domenica 13 ottobre 2013

SANTI é BEATI :

- Santa Parasceve la Giovane Eremita

13 ottobre

Epibatai (Costantinopoli), secolo X

Parasceve è una santa dell'Oriente cristiano. Originaria di Epibatai, nei pressi di Costantinopoli, visse e morì nel X secolo. Nobili di famgilia, lei e il fratello Eutimio rimasero orfani e decisero di abbracciare la vita religiosa. Dopo un periodo in monastero Parasceve si sentì chiamata alla vita eremitica nel deserto dove visse in tutta la sua durezza l'ideale ascetico. Ma un giorno ebbe una visione: un angelo le chiese di ritornare tra la gente dove era nata. Così, dopo un pellegrinaggio a Costantinopoli, tornò a Epibatai dove continuò a vivere da penitente. Morì quasi sconosciuta. Ma alcuni anni più tardi la si riscoprì per via di un miracolo: durante una pestilenza, mentre scavavno la fossa a un cadavere, un gruppo di uomini si imbatté nel corpo di Parasceve che emanava un misterioso profumo. Fu l'inizio di una fama di santità che si diffuse soprattutto fra i popoli slavi dei Balcani, che la venerano col nome di Petka. (Avvenire)

Emblema: Palma



La ‘Vita’ di santa Parasceve la Giovane, fu scritta dal metropolita di Mira, Matteo nel XVII secolo, dopo l’ultimo trasferimento delle reliquie in Moldavia nel 1641, sei secoli dopo la morte della santa eremita, quindi bisogna darne il valore relativo a questo lasso di tempo.
Parasceve nacque ad Epibatai, centro marittimo, distante un giorno di cammino da Costantinopoli; visse e morì molto probabilmente nel secolo X.
Appartenenti a nobile famiglia, lei e il fratello Eutimio, rimasero presto orfani e decisero ambedue di abbracciare la vita religiosa; Eutimio per le sue virtù, fu fatto vescovo di Madito e Parasceve, dopo un certo numero di anni trascorsi in un monastero, si ritirò come eremita in una zona desertica, emulando la santa vita delle antiche monache-eremite d’Egitto e della Siria: lunghe preghiere, veglie notturne e frequenti digiuni.
Mangiava qualcosa solo il sabato e la domenica e dormiva sulla nuda terra; ebbe una notte la visione di un angelo, il quale esortandola a perseverare nel suo sforzo di vita penitente, le raccomandò comunque di ritornare nel suo luogo natio.
Parasceve allora lasciò l’eremo e si recò a Costantinopoli e da pellegrina visitò i santuari, mettendosi sotto la protezione della Vergine nella chiesa di Blacherne; poi si ritirò ad Epibatai, dove continuò nelle pratiche di penitenza, mortificazione e preghiera, per il resto della sua vita; quando morì fu sepolta da gente che nemmeno la conosceva e il suo ricordo si spense.
Ma in epoca successiva, un miracolo riportò a fiorire il suo ricordo; nelle vicinanze di Epibatai, viveva uno stilita, un giorno alcuni marinai, gettarono ai piedi della sua colonna, il corpo di un loro compagno morto di peste. Il cadavere andò in putrefazione, emanando un lezzo così forte, che lo stilita pregò che qualcuno venisse a dargli sepoltura, alcuni uomini scavando la fossa, trovarono un corpo sotterrato che emanava un profumo così delicato da superare il puzzo del cadavere dell’appestato.
Un certo Giorgio facente parte del gruppo dei seppellitori, la notte ebbe un sogno, in cui gli veniva chiesto di deporre il corpo ritrovato in una bara, rivelandogli anche il nome di Parasceve, nata e cresciuta ad Epibatai.
Essa diventò la patrona della cittadina, anche perché in un altro sogno, avuto da una vicina di Giorgio, nella stessa notte, prometteva che avrebbe aiutato tutti coloro che con fede, sarebbero ricorsi a lei.
Le reliquie furono portate nella chiesa dei Ss. Apostoli, dove avvennero molti miracoli; esse superarono la sottrazione di numerose reliquie da Costantinopoli, da parte dei conquistatori Franchi, che nel 1204 le portavano in Occidente.
Ma nel 1230-31 il corpo di santa Parasceve fu ceduto dall’imperatore latino di Costantinopoli al re conquistatore bulgaro Giovanni II Asen (1218-1241) che lo trasportò a Turnovo in Bulgaria, dove accolto con solennità dal patriarca Basilio, fu deposto nella basilica del palazzo imperiale.
Quando nel 1393 i Turchi s’impadronirono di Turnovo, allora capitale della Bulgaria, le reliquie furono trasferite a Belgrado, dove rimasero fino al 1521, quando la città venne conquistata da Solimano il Magnifico. Saputo della grande venerazione che i cristiani portavano a quelle reliquie, il sultano le inviò a Costantinopoli, dove il patriarca le fece deporre nella chiesa della Pammacaristos.
Ma anche qui non durò a lungo il riposo delle reliquie, quando nel 1586 Murad III tolse ai cristiani il santuario, esse con altre reliquie furono portate nella chiesa di S. Demetrio Kanabu e poi a S. Giorgio del Phanar nel 1612 e finalmente nel 1641 giunsero a Jasi in Moldavia, dove si trovano tuttora.
Dopo la traslazione a Turnovo la santa con il nome di Petka o Petnica ebbe grande popolarità tra il popolo bulgaro e ben presto divenne Patrona nazionale; del resto ella ha avuto sempre un culto particolare presso i popoli slavi balcanici, anche perché si credeva che i suoi genitori fossero slavi.
La sua festa ricorre il 13 ottobre.


Autore: Antonio Borrelli

CORONCINA AL SACRO CUORE PER CHIEDERE LE VIRTU'


CORONCINA AL SACRO CUORE PER CHIEDERE LE VIRTU' Con la prima preghiera si domanda la virtù della fede. Amabilissimo Cuore di Gesù, che per eccesso di amore hai voluto restartene con noi sino alla consumazione dei secoli nell'adorabile Eucaristia, e qui ti offri vittima, continua per noi, dimentica le ingratitudini, perdona le colpe, i sacrilegi e i disprezzi che ti abbiamo fatto, e col perdono donaci una fede viva e operosa. Padre nostro - Ave, o Maria - Gloria Con la seconda preghiera si domanda la virtù della speranza Sacratissimo Cuore di Gesù: tesoro ricchissimo delle divine misericordie, fiducioso delle tue promesse rivestimi ti prego di tutte le virtù del tuo Santissimo Cuore, perché diventi un vero tuo servo; adornami della tua mansuetudine, della tua umiltà, della tua illibatezza e santità. Padre nostro - Ave, o Maria - Gloria Con la terza preghiera si domanda la virtù della carità Amorosissimo Cuore di Gesù, sorgente vivifica ed immacolata di gaudio e di vita eterna, tesoro infinito della divinità, fornace ardentissima del divino amore, tu solo sei il mio rifugio, tu la sede del mio riposo, tu il mio tutto. O Cuore amatissimo, infiamma questo mio cuore di quel vivo amore di cui avvampi, affinché amando te ed il prossimo per amore tuo, io possa esser felice in questa e nell'altra vita. Amen. Padre nostro - Ave, o Maria - Gloria Rivolgiamoci a Maria, consacriamoci a Lei e confidando nel suo Cuore materno, diciamole: Per gli alti pregi del Tuo Cuore pieno di dolcezza, impetrami, o Grande Madre di Dio e madre mia Maria, una vera e stabile devozione al Sacro Cuore di Gesù, Tuo Figlio, perché racchiuso in esso con i miei pensieri ed affetti adempia tutti i miei doveri e serva sempre Gesù con alacrità di cuore, specialmente in questo giorno Cuore di Gesù infiammato di amore per noi. Infiamma i nostri cuori d'amore per Te! Preghiamo: Fa, o Signore, che lo Spirito Santo c'infiammi di quell'amore che il Signore nostro Gesù Cristo dal profondo del Suo Cuore riversò sulla terra, desiderando vivamente che arda sempre più. Il quale vive e regna per tutti i secoli. Amen. Nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo. Amen

(Lc 11,29-32) A questa generazione non sarà dato che il segno di Giona.

VANGELO 
(Lc 11,29-32) A questa generazione non sarà dato che il segno di Giona.
+ Dal Vangelo secondo Luca

In quel tempo, mentre le folle si accalcavano, Gesù cominciò a dire: «Questa generazione è una generazione malvagia; essa cerca un segno, ma non le sarà dato alcun segno, se non il segno di Giona. Poiché, come Giona fu un segno per quelli di Nìnive, così anche il Figlio dell’uomo lo sarà per questa generazione. Nel giorno del giudizio, la regina del Sud si alzerà contro gli uomini di questa generazione e li condannerà, perché ella venne dagli estremi confini della terra per ascoltare la sapienza di Salomone. Ed ecco, qui vi è uno più grande di Salomone. Nel giorno del giudizio, gli abitanti di Nìnive si alzeranno contro questa generazione e la condanneranno, perché essi alla predicazione di Giona si convertirono. Ed ecco, qui vi è uno più grande di Giona». 

