VANGELO DI VENERDI 4 MAGGIO 2018.
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Giorno liturgico: Venerdì V di Pasqua
Testo
del Vangelo (Gv 15,12-17): In quel tempo, disse Gesù ai suoi discepoli:
«Questo è il mio comandamento: che vi amiate gli uni gli altri come io
ho amato voi. Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la sua vita
per i propri amici. Voi siete miei amici, se fate ciò che io vi
comando. Non vi chiamo più servi, perché il servo non sa quello che fa
il suo padrone; ma vi ho chiamato amici, perché tutto ciò che ho udito
dal Padre mio l’ho fatto conoscere a voi. Non voi avete scelto me, ma io
ho scelto voi e vi ho costituiti perché andiate e portiate frutto e il
vostro frutto rimanga; perché tutto quello che chiederete al Padre nel
mio nome, ve lo conceda. Questo vi comando: che vi amiate gli uni gli
altri».
RIFLESSIONE DI LELLA
PREGHIERA: Vieni o Spirito Santo, mandato
dal Signore su di noi, per farci suoi discepoli arrendevoli.Vieni se mi
consideri degna di amarti, di adorarti e di servirti; vieni Tu che vedi
come io mi pongo davanti a Te, con umiltà ed amore,desiderosa solo di
servire il Signore.
La parola di oggi non è quella di uno che
vuole che lo seguiamo per paura o peggio ancora per superstizione..(
tante volte non si sa mai esistesse davvero l'inferno e il paradiso).
La parola di Gesù è quella di un fratello, di una persona che ci ama tantissimo e ama il Padre fino all'obbedienza assoluta.
La
sua obbedienza non è dettata dalla paura o da una gerarchia, ma
dall'amore, quello che si dona e che dona a noi nello stesso modo. Certo
noi non sappiamo neanche lontanamente di quale amore stiamo parlando,
noi diciamo di amare i nostri anziani e poi li mettiamo negli ospizi,
diciamo di amare i nostri fratelli e litighiamo per interesse... no noi
non sappiamo amare, perché il nostro amore è una forma di egoismo e di
prevaricazione dei diritti dell' altro, molto difficilmente si vedono
veri e propri atti d' amore disinteressato. Io non credo però, che
bisogna per questo gettare la spugna, credo che sia un motivo di più per
non sentirsi arrivati né perfetti, che ci si debba chiedere come fare
per migliorare, per imparare ad amare di più. Seguire Gesù è anche
questo, è amare come lui ha amato, questo ci chiede, solo di arrenderci
all'amore, di affidare a Lui le nostre incapacità, i nostri limiti e
chiedergli di trasformali nel suo amore, perché se ci sentiamo
cristiani, dobbiamo aderire a Cristo e non Lui a noi.Siamo uomini e
donne che vivono in cerca di ogni tipo i potere, quello che è notizia di
oggi,
(http://www.blitzquotidiano.it/cronaca-mondo/vaticano-buffet-18mila-euro-papi-santi-ira-francesco-1871374/)
del rinfresco organizzato in Vaticano,che è stato contestato dal Papa,
ci fa vedere come gli uomini cercano il potere e di piacere a chi ha il
potere. Il Papa continua a parlare contro gli sprechi,chiee di
occuparci dei fratelli bisognosi e si continua a fare come se niente
fosse....chi dovrebbe farsi servo,cerca sempre di essere
servito.Preghiamo per il Papa, perchè chi detiene il potere, non lo
vuole lasciare così facilmente, nè in politica, nè in Vaticano....ma
sicuramente non è questa nè la Chiesa , nè la politica che vuole Dio e
che fa la sua volontà.
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Comentatio del Rev. D. Carles ELÍAS i Cao
(Barcelona, Spagna)
Oggi,
il Signore c’invita all’amore fraterno: «Questo è il mio comandamento:
che vi amiate gli uni gli altri, come io vi ho amati» (Gv 15,12), vuol
dire, come avete visto fare a me e come ancora mi vedrete fare. Gesù ti
parla come ad un amico, perché ti ha detto che il Padre ti chiama, che
vuole che tu sia apostolo e che ti destina a produrre frutto, un frutto
che si manifesta nell’amore. San Giovanni Crisostomo afferma: «Se
l'amore si trovasse sparso dappertutto, nascerebbero da esso un’infinità
di beni».
Amare è dare la vita. Lo sanno i coniugi che, perché
si amano, fanno un dono reciproco della loro vita e prendono su di loro
la responsabilità di essere genitori, accettando pure l’abnegazione ed
il sacrificio del loro tempo, della propria esistenza a vantaggio di
quelli che devono assistere, proteggere, educare e formare come persone.
Lo sanno i missionari che danno la loro vita per il Vangelo, con uno
stesso spirito cristiano di sacrificio e di abnegazione. E lo sanno
religiosi, sacerdoti e vescovi, lo sa qualunque discepolo di Gesù che
s’impegna con il Salvatore.
Gesù ti ha detto poc’anzi qual´è la
condizione dell’amore, di dare frutto: «se il chicco di grano caduto in
terra non muore, rimane solo; se invece muore, produce molto frutto» (Gv
12,24). Gesù ti invita a perdere la tua vita, a consegnarla a Lui senza
paura, a morire a te stesso per poter amare tuo fratello con l´amore di
Cristo, con amore soprannaturale. Gesù t’invita ad arrivare ad un amore
operante, benefattore e concreto; così l’ha capito l’apostolo Giacomo
quando disse: «Se un fratello o una sorella sono senza vestiti e
sprovvisti del cibo quotidiano e uno di voi dice loro: “Andatevene in
pace, riscaldatevi e saziatevi”, ma non date loro il necessario per il
corpo, che giova? Così anche la fede: se non ha le opere, è morta in sé
stessa» (Gc 2,15-17).
Vorrei conoscere la Bibbia a memoria,conoscere il greco,il latino e pure l' aramaico,ma nulla di tutto questo mi è stato donato. Quello che al Signore è piaciuto donarmi, è una grande voglia di parlargli e di ascoltarlo.Logorroica io e taciturno Lui,ma mentre io ho bisogno di parole,Lui si esprime meglio a fatti.Vorrei capire perchè questo bisogno si tramuta in scrivere, e sento che è un modo semplice,delicato e gratuito di mettere al centro la mia relazione con Dio.
giovedì 3 maggio 2018
mercoledì 2 maggio 2018
(Gv 14,6-14) Da tanto tempo sono con voi e tu non mi hai conosciuto, Filippo?
VANGELO DI GIOVEDI 3 MAGGIO 2018.
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Giorno liturgico: 3 Maggio: Santi Filippo e Giacomo.
Testo del Vangelo (Gv 14,6-14): In quel tempo, disse Gesù a Tommaso: «Io sono la via, la verità e la vita. Nessuno viene al Padre se non per mezzo di me. Se avete conosciuto me, conoscerete anche il Padre mio: fin da ora lo conoscete e lo avete veduto». Gli disse Filippo: «Signore, mostraci il Padre e ci basta». Gli rispose Gesù: «Da tanto tempo sono con voi e tu non mi hai conosciuto, Filippo? Chi ha visto me, ha visto il Padre. Come puoi tu dire: “Mostraci il Padre”? Non credi che io sono nel Padre e il Padre è in me? Le parole che io vi dico, non le dico da me stesso; ma il Padre, che rimane in me, compie le sue opere. Credete a me: io sono nel Padre e il Padre è in me. Se non altro, credetelo per le opere stesse. In verità, in verità io vi dico: chi crede in me, anch’egli compirà le opere che io compio e ne compirà di più grandi di queste, perché io vado al Padre. E qualunque cosa chiederete nel mio nome, la farò, perché il Padre sia glorificato nel Figlio. Se mi chiederete qualche cosa nel mio nome, io la farò».
RIFLESSIONE DI LELLA
PREGHIERA: Vieni o Santo Spirito e aiutami a leggere tra le righe, le intenzioni che il Signore ha per ognuno di noi, aiutami a far si che la tua parola si agganci nella nostra mente, ed azioni tutto il nostro essere, per vivere in comunione con il Cristo, che è l'Unica via, l'Unica verità, l'Unica vita!
- Oggi la chiesa ci invita a ricordare gli apostoli Giacomo e Filippo e lo fa proponendoci due letture che meritano tutta la nostra attenzione. La 1° lettera di Paolo ai Corinzi, annuncia che il Signore dopo la sua morte, apparve risorto ai suoi discepoli e nel Vangelo di Giovanni, veniamo esortati a credere che tutto quello che Gesù ha fatto, quello che ha detto, non è stata un'effimera illusione creata dal bisogno di credere in qualcosa o in qualcuno, ma una straordinaria realtà che non finiremo mai di scoprire. Da quanto tempo sentiamo parlare di Gesù? Da quanto tempo abbiamo stabilito questo contatto... e ancora non riusciamo a conoscerlo veramente! Essere discepoli sembrava facile, sicuramente per un pò i primi discepoli, pensavano di aver trovato un condottiero che li conducesse alla gloria, ma presto hanno capito che quell' uomo che parlava con autorità e attraeva le folle, non era un abile condottiero, ma un umile uomo proprio quanto il bambino nato in una stalla. La sua famiglia terrena, santa, ma modesta, aveva impresso in lui i segni della umiltà, dell' obbedienza, e questo che sembrava un segno di debolezza è invece la forza dell' amore. Credere in Gesù significa anche riconoscersi in lui, nelle sue opere e nelle sue azioni, perché tutto quello che faremo nel suo nome, sarà benedetto da Dio. Questa è una cosa fondamentale della nostra fede religiosa, credere che Gesù è il Figlio di Dio, mandato dal Padre, per tracciare quella via che dobbiamo seguire, per avere la vita eterna nella casa del Padre. In questo brano, come negli ultimi che abbiamo letto, Gesù torna a sottolineare la sua unicità col Padre, quindi non ci soffermeremo a ripetere le stesse cose, ma voglio invece sottolineare come stare in comunione con Gesù significa stare in comunione col Padre. È Gesù stesso che lo afferma e ci dice che attraverso questa comunione il Padre compie le sue opere, ma quello che mi colpisce è che ci dice che chiunque entrerà in questa comunione, farà opere altrettanto grandi. Quindi Gesù ci spinge a considerarci importanti agli occhi di Dio, perché credendo in Lui, crederemo in colui che l’ ha mandato, e qualunque cosa chiederemo nel suo nome ci verrà concessa. Sono parole importanti, e poiché sappiamo che le parole di Gesù sono verità, non vedo perché dovremmo credere solo in parte alle sue parole…Quando pensiamo che Gesù ha dato la vita per noi, dovremmo accompagnare questo pensiero alla consapevolezza che in Gesù c’è il Padre ed il suo immenso amore.Questo è importante perché credendo in questo, noi affidiamo le nostre certezze a Dio. Dimentichiamo forse che gli apostoli compivano miracoli nel suo nome…e i Santi, ancora oggi persone che erano esattamente come noi, ma che da noi differenziavano per la grande fede e l’ abbandono alla volontà di Dio. Abbiamo tanti esempi da imitare, tocca cominciare a fare sul serio, non credete?
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Comentatio del Rev. D. Joan SOLÀ i Triadú
(Girona, Spagna)
Oggi celebriamo la festa degli Apostoli Filippo e Tommaso. Il Vangelo fa riferimento a quei colloqui che Gesù aveva soltanto con gli Apostoli e in cui procurava istruirli, affinché avessero delle idee chiare rispetto alla sua persona e la sua missione. Gli Apostoli erano influenzati dalle idee che i giudei si erano fatte sulla persona del Messia: aspettavano un liberatore terrestre e politico, mentre Gesù non rispondeva in assoluto a questa immagine stabilita preventivamente.
Le prime parole che leggiamo nel Vangelo di oggi sono la risposta a una domanda fatta dall’Apostolo Tommaso. «Io sono la via, la verità e la vita. Nessuno viene al Padre se non per mezzo di me» (Gv 14,6). Questa risposta a Tommaso introduce la richiesta di Filippo: «Signore, mostraci il Padre e ci basta» (Gv 14,8). La risposta di Gesù è —in realtà— una riprovazione: «Da tanto tempo sono con voi e tu non mi hai conosciuto, Filippo?» (Gv 14,9).
Gli Apostoli non finivano di capire l’unità fra il Padre e Gesù, non riuscivano a vedere che Dio è uomo nella persona di Gesù. Egli non si limita a dimostrare la sua uguaglianza con il Padre, non solo ma ricorda a loro che saranno quelli che continueranno la sua opera di salvezza: concede loro il potere di fare miracoli, gli promette di essere sempre fra di loro e che qualsiasi cosa chiederanno in suo nome Egli gliela concederà.
Queste risposte di Gesù agli Apostoli sono rivolte anche a noi. San Josemaria, commentando questo testo dice: «‘Io sono la via, la verità e la vita’, con queste inequivoche parole ci ha mostrato il Signore qual’è il sentiero autentico che porta alla felicità eterna (...). Lo dichiara a tutti gli uomini, però specialmente lo ricorda a chi come te e come me, abbiamo detto di essere disposti a prendere sul serio la nostra vocazione di essere cristiani».
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Giorno liturgico: 3 Maggio: Santi Filippo e Giacomo.
