Vorrei conoscere la Bibbia a memoria,conoscere il greco,il latino e pure l' aramaico,ma nulla di tutto questo mi è stato donato. Quello che al Signore è piaciuto donarmi, è una grande voglia di parlargli e di ascoltarlo.Logorroica io e taciturno Lui,ma mentre io ho bisogno di parole,Lui si esprime meglio a fatti.Vorrei capire perchè questo bisogno si tramuta in scrivere, e sento che è un modo semplice,delicato e gratuito di mettere al centro la mia relazione con Dio.
giovedì 27 agosto 2020
VENERDì 28 AGOSTO VANGELO (Mt 25,1-13) Ecco lo sposo! Andategli incontro!
VANGELO DI VENERDì 28 AGOSTO
VANGELO (Mt 25,1-13)
Ecco lo sposo! Andategli incontro!
+ Dal Vangelo secondo Matteo
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli questa parabola:
«Il regno dei cieli sarà simile a dieci vergini che presero le loro lampade e uscirono incontro allo sposo. Cinque di esse erano stolte e cinque sagge; le stolte presero le loro lampade, ma non presero con sé l’olio; le sagge invece, insieme alle loro lampade, presero anche l’olio in piccoli vasi. Poiché lo sposo tardava, si assopirono tutte e si addormentarono.
A mezzanotte si alzò un grido: “Ecco lo sposo! Andategli incontro!”. Allora tutte quelle vergini si destarono e prepararono le loro lampade. Le stolte dissero alle sagge: “Dateci un po’ del vostro olio, perché le nostre lampade si spengono”. Le sagge risposero: “No, perché non venga a mancare a noi e a voi; andate piuttosto dai venditori e compratevene”.
Ora, mentre quelle andavano a comprare l’olio, arrivò lo sposo e le vergini che erano pronte entrarono con lui alle nozze, e la porta fu chiusa. Più tardi arrivarono anche le altre vergini e incominciarono a dire: “Signore, signore, aprici!”. Ma egli rispose: “In verità io vi dico: non vi conosco”.
Vegliate dunque, perché non sapete né il giorno né l’ora».
Parola del Signore.
UN MIO PENSIERO
Accendiamo le lampade con l’olio della fede, della fraternità e della reciproca carità. I nostri cuori, pieni di luce, ci permetteranno vivere la autentica gioia, qui e adesso. Coloro i quali vivono attorno a noi si vedranno, anch’ essi, illuminati e conosceranno la gioia della presenza dello Sposo atteso.
Gesù ci chiede di non far mancare mai l’olio nelle nostre lampade.
Ci sono due tipi di persone: quelle che, dopo aver ascoltato la parola di Dio la mettono in pratica (costi quel che costi ) e quelle che continuano a vivere come gli aggrada di più,tra alti e bassi, obbedienza e disobbedienza. L’olio delle lampade è qualcosa che non si può prestare, perché è un impegno personale che ognuno deve mettere di suo. Non sono le belle parole, lo studio, l’apparire; ma l’agire con perseveranza ed obbedienza a quelle leggi che Dio ha istituito per gli uomini, tramandate da Mosè, ma anche scritte a caratteri cubitali nella nostra coscienza,magari senza adattarle alla nostra situazione,rendendo legittimo agli occhi di Dio,quello che è legale per la legge degli uomini.
mercoledì 26 agosto 2020
GIOVEDì 27 AGOSTO 2020 VANGELO (Mt 24,42-51)
GIOVEDì 27 AGOSTO 2020VANGELO (Mt 24,42-51)
Tenetevi pronti.
+ Dal Vangelo secondo Matteo
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli:
«Vegliate, perché non sapete in quale giorno il Signore vostro verrà. Cercate di capire questo: se il padrone di casa sapesse a quale ora della notte viene il ladro, veglierebbe e non si lascerebbe scassinare la casa. Perciò anche voi tenetevi pronti perché, nell’ora che non immaginate, viene il Figlio dell’uomo.
Chi è dunque il servo fidato e prudente, che il padrone ha messo a capo dei suoi domestici per dare loro il cibo a tempo debito? Beato quel servo che il padrone, arrivando, troverà ad agire così! Davvero io vi dico: lo metterà a capo di tutti i suoi beni.
Ma se quel servo malvagio dicesse in cuor suo: “Il mio padrone tarda”, e cominciasse a percuotere i suoi compagni e a mangiare e a bere con gli ubriaconi, il padrone di quel servo arriverà un giorno in cui non se l’aspetta e a un’ora che non sa, lo punirà severamente e gli infliggerà la sorte che meritano gli ipocriti: là sarà pianto e stridore di denti».
Parola del Signore.
UN MIO PENSIERO.
In questo brano Gesù mette in risalto quella, che in fondo, deve essere una delle doti principali dei fedeli, LA VIGILANZA!
Spesso viviamo come se tutto ci spettasse di diritto, come se fossimo eterni, anche nelle situazioni più esplicite, come ad esempio la morte improvvisa di una persona. La prima reazione è sconforto e rabbia; ci si chiede perché a noi, perché proprio a quella persona e si trovano mille motivi per cui doveva succedere a tutti, ma non a quella persona. Sempre meno ci si ferma a pregare, sempre più si cerca di cancellare l' idea della morte dalla propria vita, convincendosi che vivere intensamente la allontanerà da noi. Quando qualcuno parla della morte per ricordare che prima o poi arriverà per tutti, non racconta assolutamente una bugia, ma subito è visto come un menagramo se non peggio; figuriamoci poi quando si prende questo discorso per chiedere di riflettere sulla salvezza dell'anima.... Gesù ne sa qualcosa, lo hanno addirittura condannato a morte per questo. Il discorso è scomodo, ma necessario e, sarebbe utile, pensare per tempo alla salvezza dell'anima, senza rischiare di perderci la parte più bella della vita, perché vivere in comunione con il Signore, non è preoccuparci solo della nostra vita dopo la morte, ma vivere già da subito i frutti della redenzione. Non c'è niente che ci sembri insormontabile, niente che ci possa distruggere, perché la consapevolezza di non essere solo dei pupazzetti senz' anima è così forte che ci porta ben oltre la vita terrena. Non voglio dire che possiamo volare, ma la nostra anima può farlo; perché l'amore che entra in noi attraverso lo Spirito Santo, può veramente trasformare la nostra vita. Tutto quello che viviamo sulla terra per quanto bello, per quanto emozionante, ha il sapore di "provvisorio" amiamo i nostri figli in tantissimi modi diversi, i nostri genitori, i nostri fratelli, i nostri amici... ma per tutti c' è un inizio, un cambio e una fine. Ne abbiamo la prova nel Matrimonio, all' inizio tutto baci e coccole e poi quando subentra l' abitudine, dobbiamo riscoprire nuove forme di amore per mantenere vivo il sentimento. La fede invece ci porta a vivere ogni giorno più intensamente il rapporto con Dio, non svilisce, non sminuisce, non disillude... è qualcosa che ogni giorno ti dà qualcosa di più, che chiede la tua partecipazione attiva, ma ti da cento volte tanto. L'amore che ti da Dio è incondizionato, mano mano che te ne rendi conto capisci che il senso della vita è tutto quì, in questo mirabile connubio, che tutto quello che per anni abbiamo considerato più importante di Dio, diventa solo una foto sfocata che racconta il nostro passato.
martedì 25 agosto 2020
MERCOLEDì 26 AGOSTO 2020 VANGELO (Mt 23,27-32)
VANGELO DI MERCOLEDì 26 AGOSTO 2020
VANGELO (Mt 23,27-32)
Siete figli di chi uccise i profeti.
+ Dal Vangelo secondo Matteo
In quel tempo, Gesù parlò dicendo: «Guai a voi, scribi e farisei ipocriti, che assomigliate a sepolcri imbiancati: all’esterno appaiono belli, ma dentro sono pieni di ossa di morti e di ogni marciume. Così anche voi: all’esterno apparite giusti davanti alla gente, ma dentro siete pieni di ipocrisia e di iniquità.
Guai a voi, scribi e farisei ipocriti, che costruite le tombe dei profeti e adornate i sepolcri dei giusti, e dite: “Se fossimo vissuti al tempo dei nostri padri, non saremmo stati loro complici nel versare il sangue dei profeti”. Così testimoniate, contro voi stessi, di essere figli di chi uccise i profeti. Ebbene, voi colmate la misura dei vostri padri».
Parola del Signore.
UN MIO PENSIERO.
Questa pagina di Vangelo,mette molti di noi in disaccordo,perché se è pur vero che bisogna rispettare le regole,è pur vero che Gesù è venuto per salvarci,ben sapendo che siamo tutti peccatori. I tempi sono certamente cambiati rispetto a 2000 anni fa, ma le regole restano le stesse... Quello che però io constato è che non tutte le persone prendono le loro decisioni di vita in base al Vangelo,anzi,molti non si sono mai convertiti,o lo hanno fatto,diciamo,dopo che ormai avevano già famiglie distrutte alle spalle e ricreate... quindi anche se poi si pentono,a loro sarebbe vietato l'accesso ai Sacramenti...e questo io lo trovo se non assurdo,almeno contraddittorio,anche perché sono a volte gli stessi sacerdoti ad essere contraddittori.
Questo contraddittori lo uso in senso buono,per me positivo,perché il Gesù che io conosco,è quello che perdona le prostitute,l'adultera che stava per essere lapidata....quindi mi astengo dal dire quello che è giusto o quello che è sbagliato...tanto più che secondo me,il cammino che ognuno di noi compie è certamente diverso uno dall'altro.
Che ne sappiamo noi quello che avviene nel cuore delle persone quando conoscono la vera fede?Che cosa certifica quello che fa una coppia tra le pareti della sua casa?
Quante coppie scelgono la castità? E quante regolarmente sposate che hanno diritto di accedere ai sacramenti,fanno invece cose indicibili....quindi solo il Signore che vede nei cuori,può giudicare,perdonare o condannare.
domenica 23 agosto 2020
VANGELO DI LUNEDì 24 AGOSTO 2020 VANGELO (Gv 1,45-51) Ecco davvero un Israelita in cui non c’è falsità.
VANGELO DI LUNEDì 24 AGOSTO 2020
VANGELO (Gv 1,45-51)
Ecco davvero un Israelita in cui non c’è falsità.
+ Dal Vangelo secondo Giovanni
In quel tempo, Filippo trovò Natanaèle e gli disse: «Abbiamo trovato colui del quale hanno scritto Mosè, nella Legge, e i Profeti: Gesù, il figlio di Giuseppe, di Nàzaret». Natanaèle gli disse: «Da Nàzaret può venire qualcosa di buono?». Filippo gli rispose: «Vieni e vedi».
Gesù intanto, visto Natanaèle che gli veniva incontro, disse di lui: «Ecco davvero un Israelita in cui non c’è falsità». Natanaèle gli domandò: «Come mi conosci?». Gli rispose Gesù: «Prima che Filippo ti chiamasse, io ti ho visto quando eri sotto l’albero di fichi». Gli replicò Natanaèle: «Rabbì, tu sei il Figlio di Dio, tu sei il re d’Israele!». Gli rispose Gesù: «Perché ti ho detto che ti avevo visto sotto l’albero di fichi, tu credi? Vedrai cose più grandi di queste!».
Poi gli disse: «In verità, in verità io vi dico: vedrete il cielo aperto e gli angeli di Dio salire e scendere sopra il Figlio dell’uomo».
Parola del Signore.
UN MIO PENSIERO.
Nonostante in duemila anni Gesù abbia fornito prove su prove della sua esistenza e della sua veridicità, ancora oggi, anche di fronte ai miracoli che avvengono ogni giorno, c ' è chi resta scettico e chi rifiuta di credere, ma non certo perché può negare l' esistenza di Dio con prove concrete, ma solo perché in cuor suo rifiuta di assoggettarsi ad un Dio che non gli interessa conoscere di cui non sente alcun desiderio.