Parola del Signore
(Lc 11,29-32) A questa generazione non sarà dato che il segno di Giona.


LA MIA RIFLESSIONE
PREGHIERA
Vieni o  Santo Spirito di Dio, ad indicarmi i segni che contano per il mio Signore, a dirmi cosa è giusto che veda e che faccia per non sbagliare ai Suoi occhi, perché solo questo io voglio.

 Prima di tutto, facciamo mente locale alla storia di Giona, prendendo questo riassunto da wikipedia:
Nel capitolo 1 la Parola del Signore è rivolta a Giona, figlio di Amittai, e gli viene comandato di andare a predicare a Ninive, la Grande Città. Giona invece fugge a Tarsis via nave; di questa localizzazione si dirà più sotto. Ma la nave è investita da un temporale e rischia di essere colata a picco dalla violenza delle onde. Giona allora ritrova improvvisamente il proprio coraggio e svela ai compagni di viaggio che la colpa dell'ira divina è sua, poiché ha rifiutato di obbedire a JHWH; perché la nave sia salva, egli deve essere gettato in mare.
E così, ecco nel capitolo 2 l'episodio che ha ispirato generazioni di scrittori ed artisti. Giona è gettato in mare, ma un "grande pesce" (da nessuna parte è precisato che si tratti di una balena) lo inghiotte. Dal ventre del pesce, dove rimane tre giorni e tre notti, Giona rivolge a Dio un'intensa preghiera, che ricorda uno dei Salmi. Allora, dietro comando divino, il pesce vomita Giona sulla spiaggia.
Nel capitolo 3, Giona ottempera la sua missione e va a predicare ai niniviti. Questi, contro ogni aspettativa, gli credono, proclamano un digiuno, si vestono di sacco e Dio decide di risparmiare la città. Ma qui riemerge l'istinto ribelle di Giona: lui non è contento del perdono divino, voleva la punizione della città di Ninive. Così, nel capitolo 4, si siede davanti alla città e chiede a Dio di farlo morire.
L'episodio più gustoso del libretto si trova proprio nel capitolo 4. Il Signore fa spuntare un ricino sopra la sua testa per apportargli ombra, ed egli se ne rallegra. Ma all'alba del giorno dopo un verme rode il ricino che muore, il sole e il vento caldo flagellano Giona, che invoca di nuovo la morte. Allora l'autore riporta le parole di Dio, divenute celeberrime:
« Tu ti dai pena per quella pianta di ricino per cui non hai fatto nessuna fatica e che tu non hai fatto spuntare, che in una notte è cresciuta e in una notte è perita; ed io non dovrei aver pietà di Ninive, quella grande città, nella quale sono più di centoventimila persone, che non sanno distinguere fra la mano destra e la sinistra, e una grande quantità di animali? »
Ed ora passiamo a riflettere sulla parola di oggi, in primo luogo, mettendoci di fronte a Gesù con tutti i nostri difetti, ritrovandoci purtroppo, insieme a quelle persone che seguivano Gesù in cerca di segni e non per ascoltare la sua parola e metterla in pratica.
Facendo questo invece, potremmo vedere i segni dentro di noi e sarebbero dei segni di quanto Dio può operare in ogni uomo che segue la sua parola con fede. Giona ragiona con il suo cervello e mette in dubbio quello che Dio gli chiede di fare, non ha fede, ma poi, viste le conseguenze del suo rifiuto al Signore, si pente e ammette la sua colpa. Gli uomini lo gettano in mare per salvarsi, ma il Signore gli concede ancora la possibilità di redimersi e dopo tre giorni lo fa ritrovare sulla spiaggia. Compie la sua missione e nonostante il suo pensiero negativo, il popolo di Ninive si converte, ma lui ancora non ha capito e vorrebbe che Dio punisse quel popolo, dimenticando che anche lui aveva disobbedito a Dio, e che anche lui allora era degno di essere punito. Come facciamo presto noi uomini a giudicare e a condannare gli altri, proprio l'altro giorno abbiamo riflettuto sulle parole " rimetti a noi i nostri debiti, come noi li rimettiamo ai nostri debitori."
Dio ama il suo popolo, i suoi figli, non cerca vendetta né cieca obbedienza, ma come un Padre misericordioso, invia suo Figlio tra noi per aiutarci a comprendere il senso del suo amore. Se non crediamo che il Cristo sia la più alta espressione dell’ amore di Dio e non seguiamo la sua parola, non ha senso che cerchiamo dei segni di prodigio negli avvenimenti che ci circondano.,perché il prodigio che conta per il Signore è la conversione di tutti i suoi figli alla sua parola, perché attraverso i suoi insegnamenti riusciamo a passare per quella porta stretta che ci fa entrare nel regno dei cieli, già da questa terra.
Seguiamo la parola di Gesù, ascoltiamola con il cuore e cerchiamo di farla entrare in noi con avidità, perché diventi l’unica strada da percorrere, non giriamo la testa in cerca di segni, perché da soli non saremmo neanche in grado di riconoscere il vero dal falso, e solo grazie all’ azione dello Spirito Santo, e per grazia di Dio, possiamo farlo.

sabato 12 ottobre 2013

Non si è trovato nessuno che tornasse indietro a rendere gloria a Dio, all’infuori di questo straniero (Lc 17,11-19)

VANGELO
 (Lc 17,11-19) Non si è trovato nessuno che tornasse indietro a rendere gloria a Dio, all’infuori di questo straniero.
+ Dal Vangelo secondo Luca

Lungo il cammino verso Gerusalemme, Gesù attraversava la Samarìa e la Galilea. Entrando in un villaggio, gli vennero incontro dieci lebbrosi, che si fermarono a distanza e dissero ad alta voce: «Gesù, maestro, abbi pietà di noi!». Appena li vide, Gesù disse loro: «Andate a presentarvi ai sacerdoti». E mentre essi andavano, furono purificati. Uno di loro, vedendosi guarito, tornò indietro lodando Dio a gran voce, e si prostrò davanti a Gesù, ai suoi piedi, per ringraziarlo. Era un Samaritano. Ma Gesù osservò: «Non ne sono stati purificati dieci? E gli altri nove dove sono? Non si è trovato nessuno che tornasse indietro a rendere gloria a Dio, all’infuori di questo straniero?». E gli disse: «Àlzati e va’; la tua fede ti ha salvato!».

Parola del Signore
Non si è trovato nessuno che tornasse indietro a rendere gloria a Dio, all’infuori di questo straniero (Lc 17,11-19)
Non si è trovato nessuno che tornasse indietro a rendere gloria a Dio, all’infuori di questo straniero (Lc 17,11-19)

LA MIA RIFLESSIONE
PREGHIERA
Vieni o Spirito Santo di Dio, su di me ed insegnami a lasciarmi penetrare dalla tua sapienza. Fa che nulla ostacoli la nostra unione, per il nostro Signore Gesù Cristo, che mi ha affidato alle tue cure per l’eternità. Grazie amen.

Il Vangelo di oggi ci parla di un Gesù che opera miracoli in terra straniera, tra peccatori e pagani, di un maestro che è riconosciuto anche da chi non è di Gerusalemme e che non disdegna di fermarsi a guarire coloro che gli si rivolgono con fiducia.
Purtroppo anche se ricevono la grazia da Gesù tutti e dieci i lebbrosi, soltanto uno torna indietro a ringraziare, gli altri invece si comportano come se niente fosse, e non sentono neanche il bisogno di ringraziare. Sembra brutto vero?
Eppure noi lo facciamo tante volte al giorno, quando diamo per scontato che quello che va bene è merito nostro o comunque del caso, e ci ricordiamo di Dio soltanto quando qualcosa non va per il verso giusto.
A volte siamo veramente ridicoli, chiediamo la perfezione, la salute, la sicurezza… tutte cose che premiano la nostra presenza fisica, ma non cerchiamo mai il benessere spirituale, quello che ci dà invece la forza di affrontare la vita anche quando non va secondo i nostri canoni.
La lebbra che ci avvelena è quella dell’anima, sempre inquieta, sempre alla ricerca di una felicità esteriore che guarisce solo quando troviamo Gesù, ci lasciamo guarire e ci fermiamo vicino a lui, ossia, per dirla con le parole del vangelo, torniamo indietro, ci convertiamo a Lui, cambiamo vita per vivere l'amore con Lui.Se ascoltiamo la sua parola, ma non la facciamo nostra, non possiamo essere trasformati e salvati, ma restiamo solo degli uditori sonnecchianti che non riescono a percepire la voce dell'amore e della volontà di Dio. 

venerdì 11 ottobre 2013

PREGHIERA : " BENIGNO CREATORE DEGLI ASTRI "

- Benigno Creatore degli astri,
eterna Luce dei credenti,
o Gesù, Redentore di tutti,
ascolta le preghiere dei supplici.

Tu che, affinché la terra non perisse
coi danni del maligno,
spinto da impeto d'amore,
divenisti medicina della debole umanità.

Tu che, per espiare
la comune empietà del mondo,
nasci dal grembo della Vergine
destinato alla croce,
quale vittima innocente (intacta).

