San Martino di Tours Vescovo
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Sabaria (ora Szombathely, Ungheria), 316-317 - Candes (Indre-et-Loire, Francia), 8 novembre 397
Nasce in Pannonia (oggi in Ungheria)
a Sabaria da pagani. Viene istruito sulla dottrina cristiana ma non
viene battezzato. Figlio di un ufficiale dell'esercito romano, si
arruola a sua volta, giovanissimo, nella cavalleria imperiale, prestando
poi servizio in Gallia. È in quest'epoca che si colloca l'episodio
famosissimo di Martino a cavallo, che con la spada taglia in due il suo
mantello militare, per difendere un mendicante dal freddo. Lasciato
l'esercito nel 356, già battezzato forse ad Amiens, raggiunge a Poitiers
il vescovo Ilario che lo ordina esorcista (un passo verso il
sacerdozio). Dopo alcuni viaggi Martino torna in Gallia, dove viene
ordinato prete da Ilario. Nel 361 fonda a Ligugé una comunità di asceti,
che è considerata il primo monastero databile in Europa. Nel 371 viene
eletto vescovo di Tours. Per qualche tempo, tuttavia, risiede nell'altro
monastero da lui fondato a quattro chilometri dalla città, e chiamato
Marmoutier. Si impegna a fondo per la cristianizzazione delle campagne.
Muore a Candes nel 397. (Avvenire)Patronato: Mendicanti Etimologia: Martino = dedicato a Marte Emblema: Bastone pastorale, Globo di fuoco, Mantello Martirologio Romano: Memoria di san Martino, vescovo, nel giorno della sua deposizione: nato da genitori pagani in Pannonia, nel territorio dell’odierna Ungheria, e chiamato al servizio militare in Francia, quando era ancora catecumeno coprì con il suo mantello Cristo stesso celato nelle sembianze di un povero. Ricevuto il battesimo, lasciò le armi e condusse presso Ligugé vita monastica in un cenobio da lui stesso fondato, sotto la guida di sant’Ilario di Poitiers. Ordinato infine sacerdote ed eletto vescovo di Tours, manifestò in sé il modello del buon pastore, fondando altri monasteri e parrocchie nei villaggi, istruendo e riconciliando il clero ed evangelizzando i contadini, finché a Candes fece ritorno al Signore. |
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Quattromila chiese dedicate a lui in Francia, e il suo nome dato a migliaia di paesi e villaggi; come anche in Italia, in altre parti d’Europa e nelle Americhe: Martino il supernazionale. Nasce in Pannonia (che si chiamerà poi Ungheria) da famiglia pagana, e viene istruito sulla dottrina cristiana quando è ancora ragazzo, senza però il battesimo. Figlio di un ufficiale dell’esercito romano, si arruola a sua volta, giovanissimo, nella cavalleria imperiale, prestando poi servizio in Gallia. E’ in quest’epoca che può collocarsi l’episodio famosissimo di Martino a cavallo, che con la spada taglia in due il suo mantello militare, per difendere un mendicante dal freddo. Lasciato l’esercito nel 356, raggiunge a Poitiers il dotto e combattivo vescovo Ilario: si sono conosciuti alcuni anni prima. Martino ha già ricevuto il battesimo (probabilmente ad Amiens) e Ilario lo ordina esorcista: un passo sulla via del sacerdozio. Per la sua posizione di prima fila nella lotta all’arianesimo, che aveva il sostegno della Corte, il vescovo Ilario viene esiliato in Frigia (Asia Minore); e quanto a Martino si fatica a seguirne la mobilità e l’attivismo, anche perché non tutte le notizie sono ben certe. Fa probabilmente un viaggio in Pannonia, e verso il 356 passa anche per Milano. Più tardi lo troviamo in solitudine alla Gallinaria, un isolotto roccioso davanti ad Albenga, già rifugio di cristiani al tempo delle persecuzioni. Di qui Martino torna poi in Gallia, dove riceve il sacerdozio dal vescovo Ilario, rimpatriato nel 360 dal suo esilio. Un anno dopo fonda a Ligugé (a dodici chilometri da Poitiers) una comunità di asceti, che è considerata il primo monastero databile in Europa. Nel 371 viene eletto vescovo di Tours. Per qualche tempo, tuttavia, risiede nell’altro monastero da lui fondato a quattro chilometri dalla città, e chiamato Marmoutier. Di qui intraprende la sua missione, ultraventennale azione per cristianizzare le campagne: per esse Cristo è ancora "il Dio che si adora nelle città". Non ha la cultura di Ilario, e un po’ rimane il soldato sbrigativo che era, come quando abbatte edifici e simboli dei culti pagani, ispirando più risentimenti che adesioni. Ma l’evangelizzazione riesce perché l’impetuoso vescovo si fa protettore dei poveri contro lo spietato fisco romano, promuove la giustizia tra deboli e potenti. Con lui le plebi rurali rialzano la testa. Sapere che c’è lui fa coraggio. Questo spiega l’enorme popolarità in vita e la crescente venerazione successiva. Quando muore a Candes, verso la mezzanotte di una domenica, si disputano il corpo gli abitanti di Poitiers e quelli di Tours. Questi ultimi, di notte, lo portano poi nella loro città per via d’acqua, lungo i fiumi Vienne e Loire. La sua festa si celebrerà nell’anniversario della sepoltura, e la cittadina di Candes si chiamerà Candes-Saint-Martin. Autore: Domenico Agasso |
Vorrei conoscere la Bibbia a memoria,conoscere il greco,il latino e pure l' aramaico,ma nulla di tutto questo mi è stato donato. Quello che al Signore è piaciuto donarmi, è una grande voglia di parlargli e di ascoltarlo.Logorroica io e taciturno Lui,ma mentre io ho bisogno di parole,Lui si esprime meglio a fatti.Vorrei capire perchè questo bisogno si tramuta in scrivere, e sento che è un modo semplice,delicato e gratuito di mettere al centro la mia relazione con Dio.
domenica 10 novembre 2013
SANTI é BEATI :
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(Lc 17,1-6) Se sette volte ritornerà a te dicendo: Sono pentito, tu gli perdonerai.
VANGELO
(Lc 17,1-6) Se sette volte ritornerà a te dicendo: Sono pentito, tu gli perdonerai.
+ Dal Vangelo secondo Luca
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli:«È inevitabile che vengano scandali, ma guai a colui a causa del quale vengono. È meglio per lui che gli venga messa al collo una macina da mulino e sia gettato nel mare, piuttosto che scandalizzare uno di questi piccoli. State attenti a voi stessi! Se il tuo fratello commetterà una colpa, rimproveralo; ma se si pentirà, perdonagli. E se commetterà una colpa sette volte al giorno contro di te e sette volte ritornerà a te dicendo: “Sono pentito”, tu gli perdonerai».Gli apostoli dissero al Signore: «Accresci in noi la fede!». Il Signore rispose: «Se aveste fede quanto un granello di senape, potreste dire a questo gelso: “Sràdicati e vai a piantarti nel mare”, ed esso vi obbedirebbe».
LA MIA RIFLESSIONE
PREGHIERA
Vieni o Santo Spirito di Dio, guidami attraverso la tua parola nella conoscenza del cammino da percorrere per seguirti e non smarrire le tue tracce.
I primi discepoli di Gesù potevano sposarsi ed avere figli, ma non dovevano dare scandalo,anche se inevitabilmente gli scandali ci sarebbero stati, anche Gesù avverte di questo, perché è insito nella natura umana trasgredire alle regole.
Ma Dio è misericordioso e capisce, ha sempre una grande attenzione per il peccatore, ma anche se per perdonarlo ha bisogno del suo pentimento, ci invita a fare altrettanto. Noi ci rendiamo conto che è molto quello che ci chiede, ma forse dimentichiamo le parole che ci ha insegnato nel Padre Nostro: RIMETTI A NOI I NOSTRI DEBITI, COME NOI LI RIMETTIAMO AI NOSTRI DEBITORI- ed allora, invece di accettare sempre solo quello che ci fa comodo, pensiamo bene a quello che facciamo, e se abbiamo giustamente paura di non riuscire, facciamo come i suoi discepoli e preghiamo: Signore accresci in noi la fede!-
Gli scandali sono all’ ordine del Giorno, perché a volte chi dovrebbe guidare il gregge si perde nel peccato e nel vizio, si sottomette ad altri dei, come l’ apparire e il potere, la corruzione e la disobbedienza, ma vi esorto amici cristiani a non farvi ingannare da queste cose, perché mentre molti figli si allontanano e incolpano i loro pastori, dobbiamo ricordare di guardare ad un unico pastore che è Gesù Cristo; l’ unico che non ha mai sbagliato nulla e che ha sempre fatto il volere di Dio Padre e pregare per chi si perde, perché siamo tutti membra dello stesso corpo e del corpo di Cristo.Il perdono per i figli di Dio non è un optional, non è una scelta facoltativa, ma è parte integrante del cammino di fede. Ci sono cose,anche non molto gravi,che però non ci riesce di superare, di perdonare. Spesso ci sentiamo delusi, sconcertati, e il nostro orgoglio ci impedisce di fare il primo passo.Continuiamo a soffrire aspettando che sia l'altro a farsi avanti,a fare il primo passo....quando basterebbe pensare che noi non siamo capaci di perdonare,ma che chiediamo a Dio di perdonare la persona che ci ha ferito, con tutto il cuore e, quando sentiremo salire un po' di risentimento, preghiamo per quella persona, perchè sentire non significa acconsentire.
Ci vuole fede per perdonare sempre, ma è quello che Gesù ci chiede, anche se a volte abbiamo l’impressione di essere presi in giro da chi continua a sbagliare contro di noi, ad offenderci in qualche modo e che poi magari ci chiede scusa per poi risbagliare nuovamente. Gesù non da un limite al perdono, ma ci chiede di farlo SEMPRE e di avere fede nella capacità di questo gesto di cambiare le persone … e ce ne vuole di fede !. Specialmente nella società in cui viviamo dove sempre più frequentemente guardiamo gli altri con diffidenza. Gesù ci chiama ad essere testimoni del perdono capaci di amare e guardare con misericordia chi sbaglia, anche perchè infondo noi stessi per primi abbiamo sbagliato e siamo stati perdonati.
Nella nostra società se perdoni, se non guardi con disprezzo chi ti ha trattato male sei considerato uno stolto, un debole, un perdente, ma credo valga la pena essere considerati così, perchè c’è in premio una vita sicuramente migliore rispetto ad una passata vivendo nel rancore. Portando con se rabbia, incapacità di perdonare questo mondo non migliorerà mai. Ognuno di noi nel proprio piccolo è chiamato ad essere messaggero di pace e perdono.
Rendici capaci Signore di non dimenticare mai che noi per primi abbiamo commesso errori e siamo stati perdonati e aiutaci ad aumentare la nostra capacità di perdonare.
(Lc 17,1-6) Se sette volte ritornerà a te dicendo: Sono pentito, tu gli perdonerai.
+ Dal Vangelo secondo Luca
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli:«È inevitabile che vengano scandali, ma guai a colui a causa del quale vengono. È meglio per lui che gli venga messa al collo una macina da mulino e sia gettato nel mare, piuttosto che scandalizzare uno di questi piccoli. State attenti a voi stessi! Se il tuo fratello commetterà una colpa, rimproveralo; ma se si pentirà, perdonagli. E se commetterà una colpa sette volte al giorno contro di te e sette volte ritornerà a te dicendo: “Sono pentito”, tu gli perdonerai».Gli apostoli dissero al Signore: «Accresci in noi la fede!». Il Signore rispose: «Se aveste fede quanto un granello di senape, potreste dire a questo gelso: “Sràdicati e vai a piantarti nel mare”, ed esso vi obbedirebbe».
LA MIA RIFLESSIONE
PREGHIERA
Vieni o Santo Spirito di Dio, guidami attraverso la tua parola nella conoscenza del cammino da percorrere per seguirti e non smarrire le tue tracce.
I primi discepoli di Gesù potevano sposarsi ed avere figli, ma non dovevano dare scandalo,anche se inevitabilmente gli scandali ci sarebbero stati, anche Gesù avverte di questo, perché è insito nella natura umana trasgredire alle regole.
Ma Dio è misericordioso e capisce, ha sempre una grande attenzione per il peccatore, ma anche se per perdonarlo ha bisogno del suo pentimento, ci invita a fare altrettanto. Noi ci rendiamo conto che è molto quello che ci chiede, ma forse dimentichiamo le parole che ci ha insegnato nel Padre Nostro: RIMETTI A NOI I NOSTRI DEBITI, COME NOI LI RIMETTIAMO AI NOSTRI DEBITORI- ed allora, invece di accettare sempre solo quello che ci fa comodo, pensiamo bene a quello che facciamo, e se abbiamo giustamente paura di non riuscire, facciamo come i suoi discepoli e preghiamo: Signore accresci in noi la fede!-
Gli scandali sono all’ ordine del Giorno, perché a volte chi dovrebbe guidare il gregge si perde nel peccato e nel vizio, si sottomette ad altri dei, come l’ apparire e il potere, la corruzione e la disobbedienza, ma vi esorto amici cristiani a non farvi ingannare da queste cose, perché mentre molti figli si allontanano e incolpano i loro pastori, dobbiamo ricordare di guardare ad un unico pastore che è Gesù Cristo; l’ unico che non ha mai sbagliato nulla e che ha sempre fatto il volere di Dio Padre e pregare per chi si perde, perché siamo tutti membra dello stesso corpo e del corpo di Cristo.Il perdono per i figli di Dio non è un optional, non è una scelta facoltativa, ma è parte integrante del cammino di fede. Ci sono cose,anche non molto gravi,che però non ci riesce di superare, di perdonare. Spesso ci sentiamo delusi, sconcertati, e il nostro orgoglio ci impedisce di fare il primo passo.Continuiamo a soffrire aspettando che sia l'altro a farsi avanti,a fare il primo passo....quando basterebbe pensare che noi non siamo capaci di perdonare,ma che chiediamo a Dio di perdonare la persona che ci ha ferito, con tutto il cuore e, quando sentiremo salire un po' di risentimento, preghiamo per quella persona, perchè sentire non significa acconsentire.
