domenica 11 marzo 2018

(Gv 4,43-54) Va’, tuo figlio vive.




VANGELO DI LUNEDÍ 12 MARZO 2018
(Gv 4,43-54) Va’, tuo figlio vive.
+ Dal Vangelo secondo Giovanni
In quel tempo, Gesù partì [dalla Samarìa] per la Galilea. Gesù stesso infatti aveva dichiarato che un profeta non riceve onore nella propria patria. Quando dunque giunse in Galilea, i Galilei lo accolsero, perché avevano visto tutto quello che aveva fatto a Gerusalemme, durante la festa; anch’essi infatti erano andati alla festa. Andò dunque di nuovo a Cana di Galilea, dove aveva cambiato l’acqua in vino. Vi era un funzionario del re, che aveva un figlio malato a Cafàrnao. Costui, udito che Gesù era venuto dalla Giudea in Galilea, si recò da lui e gli chiedeva di scendere a guarire suo figlio, perché stava per morire. Gesù gli disse: «Se non vedete segni e prodigi, voi non credete». Il funzionario del re gli disse: «Signore, scendi prima che il mio bambino muoia». Gesù gli rispose: «Va’, tuo figlio vive». Quell’uomo credette alla parola che Gesù gli aveva detto e si mise in cammino. Proprio mentre scendeva, gli vennero incontro i suoi servi a dirgli: «Tuo figlio vive!». Volle sapere da loro a che ora avesse cominciato a star meglio. Gli dissero: «Ieri, un’ora dopo mezzogiorno, la febbre lo ha lasciato». Il padre riconobbe che proprio a quell’ora Gesù gli aveva detto: «Tuo figlio vive», e credette lui con tutta la sua famiglia. Questo fu il secondo segno, che Gesù fece quando tornò dalla Giudea in Galilea.
Parola del Signore
LA MIA RIFLESSIONE
PREGHIERA
Vieni o Santo Spirito e guarda alla mia povertà, io che senza di Te non sono nulla e non posso nulla,ti chiedo di aiutami a capire quanto il discepolo che Gesù tanto amava,ha compreso e desidera farci conoscere. Ci sono pagine del Vangelo che sembrano scritte per costringerci a capire per forza quello che continuiamo ostinatamente a non comprendere. Gesù passa e ripassa nella nostra vita, compie segni continuamente, ma a noi questo non basta! In Galilea pensavano di conoscerlo, di sapere tutto di lui e per questo non riuscivano a vederlo come il “mandato da Dio”. Era il figlio di Maria e Giuseppe il falegname, un uomo qualunque, che pretendeva che solo perché proprio lì, aveva trasformato l’acqua in vino, tutti si convertissero? La sua fama però, aveva preceduto il suo ritorno, ed allora anche un funzionario del re,era venuto da Lui per implorarlo di salvare il figlio morente. Era venuto pieno di fiducia , spinto dall’ amore che provava per il figlio. Certamente aveva già fatto tutto ciò che era in suo potere per salvarlo, ma aveva sperato in un potere più grande, quello di quest’uomo che chiamava Dio “PADRE”. Padre nostro.... quante volte lo ripetiamo pregando... e quante volte ignoriamo nel nostro cuore il senso di quello che diciamo con le labbra! É la nostra incredulità che spesso mette muri enormi tra noi e l’opera del Signore! É vero che dobbiamo imparare ad accettare il bene ed il male che la vita ci presenta, ma non dobbiamo dimenticare che Dio opera ogni cosa per il nostro bene, e che il Figlio ci ha detto: - chiedete e vi sarà dato, bussate e vi sarà aperto . - Anche per gli increduli c’è una speranza... lasciamoci stupire!