Non appena la potenza di questa gloria
e il Nome risuona,
il cielo e gli inferi
si curvano col ginocchio tremante.

Te supplichiamo, Supremo Giudice
dell'ultimo giorno,
con le armi della grazia celeste
difendici dai nemici.

Virtù, onore, lode e gloria
a Dio Padre col Figlio,
insieme con lo Spirito Paraclito,
nei secoli dei secoli. Amen.

VOCE DI SAN PIO :

-"Non ti affaticare intorno a cose che generano sollecitudine, perturbazioni ed affanni. Una sola cosa è necessaria: sollevare lo spirito ed amare Dio." (CE, 10).

SANTI é BEATI :

- Nostra Signora del Pilar

12 ottobre



La festa «pilarica» del 12 ottobre è la giornata della hispanidad: la giornata della Spagna e di tutte le nazioni di lingua e cultura spagnola.
Il più antico santuario non solo della Spagna, ma probabilmente della cristianità tutta è quello della «Beata Vergine del Pilar» a Saragoza, che da secoli chiama milioni di pellegrini.
La tradizione vuole che la cappella primitiva venisse costruita da san Giacomo il Maggiore verso il 40 d.C. in memoria della prodigiosa apparizione della Vergine, giunta in bilocazione da Gerusalemme a Saragoza per confortare l’apostolo molto deluso dei risultati della sua predicazione. Il «Pilar» è la colonna di alabastro sulla quale la Madonna avrebbe posato i piedi.
Alcuni mistici, come la venerabile Maria d’Agreda e Anna Caterina Emmerick confermarono questa antica narrazione attraverso le loro visioni e rivelazioni.
Storicamente, comunque, è provato che la chiesa di «Sancta Maria intra muros» a Saragoza esisteva ancora prima dell’invasione araba, avvenuta nel 711. Il monaco Aimoinus, giunto in Spagna nell’anno 855 alla ricerca delle reliquie di san Vincenzo, scrisse che «la chiesa dedicata alla Vergine a Saragozza era la madre di tutte le chiese della città, e che san Vincenzo vi aveva esercitato le funzioni di diacono al tempo del vescovo Valerio». Nel 1118 Saragoza, liberata dal dominio musulmano, ritornò capitale del Regno di Aragona e nel 1294 «Santa Maria del Pilar» venne restaurata ed ampliata.
Al tempo dell’unificazione della Spagna, avvenuta nel XV secolo, per opera del re di Aragona Ferdinando il Cattolico e della regina Isabella di Castiglia, sua sposa, il culto della «Madonna del Pilar» si affermò in campo nazionale e con la scoperta dell’America il culto raggiunse anche il Nuovo Mondo. Nel 1492, infatti, avvenne la cacciata definitiva dei Saraceni dalla Spagna mentre Cristoforo Colombo si avviava, alla sua stessa insaputa, alla scoperta dell’America con le tre caravelle di cui una si chiamava proprio Santa Maria. Ma non basta, la terra del Nuovo Mondo venne trovata il 12 di ottobre, festa della Madonna del Pilar.
Nel 1640 un miracolo eccezionale, sul quale Vittorio Messori ha indagato in maniera approfondita fino a scriverne un libro, ha reso ancora più celebre nel mondo il santuario di Saragozza.
Un giovane di 17 anni, Miguel-Juan Pellicer di Calanda, conducendo un giorno un carro aggiogato a due muli, cadde dalla cavalcatura andando a finire sotto una ruota del carro che gli spezzò la tibia della gamba destra. Soccorso immediatamente si ritenne urgente l’amputazione della gamba stessa a circa quattro dita dalla rotula. Prima dell’operazione il giovane si era recato al Santuasrio del Pilar per fare le sue devozioni e ricevere i sacramenti; subito dopo l’intervento era ritornato a ringraziare la Madonna per averlo tenuto in vita. Non potendo più lavorare si unì agli altri mendicanti che domandavano l’elemosina fuori dalla chiesa; intanto, ogni volta che veniva rinnovato l’olio delle 77 lampade d’argento accese nella Cappella della Vergine, egli si strofinava con quell’olio la sua piaga, benché il medico avesse sconsigliato quel procedimento perché avrebbe ritardato la cicatrizzazione del moncherino. Miguel-Juan tornò a Calanda e con una gamba di legno ed una gruccia mendicò anche nei paesi limitrofi.
Il 29 marzo 1640 rientrò a casa e dopo aver invocato la Madonna del Pilar si addormentò. Al mattino, svegliandosi, si ritrovò con due gambe: la gamba destra, amputata da due anni e cinque mesi era segnata al polpaccio dalle stesse cicatrici presenti già prima dell’infortunio. Venne subito istituita una Commissione d’inchiesta, nominata dall’arcivescovo e nel corso di accurati accertamenti la gamba sepolta nel cimitero dell’ospedale non fu più trovata. La fama dell’eccezionale miracolo fu causa della realizzazione del grandioso Santuario attuale, iniziato nel 1681 e consacrato il 10 ottobre 1872.
All’inizio della navata centrale è situata la «Santa Cappella», dove si venera una piccola statua della Vergine con il Bambino del XIV secolo, la quale poggia i piedi sul «Pilar» ricoperto di bronzo e argento, e che viene rivestita con manti diversi a seconda dei tempi liturgici e delle circostanze. Tale immagine fu incoronata il 20 maggio 1905 con una corona tempestata da circa diecimila perle preziose e fu solennemente benedetta da papa san Pio X.
Il Museo del Pilar, custodito nella Sacristia de la Virgen è ricco di oggetti preziosi fra cui i manti della statua, che spesso sono stati richiesti da illustri moribondi che desideravano morire sotto il manto come avvenne per re Alfonso XIII, morto in esilio a Roma nel 1941.
Una devozione tutta speciale alla Madonna del Pilar di Saragozza appartenne al beato Guillaume-Jospeh Chaminade che il Pontefice ha elevato all’onore degli altari il 3 settembre del 2000. Vissuto all’epoca della Rivoluzione francese, Chaminade rimase in Francia come clandestino. Durante i giorni del «Terrore» capitava di incontrare per le strade di Bordeaux un operaio con abiti rattoppati che, girando con un paiolo in testa, si fermava sotto le finestre delle case ripetendo: «Stagnaro!». Era padre Chaminade che si recava in incognito dalle famiglie per esercitare il suo ministero. Nel 1797 venne arrestato e condannato all’esilio, fu così che decise di trasferirsi a Saragozza grazie all’intensa devozione che lo legava alla Madonna. Per vivere modellava statuette e il resto del tempo lo trascorreva in preghiera inginocchiato davanti all’immagine miracolosa della Vergine del Pilar. Proprio in una di tali meditazioni la Madonna lo illuminò sulla sua nuova missione: la fondazione, che avverrà nel 1817, di un nuovo Ordine religioso chiamato la «Società di Maria».


Autore: Cristina Siccardi

(Lc 11,27-28) Beato il grembo che ti ha portato! Beati piuttosto coloro che ascoltano la parola di Dio.

VANGELO
 (Lc 11,27-28) Beato il grembo che ti ha portato! Beati piuttosto coloro che ascoltano la parola di Dio.
+ Dal Vangelo secondo Luca

In quel tempo, mentre Gesù parlava, una donna dalla folla alzò la voce e gli disse: «Beato il grembo che ti ha portato e il seno che ti ha allattato!». Ma egli disse: «Beati piuttosto coloro che ascoltano la parola di Dio e la osservano!».

Parola del Signore

LA MIA RIFLESSIONE
PREGHIERA
Vieni Spirito Santo, vieni Amore di Dio, e inonda il mio cuore e la mia mente perché ti appartengono.

Stupende queste poche parole di Gesù, sembra quasi di immaginare la scena…attorniato dalla folla ha appena scacciato un demonio da un muto e sta parlando alla gente dei pericoli che corrono i figli di Dio assediati dai demoni, quando una donna (e torniamo a vedere il coraggio delle donne di esprimersi davanti a Gesù) levò il suo grido tra la gente, esprimendo il suo senso di compiacimento per la madre di Gesù,che suona così: ” che gioia per lei essere Tua Madre mio Signore! ”
Ma la gioia non è nell’essere madre di Gesù , la gioia è nell’ascoltare ed accettare la parola di Dio come ha fatto Lei, in questo è da considerare beata, nell’aver saputo dire quel si che ha permesso la salvezza dell’umanità..
La mentalità della donna che è sicuramente mamma, rappresenta quello che tutte le mamme pensano, il figlio è qualcosa che dà quello che possiamo definire il diritto di orgoglio materno, perché la mamma si sente realizzata nella sua educazione e nella sua crescita, ma questa è appunto la mentalità terrena; noi sappiamo che invece Maria, sfuggì a questo concetto, concedendosi completamente a Dio ,affidandosi interamente alla sua volontà, accettando già dal momento del concepimento l’idea di un figlio che non gli appartiene, ma che è dono di Dio. Se oggi ogni donna accettasse un figlio come dono di Dio, il mondo sarebbe sicuramente migliore, ma troppe sono le persone tra noi che pensano di avere diritto di vita e di morte sui propri figli, e molte quelle che considerano un figlio non come un regalo che è il coronamento di un progetto come la famiglia, ma come un optional aggiuntivo su cui proiettare i nostri sogni e le nostre frustrazioni.
Nel magnificat la Madonna si sentì piena di grazia e sentì che molte sarebbero state le generazioni che l’avrebbero chiamata “beata”. Oggi voglio regalarvi un canto molto bello, sicuramente conosciuto ai più:
http://www.youtube.com/watch?v=Me4gaFciBj8
buon ascolto.

