22 settembre
Santhià, Vercelli, 5 giugno 1686 - Torino, 22 settembre 1770
Lorenzo Maurizio Belvisotti, nato a Santhià (Vercelli) nel 1686, viene ordinato prete nel 1710. Entra in contatto con i Gesuiti, ma nel 1716 entra nei Cappuccini di Chieri con l'intenzione di partire missionario. Dopo un servizio di 13 anni come maestro dei novizi a Mondovì e un periodo al convento di Torino, Ignazio, questo il suo nome da religioso, viene mandato dai superiori a confortare i militari dell'esercito sabaudo feriti dai franco-spagnoli negli ospedali di Asti, Alessandria e Vinovo. Finita la guerra, il convento del Monte dei Cappuccini di Torino lo accoglie nuovamente per l'ultimo lungo periodo della sua vita (1747-1770). Qui spenderà 23 anni confortando spiritualmente sia poveri che personaggi in vista del Regno. Muore il 22 settembre 1770, festa di san Maurizio, patrono dei Cappuccini piemontesi. È stato canonizzato il 19 maggio 2002 da Giovanni Paolo II. (Avvenire)
Martirologio Romano: A Torino, sant’Ignazio da Santhià (Lorenzo Maurizio) Belvisotti, sacerdote dell’Ordine dei Frati Minori Cappuccini, assiduo nell’ascolto dei penitenti e nell’assistenza ai malati.
Padre Ignazio da Santhià fu, probabilmente, uno dei "Santi" torinesi più amati dal popolo sebbene sia oggi una delle figure religiose meno "mediatiche". È, infatti, tra i Santi meno noti che Papa Giovanni Paolo II ha deciso di canonizzare. Eppure alla sua morte, avvenuta nel 1770, la folla accorsa a rendergli omaggio blocca il Monte dei Cappuccini tanto da spingere le autorità religiose a celebrare i funerali all’alba, per tutelarne le spoglie già oggetto di culto.
Ma chi fu e quali segni ha lasciato questo frate modesto così significativo per l’Ordine piemontese? Lorenzo Maurizio Belvisotti nasce a Santhià nel 1686. Di famiglia benestante, orfano di padre all’età di 8 anni, sceglie la vita religiosa, frequenta il seminario e prende i voti con il benestare di madre e fratelli. Ordinato prete, a 30 anni è precettore presso i Conti Avogadro di Casanova, a Vercelli. Tra la rendita personale e l’attività alla corte della nobile famiglia potrebbe condurre un alto tenore di vita, ma il corso della sua esistenza è messo alla prova nel 1715 da due eventi: la morte della madre e la controversia che si accende sulla parrocchia che gli viene assegnata in Santhià.
Nel maggio del 1716 Don Lorenzo è al Monte dei Cappuccini, a colloquio con il Padre Provinciale per cercare la propria via. Il 10 giugno 1616, rinuncia ufficialmente alla parrocchia assegnatagli e, il 24 dello stesso mese, entra in convento a Chieri, preceduto dalla fama conquistata con l’abito talare. Scegliendo la strada di Francesco comincia il suo percorso religioso da zero, prendendo il nome di Ignazio dal tanto ammirato Ignazio di Lojola. La professione solenne dei voti avviene il 24 maggio 1717.
Da questo momento la sua vita registra un pellegrinaggio ininterrotto nei conventi di Torino e provincia, dove ricopre diversi ruoli, da Chieri a Biella, Pinerolo, Avigliana, Chivasso e Carrù. Ma è il compito di maestro di novizi a Mondovì che, in questo fase, segna un passaggio fondamentale.
Dal 1750 alla morte è stabile al Monte di Torino ed è in questi 20 anni che la sua fama, cresce, sul passa parola di malati e bisognosi. Per loro Ignazio diventa presto una figura di riferimento, che ogni giorno scende in città a portare conforto. Dialoga con i poveri e con i potenti e la sua figura si circonda di un alone di venerazione che lui sfugge con modestia. Quando, superati gli 80 anni, il fisico gli impedisce di percorrere lo scosceso sentiero verso il centro città, è la sua gente a cercarlo. Muore il 21 settembre 1770 allo scoccare della mezzanotte e la voce "È morto il Santino del Monte" percorre Torino.
Una dei più autorevoli seguaci è il Cottolengo, che ne dispensa le immaginette e invita i malati della Piccola casa della Divina Provvidenza a pregare il "Santo" per ottenere la guarigione.
La causa di beatificazione è immediata. Subito si apre il processo e i cappuccini solleciti raccolgono testimonianze e relazioni sulla sua vita, sulle virtù e sui fatti straordinari a lui attribuiti. La documentazione è consegnata a Torino l’11 settembre 1777 e a Roma il 2 settembre 1780. È Papa Leone XII il 19 marzo 1827, dopo un lungo periodo di silenzio, a emanare il decreto sulla "Eroicità delle virtù del venerabile Ignazio da Santhià". Ma una nuova attesa avvolge la causa. Le ragioni dei sostenitori del Santo si arricchiscono di 2 guarigioni miracolose, entrambe in provincia di Cuneo: la prima registrata nel 1946 a Busca e la seconda nel 1955 a Revello.
Paolo VI ne decreta la beatificazione nel 1966. Il 19 maggio 2002 Papa Giovanni Paolo II lo fa Santo.