C ' è anche chi vorrebbe invece credere in qualcosa di soprannaturale, ma è così lontano dalla verità, da non riuscire ad afferrarne neanche il minimo concetto, e parlare a queste persone, non è facile, spesso, infatti, riusciamo più ad allontanarli dalla luce che ad illuminarli, confinandoli nel buio di chi avrebbe voluto far domande anche assurde magari, ma ricevere risposte concrete.
La cosa che non ci aiuta, è che dobbiamo essere per primi noi ad essere illuminati da quella luce, tutta la nostra vita deve, anche se non nella perfezione, essere improntata sulla scia di quella di Gesù, perché è Lui che dobbiamo seguire ed indicare, non la nostra persona e tanto meno le nostre idee.
Neanche Maria, pur molto più perfetta di noi, diceva ai discepoli di seguire lei, ma fate quello che Lui vi dirà... e se non si imponeva lei come maestra, come possiamo noi pensare di poterlo fare.
sabato 22 agosto 2020
VANGELO DI DOMENICA 23 AGOSTO 2020 (Mt 16,13-20) Tu sei Pietro, e a te darò le chiavi del regno dei cieli.
VANGELO DI DOMENICA 23 AGOSTO 2020
VANGELO (Mt 16,13-20)
Tu sei Pietro, e a te darò le chiavi del regno dei cieli.
+ Dal Vangelo secondo Matteo
In quel tempo, Gesù, giunto nella regione di Cesarèa di Filippo, domandò ai suoi discepoli: «La gente, chi dice che sia il Figlio dell’uomo?». Risposero: «Alcuni dicono Giovanni il Battista, altri Elìa, altri Geremìa o qualcuno dei profeti».
Disse loro: «Ma voi, chi dite che io sia?». Rispose Simon Pietro: «Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente».
E Gesù gli disse: «Beato sei tu, Simone, figlio di Giona, perché né carne né sangue te lo hanno rivelato, ma il Padre mio che è nei cieli. E io a te dico: tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia Chiesa e le potenze degli inferi non prevarranno su di essa. A te darò le chiavi del regno dei cieli: tutto ciò che legherai sulla terra sarà legato nei cieli, e tutto ciò che scioglierai sulla terra sarà sciolto nei cieli».
Allora ordinò ai discepoli di non dire ad alcuno che egli era il Cristo.
Parola del Signore.
UN MIO PENSIERO.
La Chiesa non può essere guidata da chi non vede quanto c’è da fare.
La Chiesa non è un ufficio in cui si amministra .
La Chiesa è un’insieme di anime che deve seguire un uomo, Gesù Cristo, e non un’ideologia .
La chiesa deve includere e non escludere.
La Chiesa deve curare e non considerare alcuni infetti.
La Chiesa va avanti per tutti noi, nonostante noi.
Papa Francesco rappresenta Gesù Cristo oggi.
Gloria e onore a Gesù Cristo!
Viva Papa Francesco.
venerdì 21 agosto 2020
VANGELO DI SABATO 22 AGOSTO 2020 (Mt 23,1-12) Dicono e non fanno.
VANGELO DI SABATO 22 AGOSTO 2020
VANGELO (Mt 23,1-12)
Dicono e non fanno.
+ Dal Vangelo secondo Matteo
In quel tempo, Gesù si rivolse alla folla e ai suoi discepoli dicendo:
«Sulla cattedra di Mosè si sono seduti gli scribi e i farisei. Praticate e osservate tutto ciò che vi dicono, ma non agite secondo le loro opere, perché essi dicono e non fanno. Legano infatti fardelli pesanti e difficili da portare e li pongono sulle spalle della gente, ma essi non vogliono muoverli neppure con un dito.
Tutte le loro opere le fanno per essere ammirati dalla gente: allargano i loro filattèri e allungano le frange; si compiacciono dei posti d’onore nei banchetti, dei primi seggi nelle sinagoghe, dei saluti nelle piazze, come anche di essere chiamati “rabbì” dalla gente.
Ma voi non fatevi chiamare “rabbì”, perché uno solo è il vostro Maestro e voi siete tutti fratelli. E non chiamate “padre” nessuno di voi sulla terra, perché uno solo è il Padre vostro, quello celeste. E non fatevi chiamare “guide”, perché uno solo è la vostra Guida, il Cristo.
Chi tra voi è più grande, sarà vostro servo; chi invece si esalterà, sarà umiliato e chi si umilierà sarà esaltato».
Parola del Signore
UN MIO PENSIERO.
La cosa più brutta che possiamo fare,è quella di " predicare bene e razzolare male".
Quante volte ho riflettuto su questa parola di Dio, è così facile criticare i ministri di Dio, che ormai così fan tutti. Noi discepoli infedeli, diamo la colpa a loro delle nostre mancanze, e loro danno la colpa a noi del nostro scarso rispetto per la parola di Dio, ma siamo gli uni, lo specchio degli altri.
In questo gioco al massacro, restiamo fermi senza fare passi avanti, e non riusciamo ad uscire per andare incontro a Dio. La falsità è una dote che ci accomuna tutti; l'ipocrisia altrettanto, ma vediamo solo quella degli altri. Ho paura del tempo che passa e vorrei saper fare di più, amare di più, pregare di più,perdonare di più....ma non mi sento mai degna, sempre troppa poca pazienza, insofferente alle provocazioni. Vorrei essere capita, non interpretata, ma compresa nei miei gesti, nelle mie parole, nelle mie assenze e presenze, e soprattutto nei miei silenzi. Ma Gesù ci ha avvertito, non dobbiamo cercare di piacere alla gente, o di piacere al parroco di turno, ma dobbiamo seguirlo su quella via che è spesso fatta di mortificazioni, di giudizi ingiusti, di chiacchiere cattive e, quello che conta, non è quanto ci sapremo far rispettare, ma quanto sapremo offrire tutta la nostra sofferenza a Dio, rinunciando al nostro orgoglio per amore Suo e dei fratelli, specialmente dei nostri nemici e di chi è lontano.
giovedì 20 agosto 2020
VANGELO DI VENERDì 21 AGOSTO 2020 (Mt 22,34-40) Amerai il Signore tuo Dio, e il tuo prossimo come te stesso.
VANGELO DI VENERDì 21 AGOSTO 2020
VANGELO (Mt 22,34-40)
Amerai il Signore tuo Dio, e il tuo prossimo come te stesso.
+ Dal Vangelo secondo Matteo
In quel tempo, i farisei, avendo udito che Gesù aveva chiuso la bocca ai sadducèi, si riunirono insieme e uno di loro, un dottore della Legge, lo interrogò per metterlo alla prova: «Maestro, nella Legge, qual è il grande comandamento?».
Gli rispose: «“Amerai il Signore tuo Dio con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima e con tutta la tua mente”. Questo è il grande e primo comandamento. Il secondo poi è simile a quello: “Amerai il tuo prossimo come te stesso”. Da questi due comandamenti dipendono tutta la Legge e i Profeti».
Parola del Signore
UN MIO PENSIERO.
Ho scelto un’immagine un po’ esagerata, ma poi non tanto, sicuramente provocatoria.
Tutti si affannano a studiare, molti ad insegnare, pochi s’impegnano ad amare!
Allora tutto diventa vano. Si creano parrocchie efficienti, piene di brave persone, di laici e sacerdoti che veramente si donano e cercano di creare intorno a loro un ambiente sereno, amicale, un agàpe.
Agàpe significa amore disinteressato, fraterno, smisurato. Questo è l'amor di Dio nei confronti dell'umanità e deve diventare condivisione perché il cerchio possa considerarsi chiuso, ma , c’è un ma troppo spesso; ci si chiude in un bel cerchio e si lascino fuori molti fratelli che continueranno a non sentirsi amati da Dio per colpa nostra.
AMERAI!
Futuro semplice ...non ora, ma prima o poi dobbiamo riuscire... questo è quello che volevamo sapere chiedendo al Signore quale fosse il comandamento più grande.
Non gli è stato chiesto un comandamento,ma il più grande, ed ora non possiamo più fingere di no saperlo,nascondendoci dietro a leggi e leggine...l'amore è il comandamento che ci rende capaci di fare il volere di Dio!
mercoledì 19 agosto 2020
VANGELO DI GIOVEDì 20 AGOSTO 2020 (Mt 22,1-14):
VANGELO DI GIOVEDì 20 AGOSTO 2020
Giorno liturgico: Giovedì, XX settimana del Tempo Ordinario
San Bernardo, abate e dottore della Chiesa
Testo del Vangelo (Mt 22,1-14):
In quel tempo, Gesù, riprese a parlare con parabole [ai capi dei sacerdoti e ai farisei] e disse: «Il regno dei cieli è simile a un re, che fece una festa di nozze per suo figlio. Egli mandò i suoi servi a chiamare gli invitati alle nozze, ma questi non volevano venire. Mandò di nuovo altri servi con quest’ordine: “Dite agli invitati: Ecco, ho preparato il mio pranzo; i miei buoi e gli animali ingrassati sono già uccisi e tutto è pronto; venite alle nozze!”. Ma quelli non se ne curarono e andarono chi al proprio campo, chi ai propri affari; altri poi presero i suoi servi, li insultarono e li uccisero. Allora il re si indignò: mandò le sue truppe, fece uccidere quegli assassini e diede alle fiamme la loro città.
Poi disse ai suoi servi: “La festa di nozze è pronta, ma gli invitati non erano degni; andate ora ai crocicchi delle strade e tutti quelli che troverete, chiamateli alle nozze”. Usciti per le strade, quei servi radunarono tutti quelli che trovarono, cattivi e buoni, e la sala delle nozze si riempì di commensali. Il re entrò per vedere i commensali e lì scorse un uomo che non indossava l’abito nuziale. Gli disse: “Amico, come mai sei entrato qui senza l’abito nuziale?”. Quello ammutolì. Allora il re ordinò ai servi: “Legatelo mani e piedi e gettatelo fuori nelle tenebre; là sarà pianto e stridore di denti”. Perché molti sono chiamati, ma pochi eletti».
UN MIO PENSIERO.
Il Re ci ha invitato al banchetto di nozze del figlio, ma molti hanno altro a cui pensare, altre cose che vengono prima.
Il banchetto di nozze rappresenta la condivisione del regno di Dio, che inizia dalla nostra adesione sulla terra. Se in noi non
c' è il desiderio di partecipare al banchetto, avremo sempre altre fami di cui saziarci e altre fonti alle quali dissetarci, ma nessuna di queste ci condurrà al regno di Dio.
Ricordiamo la samaritana al pozzo, alla quale Gesù disse « Chiunque beve di quest' acqua avrà di nuovo sete; ma chi beve dell' acqua che io gli darò, non avrà mai più sete, anzi, l'acqua che io gli darò diventerà in lui sorgente di acqua che zampilla per la vita eterna ».
