'invocazione e
ne fece tesoro per giovare anche ad altre anime tentate ».
Impariamo tutti.
Quando ci si trova
sotto l'azione diabolica e la tentazione persiste, si dica e si
ripeta con fede: « Scenda, o Signore, il tuo Sangue sopra di me per
fortificarmi e sopra il demonio per abbatterlo! »
Il tentatore potrà
continuare ancora l'assalto, perché non vorrebbe darsi vinto,
ma presto si allontanerà sconfitto.
Al momento della
tentazione se ne faccia l'esperienza.
È pure di grande
aiuto, quando si è tentati, il baciare con amore le sante
Piaghe di Gesù Crocifisso, dicendo, ad esempio: « Gesù,
custodiscimi in queste sante Piaghe! ».
Il demonio teme
molto la preghiera che si rivolge alla Vergine Santissima. Quella
comune è la recita dell'Ave Maria; però si possono formulare altre
preghierine, secondo le occasioni e la propria devozione.
È graziosa la
seguente: « Ave, o Maria, piena di grazia, - Immacolata e
bella!
Stella del
Paradiso, - prega per noi! ». Sono pure accette alla Madonna alcune
pie invocazioni; ad esempio: « Dolce Maria, - salva l'anima mia! ».
« Madre del Redentore, - custodiscimi nel tuo Cuore! ».
« Vergine buona e
potente, - schiaccia tu la testa al serpente! ».
« Maria, Regina
del Cielo, - coprimi tu col vergineo velo! ».
E’ lodevole
l'usanza di quelle anime che, quando la tentazione tira a lungo,
tengono in mano la corona del Rosario o la medaglietta della
Madonna e le danno qualche bacio.
Non si dimentichi
che ognuno di noi ha un Angelo Custode, il quale ha la missione di
assisterci e di difenderci. Perché ci venga in aiuto, lo si
deve pregare.
Nelle tentazioni
può invocarsi qualche Santo, verso il quale si nutre particolare
devozione, come sarebbe il Santo o la Santa di cui si porta il
nome.
In senso largo,
possono considerarsi preghiera anche i buoni pensieri.
Il primo pensiero,
forte e vantaggioso, è quello della presenza di Dio. Essendo Dio
purissimo Spirito, Infinito, è presente ovunque e scruta
l'intimo dei cuori. Si pensi, quando si è tentati a fare il male:
Sono in questo momento sotto lo sguardo diretto di Dio!
A tanti giova il
pensare di trovarsi davanti a Gesù grondante sangue, o
flagellato, o coronato di spine, o inchiodato sulla croce,
mentre si dice dentro di sé: Se cedo alla tentazione, offendo il
buon Gesù, che ha sparso il Sangue per salvarmi!
Come fa bene il
pensare a Gesù presente, così può far bene il pensare al demonio
tentatore presente.
Chi è in pericolo
di peccare, pensi: Se io vedessi in questo istante, qui, dinnanzi a
me, il brutto demonio in forma umana e mi dicesse: « Fa' questo
peccato! », io cosa gli risponderei? Subito lo caccerei, gridando:
Va' via, Satana; Non mi tentare!
Ebbene, nella
tentazione è proprio il demonio che lavora ed è lì, presso la
persona tentata, in forma invisibile, perché spirito, ma
reale.
L'anima tentata
immagini di vederselo davanti in sembianze orribili, per sentirsi più
pronta ad allontanarlo.
Il pensiero dei
Novissimi è stato e sarà sempre di aiuto nel tempo della
tentazione: Si muore; si ha da comparire davanti a Gesù Cristo
Giudice; attende il Paradiso, oppure l'inferno.
Per accontentare
questo mio corpo, che sarà chiuso in una cassa e seppellito dentro
una fossa, vorrò cedere alla tentazione, prepararmi un
terribile Giudizio divino e dispormi ad andare all'inferno? ...
Lo Spirito Santo
dice: «Pensa ai tuoi novissimi e non peccherai in eterno! »
(Ecclesiastico, VII - 40).
La forza maggiore
all'anima viene dai Sacramenti. Si sia frequenti alla Confessione
ed alla Comunione, particolarmente nei periodi difficili, quando cioè
pare che tutte le potenze infernali siano schierate contro di noi.