Testo del Vangelo (Gv 14,6-14): In quel tempo, disse Gesù a Tommaso: «Io sono la via, la verità e la vita. Nessuno viene al Padre se non per mezzo di me. Se avete conosciuto me, conoscerete anche il Padre mio: fin da ora lo conoscete e lo avete veduto». Gli disse Filippo: «Signore, mostraci il Padre e ci basta». Gli rispose Gesù: «Da tanto tempo sono con voi e tu non mi hai conosciuto, Filippo? Chi ha visto me, ha visto il Padre. Come puoi tu dire: “Mostraci il Padre”? Non credi che io sono nel Padre e il Padre è in me? Le parole che io vi dico, non le dico da me stesso; ma il Padre, che rimane in me, compie le sue opere. Credete a me: io sono nel Padre e il Padre è in me. Se non altro, credetelo per le opere stesse. In verità, in verità io vi dico: chi crede in me, anch’egli compirà le opere che io compio e ne compirà di più grandi di queste, perché io vado al Padre. E qualunque cosa chiederete nel mio nome, la farò, perché il Padre sia glorificato nel Figlio. Se mi chiederete qualche cosa nel mio nome, io la farò».
RIFLESSIONE DI LELLA
PREGHIERA: Vieni o Santo Spirito e aiutami a leggere tra le righe, le intenzioni che il Signore ha per ognuno di noi, aiutami a far si che la tua parola si agganci nella nostra mente, ed azioni tutto il nostro essere, per vivere in comunione con il Cristo, che è l'Unica via, l'Unica verità, l'Unica vita!
- Oggi la chiesa ci invita a ricordare gli apostoli Giacomo e Filippo e lo fa proponendoci due letture che meritano tutta la nostra attenzione. La 1° lettera di Paolo ai Corinzi, annuncia che il Signore dopo la sua morte, apparve risorto ai suoi discepoli e nel Vangelo di Giovanni, veniamo esortati a credere che tutto quello che Gesù ha fatto, quello che ha detto, non è stata un'effimera illusione creata dal bisogno di credere in qualcosa o in qualcuno, ma una straordinaria realtà che non finiremo mai di scoprire. Da quanto tempo sentiamo parlare di Gesù? Da quanto tempo abbiamo stabilito questo contatto... e ancora non riusciamo a conoscerlo veramente! Essere discepoli sembrava facile, sicuramente per un pò i primi discepoli, pensavano di aver trovato un condottiero che li conducesse alla gloria, ma presto hanno capito che quell' uomo che parlava con autorità e attraeva le folle, non era un abile condottiero, ma un umile uomo proprio quanto il bambino nato in una stalla. La sua famiglia terrena, santa, ma modesta, aveva impresso in lui i segni della umiltà, dell' obbedienza, e questo che sembrava un segno di debolezza è invece la forza dell' amore. Credere in Gesù significa anche riconoscersi in lui, nelle sue opere e nelle sue azioni, perché tutto quello che faremo nel suo nome, sarà benedetto da Dio. Questa è una cosa fondamentale della nostra fede religiosa, credere che Gesù è il Figlio di Dio, mandato dal Padre, per tracciare quella via che dobbiamo seguire, per avere la vita eterna nella casa del Padre. In questo brano, come negli ultimi che abbiamo letto, Gesù torna a sottolineare la sua unicità col Padre, quindi non ci soffermeremo a ripetere le stesse cose, ma voglio invece sottolineare come stare in comunione con Gesù significa stare in comunione col Padre. È Gesù stesso che lo afferma e ci dice che attraverso questa comunione il Padre compie le sue opere, ma quello che mi colpisce è che ci dice che chiunque entrerà in questa comunione, farà opere altrettanto grandi. Quindi Gesù ci spinge a considerarci importanti agli occhi di Dio, perché credendo in Lui, crederemo in colui che l’ ha mandato, e qualunque cosa chiederemo nel suo nome ci verrà concessa. Sono parole importanti, e poiché sappiamo che le parole di Gesù sono verità, non vedo perché dovremmo credere solo in parte alle sue parole…Quando pensiamo che Gesù ha dato la vita per noi, dovremmo accompagnare questo pensiero alla consapevolezza che in Gesù c’è il Padre ed il suo immenso amore.Questo è importante perché credendo in questo, noi affidiamo le nostre certezze a Dio. Dimentichiamo forse che gli apostoli compivano miracoli nel suo nome…e i Santi, ancora oggi persone che erano esattamente come noi, ma che da noi differenziavano per la grande fede e l’ abbandono alla volontà di Dio. Abbiamo tanti esempi da imitare, tocca cominciare a fare sul serio, non credete?
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Comentatio del Rev. D. Joan SOLÀ i Triadú
(Girona, Spagna)
Oggi celebriamo la festa degli Apostoli Filippo e Tommaso. Il Vangelo fa riferimento a quei colloqui che Gesù aveva soltanto con gli Apostoli e in cui procurava istruirli, affinché avessero delle idee chiare rispetto alla sua persona e la sua missione. Gli Apostoli erano influenzati dalle idee che i giudei si erano fatte sulla persona del Messia: aspettavano un liberatore terrestre e politico, mentre Gesù non rispondeva in assoluto a questa immagine stabilita preventivamente.
Le prime parole che leggiamo nel Vangelo di oggi sono la risposta a una domanda fatta dall’Apostolo Tommaso. «Io sono la via, la verità e la vita. Nessuno viene al Padre se non per mezzo di me» (Gv 14,6). Questa risposta a Tommaso introduce la richiesta di Filippo: «Signore, mostraci il Padre e ci basta» (Gv 14,8). La risposta di Gesù è —in realtà— una riprovazione: «Da tanto tempo sono con voi e tu non mi hai conosciuto, Filippo?» (Gv 14,9).
Gli Apostoli non finivano di capire l’unità fra il Padre e Gesù, non riuscivano a vedere che Dio è uomo nella persona di Gesù. Egli non si limita a dimostrare la sua uguaglianza con il Padre, non solo ma ricorda a loro che saranno quelli che continueranno la sua opera di salvezza: concede loro il potere di fare miracoli, gli promette di essere sempre fra di loro e che qualsiasi cosa chiederanno in suo nome Egli gliela concederà.
Queste risposte di Gesù agli Apostoli sono rivolte anche a noi. San Josemaria, commentando questo testo dice: «‘Io sono la via, la verità e la vita’, con queste inequivoche parole ci ha mostrato il Signore qual’è il sentiero autentico che porta alla felicità eterna (...). Lo dichiara a tutti gli uomini, però specialmente lo ricorda a chi come te e come me, abbiamo detto di essere disposti a prendere sul serio la nostra vocazione di essere cristiani».
martedì 1 maggio 2018
Gv 15,1-8 Chi rimane in me ed io in lui fa molto frutto.
VANGELO DI MERCOLEDI 2 MAGGIO 2018.
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Giorno liturgico: Mercoledì V di Pasqua
Santorale 2 Maggio: Sant'Atanasio, vescovo e martire
Testo del Vangelo (Gv 15,1-8): In quel tempo, disse Gesù ai suoi discepoli: «Io sono la vite vera e il Padre mio è l’agricoltore. Ogni tralcio che in me non porta frutto, lo taglia, e ogni tralcio che porta frutto, lo porta perché porti più frutto. Voi siete già puri, a causa della parola che vi ho annunciato. Rimanete in me e io in voi. Come il tralcio non può portare frutto da se stesso se non rimane nella vite, così neanche voi se non rimanete in me. Io sono la vite, voi i tralci. Chi rimane in me, e io in lui, porta molto frutto, perché senza di me non potete far nulla. Chi non rimane in me viene gettato via come il tralcio e secca; poi lo raccolgono, lo gettano nel fuoco e lo bruciano. Se rimanete in me e le mie parole rimangono in voi, chiedete quello che volete e vi sarà fatto. In questo è glorificato il Padre mio: che portiate molto frutto e diventiate miei discepoli».
RIFLESSIONE DI LELLA
PREGHIERA: Ti prego Spirito Santo di starmi vicino e di assistermi con la tua sapienza nella lettura e nella riflessione della tua parola.
Spesso uso l’espressione, siamo operai della vigna del Signore e oggi il vangelo ci spiega proprio questo passo. Quella della vite e dei tralci è una delle immagini più belle che Gesù ci propone, addirittura ci fa l' esempio di come il Padre ci tiene a che la vite produca buoni frutti. La pianta della vite è una pianta che si aggroviglia, si arrampica e si attorciglia tutta intorno alla madre vite, dalla quale riceve la linfa, e l' agricoltore la cura, taglia i rami inutili, che non portano frutto e la pota perché sia più robusta.I ruoli sono chiari, il raccolto va a Dio, è di Dio la vigna, di cui Cristo è la madre vite da cui partono i tralci, che siamo noi tutti.L' importante quindi è rimanere aggrappati alla pianta madre, a Gesù, e alla Chiesa da lui istituita, di cui lo Spirito Santo è la linfa. Tante sono le immagini che mi vengono alla mente, una è quella delle sofferenze che nella vita ognuno di noi passa, che in qualche modo, anche se sono difficili da accettare, sembrano arrivare per distruggerci e invece ci fanno crescere e ci rendono più forti, e l'altra è l'immagine della Chiesa, che per quanto imperfetta e divisa è in ogni modo la parte portante della vite. Restiamo quindi attaccati a questa Chiesa, e lasciamo a Dio il giudizio e la potatura dei tralci, lui sa quello che è giusto, noi non sappiamo vedere più in là del nostro naso, se vogliamo essere un tralcio e non d’intralcio, affidiamoci alla parola di Dio e abbracciamo con fiducia Cristo Gesù. Aggiungo una nota che mi sembra molto importante cogliere, Gesù dice molto chiaramente che senza di lui, cercando di fare le cose a modo nostro, non potremo fare nulla , questo non vuol dire che da soli non sappiamo fare niente, ma che da soli, non sappiamo fare niente di buono, ma posso dire anche di più, noi da soli, non sappiamo neanche riconoscere quello che è buono e quello che non lo è.
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Comentatio del Rev. D. Antoni CAROL i Hostench
(Sant Cugat del Vallès, Barcelona, Spagna)
Oggi, contempliamo di nuovo Gesù circondato dagli Apostoli, in un clima di speciale intimità. Lui confida loro quelle che potremmo considerare come le ultime raccomandazioni: ciò che si dice all’ultimo momento, nell’istante del congedo, e che ha una forza speciale, come se si trattasse di un ultimo testamento.
Ce li immaginiamo nel cenacolo. Lì Gesù ha lavato loro i piedi, gli ha ripetuto che deve andarsene, gli ha tramesso il comandamento dell’amore fraterno e li ha consolati con il dono dell’Eucaristia e la promessa dello Spirito Santo (cf. Gv 14). Immersi nel quindicesimo capitolo di questo Vangelo, troviamo ora l’esortazione all’unità nella carità.
Il Signore non nasconde ai discepoli i pericoli e le difficoltà che dovranno affrontare nel futuro: «Se hanno perseguitato me, perseguiteranno anche voi» (Gv 15,20). Però loro non devono abbatersi ne demoralizzarsi di fronte all’odio del mondo: Gesù rinnova la promessa dell’invio del Difensore, garantisce loro l’assistenza in tutto ciò che chiedano e, finalmente, il Signore prega al Padre per loro –per tutti noi- durante la sua preghiera sacerdotale (cf. Gv 17).
Il nostro pericolo non viene dall’esterno: la peggior minaccia può sorgere da noi stessi al venir meno l’amore fraterno fra i membri del Corpo Mistico di Cristo e all’unità con la Testa di questo Corpo. La raccomandazione è chiara: «Io sono la vite, voi i tralci. Chi rimane in me, e io in lui, porta molto frutto, perché senza di me non potete far nulla» (Gv 15,5).
Le prime generazioni di cristiani conservarono una coscienza molto fervente alla necessità di rimanere uniti per la carità. Ecco la testimonianza di un Padre della Chiesa, sant’ Ignazio di Antiochia: «Correte tutti insieme verso un solo tempio di Dio, come a un solo altare, a un solo Cristo che procede da un solo Padre». Ed ecco anche l’indicazione di Maria, Madre dei cristiani: «Fate quello che vi dirà» (Gv 2,5).
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Giorno liturgico: Mercoledì V di Pasqua
Santorale 2 Maggio: Sant'Atanasio, vescovo e martire
Testo del Vangelo (Gv 15,1-8): In quel tempo, disse Gesù ai suoi discepoli: «Io sono la vite vera e il Padre mio è l’agricoltore. Ogni tralcio che in me non porta frutto, lo taglia, e ogni tralcio che porta frutto, lo porta perché porti più frutto. Voi siete già puri, a causa della parola che vi ho annunciato. Rimanete in me e io in voi. Come il tralcio non può portare frutto da se stesso se non rimane nella vite, così neanche voi se non rimanete in me. Io sono la vite, voi i tralci. Chi rimane in me, e io in lui, porta molto frutto, perché senza di me non potete far nulla. Chi non rimane in me viene gettato via come il tralcio e secca; poi lo raccolgono, lo gettano nel fuoco e lo bruciano. Se rimanete in me e le mie parole rimangono in voi, chiedete quello che volete e vi sarà fatto. In questo è glorificato il Padre mio: che portiate molto frutto e diventiate miei discepoli».
RIFLESSIONE DI LELLA
PREGHIERA: Ti prego Spirito Santo di starmi vicino e di assistermi con la tua sapienza nella lettura e nella riflessione della tua parola.