Aderire al progetto di Dio vuol dire indossare la veste di chi si vuole rivestire della sua essenza di figlio di Dio, vuol dire accettare il Vangelo e farlo proprio. La stanza è piena di commensali, alcuni buoni ed altri no, ma chi non si sarà per niente impegnato in un cammino di fede, chi " sembrerà " fedele a Dio, ma non lo sarà veramente, verrà smascherato e sarà troppo tardi. A Dio niente è nascosto, il nostro cuore è un libro aperto davanti a Lui, sa perfettamente quello che proviamo, conosce le nostre infedeltà e i nostri difetti, non cerca la perfezione, ma vede la verità "Salmo 19- Uno spirito contrito è sacrificio a Dio, un cuore affranto e umiliato, Dio, tu non disprezzi.-"
E' inutile camuffare la nostra fede, far vedere che siamo bravi cristiani, meglio essere mediocri ma desiderosi di migliorare, che falsi; perché possiamo ingannare gli uomini, ma non Dio. Possiamo sfuggire alla giustizia umana, con la nostra furbizia o con le conoscenze corrotte, ma non a quella divina. Possiamo entrare nelle grazie degli uomini con falsi abiti, ma non sfuggirà nulla a Dio...Convertiamoci veramente, con umiltà mettiamoci davanti al nostro re e chiediamo perdono finché siamo in tempo, prima che il Signore decreti anche per noi la sua condanna... nessuno sa quando verrà il giorno del giudizio. Oggi mi hanno chiesto cosa vuol dire "vivere il Vangelo" non ho trovato risposta migliore che: vivere amando , sopratutto chi ci sembra più lontano da Dio, perché noi possiamo essere per loro, la possibilità di capire che Dio li ama. Un pò come se fossimo la trasmissione "chi l'ha visto?" per chi si è perduto!
martedì 18 agosto 2020
VANGELO (Mt 20,1-16) Sei invidioso perché io sono buono?
VANGELI DI MERCOLEDì 19 AGOSTO 2020
VANGELO (Mt 20,1-16)
Sei invidioso perché io sono buono?
+ Dal Vangelo secondo Matteo
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli questa parabola:
«Il regno dei cieli è simile a un padrone di casa che uscì all’alba per prendere a giornata lavoratori per la sua vigna. Si accordò con loro per un denaro al giorno e li mandò nella sua vigna. Uscito poi verso le nove del mattino, ne vide altri che stavano in piazza, disoccupati, e disse loro: “Andate anche voi nella vigna; quello che è giusto ve lo darò”. Ed essi andarono. Uscì di nuovo verso mezzogiorno, e verso le tre, e fece altrettanto. Uscito ancora verso le cinque, ne vide altri che se ne stavano lì e disse loro: “Perché ve ne state qui tutto il giorno senza far niente?”. Gli risposero: “Perché nessuno ci ha presi a giornata”. Ed egli disse loro: “Andate anche voi nella vigna”.
Quando fu sera, il padrone della vigna disse al suo fattore: “Chiama i lavoratori e da’ loro la paga, incominciando dagli ultimi fino ai primi”. Venuti quelli delle cinque del pomeriggio, ricevettero ciascuno un denaro. Quando arrivarono i primi, pensarono che avrebbero ricevuto di più. Ma anch’essi ricevettero ciascuno un denaro. Nel ritirarlo, però, mormoravano contro il padrone dicendo: “Questi ultimi hanno lavorato un’ora soltanto e li hai trattati come noi, che abbiamo sopportato il peso della giornata e il caldo”.
Ma il padrone, rispondendo a uno di loro, disse: “Amico, io non ti faccio torto. Non hai forse concordato con me per un denaro? Prendi il tuo e vattene. Ma io voglio dare anche a quest’ultimo quanto a te: non posso fare delle mie cose quello che voglio? Oppure tu sei invidioso perché io sono buono?”.
Così gli ultimi saranno primi e i primi, ultimi».
Parola del Signore
UN MIO PENSIERO
Una parabola che fa male un po’ a tutti, perché credo che nessuno si possa guardare dentro senza sentirsi toccato da queste parole.
Ci sembra sempre di dare più di quanto riceviamo, di essere migliori degli altri, di meritare di più, ed è questo pensiero che spesso causa in noi delle aspettative sbagliate. È facile restare intrappolati nel ciclo del “meritare”, tanto facile quasi come raggiungere uno stato di frustrazione provocato dal non possedere quello che si crede di meritare, anche se non si sa il perché.
Quello che ce lo fa pensare è che invece di gareggiare nello stimarci a vicenda, come dice l’apostolo Paolo, gareggiamo spesso nel confrontarci con gli altri cercando di mettere in luce i difetti altrui.
Ecco che allora tiriamo fuori dal nostro cilindro, come per magia, le cattiverie, le invidie, le gelosie più assurde.
Leggendo la Bibbia, troviamo spesso storie di gelosie, perché nessuno ne è esente, purtroppo; ma la cosa meravigliosa è che volendo apparire sempre migliori di quello che siamo, le camuffiamo chiamandole “ ingiustizie.”
Una cosa molto attuale per esempio, è tutto questo parlare dello Ius soli, se sia giusto o no concederlo... allora io mi chiedo, ma se il mondo è stato creato per tutti gli uomini, perché ce lo siamo diviso in territori, e ce lo litighiamo cercando di conquistarne sempre un pezzettino in più, spintonando fuori gli altri? La nostra coscienza ci dice che abbiamo più diritti degli altri ? Che meritiamo di più perché siamo migliori? A volte sembriamo come animali che segnano il territorio, dimenticando di ringraziare per ciò che abbiamo senza merito, e di condividerlo con gli altri.
Chi sono i buoni? Uno solo è buono, quello che ci ha dato tutto, anche se stesso, ed ancora non abbiamo capito!
lunedì 17 agosto 2020
VANGELO (Mt 19,23-30) È più facile che un cammello passi per la cruna di un ago, che un ricco entri nel regno di Dio.
VANGELO DI MARTEDÌ 18-08-2020
VANGELO (Mt 19,23-30)
È più facile che un cammello passi per la cruna di un ago, che un ricco entri nel regno di Dio.
+ Dal Vangelo secondo Matteo
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «In verità io vi dico: difficilmente un ricco entrerà nel regno dei cieli. Ve lo ripeto: è più facile che un cammello passi per la cruna di un ago, che un ricco entri nel regno di Dio».
A queste parole i discepoli rimasero molto stupiti e dicevano: «Allora, chi può essere salvato?». Gesù li guardò e disse: «Questo è impossibile agli uomini, ma a Dio tutto è possibile».
Allora Pietro gli rispose: «Ecco, noi abbiamo lasciato tutto e ti abbiamo seguito; che cosa dunque ne avremo?». E Gesù disse loro: «In verità io vi dico: voi che mi avete seguito, quando il Figlio dell’uomo sarà seduto sul trono della sua gloria, alla rigenerazione del mondo, siederete anche voi su dodici troni a giudicare le dodici tribù d’Israele. Chiunque avrà lasciato case, o fratelli, o sorelle, o padre, o madre, o figli, o campi per il mio nome, riceverà cento volte tanto e avrà in eredità la vita eterna. Molti dei primi saranno ultimi e molti degli ultimi saranno primi».
Parola del Signore
UN MIO PENSIERO
Le cose a cui siamo attaccati nella nostra vita, sono veramente tante ed è per questo che ci riesce così difficile seguire il volere di Dio. Non è solo una questione di ricchezza, ma di non saper fare a meno di troppe cose, che ormai, come droghe ci sembrano indispensabili. Il progresso ci ha reso schiavi, vedi quanto sembrano importanti i mezzi di comunicazione, ed in parte lo sono, ma per parlare con Dio non serve il cellulare e neanche il computer. Vanità ... tutto è vanità, tutto è vano, non cambia le cose, non cambieremo il corso della vita, non ci porteremo via nulla, ma per colpa di tante cose, possiamo perdere la cosa più importante, la chiave del regno. Abbiamo compreso che vuol dire " lasciare tutto" di Gesù, e pur avendone capito l'importanza, pur capendo di essere schiavi dei nostri averi, abbiamo difficoltà a distaccarcene. Quello che ci rende tutto difficile, è che viviamo come se fossimo eterni, nel momento delle scelte di vita, prevale il tutto e subito. La nostra breve vita di passaggio sulla terra, è tutta basata sul prendere,distruggere,approfittare...non sul godere dei doni che il Signore ci ha fatto, non sul mantenere intatti e salvaguardare gli ambienti e la natura. A che serve essere Cristiani se non riusciamo a vivere da figli di Dio e coeredi della realtà celeste? A che serve credere nella resurrezione di Cristo se non crediamo nella nostra resurrezione? Perché non riusciamo a vivere il Dio presente, relegandolo a qualcosa di indefinito che forse troveremo alla fine della vita e non capiamo che il regno che Dio ci ha preparato, è già su questa terra che dovremmo amare, che se falliamo in questo, tutto il resto a cui teniamo tanto, sarà la causa della nostra rovina.
domenica 16 agosto 2020
VANGELO DI LUNEDÌ 17 AGOSTO 2020 (Mt 19,16-22)
VANGELO DI LUNEDÌ 17 AGOSTO 2020
(Mt 19,16-22)
Se vuoi essere perfetto, vendi quello che possiedi e avrai un tesoro nel cielo.
+ Dal Vangelo secondo Matteo
In quel tempo, un tale si avvicinò e gli disse: «Maestro, che cosa devo fare di buono per avere la vita eterna?». Gli rispose: «Perché mi interroghi su ciò che è buono? Buono è uno solo. Se vuoi entrare nella vita, osserva i comandamenti». Gli chiese: «Quali?».
Gesù rispose: «Non ucciderai, non commetterai adulterio, non ruberai, non testimonierai il falso, onora il padre e la madre e amerai il prossimo tuo come te stesso». Il giovane gli disse: «Tutte queste cose le ho osservate; che altro mi manca?». Gli disse Gesù: «Se vuoi essere perfetto, va’, vendi quello che possiedi, dallo ai poveri e avrai un tesoro nel cielo; e vieni! Seguimi!».
Udita questa parola, il giovane se ne andò, triste; possedeva infatti molte ricchezze.
Parola del Signore
UN MIO PENSIERO.
Non si può mettere Dio al primo posto,se gli dedichiamo solo i ritagli del nostro tempo!
La mezz'ora del rosario,la liturgia delle ore,qualche pensiero...massimo tre ore al giorno spezzettate su 24 ore.
Come possiamo crescere nella fede con queste regole!
Non è sufficiente seguire le regole, essere onesti, cercare di non reagire alle offese... purtroppo la nostra umanità esce sempre fuori e ci trascina lontani dalla meta. C’è chi pone le sue sicurezze nella ricchezza; chi nella famiglia; chi nella Chiesa e lascia tutto per servire il Signore, ma poi si rende conto che non è al sicuro, che non è abbastanza libero, perché si trova in un’organizzazione che lo riempie di lavoro. Io non so davvero come colmare quel divario che c’è tra la nostra vita e quello che Dio vorrebbe per noi, lo vorrei anche io con tutto il cuore, ma non so neanche da che parte cominciare. Quando vado a fare
l' adorazione del Santissimo,vorrei non dover più andare via, ma fuori da lì il mondo mi ripiomba addosso e tutto crolla. Crollano i buoni propositi, crolla la pace... e allora ti chiedo Gesù, fai Tu qualcosa perché io sappia seguirti sul serio, io so solo vivere il compromesso, ma tu sai come indicarmi la vera via, aiutami!
Oggi più che mai sento di dovere dare di più...avevo smesso di mettere il mio pensiero sul Vangelo,un po' per mancanza di tempo,un po' perché non è facile impegnarsi quando ti senti fare delle critiche gratuite,come se,per farlo,io dovessi essere teologa,perfetta,praticamente santa....io invece sono una peccatrice come tutti, e faccio una grande fatica a non rispondere a tono,a perdonar,a sopportare le critiche...ma lo faccio! Non ci riesco sempre,ma continuo ad insistere e cerco di "Non uccidere, non commettere adulterio, non rubo, non testimonio il falso, onoro il padre e la madre e amo il prossimo"
Ma so che questo non basta...presa coscienza della gravità di questi peccati,sento che ho il dovere di trasmettere la parola di Dio,così come Lui l'ha donata a me; non fa niente se a qualcuno darà fastidio,se qualcuno non mi riterrà all'altezza...le critiche costruttive saranno ben accette...le altre le offrirò al Signore con paziente sopportazione.
Trasmettere la fede è un impegno di chiunque abbia compreso seriamente il proprio battesimo.
*Il Signore ci benedica e ci custodisca in questa notte,e con i suoi angeli ci accompagni fino al nostro risveglio!