La Confessione ben
fatta e la Comunione ben ricevuta sono le armi più potenti contro
Satana.
Penitenza.
« Se non farete
penitenza - dice Gesù - perirete tutti » (San Luca, XIII - 5). La
penitenza, è necessaria. I Santi sono divenuti tali per il grande
spirito di penitenza. Quando per resistere ai latrati della
passione ai Santi non bastavano i mezzi ordinari, ricorrevano agli
straordinari, cioè alle battíture, ai cilizi o ad altre dure
penitenze. Così, per esempio, San Pier Damiani per vincere
certe tentazioni talvolta d'inverno s'immergeva nell'acqua
fredda del fiume
Pur non giungendo a
questi estremi, chi vuol vincere le tentazioni corporali, coltivi
lo spirito di mortificazione.
Si faccia molto
conto della mortificazione di gola; infatti Gesù, parlando del
demonio dell'impurità, dice: « Questo genere di demoni non si
scaccia se non con la preghiera e il digiuno » (San Matteo, XVII -
20).
Occorre la
penitenza preventiva, cioè prima della tentazione, per essere
allenati alle rinunzie; occorre la penitenza seguente, cioè dopo la
tentazione, specialmente se si avesse avuto la disgrazia di cedere
all'assalto della passione.
Ad ogni eventuale
caduta far seguire una buona penitenza volontaria.
Il demonio ha paura
di quelli che fanno penitenza.
Due insidie.
Di due cose si
serve spesso Satana per vincere: dello scoraggiamento e della
presunzione.
Non si dica mai: «
È inutile resistere alla tentazione; ... Tanto non ci riesco ... ».
Non ci si scoraggi mai, per quanto le tentazioni siano forti ed
insistenti. Quando l'anima fa ciò che può, assistita com'è dalla
Grazia divina, non cade.
Piuttosto si
manifesti lo scoraggiamento al Direttore spirituale o al Confessore e
si mettano in pratica i consigli opportuni.
Più pericolosa è
la presunzione, cioè il dire: « Gli altri cadono facilmente in
peccato, perché sono deboli; ma io mi sento forte e supero con
facilità gli assalti! Da tanto tempo riporto sempre vittoria! ».
Il dire questo è
segno di fine superbia. « Chi sta in piedi, stia attento per non
cadere ».
Ed è proprio la
superbia che fa cadere. « Dio resiste ai superbi e dà la sua
grazia agli umili ».
Quando il superbo è
tentato, negandogli Dio la sua grazia, resta solo e debole e così
precipita in basso più degli altri.
Abbiamo un doloroso
esempio in San Pietro.
Al principio della
sua Passione Gesú disse a San Pietro: « Simone, Simone, ecco Satana
ha cercato di vagliarvi come il grano. Ma io ho pregato per te,
affinché la tua fede non venga meno; e tu, ravveduto che sia,
conferma i tuoi fratelli ».
E quello rispose: «
Signore, se anche tutti si scandalizzeranno per tua cagione, io
giammai! ».
San Pietro si
credeva forte e più degli altri; presumeva troppo di sé. Subito
Gesù gli predisse la caduta: « In verità ti dico, oggi, in questa
notte, prima che il gallo canti per la seconda volta, tu mi
rinnegherai tre volte! ».
San Pietro non
credette a queste parole e con più veemenza dichiarò: « Dovessi
anche morire con te, non ti rinnegherò! » (San Marco, XIV -
29). Sappiamo come sia finita al Principe degli Apostoli: rinnegò
Gesù Cristo davanti ad una serva, giurando e spergiurando che
neppure lo conosceva ...
La lezione di San
Pietro giovi a tutti! Nessuno si fidi troppo di sé ed in
particolare nessuno confidi nella purezza avuta in passato.
Conclusione.
Quando un
imperatore romano, dopo una guerra o dopo una grande battaglia
decisiva, faceva ritorno a Roma, all'ingresso della città gli
si prodigavano onoranze eccezionali. Talvolta all'occasione si
costruiva un maestoso arco, sotto il quale lo si faceva passare;
l'arco poi prendeva il nome dell'imperatore.