Spesso uso l’espressione, siamo operai della vigna del Signore e oggi il vangelo ci spiega proprio questo passo. Quella della vite e dei tralci è una delle immagini più belle che Gesù ci propone, addirittura ci fa l' esempio di come il Padre ci tiene a che la vite produca buoni frutti. La pianta della vite è una pianta che si aggroviglia, si arrampica e si attorciglia tutta intorno alla madre vite, dalla quale riceve la linfa, e l' agricoltore la cura, taglia i rami inutili, che non portano frutto e la pota perché sia più robusta.I ruoli sono chiari, il raccolto va a Dio, è di Dio la vigna, di cui Cristo è la madre vite da cui partono i tralci, che siamo noi tutti.L' importante quindi è rimanere aggrappati alla pianta madre, a Gesù, e alla Chiesa da lui istituita, di cui lo Spirito Santo è la linfa. Tante sono le immagini che mi vengono alla mente, una è quella delle sofferenze che nella vita ognuno di noi passa, che in qualche modo, anche se sono difficili da accettare, sembrano arrivare per distruggerci e invece ci fanno crescere e ci rendono più forti, e l'altra è l'immagine della Chiesa, che per quanto imperfetta e divisa è in ogni modo la parte portante della vite. Restiamo quindi attaccati a questa Chiesa, e lasciamo a Dio il giudizio e la potatura dei tralci, lui sa quello che è giusto, noi non sappiamo vedere più in là del nostro naso, se vogliamo essere un tralcio e non d’intralcio, affidiamoci alla parola di Dio e abbracciamo con fiducia Cristo Gesù. Aggiungo una nota che mi sembra molto importante cogliere, Gesù dice molto chiaramente che senza di lui, cercando di fare le cose a modo nostro, non potremo fare nulla , questo non vuol dire che da soli non sappiamo fare niente, ma che da soli, non sappiamo fare niente di buono, ma posso dire anche di più, noi da soli, non sappiamo neanche riconoscere quello che è buono e quello che non lo è.
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Comentatio del Rev. D. Antoni CAROL i Hostench
(Sant Cugat del Vallès, Barcelona, Spagna)
Oggi, contempliamo di nuovo Gesù circondato dagli Apostoli, in un clima di speciale intimità. Lui confida loro quelle che potremmo considerare come le ultime raccomandazioni: ciò che si dice all’ultimo momento, nell’istante del congedo, e che ha una forza speciale, come se si trattasse di un ultimo testamento.
Ce li immaginiamo nel cenacolo. Lì Gesù ha lavato loro i piedi, gli ha ripetuto che deve andarsene, gli ha tramesso il comandamento dell’amore fraterno e li ha consolati con il dono dell’Eucaristia e la promessa dello Spirito Santo (cf. Gv 14). Immersi nel quindicesimo capitolo di questo Vangelo, troviamo ora l’esortazione all’unità nella carità.
Il Signore non nasconde ai discepoli i pericoli e le difficoltà che dovranno affrontare nel futuro: «Se hanno perseguitato me, perseguiteranno anche voi» (Gv 15,20). Però loro non devono abbatersi ne demoralizzarsi di fronte all’odio del mondo: Gesù rinnova la promessa dell’invio del Difensore, garantisce loro l’assistenza in tutto ciò che chiedano e, finalmente, il Signore prega al Padre per loro –per tutti noi- durante la sua preghiera sacerdotale (cf. Gv 17).
Il nostro pericolo non viene dall’esterno: la peggior minaccia può sorgere da noi stessi al venir meno l’amore fraterno fra i membri del Corpo Mistico di Cristo e all’unità con la Testa di questo Corpo. La raccomandazione è chiara: «Io sono la vite, voi i tralci. Chi rimane in me, e io in lui, porta molto frutto, perché senza di me non potete far nulla» (Gv 15,5).
Le prime generazioni di cristiani conservarono una coscienza molto fervente alla necessità di rimanere uniti per la carità. Ecco la testimonianza di un Padre della Chiesa, sant’ Ignazio di Antiochia: «Correte tutti insieme verso un solo tempio di Dio, come a un solo altare, a un solo Cristo che procede da un solo Padre». Ed ecco anche l’indicazione di Maria, Madre dei cristiani: «Fate quello che vi dirà» (Gv 2,5).
lunedì 30 aprile 2018
(Gv. 14.27-31) Vi do la mia pace.
VANGELO DI MARTEDI 1 MAGGIO 2018.
Giorno liturgico: Martedì V di Pasqua
Santorale 1 maggio: San Giuseppe, lavoratore
Testo del Vangelo (Gv 14,27-31a): In quel tempo, disse Gesù ai suoi discepoli: «Vi lascio la pace, vi do la mia pace. Non come la dà il mondo, io la do a voi. Non sia turbato il vostro cuore e non abbia timore. Avete udito che vi ho detto: “Vado e tornerò da voi”. Se mi amaste, vi rallegrereste che io vado al Padre, perché il Padre è più grande di me. Ve l’ho detto ora, prima che avvenga, perché, quando avverrà, voi crediate. Non parlerò più a lungo con voi, perché viene il prìncipe del mondo; contro di me non può nulla, ma bisogna che il mondo sappia che io amo il Padre, e come il Padre mi ha comandato, così io agisco».
RIFLESSIONE DI LELLA
PREGHIERA: Ti prego o Santo Spirito, di scendere su di me, e illuminarmi con la tua sapienza per comprendere le letture della parola di Dio, per andare dal Figlio al Padre, attraverso di Te.Per Cristo nostro Signore.Amen.
Dagli atti degli apostoli apprendiamo che già da 2000 anni la chiesa è perseguitata, all’epoca erano i giudei che non volevano riconoscere Gesù come il Messia, poi c’erano i pagani che non credettero e quelli che adoravano altri dei. In tutto questo marasma, Gesù ci parla di pace…e specifica che la pace di cui parla, non è come quella che si può cercare in questo mondo, ma è la pace che nasce dall’anima, che ha chi vive in pace con se stesso e con i fratelli. Gesù dovrà tornare dal Padre, così com’è venuto dal Padre, lo dice prima che avvenga, perché gli apostoli credano a quello che sentono e che vedono, profeta di se stesso. In questa terra ci sarà il male, creato e provocato dal principe di questa terra, e spesso ci domandiamo perché? Chi lo ha eletto principe di questa terra?…Siamo stati noi uomini, che per vanità, per orgoglio, per brama di potere, per superbia, per voglia d’avere tutto, lo abbiamo ascoltato e lo ascoltiamo ancora. Dio ci guarda scegliere a chi appartenere e soffre perché ci ama, soffre tanto da decidere di mandare a salvarci un redentore, che con il suo sacrificio, ci redimerà dal peccato originale. Forse a qualcuno queste parole non piacciono, non riesce a comprendere come Dio, possa averci lasciato in balia di satana, e allora lo voglio dire più semplicemente.Siamo noi che scegliamo se credere che tutto sia qui sulla terra ed allora accumulare tesori e beni materiali, oppure fidarci della parola di Gesù Cristo, e sperare, ma più che sperare direi avere certezza, di una vita spirituale da vivere già da qui e continuare a vivere dopo la fine inesorabile dei nostri giorni. Si parla di fine del mondo, io preferisco e v’invito, con molta umiltà, a pensare alla fine di quest’ordine di cose, alla fine di una vita materialistica, e al raggiungimento di una vita nella nuova Gerusalemme, imparando a leggere l’apocalisse di Giovanni, non più come una catastrofe annunciata, ma come la vittoria del bene sul male, la vittoria del regno di Dio su quello di satana; ma per fare questo, bisogna che la vittoria avvenga prima di tutto nel nostro cuore.
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Comentatio del Rev. D. Enric CASES i Martín
(Barcelona, Spagna)
Oggi, Gesù ci parla indirettamente della croce: ci lascerà la pace, ma al prezzo della sua dolorosa uscita da questo mondo. Oggi leggiamo le sue parole dette prima del sacrificio della Croce e che furono scritte posteriormente alla sua Risurrezione. Sulla Croce, con la sua morte vinse la morte e la paura. Non ci da la pace «come la dà il mondo» (cf. Gv 14,27), ma lo fà attraverso il dolore e l’umiliazione: così dimostrò il suo amore misericordioso all’essere umano.
Nella vita degli uomini è inevitabile la sofferenza, a partire dal giorno in cui il peccato è entrato nel mondo. Alcune volte si tratta di dolore fisico; altre di quello morale; in altre occasioni si tratta di un dolore spirituale..., e per tutti arriva la morte. Dio però, nel suo amore infinito, ci ha dato il rimedio per avere pace nel dolore. Lui ha accettato di “andarsene” da questo mondo con una “uscita” sofferente e avvolta di serenità.
Perché lo fece così? Perché in questo modo il dolore umano —unito a quello di Cristo— si trasforma in un sacrificio che salva dal peccato. «Sulla Croce di Cristo (...), la stessa sofferenza umana è rimasta redenta» (Giovanni Paolo II). Gesù Cristo soffre con serenità perché compiace al Padre celeste mediante un atto di costosa obbedienza, e con il quale si offre volontariamente per la nostra salvezza.
Un autore sconosciuto del II secolo mette sulle labbra di Cristo le seguenti parole: «Guarda gli sputi sul mio volto, che ho ricevuto per te, per restituirti il primo alito di vita che ho soffiato sul tuo volto. Guarda gli schiaffi sulle mie guance, che ho sopportato per riformare d’accordo alla mia immagine il tuo aspetto deteriorato. Guarda la mia spalla flagellata per togliere dalla tua il peso dei tuoi peccati. Guarda le mie mani, saldamente immobilizzate con chiodi sull’albero della croce, per te, che un tempo stendesti funestamente una delle tue mani verso l’albero proibito».
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Giorno liturgico: Martedì V di Pasqua
Santorale 1 maggio: San Giuseppe, lavoratore
Testo del Vangelo (Gv 14,27-31a): In quel tempo, disse Gesù ai suoi discepoli: «Vi lascio la pace, vi do la mia pace. Non come la dà il mondo, io la do a voi. Non sia turbato il vostro cuore e non abbia timore. Avete udito che vi ho detto: “Vado e tornerò da voi”. Se mi amaste, vi rallegrereste che io vado al Padre, perché il Padre è più grande di me. Ve l’ho detto ora, prima che avvenga, perché, quando avverrà, voi crediate. Non parlerò più a lungo con voi, perché viene il prìncipe del mondo; contro di me non può nulla, ma bisogna che il mondo sappia che io amo il Padre, e come il Padre mi ha comandato, così io agisco».
RIFLESSIONE DI LELLA
PREGHIERA: Ti prego o Santo Spirito, di scendere su di me, e illuminarmi con la tua sapienza per comprendere le letture della parola di Dio, per andare dal Figlio al Padre, attraverso di Te.Per Cristo nostro Signore.Amen.
Dagli atti degli apostoli apprendiamo che già da 2000 anni la chiesa è perseguitata, all’epoca erano i giudei che non volevano riconoscere Gesù come il Messia, poi c’erano i pagani che non credettero e quelli che adoravano altri dei. In tutto questo marasma, Gesù ci parla di pace…e specifica che la pace di cui parla, non è come quella che si può cercare in questo mondo, ma è la pace che nasce dall’anima, che ha chi vive in pace con se stesso e con i fratelli. Gesù dovrà tornare dal Padre, così com’è venuto dal Padre, lo dice prima che avvenga, perché gli apostoli credano a quello che sentono e che vedono, profeta di se stesso. In questa terra ci sarà il male, creato e provocato dal principe di questa terra, e spesso ci domandiamo perché? Chi lo ha eletto principe di questa terra?…Siamo stati noi uomini, che per vanità, per orgoglio, per brama di potere, per superbia, per voglia d’avere tutto, lo abbiamo ascoltato e lo ascoltiamo ancora. Dio ci guarda scegliere a chi appartenere e soffre perché ci ama, soffre tanto da decidere di mandare a salvarci un redentore, che con il suo sacrificio, ci redimerà dal peccato originale. Forse a qualcuno queste parole non piacciono, non riesce a comprendere come Dio, possa averci lasciato in balia di satana, e allora lo voglio dire più semplicemente.Siamo noi che scegliamo se credere che tutto sia qui sulla terra ed allora accumulare tesori e beni materiali, oppure fidarci della parola di Gesù Cristo, e sperare, ma più che sperare direi avere certezza, di una vita spirituale da vivere già da qui e continuare a vivere dopo la fine inesorabile dei nostri giorni. Si parla di fine del mondo, io preferisco e v’invito, con molta umiltà, a pensare alla fine di quest’ordine di cose, alla fine di una vita materialistica, e al raggiungimento di una vita nella nuova Gerusalemme, imparando a leggere l’apocalisse di Giovanni, non più come una catastrofe annunciata, ma come la vittoria del bene sul male, la vittoria del regno di Dio su quello di satana; ma per fare questo, bisogna che la vittoria avvenga prima di tutto nel nostro cuore.
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Comentatio del Rev. D. Enric CASES i Martín
(Barcelona, Spagna)
Oggi, Gesù ci parla indirettamente della croce: ci lascerà la pace, ma al prezzo della sua dolorosa uscita da questo mondo. Oggi leggiamo le sue parole dette prima del sacrificio della Croce e che furono scritte posteriormente alla sua Risurrezione. Sulla Croce, con la sua morte vinse la morte e la paura. Non ci da la pace «come la dà il mondo» (cf. Gv 14,27), ma lo fà attraverso il dolore e l’umiliazione: così dimostrò il suo amore misericordioso all’essere umano.
Nella vita degli uomini è inevitabile la sofferenza, a partire dal giorno in cui il peccato è entrato nel mondo. Alcune volte si tratta di dolore fisico; altre di quello morale; in altre occasioni si tratta di un dolore spirituale..., e per tutti arriva la morte. Dio però, nel suo amore infinito, ci ha dato il rimedio per avere pace nel dolore. Lui ha accettato di “andarsene” da questo mondo con una “uscita” sofferente e avvolta di serenità.
Perché lo fece così? Perché in questo modo il dolore umano —unito a quello di Cristo— si trasforma in un sacrificio che salva dal peccato. «Sulla Croce di Cristo (...), la stessa sofferenza umana è rimasta redenta» (Giovanni Paolo II). Gesù Cristo soffre con serenità perché compiace al Padre celeste mediante un atto di costosa obbedienza, e con il quale si offre volontariamente per la nostra salvezza.