*(la benedizione fa parte dei sacramentali) derivano dal sacerdozio battesimale: ogni battezzato è chiamato ad essere una benedizione e a benedire.
mercoledì 29 luglio 2020
VANGELO DI OGGI 29 LUGLIO 2020 (Lc 10,38-42: Marta, Marta, tu ti affanni e ti agiti per molte cose)
(Lc 10,38-42: Marta, Marta, tu ti affanni e ti agiti per molte cose)
Dal Vangelo secondo Luca
In quel tempo, mentre erano in cammino, Gesù entrò in un villaggio e una donna, di nome Marta, lo ospitò.
Ella aveva una sorella, di nome Maria, la quale, seduta ai piedi del Signore, ascoltava la sua parola. Marta invece era distolta per i molti servizi.
Allora si fece avanti e disse: «Signore, non t’importa nulla che mia sorella mi abbia lasciata sola a servire? Dille dunque che mi aiuti». Ma il Signore le rispose: «Marta, Marta, tu ti affanni e ti agiti per molte cose, ma di una cosa sola c’è bisogno. Maria ha scelto la parte migliore, che non le sarà tolta».
Parola del Signore
UN MIO PENSIERO
Marta vuole che il Signore sia contento della sua accoglienza, prepara con grande cura tutto, non chiede aiuto, ma poi si stanca e si innervosisce perché la sorella non l’ ha aiutata, ed allora, sicura che il suo modo di fare sia quello giusto, cerca l’appoggio di Gesù; vorrebbe che Lui sgridasse sua sorella perché non ha partecipato al servizio.
Maria, sicura che la sorella avrebbe provveduto a servire l’ ospite, ha approfittato di questo e si è seduta ai suoi piedi ad ascoltare Gesù che parlava ed insegnava, era così presa da quello che stava ascoltando che non si è nemmeno resa conto che la sorella si stava stancando.
L’ atteggiamento delle due donne è molto simile al nostro, è l’ atteggiamento di chi come Marta si prodiga e pensa che far bene tutto sia un suo dovere, ma non ascolta quella voglia interiore di fermarsi ad ascoltare il Signore, che però comincia a farsi strada dentro di lei e comincia a farla diventare nervosa e insofferente.Scatta allora la molla del risentimento, del rimprovero, del giudizio. Il suo contatto con Gesù è stato turbato da quello che viveva dentro di lei.
Non si ferma Marta, ha voglia di fermarsi ad ascoltare, ma ci sono tante cose da fare e solo lei sa farle così bene lei sa servire il Signore,è un servire materiale e necessario il suo… A questo punto proviamo a vedere chi riusciamo a riconoscere in questo atteggiamento e quanto di noi troviamo, quanto siamo simili a Marta in questo nostro affaccendarci per fare qualcosa di buono per il Signore.Io sono brava - io so scrivere - io sa parlare - io so leggere - io so preparare l’ altare - io sono sempre la prima ad arrivare - io so fare stare buoni i bambini in chiesa - io non dimentico mai nulla …. sicuro?Marta Marta, hai lasciato il posto al Signore o vorresti entrare anche in quell’ ostia? Prepari l’ altare e le letture, ma hai dedicato un po’ di questo tuo tempo prezioso per leggere la parola di Dio e per chiederti che cosa ti vuole dire il Signore? Si proprio a te, perché tu non ci crederai, ma anche tu hai bisogno di Lui, di ascoltare e di far penetrare nelle tue ossa la sua parola, forse allora impareresti a non giudicare e a non condannare chi non è preciso come te nel servizio, o semplicemente chi è diverso da te. Forse ascoltando Gesù, sapresti che è venuto per tutti, che non parla per se stesso, ma per essere ascoltato e, se tu non lo ascolti, anche tu sbagli qualcosa, proprio come Maria che non si preoccupa di servirlo.La scelta di Marta era quella che a lei sembrava migliore, ma poi vedendo Maria così serena accanto al suo Gesù, così presa a bearsi della sua parola, è stata presa forse da un pizzico di gelosia e di invidia . Questo accade perchè dimentichiamo che anche se siamo chiamati a servire, dobbiamo alimentarci alla fonte di colui che è venuto per servire, altrimenti resteremo sempre noi stessi e non riusciremo a far vivere la spiritualità del Signore in noi
.E tu Maria? Dopo aver ascoltato, esserti immersa nell’ ascolto della sua parola, dopo averla masticata, fatta entrare nel tuo cuore, averla meditata …. ti sei accorta che tua sorella era stanca? Ti sei accorta della sua muta richiesta di aiuto? Va corri da lei , da questa sorella in difficoltà ed aiutala, perché altrimenti vorrebbe dire che non hai saputo digerire la parola del Signore, che parla di comunione, condivisione e amore. Alle parole debbono seguire i fatti, le opere. Quante cose ancora ci sarebbero da dire, su questa semplice storia di Vita di Gesù, ma ognuno di noi, qui, può provare a scrivere la sua; quella del suo incontro personale con il Signore.
mercoledì 1 luglio 2020
mercoledì 10 giugno 2020
(Mt 5,17-19) Non sono venuto ad abolire, ma a dare pieno compimento.
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli:
«Non crediate che io sia venuto ad abolire la Legge o i Profeti; non sono venuto ad abolire, ma a dare pieno compimento.
In verità io vi dico: finché non siano passati il cielo e la terra, non passerà un solo iota o un solo trattino della Legge, senza che tutto sia avvenuto.
Chi dunque trasgredirà uno solo di questi minimi precetti e insegnerà agli altri a fare altrettanto, sarà considerato minimo nel regno dei cieli. Chi invece li osserverà e li insegnerà, sarà considerato grande nel regno dei cieli».
Parola del Signore
giovedì 28 maggio 2020
(Gv 20,19-23) Come il Padre ha mandato me anch’io mando voi.
Gv 20,19-23) Come il Padre ha m
Giorno liturgico: Domenica di Pentecoste
Testo del Vangelo (Gv 20,19-23): La sera di quel giorno, il primo della settimana, mentre erano chiuse le porte del luogo dove si trovavano i discepoli per timore dei Giudei, venne Gesù, stette in mezzo e disse loro: «Pace a voi!». Detto questo, mostrò loro le mani e il fianco. E i discepoli gioirono al vedere il Signore. Gesù disse loro di nuovo: «Pace a voi! Come il Padre ha mandato me, anche io mando voi». Detto questo, soffiò e disse loro: «Ricevete lo Spirito Santo. A coloro a cui perdonerete i peccati, saranno perdonati; a coloro a cui non perdonerete, non saranno perdonati».
Parola del Signore.
- Notiamo come nel vedere Gesù i discepoli gioiscono, e chiediamoci: Perché è venuto? Gli mostra le ferite per fargli vedere che è proprio lui, quello che è salito sulla croce, e ha vinto la morte.
È normale che qualcuno abbia dei dubbi, Tommaso ne è la conferma. La nostra umanità ci porta a credere solo a quello che possiamo vedere, ma con Gesù ormai abbiamo capito che non può bastare. Ha compiuto miracoli davanti ai loro occhi, è entrato in una casa con le porte chiuse, ma è proprio Lui? Nulla lo può dividere da noi, perché il suo amore lo spinge a cercarci sempre e a darci tutto di se, così come fa con gli apostoli, ai quali dona lo spirito Santo. Solo la nostra incredulità riesce a tenerlo lontano da noi, siamo sempre noi che abbiamo l’ultima parola. Chi fa l’esperienza di Gesù nella propria vita, non ha più dubbi, e non serve che lo veda fisicamente o no, anzi proprio perché si fida della sua parola, riesce a sentire la sua azione tramite lo Spirito Santo. Quello che a molti di noi manca è proprio l' esperienza della resurrezione di Gesù. Molti continuano a vivere Gesù come qualcosa di astratto, lontano e sconosciuto ed io spero tanto che se ne rendano finalmente conto e che comincino ad avere sete dello Spirito Santo, quella sete che lui aspetta per farci scoprire la differenza!
Nel dolore spesso ci sentiamo distrutti sia fisicamente sia moralmente, ma quando chiediamo al Signore aiuto, vediamo che siamo subito alleviati dalla cosa più atroce del dolore, la disperazione. È importante stare vicini a chi soffre, per un motivo o per l’ altro, perché noi possiamo essere la parola che Gesù vuole dire, la mano di Gesù che sa accarezzare, noi possiamo essere la testimonianza che Gesù non abbandona i suoi figli, perché seguire il Signore vuol dire amare il nostro prossimo come Dio ama noi.
Amore è la parola d’ordine per entrare nella famiglia celeste, e per tornare nella casa del Padre, dove Gesù è andato a preparare un posto.
domenica 24 maggio 2020
(Mt 28,16-20) A me è stato dato ogni potere in cielo e sulla terra.
In quel tempo, gli undici discepoli andarono in Galilea, sul monte che Gesù aveva loro indicato.
Quando lo videro, si prostrarono. Essi però dubitarono. Gesù si avvicinò e disse loro: «A me è stato dato ogni potere in cielo e sulla terra. Andate dunque e fate discepoli tutti i popoli, battezzandoli nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo, insegnando loro a osservare tutto ciò che vi ho comandato. Ed ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo».
Parola del Signore
Quanto è importante questo messaggio del Signore: «A me è stato dato ogni potere in cielo e sulla terra. Andate dunque e fate discepoli tutti i popoli, battezzandoli nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo, insegnando loro ad osservare tutto ciò che vi ho comandato. Ed ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo». Vale per tutti noi che chiamiamo Dio Padre, ma oggi Gesù vuole parlare a noi per dirci di pregare per i sacerdoti, di aiutare queste sue povere mani consacrate che ne subiscono i tutti i colori, di aiutarli perché sono loro la nostra guida ,ma più di tutti, perché sono loro la nostra salvezza. Loro ci confessano, ci riconciliano con il Padre, anche se come gli apostoli, non sono perfetti, sono inviati da Lui. Loro sono il mezzo che Gesù usa per farci stare in comunione con Lui, piccole mani consacrate che alzano quell’ Ostia al cielo, spesso con il cuore pieno di sofferenza. Gesù è con noi, sempre, tutti i giorni, ma a volte è nascosto, e gli occhi umani, gli animi umani, non riescono a trovarlo, a sentirlo, offuscato da tanta cattiveria e da tanti pregiudizi. A volte tra gli stessi confratelli c’ è tanto peccato, tanta invidia, tanta presunzione…. é così difficile resistere ai soprusi… sono uomini come noi, hanno solo tanta voglia di piangere a volte e, non possono neanche confidarsi con nessuno, se non con quel Gesù nascosto che gli sembra che sia voltato dall’altra parte. Se per noi è difficile accettare una parola cattiva, un’offesa, un rifiuto; quanto è più difficile per loro accettarla. E poi ci siamo noi, che invece di pregare per loro, ci mettiamo a giudicarli, a rimanere male per ogni piccolo gesto distratto, per ogni stupidaggine, per ogni malinteso. Noi che siamo i primi a ferirli con le nostre bugie e la nostra mancanza d’amore, ma noi siamo pieni di noi stessi e loro devono essere pieni di Dio!
No fratelli… tutti dobbiamo essere pieni di Dio e poco di noi stessi… Loro e noi dobbiamo avere la forza di non pensare alla nostra apparenza, al piacere agli altri, alla nostra dignità di uomini e donne che spesso si sentono offesi, ma dobbiamo gettare alle ortiche tutto questo e rivestirci della dignità di Cristo, che passa attraverso il dolore e, a volte, l’umiliazione e l’incomprensione.