A Roma, poco
distante dal Colosseo, c'è la Via dei Trionfi, ove stanno ancora tre
Archi trionfali, dei quali il più rinomato è quello di Costantino.
L'imperatore
vittorioso era poi onorato con un susseguirsi di feste; tutti
andavano a gara per tributargli omaggi. Si dava così al vincitore il
meritato onore.
Cosa è l'onore che
l'uomo dà all'uomo? È un semplice fuoco di paglia; è fumo che si
disperde.
Il vero onore è
quello che dura in eterno ed è quello che dà Dio in Cielo all'anima
vittoriosa.
La vittoria che si
riporta nelle tentazioni è superiore a quella che si riporta sui
campi di battaglia, poiché è più difficile vincere se stessi
anziché gli altri.
Nell'altra vita Dio
riserva all'anima vincitrice un'eternità di gloria, una corona
immarcescibile, un oceano di felicità, perché Dio le dona se
stesso come premio delle vittorie riportate su Satana, su di sé e
sul mondo.
All'anima che sa
combattere e vincere, il Signore ripete le parole che un giorno disse
ad Abramo: « Io stesso sarò la tua ricompensa, e ricompensa molto
grande » (Genesi, XV - 1) .
APPENDICE
LE INDULGENZE
Innovazioni
nella disciplina indulgenziaria.
Nuova misura per
l'indulgenza parziale, congrua diminuzione delle plenarie ...
Le norme che
seguono apportano alcune opportune variazioni nella disciplina delle
indulgenze, in accoglimento anche delle proloste fatte
dalle Conferenze Episcopali.
Le disposizioni del
Codice di Diritto Canonico e dei Decreti della Santa Sede
riguardanti le indulgenze, che non sono in contrasto con le
nuove norme, restano invariate.
Nel redigere le
nuove norme si è cercato in particolar modo di stabilire una
nuova misura per l'indulgenza parziale, di apportare una
congrua riduzione al numero delle indulgenze plenarie e di dare alle
indulgenze cosiddette reali e locali una forma più semplice e più
dignitosa.
Per quanto riguarda
l'indulgenza parziale, abolendo l'antica determinazione di
giorni e di anni, si è stabilita una nuova norma o misura
considerando la stessa azione del fedele che pone un'opera
indulgenziata.
E poiché l'azione
del fedele, oltre al merito che è il frutto principale, può
ottenere una remissione di pena temporale tanto maggiore quanto
più grande è il fervore del fedele e l'importanza dell'opera
compiuta, si è ritenuto opportuno stabilire che la remissione
della pena temporale, che il fedele acquista con la sua azione,
serva di misura per la remissione di pena che l'Autorità
Ecclesiastica liberalmente aggiunge con l'indulgenza
parziale.
Si è poi ritenuto
opportuno ridurre convenientemente il numero delle indulgenze
plenarie, perché il fedele ne abbia maggiore stima e possa di fatto
acquistarle con le debite disposizioni. Infatti si bada poco a
ciò che si verifica frequentemente e poco si apprezza quello
che si offre in abbondanza.
D'altra parte molti
fedeli hanno bisogno di un congruo spazio di tempo per prepararsi
convenientemente all'acquisto dell'indulgenza plenaria.
Per quanto riguarda
le indulgenze reali o locali non solo è stato di molto ridotto il
loro numero, ma ne è stato abolito anche il nome, perché più
chiaramente apparisca che sono indulgenziate le azioni compiute dai
fedeli e non gli oggetti o i luoghi, che sono solamente l'occasione
per l'acquisto delle indulgenze. Anzi, gli ascritti alle pie
Associazioni possono acquistare le indulgenze loro proprie,
compiendo le opere loro prescritte, senza che sia richiesto
l'uso dei distintivi.
Le nuove
norme.
1. - L'indulgenza è
la remissione dinanzi a Dio della pena temporale per i peccati,
già rimessi quanto alla colpa, che il fedele, debitamente disposto e
a determinate condizioni, acquista per intervento della Chiesa,
la quale, come ministra della redenzione, autoritativamente dispensa
e applica il tesoro delle soddisfazioni di Cristo e dei Santi.
2. - L'indulgenza è
parziale o plenaria secondo che libera in parte o in tutto dalla pena
temporale dovuta per i peccati.