giovedì 10 ottobre 2013

SANTI é BEATI :

- Divina Maternità di Maria Santissima

11 ottobre

Il Titolo di Madre di Dio, fra tutti quelli che vengono attribuiti alla Madonna, è il più Glorioso. Essere la Madre di Dio è per Maria la sua Ragion d'Essere, il motivo di tutti i Suoi Privilegi e delle Sue Grazie. Per noi il Titolo racchiude tutto il Mistero dell'Incarnazione e non ne vediamo altro che più di questo sia Sorgente per Maria di Lodi e per noi di Gioia. Sant'Efrem pensava giustamente che credere e affermare che la Santissima Vergine Maria è Madre di Dio è dare una Prova Sicura della nostra Fede. La Chiesa quindi non Celebra alcuna Festa della Vergine Maria senza Lodarla per questo Privilegio. E così Saluta la Beata Madre di Dio, nell'Immacolato Concepimento, nella Natività, nell'Assunzione e noi nella Recita Frequentissima dell'Ave Maria facciamo altrettanto.

L'Eresia Nestoriana.

"Theotókos", Madre di Dio, è il Nome con cui nei Secoli è stata Designata Maria Santissima. Fare la Storia del Dogma della Maternità Divina sarebbe fare la Storia di tutto il Cristianesimo, perché il Nome era entrato così profondamente nel cuore dei Fedeli che quando, davanti al Vescovo di Costantinopoli, Nestorio, un prete che era suo portavoce, osò affermare che Maria era soltanto Madre di un uomo, perché era impossibile che Dio nascesse da una donna, il popolo protestò scandalizzato. Era allora Vescovo di Alessandria San Cirillo, l'Uomo Suscitato da Dio per Difendere l'Onore della Madre del Suo Figlio. Egli tosto manifestava il suo stupore: "Mi meraviglia che vi siano persone, che pensano che la Santa Vergine non debba essere chiamata Madre di Dio. Se Nostro Signore è Dio, Maria, che lo mise al mondo, non è la Madre di Dio? Ma questa è la Fede che ci hanno Trasmesso gli Apostoli, anche se non si sono serviti di questo termine, ed è la Dottrina che abbiamo appresa dai Santi Padri".

Il Concilio di Efeso.

Nestorio non cambiò pensiero e l'Imperatore convocò un Concilio, che si aprì ad Efeso il 24 Giugno 431 sotto la Presidenza di San Cirillo, Legato del Papa Celestino. Erano presenti 200 Vescovi i quali Proclamarono che "la Persona di Cristo è Una e Divina e che la Santissima Vergine deve essere Riconosciuta e Venerata da tutti quale Vera Madre di Dio". I Cristiani di Efeso Intonarono Canti di Trionfo, Illuminarono la Città e ricondussero alle loro dimore con fiaccole accese i Vescovi "venuti - gridavano essi - per Restituirci la Madre di Dio e Ratificare con la loro Santa Autorità ciò che era Scritto in tutti i cuori". Gli sforzi di Satana avevano raggiunto, come sempre, un risultato solo, cioè quello di preparare un Magnifico Trionfo alla Madonna e, se vogliamo Credere alla Tradizione, i Padri del Concilio, per Perpetuare il Ricordo dell'Avvenimento, aggiunsero all'Ave Maria le Parole: "Santa Maria, Madre di Dio, Pregate per noi peccatori, adesso e nell'ora della nostra morte". Milioni di persone recitano ogni giorno questa Preghiera e Riconoscono a Maria la Gloria di Madre di Dio, che un Eretico aveva preteso negare.

Maria Vera Madre di Dio.

Riconoscere che Maria è Vera Madre di Dio è cosa facile. "Se il Figlio della Santa Vergine è Dio, scrive Papa Pio XI nell'Enciclica Lux Veritatis, Colei che l'ha Generato merita di essere chiamata Madre di Dio; se la Persona di Gesù Cristo è Una e Divina, tutti, senza dubbio, devono chiamare Maria Madre di Dio e non solamente di Cristo Uomo. Come le altre donne sono chiamate e sono realmente madri, perché hanno formato nel loro seno la nostra sostanza mortale, e non perché abbiano creata l'Anima umana, così Maria ha acquistato la Maternità Divina per aver Generato l'Unica Persona del Figlio Suo".

Maria e Gesù.

La Maternità Divina Unisce Maria con il Figlio con un Legame più forte di quello delle altre madri con i loro figli. Queste non operano da sole la generazione e la Santa Vergine invece ha Generato il Figlio, l'Uomo-Dio, con la Sua Stessa Sostanza e Gesù è Premio della Sua Verginità ed Appartiene a Maria per la Generazione e per la Nascita nel Tempo, per l'Allattamento con il quale lo nutrì, per l'Educazione che gli diede, per l'Autorità Materna Esercitata su di Lui.

Maria e il Padre.

La Maternità Divina Unisce in Modo Ineffabile Maria al Padre. Maria infatti ha per Figlio il Figlio Stesso di Dio, Imita e Riproduce nel Tempo la Generazione Misteriosa con la quale il Padre Generò il Figlio nell'Eternità, Restando così Associata al Padre nella Sua Paternità. "Se il Padre ci Manifestò un'Affezione così Sincera, dandoci Suo Figlio come Maestro e Redentore, diceva Bossuet, l'Amore che aveva per Te, o Maria, gli fece Concepire ben altri Disegni a Tuo riguardo e ha Stabilito che Gesù fosse Tuo come è Suo e, per realizzare con Te una Società Eterna, volle che Tu fossi la Madre del Suo Unico Figlio e volle essere il Padre del Tuo Figlio" (Discorso sopra la Devozione alla Santa Vergine).

Maria e lo Spirito Santo.

La Maternità Divina Unisce Maria allo Spirito Santo, perché per Opera dello Spirito Santo ha Concepito il Verbo nel Suo Seno. In questo Senso Papa Leone XIII chiama Maria Sposa dello Spirito Santo (Enc. Divinum Munus, 9 Maggio 1897) e Maria è dello Spirito Santo il Santuario Privilegiato, per le Inaudite Meraviglie che ha Operate in Lei.
"Se Dio è con tutti i Santi, afferma San Bernardo, è con Maria in Modo tutto Speciale, perché tra Dio e Maria l'Accordo è così Totale che Dio non solo si è Unita la Sua Volontà, ma la Sua Carne e con la Sua Sostanza e quella della Vergine ha fatto un Solo Cristo, e Cristo se non deriva come Egli è, né Tutto Intero da Dio, né Tutto Intero da Maria, è tuttavia Tutto Intero Dio e Tutto Intero di Maria, perché non ci sono due Figli, ma c'è un Solo Figlio, che è Figlio di Dio e della Vergine. L'Angelo dice: "Ti Saluto, o Piena di Grazia, il Signore è con Te. È con Te non solo il Signore Figlio, che Rivestisti della Tua Carne, ma il Signore Spirito Santo dal quale Concepisti e il Signore Padre, che ha Generato Colui che Tu Concepisti. È con Te il Padre che fa sì che Suo Figlio sia Tuo Figlio; è con Te il Figlio, che, per Realizzare l'Adorabile Mistero, apre il Tuo Seno Miracolosamente e Rispetta il Sigillo della Tua Verginità; è con Te lo Spirito Santo, che, con il Padre e con il Figlio Santifica il Tuo Seno. Sì, il Signore è con Te" (3a Omelia Super Missus Est).

Maria Nostra Madre.

Salutandoti Oggi con il Bel Titolo di Madre di Dio, non dimentichiamo che "avendo dato la Vita al Redentore del Genere Umano, Sei per questo Fatto Stesso Divenuta Madre Nostra Tenerissima e che Cristo ci ha voluti per fratelli. Scegliendoti per Madre del Figlio Suo, Dio ti ha Inculcato Sentimenti del tutto Materni, che respirano solo Amore e Perdono" (Pio XI Enc. Lux Veritatis).
Dalla Gloria del Cielo ove Sei, ricordati di noi, che ti Preghiamo con tanta Gioia e Confidenza. "L'Onnipotente è con Te e Tu Sei Onnipotente con Lui, Onnipotente per Lui, Onnipotente dopo di Lui", come dice San Bonaventura. Tu puoi Presentarti a Dio non tanto per Pregare quanto per Comandare, Tu sai che Dio Esaudisce Infallibilmente i Tuoi Desideri. Noi siamo, senza dubbio, peccatori, ma Tu Sei Divenuta Madre di Dio per Causa Nostra e "non si è mai inteso dire che alcuno di quelli che sono ricorsi a Te sia stato abbandonato. Animati da questa Confidenza, o Vergine delle Vergini, o Nostra Madre, veniamo a Te gemendo sotto il peso dei nostri falli e ci Prostriamo ai Tuoi Piedi. Madre del Verbo Incarnato, non disprezzare le nostre Preghiere, Degnati di esaudirle" (San Bernardo).