Preghiamo per questi nostri angeli così fragili, così sballottati tra responsabilità e umanità, per questi piccoli Cristi che non hanno nessuno sotto alla croce che li sostenga, e che alzi per loro preghiere al Signore. A loro dico: - Gesù è con voi, soffre con voi, sa quello che passate, la solitudine nella quale vi trovate a volte…. è con voi nel Getzemani, non dimenticatelo mai… perché non la vostra volontà deve vincere, ma la gloria di Dio, passa anche attraverso le umiliazioni che subite. -
A noi laici dico: - Amiamoli, come diciamo di amare Gesù, aiutiamoli come faremmo con i nostri figli, sosteniamoli e capiamo le loro esigenze, parliamo con loro, non soltanto di noi…. usciamo dai preconcetti e dagli individualismi e diventiamo la loro famiglia che li sostiene e li aiuta. Apriamo i nostri cuori e chiudiamo le bocche alla critica e alla superbia. Forse a qualcuno sapremo insegnare e da qualcuno sapremo imparare… siamo qui apposta, per camminare insieme, ma le pecore senza pastori, non sanno dove andare ed i pastori non hanno nessun interesse a portare le pecore sulla roccia dura, ma in pascoli erbosi.-
domenica 10 maggio 2020
( Gv 14,1-12 ) Io sono la via, la verità e la vita.
( Gv 14,1-12 ) Io sono la via, la verità e la vita.
Dal Vangelo secondo Giovanni
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Non sia turbato il vostro cuore. Abbiate fede in Dio e abbiate fede anche in me. Nella casa del Padre mio vi sono molte dimore. Se no, vi avrei mai detto: Vado a prepararvi un posto? Quando sarò andato e vi avrò preparato un posto, verrò di nuovo e vi prenderò con me, perché dove sono io siate anche voi. E del luogo dove io vado, conoscete la via». Gli disse Tommaso: «Signore, non sappiamo dove vai; come possiamo conoscere la via?». Gli disse Gesù: «Io sono la via, la verità e la vita. Nessuno viene al Padre se non per mezzo di me. Se avete conosciuto me, conoscerete anche il Padre mio: fin da ora lo conoscete e lo avete veduto». Gli disse Filippo: «Signore, mostraci il Padre e ci basta». Gli rispose Gesù: «Da tanto tempo sono con voi e tu non mi hai conosciuto, Filippo? Chi ha visto me, ha visto il Padre. Come puoi tu dire: Mostraci il Padre? Non credi che io sono nel Padre e il Padre è in me? Le parole che io vi dico, non le dico da me stesso; ma il Padre, che rimane in me, compie le sue opere. Credete a me: io sono nel Padre e il Padre è in me. Se non altro, credetelo per le opere stesse. In verità, in verità io vi dico: chi crede in me, anch'egli compirà le opere che io compio e ne compirà di più grandi di queste, perché io vado al Padre».
Parola del Signore.
UN MIO PENSIERO.
Gesù ritorna ancora una volta per questi uomini così terreni, che pensavano che tutto fosse finito, che pur avendolo visto anche dopo morto, ancora non avevano capito che la vita terrena e quella spirituale sono legate per sempre e da sempre. L’amore di Dio non si misura con uno o più gesti, l’amore che Dio ci dimostra va ben oltre la cattiveria degli uomini, va più in là della nostra comprensione. Torna Gesù per mostrarci che non è stata la follia di un momento, che non abbiamo creduto ad un falsario, ad un millantatore, ad uno che ci ha illuso...Gesù ha dato e darà sempre tutto per noi. Lui non è il Signore ad ore, quello cui dedicare un’ora a settimana per la messa, o un' ora al giorno per la preghiera, Lui vuole la nostra adesione completa; non certo perché vuole essere servito e riverito da noi come molti scettici ci vogliono far pensare ma, al contrario, per servire e riverire noi.
Essere cristiani è trasmettere la luce della fede, trasmettere con la vita la parola di Dio. Non si può continuare a parlare di Cristo senza dimostrare chi è Cristo, cosa ha cambiato nella storia della nostra vita. lo Spirito Santo serve a questo, ad aiutarci a far diventare questo sogno realtà.
Lo Spirito Santo non è un dono che non si vede, anzi, è quello che più di tutti realizza la nostra vita, ma molti sono coloro che non hanno la più pallida idea di cosa sia.
In alcuni gruppi si rinnova l' effusione dello Spirito Santo, io non ho nulla contro questi gruppi, ma non mi sembra possibile che il Signore abbia bisogno di uomini per questo,
l’ effusione attualizza e, per così dire, rinnova l’ iniziazione cristiana.
Noi riceviamo lo Spirito Santo nel sacramento del battesimo, ma spesso resta «legato».
Un sacramento si dice legato se il suo frutto rimane vincolato, non usufruito per mancanza di certe condizioni che ne impediscono l’ efficacia. Il peccato impedisce ai sacramenti di agire, avete mai sentito parlare di contristare lo Spirito?
E non contristate lo Spirito Santo di Dio, col quale siete stati sigillati per il giorno della redenzione. (Efesini 4:30)
Non spegnete lo Spirito. (1 Tessalonicesi 5:19)
S. Agostino: “Chi ti ha creato senza il tuo concorso non ti salva senza il tuo concorso”.
Ancora più precisamente, il frutto del sacramento dipende tutto dalla grazia divina; solo che questa grazia divina non agisce senza il «sì», cioè il consenso e l’ apporto della creatura,
La parola di Dio agisce su di noi, esortandoci a non camminare contrariamente ai chiari comandi del Signore, che lo Spirito Santo santifica in noi, perché ci facciamo del male e più continuiamo su questa strada e più lontano il Signore sembra da noi. Questo "contristare" non significa che noi facciamo un dispiacere a Lui, dato che Lui non può essere dispiaciuto, essendo Dio, ma facciamo del male a noi stessi in quanto ci tiriamo addosso le conseguenze del peccato. Ed è questo che la Parola cerca di dirci.
Se ci sentiamo deboli, imperfetti, stanchi, ma in noi c' è la volontà di essere migliori, basterà chiedere e ci sarà dato l' aiuto dallo Spirito per diventare migliori, ma ci vuole il nostro si sincero. Un po' per capirci la differenza che passa tra venire al mondo (nascere) e venire alla luce (rinascere).
giovedì 30 aprile 2020
Gv 10,1-10 Io sono la porta delle pecore.
Vangelo di domenica 3 maggio per la catechesi
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Giorno liturgico: IV Domenica (A) di Pasqua
Testo del Vangelo (Gv 10,1-10):
In quel tempo, Gesù disse: «In verità, in verità io vi dico: chi non entra nel recinto delle pecore dalla porta, ma vi sale da un’altra parte, è un ladro e un brigante. Chi invece entra dalla porta, è pastore delle pecore. Il guardiano gli apre e le pecore ascoltano la sua voce: egli chiama le sue pecore, ciascuna per nome, e le conduce fuori. E quando ha spinto fuori tutte le sue pecore, cammina davanti a esse, e le pecore lo seguono perché conoscono la sua voce. Un estraneo invece non lo seguiranno, ma fuggiranno via da lui, perché non conoscono la voce degli estranei».
Gesù disse loro questa similitudine, ma essi non capirono di che cosa parlava loro. Allora Gesù disse loro di nuovo: «In verità, in verità io vi dico: io sono la porta delle pecore. Tutti coloro che sono venuti prima di me, sono ladri e briganti; ma le pecore non li hanno ascoltati. Io sono la porta: se uno entra attraverso di me, sarà salvato; entrerà e uscirà e troverà pascolo. Il ladro non viene se non per rubare, uccidere e distruggere; io sono venuto perché abbiano la vita e l’abbiano in abbondanza».
UN MIO PENSIERO
L’immagine che oggi ci si presenta è quella del pastore attraverso il quale si può entrare in Paradiso.
Molti sono quelli che vogliono guidare la nostra vita, ci danno ” consigli ” pronti ad emarginarci se non facciamo parte della maggioranza, se non ci allineiamo.
A Gesù non importa nulla di quelle che sono le nostre origini, ci conosce, sa che siamo nati dalle varie etnie e famiglie del mondo, sa che siamo umani, e solo umani, ed è per questo che si è fatto uomo, per essere come noi e mettersi al nostro livello, per dimostrare che anche se Lui è nato giudeo, la salvezza di cui è venuto a farci partecipi è per tutti quelli che crederanno in lui ed ascolteranno la sua parola.
Capiamoci bene, ascoltare la sua parola significa anche metterla in pratica, farla diventare parte integrante della nostra vita, non certo ascoltare e poi fare tutto il contrario. Seguiamo docilmente il pastore buono, perché solo andando dietro a lui, impareremo la docilità, l’ umiltà, la forza di arrivare fino in fondo nel nostro cammino, fino alla porta del regno di Dio, seguendo quello che è stato prima di noi agnello immolato per amore nostro, tanto da essere l’unico degno di essere il conduttore di tutti noi al Padre.
Tra le parole di Gesù«Io sono il buon pastore, conosco le mie pecore e le mie pecore conoscono me» (Gv 10,14), a maggior ragione, «le pecore ascoltano la sua voce (...) lo seguono, perché conoscono la sua voce» (Gv 10,3-4). E' vero che Gesù ci conosce, ma possiamo dire noi che Lo conosciamo sufficientemente, che Lo amiamo e corrispondiamo come dovremmo?
domenica 26 aprile 2020
(Lc 24,13-35) Riconobbero Gesù nello spezzare il pane.
(Lc 24,13-35) Riconobbero Gesù nello spezzare il pane.
+ Dal Vangelo secondo Luca
Ed ecco, in quello stesso giorno, [il primo della settimana], due [dei discepoli] erano in cammino per un villaggio di nome Èmmaus, distante circa undici chilometri da Gerusalemme, e conversavano tra loro di tutto quello che era accaduto. Mentre conversavano e discutevano insieme, Gesù in persona si avvicinò e camminava con loro. Ma i loro occhi erano impediti a riconoscerlo. Ed egli disse loro: «Che cosa sono questi discorsi che state facendo tra voi lungo il cammino?». Si fermarono, col volto triste; uno di loro, di nome Clèopa, gli rispose: «Solo tu sei forestiero a Gerusalemme! Non sai ciò che vi è accaduto in questi giorni?». Domandò loro: «Che cosa?». Gli risposero: «Ciò che riguarda Gesù, il Nazareno, che fu profeta potente in opere e in parole, davanti a Dio e a tutto il popolo; come i capi dei sacerdoti e le nostre autorità lo hanno consegnato per farlo condannare a morte e lo hanno crocifisso. Noi speravamo che egli fosse colui che avrebbe liberato Israele; con tutto ciò, sono passati tre giorni da quando queste cose sono accadute. Ma alcune donne, delle nostre, ci hanno sconvolti; si sono recate al mattino alla tomba e, non avendo trovato il suo corpo, sono venute a dirci di aver avuto anche una visione di angeli, i quali affermano che egli è vivo. Alcuni dei nostri sono andati alla tomba e hanno trovato come avevano detto le donne, ma lui non l’hanno visto». Disse loro: «Stolti e lenti di cuore a credere in tutto ciò che hanno detto i profeti! Non bisognava che il Cristo patisse queste sofferenze per entrare nella sua gloria?». E, cominciando da Mosè e da tutti i profeti, spiegò loro in tutte le Scritture ciò che si riferiva a lui. Quando furono vicini al villaggio dove erano diretti, egli fece come se dovesse andare più lontano. Ma essi insistettero: «Resta con noi, perché si fa sera e il giorno è ormai al tramonto». Egli entrò per rimanere con loro. Quando fu a tavola con loro, prese il pane, recitò la benedizione, lo spezzò e lo diede loro. Allora si aprirono loro gli occhi e lo riconobbero. Ma egli sparì dalla loro vista. Ed essi dissero l’un l’altro: «Non ardeva forse in noi il nostro cuore mentre egli conversava con noi lungo la via, quando ci spiegava le Scritture?». Partirono senza indugio e fecero ritorno a Gerusalemme, dove trovarono riuniti gli Undici e gli altri che erano con loro, i quali dicevano: «Davvero il Signore è risorto ed è apparso a Simone!». Ed essi narravano ciò che era accaduto lungo la via e come l’avevano riconosciuto nello spezzare il pane.