3. - Le indulgenze
sia parziali che plenarie possono essere sempre applicate ai
defunti a modo di suffragio.
4. - L'indulgenza
parziale d'ora in poi sarà indicata con le sole parole «
indulgenza parziale », senza alcuna determinazione di giorni o
di anni.
5. - Il fedele, che
almeno col cuore contrito compie un'azione, alla quale è
annessa l'indulgenza parziale, ottiene, in aggiunta alla
remissione della pena temporale che percepisce con la sua
azione, altrettanta remissione di pena per intervento della
Chiesa.
6. - L'indulgenza
plenaria può essere acquistata una sola volta al giorno, salvo
quanto è disposto al n. 18 per coloro che sono in punto di morte.
L'indulgenza parziale invece può essere acquistata più volte
al giorno, salvo esplicita indicazione in contrario.
7. - Per acquistare
l'indulgenza plenaria è necessario eseguire l'opera indulgenziata e
adempire tre condizioni: Confessione sacramentale, Comunione
eucaristica e preghiera secondo le intenzioni del Sommo Pontefice. Si
richiede inoltre che sia escluso qualsiasi affetto al peccato anche
veniale.
Se manca la piena
disposizione o non sono poste le predette tre condizioni,
l'indulgenza è solamente parziale, salvo quanto è
prescritto al n. 11 per gli impediti.
8. - Le tre
condizioni possono essere adempiute parecchi giorni prima o dopo di
aver compiuto l'opera prescritta; tuttavia è conveniente che la
Comunione e la preghiera secondo le intenzioni del Sommo
Pontefice siano fatte nello stesso giorno, in cui si compie
l'opera.
9. - Con una sola
Confessione sacramentale si possono acquistare più indulgenze
plenarie; invece, con una sola Comunione eucaristica e una sola
preghiera secondo le intenzioni del Sommo Pontefice si può lucrare
una sola indulgenza plenaria.
10. - Si adempie
pienamente la condizione della preghiera secondo le intenzioni del
Sommo Pontefice, recitando secondo le sue intenzioni un Pater ed
un'Ave; è lasciata tuttavia libertà ai singoli fedeli di recitare
qualsiasi altra preghiera secondo la pietà e la devozione di
ciascuno verso il Romano Pontefice.
11. - Ferma
restando la facoltà concessa dal can. 935 del Codice di Diritto
Canonico ai confessori di commutare per gli impediti sia l'opera
prescritta sia le condizioni richieste per l'acquisto delle
indulgenze, gli Ordinari possono concedere ai fedeli, sui quali
esercitano la loro autorità a norma del Diritto, se risiedono
in luoghi dove in nessun modo o almeno molto difficilmente, possono
accostarsi ai sacramenti della Confessione e della Comunione, di
poter acquistare l'indulgenza plenaria senza l'attuale
Confessione e Comunione, purché siano contriti e propongano di
accostarsi ai predetti sacramenti appena è loro possibile.
12. - È abolita la
divisione delle indulgenze in personali, reali e locali, perché
più chiaramente apparisca che le indulgenze sono concesse alle
azioni dei fedeli, sebbene esse siano talvolta collegate ad un
oggetto o ad un luogo.
13. - L'Enchiridion
Indulgentiarum sarà riveduto in modo che solamente le più
importanti preghiere e opere di pietà, di carità e di
penitenza siano indulgenziate.
14. - Gli elenchi
ed i sommari delle indulgenze per gli Ordini e Congregazioni
religiose, per le Società che vivono in comune senza voti, per
gli Istituti secolari e per le pie Associazioni di fedeli, saranno
quanto prima riveduti, in modo che l'indulgenza plenaria possa
lucrarsi soltanto in giorni particolari, stabiliti dalla Santa Sede,
dietro proposta del Superiore Generale o, se si tratta di pie
Associazioni, dell'Ordinario del luogo.
15. - In tutte le
chiese ed oratori pubblici o, per quelli che ne usano
legittimamente, semipubblici, si può acquistare il 2 novembre
una indulgenza plenaria da applicarsi soltanto ai defunti.
Nelle chiese
parrocchiali si può lucrare inoltre l'indulgenza plenaria due volte
all'anno, cioè nella festa del Santo titolare e il 2 agosto, in cui
ricorre la Porziuncola, oppure in altro giorno opportunamente
stabilito dall'Ordinario.