Autore: Cristina Siccardi
Lorenzo Maurizio – così il suo nome di battesimo – nasce il 5 giugno 1686 a Santhià (Vercelli), quarto tra i sei figli dell’agiata famiglia di Pier Paolo Belvisotti e Maria Elisabetta Balocco. Rimasto orfano del padre a sette anni, la madre provvede alla sua formazione affidandolo al pio e dotto sacerdote don Bartolomeo Quallio, suo parente. Sentendosi chiamato alla vita ecclesiastica, dopo le scuole primarie nella città natale, nel 1706 Lorenzo Maurizio passa a Vercelli per gli studi filosofici e teologici. Ordinato sacerdote nell’autunno del 1710, resta nel capoluogo come cappellano-istruttore della nobile famiglia Avogadro. In questi primi anni di sacerdozio non rinuncia ad associarsi all’apostolato dei Gesuiti, particolarmente nella predicazione delle missioni al popolo. Conoscerà così il suo futuro direttore spirituale, il padre gesuita Cacciamala.
La natia Santhià, desiderando avere il suo concittadino, lo elegge canonico rettore dell’insigne collegiata di Santhià. A loro volta gli Avogadro lo eleggono parroco della parrocchia di Casanova Elvo di cui godevano il giuspatronato. Tuttavia il quasi trentenne don Belvisotti non va in cerca di gloria: ha maturato ben altre mete. Rinunciato alle due nomine e ai benefici loro connessi, il 24 maggio 1716 entra nel convento-noviziato dei Cappuccini di Chieri (Torino) e assume il nome di fr. Ignazio da Santhià con l’intenzione di partire in futuro per le missioni estere. La sua fermezza nel tendere alla perfezione, l’osservanza piena, premurosa, spontanea e gioiosa della vita cappuccina, gli attirano l’ammirazione anche dei più anziani religiosi del noviziato. Dopo gli anni della formazione cappuccina (trascorsi a Saluzzo, a Chieri e a Torino, sul Monte dei Cappuccini), nel Capitolo Provinciale del 31 agosto 1731 viene nominato maestro di noviziato nel convento di Mondovì (Cuneo). In tredici anni di magistero e testimonianza, Ignazio offre alla Provincia monastica del Piemonte ben 121 nuovi frati, alcuni dei quali moriranno in fama di santità. In seguito ad un atto eroico (essendosi addossato la grave oftalmia e le sofferenze del suo ex-novizio Bernardino Ignazio dalla Vezza, impedito di continuare nell’attività missionaria in Congo), nel 1744 deve rinunciare all’incarico e ritirarsi per cure nel convento-infermeria di Torino-Monte.
L’obbedienza ai superiori (alla quale mai si sottrasse), lo inducono a seguire, come cappellano-capo, l’esercito del re di Sardegna Carlo Emanuele III, in guerra contro le armate franco-spagnole(1745-1746), per assistere i militari feriti o contagiati negli ospedali di Asti, Alessandria e Vinovo.
Finita la guerra, il convento del Monte dei Cappuccini di Torino lo accoglie nuovamente per l’ultimo lungo periodo della sua vita (1747-1770). Con una generosità senza misura e con umile e intensa carica spirituale, Ignazio divide la sua attività pastorale tra il convento e la città di Torino: predica settimanalmente agli altri confratelli, attende al ministero della riconciliazione e, nonostante la non più giovane età e le gravi malattie, scende l’erta collina su cui sorge il convento per percorrere le vie della città e incontrare di casa in casa poveri e ammalati, che attendono il conforto della sua parola e della sua ormai celebre benedizione. Intanto si vanno moltiplicando i prodigi e il popolo lo ribattezza “il Santo del Monte”; contemporaneamente su di lui si accentra anche la venerazione dei più distinti personaggi del Piemonte: dai regnanti all’arcivescovo di Torino, Giovanni Battista Roero, al primo vescovo di corte, il cardinale Vittorio Delle Lanze; dal gran cancelliere Carlo Luigi Caisotti di Santa Vittoria, al sindaco della città.
Ignazio da Santhià trascorre gli ultimi due anni nell’infermeria del suo convento, continuando a benedire, a confessare, a consigliare quanti a lui ricorressero. La sua vita appare ormai assorbita e trasformata in quel Crocifisso che egli non sa allontanare dal suo sguardo.
Il 22 settembre 1770, festa di s. Maurizio, patrono suo e della provincia cappuccina del Piemonte, fr. Ignazio muore serenamente nella sua cella, all’età di 84 anni.
La fama della sua santità e i numerosi prodigi attribuiti alla sua intercessione inducono ad avviarne immediatamente il processo di canonizzazione. Dopo la causa ordinaria, nel 1782 viene introdotto il processo apostolico che, a motivo delle vicissitudini della Rivoluzione Francese e delle ricorrenti soppressioni che colpiscono gli Ordini religiosi nell’Ottocento, subisce continui rallentamenti e interruzioni. E se fin dal 19 marzo 1827 Leone XII ne riconosce l’eroicità delle virtù di fr. Ignazio da Santhià, solo il 17 aprile 1966 (dopo oltre un secolo di quasi totale silenzio e dopo la valutazione positiva di due miracoli ottenuti per sua intercessione negli anni precedenti) Paolo VI può procedere alla sua solenne beatificazione.
Giovanni Paolo II ne ha proclamato la santità il 19 maggio 2002, domenica di Pentecoste. Le reliquie di Ignazio da Santhià sono venerate nella chiesa del Monte dei Cappuccini in Torino.
Autore: Padre Mario Durando