Parola del Signore
UN MIO PENSIERO.
I limiti umani incontrano la potenza di Dio, ma quello che conta , ancora una volta, è spezzare le catene della mente ed aprire il cuore al Vangelo, che non è la parola degli uomini, ma è il miracolo di Dio fatto uomo.
Così come gli ebrei non seppero riconoscere in Gesù il Messia, troppo spesso non sappiamo riconoscere Gesù nel povero, nell’ indigente, nell’ emarginato.... troppo spesso ci viene chiesto di spezzare il nostro pane con chi non ha nulla, e noi pensiamo solo a tirare fuori tutte le scuse possibili per non farlo. All’ inizio del nostro cammino ci siamo innamorati di Gesù, della sua bontà, del suo saperci spingere verso le cose giuste “Eppure ardeva in noi il nostro cuore mentre egli conversava lungo la via, quando ci spiegava le Scritture? ” Ma quando viviamo la delusione, l’ abbandono, la tristezza, è così facile rinnegare Gesù... É così conveniente voler stare solo dalla parte dei vincenti.
Quando uomini di potere agiscono, danno l'impressione di schiacciare il piccolo credente, lo vediamo anche in questi tempi, in cui le leggi sembrano voler spazzar via tutto quello che è Cristiano. Gesù da fastidio, la Chiesa da fastidio a chi non vuole avere nessuno che gli indichi come vivere. A volte anche nella Chiesa stessa Gesù da fastidio, specialmente quando indica
l' amore verso i nemici, verso chi ci perseguita, l' amore per la giustizia e non la vendetta.
Capire che la morte non ha fermato nulla, ma anzi, che ha dato un senso alla sofferenza presente sulla terra, non è ancora facile, neanche per noi, figuriamoci per i primi cristiani, anche se erano stati vicini a Gesù e per questo mi sento proprio come loro. Gesù è risorto, lo hanno visto alcuni discepoli, di loro ci si può fidare?
É nella comunione del suo amore, in quel condividere la croce, nello spezzare il pane e condividerlo con i fratelli che noi ritroviamo Gesù e che viviamo con Lui.
Spesso nella chiesa ci sono tante persone, bellissime e bravissime, che si prodigano in mille attività, proprio come tanti dei discepoli di Gesù, piene di buone doti e di carattere, ma sono quelli che hanno fatto l’esperienza del Risorto, che lo sentono presente e vivo nella loro vita, che forse brillano di meno, che forse non hanno doti, ma quando parlano di Gesù, ti fanno vibrare le corde del cuore... questo è il carisma di chi come Cristo, è in comunione con il Padre.
Se i discepoli di Emmaus hanno avuto bisogno di un nuovo incontro con il Signore, per tornare indietro, verso Gerusalemme, verso la città santa, di quanti nuovi incontri anche noi abbiamo bisogno? Quante volte cercheremo di seguire altre vie, ci lasceremo allontanare pensando che è più giusto essere moderni, stare nel mondo, seguire gli uomini che gestiscono il potere e, anche se in fondo non ne siamo convinti del tutto, ci lasciamo trascinare nella vita, pensando solo al nostro presente e non alla nostra resurrezione. L'incontro con Cristo è l' occasione per cambiare la nostra vita, per vivere in comunione con lui, sia nella sofferenza, che nella morte e ancora nella resurrezione.
Il rischio è restare lontani da Dio per tutto il resto della nostra esistenza...per l'eternità.
venerdì 3 aprile 2020
La morte e il morire La vita non è tolta ma trasformata di Leonardo Paris
Decanato di Trento - La morte e il morire La vita non è tolta ma trasformata Leonardo Paris
Parlare della morte Anche i teologi hanno una vita, ovviamente. E per questo non tutti gli anni sono uguali per un teologo che debba provare a dire qualcosa sulla morte. Il Cristo rimane lo stesso, la speranza o la paura sono le stesse eppure le cose che accadono intorno rendono le parole più o meno pesanti. Quest’anno (2014) è morto mio padre ed è morto un mio amico; parlare della morte mi sembra di colpo molto più urgente, molto più difficile ma anche molto più vero. E tuttavia un teologo non deve soltanto riportare la propria nuda esperienza, non è questo il suo mestiere. Dovrebbe cercare, con tutta la propria esperienza, di annunciare la fede della Chiesa. Facendo questo ci si espone ad un doppio rischio. Da una parte non deve dire “nulla di nuovo”, nel senso che non si deve inventare niente di strano o innovativo ma semplicemente ripetere la buona notizia che risuona ormai da duemila anni. D’altra parte deve cercare di gettare una luce tale sulle cose che tutti già più o meno sanno, che queste cose note riprendano a parlare con voce più squillante. Questo vale ancora di più per un tema come al morte che tocca così da vicino, e in modo spesso straziante, la vita di ciascuno. Si tratta di un tema per il quale non manca il materiale biblico dal quale partire. L’Antico Testamento è pieno di morte e di morti. A partire dal primo morto, Abele, la storia sacra si snoda come un racconto di vite e di molte morti, alcune procurate, altre naturali. Ma il Nuovo Testamento non è da meno: muore il Battista, muore Gesù, muore Stefano, e a modo loro muoiono anche Lazzaro e la figlia di Giairo. Tuttavia proprio il Nuovo testamento ci propone di guardare alla morte da un punto di vista inedito: non a partire dalla vita, che finisce con la morte, ma a partire dalla risurrezione. Non la risurrezione di Lazzaro, che poi, prima o dopo, è di nuovo morto, ma la risurrezione di Cristo, che «non muore più» 1 Riuscire a guardare con questa prospettiva l’evento drammatico della morte non è facile, non deve essere facile, e richiede tutta una vita. Non c’è nulla di peggio che usare la risurrezione come una sorta di passepartout che aggira il problema della morte. Non è così nel cristianesimo. La morte rimane drammatica e deve essere affrontata con tutta la diffidenza di chi non accetta facili soluzioni. Per questo, prima di parlare di vita dopo la morte, di escatologia, cercherò di rispondere ad alcune domande un po’ impertinenti ma necessarie: della vita eterna «che ne sai?» e «come lo sai?» e «perché ti sforzi di immaginare qualcosa?». . Questo evento è così centrale nel Vangelo, che costringe a rivedere tutta la vita, e con essa la morte, a partire da questa prospettiva. È quello che ci invita a fare anche il prefazio della I Messa per i defunti affermando: «ai tuoi fedeli, Signore,la vita non è tolta, ma trasformata». Domande impertinenti Oggi ci sono molto che parlano del “dopo” morte, qualche volta anche a sproposito, o riportando una qualche propria esperienza particolare. Di fronte a questi, ma anche a chi nella 1 Rm 6,9. 2 Chiesa parla di vita eterna, è lecito chiedere: «che ne sai?». La risposta che, come teologo, mi sembra si debba dare è: «Io ritenni infatti di non sapere altro in mezzo a voi se non Gesù Cristo, e Cristo crocifisso» 2 Ma allora si potrebbe incalzare domandando: «e come lo sai?». E la risposta può risuonare così: «con lui sepolti nel battesimo, con lui siete anche risorti mediante la fede nella potenza di Dio, che lo ha risuscitato dai morti. Con lui Dio ha dato vita anche a voi» . Quello che come cristiani sappiamo della vita e della morte non è “niente”, ma non è nemmeno “tutto”. Non è la Bibbia in genere e nemmeno questo o quel versetto, ma la morte di Gesù crocifisso; una storia concreta, un rapporto concreto con Dio e con gli uomini. Non in primo luogo le sue parabole che parlano del Regno o del banchetto eterno, e nemmeno la sua risurrezione, ma la morte. Questa almeno è la strada che vorrei proporre di seguire. Quello che un cristiano sa o pretende di sapere sul “dopo”, o parte da qui o vale poco. Se le parabole e l’annuncio della risurrezione non riescono a stare con decisione di fronte al Cristo morto, rischiano di essere intese in modo mitico o magico e di non toccare fino in fondo il nodo della speranza cristiana. 3 A questo punto un’ulteriore domanda potrebbe essere: «perché mai dovresti cercare di immaginarti qualcosa?». Forse infatti sarebbe meglio non lasciare correre troppo la fantasia sul “dopo” e concentrarsi invece sul presente, sulla vita concreta che viviamo anziché su quella che ci attende. La domanda è affilata in quanto coglie un rischio concreto del cristianesimo, quello di essere così interessato alla risurrezione, alla vita dopo la morte, da dimenticare o svalutare la serietà della vita prima della morte. La risposta in questo caso potrebbe, un po’ provocatoriamente, suonare così: mi immagino qualcosa per sapere come vestirmi. Il riferimento è alla parabola riportata in Mt 22,1-14 . Il modo con cui i cristiani sanno qualcosa della vita eterna non deriva dal fatto che qualcuno dia testimonianza di sue personali esperienze pre-morte, e nemmeno dal fatto che immaginiamo o cerchiamo di immaginarci qualcosa, ma dall’esperienza concreta di vivere ora, nel battesimo, la sua morte. Chi vive ora con Cristo, nella sua vita e nella sua morte, attende di essere unito a lui anche nella risurrezione. È solo a partire da questa morte che ci possiamo immaginare la risurrezione, con gli occhi fissi sul crocifisso. 4 2 1Cor 2,2. . Fra i commensali invitati al banchetto eterno, raccolti per le strade all’ultimo momento, vi è uno che non indossa l’abito nuziale e per questo è gettato nelle tenebre! La risposta insomma dà ragione alla domanda. Non ci si immagina il futuro per “sapere cosa ci sarà” ma si immagina ciò che sarà per poter vivere meglio ora, per prepararsi fin da ora a ciò che ci attende. Il fatto che Gesù molto spesso utilizzi l’immagine del banchetto dovrebbe aiutarci a vivere meglio l’oggi. Quello che ci aspetta sarà un banchetto, una festa, eppure anche per questo bisogna prepararsi. Non si tratta di un tribunale o di un esame – e questo dovrebbe tranquillizzarci – ma di una festa. Ma anche alle feste è bene arrivare preparati. Chi arriva al ristorante pensando di essere alla corte di giustizia rischia di indossare il vestito, l’atteggiamento, sbagliato. 3 Col 2,12-13. In modo simile leggiamo Rm 6,3-5: «O non sapete che quanti siamo stati battezzati in Cristo Gesù, siamo stati battezzati nella sua morte? Per mezzo del battesimo dunque siamo stati sepolti insieme a lui nella morte affinché, come Cristo fu risuscitato dai morti per mezzo della gloria del Padre, così anche noi possiamo camminare in una vita nuova. Se infatti siamo stati intimamente uniti a lui a somiglianza della sua morte, lo saremo anche a somiglianza della sua risurrezione». 4 Mt 22,1-14«1 Gesù riprese a parlare loro con parabole e disse: 2 «Il regno dei cieli è simile a un re, che fece una festa di nozze per suo figlio.3 Egli mandò i suoi servi a chiamare gli invitati alle nozze, ma questi non volevano venire. - […] 10Usciti per le strade, quei servi radunarono tutti quelli che trovarono, cattivi e buoni, e la sala delle nozze si riempì di commensali. 11Il re entrò per vedere i commensali e lì scorse un uomo che non indossava l'abito nuziale. 12Gli disse: «Amico, come mai sei entrato qui senza l'abito nuziale?». Quello ammutolì. 13Allora il re ordinò ai servi: «Legatelo mani e piedi e gettatelo fuori nelle tenebre; là sarà pianto e stridore di denti». 14Perché molti sono chiamati, ma pochi eletti». 