Le predette
indulgenze si possono acquistare o nei giorni stabiliti oppure,
col consenso dell'Ordinario, la Domenica antecedente o
seguente.
Tutte le altre
indulgenze concesse alle chiese od oratori dovranno quanto prima
essere rivedute.
16. - L'opera
prescritta per lucrare l'indulgenza plenaria annessa ad una
chiesa o ad un oratorio consiste nella devota visita di questi luoghi
sacri, recitando in essi un Pater ed un Credo.
17. - Il fedele che
devotamente usa un oggetto di pietà (crocifisso, croce, corona,
scapolare, medaglia), benedetto da un sacerdote qualsiasi, può
lucrare una indulgenza parziale.
Se poi tale oggetto
religioso è benedetto dal Sommo Pontefice o da un Vescovo, i fedeli,
che devotamente lo usano, possono acquistare anche l'indulgenza
plenaria nella festa dei SS. Apostoli Pietro e Paolo, aggiungendo
però la professione di fede con qualsiasi legittima formula.
18. - Al fedele in
pericolo di morte, che non possa essere assistito da un sacerdote
che gli amministri i sacramenti e gli impartisca la benedizione
apostolica con l'annessa indulgenza plenaria (a norma del can.
468, 2 del Codice di Diritto Canonico), la santa Madre Chiesa
concede ugualmente l'indulgenza plenaria in punto di morte,
purché sia debitamente disposto e abbia recitato durante la vita
qualche preghiera. Per l'acquisto di tale indulgenza è
raccomandabile l'uso del crocifisso o della croce. Questa stessa
indulgenza plenaria in punto di morte può essere lucrata dal
fedele, che nello stesso giorno abbia già acquistato un'altra
indulgenza plenaria.
19. - Le norme
stabilite circa l'indulgenza plenaria, specialmente quella
recensita al n. 6, si applicano anche alle indulgenze plenarie
cosiddette « toties quoties ».
20. - La santa
Madre Chiesa, massimamente sollecita per i fedeli defunti, ha
stabilito di suffragarli nella più larga misura in tutte le Messe,
abolendo ogni particolare privilegio.
Norme transitorie
Le nuove norme, che
regolano l'acquisto delle indulgenze, entreranno in vigore dopo tre
mesi dalla data di pubblicazione su Acta Apostolicae Sedis di questa
Costituzione.
Le indulgenze,
annesse all'uso degli oggetti religiosi, che non sono sopra
riferite, cessano dopo tre mesi dalla data di pubblicazione su
Acta Apostolicae Sedis della presente Costituzione.
Le revisioni, di
cui si tratta nei nn. 14 e 15, debbono essere proposte alla Sacra
Penitenzieria Apostolica entro un anno; trascorso un biennio
dalla data di questa Costituzione, le indulgenze, che non siano
state confermate, decadranno.
Dato a Roma, presso
S. Pietro, il 1° gennaio 1967, nell'ottava della Natività di
N. S. G. C., anno quarto del Nostro Pontificato.
Paulus PP. VI
DOMENICHE SANTIFICATE
La Comunione di
Pasqua, una volta l'anno, non è sufficiente a vivere da buoni
Cristiani. Il Concilio di Trento dichiarò che è desiderio della
Chiesa che i fedeli, ogni qualvolta assistono alla Messa, si
accostino alla Comunione.
La domenica si va a
Messa; si consiglia quindi di comunicarsi ogni domenica.
Vantaggi. La Comunione domenicale: 1) Soddisfa al desiderio di Gesù,
che dice nella Messa: « Prendete e mangiatene tutti! ». 2) Fa
partecipare attivamente al Divin Sacrificio. 3) Santifica il giorno
del Signore. 4) Dà la forza di vivere cristianamente durante la
settimana.
Invito. I fedeli,
almeno una volta nella vita, per un anno intiero, santifichino
le domeniche con
l'accostarsi alla Comunione.
Scopo. Ognuno metta
un'intenzione particolare, ad esempio: Riparare i peccati che si
fanno nella domenica ... Liberare qualche animi. dal Purgatorio
... Convertire qualche peccatore ... Fare un buon matrimonio ...