Un autore sconosciuto del II secolo mette sulle labbra di Cristo le seguenti parole: «Guarda gli sputi sul mio volto, che ho ricevuto per te, per restituirti il primo alito di vita che ho soffiato sul tuo volto. Guarda gli schiaffi sulle mie guance, che ho sopportato per riformare d’accordo alla mia immagine il tuo aspetto deteriorato. Guarda la mia spalla flagellata per togliere dalla tua il peso dei tuoi peccati. Guarda le mie mani, saldamente immobilizzate con chiodi sull’albero della croce, per te, che un tempo stendesti funestamente una delle tue mani verso l’albero proibito».
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domenica 29 aprile 2018
(Gv 14,21-26) Lo Spirito Santo che il Padre manderà nel mio nome vi insegnerà ogni cosa.
(Gv 14,21-26) Lo Spirito Santo che il Padre manderà nel mio nome vi insegnerà ogni cosa.
+ Dal Vangelo secondo Giovanni
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Chi accoglie i miei comandamenti e li osserva, questi è colui che mi ama. Chi ama me sarà amato dal Padre mio e anch’io lo amerò e mi manifesterò a lui».
Gli disse Giuda, non l’Iscariòta: «Signore, come è accaduto che devi manifestarti a noi, e non al mondo?».
Gli rispose Gesù: «Se uno mi ama, osserverà la mia parola e il Padre mio lo amerà e noi verremo a lui e prenderemo dimora presso di lui. Chi non mi ama, non osserva le mie parole; e la parola che voi ascoltate non è mia, ma del Padre che mi ha mandato.
Vi ho detto queste cose mentre sono ancora presso di voi. Ma il Paràclito, lo Spirito Santo che il Padre manderà nel mio nome, lui vi insegnerà ogni cosa e vi ricorderà tutto ciò che io vi ho detto».
Parola del Signore
LA MIA RIFLESSIONE
PREGHIERA
Vieni o Santo Spirito, amore di Dio, luce per noi uomini inesperti e dubbiosi, vieni. Unisciti al nostro debole corpo con il tuo Spirito e rendici saldi e forti nella fede.
"SE uno mi ama, osserverà la mia parola e il Padre l’ amerà"…. È tutto legato a quel SE. È la nostra scelta che ci permetterà di stare in contatto col Padre e col Figlio e di ricevere da loro lo Spirito Santo Paraclito che ci aiuterà per la contemplazione e la conoscenza, perché attraverso questa unione le opere del Padre possano essere compiute anche in noi discepoli.
Spesso mi succede di parlare con persone che sono piene di dubbi, di incredulità per quanto concerne la nostra fede.
Mi dicono di credere a modo loro, ma non c’ è un modo nostro per credere, o crediamo o non crediamo.
La fede vera non vuole dubbi, non si può fermare davanti ai peccati e agli errori di qualcuno, come non si è fermato l’ amore di Dio per noi a causa del peccato, e non si ferma neanche davanti ai delitti più orribili.
Potevamo essere tutti condannati alla perdizione eterna, se era uno di noi al suo posto lo avrebbe fatto… irriconoscenti come siamo, presuntuosi e pieni d’orgoglio.
Ma Dio è Dio, da lui viene solo amore e per questo amore è disposto a tutto, anche a donare la vita del suo figlio prediletto. Per questo amore Gesù è venuto sulla terra per redimerci ed è tornato al Padre ad aspettarci, a preparare per noi un posto.Nella nostra grande libertà possiamo decidere di amarlo e tutto diventerà più facile, tutto sarà trasformato, e ci chiederemo che cosa abbiamo aspettato per fare della nostra vita un progetto di eternità.Gli uomini spendono anni, soldi e studi inutili per cercare di costruire qualcosa che non riescono a vedere,ma che è già in noi, la vita eterna!Dio mio aiutaci a vedere con gli occhi dello Spirito!
"NON ABBIATE TIMORE" Non temete quando tutto sarà difficile, quando tutto sarà incredibilmente faticoso, quando dai vostri occhi scenderanno copiose le lacrime….. NON ABBIATE TIMORE, Dio è con noi, ora e sempre e questa lotta la vinceremo, anche a forza di lacrime e di dolore, satana non ci farà suoi schiavi, resteremo aggrappati alla croce e con questa saremo innalzati al cielo. Amen.
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COMMENTO DI:
Rev. D. Norbert ESTARRIOL i Seseras
(Lleida, Spagna)
Oggi, Gesù ci insegna il suo immenso desiderio di farci partecipi della sua pienezza. Uniti a Lui, stiamo nella fonte di vita divina che è la Santissima Trinità. «Dio è con te. Nella tua anima in grazia abita la Trinità Beatissima. —Pertanto, tu, nonostante le tue miserie, puoi e devi stare in continua conversazione con il Signore» (San Josemaria).
Gesù assicura che sarà presente in noi per la dimora di Dio, nell’anima in grazia. Così, i cristiani non siamo più orfani. Visto che ci ama tanto, nonostante non abbia bisogno di noi, non vuole fare a meno di noi.
«Chi accoglie i miei comandamenti e li osserva, questi mi ama. Chi mi ama sarà amato dal Padre mio e anch'io lo amerò e mi manifesterò a lui» (Gv 14,21). Questo pensiero ci aiuta a tenere presenza di Dio. Allora, non hanno posto altri desideri o pensieri che, almeno, a volte, ci fanno perder tempo e ci impediscono di compiere la volontà di Divina. Ecco qui una raccomandazione di san Gregorio Magno: «Che non ci affascini la prosperità, perché è un viandante sciocco quello che vede, lungo il suo cammino, campi deliziosi e si dimentica di quel posto dove voleva andare».
La presenza di Dio nel cuore ci aiuterà a scoprire e realizzare in questo mondo i piani che la Provvidenza ci abbia assegnato. Lo Spirito del Signore susciterà nel nostro cuore iniziative per metterle in cima a tutte le attività umane e fare, così, Cristo presente nel posto più alto della terra. Se abbiamo questa intimità con Gesù arriveremo a essere buoni figli di Dio e ci sentiremo amici suoi in tutti i luoghi e i momenti: per strada, nel bel mezzo del lavoro quotidiano, nella vita famigliare.
Tutta la luce e il fuoco della vita divina si riverseranno sopra ognuno dei fedeli che siano disposti a ricevere il dono della dimora. La Madre di Dio intercederà —come madre nostra— affinché possiamo entrare in questo tratto con la Santissima Trinità.
venerdì 27 aprile 2018
Gv 15,1-8 Chi rimane in me ed io in lui fa molto frutto.
Gv 15,1-8 Chi rimane in me ed io in lui fa molto frutto.
Dal Vangelo secondo Giovanni
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Io sono la vite vera e il Padre mio è l’agricoltore. Ogni tralcio che in me non porta frutto, lo taglia, e ogni tralcio che porta frutto, lo pota perché porti più frutto. Voi siete già puri, a causa della parola che vi ho annunciato.
Rimanete in me e io in voi. Come il tralcio non può portare frutto da se stesso se non rimane nella vite, così neanche voi se non rimanete in me. Io sono la vite, voi i tralci. Chi rimane in me, e io in lui, porta molto frutto, perché senza di me non potete far nulla. Chi non rimane in me viene gettato via come il tralcio e secca; poi lo raccolgono, lo gettano nel fuoco e lo bruciano.
Se rimanete in me e le mie parole rimangono in voi, chiedete quello che volete e vi sarà fatto. In questo è glorificato il Padre mio: che portiate molto frutto e diventiate miei discepoli».
Parola del Signore
LA MIA RIFLESSIONE
PREGHIERA
Ti prego Spirito Santo di starmi vicino e di assistermi con la tua sapienza nella lettura e nella riflessione della tua parola.
Spesso uso l’espressione, siamo operai della vigna del Signore e oggi il vangelo ci spiega proprio questo passo.
Quella della vite e dei tralci è una delle immagini più belle che Gesù ci propone, addirittura ci fa l' esempio di come il Padre ci tiene a che la vite produca buoni frutti. La pianta della vite è una pianta che si aggroviglia, si arrampica e si attorciglia tutta intorno alla madre vite, dalla quale riceve la linfa, e l' agricoltore la cura, taglia i rami inutili, che non portano frutto e la pota perché sia più robusta. I ruoli sono chiari, il raccolto va a Dio, è di Dio la vigna, di cui Cristo è la madre vite da cui partono i tralci, che siamo noi tutti. L' importante quindi è rimanere aggrappati alla pianta madre, a Gesù, e alla Chiesa da lui istituita, di cui lo Spirito Santo è la linfa. Tante sono le immagini che mi vengono alla mente, una è quella delle sofferenze che nella vita ognuno di noi passa, che in qualche modo, anche se sono difficili da accettare, sembrano arrivare per distruggerci e invece ci fanno crescere e ci rendono più forti, e l'altra è l'immagine della Chiesa, che per quanto imperfetta e divisa è in ogni modo la parte portante della vite. Restiamo quindi attaccati a questa Chiesa, e lasciamo a Dio il giudizio e la potatura dei tralci, lui sa quello che è giusto, noi non sappiamo vedere più in là del nostro naso, se vogliamo essere un tralcio e non d’intralcio, affidiamoci alla parola di Dio e abbracciamo con fiducia Cristo Gesù.
Aggiungo una nota che mi sembra molto importante cogliere, Gesù dice molto chiaramente che senza di lui, cercando di fare le cose a modo nostro, non potremo fare nulla , questo non vuol dire che da soli non sappiamo fare niente, ma che da soli, non sappiamo fare niente di buono, ma posso dire anche di più, noi da soli, non sappiamo neanche riconoscere quello che è buono e quello che non lo è.
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COMMENTO DI:
Rev. D. Joan MARQUÉS i Suriñach
(Vilamarí, Girona, Spagna)
Oggi, il Vangelo presenta l’allegoria della vite e dei tralci. Cristo è la vera vite, noi siamo i tralci e il Padre è il vignaiolo.
Il Padre vuole che noi diamo molto frutto. E’ logico. Un vignaiolo pianta un vigneto e lo coltiva per produrre frutto in abbondanza. Se abbiamo creato una società, vogliamo la resa di produzione. Gesù insiste: «non voi avete scelto me, ma io ho scelto voi e vi ho costituiti perché andiate e portate frutto...» (Gn 15,16).
Sei un eletto. Dio ha fissato la vista su di te. Mediante il battesimo siete stati innestati nella vite che è Cristo. Hai la vita di Cristo, la vita cristiana. Hai l’elemento principale per dare frutto: l’unione con Cristo; perché «il tralcio non può portare frutto da se stesso se non rimane nella vite» (Gn 15,4). Gesù lo dice esaustivamente: «senza di me non potete far nulla» (Gn 15,5). “La vostra forza non è altro che soavità, non c’è niente tanto tenero come questo, e niente come questo è tanto firme” ( San Francesco di Sales). Quante cose hai voluto fare senza Cristo? Il frutto che il Padre aspetta da noi è quello delle buone opere, è quello della pratica delle virtù. Qual’è l’unione con Cristo che ci fa capaci di dare questo frutto? La fede e la carità, cioè, rimanere in grazia di Dio.
Quando vivi in grazia di Dio, tutti gli atti virtuosi sono frutti graditi al Padre. Sono opere che Gesù Cristo fa attraverso di te. Sono opere di Cristo che danno gloria al Padre e si trasformano in un pezzo di cielo per te. Vale la pena vivere sempre in grazia di Dio! «chi non rimane in me (per il peccato), viene gettato via come il tralcio e secca; poi (...) lo gettano nel fuoco e lo bruciano» (Gn 15,6). E’ una chiara allusione all’ inferno. E tu, sei come un tralcio pieno di vita?
Che la Vergine Santissima ci aiuti ad aumentare la grazia per produrre frutti in abbondanza, e questi diano gloria al Padre.
(Gv 14,7-14) Chi ha visto me, ha visto il Padre.
(Gv 14,7-14) Chi ha visto me, ha visto il Padre.
+ Dal Vangelo secondo Giovanni
In quel tempo, disse Gesù ai suoi discepoli: «Se avete conosciuto me, conoscerete anche il Padre mio: fin da ora lo conoscete e lo avete veduto». Gli disse Filippo: «Signore, mostraci il Padre e ci basta». Gli rispose Gesù: «Da tanto tempo sono con voi e tu non mi hai conosciuto, Filippo? Chi ha visto me, ha visto il Padre. Come puoi tu dire: “Mostraci il Padre”? Non credi che io sono nel Padre e il Padre è in me? Le parole che io vi dico, non le dico da me stesso; ma il Padre, che rimane in me, compie le sue opere. Credete a me: io sono nel Padre e il Padre è in me. Se non altro, credetelo per le opere stesse. In verità, in verità io vi dico: chi crede in me, anch’egli compirà le opere che io compio e ne compirà di più grandi di queste, perché io vado al Padre. E qualunque cosa chiederete nel mio nome, la farò, perché il Padre sia glorificato nel Figlio. Se mi chiederete qualche cosa nel mio nome, io la farò.
Parola del Signore.
LA MIA RIFLESSIONE
PREGHIERA Vieni o Spirito Di Dio ad insegnarmi quello che è giusto che io oggi sappia,Tu che sai dosare per me la sapienza il dolore e l'amore, tu che sai quello che è giusto per me. Grazie di assistermi. In questo brano, come negli ultimi che abbiamo letto, Gesù torna a sottolineare la sua unicità col Padre, quindi non ci soffermeremo a ripetere le stesse cose, ma voglio invece sottolineare come stare in comunione con Gesù significa stare in comunione col Padre. È Gesù stesso che lo afferma e ci dice che attraverso questa comunione il Padre compie le sue opere, ma quello che mi colpisce è che ci dice che chiunque entrerà in questa comunione, farà opere altrettanto grandi .Quindi Gesù ci spinge a considerarci importanti agli occhi di Dio, perché credendo in Lui, crederemo in colui che l’ha mandato, e qualunque cosa chiederemo nel suo nome ci verrà concessa.Sono parole importanti e poiché sappiamo che le parole di Gesù sono verità, non vedo perché dovremmo credere solo in parte alle sue parole… spesso infatti,siamo portati a credere che solo a Lui siano stati concessi certi privilegi, dimentichiamo forse che gli apostoli compivano miracoli nel suo nome… e i santi, ancora oggi persone che erano esattamente come noi, ma che da noi differenziavano per la grande fede e l’abbandono alla volontà di Dio. Abbiamo tanti esempi da imitare,tocca cominciare a fare sul serio,non credete?