3 L’ultima domanda potrebbe essere infine «e allora cosa ci sarà dopo?». Ma a questo punto è la domanda ad essere sbagliata. Non si domanda «cosa ci sarà alla festa?» ma «chi ci sarà alla festa?». Non è un cosa che ci attende, ma un chi. Colui che ci sarà è colui che era, che è e che viene5 . Colui che ci attende non è un altro, un nuovo, uno sconosciuto. È il Figlio, lo stesso Figlio che abbiamo visto appeso alla croce e lo stesso Figlio che annunciamo come il crocifisso risorto. Da qui deriva il particolarissimo rapporto del cristianesimo con il tempo: colui che ci attende è colui che già è stato fra noi. La nostra terra è in grado di conoscere la salvezza? Certo che sì, perché la ha già conosciuta in Cristo, ed era la stessa nostra terra. Al punto che la nostra esclamazione non è tanto «Signore veniamo da te» quanto piuttosto «Maràna tha»6 , «Vieni, Signore Gesù»7 . La vita che sarà trasformata non è un’altra vita, non è un’altra terra, ma la stessa terra sulla quale già il Signore ha camminato, la stessa terra che attende non tanto di andare altrove, quanto piuttosto che egli ritorni. La terra non sarà un’altra terra e Dio non sarà un altro Dio. Guardare al crocifisso Il punto di accesso è dunque il crocifisso, il Cristo che muore in croce. Gli evangelisti hanno modi diversi di presentarci questa scena centrale, e questo è il motivo per cui nella storia l’immagine del crocifisso è mutata; il crocifisso di san Damiano, pacifico, sereno, glorioso, non è il Cristo sfigurato di Matthias Grünewald. Matteo ci presenta una scena terribile, con un terremoto e i morti che escono dalle tombe; di fronte a tutto questo il centurione esclama «Veramente costui era Figlio di Dio»8 La situazione che ci presenta Luca ha un tenore differente. Gesù è padrone della scena e, pur nel dolore, consola le donne, perdona coloro che lo crocifiggono, accoglie il buon ladrone. Gesù sembra morire nella pace, affidandosi al Padre – «Padre, nelle tue mani consegno il mio spirito» . Possiamo immaginarci, direi, lo stato psicologico che Matteo suggerisce per questo soldato romano, colpito dalle cose straordinarie che accadono intorno a lui. 9 - e di fronte a questo il centurione esclama: «Veramente quest’uomo era giusto»10 5 Cf. Ap 1,4-8; Ap 4,8 . Anche qui lo stato 6 1Cor 16,22 7 Ap 22,20 8 Mt 27,54 9 Lc 23,46 10 Lc 23,47 4 psicologico del centurione sembra essere chiaro: egli vede un uomo che nel dolore estremo non perde la capacità di amare, aiutare, affidarsi. La scena più cruda e più difficile è però quella presentata da Marco, ed è questa che vorrei approfondire. Straziato, nel buio, con un urlo incomprensibile «Gesù, dando un forte grido, spirò» 11. Il centurione, che qui non vede il terremoto e i morti usciti dalle tombe, e che non può sapere del velo del tempio squarciato, «avendolo visto spirare a quel modo, disse: “Davvero quest’uomo era Figlio di Dio”» 12 Quest’uomo, senza avere particolari nozioni di teologia o particolari interessi religiosi vede un uomo che muore da figlio. Non dice «veramente costui era Dio», infatti nessuno può semplicemente vedere Dio e riconoscerlo, come qualcuno che si è già incontrato prima. Non dice nemmeno «veramente Dio era suo padre», visto che qui il Padre di Gesù non ha fatto nulla per aiutarlo o per confortarlo. Quello che ha visto è il modo in cui quest’uomo straziato è morto, considerandosi figlio fino all’ultimo. Figlio di un Dio che lui, centurione romano, non conosceva. In buona sostanza ha visto un rapporto. E questo è qualcosa che noi possiamo in qualche modo immaginare. Può essere capitato a chiunque di noi di vedere qualcuno che, nella morte o in una grande prova, vive la sua sofferenza e la sua fine in rapporto con qualcuno: la moglie, i figli, un amico. Non importa se questa moglie e figli sono presenti o assenti, se sono empatici o indifferenti, noi possiamo vedere che quella persona viveva tutta se stessa nella relazione con questo “altro”. . Ma qui il centurione che cosa ha visto? Marco non accenna a nessun segno straordinario e non pare che si debba pensare ad una qualche intuizione mistica interiore o illuminazione del soldato. Cercare di comprendere questo sguardo può essere molto importante per capire come orientare il nostro stesso sguardo quando si rivolge al crocifisso – e a tutti i crocifissi della storia. A questo punto ci sono due piste possibili per cercare di approfondire lo sguardo del soldato. Egli può aver visto il rapporto con il Padre, sia pure un Padre assente, oppure il rapporto con i fratelli. Infatti si può affermare con la vita che Dio è Padre non solo quando ci si rifiuta di staccarsi da lui ma anche quando ci si rifiuta di staccarsi dai fratelli, quando si continua ad affermare, anche nella morte, che quelli lì, quelli che ti stanno ammazzando, abbandonando o deridendo, sono figli suoi. Dio è Padre anche loro, con tutto quello che stanno facendo. Il rapporto di Gesù con il Padre infatti condiziona anche i rapporti di Gesù con tutti gli altri, che di colpo, a prescindere da ciò che fanno o dicono, sono fratelli. Gesù e il Padre Gesù ha creduto nella relazione con suo Padre, tutta la sua vita era lì e tutta la sua vita è stata salvata da questa relazione. Eppure l’evidenza era contro di lui. Dio ti è Padre? E dove, visto che stai morendo solo senza che nessuno faccia niente, né il presunto Padre né i presunti fratelli? Gesù ha affidato tutto quello che era a questo rapporto, e proprio questo ha salvato tutto della sua vita. La risurrezione, alla quale volutamente non faccio che un accenno, sta a testimoniare proprio che Gesù ha avuto ragione: tutto era nel rapporto e tutto si è salvato nel rapporto. Veramente Dio è Padre. Tuttavia questo non basta. Nella croce di Cristo non si vede soltanto che Gesù ha dato tutto al Padre ma anche un qualcosa di molto più scandaloso, ovvero che il Padre «gli aveva dato tutto nelle 11 Mc 15,37 12 Mc 15,38 5 mani»13 Ci sono almeno due modi in cui Gesù avrebbe potuto rifiutare a Dio il nome di Padre, Padre di tutti. Il primo sarebbe stato quello di negarlo come proprio Padre, rifiutandosi di considerarsi Figlio. Il secondo, molto più insidioso, sarebbe stato quello di pregare suo Padre di mandare quelle dodici e più legioni di angeli che compaiono nel vangelo di Matteo . Non solo Gesù si è giocato tutto con il Padre, ma anche Dio Padre si è giocato tutto nell’essere Padre del Figlio. Dio Padre è legato in questa relazione da sempre e per sempre e in tutto. In questa morte il nome di Dio, il nome di Padre, è nelle mani di Gesù. In questa scena drammatica non c’è nessuna evidenza che Dio sia Padre e nessuno lo dice. Non Dio stesso, che tace, non gli apostoli, che fuggono, non Israele. Soltanto Gesù, unico, continua ad affermare contro ogni evidenza la relazione paterna con Dio. 14 Che cosa significa questo per la morte, per la nostra morte? Che colui che ci attende, se guardiamo al Cristo crocifisso, è Padre per sempre e Padre di tutti. Non c’è peccato o lontananza, o morte che possa cancellare questo nome, rivelato nella morte stessa di Cristo. . In questo modo Dio sarebbe stato Padre, ma solo Padre suo, e il primo dei fratelli avrebbe rifiutato gli altri. In questo caso Dio sarebbe certo stato Padre di Gesù ma non più Padre di tutti. Il nome di Dio sarebbe andato perduto e la terra, la nostra terra, non lo avrebbe potuto più chiamare «Padre nostro». Prima di trarre qualche conclusione in merito a colui che ci attende, è bene però analizzare anche l’altro aspetto di questo nome, ovvero il fatto che affermando che Dio è Padre, Gesù afferma allo stresso tempo che tutti siamo fratelli. Gesù e i fratelli Nella morte di Gesù, come ho cercato di mostrare, paternità e fratellanza si affermano insieme, e tuttavia non in modo pacifico. La sua morte sembra proprio mettere in tensione questi due aspetti come se si dovesse scegliere fra i due: o Padre di Gesù, o Padre nostro. Se fosse Padre di Gesù infatti, dovrebbe scagliarsi contro gli uomini che lo uccidono! Questo è un aspetto particolare della morte, il motivo per cui Paolo la chiama «l’ultimo nemico»15. Si tratta di un’esperienza abbastanza comune. Quando tutto funziona infatti, il morente, i suoi amici e Dio stesso stanno tutti schierati dalla stessa parte, contro la morte. Insieme affermano che la morte non può rompere i legami non può metterci l’uno contro l’altro e nemmeno contro Dio. Quando tutto funziona, in questa relazione noi possiamo spezzare il pungiglione della morte16 È in fondo la stessa scelta che deve prendere Gesù stesso di fronte alla morte che i suoi “fratelli” gli stanno infliggendo. Da che parte stare? Con noi contro Dio oppure con Dio contro di . Tuttavia il potere della morte è proprio quello di metterci contro Dio: la morte diventa lo sfondo che porta il morente contro Dio o il morente contro gli altri. L’esempio più chiaro è quello di Giobbe, il quale, colpito dalla morte, grida contro Dio e si ritrova contro i suoi amici, i quali, per difendere il buon nome di Dio, si mettono contro di lui. Non è un’esperienza rara: di fronte ad un grande dolore capita di vedere le persone scagliarsi disperate contro Dio. Chi sta accanto non sa cosa fare. Da che parte si deve stare? Assieme al fratello contro Dio o assieme a Dio contro il fratello? 13 Gv 13,3; cf. Gv 16,15 14 Cf. Mt 26,52-54: «52Allora Gesù gli disse: «Rimetti la tua spada al suo posto, perché tutti quelli che prendono la spada, di spada moriranno. 53O credi che io non possa pregare il Padre mio, che metterebbe subito a mia disposizione più di dodici legioni di angeli? 54Ma allora come si compirebbero le Scritture, secondo le quali così deve avvenire?». 15 1Cor 15,26 16 1Cor 15,55 6 noi. Non si tratta soltanto di decidere cosa fare ma molto più radicalmente di decidere quale è il nome di Dio. Nella croce infatti è come se i due nomi di Dio – Signore e Padre – si mettessero l’uno contro l’altro. Se Dio è Signore, allora che vengano le legioni di angeli e sterminino i fratelli; se Dio è Padre, allora si dovrà dare la vita per loro, fino ad essere contro Dio, fino ad essere «fatto peccato»17 Una scelta simile è toccata anche a Mosé, quando, appena prima di entrare nella terra promessa, di fronte all’ennesima stupidaggine del popolo, Dio gli fa la più terribile fra le proposte: abbandonare alla rovina il popolo per stare solo con lui: «Io lo colpirò con la peste e lo escluderò dall'eredità, ma farò di te una nazione più grande e più potente di lui» . 18 La domanda è chiara: quando, di fronte al morso della morte, tuo fratello e Dio sono l’uno contro l’altro, tu, dove devi stare? La risposta è tanto chiara quanto sconcertante: si deve stare, per Dio Padre, con il proprio fratello, anche “contro” Dio. Non si tratta, è ovvio, di una formula semplicistica ma del cuore scandaloso della croce, sul quale bisogna continuamente tornare per comprenderne la portata e cercare di capire in che modo questa parola possa diventare vita per coloro che sono nella morte. È una sfida da affrontare se non si vuole correre il rischio di trovarsi nella posizione degli amici di Giobbe, i quali, dopo quaranta capitoli passati a difendere le ragioni di Dio contro il bestemmiatore Giobbe, vengono duramente ripresi da Dio stesso per non aver detto «cose rette» di Dio stesso . 