La Festa dell'Undici Ottobre.

Il 1931 ricorreva il XV° Centenario del Concilio di Efeso e Papa Pio XI pensò che sarebbe stata "cosa utile e gradita per i Fedeli Meditare e Riflettere sopra un Dogma così Importante" come quello della Maternità Divina e, per lasciare una Testimonianza Perpetua della sua Devozione alla Madonna, Scrisse l'Enciclica Lux Veritatis, Restaurò la Basilica di Santa Maria Maggiore in Roma e Istituì una Festa Liturgica, che "avrebbe contribuito a sviluppare nel Clero e nei Fedeli la Devozione verso la Grande Madre di Dio, presentando alle Famiglie come Modelli, Maria e la Sacra Famiglia di Nazareth", affinché siano sempre più rispettati la Santità del Matrimonio e l'Educazione della Gioventù. Che cosa implichi per Maria la Dignità di Madre di Dio lo abbiamo già notato nelle Feste del Primo Gennaio e del 25 Marzo, ma l'Argomento è Inesauribile e possiamo fermarci su di esso ancora un poco.


Autore: Dom Prosper Guéranger

SANTI é BEATI :

- Santi Taraco, Probo e Andronico Martiri

11 ottobre

+ Anazarbo, Cilicia, 10 ottobre 304 circa

Martirologio Romano: Ad Ainvarza in Cilicia, nell’odierna Turchia, santi Táraco, Probo e Androníco, martiri, che durante la persecuzione dell’imperatore Diocleziano diedero la vita per testimoniare la fede in Cristo.

Esisteva originariamente una “passio” greca dei santi martiri Taraco, Probo ed Andronico, poi tradotta in latino, dalla qualòe fu tratto l’elogio inserito nel Martirologio d’Usuardo ed in seguito anche nel Martyrologium Romanum. Non pochi studiosi ritennero tale narrazione autentica e degna di fede, anche se molti dettagli in essa contenuti sono frutto dei luoghi comuni dell’agiografia leggendaria, così come la comparsa dei martiri in tre differenti città sarebbe inspiegabile dal punto di vista giuridico.
Pare che Taraco fosse cittadino romano di Claudianopoli in Isauria ed aveva lasciato l’esercito in quanto cristiano., Probo era di Side ed Andronico proveniva da una nobile famiglia di Efeso. In odio alla loro fede i tre vennero processati e torturati barbaramente a Tarso ed a Mopsuestia, per essere infine decapitati presso Anazarbo il 10 ottobre 304. Non a torto Taraco, Probo ed Andronico possone essere considerati i più celebri martiri della Cilicia, il cui culto in breve tempo si diffuse in tutto l’Oriente ed in molte altre lontane regioni.
I martirologi geronimiano e romano li commemorano all’11 ottobre, ma il primo li menzziona anche in altre date: 5 aprile, 13 maggio, 27 settembre, 9, 10 e 12 ottobre. In quest’ultima data i tre martiri sono commemorati dai sinassari bizantini. Aussenzio, vescovo di Mopsuestia, nel V secolo edificò una basilica in loro onore fuori le mura della città, facendo pervenire da Anazarbo alcune reliquie. Il 7 maggio 483 anche Martirio, vescovo di Gerusalemme, depose sotto l’altare del monastero di Sant’Eutimio alcune reliquie dei tre martiri. Severo di Antiochia il 6 settembre 515 pronunziò un panegerico in loro onore. A Costantinopoli, capitale imperiale, furono dedicate ben due chiese alla loro memoria.


Autore: Fabio Arduino

VOCE DI SAN PIO :

-" Non temere sul tuo spirito: sono scherzi, predilezioni e prove dello Sposo celeste, che vuole assomigliarti a lui. Gesú guarda le disposizioni ed i buoni voleri dell’anima tua, che sono ottimi; e questi accetta e premia, e non già la tua impossibilità e incapacità. Quindi stai tranquilla." (Epist. III, p. 461).

(Lc 11,15-26) Se io scaccio i demòni con il dito di Dio, allora è giunto a voi il regno di Dio.

VANGELO
 (Lc 11,15-26) Se io scaccio i demòni con il dito di Dio, allora è giunto a voi il regno di Dio.
+ Dal Vangelo secondo Luca

In quel tempo, [dopo che Gesù ebbe scacciato un demonio,] alcuni dissero: «È per mezzo di Beelzebùl, capo dei demòni, che egli scaccia i demòni». Altri poi, per metterlo alla prova, gli domandavano un segno dal cielo. Egli, conoscendo le loro intenzioni, disse: «Ogni regno diviso in se stesso va in rovina e una casa cade sull’altra. Ora, se anche Satana è diviso in se stesso, come potrà stare in piedi il suo regno? Voi dite che io scaccio i demòni per mezzo di Beelzebùl. Ma se io scaccio i demòni per mezzo di Beelzebùl, i vostri figli per mezzo di chi li scacciano? Per questo saranno loro i vostri giudici. Se invece io scaccio i demòni con il dito di Dio, allora è giunto a voi il regno di Dio.Quando un uomo forte, bene armato, fa la guardia al suo palazzo, ciò che possiede è al sicuro. Ma se arriva uno più forte di lui e lo vince, gli strappa via le armi nelle quali confidava e ne spartisce il bottino. Chi non è con me, è contro di me, e chi non raccoglie con me, disperde.Quando lo spirito impuro esce dall’uomo, si aggira per luoghi deserti cercando sollievo e, non trovandone, dice: “Ritornerò nella mia casa, da cui sono uscito”. Venuto, la trova spazzata e adorna. Allora va, prende altri sette spiriti peggiori di lui, vi entrano e vi prendono dimora. E l’ultima condizione di quell’uomo diventa peggiore della prima».

Parola del Signore
(Lc 11,15-26) Se io scaccio i demòni con il dito di Dio, allora è giunto a voi il regno di Dio.
(Lc 11,15-26) Se io scaccio i demòni con il dito di Dio, allora è giunto a voi il regno di Dio.

LA MIA RIFLESSIONE
PREGHIERA
Vieni o Santo Spirito e riempi il mio cuore di te e delle tue doti, donami sapienza e intelletto, consiglio e fortezza, e fa che in tutto possa essere gradita a Dio.


Nel Vangelo di oggi, Cristo si parla della lotta di Dio contro Satana.
Questa lotta diventa drammatica quando Cristo fa uscire Satana dagli indemoniati.
Satana è paragonato ad un uomo forte "bene armato che fa la guardia al suo palazzo".
Tuttavia, Gesù si mostra più forte di lui", perché lo vince "con il dito di Dio", con la sua forza divina, vale a dire con lo Spirito Santo (cf. Mt 12,28). Egli gli toglie le armi e gli strappa il bottino.
È il segno che il regno di Dio è venuto sulla terra e che la Lotta tra il bene ed il male in noi stessi richiedono una scelta, coloro che hanno reclamato da Gesù un segno, ecco che ce l'hanno. Non ne verranno dati loro altri.
 Scoprendo i loro pensieri perversi, Gesù mostra loro che sono sotto l' influenza dello  spirito malvagio.
Poiché noi ci troviamo in mezzo a questa lotta, c’ è impossibile una posizione neutrale: ognuno deve pronunciarsi pro o contro. Chi in questa lotta non è con lui, è con Satana, ricordiamo le parole di Gesù:
-o Dio o mammona.-  Gesù sa che gli uomini si fanno facilmente influenzare e che satana non li lascerà certo in pace, ma che in questa lotta farà di tutto per strapparli al Padre, per questo ci consiglia d’essere saldi nella fede e di difenderci dagli attacchi del maligno, fortificando le nostre difese con la preghiera e stando in guardia, esercitando la nostra mente alla parola del Signore, ma anche ad un colloquio diretto e continuo con la confessione.
La ricerca della perfezione spirituale, non è una forma di presunzione, ma, per come la vedo io, una questione d’umiltà; perché penso che poiché siamo ancora molto lontani da Gesù, che deve essere il nostro parametro di misura, abbiamo bisogno continuamente di confrontarci con la parola per non cadere nei trabocchetti del perfido.
Non credere che satana esiste è già essere caduti in trappola, è già avere fatto la propria scelta, è già negare la parola di Gesù, perché è lui stesso che ce ne parla, e purtroppo fratelli miei, molti sono quelli che ci sono caduti, diffidate anche di chi nella chiesa stessa, non crede che esista satana, e rendetevi conto che molti di questi sapientoni, poi sono gli stessi che invece lo vedono da tutte le parti in cui la Madonna appare…..

mercoledì 9 ottobre 2013

SANTI é BEATI :