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COMMENTO DI:
P. Jacques PHILIPPE (Cordes sur Ciel, Francia)
Oggi, siamo invitati a scoprire in Gesù il Padre che ci viene svelato. Filippo esprime una intuizione molto giusta: «Mostraci il Padre e ci basta» (Gv 14,8). Vedere il Padre è scoprire Dio, come origine, come vita che s’innalza, come generosità, come dono che costantemente rinnova ogni cosa. Di cos'altro abbiamo bisogno? Procediamo da Dio e ogni uomo, sebbene incoscientemente, porta con sé il profondo desiderio di tornare a Dio, di riincontrare la casa paterna e restare lì per sempre. Lì si trovano tutti i beni che possiamo desiderare: la vita, la luce, l’amore, la pace... Sant’Ignazio d’Antiochia, che fu martire all’inizio del secondo secolo, diceva: «C’è in me un’acqua viva che sussurra e dice dentro di me; «Vieni dal Padre!». Gesù ci fa intravedere la profonda intimità reciproca che esiste tra Lui e il Padre: «Io sono nel Padre e il Padre è in me» (Gv 14,11). Quello che Gesù dice e fa trova la sua origine nel Padre, e il Padre si manifesta pienamente in Gesù. Tutto quello che il Padre desidera dirci lo si trova nelle parole e negli atti del Figlio. Tutto ciò che Lui desidera adempiere in beneficio nostro, lo compie per suo Figlio. Credere nel Figlio ci permette di «presentarci... al Padre» (Ef 2,18). La fede umile e fedele in Gesù, la scelta di seguirLo ed ubbidirlo giorno dopo giorno ci mette in contatto misterioso ma reale con lo stesso mistero di Dio, e ci fa beneficiari di tutte le ricchezze della Sua benevolenza e misericordia. Questa fede permette al Padre portare avanti, attraverso noi, l’azione della grazia che cominciò con Suo Figlio; «Chi crede in me, anch’egli compirà le opere che io compio» (Gv 14,12)
giovedì 26 aprile 2018
(Gv 14,1-6) Io sono la via, la verità e la vita.
(Gv 14,1-6) Io sono la via, la verità e la vita.
+ Dal Vangelo secondo Giovanni
In quel tempo, disse Gesù ai suoi discepoli: «Non sia turbato il vostro cuore. Abbiate fede in Dio e abbiate fede anche in me. Nella casa del Padre mio vi sono molte dimore. Se no, vi avrei mai detto: “Vado a prepararvi un posto”? Quando sarò andato e vi avrò preparato un posto, verrò di nuovo e vi prenderò con me, perché dove sono io siate anche voi. E del luogo dove io vado, conoscete la via». Gli disse Tommaso: «Signore, non sappiamo dove vai; come possiamo conoscere la via?». Gli disse Gesù: «Io sono la via, la verità e la vita. Nessuno viene al Padre se non per mezzo di me».
Parola del Signore.
LA MIA RIFLESSIONE
PREGHIERA
Vieni o Santo Spirito, e portami alla Via che conduce alla Verità. Fammi essere nel cuore di Cristo, dove non farò domande e non ci sarà bisogno di parole.
"Non sia turbato il vostro cuore!" Facile a dirsi amore mio, turbato dalla paura di vederti soffrire, di vederti oltraggiato... I discepoli chiedevano sempre qualcosa che non riuscivano a comprendere e facevano bene a parlarne con Te, perchè solo Tu puoi rispondere la verità, ma per alcune cose, nessuno è mai pronto. Io ti chiedo solo un dono: dammi la fede, perchè la mia non basta mai, perchè non riesco a lasciarmi andare, a farmi trasportare da Te. Tu ci spingi a lasciare tutto ed a sentirci partecipi di questo grande progetto che è il progetto di Dio per noi, su di noi, con noi. Quanto vorrei Signore mio, saper volare con te, oltre la terra, oltre la mia piccola mente umana, ma non lo so fare, resto aggrappata a mille pesi, a tanta zavorra che mi trattiene, e ti chiedo con tutto il cuore, tu che puoi, rendimi libera! Io credo che Tu hai parole vere, che sei venuto fin sulla terra, fin nella tua santa umanità, per insegnarci a vivere di Te, per insegnarci a morire a noi stessi e alle nostre identità terrene. Noi così convinti che per essere qualcuno dobbiamo avere un nome, essere unici, e cerchiamo ogni giorno di affermare noi stessi. Noi che probabilmente sbagliamo sempre tutto, perchè penso a quando cambiasti il nome di Simone in Cefa (pietra) gli indicasti la sua missione, la prima pietra della tua Chiesa, che ti riconobbe come "il Cristo, il figlio del Dio vivente" non per opera della carne, ma dello Spirito. Chi vede Te vede il Padre ed io Credo che sia così per questo invoco il tuo aiuto, ti prego di non lasciarmi mai sola nella tentazione di seguire il mondo, ma di stringere forte la mia mano nella tua e di condurmi passo passo, verso casa, perchè so che i miei passi non potrebbero avere una guida migliore .
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COMMENTO DAL MESSALINO DE LA CHIESA.IT
Il termine “Dio” può sembrare freddo ed evocare la distanza. L’appellativo di “Padre” è pieno di affetto e di tenerezza: è il termine proprio della Rivelazione. Si può essere intimoriti da Dio perché la sua santità è un rimprovero al nostro essere profani. Come siamo sensibili invece al nome di “Padre”! I popoli chiamano la loro terra “patria”. Ciò sottintende una protezione, un conforto ed implica amore. Ci sentiremmo a casa nostra nella casa del Padre, ci sentiremmo a nostro agio, rassicurati. Questa è l’opera fantastica dell’amore: trasformare una casa nella propria casa e un servo in un figlio. Tommaso chiede: “Come possiamo conoscere la via?”. Cristo risponde: “Io sono la via”. Cristo definisce così il suo ruolo, e noi apprendiamo che Cristo non viene per se stesso, ma per noi. La sua casa è la nostra casa, suo Padre è nostro Padre. Come è semplice e quasi infantile la dottrina del cristianesimo! Noi non camminiamo da soli, non camminiamo senza guida. Cristo ha due mani: l’una per indicarci la via, l’altra per sostenerci lungo la via. È tutto ciò di cui ha bisogno il pellegrino: la Via, la Verità e la Vita.
mercoledì 25 aprile 2018
(Gv 13,16-20) Chi accoglie colui che manderò, accoglie me.
(Gv 13,16-20) Chi accoglie colui che manderò, accoglie me.
+ Dal Vangelo secondo Giovanni
[Dopo che ebbe lavato i piedi ai discepoli, Gesù] disse loro:
«In verità, in verità io vi dico: un servo non è più grande del suo padrone, né un inviato è più grande di chi lo ha mandato. Sapendo queste cose, siete beati se le mettete in pratica.
Non parlo di tutti voi; io conosco quelli che ho scelto; ma deve compiersi la Scrittura: “Colui che mangia il mio pane ha alzato contro di me il suo calcagno”. Ve lo dico fin d’ora, prima che accada, perché, quando sarà avvenuto, crediate che Io sono.
In verità, in verità io vi dico: chi accoglie colui che io manderò, accoglie me; chi accoglie me, accoglie colui che mi ha mandato».
Parola del Signore
LA MIA RIFLESSIONE
PREGHIERA
Aiutami mio Signore a comprendere le tue parole, perché io mai possa allontanarmi da te e dai tuoi insegnamenti, perché mai io possa far prevalere il mio io sul volere del mio Dio.
Gesù ha appena lavato i piedi ai suoi discepoli e questi ancora si sentono confusi da questo gesto.
C’ è tutta l’ umiltà di che non si pone al comando, ma al servizio, così difficile da attuare in un mondo come il nostro, in cui la voglia di prevalere la fa da padrona.
Ma Gesù rivela che tutto quello che Lui fa, lo fa per obbedire al Padre e che se veramente vogliamo seguirlo, dobbiamo seguirlo in tutto, anche in questa umiltà e fedeltà al disegno di Dio.
Troppo spesso vogliamo essere i protagonisti della storia che viviamo e cerchiamo di far prevalere le nostre idee e siamo talmente abituati a farlo che lo facciamo anche con Dio, mettendolo al nostro servizio e non servendolo.
Dio si rivela in Gesù e noi possiamo decidere liberamente se seguirlo o no, ma come si può resistere a un tale amore, di chi sa che sta per morire per noi e si preoccupa di amarci fino all’ultimo gesto.
- "Sapendo queste cose, siete beati se le mettete in pratica" -
Gesù aggiunge ancora questa beatitudine alle altre più conosciute ed in questa le racchiude tutte, perchè il senso di tutto il suo messaggio è che è pienamente beato chi fa della sua vita un cammino dentro alla volontà del Padre.
Questo cammino lui lo sta facendo e lava i loro piedi, anche se in mezzo a loro c'è anche Giuda, che di lì a poco lo avrebbe tradito.
Non prova rabbia, ma dolore, perchè non cerca vendetta, ma offre giustizia.
A volte mettiamo tanto impegno per convertirci e per convertire, ma come a Gesù è successo, può succedere anche a noi di restare delusi, di fallire, ma questi fallimenti, non devono scoraggiarci nè fermarci.
Un vecchio detto dice :"finchè c'è vita c'è speranza" e Gesù è il più grande e meraviglioso maestro in questo, perchè supera sempre i nostri limiti con il suo immenso amore.
Essere seguace di Cristo, comporta spesso delle scelte che sono messe in discussione da chi ci circonda, da chi si sente parte del mondo e tende a farci vivere come se un cristiano stesse fuori posto su questa terra.
D’ altra parte anche Gesù, non è che ha avuto la vita facile sulla terra, faceva del bene ed era odiato, tanto che lo hanno crocefisso; perché in un mondo dove c’è la gara al successo, alla ricchezza, uno che si definisce re e viene per servire, per gli emarginati, per gli ultimi, non è compreso.
Gesù ci dice di prepararci all’ ostilità della gente, e ci dice anche un’altra cosa molto importante, ci spiega il motivo per cui il mondo ci odia, perché Lui ci ha scelto dal mondo. Spesso avvertiamo anche noi piccoli discepoli senza alcuna preparazione teologica, la grande grazia che il Signore ci ha fatto, chiamandoci alla conversione, e ripensando a quando eravamo lontani da Dio ed alla sua parola, avvertiamo lo stesso senso di disprezzo che prima noi nutrivamo verso chi era più dentro di noi, nelle cose di Dio.
Quel disprezzo era molto simile alla rabbia, quella rabbia che provavamo verso chi secondo noi, era stupido a perdersi tante cose belle della vita, e visto che ci guardava compassionevoli, li attaccavamo e ne dicevamo di tutti i colori contro di loro.
La calunnia era la nostra forma preferita, poi c’erano tutta una serie di tentativi di sfuggire all’ amore puro e a cercare la trasgressione, e questo è bene ricordarlo, perché quando vediamo qualcuno che riteniamo un gran peccatore, o un blasfemo, dobbiamo ricordarci di quando anche noi eravamo lontani.
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COMMENTO DI:
Rev. D. David COMPTE i Verdaguer
(Manlleu, Barcelona, Spagna)
Oggi, come in quei film che iniziano ricordando un fatto del passato, la liturgia fa memoria di un gesto che appartiene al Giovedì Santo: Gesù lava i piedi ai suoi discepoli (cf. Gv 13,12). Così questo gesto —letto dalla prospettiva della Pasqua— assume una validità perenne. Prestiamo attenzione, solamente, a tre idee.
In primo luogo, la centralità della persona. Nella nostra società sembra che fare sia il termometro del valore di una persona. In questa dinamica è facile che le persone siano trattate come strumenti; facilmente ci utilizziamo gli uni agli altri. Oggi il Vangelo ci incita urgentemente a trasformare questa dinamica in una dinamica di servizio: l’altro non è mai puro strumento. Si tratterebbe di vivere una spiritualità di comunione, dove l’altro —in una espressione di Giovanni Paolo II— arriva ad essere “qualcuno che mi appartiene” e un “dono per me”, al quale bisogna “dare spazio”. Il nostro linguaggio lo ha afferrato felicemente con l’espressione: “esserci per gli altri”. Ci siamo per gli altri? Li ascoltiamo quando ci parlano?
Nella società dell’immagine e della comunicazione, questo non è un messaggio da trasmettere, ma è un incarico da compiere, nel vivere quotidiano «Sapendo queste cose, sarete beati se le metterete in pratica» (Gv 13,17). Forse per questo, il Maestro non si limita a una spiegazione: fissa il gesto del servizio nella memoria di quei discepoli, passando immediatamente alla memoria della Chiesa; una memoria chiamata costantemente ad essere un’altra volta gesto: nella vita di tante famiglie e di tante persone.