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COMMENTO DI:
Rev. D. Ramon Octavi SÁNCHEZ i Valero (Viladecans, Barcelona, Spagna)
Oggi, nuovamente troviamo Gesù a Cana di Galilea, dove aveva realizzato il conosciuto miracolo della conversione dell’acqua in vino. Adesso, in questa occasione, fa un nuovo miracolo: la guarigione del figlio di un funzionario reale. Sebbene il primo sia stato spettacolare, questo è, senza dubbio, di maggior valore, perché, quello che si risolve con il miracolo, non è un qualcosa di materiale, ma si tratta della vita di una persona. Ciò che attira la nostra attenzione in questo nuovo miracolo è che Gesù agisce a distanza, non va direttamente a Cafàrnao per guarire direttamente l’ammalato, ma, senza muoversi da Cana, rende possibile la guarigione: «Il funzionario del re gli disse:”Signore, scendi prima che il mio bambino muoia” Gesù gli rispose: “Va’, tuo figlio vive» (Gv 4,49-50). Questo ricorda a tutti noi che possiamo fare molto bene anche a distanza, cioè, senza bisogno di essere presenti sul posto dove si richiede la nostra generosità. Così, per esempio, aiutiamo il Terzo Mondo collaborando economicamente attraverso i nostri missionari o per mezzo di organizzazioni cattoliche che ivi lavorano. Aiutiamo i poveri delle zone marginate delle grandi città con i nostri contributi attraverso istituzioni, quale `Caritas´, senza bisogno di andare per le loro strade. O, perfino, possiamo effondere allegria a tanta gente, molto lontana da noi, con una telefonata, una lettera o la posta elettronica. Tante volte ci esimiamo dal fare il bene perché non abbiamo la possibilità di trovarci in quei posti dove ci sono necessità urgenti. Gesù non si scusò perché non era a Cafárnao, ma realizzò il miracolo. La lontananza non presenta nessuna difficoltà al momento di essere generoso, perché la generosità parte dal cuore e oltrepassa tutte le frontiere. Come direbbe sant’Agostino: «Chi ha carità nel cuore, trova sempre qualcosa da dare».



6 commenti:

  1. VERSIONE IN SPAGNOLO DI LUNEDì 12 MARZO 2018
    Día litúrgico: Lunes IV de Cuaresma

    Ver 1ª Lectura y Salmo
    Texto del Evangelio (Jn 4,43-54): En aquel tiempo, Jesús partió de Samaría para Galilea. Jesús mismo había afirmado que un profeta no goza de estima en su patria. Cuando llegó, pues, a Galilea, los galileos le hicieron un buen recibimiento, porque habían visto todo lo que había hecho en Jerusalén durante la fiesta, pues también ellos habían ido a la fiesta. Volvió, pues, a Caná de Galilea, donde había convertido el agua en vino.
    Había un funcionario real, cuyo hijo estaba enfermo en Cafarnaúm. Cuando se enteró de que Jesús había venido de Judea a Galilea, fue donde Él y le rogaba que bajase a curar a su hijo, porque se iba a morir. Entonces Jesús le dijo: «Si no veis señales y prodigios, no creéis». Le dice el funcionario: «Señor, baja antes que se muera mi hijo». Jesús le dice: «Vete, que tu hijo vive».
    Creyó el hombre en la palabra que Jesús le había dicho y se puso en camino. Cuando bajaba, le salieron al encuentro sus siervos, y le dijeron que su hijo vivía. El les preguntó entonces la hora en que se había sentido mejor. Ellos le dijeron: «Ayer a la hora séptima le dejó la fiebre». El padre comprobó que era la misma hora en que le había dicho Jesús: «Tu hijo vive», y creyó él y toda su familia. Esta nueva señal, la segunda, la realizó Jesús cuando volvió de Judea a Galilea.

    MI REFLEJO
    ORACIÓN
    Ven o Espíritu Santo y mira mi pobreza, yo que sin ti no soy nada y no puedo hacer nada, te pido que me ayudes a comprender hasta qué punto el discípulo a quien tanto amó, comprendió y quiso darnos a conocer Jesús.