Ci vuole fede per perdonare sempre, ma è quello che Gesù ci chiede, anche se a volte abbiamo l’impressione di essere presi in giro da chi continua a sbagliare contro di noi, ad offenderci in qualche modo e che poi magari ci chiede scusa per poi risbagliare nuovamente. Gesù non da un limite al perdono, ma ci chiede di farlo SEMPRE e di avere fede nella capacità di questo gesto di cambiare le persone … e ce ne vuole di fede !. Specialmente nella società in cui viviamo dove sempre più frequentemente guardiamo gli altri con diffidenza. Gesù ci chiama ad essere testimoni del perdono capaci di amare e guardare con misericordia chi sbaglia, anche perchè infondo noi stessi per primi abbiamo sbagliato e siamo stati perdonati.
Nella nostra società se perdoni, se non guardi con disprezzo chi ti ha trattato male sei considerato uno stolto, un debole, un perdente, ma credo valga la pena essere considerati così, perchè c’è in premio una vita sicuramente migliore rispetto ad una passata vivendo nel rancore. Portando con se rabbia, incapacità di perdonare questo mondo non migliorerà mai. Ognuno di noi nel proprio piccolo è chiamato ad essere messaggero di pace e perdono.
Rendici capaci Signore di non dimenticare mai che noi per primi abbiamo commesso errori e siamo stati perdonati e aiutaci ad aumentare la nostra capacità di perdonare.
sabato 9 novembre 2013
VOCE DI SAN PIO :
-" Non solo non trovo a ridire che tu nel
ripartire da Casacalenda restituisca le visite alle tue conoscenti, ma
lo trovo doverosissimo. La pietà è utile a tutto e si adatta a tutto, a
seconda delle circostanze, meno che a ciò che dicesi peccato.
Restituisci pure le visite e ne avrai anche il premio dell’ubbidienza e
la benedizione del Signore." (Epist. III, p. 427)
SANTI é BEATI :
- Sant' Andrea Avellino Sacerdote
10 novembre
Castronuovo, Potenza, 1521 - Napoli, 10 novembre 1608
Nacque a Castronuovo (Pz) nel 1521 e fu chiamato Lancellotto. Ordinato sacerdote nel 1545, nell'ottobre 1547 si trasferì a Napoli per frequentare la facoltà di diritto di quella Università. Ebbe come direttore spirituale il teatino, futuro beato, padre Giovanni Marinonio. Nel 1556 vestì l'abito dei Teatini di San Paolo Maggiore di Napoli, cambiando il suo nome di battesimo con quello dell'Apostolo della croce. Dal 1560 al 1570 fu maestro dei novizi della casa di San Paolo Maggiore. Preposto della stessa casa dal 1566 al 1569 vi istituì il primo studio teologico dell'Ordine, che volle informato dal pensiero di San Tommaso. Tra il 1570 e il 1582 operò tra Milano e Piacenza presso le case dei Teatini nei due centri. Andrea fu poi a Napoli dove si fece conoscere per la sua saggezza e il suo ruolo di mediatore nei conflitti che dividevano la città. Morì nel 1608. (Avvenire)
Etimologia: Andrea = virile, gagliardo, dal greco
Martirologio Romano: A Napoli, sant’Andrea Avellino, sacerdote della Congregazione dei Chierici regolari, che, insigne per la sua santità di vita e la sollecitudine per la salvezza del prossimo, si impegnò in un arduo voto di perfezionamento quotidiano nelle virtù e, ricco di meriti, morì santamente ai piedi dell’altare.
Nacque da Giovanni Avellino e da Margherita Apelli, e fu chiamato Lancellotto. Avviato agli studi da uno zio arciprete, li compì nella vicina Senise, esercitandosi fin d'allora nell'apostolato catechistico fra i giovani del luogo. Ordinato sacerdote nel 1545, nell'ottobre 1547 si trasferì a Napoli per frequentare la facoltà di diritto di quella Università, dove si laureò in utroque iure. Avendo nel 1548 praticato gli esercizi spirituali sotto la direzione del gesuita p. Laínez, si diede a una vita di più intensa spiritualità, nella quale fu saggiamente diretto dal teatino, futuro beato p. Giovanni Marinonio (1490- 1562). Avvocato ecclesiastico presso quella curia arcivescovile, abbandonò il foro in seguito a una menzogna sfuggitagli durante una arringa, fatto questo che lo amareggiò profondamente.
Nel 1551 gli fu affidata da mons. Scipione Rebiba, vicario generale di Napoli, la riforma del tristemente noto monastero femminile di S. Arcangelo di Baiano: egli intraprese tale missione con zelo e fermezza, imponendovi severa clausura e tenendovi il quaresimale e le omelie negli anni 1553 e 1554. Essendo, però, mal sopportata la sua opera riformatrice da chi aveva loschi interessi nel monastero, fu ripetutamente aggredito e, nel 1556, gravemente ferito da un sicario. Guarito quasi miracolosamente, chiese e ottenne, nel novembre di quello stesso anno, di vestire l'abito tra i Teatini di S. Paolo Maggiore di Napoli, cambiando allora il suo nome di battesimo con quello dell'Apostolo della croce. Maestro di noviziato fu lo stesso p. Marinonio e suo compagno il futuro cardinale e beato Paolo Burali d'Arezzo. Professò solennemente il 25 gennaio 1558, aggiungendo in seguito ai tre voti della vita religiosa altri due, cioè, di contrariare sempre la propria volontà e di progredire incessantemente, nella misura delle proprie forze, verso la perfezione.
Nel 1559 fece un pio pellegrinaggio a Roma, dove fu ricevuto da Paolo IV, fondatore, insieme con s. Gaetano Thiene, dei Chierici Regolari (1524). Nel 1560 fu nominato rnaestro dei novizi della casa di S. Paolo Maggiore, carica che tenne per dieci anni. Furono suoi discepoli spirituali alcuni dei più illustri Teatini del suo tempo, fra i quali va ricordato il ven. Lorenzo Scupoli, autore del trattato Il combattimento spirituale. Preposto della stessa casa dal 1566 al 1569 vi istituì il primo studio teologico dell'Ordine, che volle informato alle dottrine dell'Aquinate.
Nel 1570 fu eletto vicario della casa che i Teatini avevano aperto a Milano, presso S. Calimero,dietro invito di s. Carlo Borromeo, il quale, come ricorda il Martirologio di p. P. Bosco `(3 febb.), accolse amorevolmente A., uscendogli incontro fuori Porta Romana. In breve egli divenne il direttore spirituale preferito dalla migliore nobiltà milanese nel nuovo assetto dato dal Borromeo alla Chiesa ambrosiana, secondo lo spirito del Concilio Tridentino. Nel magg. 1571 fu trasferito a Piacenza come preposto della nuova casa che in S. Vincenzo aveva fondato in quello stesso mese il vescovo Paolo Burali d'Arezzo.
Essendosi incontrato a Genova con la mistica agostiniana suor Battistina Vernazza, figlia di Ettore, l'ispiratore degli Ospedali degli Incurabili, e avendole esposto il desiderio di ritirarsi dall'attività apostolica, ne fu da lei dissuaso. Nell'apr. di quello stesso anno A. fu eletto preposto di S. Antonio di Milano e nel 1581 ancora di S. Vincenzo di Piacenza.
Nel magg. 1582, dopo dieci anni di apostolato nella Lombardia, egli ritornò a Napoli, dove visse fino alla morte. Qui riprese la sua instancabile attività predicando, scrivendo e guidando quanti fiduciosi a lui si rivolgevano.
Eletto nel 1584 e riconfermato nell'anno successivo, A. fu preposto contemporaneamente delle due case che l'Ordine aveva allora in Napoli, quella di S. Paolo Maggiore e quella dei SS. Apostoli. Nei tumulti avvenuti nel magg. 1585, in cui fu trucidato G. V. Starace, « eletto della plebe », ritenuto responsabile della carestia che affliggeva allora la città, A. fece opera di pacificazione e mise anche a disposizione dei più bisognosi le risorse della sua famiglia religiosa. Essendo stato nel 1593 assassinato suo nipote Francesco, A. non solo perdonò l'uccisore, ma volle che altrettanto facessero i suoi familiari.
Dotto nelle scienze ecclesiastiche, ricco di doni straordinari e di celesti carismi, quali la profezia e i miracoli, che gli conciliarono l'ammirazione e la devozione di nobili e di plebei, A. scrisse circa tremila lettere spirituali, e numerosi trattatí e opuscoli di ascetica, di esegesi biblica e di argomenti vari. Il 10 nov. 1608, mentre nella chiesa di S. Paolo Maggiore si accingeva a celebrare la Messa, A. cadde colpito da un attacco di apoplessia ai piedi dell'altare; moriva, rasserenato da una celeste visione, la sera dello stesso giorno.
Iniziatisi i processi informativi nel dic. del 1614, fu beatificato da Urbano VIII il 14 ott. 1624 e canonizzato da Clemente XI il 22 magg. 1712. Il suo corpo si venera nella chiesa di S. Paolo Maggiore. La festa di A., invocato quale celeste protettore contro la morte improvvisa, si celebra il 10 novembre.
10 novembre
Castronuovo, Potenza, 1521 - Napoli, 10 novembre 1608
Nacque a Castronuovo (Pz) nel 1521 e fu chiamato Lancellotto. Ordinato sacerdote nel 1545, nell'ottobre 1547 si trasferì a Napoli per frequentare la facoltà di diritto di quella Università. Ebbe come direttore spirituale il teatino, futuro beato, padre Giovanni Marinonio. Nel 1556 vestì l'abito dei Teatini di San Paolo Maggiore di Napoli, cambiando il suo nome di battesimo con quello dell'Apostolo della croce. Dal 1560 al 1570 fu maestro dei novizi della casa di San Paolo Maggiore. Preposto della stessa casa dal 1566 al 1569 vi istituì il primo studio teologico dell'Ordine, che volle informato dal pensiero di San Tommaso. Tra il 1570 e il 1582 operò tra Milano e Piacenza presso le case dei Teatini nei due centri. Andrea fu poi a Napoli dove si fece conoscere per la sua saggezza e il suo ruolo di mediatore nei conflitti che dividevano la città. Morì nel 1608. (Avvenire)
Etimologia: Andrea = virile, gagliardo, dal greco
Martirologio Romano: A Napoli, sant’Andrea Avellino, sacerdote della Congregazione dei Chierici regolari, che, insigne per la sua santità di vita e la sollecitudine per la salvezza del prossimo, si impegnò in un arduo voto di perfezionamento quotidiano nelle virtù e, ricco di meriti, morì santamente ai piedi dell’altare.
Nacque da Giovanni Avellino e da Margherita Apelli, e fu chiamato Lancellotto. Avviato agli studi da uno zio arciprete, li compì nella vicina Senise, esercitandosi fin d'allora nell'apostolato catechistico fra i giovani del luogo. Ordinato sacerdote nel 1545, nell'ottobre 1547 si trasferì a Napoli per frequentare la facoltà di diritto di quella Università, dove si laureò in utroque iure. Avendo nel 1548 praticato gli esercizi spirituali sotto la direzione del gesuita p. Laínez, si diede a una vita di più intensa spiritualità, nella quale fu saggiamente diretto dal teatino, futuro beato p. Giovanni Marinonio (1490- 1562). Avvocato ecclesiastico presso quella curia arcivescovile, abbandonò il foro in seguito a una menzogna sfuggitagli durante una arringa, fatto questo che lo amareggiò profondamente.
Nel 1551 gli fu affidata da mons. Scipione Rebiba, vicario generale di Napoli, la riforma del tristemente noto monastero femminile di S. Arcangelo di Baiano: egli intraprese tale missione con zelo e fermezza, imponendovi severa clausura e tenendovi il quaresimale e le omelie negli anni 1553 e 1554. Essendo, però, mal sopportata la sua opera riformatrice da chi aveva loschi interessi nel monastero, fu ripetutamente aggredito e, nel 1556, gravemente ferito da un sicario. Guarito quasi miracolosamente, chiese e ottenne, nel novembre di quello stesso anno, di vestire l'abito tra i Teatini di S. Paolo Maggiore di Napoli, cambiando allora il suo nome di battesimo con quello dell'Apostolo della croce. Maestro di noviziato fu lo stesso p. Marinonio e suo compagno il futuro cardinale e beato Paolo Burali d'Arezzo. Professò solennemente il 25 gennaio 1558, aggiungendo in seguito ai tre voti della vita religiosa altri due, cioè, di contrariare sempre la propria volontà e di progredire incessantemente, nella misura delle proprie forze, verso la perfezione.