Riparare i peccati propri e della famiglia ... Assicurare la buona
morte a sè ed ai propri cari ... ecc....
Norme Pratiche
1) Comunicarsi per
un anno intiero ogni domenica.
La pratica può
iniziare nella prima domenica dell'anno, ovvero in qualunque
altra, purchè le domeniche raggiungano il numero annuale.
2) Chi fosse
impedito a camunicarsi la domenica, potrebbe supplire in altro giorno
della settimana.
3 ) Gli ammalati
cronici e coloro che per gravi motivi non possono comunicarsi ogni
domenica, basta che ricevano la Comunione cinque volte durante
l'anno, in ossequio alle cinque Piaghe di Gesù, ed offrano le loro
sofferenze: per la pace del mondo, per il Sacerdozio Cattolico e per
la conversione dei peccatori.
4) L'essenza dalla
pia pratica è la Comunione domenicale. Il resto si lascia alla
generosità dei fedeli.
5) Si consiglia di
seguire le direttive suggerite nell'apposito libretto « Domeniche
santificate », da richiedersi a: Libreria Sacro Cuore - Via
Lenzi, 24 - Messina.
Pro Unione Chiese Separate
Uno dei più grandi
problemi del Concilio Ecumenico Vaticano Secondo è la
Conciliazione delle Chiese Cristiane Separate con la Chiesa
Cattolica. La Chiesa di Gesù Cristo non è ancora un solo Ovile
sotto un solo Pastore.
Si compia la
pratica delle Domeniche Santificate per impetrare dallo Spirito San-
to la luce divina
ai capi delle Chiese Scismatiche, Ortodosse e Protestanti,
affinchè riconoscano la suprema autorità del Papa, legittimo
Successore di San Pietro nella sede di Roma.
Nessun Cattolico
resti indifferente davanti a questo urgente problema!
Le anime zelanti
diffondano, a voce e per iscritto, i vantaggi di questa Crociata,
servendosi all'uopo della pagellina e dell'apposito libretto.
Pratica. Ogni
fedele sia un apostolo e trovi almeno una decina di persone da
disporre alla Comunione domenicale. (Da « Domeniche Santificate
» )
I 15 VENERDI
CONSECUTIVI IN ONORE DEL SACRO CUORE Come si onora la Madonna con i
primi Cinque Sabati del mese e con i Quindici Sabati Consecutivi,
così si onori il Sacro Cuore di Gesù, oltre che con i Nove Primi
Venerdì, anche con la pratica dei Quindici Venerdì
Consecutivi. Il primo turno comincia verso la metà di marzo, per
finire l'ultimo Venerdì di giugno; il secondo turno comincia
verso la metà di settembre, per chiudersi l'ultimo Venerdì di
dicembre. Privatamente i Quindici Venerdì si possono iniziare
in qualunque tempo. Chi non potesse comunicarsi al Venerdì,
potrebbe comunicarsi in qualunque altro giorno, prima che giunga il
Venerdì successivo. In casi urgentissimi la S. Comunione può
farsi in 15 giorni di seguito.
Quando coincide con
il Primo Venerdì del mese, la Comunione soddisfa alle due pratiche.
Scopo di questa pratica è: Riparare il Sacro Cuore ed ottenere
grazie.
INTENZIONI
DELLE COMUNIONI RIPARATRICI
1° Venerdì:
Riparare per i sacrilegi eucaristici.
2° - Riparare per
l'abuso della confessione.
3° - Riparare per
le bestemmie.
4° - Per
convertire i peccatori.
5° - Riparare per
i peccati di odio.
6° - Riparare per
i peccati contro la purezza.
7° - Riparare per
i peccati_ di scandalo.
8° - Riparare per
i cattivi discorsi.
9° - Riparare per
la stampa cattiva.
10° - Riparare per
i divertimenti mondani.
11° - Riparare per
la profanazione della festa.
12° - Riparare per
i delitti.
13° - Riparare per
le ingiustizie.
14° - Riparare per
i propri peccati e per quelli della famiglia.
15° - Pregare per
i moribondi
OGNI GIORNO:
Recitare cinque Pater, Ave, Gloria, in onore delle Cinque Piaghe.