      Hay páginas del Evangelio que parecen escritas para obligarnos a comprender necesariamente lo que persistentemente no entendemos.
    Jesús pasa y vuelve a nuestra vida, él continuamente firma, ¡pero esto no es suficiente para nosotros! En Galilea pensaron que lo conocían, que sabían todo sobre él y que no podían verlo como el "mandato de Dios". ¿Fue el hijo de María y José el carpintero, un hombre común, que afirmó que solo porque había transformado el agua en vino, todos se convirtieron?
    Su fama, sin embargo, había precedido su regreso, y luego incluso un rey oficial, había venido a él para suplicarle que salvara a su hijo moribundo. Había llegado lleno de confianza, impulsado por el amor que sentía por su hijo. Ciertamente, ya había hecho todo lo que estaba en su poder para salvarlo, pero esperaba un poder mayor, el de este hombre que llamó a Dios "PADRE".
    Padre nuestro ... ¡cuántas veces lo repetimos orando ... y con qué frecuencia ignoramos en nuestros corazones el sentido de lo que decimos con nuestros labios! ¡Es nuestra incredulidad que a menudo pone enormes muros entre nosotros y el trabajo del Señor! Es cierto que debemos aprender a aceptar el bien y el mal que la vida nos presenta, pero no debemos olvidar que Dios hace todo por nuestro bien, y que el Hijo nos lo ha dicho: - pregunta y te será dado, toca y allí estará abierto. - Incluso para los incrédulos hay esperanza ... ¡que nos asombremos!

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    1. COMENTARIO DE:

      Rev. D. Ramon Octavi SÁNCHEZ i Valero
      (Viladecans, Barcelona, España)

      Hoy volvemos a encontrar a Jesús en Caná de Galilea, donde había realizado el conocido milagro de la conversión del agua en vino. Ahora, en esta ocasión, hace un nuevo milagro: la curación del hijo de un funcionario real. Aunque el primero fue espectacular, éste es —sin duda— más valioso, porque no es algo material lo que se soluciona con el milagro, sino que se trata de la vida de una persona.
      Lo que llama la atención de este nuevo milagro es que Jesús actúa a distancia, no acude a Cafarnaúm para curar directamente al enfermo, sino que sin moverse de Caná hace posible el restablecimiento: «Le dice el funcionario: ‘Señor, baja antes que se muera mi hijo’. Jesús le dice: ‘Vete, que tu hijo vive’» (Jn 4,49.50).
      Esto nos recuerda a todos nosotros que podemos hacer mucho bien a distancia, es decir, sin tener que hacernos presentes en el lugar donde se nos solicita nuestra generosidad. Así, por ejemplo, ayudamos al Tercer Mundo colaborando económicamente con nuestros misioneros o con entidades católicas que están allí trabajando. Ayudamos a los pobres de barrios marginales de las grandes ciudades con nuestras aportaciones a instituciones como Cáritas, sin que debamos pisar sus calles. O, incluso, podemos dar una alegría a mucha gente que está muy distante de nosotros con una llamada de teléfono, una carta o un correo electrónico.
      Muchas veces nos excusamos de hacer el bien porque no tenemos posibilidades de hacernos físicamente presentes en los lugares en los que hay necesidades urgentes. Jesús no se excusó porque no estaba en Cafarnaúm, sino que obró el milagro.
      La distancia no es ningún problema a la hora de ser generoso, porque la generosidad sale del corazón y traspasa todas las fronteras. Como diría san Agustín: «Quien tiene caridad en su corazón, siempre encuentra alguna cosa para dar».

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  2. VERSIONE IN INGLESE DI LUNEDì 12 MARZO 2018
    Liturgical day: Monday 4th of Lent

    View 1st Reading and Psalm
    Gospel text (Jn 4,43-54): Jesus left for Galilee. Jesus himself said that no prophet is recognized in his own country. Yet the Galileans welcomed him when He arrived, because of all the things He had done in Jerusalem during the Festival and which they had seen. For they, too, had gone to the feast. Jesus went back to Cana of Galilee where He had changed the water into wine.
    At Ca­per­naum there was an official whose son was ill, and when he heard that Jesus had come from Judea to Galilee, he went and asked him to come and heal his son, for he was at the point of death. Jesus said, «Unless you see signs and won­ders, you will not believe!». The official said, «Sir, come down before my child dies». And Jesus replied, «Go, your son is living».
    The man had faith in the word that Jesus spoke to him and went his way. He was already going down the hilly road when his servants met him with this news, «Your son has recovered!». So he asked them at what hour the child had begun to recover and they said to him, «The fever left him yesterday in the afternoon about one o'clock». And the father realized that it was the time when Jesus told him, «Your son is living». And he became a believer, he and all his family. Jesus performed this second miraculous sign when he returned from Judea to Galilee.
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    MY REFLECTION
    PRAYER
    Come or Holy Spirit and look at my poverty, I who without you are nothing and I can do nothing, I ask you to help me to understand how much the disciple whom Jesus so loved, understood and wishes to make known to us.