Nel 1559 fece un pio pellegrinaggio a Roma, dove fu ricevuto da Paolo IV, fondatore, insieme con s. Gaetano Thiene, dei Chierici Regolari (1524). Nel 1560 fu nominato rnaestro dei novizi della casa di S. Paolo Maggiore, carica che tenne per dieci anni. Furono suoi discepoli spirituali alcuni dei più illustri Teatini del suo tempo, fra i quali va ricordato il ven. Lorenzo Scupoli, autore del trattato Il combattimento spirituale. Preposto della stessa casa dal 1566 al 1569 vi istituì il primo studio teologico dell'Ordine, che volle informato alle dottrine dell'Aquinate.
Nel 1570 fu eletto vicario della casa che i Teatini avevano aperto a Milano, presso S. Calimero,dietro invito di s. Carlo Borromeo, il quale, come ricorda il Martirologio di p. P. Bosco `(3 febb.), accolse amorevolmente A., uscendogli incontro fuori Porta Romana. In breve egli divenne il direttore spirituale preferito dalla migliore nobiltà milanese nel nuovo assetto dato dal Borromeo alla Chiesa ambrosiana, secondo lo spirito del Concilio Tridentino. Nel magg. 1571 fu trasferito a Piacenza come preposto della nuova casa che in S. Vincenzo aveva fondato in quello stesso mese il vescovo Paolo Burali d'Arezzo.
Essendosi incontrato a Genova con la mistica agostiniana suor Battistina Vernazza, figlia di Ettore, l'ispiratore degli Ospedali degli Incurabili, e avendole esposto il desiderio di ritirarsi dall'attività apostolica, ne fu da lei dissuaso. Nell'apr. di quello stesso anno A. fu eletto preposto di S. Antonio di Milano e nel 1581 ancora di S. Vincenzo di Piacenza.
Nel magg. 1582, dopo dieci anni di apostolato nella Lombardia, egli ritornò a Napoli, dove visse fino alla morte. Qui riprese la sua instancabile attività predicando, scrivendo e guidando quanti fiduciosi a lui si rivolgevano.
Eletto nel 1584 e riconfermato nell'anno successivo, A. fu preposto contemporaneamente delle due case che l'Ordine aveva allora in Napoli, quella di S. Paolo Maggiore e quella dei SS. Apostoli. Nei tumulti avvenuti nel magg. 1585, in cui fu trucidato G. V. Starace, « eletto della plebe », ritenuto responsabile della carestia che affliggeva allora la città, A. fece opera di pacificazione e mise anche a disposizione dei più bisognosi le risorse della sua famiglia religiosa. Essendo stato nel 1593 assassinato suo nipote Francesco, A. non solo perdonò l'uccisore, ma volle che altrettanto facessero i suoi familiari.
Dotto nelle scienze ecclesiastiche, ricco di doni straordinari e di celesti carismi, quali la profezia e i miracoli, che gli conciliarono l'ammirazione e la devozione di nobili e di plebei, A. scrisse circa tremila lettere spirituali, e numerosi trattatí e opuscoli di ascetica, di esegesi biblica e di argomenti vari. Il 10 nov. 1608, mentre nella chiesa di S. Paolo Maggiore si accingeva a celebrare la Messa, A. cadde colpito da un attacco di apoplessia ai piedi dell'altare; moriva, rasserenato da una celeste visione, la sera dello stesso giorno.
Iniziatisi i processi informativi nel dic. del 1614, fu beatificato da Urbano VIII il 14 ott. 1624 e canonizzato da Clemente XI il 22 magg. 1712. Il suo corpo si venera nella chiesa di S. Paolo Maggiore. La festa di A., invocato quale celeste protettore contro la morte improvvisa, si celebra il 10 novembre.
(Lc 20,27-38) Dio non è dei morti, ma dei viventi.
VANGELO
(Lc 20,27-38) Dio non è dei morti, ma dei viventi.
+ Dal Vangelo secondo Luca
In quel tempo, si avvicinarono a Gesù alcuni sadducèi – i quali dicono che non c’è risurrezione – e gli posero questa domanda: «Maestro, Mosè ci ha prescritto: “Se muore il fratello di qualcuno che ha moglie, ma è senza figli, suo fratello prenda la moglie e dia una discendenza al proprio fratello”. C’erano dunque sette fratelli: il primo, dopo aver preso moglie, morì senza figli. Allora la prese il secondo e poi il terzo e così tutti e sette morirono senza lasciare figli. Da ultimo morì anche la donna. La donna dunque, alla risurrezione, di chi sarà moglie? Poiché tutti e sette l’hanno avuta in moglie». Gesù rispose loro: «I figli di questo mondo prendono moglie e prendono marito; ma quelli che sono giudicati degni della vita futura e della risurrezione dai morti, non prendono né moglie né marito: infatti non possono più morire, perché sono uguali agli angeli e, poiché sono figli della risurrezione, sono figli di Dio. Che poi i morti risorgano, lo ha indicato anche Mosè a proposito del roveto, quando dice: “Il Signore è il Dio di Abramo, Dio di Isacco e Dio di Giacobbe”. Dio non è dei morti, ma dei viventi; perché tutti vivono per lui».
Parola del Signore.
LA MIA RIFLESSIONE
PREGHIERA
Ti prego Signore,di aiutarmi ad entrare con te nel mistero della vita dopo la morte,per vivere con te la resurrezione così come una figlia di Dio deve riuscire a vivere.
Questo brano del vangelo sembra difficile ai più,ma io devo dirvi con molta onestà di non aver problemi nel credere all’immortalità dell’anima e alla vita dopo la morte,e questo sicuramente per grazia di Dio.Nonostante questo mi riesce difficile pensare a come sarà la vita nell’aldilà,un po’ come credo che sia per tutti,ma non come per i sadducei, che poiché non credevano nella resurrezione, provocavano Gesù con domande sibilline.
Chiaramente siamo attaccati alle persone con le quali condividiamo la nostra vita,il nostro cammino sulla terra,e questo ci porta,molto umanamente,a desiderare di poterci ritrovare anche nell’aldilà,con le stesse persone e gli stessi affetti,ma da questo brano si evince che questi sono ragionamenti terreni e che non sarà così;allora mi sembra di capire che l’amore di cui Dio ci darà modo di vivere è qualcosa di molto più spirituale e meno carnale di quello che viviamo oggi;un amore per l’altro come per noi stessi, per la vita di ogni essere vivente come dono di Dio e che quando finalmente avremo la conoscenza della magnificenza del regno che il Signore ha preparato per noi,la gioia di vivere a contatto con tutto questo ci darà delle sensazioni che neanche riusciremmo mai ad immaginare..
Una cosa che io ho avuto la grazia di sapere è che tutto ha in se la vita,anche quelle cose che per noi hanno qui pochissimo senso,come un filo d’erba o una goccia d’acqua, perché tutto ha in se l’impronta di Dio.
venerdì 8 novembre 2013
VOCE DI SAN PIO :
-" Fate uso cristiano dei vostri soldi e dei vostri
risparmi, e allora tanta miseria scomparirà e tanti corpi doloranti e
tanti esseri afflitti troveranno sollievo e conforto." (CE, 61).
DEDICAZIONE DELLA BASILICA LATERANENSE :
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Dedicazione della Basilica Lateranense
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Cattedrale di Roma, San Giovanni in Laterano è la madre di tutte le chiese dell’urbe e dell’orbe. E’ il simbolo della fede dei cristiani nei primi secoli, che sentivano la necessità di riunirsi in un luogo comune e consacrato per celebrare la Parola di Dio e i Sacri Misteri. La festa odierna, come ben evidenzia la liturgia, è la festa di tutte le chiese del mondo. Martirologio Romano: Festa della dedicazione della basilica Lateranense, costruita dall’imperatore Costantino in onore di Cristo Salvatore come sede dei vescovi di Roma, la cui annuale celebrazione in tutta la Chiesa latina è segno dell’amore e dell’unità con il Romano Pontefice.
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Chiese ancora il prefetto Rustico: "Dove vi riunite?". Giustino rispose: "Dove ciascuno può e preferisce; tu credi che tutti noi ci riuniamo in uno stesso luogo, ma non e cosi perchè il Dio dei cristiani, che è invisibile, non si può circoscrivere in alcun luogo, ma riempie il cielo e la terra ed è venerato e glorificato ovunque dai suoi fedeli" (Atti del Martirio di S. Giustino e Compagni). Nella sua franca risposta, il grande apologeta S. Giustino ripeteva dinanzi al giudice quel che Gesù aveva detto alla Samaritana: "Credimi, donna, è giunto il momento in cui nè su questo monte nè in Gerusalemme adorerete il Padre. Voi adorate quel che non conoscete, noi adoriamo quel che conosciamo, perchè la salvezza viene dai Giudei. Ma e` giunto il momento, ed è questo, in cui i veri adoratori adoreranno il Padre in spirito e verità; perchè il Padre cerca tali adoratori. Dio è spirito, e quelli che lo adorano devono adorarlo in spirito e verità" (Gv 4,21-24). La festa di oggi, della dedicazione della basilica del SS. Salvatore o di S. Giovanni in Laterano, non è certamente in contrasto con la testimonianza di S. Giustino e con la parola di Cristo. Salvi infatti il dovere e il diritto della preghiera sempre e dovunque, è anche vero che fin dai tempi apostolici la Chiesa, in quanto gruppo di persone, ha avuto bisogno di alcuni luoghi in cui riunirsi a pregare, proclamando la Parola di Dio e rinnovando il sacrificio di morte e risurrezione di Cristo, in attuazione delle Sue parole: "Prendete e mangiatene tutti; Prendete e bevetene tutti; Fate questo in memoria di me". Inizialmente queste riunioni venivano fatte nelle case private, anche perchè la Chiesa non godeva ancora di alcun riconoscimento. Ma questo dovette venire abbastanza presto: c'è un singolare episodio all'inizio del secolo III, quando Alessandro Severo diede ragione alla comunità cristiana in un processo contro degli osti, che reclamavano contro la trasformazione di un'osteria in luogo di culto cristiano. La Basilica Lateranense venne fondata da papa Melchiade (311-314) nelle proprietà donate a questo scopo da Costantino di fianco al Palazzo Lateranense, fino allora residenza imperiale e poi residenza pontificia. Sorgeva così la "chiesa-madre di tutte le chiese dell'Urbe e dell'Orbe", distrutta e ricostruita molte volte. Vennero celebrati in essa o nell'attiguo Palazzo Lateranense (ora sede del Vicariato di Roma) ben cinque concili, negli anni 1123, 1139, 1179, 1215 e 1512. "Ma il tempio vivo e vero di Dio dobbiamo esserlo noi", dice S. Cesario di Arles. Autore: Piero Bargellini |
SANTI é BEATI :
- Beati 108 Martiri Polacchi
Senza data (Celebrazioni singole)
+ 1939 - 1945
Papa Giovanni Paolo II ha beatificato il 13 giugno 1999 a Varsavia, durante il suo settimo viaggio apostolico in Polonia, 108 martiri vittime della persecuzione contro la Chiesa polacca, scaturita durante l’occupazione nazista tedesca, dal 1939 al 1945.
L’odio razziale operato dal nazismo, provocò più di cinque milioni di vittime tra la popolazione civile polacca, fra cui molti religiosi, sacerdoti, vescovi e laici impegnati cattolici.
Fra tutti si è potuto, in base alle notizie raccolte ed alle testimonianze, istruire vari processi per la beatificazione di 108 martiri, il primo processo fu aperto il 26 gennaio 1992 dal vescovo di Wloclawek, dove il maggior numero delle vittime subì il martirio; in questo processo confluirono poi altri e il numero dei Servi di Dio, inizialmente di 92 arrivò man mano a 108.
Diamo qualche notizia numerica di essi. Il numeroso gruppo di martiri è composto da quattro gruppi principali, distinti secondo gli stati di vita: vescovi, clero diocesano, famiglie religiose maschili e femminili e laici; appartennero a 18 diocesi, all’Ordinariato Militare ed a 22 Famiglie religiose.
Tre sono vescovi, 52 sono sacerdoti diocesani, 3 seminaristi, 26 sacerdoti religiosi, 7 fratelli professi, 8 religiose, 9 laici. Subirono torture, maltrattamenti, imprigionati, quasi tutti finirono i loro giorni nei campi di concentramento, tristemente famosi di Dachau, Auschwitz, Sutthof, Ravensbrück, Sachsenhausen; subirono a seconda dei casi, la camera a gas, la decapitazione, la fucilazione, l’impiccagione o massacrati di botte dalle guardie dei campi. La loro celebrazione religiosa è singola, secondo il giorno della morte di ognuno.