19 Anche qui infatti, si tratta di decidere del nome di Dio, della sua paternità. Attenzione: non della propria figliolanza, del proprio rapporto personale con Dio. Non è questo al centro della sfida. Si tratta di un centro teologico, che chiede quale sia non il proprio nome, ma quello di Dio. Si tratta di capire se al centro c’è il proprio rapporto con Dio oppure il suo nome di Padre. . I fratelli che, per Dio, si mettono contro i fratelli, non stanno facendo la cosa che Dio si aspetta. La scelta di Mosè e di Gesù è stata quella di stare con i fratelli-peccatori e pagare molto caro, con loro, la fedeltà all’amore di Dio. Per dirla in modo radicale si potrebbe affermare che il banco di prova della paternità non è la paternità stessa ma la fratellanza. Non si difende il nome di Dio Padre parlando di lui ma parlando dei propri fratelli, sui figli. Per questo Giovanni afferma «Se uno dice: “Io amo Dio” e odia suo fratello, è un bugiardo. Chi infatti non ama il proprio fratello che vede, non può amare Dio che non vede»20. Non si tratta di decidere in che ordine di tempo si deve amare, ma di chi sia Dio. Chi afferma di amare Dio, o che Dio gli è Padre, potrebbe in fondo star dicendo qualcosa del genere: «siccome io sono buono – grazie al fatto che io valgo – Dio mi è Padre»21 17 Cf. 2Cor 5,21 . Chi invece ama il proprio fratello, anche quando è ingiusto, peccatore, nemico, sta affermando senza mezzi termini che Dio è Padre di tutti, anche di quello lì. Si crede che Dio è Padre quando si riconosce che Dio è Padre del peccatore; a questo punto diventa vero che è anche Padre di me che sono un peccatore. La 18 Nm 14,12 19 Cf. Gb 42, 7-9 20 1Gv 4,20 21 Cf. Lc 18,9-14: «9 Disse ancora questa parabola per alcuni che avevano l'intima presunzione di essere giusti e disprezzavano gli altri: 10«Due uomini salirono al tempio a pregare: uno era fariseo e l'altro pubblicano. 11Il fariseo, stando in piedi, pregava così tra sé: «O Dio, ti ringrazio perché non sono come gli altri uomini, ladri, ingiusti, adùlteri, e neppure come questo pubblicano. 12Digiuno due volte alla settimana e pago le decime di tutto quello che possiedo». 13Il pubblicano invece, fermatosi a distanza, non osava nemmeno alzare gli occhi al cielo, ma si batteva il petto dicendo: «O Dio, abbi pietà di me peccatore». 14Io vi dico: questi, a differenza dell'altro, tornò a casa sua giustificato, perché chiunque si esalta sarà umiliato, chi invece si umilia sarà esaltato». 7 sua paternità infatti non dipende da me, come non dipende da me la fratellanza, ma dal suo stesso nome. Per la Chiesa, per noi tutti, trovare l’equilibrio non è semplice. Continuamente si deve avere la forza di chiamare il peccato con il suo nome, senza facili sconti, e allo stesso tempo non ci si può mai porre contro il peccatore, meno che mai pensando di fare un favore a Dio. Chi incontrerò Sulla vita dopo la morte in fondo i cristiani sanno soltanto questo: Cristo crocifisso. Ovvero che Dio è Padre, ci è Padre e noi siamo fratelli. Cosa ci attende dunque? Il Padre. È questo volto di Dio rivelato dal Cristo che dà forma alla morte – e alla vita – cristiana, in un misto di fiducia e tremore. Certamente l’atteggiamento profondo del cristiano di fronte alla morte può essere la fiducia: se Dio è Padre, chi mi accuserà? Se gli altri mi sono fratelli, chi mi odierà? Dal padre e dai fratelli l’amore non è solo gratuito, si può anche pretendere! E quindi, se Dio vuole dirsi Padre, io posso pretendere che si occupi di me con amore e perdono. Con le parole di Paolo possiamo esclamare: «Se Dio è per noi, chi sarà contro di noi? […] Dio è colui che giustifica! Chi condannerà?» 22 Vi è però anche un aspetto inquietante in questa paternità. La mia vita sarà presentata ad un padre. Nel fallimento può essere più difficile incontrare il volto di chi ci ama che non un volto estraneo, indifferente, o nessun volto. Invece la nostra vita, il nostro volto, non è indifferente per Dio. Questo ci affida una responsabilità, una libertà straordinaria. È questa la chiave per comprendere la parabola dei talenti . La fiducia non sta nel fatto di credere di possedere un’amina immortale o nell’amore che si è vissuto, dato e ricevuto. La fiducia sta nel fatto che Dio si è rivelato, in Cristo, come Padre. 23 Vi è però un secondo aspetto di inquietudine. In fondo se il gioco si risolvesse fra ciascuno e il suo Dio, da solo a solo, si potrebbe anche stare tranquilli. Con il Padre, prima o poi, un accordo si troverà. L’aspetto duro del cristianesimo sta invece nel fatto che la paternità eterna di Dio ci invita alla fratellanza eterna. Di fronte al Dio che è Padre si può stare solo come fratelli. . Per quale motivo il padrone sembra accanirsi contro il povero servo che aveva un solo talento e non lo ha fatto fruttare? Questo interesse si capisce molto bene se si coglie lo sguardo del Padre e non del padrone. Un padrone può accettare che un servo faccia poco, se nel complesso ci guadagna. Un Padre invece non può fare la media: se ha due figli di cui uno riesce nella vita e uno si perde non può dire di esserci uscito pari. Se un figlio si perde non c’è pace. Se un figlio non vive, nasconde i suoi talenti sotto terra – per un Padre – è un fatto gravissimo. Quindi lo sguardo che ci attende è uno sguardo che al nostro volto, al nostro nome, a ciò che siamo stati, ci tiene, più di quanto ci teniamo noi stessi. Questo non è il giudizio di un tribunale ma è il giudizio – per certi versi più duro – dell’amore del Padre. 22 Rm 8,31-39: «31Che diremo dunque di queste cose? Se Dio è per noi, chi sarà contro di noi? 32Egli, che non ha risparmiato il proprio Figlio, ma lo ha consegnato per tutti noi, non ci donerà forse ogni cosa insieme a lui?33Chi muoverà accuse contro coloro che Dio ha scelto? Dio è colui che giustifica! 34Chi condannerà? Cristo Gesù è morto, anzi è risorto, sta alla destra di Dio e intercede per noi! 35Chi ci separerà dall'amore di Cristo? Forse la tribolazione, l'angoscia, la persecuzione, la fame, la nudità, il pericolo, la spada?36Come sta scritto: Per causa tua siamo messi a morte tutto il giorno, siamo considerati come pecore da macello. 37Ma in tutte queste cose noi siamo più che vincitori grazie a colui che ci ha amati. 38Io sono infatti persuaso che né morte né vita, né angeli né principati, né presente né avvenire, né potenze,39né altezza né profondità, né alcun'altra creatura potrà mai separarci dall'amore di Dio, che è in Cristo Gesù, nostro Signore.» 23 Mt 25,14-30 8 A questo punto, fra paternità e fratellanza, mi pare sia abbastanza chiaro «chi ci attende» Ci attende il Padre – con il Figlio e lo Spirito – e ci attendiamo l’un l’altro, noi fratelli. Questo destino non dipende da come è stato “organizzato” l’aldilà, ma dal nome di Dio Padre. Non è letteralmente corretto dire che Dio «ama i buoni e odia i cattivi». Dio, che è Padre ed è amore, ama. Non ci sono due destini per gli uomini così come non ci sono due volti di Dio – l’uno buono e l’altro irato. Questo significa forse che non c’è giudizio e non ci sono inferno e purgatorio? No, significa che questi temi tradizionali del cristianesimo devono essere compresi correttamente, per non stravolgere il nome di Dio e trasformarlo da Padre a Giudice. C’è un giudizio, come ho cercato di mostrare, ma è il giudizio dell’amore paterno e fraterno; c’è l’inferno, ma non si tratta di una prigione in cui vengono gettati i cattivi; c’è il purgatorio, ma non è il dazio da pagare ad un esattore delle tasse; infine c’è il paradiso, ma non è una ricompensa che si guadagnano i migliori. Ciò a cui siamo destinati, o meglio ciò a cui siamo predestinati, è la figliolanza, l’amore, il banchetto del paradiso. Paolo è chiaro a questo proposito: c’è una sola predestinazione, quella di essere «figli adottivi» 24 Per coloro che hanno vissuto tutta la vita cercando di vivere da figli e da fratelli, ci sarà la gioia di scoprire che ciò che li attende è il Regno del Padre e dei fratelli. L’attesa di una vita che si compie. Anche per coloro che hanno vissuto tutta la vita nell’odio (e per fortuna sono abbastanza rari) ciò che li attende è questo, l’abbraccio del Padre e dei fratelli. Non c’è un posto diverso, una sorta di prigione lontana destinata ai cattivi. Questa è un’immagine che può essere usata, ma se presa alla lettera diventa mitologica ed errata, in quanto contraddice la parola della croce, che dice che nessun peccato, nessuna morte, nessuna rivolta è lontana da Dio. Nessun luogo e nessuna persona, nella morte di Cristo, può sentirsi lontana. Nessun peccatore è abbandonato nell’abbandono del Figlio. Anche il peccatore è amato, solo che l’amore di cui si parla non è smidollato, è l’amore forte di Dio, che continua ad amare anche chi non vuole, anche chi percepisce questo abbraccio come una pena. Non so se l’immagine possa funzionare – sempre di immagini si tratta – ma direi che l’inferno è la condizione per cui, colui che non vuole amare ed essere amato, scopre suo malgrado che non esiste altro luogo che l’amore, che in Dio c’è posto per lui ma non c’è posto per l’odio. Se lui sceglie di odiare eternamente non sarà distrutto, ma eternamente sarà amato, perché Dio è amore. Paradiso e inferno non sono dunque azioni diverse di Dio ma l’effetto che – la stessa carezza – fa sulla pelle di chi la desidera e di chi non la desidera. . Questo è ciò che ci è stato preparato, questo è ciò che è stato pensato per noi, questo è quello che riceveremo. La maggioranza di noi, credo, se guarda alla propria vita, si rende conto che non è né in una condizione né nell’altra. Non rifiutiamo l’amore ma nemmeno sappiamo starci di fronte. Se la mia vita dovesse essere posta di colpo sotto lo sguardo veritiero e amorevole di Dio e dei miei fratelli, ci sono molte cose, grandi e piccole, che mi risulterebbero difficili, sgradevoli e dolorose. L’amore sulla mia pelle, spogliata delle piccole menzogne e ombre che la coprono ora, potrebbe bruciare come vampa di fuoco e fiamma viva25. Il purgatorio, di cui bisogna riconoscere che non c’è traccia nel Nuovo Testamento, cerca di esprimere proprio questa idea e questa speranza. Ci sarà lasciato del tempo per abituarci alla carezza di Dio, che all’inizio ci potrebbe quasi ferire. E questa è invece un’idea ben radicata nel Vangelo dove è chiaro che il Padre non è – solo – colui che «brucerà la paglia in un fuoco inestinguibile»26 24 Cf. Ef 1,3-14 , come annunciava Giovanni il Battista, ma molto di più colui 25 Cf. Ct 8,6 26 Mt 3, 12 9 che «non spezzerà una canna incrinata, non spegnerà uno stoppino dalla fiamma smorta»27. L’amore annunciato sulla croce del Figlio è capace di accogliere la debolezza e lasciare tutto il tempo e lo spazio che serve affinché i fratelli imparino ad amarsi come fratelli e, in questo, riconoscere che Dio è Padre. 27 Is 42,3