      There are pages of the Gospel that seem written to force us to understand necessarily what we persistently do not understand.
    Jesus passes and passes back into our life, he continuously signs, but this is not enough for us! In Galilee they thought they knew him, knew everything about him and for this they could not see him as the "mandate from God". Was the son of Mary and Joseph the carpenter, an ordinary man, who claimed that only because he had transformed water into wine, did everyone convert?
    His fame, however, had preceded his return, and then even a king official, had come to him to beg him to save his dying son. He had come full of confidence, driven by the love he felt for his son. Certainly he had already done everything in his power to save him, but he had hoped for a greater power, that of this man who called God "FATHER".
    Our Father ... how many times do we repeat Him praying ... and how often do we ignore in our hearts the sense of what we say with our lips! It is our unbelief that often puts huge walls between us and the work of the Lord! It is true that we must learn to accept the good and the evil that life presents to us, but we must not forget that God works everything for our good, and that the Son has told us: - ask and it will be given to you, knock and there It will be open . - Even for the unbelievers there is hope ... let us be amazed!

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    1. COMMENT OFF:

      Fr. Ramon Octavi SÁNCHEZ i Valero
      (Viladecans, Barcelona, Spain)

      Today, we find Jesus again in Cana of Galilee, where He had previously made the well known miracle of changing the water into wine. Now, on this occasion, He performs a new miracle: the recovery of a royal official's son. In spite of how spectacular the first one was, this second miracle is, undoubtedly, more valuable, for what Jesus solves with this miracle is nothing material, but a problem of a human life.
      What is so remarkable in this case is that Jesus does not go to Capernaum to directly heal there the sick one; He performs the miracle without moving from Cana: «The official told him: ‘Sir, come down before my child dies!’. And Jesus replied: ‘Go, your son is living’» (Jn 4:49-50).
      This should remind us all that we can do a lot of good from a distance, that is, without having to make us present wherever our generosity is requested. We can, thus, help the Third World simply by collaborating economically with our Missions or with catholic organizations that may be working over there. Or let us help those in need on the marginal suburbs of the big cities with our contributions to institutions like Caritas International, without our having to set foot there. Or, we can even make a lot of people far away happy by means of just a telephone call, a letter or an e-mail.
      Quite often we do not perform a good deed by excusing ourselves because of our impossibility to be physically present wherever there is an urgent need for outside help. Jesus did not use that excuse. He was not at Capernaum, but He simply performed the miracle.
      If you want to be generous, distance should be no problem, for our generosity comes all the way directly from our heart and it crosses all frontiers. As Saint Augustine said: «He who is charitable at heart, always finds something to give».

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  3. VERSIONE IN FRANCESE DI LUNEDI 12 MARZO 2018.

    Jour liturgique : Temps du Carême - 4e Semaine: Lundi

    Texte de l'Évangile (Jn 4,43-54): Jésus, après avoir passé deux jours chez les Samaritains, partit pour la Galilée. Lui-même avait attesté qu'un prophète n'est pas honoré dans son propre pays. Il arriva donc en Galilée; les Galiléens lui firent bon accueil, car ils avaient vu tout ce qu'il avait fait à Jérusalem pendant la fête de la Pâque, puisqu'ils étaient allés eux aussi à cette fête. Ainsi donc Jésus revint à Cana en Galilée, où il avait changé l'eau en vin. Or, il y avait un fonctionnaire royal, dont le fils était malade à Capharnaüm. Ayant appris que Jésus arrivait de Judée en Galilée, il alla le trouver; il lui demandait de descendre à Capharnaüm pour guérir son fils qui était mourant. Jésus lui dit: «Vous ne pourrez donc pas croire à moins d'avoir vu des signes et des prodiges?». Le fonctionnaire royal lui dit: «Seigneur, descends, avant que mon enfant ne meure!». Jésus lui répond: «Va, ton fils est vivant». L'homme crut à la parole que Jésus lui avait dite et il partit. Pendant qu'il descendait, ses serviteurs arrivèrent à sa rencontre et lui dirent que son enfant était vivant. Il voulut savoir à quelle heure il s'était trouvé mieux. Ils lui dirent: «C'est hier, au début de l'après-midi, que la fièvre l'a quitté». Le père se rendit compte que c'était justement l'heure où Jésus lui avait dit: «Ton fils est vivant». Alors il crut, avec tous les gens de sa maison. Tel est le second signe que Jésus accomplit lorsqu'il revint de Judée en Galilée.