Ecco i loro nomi:
93051- Adam Bargielski, Sacerdote, 8 settembre
93052- Aleksy Sobaszek, Sacerdote, 1° agosto
92952- Alfons Maria Mazurek, Sacerdote, 28 agosto
93059- Alicja Maria Jadwiga Kotowska, Vergine, 11 novembre
91527- Alojzy Liguda, Sacerdote, 8 dicembre
92902- Anastazy Jakub Pankiewicz, Sacerdote, 20 aprile
92954- Anicet Koplinski, Sacerdote, 16 ottobre
93109- Antoni Beszta-Borowski, Sacerdote, 15 luglio
91470- Antoni Julian Nowowiejski, Vescovo, 28 maggio
93060- Antoni Leszczewicz, Sacerdote, 17 febbraio
92962- Antoni Rewera, Sacerdote, 1° ottobre
38690- Antoni Swiadek, Sacerdote, 25 gennaio
93053- Antoni Zawistowski, Sacerdote, 4 giugno
93054- Boleslaw Strzelecki, Sacerdote, 2 maggio
93055- Bronislaw Komorowski, Sacerdote, 22 marzo
93108- Bronislaw Kostkowski, Seminarista, 27 novembre
92906- Brunon Zembol, Religioso, 21 agosto
90106- Czeslaw Jozwiak, Laico, 24 agosto
93056- Dominik Jedrzejewski, Sacerdote, 29 agosto
93057- Edward Detkens, Sacerdote, 10 ottobre
93062- Edward Grzymala, Sacerdote, 10 agosto
90107- Edward Kazmierski, Laico, 24 agosto
90103- Edward Klinik, Laico, 24 agosto
37490- Emil Szramek, Sacerdote, 13 gennaio
92956- Fidelis Chojnacki, Religioso, 9 luglio
92957- Florian Stepniak, Sacerdote, 12 agosto
93058- Franciszek Dachtera, Sacerdote, 23 agosto
92237- Franciszek Drzewiecki, Sacerdote, 10 agosto
90104- Franciszek Kesy, Laico, 24 agosto
37060- Franciszek Rogaczewski, Sacerdote, 11 gennaio
93090- Franciszek Roslaniec, Sacerdote, 14 ottobre
93091- Franciszek Stryjas, Padre di famiglia, 31 luglio
93092- Grzegorz Boleslaw Frackowiak, Religioso, 5 maggio
93063- Henryk Hlebowicz, Sacerdote, 9 novembre
91469- Henryk Kaczorowski, Sacerdote, 6 maggio
92955- Henryk Krzysztofik, Sacerdote, 4 agosto
90060- Hilary Pawel Januszewski, Sacerdote, 25 marzo
92574- Jan Antonin Bajewski, Sacerdote, 8 maggio
93093- Jan Nepomucen Chrzan, Sacerdote, 1 luglio
90105- Jarogniew Wojciechowski, Laico, 24 agosto
93069- Jerzy Kaszyra, Sacerdote, 18 febbraio
92577- Jozef Achilles Puchala, Sacerdote, 19 luglio
93065- Jozef Cebula, Sacerdote, 28 aprile
93112- Jozef Czempiel, Sacerdote, 19 maggio
92576- Jozef Innocenty Guz, Sacerdote, 6 giugno
92954- Jozef Jankowski, Sacerdote, 16 ottobre
90845- Jozef Kowalski, Sacerdote, 4 luglio
93066- Jozef Kurzawa, Sacerdote, 23 maggio
93094- Jozef Kut, Sacerdote, 18 settembre
36760- Jozef Pawlowski, Sacerdote, 9 gennaio
93067- Jozef Stanek, Sacerdote, 23 settembre
93095- Jozef Straszewski, Sacerdote, 12 agosto
93068- Jozef Zaplata, Religioso, 19 febbraio
91512- Julia Rodzinska, Religiosa, 20 febbraio
92578- Karol Herman Stepien, Sacerdote, 19 luglio
92072- Katarzyna Celestyna Faron, Vergine, 9 aprile
91469- Kazimierz Gostynski, Sacerdote, 6 maggio
36760- Kazimierz Grelewski, Sacerdote, 9 gennaio
93061- Kazimierz Sykulski, Sacerdote, 1 dicembre
92904- Krystyn Gondek, Sacerdote, 23 luglio
93070- Leon Nowakowski, Sacerdote, 31 ottobre
93096- Leon Wetmanski, Vescovo, 10 ottobre
93072- Ludwik Mzyk, Sacerdote, 23 febbraio
92573- Ludwik Pius Bartosik, Sacerdote, 12 dicembre
93071- Ludwik Roch Gietyngier, Sacerdote, 30 novembre
93110- Maksymilian Binkiewicz, Sacerdote, 24 agosto
92905- Marcin Oprzadek, Sacerdote, 18 maggio
93073- Maria Antonina Kratochwil, Vergine, 2 ottobre
93075- Maria Ewa Noiszewska, Vergine, 19 dicembre
93074- Maria Klemensa Staszewska, Vergine, 27 luglio
93075- Maria Marta Wolowska, Vergine, 19 dicembre
93055- Marian Gorecki, Sacerdote, 22 marzo
36080- Marian Konopinski, Sacerdote, 1° gennaio
93097- Marian Skrzypczak, Sacerdote, 5 ottobre
92076- Marianna Biernacka, Laica, 13 giugno
93101- Michal Czartoryski, Sacerdote, 6 settembre
93098- Michal Ozieblowski, Sacerdote, 31 luglio
93111- Michal Piaszczynski, Sacerdote, 20 dicembre
93099- Michal Wozniak, Sacerdote, 16 maggio
93081- Mieczyslaw Bohatkiewicz, Sacerdote, 4 marzo
93100- Mieczyslawa Kowalska, Vergine, 25 luglio
93113- Narcyz Putz, Sacerdote, 5 dicembre
92903- Narcyz Turchan, Sacerdote, 19 marzo
92951- Natalia Tulasiewicz, Laica, 31 marzo
92575- Piotr Bonifacy Zukowski, Sacerdote, 10 aprile
93076- Piotr Edward Dankowski, Sacerdote, 3 aprile
93105- Roman Archutowski, Sacerdote, 18 aprile
93077- Roman Sitko, Sacerdote, 12 ottobre
91534- Stanislaw Kubista, Sacerdote, 26 aprile
93102- Stanislaw Kubski, Sacerdote, 18 maggio
93090- Stanislaw Mysakowski, Sacerdote, 14 ottobre
93081- Stanislaw Pyrtek, Sacerdote, 4 marzo
93053- Stanislaw Starowieyski, Padre di famiglia, 4 giugno
92020- Stanislaw Tymoteusz Trojanowski, Religioso, 28 febbraio
93103- Stefan Grelewski, Sacerdote, 9 maggio
92958- Symforian Ducki, Religioso, 11 aprile
92054- Tadeusz Dulny, Seminarita, 6 agosto
93066- Wincenty Matuszewski, Sacerdote, 23 maggio
93079- Wladyslaw Bladzinski, Sacerdote, 8 settembre
93104- Wladyslaw Demski, Sacerdote, 28 maggio
93114- Wladyslaw Goral, Vescovo, 26 aprile
93081- Wladyslaw Mackowiak, Sacerdote, 4 marzo
93106- Wladyslaw Maczkowski, Sacerdote, 20 agosto
93080- Wladyslaw Miegon, Sacerdote, 15 settembre
93107- Wlodzimierz Laskowski, Sacerdote, 8 agosto
39860- Wojciech Nierychlewski, Sacerdote, 7 febbraio
39170- Zygmunt Pisarski, Sacerdote, 30 gennaio
93078- Zygmunt Sajna, Sacerdote, 17 settembre
Autore: Antonio Borrelli
Senza data (Celebrazioni singole)
+ 1939 - 1945
Papa Giovanni Paolo II ha beatificato il 13 giugno 1999 a Varsavia, durante il suo settimo viaggio apostolico in Polonia, 108 martiri vittime della persecuzione contro la Chiesa polacca, scaturita durante l’occupazione nazista tedesca, dal 1939 al 1945.
L’odio razziale operato dal nazismo, provocò più di cinque milioni di vittime tra la popolazione civile polacca, fra cui molti religiosi, sacerdoti, vescovi e laici impegnati cattolici.
Fra tutti si è potuto, in base alle notizie raccolte ed alle testimonianze, istruire vari processi per la beatificazione di 108 martiri, il primo processo fu aperto il 26 gennaio 1992 dal vescovo di Wloclawek, dove il maggior numero delle vittime subì il martirio; in questo processo confluirono poi altri e il numero dei Servi di Dio, inizialmente di 92 arrivò man mano a 108.
Diamo qualche notizia numerica di essi. Il numeroso gruppo di martiri è composto da quattro gruppi principali, distinti secondo gli stati di vita: vescovi, clero diocesano, famiglie religiose maschili e femminili e laici; appartennero a 18 diocesi, all’Ordinariato Militare ed a 22 Famiglie religiose.
Tre sono vescovi, 52 sono sacerdoti diocesani, 3 seminaristi, 26 sacerdoti religiosi, 7 fratelli professi, 8 religiose, 9 laici. Subirono torture, maltrattamenti, imprigionati, quasi tutti finirono i loro giorni nei campi di concentramento, tristemente famosi di Dachau, Auschwitz, Sutthof, Ravensbrück, Sachsenhausen; subirono a seconda dei casi, la camera a gas, la decapitazione, la fucilazione, l’impiccagione o massacrati di botte dalle guardie dei campi. La loro celebrazione religiosa è singola, secondo il giorno della morte di ognuno.
Ecco i loro nomi:
93051- Adam Bargielski, Sacerdote, 8 settembre
93052- Aleksy Sobaszek, Sacerdote, 1° agosto
92952- Alfons Maria Mazurek, Sacerdote, 28 agosto
93059- Alicja Maria Jadwiga Kotowska, Vergine, 11 novembre
91527- Alojzy Liguda, Sacerdote, 8 dicembre
92902- Anastazy Jakub Pankiewicz, Sacerdote, 20 aprile
92954- Anicet Koplinski, Sacerdote, 16 ottobre
93109- Antoni Beszta-Borowski, Sacerdote, 15 luglio
91470- Antoni Julian Nowowiejski, Vescovo, 28 maggio
93060- Antoni Leszczewicz, Sacerdote, 17 febbraio
92962- Antoni Rewera, Sacerdote, 1° ottobre
38690- Antoni Swiadek, Sacerdote, 25 gennaio
93053- Antoni Zawistowski, Sacerdote, 4 giugno
93054- Boleslaw Strzelecki, Sacerdote, 2 maggio
93055- Bronislaw Komorowski, Sacerdote, 22 marzo
93108- Bronislaw Kostkowski, Seminarista, 27 novembre
92906- Brunon Zembol, Religioso, 21 agosto
90106- Czeslaw Jozwiak, Laico, 24 agosto
93056- Dominik Jedrzejewski, Sacerdote, 29 agosto
93057- Edward Detkens, Sacerdote, 10 ottobre
93062- Edward Grzymala, Sacerdote, 10 agosto
90107- Edward Kazmierski, Laico, 24 agosto
90103- Edward Klinik, Laico, 24 agosto
37490- Emil Szramek, Sacerdote, 13 gennaio
92956- Fidelis Chojnacki, Religioso, 9 luglio
92957- Florian Stepniak, Sacerdote, 12 agosto
93058- Franciszek Dachtera, Sacerdote, 23 agosto
92237- Franciszek Drzewiecki, Sacerdote, 10 agosto
90104- Franciszek Kesy, Laico, 24 agosto
37060- Franciszek Rogaczewski, Sacerdote, 11 gennaio
93090- Franciszek Roslaniec, Sacerdote, 14 ottobre
93091- Franciszek Stryjas, Padre di famiglia, 31 luglio
93092- Grzegorz Boleslaw Frackowiak, Religioso, 5 maggio
93063- Henryk Hlebowicz, Sacerdote, 9 novembre
91469- Henryk Kaczorowski, Sacerdote, 6 maggio
92955- Henryk Krzysztofik, Sacerdote, 4 agosto
90060- Hilary Pawel Januszewski, Sacerdote, 25 marzo
92574- Jan Antonin Bajewski, Sacerdote, 8 maggio
93093- Jan Nepomucen Chrzan, Sacerdote, 1 luglio
90105- Jarogniew Wojciechowski, Laico, 24 agosto
93069- Jerzy Kaszyra, Sacerdote, 18 febbraio
92577- Jozef Achilles Puchala, Sacerdote, 19 luglio
93065- Jozef Cebula, Sacerdote, 28 aprile
93112- Jozef Czempiel, Sacerdote, 19 maggio
92576- Jozef Innocenty Guz, Sacerdote, 6 giugno
92954- Jozef Jankowski, Sacerdote, 16 ottobre
90845- Jozef Kowalski, Sacerdote, 4 luglio
93066- Jozef Kurzawa, Sacerdote, 23 maggio
93094- Jozef Kut, Sacerdote, 18 settembre
36760- Jozef Pawlowski, Sacerdote, 9 gennaio
93067- Jozef Stanek, Sacerdote, 23 settembre
93095- Jozef Straszewski, Sacerdote, 12 agosto
93068- Jozef Zaplata, Religioso, 19 febbraio
91512- Julia Rodzinska, Religiosa, 20 febbraio
92578- Karol Herman Stepien, Sacerdote, 19 luglio
92072- Katarzyna Celestyna Faron, Vergine, 9 aprile
91469- Kazimierz Gostynski, Sacerdote, 6 maggio
36760- Kazimierz Grelewski, Sacerdote, 9 gennaio
93061- Kazimierz Sykulski, Sacerdote, 1 dicembre
92904- Krystyn Gondek, Sacerdote, 23 luglio
93070- Leon Nowakowski, Sacerdote, 31 ottobre
93096- Leon Wetmanski, Vescovo, 10 ottobre
93072- Ludwik Mzyk, Sacerdote, 23 febbraio
92573- Ludwik Pius Bartosik, Sacerdote, 12 dicembre
93071- Ludwik Roch Gietyngier, Sacerdote, 30 novembre
93110- Maksymilian Binkiewicz, Sacerdote, 24 agosto
92905- Marcin Oprzadek, Sacerdote, 18 maggio
93073- Maria Antonina Kratochwil, Vergine, 2 ottobre
93075- Maria Ewa Noiszewska, Vergine, 19 dicembre
93074- Maria Klemensa Staszewska, Vergine, 27 luglio
93075- Maria Marta Wolowska, Vergine, 19 dicembre
93055- Marian Gorecki, Sacerdote, 22 marzo
36080- Marian Konopinski, Sacerdote, 1° gennaio
93097- Marian Skrzypczak, Sacerdote, 5 ottobre
92076- Marianna Biernacka, Laica, 13 giugno
93101- Michal Czartoryski, Sacerdote, 6 settembre
93098- Michal Ozieblowski, Sacerdote, 31 luglio
93111- Michal Piaszczynski, Sacerdote, 20 dicembre
93099- Michal Wozniak, Sacerdote, 16 maggio
93081- Mieczyslaw Bohatkiewicz, Sacerdote, 4 marzo
93100- Mieczyslawa Kowalska, Vergine, 25 luglio
93113- Narcyz Putz, Sacerdote, 5 dicembre
92903- Narcyz Turchan, Sacerdote, 19 marzo
92951- Natalia Tulasiewicz, Laica, 31 marzo
92575- Piotr Bonifacy Zukowski, Sacerdote, 10 aprile
93076- Piotr Edward Dankowski, Sacerdote, 3 aprile
93105- Roman Archutowski, Sacerdote, 18 aprile
93077- Roman Sitko, Sacerdote, 12 ottobre
91534- Stanislaw Kubista, Sacerdote, 26 aprile
93102- Stanislaw Kubski, Sacerdote, 18 maggio
93090- Stanislaw Mysakowski, Sacerdote, 14 ottobre
93081- Stanislaw Pyrtek, Sacerdote, 4 marzo
93053- Stanislaw Starowieyski, Padre di famiglia, 4 giugno
92020- Stanislaw Tymoteusz Trojanowski, Religioso, 28 febbraio
93103- Stefan Grelewski, Sacerdote, 9 maggio
92958- Symforian Ducki, Religioso, 11 aprile
92054- Tadeusz Dulny, Seminarita, 6 agosto
93066- Wincenty Matuszewski, Sacerdote, 23 maggio
93079- Wladyslaw Bladzinski, Sacerdote, 8 settembre
93104- Wladyslaw Demski, Sacerdote, 28 maggio
93114- Wladyslaw Goral, Vescovo, 26 aprile
93081- Wladyslaw Mackowiak, Sacerdote, 4 marzo
93106- Wladyslaw Maczkowski, Sacerdote, 20 agosto
93080- Wladyslaw Miegon, Sacerdote, 15 settembre
93107- Wlodzimierz Laskowski, Sacerdote, 8 agosto
39860- Wojciech Nierychlewski, Sacerdote, 7 febbraio
39170- Zygmunt Pisarski, Sacerdote, 30 gennaio
93078- Zygmunt Sajna, Sacerdote, 17 settembre
Autore: Antonio Borrelli
(Gv 2, 13-22) Parlava del tempio del suo corpo.