- San Paolino di York

10 ottobre

Roma (?) - Rochester (Inghilterra), 644

Martirologio Romano: A Rochester in Inghilterra, transito di san Paolino, vescovo di York, che, monaco e discepolo del papa san Gregorio Magno, fu da lui mandato insieme ad altri a predicare il Vangelo agli Angli, dopo aver convertito alla fede di Cristo Eduino re di Northumbria, lavò nel fiume il suo popolo con il lavacro della rigenerazione.
Ascolta da RadioVaticana:


Uscito dal monastero, entra nella storia. Così si può dire di Paolino, nato da famiglia romana e poi accolto in un’illustre comunità monastica dell’Urbe: Sant’Andrea al Celio, che è luogo di preghiera e anche rampa di lancio. Da qui, infatti, come da altri monasteri, partono nei primi secoli cristiani gli evangelizzatori dell’Europa. Nel 596, il pontefice Gregorio Magno ha preso di qui il priore Agostino e un gruppo di monaci per mandarli nelle Isole britanniche. Cinque anni dopo, fa partire di qui un rinforzo di altri monaci, tra i quali Paolino.
In Britannia non c’è propriamente da introdurre il cristianesimo, ma da salvarlo. Vi è infatti arrivato alcuni secoli prima, al tempo del dominio romano, dandosi via via una gerarchia propria, una struttura. (Già nel 314, ad esempio, tre vescovi britannici avevano partecipato al concilio di Arles, in Francia). Ma nel V secolo, finito il dominio romano, è sorto quello degli Angli e dei Sassoni, conquistatori e immigrati al tempo stesso. Giunti via via dall’Europa occidentale, hanno occupato una vasta parte dell’isola creandovi sette regni: Northumbria, East Anglia, Mercia, Essex, Sussex, Wessex e Kent. La Britannia è diventata “Anglia”, terra degli Angli. Tutti pagani, dai re ai sudditi, sicché la cristianità dell’isola può essere salvata preservando la fede nei territori rimasti britannici, ma soprattutto cristianizzando Angli e Sassoni nei loro territori. Il gruppo di Paolino raggiunge Agostino, che sta rimettendo in piedi una struttura cristiana,intorno alla sede vescovile di Canterbury nel Kent.
Il 21 luglio del 625 Paolino viene consacrato vescovo, e in qualità di consigliere spirituale deve poi accompagnare la giovane Etelberga, figlia del sovrano del Kent, a York, dove sposerà il re di Northumbria, Edvino. York diventa la base operativa dalla quale Paolino intraprende le sue campagne di predicazione rivolta agli Anglosassoni pagani; e fa coraggio ai nuclei di cristiani sparsi nei territori. Egli sa usare efficacemente il metodo indicato da Gregorio Magno col nome di “discrezione”: non distruggere i templi pagani, non accanirsi contro certe usanze e feste, ma cristianizzare con gradualità edifici e usanze.
Dopo il matrimonio di Etelberga, Paolino rimane al suo fianco, per convertire alla fede cristiana anche il re Edvino. L’impresa è difficile e lunga: infine, dopo due anni di colloqui e di esortazioni, nel 627 il sovrano riceve il battesimo. E con lui si fanno cristiani personaggi di corte e sudditi: un’ondata opportunistica di cristiani improvvisati e provvisori; altra gente da quella che Paolino istruisce pazientemente per gradi, nel lungo esercizio della “discrezione”.
Nominato vescovo di York (con Canterbury, una delle due più importanti sedi vescovili d’Inghilterra), incomincia a costruirne la cattedrale in pietra. Ma non la vedrà finita. Il 12 ottobre 633 il re Edvino e suo figlio Osfrido sono uccisi in battaglia presso Doncaster, dal pagano Penda, re della Mercia, e dal suo alleato cristiano, il re gallese Cadwallon. Paolino riesce a condurre in salvo la regina Etelberga e i personaggi della corte, mentre il crollo del regno coinvolge anche le strutture ecclesiali da poco realizzate. Nominato poi vescovo di Rochester, Paolino vi muore nel 644. Alla sua fama di santità contribuirà molto la Storia ecclesiastica di Beda il Venerabile, dottore della Chiesa, nato in Northumbria 28 anni dopo la sua morte.


Autore: Domenico Agasso

VOCE DI SAN PIO :

-"In quanto al tuo spirito sta’ tranquilla ed affida sempre piú tutta te stessa a Gesú. Sforzati di uniformarti sempre ed in tutto alla divina volontà, sia nelle cose favorevoli che avverse, e non essere sollecita per il domani." (Epist. III, p. 455).

(Lc 11,5-13) Chiedete e vi sarà dato.

VANGELO
 (Lc 11,5-13) Chiedete e vi sarà dato.
+ Dal Vangelo secondo Luca

In quel tempo, Gesù disse ai discepoli: «Se uno di voi ha un amico e a mezzanotte va da lui a dirgli: “Amico, prestami tre pani, perché è giunto da me un amico da un viaggio e non ho nulla da offrirgli”, e se quello dall’ interno gli risponde: “Non m’importunare, la porta è già chiusa, io e i miei bambini siamo a letto, non posso alzarmi per darti i pani”, vi dico che, anche se non si alzerà a darglieli perché è suo amico, almeno per la sua invadenza si alzerà a dargliene quanti gliene occorrono.Ebbene, io vi dico: chiedete e vi sarà dato, cercate e troverete, bussate e vi sarà aperto. Perché chiunque chiede riceve e chi cerca trova e a chi bussa sarà aperto. Quale padre tra voi, se il figlio gli chiede un pesce, gli darà una serpe al posto del pesce? O se gli chiede un uovo, gli darà uno scorpione? Se voi dunque, che siete cattivi, sapete dare cose buone ai vostri figli, quanto più il Padre vostro del cielo darà lo Spirito Santo a quelli che glielo chiedono!».

Parola del Signore
(Lc 11,5-13) Chiedete e vi sarà dato.
(Lc 11,5-13) Chiedete e vi sarà dato.

LA MIA RIFLESSIONE
PREGHIERA
Ispirami o Dio, attraverso lo Spirito Santo, quale strada deve seguire il mio cuore per percorrere le Tue vie, senza timore di sbagliare e di ascoltare falsi profeti.


Dopo averci insegnato a pregare, Gesù ci fa conoscere la meravigliosa bontà e disposizione del Padre.
Per farlo ci fa il paragone con il nostro padre terreno, che si presume ci ami al di sopra di tutto, ma come noi non è perfetto nell'amore come Dio.
- Chiedi e ti sarà dato, bussa e ti sarà aperto - che sono le parole con le quali Gesù ci dice che se ci rivolgiamo a Dio con tutto il cuore, e con una vera disposizione a seguire le sue vie, a conoscerlo, Egli ci darà tutto quello che chiediamo, perché non aspetta altro che la nostra conversione a Lui e alla sua parola. Ora si tratta di capire qual' è la giusta disposizione per porci davanti a Lui, e sicuramente non è quella di pretendere già di sapere quali sono le cose giuste per noi, quindi accettiamo la sua volontà e cerchiamo di comprendere che se il Signore permette determinate cose e situazioni, lo fa per il nostro bene, perché sa qual' è il nostro bene, e quello di tutta l' umanità, poiché Lui è l'unica via per la nostra salvezza.
Un' altra cosa che possiamo notare e come questo brano non inizi con Gesù che ci parla di quello che Dio ci può dare, ma con quella che invece può essere la risposta del mondo al nostro bisogno di aiuto.  Avere gli uomini per amici, non è che sia sbagliato, assolutamente, non è questo che ci vuole dire Gesù, ma ci avverte che gli uomini sono un pochino egoisti, e non è che abbiano a cuore il nostro benessere, ma pensano molto più al loro. Dio invece ci ama e sa che cosa è meglio per noi, perciò quando preghiamo, e facciamolo spesso, anche per le piccole cose, non chiediamogli di accontentarci, ma di fare quello che è meglio per noi, e fidiamoci, Lui sa quello che fa!


martedì 8 ottobre 2013

VOCE DI SAN PIO : -

-" Ti prego poi a non angustiarti per quello che io vado ed andrò soffrendo, poiché il soffrire, per quanto grande sia, messo di fronte al bene che ci aspetta, riesce di diletto per l’anima.3 (Epist. III, p. 402).

SANTI é BEATI :

- Sant' Abramo Patriarca d'Israele

9 ottobre

Ur dei Caldei - Canaan, XIX secolo a.C.