    REFLEXION DE LELLA

    PRIERE: Viens ou Esprit Saint et regarde ma pauvreté, moi qui sans toi ne suis rien et ne peux rien faire, je te demande de m'aider à comprendre combien le disciple que Jésus a tant aimé, a compris et veut nous faire connaître.

    - Il y a des pages de l'Évangile qui semblent écrites pour nous forcer à comprendre nécessairement ce que nous ne comprenons toujours pas. Jésus passe et repasse dans notre vie, il fait continuellement des signes, mais cela ne nous suffit pas! En Galilée, ils pensaient qu'ils le connaissaient, qu'ils savaient tout de lui et pour cela, ils ne pouvaient pas le voir comme "l'envoyé de Dieu". C'était le fils de Marie et de Joseph le charpentier, un homme ordinaire, Il prétendait que c'est seulement parce qu'il avait transformé l'eau en vin là, que tout le monde s'est converti? Sa renommée, cependant, avait précédé son retour, et alors même un fonctionnaire du roi était venu le supplier de sauver son fils mourant. Il était venu plein de confiance, motivé par l'amour qu'il ressentait pour son fils. Certes, il avait déjà tout fait pour le sauver, mais il avait espéré un plus grand pouvoir, celui de cet homme qui appelait Dieu «PÈRE». Notre Père ... combien de fois le répétons-nous en priant ... et à quelle fréquence nous ignorons avec nos cœurs le sens de ce que nous disons avec nos lèvres! C'est notre incrédulité qui met souvent des murs énormes entre nous et l'œuvre du Seigneur! Il est vrai que nous devons apprendre à accepter le bien et le mal que la vie nous présente, mais nous ne devons pas oublier que Dieu agit pour notre bien et que le Fils nous a dit: - demandez et il vous sera donné, frappez et il vous sera ouvert. - Même pour les incrédules, il y a de l'espoir ... soyons émerveillés!

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    1. Commentaire de l'Abbé Ramon Octavi SÁNCHEZ i Valero
      (Viladecans, Barcelona, Espagne)

      Aujourd'hui nous rencontrons de nouveau Jésus à Cana de Galilée, où il avait réalisé le fameux miracle de la conversion de l'eau en vin. Et voici qu'il fait un nouveau miracle: la guérison du fils d'un fonctionnaire royal. Le premier avait été spectaculaire, mais celui-ci a sans doute plus de valeur: il ne résout pas un embarras matériel, il s'agit d'une vie humaine.

      Ce qui attire l'attention ici, c'est que Jésus agit à distance. Il ne se rend pas à Capharnaüm pour guérir directement le malade; il lui redonne la santé sans bouger de Cana: «Le fonctionnaire royal lui dit: ‘Seigneur, descends, avant que mon enfant ne meure!’. Jésus lui répond: ‘Va, ton fils est vivant’» (Jn 4,49.50).

      Cela nous rappelle que, tous, nous pouvons faire beaucoup de bien à distance, sans devoir être présents à l'endroit où l'on sollicite notre générosité. Nous aidons, par exemple, le Tiers Monde en collaborant économiquement avec nos missionnaires ou avec des entités catholiques qui y travaillent. Nous aidons les pauvres des quartiers marginaux des grandes villes par nos apports à des institutions comme Caritas, sans que nous devions y mettre les pieds. Nous pouvons même donner une grande joie à beaucoup de gens qui sont loin de nous, par un appel téléphonique, une lettre ou un message électronique.

      Bien souvent, nous trouvons une excuse dans l'impossibilité d'être physiquement présents dans les lieux où il y a des nécessités urgentes. Jésus, n'a pas cherché d'excuse; il a fait le miracle.

      La distance n'est pas un problème à l'heure d'être généreux, car la générosité sort du cœur et dépasse les frontières. Comme le disait saint Augustin: «Qui possède la charité dans son cœur, trouve toujours une chose à donner».

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