VANGELO
(Gv 2, 13-22) Parlava del tempio del suo corpo.
+ Dal Vangelo secondo Giovanni
Si avvicinava la Pasqua dei Giudei e Gesù salì a Gerusalemme. Trovò nel tempio gente che vendeva buoi, pecore e colombe e, là seduti, i cambiamonete. Allora fece una frusta di cordicelle e scacciò tutti fuori del tempio, con le pecore e i buoi; gettò a terra il denaro dei cambiamonete e ne rovesciò i banchi, e ai venditori di colombe disse: «Portate via di qui queste cose e non fate della casa del Padre mio un mercato!». I suoi discepoli si ricordarono che sta scritto: «Lo zelo per la tua casa mi divorerà». Allora i Giudei presero la parola e gli dissero: «Quale segno ci mostri per fare queste cose?». Rispose loro Gesù: «Distruggete questo tempio e in tre giorni lo farò risorgere». Gli dissero allora i Giudei: «Questo tempio è stato costruito in quarantasei anni e tu in tre giorni lo farai risorgere?». Ma egli parlava del tempio del suo corpo. Quando poi fu risuscitato dai morti, i suoi discepoli si ricordarono che aveva detto questo, e credettero alla Scrittura e alla parola detta da Gesù.
Parola del Signore
LA MIA RIFLESSIONE
PREGHIERA
Vieni accanto a me Spirito Santo di Dio, ed aiutami a non essere ottusa e a non voler mettere il mio pensiero dinanzi al Tuo.
Questo brano è spesso e volentieri usato per parlare male della chiesa, mettendoci al posto di Gesù, a rivoltare i banchetti di una chiesa che non ci piace in certi suoi aspetti, ma amici miei, tra quei banchetti che rivoltiamo e che non accettiamo c’è anche il nostro.
Tutti noi cerchiamo di mercanteggiare con tutto, non siamo abituati a dare senza ricevere nulla in cambio, e se anche in teoria lo facciamo, nella pratica se non riceviamo ringraziamenti e riconoscenza per le nostre opere o addirittura riceviamo offese, siamo subito pronti a rinfacciare tutto quello che abbiamo fatto.
Ma questo brano non si sofferma solo a questo aspetto della Chiesa, ma ci fa presente che la chiesa è il corpo di Cristo, e che noi ne siamo parte; quindi se vogliamo ritenerci degni di essere chiesa, dobbiamo essere “divorati dallo zelo “ per essa.
Impegniamoci per primi come partecipanti della comunità ecclesiale, e non solo per apparire, ma veramente per dare tutto quello che Dio ci dona in grazia. Ognuno di noi può chiedere di essere utile nella sua parrocchia, e senza metterci a spettegolare, ma magari semplicemente impegnandoci a servire la comunità la dove serve, dove il parroco ci indicherà.
Chiediamo di poter stare con i bambini, con gli anziani, chiediamo di essere istruiti ed educati, con umiltà, quell’umiltà che spesso sentiamo carente negli altri, cerchiamo di essere i primi a dimostrarla.
C’è un brano del vangelo di in cui Gesù parla a Natanaele e gli dice: Prima che Filippo ti chiamasse, io ti ho visto quando eri sotto l’albero di fichi».
Il Signore ci conosce, sa tutto di noi, i nostri difetti, i nostri limiti e anche i pregi che magari noi stessi non sappiamo di avere, perché tutto è suo, ossia ci viene da lui, ed a Lui dobbiamo chiedere ininterrottamente di essere come lui ci vuole.
Gesù ci ha spesso esortato a chiedere a confidare in Lui e ci ha anche insegnato che è sempre Lui con il suo Spirito che opera, quindi questa è la cosa che più di ogni altra dobbiamo tenere presente, SEMPRE.
Dobbiamo avere il coraggio di testimoniare, ma la sapienza di non poter imporre le nostre idee, e quando ci accingiamo a parlare con qualcuno del Signore, chiediamo a Lui di usarci, e di servirsi di noi, non pensiamo mai di saper fare da soli, perché senza lo Spirito Santo su di noi, siamo solo cembali stonati e vuoti.
Quindi amici coraggio, non abbiate paura diceva il nostro Papa, Giovanni Paolo II, aprite il vostro cuore a Cristo, riascoltiamo insieme questo brano.
giovedì 7 novembre 2013
VOCE DI SAN PIO :
-" Siate come piccole api spirituali, le quali non
portano nel loro alveare altro che miele e cera. La vostra casa sia
tutta piena di dolcezza, di pace, di concordia, di umiltà e di pietà per
la vostra conversazione." (Epist. III, p. 563).
SANTI é BEATI :
Beato Giovanni Duns Scoto
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1265 - 1308
Nacque tra il 23 dicembre 1265 e il 17 marzo 1266, in Scozia da cui il
soprannome «Scoto». La città natale, Duns portava lo stesso nome della
sua famiglia. Sin da bambino entrò in contatto con i francescani, di cui
tredicenne iniziò a frequentare gli studi conventuali di Haddington,
nella contea di Berwich. Terminati gli studi in teologia si dedicò
all'insegnamento prima a Oxford, poi a Parigi e Colonia. Qui, su
incarico del generale della sua Congregazione doveva fronteggiare le
dottrine eretiche, ma riuscì a dedicarsi per breve tempo all'impresa.
Morì infatti pochi mesi dopo il suo arrivo, l'8 novembre 1308. Giovanni
Duns è considerato uno dei più grandi maestri della teologia cristiana,
nonché precursore della dottrina dell'Immacolata Concezione. Giovanni
Paolo II lo ha proclamato beato il 20 marzo 1993 definendolo «cantore
del Verbo incarnato e difensore dell'Immacolato concepimento di Maria».
Le sue spoglie mortali sono custodite nella chiesa dei frati minori di
Colonia. (Avvenire)
Martirologio Romano: A Colonia in Lotaringia, ora in Germania, beato Giovanni Duns Scoto, sacerdote dell’Ordine dei Minori, che, di origine scozzese, maestro insigne per sottigliezza di ingegno e mirabile pietà, insegnò filosofia e teologia nelle scuole di Canterbury, Oxford, Parigi e Colonia.
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La Scozia è la patria del francescano Giovanni Duns, soprannominato Scoto (dalla nazione Scozia come l’Università di Parigi suddivideva gli studenti per nazioni). Paese affascinante che armonizza nella sua natura tutti i contrasti più selvaggi e i suoi paesaggi più ameni. In uno di questi luoghi, Duns, tra la fine del 1265 e l'inizio del 1266, nasceva un bimbo nella casa di Niniano Duns - omonomia tra luogo e cognome - a cui venne dato il nome di Giovanni. A ricordo di questo evento, un ceppo marmoreo ne ricorda il posto dal 17 marzo 1966, mentre un busto di bronzo nei giardini pubblici ne conserva il ricordo ai posteri. Dopo le iniviali occupazioni di sorvegliante del gregge minuto, che lo videro sempre più immerso nella bellezza variopinta della natura, Giovanni riceve la necessaria formazione scolastica all’ombra delle due vicine abbazie circestensi di Melrose e di Dryburg, che gli accesero l’amore per la Madonna e per la liturgia. A 13 anni, Giovanni frequenta gli studi conventuali della vicino Haddington, principale centro della conte di Berwich, in cui da poco si erano insediati i Francescani, che nella famiglia dei Duns trovarono dei grandi benefattori. E proprio in quell’anno, 1278, viene eletto Vicario della Scozia francescana, un uomo pio dotto e stimato da tutti, padre Elia Duns, zio paterno di Giovanni. Quando padre Elia ritornò nel suo convento di Dumfriers; condusse con sé anche il nipote per ammetterlo all’Ordine, facendo da garante per la sua costituzione sia fisica che spirituale, dal momento che Giovanni aveva appena 15 anni e che per diritto canonico occorrevano almeno 18 anni per entrare nel noviziato. Il silenzio della storia, in quest'anno di prova religiosa, è sovrano e solenne. Tutto sembra presagire che il giovane novizio si sia lasciato inebriare e affogare dall'amore di Dio, rivelato in Cristo Gesù, mediante la Vergine Madre. È un anno di grazia speciale e di esperienza mistica, secondo lo spirito giovanile ed entusiastico dell’ideale francescano, che proneveva - bonaventurianamente - anche l’amore per lo studio come preghiera e lavoro. È nella notte del Natale 1281, quando Giovanni si preparava alla professione religiosa, che bisogna collocare l'episodio della dolce apparizione del Bambino Gesù tra le sue braccia, come segno del profondo suo amore verso la Vergine Madre. Profetico auspicio o logica deduzione? Tutti e due insieme. Poesia e teologia, mistica e metafisica si baciano in questo presagio di ineffabile grazia. La sua dottrina sul primato di Cristo e sull'immacolata Concezione ne fa fede. Terminati gli studi istituzionali che consentono di accedere al sacerdozio, il 17 marzo 1291, nella chiesa di S. Andrea a Northampton, Giovanni Duns Scoto riceve dal vescovo di Lincoln, Oliverio Sutton, l'ordine sacro. Aveva 25 anni compiti, secondo le conclusioni tratte dal Registrum Episcopale del vescovo. Per le sue ottime qualità intellettive e spirituali viene designato dai Superiori a frequentare il corso dottorale nella celebre Università di Parigi, ritenuta da tutti la "culla" e la "metropoli" della filosofia e della teologia in Occidente. Avrebbe dovuto conseguire il titolo accademico di Magister regens, nel 1303, ma la triste controversia tra il re di Francia, Filippo il Bello, e il papa Bonifacio VIII, ne ritarda il conseguimento nella primavera del 1305, quando le acque si erano momentaneamente calmate. La politica egemonica di Filippo il Bello aveva orientato verso di sé la quasi totalità dell'opinione pubblica francese. Ne è segno tangibile la spaccatura che si registra nello Studium generale francescano di Parigi: gli "appellanti" (68 firmatari) erano favorevoli al Re; mentre i "non-appellanti" (87 firmatari), al Papa. Nella lista dei "non-appellanti", il nome di Johannes Scotus figura al 19° posto. La posta in gioco era molta alta. Ai "non-appellanti" veniva aperta la via dell'esilio con la confisca dei beni e la cessazione di ogni attività accademica. E Giovanni Duns Scoto, fedele alla Regola di Francesco d'Assisi, che raccomanda amore rispetto e riverenza al "Signor Papa", il 25 giugno del 1303 prende la via dell'esilio, dimostrando profonda fede e grande coraggio. Nel novembre 1304, quando le acque si calmarono per la morte di Bonifacio VIII, il Ministro Generale dei Frati Minori, fr. Gonsalvo di Spagna, raccomanda, al superiore dello Studium di Parigi, Giovanni Duns Scoto per il Dottorato, con queste parole: «Affido alla vostra benevolenza il diletto padre Giovanni Scoto, della cui lodevole vita, della sua scienza eccellente e del suo ingegno sottilissimo, come delle altre virtù, sono pienamente informato sia per la lunga esperienza sia per la fama che dappertutto egli gode». E’ il primo e solenne “panegirico” Così il 26 marzo del 1305, Giovanni Duns Scoto riceve l'ambìto titolo di magister regens che gli permetteva di insegnare ubique e rilasciare titoli accademici. Ha goduto del titolo solo tre anni: due a Parigi e uno a Colonia. Dell'insegnamento parigino merita segnalare la storica disputa sostenuta nell'Aula Magna dell'Università (di Parigi), nei primi mesi del 1307, sulla Immacolata Concezione. I pochi mesi trascorsi a Colonia, invece, sono molto intensi e ricchi di attività: riorganizza lo Studium generale e combatte l'eresia dei Beguardi e delle Beghine (che negavano ogni autorità alla Chiesa, ogni valore ai Sacramenti, alla preghiera e alle opere di penitenza) e si ricorda anche l’estasi pubblica avvenuta durante una sua predica nella chiesa. L'intensa attività di lavoro, insieme alle conseguenze del viaggio da Parigi, mina la robusta costituzione e l'8 novembre 1308, Giovanni Duns Scoto entra nella pace del Signore, all'età di 43 anni. Attualmente l'urna delle ossa del Beato Giovanni Duns Scoto è situata al centro della navata sinistra (guardando dall'ingresso) della chiesa francescana di Colonia nell'elegante e semplice sarcofago, costruito con pietra calcare di conchiglia di colore grigio, opera dello scultore Josef Hontgesberg. Tra i tanti motivi decorativi, è riprodotta l'antica iscrizione: Scotia me genuit Anglia me suscèpit Gallia me docuit Colonia me tenet La primitiva iscrizione tombale così recitava: «È chiuso questo ruscello, considerato fonte viva della Chiesa; Maestro di giustizia, fiore degli studi e arca della sapienza. Di ingegno sottile, della Scrittura i misteri svela, In giovane età fu [rapito al cielo], ricordati dunque, di Giovanni. Lui, o Dio, ornato [di virtù] fa che sia beato in cielo. Per un [così gran] Padre involato inneggiamo con cuore grato al Signore. Fu [Duns Scoto] del clero guida, del chiostro luce e della verità [apostolo] intrepido». La sua tomba a Colonia è mèta di continui pellegrinaggi. Anche l'attuale Pontefice ha sostato in preghiera il 15 ottobre 1980, chiamandolo "torre spirituale della fede".Dopo la pubblicazione del Decreto di Canonizzazione nel 6 luglio 1991, il Santo Padre ne confermò solennemente il culto il 20 marzo 1993. La memoria liturgica è l’8 novembre. Autore: Lauriola Giovanni ofm |
(Lc 16,1-8) I figli di questo mondo verso i loro pari sono più scaltri dei figli della luce.