Nella Bibbia due titoli definiscono precipuamente Abramo, il patriarca, originario della Mesopotamia, stabilitosi a Carran e di lì emigrato nella terra di Canaan. Amico di Dio, egli è il padre dei credenti. Come amico della divinità, è modello di vita religiosa e morale, che può intercedere per sé e per i suoi alleati. Come credente, vive nella tensione tra fede e promessa.
Lascia il suo paese guidato dalla fiducia nella parola di Dio, ma le circostanze sembrano contraddire l’attesa: il patriarca è anziano, Sara non è in grado di avere figli.
«Abramo, tuttavia, credette nel Signore che glielo accreditò come giustizia». La dialettica della fede, però, diviene ancora più acuta con l’inaudita richiesta di sacrificare Isacco. Il viaggio di Abramo verso il monte Moria in compagnia del figlio diventa il paradigma della notte oscura, del viaggio della fede nella tenebra di Dio il quale sembra rinnegare la promessa tanto attesa e coltivata.
All’obbedienza del padre risponde il gesto di liberazione di Dio. In ambito cristiano è soprattutto l’apostolo Paolo a riflettere sulla figura di Abramo. Fedele alla sua concezione, ritiene che il patriarca, giustificato per la fede, sia sorgente di benedizione per l’umanità.
Inoltre, proprio dalla riflessione sulla sua figura Paolo trae la conclusione che la salvezza non deriva dalle opere ma dal dono di Dio accolto nella fede. Su questo punto insistettero Lutero, i teologi, gli uomini di cultura e gli artisti che aderirono alla riforma del XVI secolo. Modello di fede per ebrei e cristiani, Abramo è venerato anche dai seguaci dell’Islam.

Etimologia: Abramo = grande padre, dall'ebraico

Martirologio Romano: Commemorazione di sant’Abramo, patriarca e padre di tutti i credenti, che, chiamato da Dio, uscì dalla sua terra, Ur dei Caldei, e si mise in cammino per la terra promessa da Dio a lui e alla sua discendenza. Manifestò, poi, tutta la sua fede in Dio, quando, sperando contro ogni speranza, non si rifiutò di offrire in sacrificio il suo figlio unigenito Isacco, che il Signore aveva donato a lui già vecchio e da una moglie sterile.

Padre di tutti i credenti, così è chiamato Abramo patriarca del Vecchio Testamento e che rappresentò l’umanità nella grande alleanza che Dio propose.
Con la vicenda di Abramo, inizia la storia dei Patriarchi d’Israele, che va dal XIX al XVII secolo a.C., raccontata dal capitolo 12 al capitolo 50 nel primo libro della Bibbia, la Genesi.
Egli era discendente di Sem, uno dei tre figli di Noé e dimorava con il padre Terah e con tutta la famiglia ad Ur dei Caldei, antichissima città della Bassa Mesopotamia (attuale Iraq).
Terah poi con Abramo e sua moglie Sara e con il nipote Lot, lasciò Ur per emigrare nella terra di Canaan, arrivarono fino ad Harran (Carran) stabilendosi lì per lungo tempo, fino alla morte di Terah che visse 205 anni. Qui avvenne il fatto umanamente inspiegabile, Dio irrompe nella vita ordinaria di Abramo e gli parla chiamandolo ad una missione tanto grande quanto misteriosa: “Vattene dal tuo paese, dalla tua patria e dalla casa di tuo padre, verso il paese che ti indicherò. Farò di te un grande popolo e ti benedirò, renderò grande il tuo nome e diventerai una benedizione. Benedirò coloro che ti benediranno e coloro che ti malediranno, maledirò e in te si diranno benedette tutte le famiglie della terra”.
Abramo risponde con la fede; sarà poi sempre l’uomo della fede, il primo e il modello dei credenti e in quanto tale è padre di ogni credente, non soltanto della comunità ebraica, cristiana ed islamica, ma anche di tutti gli esseri umani, in cammino alla ricerca di Dio.
A 75 anni prese con sé la moglie Sara e il nipote Lot, figlio del defunto fratello Aran e si sposta alla maniera dei nomadi, con tutto il bestiame ed i servitori, lungo la regione montuosa della Palestina, toccando e soggiornando in vari luoghi, a Mamre nei pressi di Hebron, Canaan, Sichen, Bersabea nel Negheb, per un breve tempo a causa di una carestia, anche in Egitto; stabilendosi definitivamente nella steppa meridionale del Negheb.
In seguito a contrasti sorti fra i mandriani di Abramo e quelli di Lot che pure aveva grosse mandrie e greggi, per il poco spazio disponibile, Abramo e Lot si divisero; Lot si diresse allora verso la rigogliosa valle del Giordano, piantando le tende vicino a Sodoma, Abramo rimase nella terra di Canaan.
In quel tempo vi fu una scorreria al di là del Giordano e a sud della Palestina, di una spedizione di re orientali provenienti dall’est di Babilonia, i quali combattendo e vincendo i piccoli re della Pentapoli (Sodoma, Gomorra, Adma, Sebain, Soar) presero bottino e cittadini prigionieri, compreso Lot con i suoi beni.
Abramo avvertito di ciò, intervenne con i suoi uomini più esperti nelle armi e piombando di notte sugli invasori li sconfisse, liberò Lot e gli altri prigionieri, recuperando i beni, inseguendoli fino oltre Damasco.
Del bottino fatto, Abramo offrì una decima a Melchisedech, sacerdote dell’Altissimo e re di Shalem, che gli era venuto incontro benedicendolo e Dio gli confermò la promessa di dare il paese di Canaan ai suoi discendenti. Intanto la moglie Sara essendo sterile e vecchia, per dargli un figlio, cedette al marito la schiava Agar da cui nacque Ismaele; Dio rinnovò il patto con Abramo che aveva 99 anni, promettendogli grandi ricompense, allora lui disse, “Cosa mi darai? Vedi che a me non hai dato discendenza e che un mio domestico sarà mio erede” e Dio a lui “non costui sarà il tuo erede, ma colui che sarà generato da te sarà il tuo erede, guarda in cielo e conta le stelle, tale sarà la tua discendenza” e poi mediante un sacrificio di animali, come era uso fra gli ebrei, Dio suggellò la sua Alleanza con Abramo, sancita con la circoncisione di Abramo, di Ismaele e di tutti i maschi del gruppo, da perpetuarsi con ogni bimbo nato in seguito.
Dio apparve ancora ad Abramo alla Quercia di Mamre sotto le sembianze di tre uomini, ai quali lui offrì cibo, bevande e ospitalità; i tre gli predissero che Sara avrebbe avuto un figlio da lì ad un anno, benché molto vecchia, poi dissero di essere diretti a distruggere le città di Sodoma e Gomorra per i peccati dei loro abitanti.
Abramo intercesse più volte per loro, affinché venissero risparmiati in virtù dei buoni presenti fra essi; gli angeli, perché di angeli si trattava, concessero che anche per solo dieci giusti, essi avrebbero risparmiato le città. Ma non si trovarono, il solo Lot e sua moglie furono risparmiati; le città sotto una pioggia di fuoco e zolfo, bruciarono con tutti gli abitanti, mentre Lot e la moglie fuggivano, quest’ultima benché avvertita di non farlo, si voltò a guardare l’incendio e si tramutò in una statua di sale.
Più tardi nacque Isacco e Sara fece allontanare la schiava Agar con il figlio Ismaele, con grande dolore del patriarca, al quale però il Signore promise anche per Ismaele una grande discendenza. A questo punto si arriva al momento più drammatico della vita di Abramo, ma anche più rivelatore della sua grande fiducia in Dio; il Signore volle metterlo ancora alla prova, lo chiamò quando Isacco era già fanciullo e gli disse di portarlo sul monte nel territorio di Moria e di sacrificarlo, come si usava per i sacrifici di animali offerti a Dio.
Nonostante il dolore provato per questa richiesta di sacrificare quell’unico figlio, nato così prodigiosamente nella tarda vecchiaia e che secondo le promesse di Dio, avrebbe assicurato la sua discendenza, Abramo obbedì, ma quando stava per portare a compimento con il coltello, l’uccisione del figlioletto, un angelo apparso lo fermò dicendo: “Non stendere la mano contro il ragazzo e non fargli alcun male! Ora so che tu temi Dio e non mi hai rifiutato il tuo unico figliuolo”.
Alzando gli occhi poi Abramo vide un ariete impigliato con le corna fra i rami di un arbusto e presolo, insieme ad Isacco, lo sacrificarono sull’altare improvvisato prima. Dio tramite l’angelo gli promise, per questa ubbidienza alla Sua volontà, anche quando tutto veniva rimesso in questione, ogni benedizione, la moltiplicazione della discendenza come la sabbia delle spiagge e le stelle nel cielo e saranno benedette tutte le Nazioni della terra.
Morta Sara a 127 anni, Abramo mandò il servo Eliezer in Mesopotamia a cercare una moglie per il figlio Isacco, il quale ritornò con Rebecca della stessa famiglia di Abramo. Il patriarca poi sposò Ketura, dalla quale ebbe sei figli, Zimran, Ioksan, Medan, Madian, Isbak e Suach.
Morì a 175 anni nella terra di Canaan, lasciando erede universale Isacco e un appannaggio agli altri figli. Alla sua genealogia si riallacciano gli Ebrei attraverso Isacco, vissuto 180 anni e gli arabi attraverso Ismaele, che visse 137 anni; la sua importanza per gli ebrei crebbe sempre più, venendo considerato il progenitore e l’uomo del primo patto con Dio; in tutta la tradizione che seguirà, il Signore è spesso chiamato il “Dio di Abramo”.
Il drammatico episodio del sacrificio di Isacco, in cui Dio manifesta di non gradire i sacrifici umani, è stato in ogni tempo raffigurato nelle opere dei più grandi artisti.
La Chiesa Cattolica ricorda Abramo, padre di tutti credenti, al 9 ottobre.