Per concludere, un campanello d’allarme: «Colui che mangia il pane con me, ha levato contro di me il suo calcagno» (Gv 13,18). Nell’Eucaristia Gesù risorto si fa nostro servitore, ci lava i piedi. Però non è sufficiente con la presenza fisica. Bisogna imparare nell’Eucaristia e prendere coraggio per convertire in realtà che «Avendo ricevuto il dono dell'amore, moriamo al peccato e viviamo per Dio» (San Fulgenzio di Ruspe).
martedì 24 aprile 2018
(Mc 16,15-20) Andate in tutto il mondo e proclamate il Vangelo.
VANGELO DI MERCOLEDì 25 APRILE 2018
(Mc 16,15-20) Andate in tutto il mondo e proclamate il Vangelo.
Dal Vangelo secondo Marco
In quel tempo, [Gesù apparve agli Undici] e disse loro: «Andate in tutto il mondo e proclamate il Vangelo a ogni creatura. Chi crederà e sarà battezzato sarà salvato, ma chi non crederà sarà condannato. Questi saranno i segni che accompagneranno quelli che credono: nel mio nome scacceranno demòni, parleranno lingue nuove, prenderanno in mano serpenti e, se berranno qualche veleno, non recherà loro danno; imporranno le mani ai malati e questi guariranno». Il Signore Gesù, dopo aver parlato con loro, fu elevato in cielo e sedette alla destra di Dio. Allora essi partirono e predicarono dappertutto, mentre il Signore agiva insieme con loro e confermava la Parola con i segni che la accompagnavano.
Parola del Signore
LA MIA RIFLESSIONE
PREGHIERA.
CREDO SIGNORE, AIUTAMI A CREDERE!
Oggi vorrei fermarmi con voi alle parole di questa preghiera che mi è sgorgata dal cuore: Credo Signore..... per tua grazia, per tuo dono, io oggi posso affermare di credere. Credo in tutto quello che la tua Chiesa mi ha insegnato, nonostante l’ umana fragilità degli uomini di Chiesa e la mia. Marco è duro, ma realista, e ci spinge a leggere le parole di Gesù in tutta la loro franchezza, perchè sono parole che se non riusciamo a tradurre in realtà, ci lasceranno fuori dalla porta. Quella porta che possiamo senza timore di sbagliare, dire che è Gesù! Non era la presenza di Gesù che cambiò gli uomini, perchè molti restarono uguali a ciò che erano prima di incontrarlo; ma quelli che credettero in lui, quelli che gli permisero di cambiare la loro vita, furono battezzati e furono salvati. Solo chi crede veramente, riesce ad evangelizzare, perchè non proclama delle aride teorie, ma trasmettette la gioia del Vangelo ricevuto. La fede è un grande dono che si riceve nel battesimo, è una grazia che ci viene donata, che resta chiusa in uno scrigno fino a che non decidiamo di affidare la nostra vita a Dio. I segni che sapremo vedere, che sapremo vivere, saranno la dimostrazione che Dio è veramente entrato a far parte della nostra vita, che siamo cambiati e rinati, che ora viviamo da risorti ed il peccato non regna più nei nostri cuori; questa gioia è quella che potremo annunziare, anche se indegni, ma consapevoli di essere salvati per amore.
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COMMENTO DI:
Mons. Agustí CORTÉS i Soriano Vescovo di Sant Feliu de Llobregat (Barcelona, Spagna)
Oggi, ci sarebbe molto da dire sulla essenza del perché non risuona con forza e convinzione la parola del Vangelo, perché i cristiani osserviamo un silenzio sospettoso su ciò che crediamo, nonostante la chiamata alla "nuova evangelizzazione". Ognuno farà la propria analisi e indicherà la sua particolare interpretazione. Ma nella festa di San Marco, ascoltando il Vangelo e guardando l’evangelizzatore, non possiamo fare a meno di proclamare con sicurezza e gratitudine dov'è l'origine e in che consiste la forza della nostra parola. L'evangelizzatore non parla così perché glielo raccomanda uno studio sociologico del momento, perché glielo detti una “prudenza” politica e nemmeno perché "nasce dal dire ciò che pensa”. Senza preamboli gli viene imposta una presenza e un mandato dall'esterno, senza coercizione, ma con l'autorità di chi è degno di tutto credito, "Vai in tutto il mondo e predica il Vangelo ad ogni creatura" (cf. Mc 16,15). Cioè, noi evangelizziamo per obbedienza, ma anche con gioia e fiducia. La nostra parola, d’altra parte, non si presenta come una in più nel mercato delle idee e delle opinioni, ma ha tutto il peso dei messaggi forti e definitivi. Della sua accettazione o rifiuto dipendono la vita o la morte; e la sua verità, il suo potere di persuasione, arriva per la via testimoniale, ovvero, accreditato da segnali a favore dei bisognosi. Perciò è, propriamente, una "proclama" una dichiarazione pubblica, felice, emozionata, di un fatto decisivo e salvatore. Perché, allora, il nostro silenzio? Paura, timidezza? Diceva San Giustino che "gli ignoranti e incapaci di eloquenza, persuasero con la virtù tutta l'umanità". Il segno o miracolo della virtù è la nostra eloquenza. Lasciamo almeno che il Signore in mezzo a noi e con noi realizzi la sua opera «mentre il Signore operava insieme con loro e confermava la parola con i prodigi che l'accompagnavano» (Mc 16,20).
lunedì 23 aprile 2018
(Gv 10,22-30) Io e il Padre siamo una cosa sola.
(Gv 10,22-30) Io e il Padre siamo una cosa sola.
+ Dal Vangelo secondo Giovanni
Ricorreva, in quei giorni, a Gerusalemme la festa della Dedicazione. Era inverno. Gesù camminava nel tempio, nel portico di Salomone. Allora i Giudei gli si fecero attorno e gli dicevano: «Fino a quando ci terrai nell’incertezza? Se tu sei il Cristo, dillo a noi apertamente».
Gesù rispose loro: «Ve l’ho detto, e non credete; le opere che io compio nel nome del Padre mio, queste danno testimonianza di me. Ma voi non credete perché non fate parte delle mie pecore. Le mie pecore ascoltano la mia voce e io le conosco ed esse mi seguono. Io do loro la vita eterna e non andranno perdute in eterno e nessuno le strapperà dalla mia mano. Il Padre mio, che me le ha date, è più grande di tutti e nessuno può strapparle dalla mano del Padre. Io e il Padre siamo una cosa sola».
Parola del Signore
LA MIA RIFLESSIONE
PREGHIERA
Vieni o Spirito Santo, assistimi, concedimi di comprendere, e di saper discernere la tua verità dalla mia mentalità terrena, fa che io sappia leggere solo le tue parole che scrivi nel mio cuore. Amen.
Nasce la prima chiesa dei “cristiani” ad Antiochia, in terra straniera e, invece, nella sua terra Gesù non era riconosciuto.
Perché? Forse perché non basta essere vicini a Gesù, ascoltarlo, bisogna credere in lui, riconoscerlo come mandato dal Padre e quindi accettare di farsi guidare da lui, proprio come pecore docili che seguono il buon pastore.
Quante volte ci avviciniamo a Gesù per stare con lui? Per seguirlo? E quante volte invece cerchiamo solo di farci belli alla sua ombra… di dire io sono una brava persona perché credo, perché vado in Chiesa, perché faccio parte di questa o quella comunità… e questo non fa di noi dei buoni cristiani, o almeno non solo questo.
Come riconosciamo che Gesù si distingue dagli altri pastori perché ha parole di verità e di vita eterna, noi dobbiamo distinguerci per come viviamo la nostra fede. Penso sempre a San (Padre) Pio, che dicevano, si confessasse tutti i giorni, e che si dichiarava umilmente peccatore, e poi vedo noi credenti, tutti presi ad evangelizzare gli altri (io per prima) tutti ad insegnare e troppo spesso ad apparire migliori di quello che siamo.
Papa Francesco ha detto : "Chi non sa dialogare non obbedisce a Dio e vuole far tacere quanti predicano la novità di Dio" .
Questa frase urla l'amore del nostro pastore per le sue pecore, ma non per quanto può essere accettato lui o meno, la Chiesa è stata sempre divisa in se stessa, ma il Pastore ha paura che le sue pecore si perdano.
Molti sono i sacerdoti e i laici che mal sopportano le continue riprese che il Papa fa, perchè certe verità bruciano, ma forse sarebbe meglio per tutti se ci facessimo un esame di coscienza in modo serio, chiediamo perdono di tutto quello che avremmo potuto fare meglio, di quello che abbiamo sbagliato, magari per distrazione, non per cattiveria, e ci sentiamo poi in pace con Dio, come quando dopo aver fatto involontariamente uno sgarbo ad un’amica, chiediamo scusa e facciamo pace, vincendo sulle incomprensioni e sullo stupido orgoglio, perchè ogni giorno dobbiamo convertirci.
A me succede spesso, perché non sono perfetta, e sono felice di saperlo, perché almeno ho qualcosa di serio su cui lavorare, per essere migliore e per rendere grazie al Signore di tutte le grazie che Lui mi ha concesso.
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COMMENTO DI:
Rev. D. Miquel MASATS i Roca
(Girona, Spagna)
Oggi, vediamo Gesù che «passeggiava nel tempio, sotto il portico di Salomone» (Gv 10,23), durante la festa della Dedicazione in Gerusalemme. Allora i giudei gli chiesero: «Se tu sei il Cristo, dillo a noi apertamente», e Gesù rispose loro: «Ve l’ho detto, e non credete» (Gv 10,24-25).
Solo la fede, rende capace l’uomo di riconoscere Gesù come il figlio di Dio. Giovanni Paolo II parlava nell’anno 2000, in un incontro con i giovani a Tor Vergata, del “laboratorio della fede”. Per la domanda «Chi sono io secondo la gente?» (Lc 9,18) ci sono molte risposte... Però Gesù passa poi al livello personale: «E voi chi dite che io sia?». Per rispondere correttamente a questa domanda è necessaria la “rivelazione del Padre”. Per rispondere come Pietro —«Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente» (Mt 16,16)— bisogna essere in grazia di Dio.
Però, anche se Dio vuole che tutti credano e si salvino, solo gli uomini umili sono abilitati per ricevere questo dono. «Con gli umili invece c’è la saggezza» si legge nel libro dei Proverbi (11,2). La vera saggezza dell’uomo consiste nell’aver fiducia in Dio.
San Tommaso D’Aquino commenta questo brano del Vangelo dicendo: «Grazie alla luce del sole posso vedere, però se chiudo gli occhi non vedo; però non è per colpa del sole, ma per colpa mia».
Gesù dice loro che se non credono, che credano almeno per le opere che Lui fà, che manifestano il potere di Dio: «le opere che io compio nel nome del Padre mio, queste mi danno testimonianza» (Gv 10,25).
Gesù conosce le sue pecore e le sue pecore ascoltano la sua voce. La fede porta al rapporto con Gesù nella preghiera. Cos'è la preghiera, se non il rapporto con Cristo, che sappiamo che ci ama e che ci porta al padre? Il risultato e premio di questa intimità con Gesù in questa vita, è la vita eterna, come abbiamo letto nel Vangelo.
domenica 22 aprile 2018
(Gv 10,1-10) Io sono la porta delle pecore.
(Gv 10,1-10) Io sono la porta delle pecore.
+ Dal Vangelo secondo Giovanni
In quel tempo, Gesù disse: «In verità, in verità io vi dico: chi non entra nel recinto delle pecore dalla porta, ma vi sale da un’altra parte, è un ladro e un brigante. Chi invece entra dalla porta, è pastore delle pecore. Il guardiano gli apre e le pecore ascoltano la sua voce: egli chiama le sue pecore, ciascuna per nome, e le conduce fuori. E quando ha spinto fuori tutte le sue pecore, cammina davanti a esse, e le pecore lo seguono perché conoscono la sua voce. Un estraneo invece non lo seguiranno, ma fuggiranno via da lui, perché non conoscono la voce degli estranei».
Gesù disse loro questa similitudine, ma essi non capirono di che cosa parlava loro.
Allora Gesù disse loro di nuovo: «In verità, in verità io vi dico: io sono la porta delle pecore. Tutti coloro che sono venuti prima di me, sono ladri e briganti; ma le pecore non li hanno ascoltati. Io sono la porta: se uno entra attraverso di me, sarà salvato; entrerà e uscirà e troverà pascolo. Il ladro non viene se non per rubare, uccidere e distruggere; io sono venuto perché abbiano la vita e l’abbiano in abbondanza».
Parola del Signore
LA MIA RIFLESSIONE
PREGHIERA
Vieni O Spirito Santo, perché siamo stati battezzati nel nome di Cristo Gesù. Vieni fuoco d’amore e guida la nostra vita attraverso la porta che ci condurrà direttamente nella casa del Padre, perché noi seguiremo il pastore buono che ci ha inviato.
L’immagine che oggi ci si presenta è quella del pastore attraverso il quale si può entrare in Paradiso.
Molti sono quelli che vogliono guidare la nostra vita, ci danno ” consigli ” pronti ad emarginarci se non facciamo parte della maggioranza, se non ci allineiamo.
A Gesù non importa nulla di quelle che sono le nostre origini, ci conosce, sa che siamo nati dalle varie etnie e famiglie del mondo, sa che siamo umani, e solo umani, ed è per questo che si è fatto uomo, per essere come noi e mettersi al nostro livello, per dimostrare che anche se Lui è nato giudeo, la salvezza di cui è venuto a farci partecipi è per tutti quelli che crederanno in lui ed ascolteranno la sua parola.
Capiamoci bene, ascoltare la sua parola significa anche metterla in pratica, farla diventare parte integrante della nostra vita, non certo ascoltare e poi fare tutto il contrario. Seguiamo docilmente il pastore buono, perché solo andando dietro a lui, impareremo la docilità, l’ umiltà, la forza di arrivare fino in fondo nel nostro cammino, fino alla porta del regno di Dio, seguendo quello che è stato prima di noi agnello immolato per amore nostro, tanto da essere l’unico degno di essere il conduttore di tutti noi al Padre.