VANGELO
(Lc 16,1-8) I figli di questo mondo verso i loro pari sono più scaltri dei figli della luce.
+ Dal Vangelo secondo Luca
In quel tempo, Gesù diceva ai discepoli: «Un uomo ricco aveva un amministratore, e questi fu accusato dinanzi a lui di sperperare i suoi averi. Lo chiamò e gli disse: “Che cosa sento dire di te? Rendi conto della tua amministrazione, perché non potrai più amministrare”. L’amministratore disse tra sé: “Che cosa farò, ora che il mio padrone mi toglie l’amministrazione? Zappare, non ne ho la forza; mendicare, mi vergogno. So io che cosa farò perché, quando sarò stato allontanato dall’amministrazione, ci sia qualcuno che mi accolga in casa sua”. Chiamò uno per uno i debitori del suo padrone e disse al primo: “Tu quanto devi al mio padrone?”. Quello rispose: “Cento barili d’olio”. Gli disse: “Prendi la tua ricevuta, siediti subito e scrivi cinquanta”. Poi disse a un altro: “Tu quanto devi?”. Rispose: “Cento misure di grano”. Gli disse: “Prendi la tua ricevuta e scrivi ottanta”. Il padrone lodò quell’amministratore disonesto, perché aveva agito con scaltrezza. I figli di questo mondo, infatti, verso i loro pari sono più scaltri dei figli della luce».
Parola del Signore
LA MIA RIFLESSIONE
PREGHIERA
Vieni o Spirito Di Sapienza e d’Amore, aiutami a comprendere il senso delle parole di Gesù e viverle con tutta me stessa.
In questa pagina può sembrare quasi che il Signore voglia lodare l’amministratore disonesto, ma imparando un po’ a conoscere Gesù, abbiamo capito che è un provocatore. Infatti quello che vuole dire è che se la stessa scaltrezza che usiamo per amministrare le cose terrene, la usassimo per quelle spirituali saremmo lodevoli.
Vediamo che l’amministratore disonesto, cerca di attirare a se i debitori del padrone sperando che questi possano ricordarsene poi, quando sarebbe restato senza lavoro, e magari lo avrebbero potuto aiutare.
Mi viene da pensare a certi rimaneggiamenti, ai ribaltoni , a quegli accordi sotto al tavolino che i politici fanno con i nemici comuni dell’avversario. Chiaramente tutto questo riguarda la scaltrezza di chi si occupa delle sue cose, dandogli una certa importanza, ma è sbagliato pensare solo alle cose terrene, addirittura cercando nella disonestà la soluzione ai problemi, perché dovremmo dare almeno la stessa importanza al futuro della nostra anima, perché perdendo la strada dell’onestà e della correttezza ci mettiamo in pericolo e dobbiamo considerare che la vita terrena è un passaggio, ma oltre questa c’è l’eternità.
Che cosa vogliamo fare di noi stessi? In questo secolo in cui non si dà importanza all’anima, vogliamo forse vendercela come spesso facciamo con il nostro corpo? Vogliamo dimostrare di non avere padroni rendendoci schiavi di un benessere mortale, mentre disprezziamo quello immortale dell’amore di Dio?
Attenti fratelli, forse non arriveremo mai ad essere perfetti amministratori della nostra condotta, cerchiamo almeno di mettercela tutta, ma come figli della luce, sapendo bene la via sulla quale incamminarci, e non come figli delle tenebre, brancolando nel buio.
mercoledì 6 novembre 2013
12 - Preghiera della sera (Compieta del Mercoledi) - Nuova versione (+pl...
Al termine del giorno, o sommo Creatore, veglia sul nostro riposo con amore di Padre. Dona salute al corpo e fervore allo spirito, la tua luce rischiari le ombre della notte. Nel sonno delle membra resti fedele il cuore, e al ritorno dell'alba intoni la tua lode. Sia onore al Padre e al Figlio e allo Spirito Santo, al Dio trino ed unico nei secoli sia gloria. Amen.
VOCE DI SAN PIO :
-" Anche voi – medici – siete venuti al mondo,
come sono venuto io, con una missione da compiere. Badate: vi parlo di
doveri in un momento in cui tutti parlano di diritti… Voi avete la
missione di curare il malato; ma se al letto
del malato non portate l’amore, non credo che i farmaci servano molto…
L’amore non può fare a meno della parola. Voi come potreste esprimerlo
se non con parole che sollevino spiritualmente il malato?… Portate Dio
ai malati; varrà di piú di qualsiasi altra cura." (LCS, 5-V-58, p. 28).
SANTI é BEATI :
- San Prosdocimo di Padova Protovescovo
7 novembre
Sec. II
Viene onorato, dalla tradizione, come il primo vescovo di Padova, patrono della città euganea, e anche, secondo la opinione di vari studiosi, probabile evangelizzatore di tutta la Venezia occidentale. Anche la più bella immagine di San Prosdocimo venne dipinta da un padovano, il grande quattrocentista Andrea Mantegna. Fa parte di un polittico intitolato a Santa Giustina, altra celebre martire di Padova, che si trova attualmente nella Pinacoteca di Brera, a Milano. In questo, san Prosdocimo appare con il tipico attributo della brocca, simbolo della sua infaticabile attività di battezzatore. Inviato dallo stesso san Pietro, Prosdocimo a Padova avrebbe compiuto prodigi e miracoli. Dopo la sua morte si trova citata, fuori dalle mura di Padova, una «Ecclesia Sancti Prosdocimi», nota più tardi come basilica di Santa Giustina. Il vescovo, infatti, avrebbe convertito proprio Giustina, e la donna cristiana seppe mantenere intatta la sua fede, affrontando il martirio nella persecuzione di Nerone. (Avvenire)
Etimologia: Prosdocimo = l'atteso, l'aspettato, dal greco
Emblema: Bastone pastorale
Martirologio Romano: A Padova, san Prosdocimo, che si ritiene sia stato il primo vescovo di questa città.
Ci sono nomi che suonano familiari e addirittura tipici in certe città d'Italia, mentre altrove sono considerati insoliti, strani, addirittura inauditi. Sono nomi legati al culto di un Santo locale, in molti casi un antico Vescovo, in altri un Martire.
Non molto tempo fa abbiamo parlato di Lecce, e del suo tipico Sant'Oronzo. Potremmo aggiungere Brescia, con San Giovita; Cagliari, con San Lucifero; Carrara, con San Ceccardo. E finalmente Padova, con San Prosdocimo.
Il nome di Prosdocimo per quanto oggi poco frequente, denunzia immediatamente una provenienza veneta, e in particolare patavina. E questo perché il Santo viene onorato, dalla tradizione, come il primo Vescovo di Padova, Patrono della città euganea, e anche, secondo la opinione di vari studiosi, probabile evangelizzatore di tutta la Venezia occidentale.
Anche la più bella immagine di San Prosdocimo venne dipinta da un padovano, il grande quattrocentista Andrea Mantegna. Fa parte di un polittico intitolato a Santa Giustina, altra celebre Martire di Padova, che si trova attualmente nella Pinacoteca di Brera, a Milano. In questo, San Prosdocimo appare con il tipico attributo della brocca, simbolo della sua infaticabile attività di battezzatore.
Il significato etimologico del nome di Prosdocimo è molto bello, perché in greco significa " atteso ". Si può dire che San Prosdocimo, primo Vescovo di Padova, fu veramente l'atteso di quella città ancora pagana, nella quale sarebbe stato inviato dallo stesso San Pietro, dopo la consacrazione episcopale.
Nella dolce plaga euganea, San Prosdocimo avrebbe compiuto prodigi e miracoli, che una tardiva Leggenda descrisse con evidente libertà d'immaginazione. Chi si occupa di agiografia è abituato a certe letture che, nella pia intenzione degli autori, dovrebbero essere edificanti, ma che, per eccesso di zelo, finiscono con l'essere ingenue.
Fortunatamente, una certa ingenuità conferisce spesso una nota di poesia anche ai testi più stanchi a causa delle ripetizioni e dei ricalchi. A volte, però, gli scarni documenti sono più eloquenti delle ridondanti leggende. E' il caso di San Prosdocimo, per il quale, dopo la morte, si trova citata, fuor delle mura di Padova, una Ecclesia Sancti Prosdocimi, nota più tardi come basilica di Santa Giustina, una delle più belle della città.
La gloria di San Prosdocimo sarebbe stata infatti Santa Giustina, festeggiata il 7 ottobre. San Prosdocimo l'avrebbe convertita, e la donna cristiana seppe mantenere intatta la sua fede, affrontando il martirio nella persecuzione di Nerone.
Il Vescovo di Padova, invece, fu risparmiato, non si sa bene né come né perché. Giunse al termine naturale della sua vita, carico di meriti e di anni, amato come padre, venerato come Santo: San Prosdocimo, che in greco vuol dire " l'atteso ".
Fonte:
Archivio Parrocchia
7 novembre
Sec. II
Viene onorato, dalla tradizione, come il primo vescovo di Padova, patrono della città euganea, e anche, secondo la opinione di vari studiosi, probabile evangelizzatore di tutta la Venezia occidentale. Anche la più bella immagine di San Prosdocimo venne dipinta da un padovano, il grande quattrocentista Andrea Mantegna. Fa parte di un polittico intitolato a Santa Giustina, altra celebre martire di Padova, che si trova attualmente nella Pinacoteca di Brera, a Milano. In questo, san Prosdocimo appare con il tipico attributo della brocca, simbolo della sua infaticabile attività di battezzatore. Inviato dallo stesso san Pietro, Prosdocimo a Padova avrebbe compiuto prodigi e miracoli. Dopo la sua morte si trova citata, fuori dalle mura di Padova, una «Ecclesia Sancti Prosdocimi», nota più tardi come basilica di Santa Giustina. Il vescovo, infatti, avrebbe convertito proprio Giustina, e la donna cristiana seppe mantenere intatta la sua fede, affrontando il martirio nella persecuzione di Nerone. (Avvenire)
Etimologia: Prosdocimo = l'atteso, l'aspettato, dal greco
Emblema: Bastone pastorale
Martirologio Romano: A Padova, san Prosdocimo, che si ritiene sia stato il primo vescovo di questa città.