Autore: Antonio Borrelli

(Lc 11,1-4) Signore, insegnaci a pregare.

VANGELO
 (Lc 11,1-4) Signore, insegnaci a pregare.
+ Dal Vangelo secondo Luca

Gesù si trovava in un luogo a pregare; quando ebbe finito, uno dei suoi discepoli gli disse: «Signore, insegnaci a pregare, come anche Giovanni ha insegnato ai suoi discepoli». Ed egli disse loro: «Quando pregate, dite:Padre,sia santificato il tuo nome,venga il tuo regno;dacci ogni giorno il nostro pane quotidiano,e perdona a noi i nostri peccati,anche noi infatti perdoniamo a ogni nostro debitore,e non abbandonarci alla tentazione».

Parola del Signore
(Lc 11,1-4) Signore, insegnaci a pregare.
(Lc 11,1-4) Signore, insegnaci a pregare.

LA MIA RIFLESSIONE
PREGHIERA
Aiutami o Spirito di Dio a sentire e a far comprendere il valore della preghiera, la meraviglia del dialogo che attraverso di Te, ci mette in comunione con Dio.

A volte siamo confusi da mille parole, e ci rispondono mille silenzi ….
Nessuno di noi è in grado di dire quale sia la preghiera, come si deve pregare, in tanti provano a spiegarlo, ma è una cosa talmente personale, talmente intima , che nessuno vi potrà mai spiegare cosa sentirete.
Gesù ci indica una preghiera molto semplice se ci pensate bene, una preghiera che non è fatta di parole, ma di fatti, pensate che san Francesco si fermò alla parola PADRE per un’infinità di tempo. Con questo non vuole certo dirci di non pregare con altre preghiere né di non usare parole nostre, ma ci chiede di non parlare a vuoto come i pagani, come chi non crede in quello che dice.
Dio ci è PADRE: credere questo vuol dire avere fede in Dio… fede = fiducia, capito bene?
Dio può tutto, ci ama tutti ed è un PADRE GIUSTO.
Pensate anche voi: che cosa è per me DIO PADRE NOSTRO….. questo Nostro vuole e deve legarci ai fratelli.Perché lo collochiamo nei cieli? Primo perché ce lo dice Gesù Cristo, poi perché il suo regno va oltre i confini della nostra terra, DIO HA CREATO L’UNIVERSO INTERO, spazio infinito che noi non capiremo mai fino a che siamo legati a questa terra.
Santificare il suo nome, venerare Dio, adorare Dio, rendere grazie a Dio, a Lui tutto dobbiamo, dalla creazione alla salvezza ed aspettare glorificandolo che siamo accolti nel suo regno, noi creature di un Creatore che non mette limiti perchè non ha limiti.
Quindi la vita va oltre questa terra… dobbiamo crederci, e se chiediamo a Dio una fede viva, una fede pura, se abbandoniamo a lui la nostra anima… anche noi avremo questa certezza.
Sia fatta la tua volontà… e qui la cosa comincia a diventare tosta. In genere la nostra preghiera invoca Dio di fare la nostra volontà…. non che non sia giusto pregare per essere aiutati, anzi, spesso quando la nostra preghiera è serena, convinta e fiduciosa, quello che chiediamo ci viene accordato. A volte però, questo può non succedere, e magari una persona che amiamo tanto, viene a mancare ugualmente, nonostante tutte le nostre preghiere… accorate e sincere… Vuol dire che Dio non ci ama? No certamente no, ma dobbiamo accettare che i disegni di Dio, possono non essere i nostri.
Ci sarà un motivo, che noi ora non possiamo capire, anche questo in fondo fa parte del ciclo della vita terrena, e questo è affidare a Dio anche quello che non capiamo.
Chiediamo il pane quotidiano… contribuiamo a far si che tutti abbiano il loro?Noi chiediamo per oggi, ma riceviamo in abbondanza, e se invece di pensare solo a noi ci preoccupassimo anche di aiutare gli altri? Noi potremmo essere la divina provvidenza di molte bocche, la medicina di molte malattie, ma spesso il nostro egoismo ci chiude gli occhi sulla fame degli altri.
Chiediamo il pane e Dio ci da il pane… anche la sua parola è pane…ce ne cibiamo?
Il suo corpo è pane, ce ne ricordiamo solo alla domenica? E come andiamo a ricevere il corpo di Gesù?
- Rimetti a noi i nostri debiti -.. e fino qui ok, ma poi aggiunge Gesù: - come noi li rimettiamo ai nostri debitori…- non è che stiamo suggerendo a Dio come perdonarci, ma gli diciamo espressamente che ci deve giudicare in base a come noi ci comporteremo con gli altri, con il nostro prossimo, in base a quanto noi saremo capaci di perdonare.
Io lessi una volta una frase che mi è rimasta stampata in testa… il perdono è un ponte sul quale dovrai passare anche tu… riflettiamo su quanto noi siamo veramente capaci di comprensione e perdono, su quanto siamo capaci di amare.
E quando chiediamo di non essere tentati perché lo facciamo se ci sentiamo così forti?  Perché di fronte alle tentazioni scopriamo tutta la nostra debolezza.
Noi senza Dio non siamo nulla, né capaci di nulla, tutto quello che siamo lo dobbiamo a Dio, se siamo capaci di atti eroici, di grandi azioni e anche solo di piccoli sacrifici, è Dio che opera in noi.
Ma sulla terra c’è anche il male, c’è anche il principe del male, che lo vogliamo credere o no, c’è e a volte, siamo più attaccati a questa bestia di quanto siamo attaccati a Dio.
Basterebbe gridare salvami Signore mio, andare a confessarci, ma che scherziamo? Un sacerdote? Un peccatore come me? E perché devo andare a raccontare i fatti miei ad un prete… buoni quelli!
Allora come pensare di essere ascoltati da Dio se siamo i primi a mettere dei limiti al suo amore misericordioso. Satana odia i sacerdoti più di ogni altra cosa, li tenta e li distrugge con il nostro aiuto, con le nostre chiacchiere vane, se parlassimo di meno e pregassimo di più per loro, vedremmo il potere salvifico della preghiera, frutto d’amore, legame tra Dio e noi.
Proviamo ora a pregare con la fiducia di bambini e a proposito di bambini, scaldiamoci il cuore con questa canzone cantata proprio dai bambini.

lunedì 7 ottobre 2013

VOCE DI SAN PIO :

-"Un particolare non tengo nulla a riprovare in te, all’infuori di questa agitazione alquanto amara in te, che non ti fa gustare tutta la dolcezza della croce. Emendati di questa e continua a fare come hai fatto sinora, ché fai bene." (Epist. III, p. 447).

SANTI é BEATI :

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Beato Marzio Eremita in Umbria

8 ottobre



Eremita vissuto nel XIII secolo in Umbria; notizie brevi sulla sua vita ci vengono tramandate da alcuni scrittori quasi contemporanei del beato, come il minorita Odorico da Forlì, che lo cita nella sua “Storia” dalle origini del mondo all’anno 1330.
Marzio nacque nel 1210, a Pieve di Compresseto, frazione di Gualdo Tadino, diocesi di Nocera Umbra da una famiglia semplice del popolo; fece per un certo tempo il muratore e nel tempo libero si dedicava all’assistenza degli ammalati e soccorrendo i bisognosi.
Aveva tre fratelli Silvestro (Salvetto), Leonardo e Filippo che divenne sacerdote; giunto ai 31 anni, abbandonò il mondo imitato dai fratelli e da altri; devotissimo di s. Francesco d’Assisi, che era morto una quindicina di anni addietro e che aveva rivoluzionato con la sua riforma di povertà evangelica, tutta la Regione Umbra, Marzio si ritirò in un romitorio presso Gualdo Tadino, abbandonato dai francescani.
Indossò l’abito dei Terziari Francescani e per 60 anni, si dedicò ad una vita di intensa unione con Dio, in una condizione di austerità e povertà eremitica.
Edificò con la parola e con l’esempio la popolazione dei dintorni, ottenendo pure conversioni strepitose; nei suoi ultimi anni divenne cieco, infermità che sopportò con ammirabile pazienza; morì in estrema povertà, vero ‘ povero evangelico’, l’8 ottobre 1301 a 91 anni.
Alla notizia della sua morte accorse una folla di fedeli che fu testimone di numerosi prodigi, aumentando così la sua fama di santità; gli abitanti di Gualdo, eressero a poca distanza dalla città, una chiesa detta poi di S. Marzio, dove il beato venne sepolto sotto l’altare.
La chiesa si deteriorò col tempo e il vescovo di Nocera Umbra nel 1607, fece trasportare il corpo del beato Marzio, nel tempio di S. Rocco fuori Gualdo.
Il culto che gli è stato da sempre tributato non risulta però confermato ufficialmente.
Il Martirologio Francescano lo celebra l’8 ottobre, insieme agli altri tre fratelli, di cui però non esiste culto.


Autore: Antonio Borrelli