La prima scrittura è meravigliosa, ci sono tanti elementi in essa che nella mia mente quasi oscura il Vangelo, ed allora vorrei parlarne almeno un attimo.
La visione di Pietro è chiara, è Dio stesso che gli comanda di portare la salvezza anche ai pagani, perché anche per essi Gesù è venuto.
Il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi... quante volte con le parole si vorrebbe impedire alla Parola di agire. Quello che è triste è che chi dovrebbe fare come Pietro, è talmente occupato a chiudere la porta a chi vuole ascoltare, che non si accorge che Gesù è uscito per andare loro incontro.
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COMMENTO DI:
Rev. D. Francesc PERARNAU i Cañellas
(Girona, Spagna)
Oggi, continuiamo a considerare una delle immagini più belle e più note della predicazione di Gesù: il buon Pastore, il suo gregge e l’ovile. Tutti abbiamo presente la figura del buon Pastore, che abbiamo contemplato fin dall’infanzia. Un'immagine che era molto cara ai primi cristiani e fa parte dell’ arte sacra del tempo delle catacombe. Quante cose ci evoca quel giovane pastore con la pecora ferita sulle sue spalle! Molte volte ci siamo visti noi stessi rappresentati in quel povero animale.
Non è da molto abbiamo celebrato la festa di Pasqua, e ancora una volta abbiamo ricordato che Gesù non parlava in linguaggio figurativo quando diceva che il buon pastore dà la sua vita per le sue pecore. Realmente lo fece, la sua vita fu il pegno del nostro riscatto, con la sua vita comprò la nostra; grazie a questa decisione, noi siamo stati riscattati; «Io sono la porta: se uno entra attraverso di me, sarà salvo» (Gv 10,9). Qui troviamo la manifestazione del grande mistero dell'amore ineffabile di Dio che raggiunge questi estremi inimmaginabili per salvare ogni creatura umana. Gesù porta il suo amore fino all'estremo, fino al punto di dare la propria vita. Ancora riecheggiano le parole del Vangelo di Giovanni, che ci introduce ai momenti della Passione: «Prima della festa di Pasqua Gesù, sapendo che era giunta la sua ora di passare da questo mondo al Padre, dopo aver amato i suoi che erano nel mondo, li amò sino alla fine» (Gv 13,1).
Tra le parole di Gesù vorrei suggerire un approfondimento su queste: «Io sono il buon pastore, conosco le mie pecore e le mie pecore conoscono me» (Gv 10,14), a maggior ragione, «le pecore ascoltano la sua voce (...) lo seguono, perché conoscono la sua voce» (Gv 10,3-4). E' vero che Gesù ci conosce, ma possiamo dire noi che Lo conosciamo sufficentemente, che Lo amiamo e corrispondiamo come dovremmo?
sabato 21 aprile 2018
Gv 10,11-18 Il buon pastore dà la vita per le pecore.
(Gv 10,11-18) Il buon pastore dà la propria vita per le pecore.
+ Dal Vangelo secondo Giovanni
In quel tempo, Gesù disse: «Io sono il buon pastore. Il buon pastore dà la propria vita per le pecore. Il mercenario – che non è pastore e al quale le pecore non appartengono – vede venire il lupo, abbandona le pecore e fugge, e il lupo le rapisce e le disperde; perché è un mercenario e non gli importa delle pecore. Io sono il buon pastore, conosco le mie pecore e le mie pecore conoscono me, così come il Padre conosce me e io conosco il Padre, e do la mia vita per le pecore. E ho altre pecore che non provengono da questo recinto: anche quelle io devo guidare. Ascolteranno la mia voce e diventeranno un solo gregge, un solo pastore. Per questo il Padre mi ama: perché io do la mia vita, per poi riprenderla di nuovo. Nessuno me la toglie: io la do da me stesso. Ho il potere di darla e il potere di riprenderla di nuovo. Questo è il comando che ho ricevuto dal Padre mio».
Parola del Signore.
LA MIA RIFLESSIONE
PREGHIERA
Ti prego o Santo Spirito di starmi vicino e di portare la mia mente dove il Signore vuole.Perdona le mie imperfezioni e trasformami per sempre, tienimi lontano dai pericoli e dalle tentazioni, perché sono fragile e manda schiere di angeli a proteggermi. Ti prego, assistimi sempre.
A volte ci lasciamo condurre senza guardare bene chi stiamo seguendo. Molti sono quelli che si ergono a condottieri, a pastori, a guide del popolo, da sempre. Voglio approfittare del fatto che anche in questo vangelo è ripresa la parabola del buon pastore e la parola “conoscere” per riportare anche a voi alcuni pensieri. È questo “conoscere” di Gesù, questo entrare in confidenza, in comunione, che ci porta a vivere per fare della nostra e della sua vita, la stessa cosa. Nella Bibbia il termine conoscere significa conoscere in profondità. Conoscere non è informarsi, bensì aprirsi all’altro, alla comprensione, non rimanere alla superficie. Perché ciò avvenga è necessario l’ascolto dell’altro. L’altro si manifesta a noi se, come Dio, ci ritiriamo permettendogli di farsi conoscere per ciò che è, senza timore di giudizi, sicuro di essere ascoltato. Il CONOSCERE unito all'ASCOLTARE diviene CONTEMPLARE. Conoscere + ascoltare + contemplare = vivere in comunione. Solo così saremo sicuri di capire da che parte stiamo andando,che stiamo seguendo, e non con un distratto ascolto della parola di Dio. A nostra volta potremo riferire le parole di Gesù e non le nostre, sapendo che Lui è il pastore e noi solo il suo gregge che risponde al Suo richiamo. Quello che mette in risalto Giovanni in questa pagina, è come il Buon Pastore è pronto a dare la vita per le sue pecore, cosa che assolutamente è impensabile per i falsi pastori, che vengono per rubare la vita delle pecore e non per donare la loro in cambio della loro salvezza.Pensando alle parole del Papa Francesco,vediamo che se uno vuole essere pastore,non può essere mercenario!
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COMMENTO DI:
Rev. D. Josep VALL i Mundó (Barcelona, Spagna)
Oggi, Gesù ci dice: «Io sono il buon pastore» (Gv 10,11). Santo Tommaso d’Aquino, commentando questa affermazione, scrive che «è chiaro che il titolo di “pastore” conviene a Cristo, poiché allo stesso modo che un pastore guida il gregge al pascolo, così Cristo aiuta i fedeli con cibo spirituale: il suo corpo e suo sangue» Tutto cominciò con l'Incarnazione, e Gesù lo compì lungo la sua vita, completandola con la sua morte redentrice e la sua risurrezione. Dopo la risurrezione, affidò questa pastorale a Pietro, gli Apostoli e la Chiesa fino alla fine dei tempi. Per mezzo dei pastori, Cristo dona la sua parola, egli condivide la sua grazia nei sacramenti e conduce il gregge al Regno: egli stesso è fornito come cibo nel sacramento dell'Eucaristia, ha insegnato la Parola di Dio e del Magistero, e guida sollecitamente il suo popolo. Gesù ha procurato per la Chiesa pastori secondo il suo cuore, cioè, uomini che, impersonandolo per il sacramento dell'Ordine, donino la sua vita per le pecore, con carità pastorale, con umile spirito di servizio, misericordia, pazienza e fortezza. S. Agostino parlava spesso di questa responsabilità impegnativa del pastore: «Questo onore di pastore mi tiene preoccupato (...), ma ovunque io sono terrorizzato perché sono per voi, mi consola il fatto che sono in mezzo a voi (...). Sono vescovo per voi, sono cristiano con voi». E ognuno di noi cristiani, lavoriamo sostenendo i pastori, preghiamo per loro, gli amiamo e gli obbediamo. Siamo anche pastori per i fratelli, dotandoli con la grazia e la dottrina che abbiamo ricevuto, con la condivisione di preoccupazioni e gioie, aiutando tutti con tutto il cuore. Stiamo con tutti coloro che ci circondano nel mondo familiare, sociale e professionale dando la vita per tutti nello spirito di Cristo, venuto nel mondo «non è venuto per essere servito, ma per servire» (Mt 20,28).
venerdì 20 aprile 2018
(Gv 6,60-69) Da chi andremo? Tu hai parole di vita eterna.
(Gv 6,60-69) Da chi andremo? Tu hai parole di vita eterna.
+ Dal Vangelo secondo Giovanni
In quel tempo, molti dei discepoli di Gesù, dopo aver ascoltato, dissero: «Questa parola è dura! Chi può ascoltarla?».
Gesù, sapendo dentro di sé che i suoi discepoli mormoravano riguardo a questo, disse loro: «Questo vi scandalizza? E se vedeste il Figlio dell’uomo salire là dov’era prima? È lo Spirito che dà la vita, la carne non giova a nulla; le parole che io vi ho detto sono spirito e sono vita. Ma tra voi vi sono alcuni che non credono».
Gesù infatti sapeva fin da principio chi erano quelli che non credevano e chi era colui che lo avrebbe tradito. E diceva: «Per questo vi ho detto che nessuno può venire a me, se non gli è concesso dal Padre».
Da quel momento molti dei suoi discepoli tornarono indietro e non andavano più con lui. Disse allora Gesù ai Dodici: «Volete andarvene anche voi?». Gli rispose Simon Pietro: «Signore, da chi andremo? Tu hai parole di vita eterna e noi abbiamo creduto e conosciuto che tu sei il Santo di Dio».
Parola del Signore
LA MIA RIFLESSIONE
PREGHIERA
Vieni o Santo Spirito, e degnami del tuo aiuto, vieni per dare un senso all’ amore di Dio, che si fa parola in Gesù Cristo nostro Signore, verbo incarnato, morto e risorto per noi, e fa che grazie al Tuo immenso aiuto, in noi possa morire l’uomo vecchio, pieno di difetti e attaccato alle cose terrene, e rinascere l’uomo nuovo, più conforme al figlio che Dio vorrebbe veder nascere in noi, che porta in se il seme di Dio.
Gesù è mandato da Dio, ed è Dio, per questo conosce il pensiero dei suoi discepoli, ed anche la sorte che lo attende; sa anche che l’ intelletto dei suoi uomini non riesce ancora a concepire un pensiero basato sulla fede nello Spirito Santo, è come chiedere qualcosa a qualcuno che non è ancora pronto, ne è stato dotato dei mezzi necessari. Eppure Pietro, con tutti i suoi dubbi e le sue indecisioni, capisce che è quella di Cristo la strada da seguire, che non ce ne sono altre … Possiamo insieme con lui dire: - Signore, da chi andremo? Tu hai parole di vita eterna, e noi ti riconosciamo come il Signore della nostra vita, tu sei colui che Dio ci ha mandato per la nostra salvezza, colui le cui orme devono ripercorrere se vogliamo salvarci, se vogliamo che la nostra vita sulla terra abbia un senso e non sia abbandonata all’ effimero piacere che è dettato solo da cose terrene e carnali, che allontana dalla fonte dello Spirito Divino.
COMMENTO DI:
Rev. D. Jordi PASCUAL i Bancells
(Salt, Girona, Spagna)
Oggi, abbiamo appena finito di leggere nel Vangelo il discorso di Gesù sul Pane di Vita, che è Egli stesso che si darà a noi come alimento per le nostre anime e la nostra vita cristiana. E, come di solito succede, abbiamo visto due reazioni ben diverse, se non contrapposte, dal suo uditorio.
Per alcuni, il suo linguaggio è troppo duro, incomprensibile per le loro menti chiuse alla Parola salvifica del Signore, e San Giovanni dice -con una certa tristezza- che «Da allora molti dei suoi discepoli si tirarono indietro e non andavano più con lui» (Gv 6,66). E lo stesso l'evangelista ci dà un indizio per capire l'atteggiamento di queste persone: non credevano, non erano disposte ad accettare gli insegnamenti di Gesù, spesso incomprensibili per loro.
D'altra parte, vediamo la reazione degli Apostoli, rappresentati da san Pietro: «Signore, da chi andremo? Tu hai parole di vita eterna, noi abbiamo creduto» (Gv 6,68-69). Non è che i dodici sono più perspicaci degli altri, nemmeno più buoni, forse nemmeno più esperti della Bibbia; quello che si sono: più semplici, più confidenti, più aperti allo Spirito, più docili. Li sorprendiamo ogni tanto nelle pagine dei Vangeli sbagliando, non comprendendo Gesù, discutendo su chi di loro è il più importante, anche correggendo il Maestro quando annuncia la sua passione, ma sempre li troviamo al suo fianco, fedeli. Il loro segreto: lo amavano veramente.
S. Agostino lo esprime così: «Non lasciano impronta nell’anima le buone abitudini, ma l'amore buono (...). Questo è vero amore, ubbidire e credere a chi si ama» Alla vista di questo Vangelo, possiamo domandarci: dove ho posto il mio amore? che fede e che obbedienza ho nel Signore e in quello che la Chiesa insegna? Con che docilità, semplicità e fiducia vivo con le cose di Dio?
giovedì 19 aprile 2018
(Gv 6,52-59) La mia carne è vero cibo e il mio sangue vera bevanda.
(Gv 6,52-59) La mia carne è vero cibo e il mio sangue vera bevanda.
+ Dal Vangelo secondo Giovanni
In quel tempo, i Giudei si misero a discutere aspramente fra loro: «Come può costui darci la sua carne da mangiare?».
Gesù disse loro: «In verità, in verità io vi dico: se non mangiate la carne del Figlio dell’uomo e non bevete il suo sangue, non avete in voi la vita. Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue ha la vita eterna e io lo risusciterò nell’ultimo giorno. Perché la mia carne è vero cibo e il mio sangue vera bevanda.
Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue rimane in me e io in lui. Come il Padre, che ha la vita, ha mandato me e io vivo per il Padre, così anche colui che mangia me vivrà per me.
Questo è il pane disceso dal cielo; non è come quello che mangiarono i padri e morirono. Chi mangia questo pane vivrà in eterno».
Gesù disse queste cose, insegnando nella sinagoga a Cafàrnao.
Parola del Signore
LA MIA RIFLESSIONE
PREGHIERA
Vieni o Santo Spirito e guidami per capire il senso delle parole di Gesù, perchè io so che senza di Te potrei soolo sbagliare.
I giudei discutevano tra di loro, ma non chiedevano spiegazioni a Gesù; questo li faceva restare fermi nei loro pregiudizi,e gli impediva di capire che Gesù stava anticipando loro il senso della comunione con Lui.
Lui che dona tutto se stesso per amore non viene capito, perchè ?
Eppure Gesù era lì, insieme a loro, non potevano mettersi ai suoi piedi e parlare con Lui, chiedere a Lui stesso di fargli capire quello che non riuscivano interpretare? Perché stavano lì a discutere tra di loro? Perché non volevano capire, ma solo contestare e rifiutare.
Quante volte non capiamo i progetti di Dio su di noi, ed ecco che subito ci mettiamo a dire tutto quello che non va, perché proprio a noi, che cosa abbiamo fatto di male, e parliamo… continuiamo a discutere, ma non ci mettiamo ai suoi piedi per parlare con Lui.
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COMMENTO DI:
Rev. D. Àngel CALDAS i Bosch
(Salt, Girona, Spagna)
Oggi, Gesù fa tre dichiarazioni capitali quali: che si deve mangiare la carne del Figlio dell’uomo e bere il suo sangue; che se non si fà la Comunione non si può aver vita; e che questa vita è la vita eterna ed è condizione per la risurrezione (cf. Gv 6,53.58). Non vi è nient’altro nel Vangelo che sia così chiaro, così evidente e definitivo come queste affermazioni di Gesù.
Non sempre i cattolici siamo all’altezza di ciò che merita l’Eucaristia: a volte pretendiamo “vivere” senza le condizioni di vita segnalate de Gesù e, come scrisse Giovanni Paolo II, «l’Eucaristia è un dono troppo grande per ammettere ambiguità e diminuzioni».
“Mangiare per vivere”: mangiare la carne del Figlio dell’uomo per vivere come il Figlio dell’uomo. Questo mangiare si chiama “comunione”. Si tratta di un “mangiare”, e diciamo “mangiare” affinché rimanga chiara la necessità dell’assimilazione, dell’identificazione con Gesù. Si comunica per mantenere la unione: per pensare come Lui, per parlare come Lui, per amare come Lui. I cristiani avevamo bisogno dell’enciclica eucaristica di Giovanni Paolo II, La Chiesa vive dell’Eucaristia. Si tratta di un’enciclica appassionata: è “fuoco” perché l’Eucaristia è incandescente.
«Ho desiderato ardentemente di mangiare questa Pasqua con voi» (Lc 22,15), disse Gesù la sera del Giovedì Santo. Dobbiamo recuperare il fervore eucaristico. Nessun’altra religione ha una simile iniziativa. È Dio stesso che scende fino al cuore dell’uomo per stabilire una misteriosa relazione d’amore. E da lì si costruisce la Chiesa e prende parte nel dinamismo apostolico ed ecclesiale dell’Eucaristia.
Stiamo toccando la profondità stessa del mistero, come Tommaso, che tocca le ferite di Cristo Risorto. Noi cristiani dovremo rivedere la nostra fedeltà al fatto eucaristico, così come Gesù lo ha rivelato e la Chiesa ce lo propone. Dobbiamo rivivere la “tenerezza” verso l’Eucaristia: genuflessioni pausate e ben fatte, incremento del numero delle comunioni spirituali... E, a partire dall’Eucaristia gli uomini ci appariranno sacri, così come sono. E li serviremo con una rinnovata tenerezza.
mercoledì 18 aprile 2018
(Gv 6,44-51) Io sono il pane vivo, disceso dal cielo.
(Gv 6,44-51) Io sono il pane vivo, disceso dal cielo.
+ Dal Vangelo secondo Giovanni
In quel tempo, disse Gesù alla folla:
«Nessuno può venire a me, se non lo attira il Padre che mi ha mandato; e io lo risusciterò nell’ultimo giorno.
Sta scritto nei profeti: “E tutti saranno istruiti da Dio”. Chiunque ha ascoltato il Padre e ha imparato da lui, viene a me. Non perché qualcuno abbia visto il Padre; solo colui che viene da Dio ha visto il Padre. In verità, in verità io vi dico: chi crede ha la vita eterna.
Io sono il pane della vita. I vostri padri hanno mangiato la manna nel deserto e sono morti; questo è il pane che discende dal cielo, perché chi ne mangia non muoia.
Io sono il pane vivo, disceso dal cielo. Se uno mangia di questo pane vivrà in eterno e il pane che io darò è la mia carne per la vita del mondo».
Parola del Signore
LA MIA RIFLESSIONE
PREGHIERA
Vieni o Santo Spirito e conducimi nella parola spezzata per noi, fa che io sappia coglierne ogni briciola e nulla vada perduto.
Gesù torna a spiegarci queste parole, torna a parlarci dellla relazione che intercorre tra lui e Dio. Anche noi facciamo parte di questa relazione, di questo progetto di Dio, che si rivela in Cristo e si realizza nel momento in cui aderiamo a voler realizzare questo incontro. Gesù è ogni giorno sull’altare e si fa per noi parola e pane.... ma noi dove siamo? Molti di noi rifiutano questo incontro, pensando che sono solo cose per illusi. Altri pur credendo “ a modo loro ”, hanno cose che li attraggono di più. Altri ancora invece , si recano all’incontro con il Signore, ma pochi sono quelli che ne escono completati, che riescono a vivere quell’incontro come qualcosa che li rende più ricchi. La distanza sta nella differenza che c’è tra la vita e la morte! Viviamo credendo che questa vita mortale sia tutto ciò che ci riguarda e tralasciamo il vero senso della nostra
vita , che è prettamente spirituale e ci fa vivere come parte di questo progetto, incollati a Gesù, consapevoli che quella parola, quel pane, ci stanno cambiando da dentro, ci fanno vivere in modo diverso. Un giorno mi dissero che se cerchiamo di piacere alla gente, difficilmente potremo piacere al Signore, ed ogni giorno mi chiedo se uscendo dalla chiesa sono ancora Chiesa o se la parte più importante l’ho lasciata dietro di me e non la rendo presente . Dio si è annullato per me, ma io che senza Dio non sono nulla, non riesco mai a rinunciare a me per appartenere a Lui.
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COMMENTO DI:
Rev. D. Pere MONTAGUT i Piquet
(Barcelona, Spagna)
Oggi, cantiamo al Signore da cui ci viene la gloria e il trionfo. Il Risuscitato si presenta alla sua Chiesa con quel «Io sono colui che è» che lo identifica come fonte di salvezza: «Io sono il pane della vita» (Gv 6,48). Nell’atto di ringraziamento, la comunità riunita intorno al Vivente lo riconosce amorosamente e accetta il precetto di Dio, riconosciuto ora come l’insegnamento del Padre. Cristo, immortale e glorioso, ci ricorda nuovamente che il Padre è l’autentico protagonista di tutto. Coloro che lo ascoltano e credono vivono in comunione con chi proviene da Dio, l’unico che lo ha visto, così la fede è il principio della vita eterna.
Il pane vivo è Gesù. Non è un alimento che assimiliamo in noi, bensì ci assimila. Lui ci fa avere fame di Dio, sete di ascoltare la sua Parola, che è gioia e allegria del cuore. La Eucaristia è l’anticipo della gloria celeste: «Spezziamo lo stesso pane, che è rimedio di immortalità, antidoto per non morire e per vivere per sempre in Cristo» (San Ignazio di Antiochia). La comunione con la carne del Cristo risorto ci deve abituare con tutto quello che scende dal cielo, ossia, a chiedere, a ricevere e assumere la nostra vera condizione: siamo fatti per Dio e solo Lui sazia pienamente il nostro spirito.
Però questo pane vivo non solo ci farà vivere un giorno, oltre alla morte fisica, bensì ci è dato ora «per la vita del mondo» (Gv 6,51). Il proposito del Padre, che non ci ha creato per morire, è legato alla fede e all’amore. Vuole una risposta attuale, libera e personale alla sua iniziativa. Ogni volta che mangiamo di questo pane, addentriamoci nell’amore stesso! Già non viviamo per noi stessi, già non viviamo nell’errore. Il mondo è ancora bello perché c’è chi continua ad amarlo fino all’estremo, perché esiste un Sacrificio del quale si beneficiano persino quelli che lo ignorano.
martedì 17 aprile 2018
(Gv 6,35-40) Questa è la volontà del Padre: che chiunque vede il Figlio e crede in lui abbia la vita eterna.
(Gv 6,35-40) Questa è la volontà del Padre: che chiunque vede il Figlio e crede in lui abbia la vita eterna.
+ Dal Vangelo secondo Giovanni
In quel tempo, disse Gesù alla folla:
«Io sono il pane della vita; chi viene a me non avrà fame e chi crede in me non avrà sete, mai! Vi ho detto però che voi mi avete visto, eppure non credete.
Tutto ciò che il Padre mi dà, verrà a me: colui che viene a me, io non lo caccerò fuori, perché sono disceso dal cielo non per fare la mia volontà, ma la volontà di colui che mi ha mandato.
E questa è la volontà di colui che mi ha mandato: che io non perda nulla di quanto egli mi ha dato, ma che lo risusciti nell’ultimo giorno. Questa infatti è la volontà del Padre mio: che chiunque vede il Figlio e crede in lui abbia la vita eterna; e io lo risusciterò nell’ultimo giorno».
Parola del Signore
LA MIA RIFLESSIONE
PREGHIERA
Ti prego o Santo Spirito, di assistermi nella lettura della parola da Te ispirata, perché mi possa giungere in tutta la sua verità, per Cristo nostro Signore.
Mentre i cristiani sono perseguitati, ed uno dei loro persecutori è Saulo,( che poi diventerà l'apostolo Paolo) gli apostoli, pieni di Spirito Santo, continuano ad operare prodigi nel nome di Gesù. Quando Gesù parla, come vediamo nel vangelo di oggi, non parla per conto suo ma perché mandato dal Padre, e quello che ci dice non cede spazio agli equivoci. Dio ci ama e ha scelto di farci partecipi del progetto di salvezza per noi attraverso il suo inviato, il suo figlio prediletto Gesù Cristo, il quale è morto in croce per noi, per dimostrare che con la sua morte e resurrezione, ci coinvolgeva tutti nel progetto di salvezza del Padre. Eppure nelle parole di Gesù c' è un campanello d'allarme che suona come una condanna, chi non riconosce Gesù come figlio di Dio, non si inserisce nel progetto di salvezza del Padre. Il fatto che persino Paolo, che abbiamo visto, assistere all' esecuzione del diacono Stefano, primo martire tra i discepoli a seguire Gesù nella persecuzione, ci deve far sperare per ogni uomo, anche per quello che sembra più crudele, perciò vi prego, non giudichiamo nessuno, ma mettiamo tutti nelle nostre preghiere. Sempre più vedo persone che giudicano anche per molto meno, sentendosi migliori di altri , e tremo al pensiero di come potremmo essere giudicati da Dio, visto la poca misericordia che abbiamo verso gli altri. Spesso la nostra giustizia si chiama vendetta, il nostro modo di vivere la fede è fatto più di esclusioni che di inclusioni; quel guadagnare un fratello che nel Vangelo ci viene suggerito, non sembra interessarci molto.
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COMMENTO DI:
Rev. D. Joaquim MESEGUER García
(Sant Quirze del Vallès, Barcelona, Spagna)
Oggi, Gesù si presenta come il pane di vita. In un primo momento causa curiosità e perplessità la definizione che dà di sé stesso; ma quando approfondiamo, ci accorgiamo che in queste parole si manifesta il senso della sua missione: salvare l’uomo e dargli vita. «Questa è la volontà di colui che mi ha mandato, che io non perda nulla di quanto egli mi ha dato, ma lo risusciti nell’ultimo giorno» (Gv 6,39). Per questa ragione e per perpetuare la sua azione salvatrice e la sua presenza tra noi, Gesù Cristo si è fatto per noi alimento di vita.
Dio fa possibile che crediamo in Gesù Cristo e ci avviciniamo a Lui: «Tutto ciò che il Padre mi da, verrà a me; colui che viene a me, non lo respingerò, perché sono disceso dal cielo non per fare la mia volontà, ma la volontà di colui che mi ha mandato» (Gv 6,37-38). Avviciniamoci, dunque, con fede a Colui che ha voluto essere il nostro alimento, la nostra luce e la nostra vita, giacché «la fede è il principio della vera vita», come afferma sant’Ignazio di Antiochia.
Gesù Cristo ci invita a seguirLo, ad alimentarci di Lui, dal momento che questo è ciò che significa vederLo e credere in Lui, mentre, allo stesso tempo, ci insegna a realizzare la volontà del Padre, così come Lui la porta a termine. All’insegnare ai discepoli la preghiera dei figli di Dio, il Padrenostro, mise queste due richieste l’una dopo all’altra: «Sia fatta la tua volontà nella terra come nel cielo. Dacci oggi il nostro pane quotidiano». Questo pane non solo si riferisce all’alimento materiale, ma a Sé stesso, alimento di vita eterna, con il Quale dobbiamo restare uniti, giorno dopo giorno, con la profonda coesione che ci dà lo Spirito Santo.
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