Ci sono nomi che suonano familiari e addirittura tipici in certe città d'Italia, mentre altrove sono considerati insoliti, strani, addirittura inauditi. Sono nomi legati al culto di un Santo locale, in molti casi un antico Vescovo, in altri un Martire.
Non molto tempo fa abbiamo parlato di Lecce, e del suo tipico Sant'Oronzo. Potremmo aggiungere Brescia, con San Giovita; Cagliari, con San Lucifero; Carrara, con San Ceccardo. E finalmente Padova, con San Prosdocimo.
Il nome di Prosdocimo per quanto oggi poco frequente, denunzia immediatamente una provenienza veneta, e in particolare patavina. E questo perché il Santo viene onorato, dalla tradizione, come il primo Vescovo di Padova, Patrono della città euganea, e anche, secondo la opinione di vari studiosi, probabile evangelizzatore di tutta la Venezia occidentale.
Anche la più bella immagine di San Prosdocimo venne dipinta da un padovano, il grande quattrocentista Andrea Mantegna. Fa parte di un polittico intitolato a Santa Giustina, altra celebre Martire di Padova, che si trova attualmente nella Pinacoteca di Brera, a Milano. In questo, San Prosdocimo appare con il tipico attributo della brocca, simbolo della sua infaticabile attività di battezzatore.
Il significato etimologico del nome di Prosdocimo è molto bello, perché in greco significa " atteso ". Si può dire che San Prosdocimo, primo Vescovo di Padova, fu veramente l'atteso di quella città ancora pagana, nella quale sarebbe stato inviato dallo stesso San Pietro, dopo la consacrazione episcopale.
Nella dolce plaga euganea, San Prosdocimo avrebbe compiuto prodigi e miracoli, che una tardiva Leggenda descrisse con evidente libertà d'immaginazione. Chi si occupa di agiografia è abituato a certe letture che, nella pia intenzione degli autori, dovrebbero essere edificanti, ma che, per eccesso di zelo, finiscono con l'essere ingenue.
Fortunatamente, una certa ingenuità conferisce spesso una nota di poesia anche ai testi più stanchi a causa delle ripetizioni e dei ricalchi. A volte, però, gli scarni documenti sono più eloquenti delle ridondanti leggende. E' il caso di San Prosdocimo, per il quale, dopo la morte, si trova citata, fuor delle mura di Padova, una Ecclesia Sancti Prosdocimi, nota più tardi come basilica di Santa Giustina, una delle più belle della città.
La gloria di San Prosdocimo sarebbe stata infatti Santa Giustina, festeggiata il 7 ottobre. San Prosdocimo l'avrebbe convertita, e la donna cristiana seppe mantenere intatta la sua fede, affrontando il martirio nella persecuzione di Nerone.
Il Vescovo di Padova, invece, fu risparmiato, non si sa bene né come né perché. Giunse al termine naturale della sua vita, carico di meriti e di anni, amato come padre, venerato come Santo: San Prosdocimo, che in greco vuol dire " l'atteso ".
Fonte:
Archivio Parrocchia
(Lc 15,1-10) Vi sarà gioia nel cielo per un solo peccatore che si converte.
VANGELO
(Lc 15,1-10) Vi sarà gioia nel cielo per un solo peccatore che si converte.
+ Dal Vangelo secondo Luca
In quel tempo, si avvicinavano a Gesù tutti i pubblicani e i peccatori per ascoltarlo. I farisei e gli scribi mormoravano dicendo: «Costui accoglie i peccatori e mangia con loro». Ed egli disse loro questa parabola: «Chi di voi, se ha cento pecore e ne perde una, non lascia le novantanove nel deserto e va in cerca di quella perduta, finché non la trova? Quando l’ha trovata, pieno di gioia se la carica sulle spalle, va a casa, chiama gli amici e i vicini e dice loro: “Rallegratevi con me, perché ho trovato la mia pecora, quella che si era perduta”. Io vi dico: così vi sarà gioia nel cielo per un solo peccatore che si converte, più che per novantanove giusti i quali non hanno bisogno di conversione.Oppure, quale donna, se ha dieci monete e ne perde una, non accende la lampada e spazza la casa e cerca accuratamente finché non la trova? E dopo averla trovata, chiama le amiche e le vicine, e dice: “Rallegratevi con me, perché ho trovato la moneta che avevo perduto”. Così, io vi dico, vi è gioia davanti agli angeli di Dio per un solo peccatore che si converte».
Parola del Signore
LAMIA RIFLESSIONE
PREGHIERA
Vieni o Santo Spirito e donami la grazia di comprendere le scritture, dammi la forza di viverle e di fare tutto quello che tu desideri da me. Per Cristo nostro Signore. Amen.
Gesù va avanti per la sua strada, non gli interessa avere l’approvazione di chi conta in città, anzi, il suo comportamento è una continua provocazione, perché sa qual è il suo scopo, che è quello di riportare i peccatori sulla via della salvezza, di ricondurli al Padre.
Questa cosa certo non è facile da comprendere per scribi e farisei, che tenevano a debita distanza tutti quelli che non facevano parte della loro cricca di colti e benestanti. Se ci pensiamo, scartavano i poveri, i malati, i peccatori, i bisognosi… insomma tutti quelli che invece erano cari al Signore, considerandosi un’ élite.
Gesù li ammoniva, li riprendeva e spesso li accusava d’essere falsi ed ipocriti, proprio a loro che si sentivano così giusti ed invece quando parlava con i peccatori, sembrava quasi che li amasse di più di loro, perché non aveva mai una parola di rimprovero. Gesù, che comprende la loro rabbia, cerca di spiegargli con questa parabola il motivo di tanta comprensione per i peccatori.
Gli ebrei anticamente, erano un popolo di nomadi, dediti alla pastorizia e
all’ allevamento, quindi l’esempio della pecora e della moneta perdute, era il più adatto per far capire loro quanto era importante per Lui recuperare alla grazia di Dio quelli che n’erano sfuggiti, e si erano perduti per le vie del mondo. Quale gioia per il Padre ritrovare i suoi figli. A suo tempo ci parlò della parabola del figliol prodigo, in cui il padre fa festa per il figlio perduto e ritrovato. Questo è quello che da gioia al Signore, che pur lasciandoci liberi, non ci dimentica mai, e non vede l’ora che torniamo a riabbracciarlo. Se veramente amiamo Dio, non facciamo come i farisei, ma, come sta facendo il Santo Padre Francesco, apriamo il nostro cuore a chi non crede, non fermiamoci al giudizio, ma aiutiamoli a ritrovare la strada. Questo è quello che fa chi ama il Padre , proprio come ha fatto Gesù.
(Lc 15,1-10) Vi sarà gioia nel cielo per un solo peccatore che si converte.
+ Dal Vangelo secondo Luca
In quel tempo, si avvicinavano a Gesù tutti i pubblicani e i peccatori per ascoltarlo. I farisei e gli scribi mormoravano dicendo: «Costui accoglie i peccatori e mangia con loro». Ed egli disse loro questa parabola: «Chi di voi, se ha cento pecore e ne perde una, non lascia le novantanove nel deserto e va in cerca di quella perduta, finché non la trova? Quando l’ha trovata, pieno di gioia se la carica sulle spalle, va a casa, chiama gli amici e i vicini e dice loro: “Rallegratevi con me, perché ho trovato la mia pecora, quella che si era perduta”. Io vi dico: così vi sarà gioia nel cielo per un solo peccatore che si converte, più che per novantanove giusti i quali non hanno bisogno di conversione.Oppure, quale donna, se ha dieci monete e ne perde una, non accende la lampada e spazza la casa e cerca accuratamente finché non la trova? E dopo averla trovata, chiama le amiche e le vicine, e dice: “Rallegratevi con me, perché ho trovato la moneta che avevo perduto”. Così, io vi dico, vi è gioia davanti agli angeli di Dio per un solo peccatore che si converte».
Parola del Signore
LAMIA RIFLESSIONE
PREGHIERA
Vieni o Santo Spirito e donami la grazia di comprendere le scritture, dammi la forza di viverle e di fare tutto quello che tu desideri da me. Per Cristo nostro Signore. Amen.
Gesù va avanti per la sua strada, non gli interessa avere l’approvazione di chi conta in città, anzi, il suo comportamento è una continua provocazione, perché sa qual è il suo scopo, che è quello di riportare i peccatori sulla via della salvezza, di ricondurli al Padre.
Questa cosa certo non è facile da comprendere per scribi e farisei, che tenevano a debita distanza tutti quelli che non facevano parte della loro cricca di colti e benestanti. Se ci pensiamo, scartavano i poveri, i malati, i peccatori, i bisognosi… insomma tutti quelli che invece erano cari al Signore, considerandosi un’ élite.
Gesù li ammoniva, li riprendeva e spesso li accusava d’essere falsi ed ipocriti, proprio a loro che si sentivano così giusti ed invece quando parlava con i peccatori, sembrava quasi che li amasse di più di loro, perché non aveva mai una parola di rimprovero. Gesù, che comprende la loro rabbia, cerca di spiegargli con questa parabola il motivo di tanta comprensione per i peccatori.
Gli ebrei anticamente, erano un popolo di nomadi, dediti alla pastorizia e
all’ allevamento, quindi l’esempio della pecora e della moneta perdute, era il più adatto per far capire loro quanto era importante per Lui recuperare alla grazia di Dio quelli che n’erano sfuggiti, e si erano perduti per le vie del mondo. Quale gioia per il Padre ritrovare i suoi figli. A suo tempo ci parlò della parabola del figliol prodigo, in cui il padre fa festa per il figlio perduto e ritrovato. Questo è quello che da gioia al Signore, che pur lasciandoci liberi, non ci dimentica mai, e non vede l’ora che torniamo a riabbracciarlo. Se veramente amiamo Dio, non facciamo come i farisei, ma, come sta facendo il Santo Padre Francesco, apriamo il nostro cuore a chi non crede, non fermiamoci al giudizio, ma aiutiamoli a ritrovare la strada. Questo è quello che fa chi ama il Padre , proprio come ha fatto Gesù.
martedì 5 novembre 2013
VOCE DI SAN PIO :
-" Rifletti su quello che scrivi, perché il Signore te
ne chiederà conto. Stai attento, giornalista! Il Signore ti dia le
soddisfazioni che desideri per il tuo ministero." (CT, 177).
SANTI é BEATI :
- Sant' Iltuto (Iltud Farchog) Abate e fondatore
6 novembre
Bretagna, 480 – Llantwitt, Galles, † 540 ca.
Illtud Farchog nasce nel 480, è figlio di un principe bretone, Bican. In gioventù i genitori lo mandano a studiare presso uno zio, san Garmon, che più tardi sarà vescovo di Manaw. Anche se si dimostra un ottimo studente, soprattutto nel campo della letteratura, Illtud preferisce alla strada religiosa la carriera militare. Dopo aver appreso le arti cavalleresche si mette al servizio del cugino, re Arthur. Riceve però l'offerta di un posto nella guardia reale del re Pawl di Penychen, nel Gallles, e si trasferisce a Nant Pawl. Dopo un incontro quanto mai fortunoso con san Cadog Illtud decide di diventare monaco a Hodnant Valley. È qui che, con l'aiuto dell'arcivescovo san Dyfrig, costruisce il monastero di Llanilltud Fawr. In questo luogo raccoglie attorno a sé diversi monaci. Da qui usciranno molti dei santi gallesi. Secondo Alcuni Illtud muore in Britannia, ma le sue reliquie sembra siano custodite nella chiesa di Llanilltud Fawr. (Avvenire)
Martirologio Romano: Nel monastero di Llanilltud Fawr in Galles, sant’Iltuto, abate, fondatore di questo cenobio, nel quale la fama della sua santità e della sua insigne dottrina raccolse molti discepoli.
Non è facile districarsi fra i tanti nomi, difficili a pronunziarsi, che riguardano persone e luoghi, bretoni e gallesi, che s’incontrano nel racconto della vita di s. Iltuto abate.
D’altra parte bisogna dire, nonostante che s. Iltuto goda di grande fama fra i santi del Galles, di lui non si sa quasi niente di certo; non esistono ‘Vitae’ proprie, che ne parlino e le fonti più antiche non hanno valore storico.
È menzionato per la prima volta, nell’antichissima ‘Vita’ di san Sansone di Dol, scritta nel 610 ca., dove si legge che Sansone (Samson), prima di partire per Ynys Pir, nell’isola di Caldey, era stato discepolo dell’illustre ‘maestro dei Britanni’ Iltuto, nella sua abbazia di Llantwitt.
Iltud Farchog, nacque nel 480 in Bretagna, figlio del principe bretone Bican; come era consuetudine, i genitori si preoccuparono di dargli educazione e formazione adeguata e lo mandarono a studiare presso uno zio, san Garmon, che in seguito sarà vescovo di Manaw.
Una successiva ‘Vita’ di s. Iltud, scritta nel XII secolo da un religioso dei Chierici Regolari, fornisce notizie prive di valore certo, ma che furono purtroppo credute e così vennero tramandate, certamente questa ‘Vita’ è una raccolta di prodigi leggendari, che videro protagonista il santo abate.
Nel testo, sant’Iltud Farchog è descritto come un ottimo studente, eccellente nel campo della letteratura, ma poi preferì la carriera militare invece che la strada religiosa; prosegue il testo, che dopo aver appreso le arti dei cavalieri, il giovane si mise al servizio del cugino, re Arthur, ricevé poi l’offerta di un posto nella guardia reale del re Pawl di Penychen, nel Galles e si trasferì quindi a Nant Pawl.
Ma il Signore decise diversamente, Iltud dopo un incontro provvidenziale con l’abate gallese san Cadog, cambiò vita e volle diventare monaco a Hodnant Valley.
La suddetta ‘Vita’, cita anche che Iltud si era sposato, per lasciare poi la moglie in un modo da biasimare per farsi monaco; ma l’esistenza della moglie è poco probabile e comunque non provata.
Divenuto monaco, Iltud, con l’aiuto dell’arcivescovo san Dyfrig, costruì il monastero di Llatwitt Fawr, nel Glamorganshire; monastero che poi prenderà nel tempo il suo nome, Llaniltud Fawr.
Come molte altre abbazie del tempo, divenne un centro di spiritualità molto famoso, i suoi monaci provenivano dalle regioni dell’odierna Gran Bretagna, ma anche dalla Bretagna francese, dove poi ritornavano dopo un certo numero di anni, diffondendo la spiritualità, il sapere e la civiltà in tutta Europa, spesso fondando a loro volta nuove abbazie; fu il tipico affermarsi del monachesimo, nel periodo oscuro del Medioevo, che fra l’altro ebbe il merito di salvare, conservare e riprodurre, il patrimonio scritto, della civiltà classica e romana.
Fra i discepoli dell’abate Iltud, il più celebre fu san Sansone di Dol (485 - †565) che era stato monaco a Llantwitt e qui ordinato sacerdote, prima di lasciare l’amico-maestro per l’isola di Caldey; fra i vari santi gallesi provenienti da Llantwitt, ci fu anche s. Paolo di Leon, compagno di Sansone
Sant’Iltuto fu senz’altro uomo di grande dottrina e doni spirituali, infatti nella ‘Vita’ di s. Sansone, si narra che chiamò i due abati Isanus e Atochius, e conscio della loro prossima fine, predisse ad Atochius subito dopo la morte il paradiso e all’altro le sofferenze del purgatorio, a causa della sua avarizia.
Rimproverò più volte Sansone per gli eccessivi digiuni che faceva; la stretta amicizia con il discepolo Sansone, suscitò la gelosia di due nipoti del santo abate, anch’essi monaci, che tentarono senza successo di avvelenarlo.
Sulla morte del santo vi sono discordanze, la ‘vita’ di s. Sansone riporta che Iltud morì nel monastero di Llantwitt nel 540 ca. e lì sepolto; successivi racconti affermano invece, che egli era bretone d’origine e quindi ritornò in Bretagna per morirvi; la chiesa bretone di Landelbearon afferma di possedere la reliquia del suo teschio; il culto è diffuso sia nel Galles, dove chiese e pozzi portano il suo nome, sia in Bretagna dove probabilmente trascorse del tempo con Sansone, divenuto vescovo di Dol, appunto nella Bretagna francese.
La festa liturgica del santo abate fondatore Iltuto, si celebra il 6 novembre.
Autore: Antonio Borrelli
6 novembre
Bretagna, 480 – Llantwitt, Galles, † 540 ca.
Illtud Farchog nasce nel 480, è figlio di un principe bretone, Bican. In gioventù i genitori lo mandano a studiare presso uno zio, san Garmon, che più tardi sarà vescovo di Manaw. Anche se si dimostra un ottimo studente, soprattutto nel campo della letteratura, Illtud preferisce alla strada religiosa la carriera militare. Dopo aver appreso le arti cavalleresche si mette al servizio del cugino, re Arthur. Riceve però l'offerta di un posto nella guardia reale del re Pawl di Penychen, nel Gallles, e si trasferisce a Nant Pawl. Dopo un incontro quanto mai fortunoso con san Cadog Illtud decide di diventare monaco a Hodnant Valley. È qui che, con l'aiuto dell'arcivescovo san Dyfrig, costruisce il monastero di Llanilltud Fawr. In questo luogo raccoglie attorno a sé diversi monaci. Da qui usciranno molti dei santi gallesi. Secondo Alcuni Illtud muore in Britannia, ma le sue reliquie sembra siano custodite nella chiesa di Llanilltud Fawr. (Avvenire)
Martirologio Romano: Nel monastero di Llanilltud Fawr in Galles, sant’Iltuto, abate, fondatore di questo cenobio, nel quale la fama della sua santità e della sua insigne dottrina raccolse molti discepoli.
Non è facile districarsi fra i tanti nomi, difficili a pronunziarsi, che riguardano persone e luoghi, bretoni e gallesi, che s’incontrano nel racconto della vita di s. Iltuto abate.
D’altra parte bisogna dire, nonostante che s. Iltuto goda di grande fama fra i santi del Galles, di lui non si sa quasi niente di certo; non esistono ‘Vitae’ proprie, che ne parlino e le fonti più antiche non hanno valore storico.
È menzionato per la prima volta, nell’antichissima ‘Vita’ di san Sansone di Dol, scritta nel 610 ca., dove si legge che Sansone (Samson), prima di partire per Ynys Pir, nell’isola di Caldey, era stato discepolo dell’illustre ‘maestro dei Britanni’ Iltuto, nella sua abbazia di Llantwitt.
Iltud Farchog, nacque nel 480 in Bretagna, figlio del principe bretone Bican; come era consuetudine, i genitori si preoccuparono di dargli educazione e formazione adeguata e lo mandarono a studiare presso uno zio, san Garmon, che in seguito sarà vescovo di Manaw.
Una successiva ‘Vita’ di s. Iltud, scritta nel XII secolo da un religioso dei Chierici Regolari, fornisce notizie prive di valore certo, ma che furono purtroppo credute e così vennero tramandate, certamente questa ‘Vita’ è una raccolta di prodigi leggendari, che videro protagonista il santo abate.
Nel testo, sant’Iltud Farchog è descritto come un ottimo studente, eccellente nel campo della letteratura, ma poi preferì la carriera militare invece che la strada religiosa; prosegue il testo, che dopo aver appreso le arti dei cavalieri, il giovane si mise al servizio del cugino, re Arthur, ricevé poi l’offerta di un posto nella guardia reale del re Pawl di Penychen, nel Galles e si trasferì quindi a Nant Pawl.
Ma il Signore decise diversamente, Iltud dopo un incontro provvidenziale con l’abate gallese san Cadog, cambiò vita e volle diventare monaco a Hodnant Valley.
La suddetta ‘Vita’, cita anche che Iltud si era sposato, per lasciare poi la moglie in un modo da biasimare per farsi monaco; ma l’esistenza della moglie è poco probabile e comunque non provata.
Divenuto monaco, Iltud, con l’aiuto dell’arcivescovo san Dyfrig, costruì il monastero di Llatwitt Fawr, nel Glamorganshire; monastero che poi prenderà nel tempo il suo nome, Llaniltud Fawr.
Come molte altre abbazie del tempo, divenne un centro di spiritualità molto famoso, i suoi monaci provenivano dalle regioni dell’odierna Gran Bretagna, ma anche dalla Bretagna francese, dove poi ritornavano dopo un certo numero di anni, diffondendo la spiritualità, il sapere e la civiltà in tutta Europa, spesso fondando a loro volta nuove abbazie; fu il tipico affermarsi del monachesimo, nel periodo oscuro del Medioevo, che fra l’altro ebbe il merito di salvare, conservare e riprodurre, il patrimonio scritto, della civiltà classica e romana.
Fra i discepoli dell’abate Iltud, il più celebre fu san Sansone di Dol (485 - †565) che era stato monaco a Llantwitt e qui ordinato sacerdote, prima di lasciare l’amico-maestro per l’isola di Caldey; fra i vari santi gallesi provenienti da Llantwitt, ci fu anche s. Paolo di Leon, compagno di Sansone
Sant’Iltuto fu senz’altro uomo di grande dottrina e doni spirituali, infatti nella ‘Vita’ di s. Sansone, si narra che chiamò i due abati Isanus e Atochius, e conscio della loro prossima fine, predisse ad Atochius subito dopo la morte il paradiso e all’altro le sofferenze del purgatorio, a causa della sua avarizia.
Rimproverò più volte Sansone per gli eccessivi digiuni che faceva; la stretta amicizia con il discepolo Sansone, suscitò la gelosia di due nipoti del santo abate, anch’essi monaci, che tentarono senza successo di avvelenarlo.
Sulla morte del santo vi sono discordanze, la ‘vita’ di s. Sansone riporta che Iltud morì nel monastero di Llantwitt nel 540 ca. e lì sepolto; successivi racconti affermano invece, che egli era bretone d’origine e quindi ritornò in Bretagna per morirvi; la chiesa bretone di Landelbearon afferma di possedere la reliquia del suo teschio; il culto è diffuso sia nel Galles, dove chiese e pozzi portano il suo nome, sia in Bretagna dove probabilmente trascorse del tempo con Sansone, divenuto vescovo di Dol, appunto nella Bretagna francese.
La festa liturgica del santo abate fondatore Iltuto, si celebra il 6 novembre.
Autore: Antonio Borrelli
(Lc 14,25-33) Chi non rinuncia a tutti i suoi averi, non può essere mio discepolo.
VANGELO
(Lc 14,25-33) Chi non rinuncia a tutti i suoi averi, non può essere mio discepolo.
+ Dal Vangelo secondo Luca
In quel tempo, una folla numerosa andava con Gesù. Egli si voltò e disse loro: «Se uno viene a me e non mi ama più di quanto ami suo padre, la madre, la moglie, i figli, i fratelli, le sorelle e perfino la propria vita, non può essere mio discepolo. Colui che non porta la propria croce e non viene dietro a me, non può essere mio discepolo.Chi di voi, volendo costruire una torre, non siede prima a calcolare la spesa e a vedere se ha i mezzi per portarla a termine? Per evitare che, se getta le fondamenta e non è in grado di finire il lavoro, tutti coloro che vedono comincino a deriderlo, dicendo: “Costui ha iniziato a costruire, ma non è stato capace di finire il lavoro”. Oppure quale re, partendo in guerra contro un altro re, non siede prima a esaminare se può affrontare con diecimila uomini chi gli viene incontro con ventimila? Se no, mentre l’altro è ancora lontano, gli manda dei messaggeri per chiedere pace. Così chiunque di voi non rinuncia a tutti i suoi averi, non può essere mio discepolo».
Parola del Signore
La mia riflessione
Preghiera
Vieni o Santo Spirito ed illumina con la tua parola la mia vita,fa che io possa comprendere quello che tu vuoi che io comprenda,e alla luce della tua parola possa vivere come Dio vuole.
Gesù non è venuto per sovvertire la parola di Dio, infatti se ci riflettiamo, non ha detto nulla che mutasse i dieci comandamenti scritti su tavola di pietra, (immutevoli nel tempo) dal dito di Dio, ma ha aggiunto e precisato le leggi che Mosè e i profeti avevano aggiunto per dare un regolamento al popolo di Dio. Per questo Gesù è venuto prima in predicazione, per far capire agli uomini che Dio non vuole solo obbedienza cieca, come credevano gli ebrei, ma anche amore, perché siamo stati creati e salvati per amore.
Chiaro quindi che seguire Gesù deve essere un gesto dettato da questa consapevolezza, perché altrimenti riesce anche difficoltoso avere fede se non si riesce a capire che tutto quello che ci unisce a Dio è amore allo stato puro, sublimizzato da parte sua, che ha donato la vita per la nostra salvezza e che amandoci, non può certo volere il nostro male.
Ecco quindi il senso di lasciare tutto quello che è terreno per seguirlo, non ci vuole dire di abbandonare la nostra famiglia, ma di considerare sempre Dio, come punto focale della nostra vita perché solo da Lui può venire la nostra salvezza, solo dalle sue parole, costituite in comandamenti, solo per il nostro bene.
Per esempio, a volte ad un uomo può capitare di conoscere una donna che vuole tutto, anche quello che onestamente non si può ottenere, con il proprio lavoro e pur di non perderla, costui scenderà a patti col diavolo, accettando di compiere furti o brogli, quell'uomo antepone il suo interesse e quello della donna alla legge di Dio e questo non è giusto, e non servirà a trovare la felicità, perché la sua unione non è costruita saldamente sull' amore reciproco, che non teme le difficoltà, ma su false fondamenta.
Leggendo queste parole capiamo che non si può vivere secondo Cristo e cercare di accumulare ricchezze, senza occuparsi dei fratelli in difficoltà, ma quello che ci dice Gesù è qualcosa di più, è un insegnamento a non fare calcoli prettamente umani, perché lui non ci fa promesse di ricchezza e potere come un potente della terra, ma di mettere in conto che la nostra fiducia deve essere sincera e totale, non deve temere le difficoltà, perché il nostro deve essere un affidarci completamente a Dio.Lasciare tutto, lasciare anche noi stessi e i nostri interessi terreni, per poter seguire Gesù, solo così potremo cominciare a capire che significa donarsi,che significa sacrificarsi per amore,condividere il volere del Padre per la salvezza dei fratelli
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