Eucherio
di Lione
Formule
dell’intelligenza spirituale
a
Veranio
Prefazione
Come
segno di paterna sollecitudine, ho scritto e ora
ti invio queste formule per comprendere secondo lo
spirito i termini latini, affinché tu intenda nel modo più
facile il senso di quanto si nasconde negli scritti divini.
Infatti, poiché la lettera uccide mentre lo spirito
vivifica (2Cor 3, 6), è più che mai necessario penetrare
in quei discorsi spirituali con spirito vivificante.
Che l’intera Scrittura vada intesa allegoricamente,
ci ammonisce essa stessa nel Vecchio Testamento:
Voglio aprire a sentenza la mia
bocca,
proferire gli enigmi dei tempi
antichi (Sal 77, 2), oppure
quanto è scritto nel Nuovo Testamento: Tutte
queste cose diceva Gesù alla folla in parabole,
e non parlava loro se non per
parabole (Mr 4,33-34). Non fa
dunque specie che la parola divina, rivelata dalla bocca di profeti e
apostoli, si ritragga dal modo consueto di scrivere, e mostri in
superficie solo le cose facili da comprendere, nascondendo
nell’interiorità le eccelse; giustamente dunque si sono separate,
sia per forma che per valore, le sacre parole di Dio
dagli altri scritti, così che la dignità di quei celesti aromi
non vada svelata ovunque e confusamente, esponendo
ciò che è sacro ai cani e le perle ai porci (Mt
7, 6), e lasciando portare al volgo i vasi sacri e nascosti
del tempio (Nm 4, 15-20). Al pari di quella colomba
d’argento con la coda dorata (Sal 67, 14), il principio
di qualsiasi scrittura divina rifulge come l’argento, ma le parti
più occulte sono un oro sfolgorante. Fu
dunque giusto nascondere agli occhi volgari
la purezza di quegli scritti, coperta nel suo segreto come da un
pudico velo: e sono gli stessi misteri celesti che per ordine divino
proteggono quegli scritti, nello stesso modo in cui la divinità è
celata dal suo medesimo segreto. Quando perciò troviamo
scritto nei libri santi “gli occhi del Signore, la
bocca del Signore, il grembo, la mano, i piedi del Signore”
o anche “le armi del Signore”, non dobbiamo
certo pensare che la fede cattolica della Chiesa voglia
delimitare Dio con un corpo – lui che è invisibile, illimitato,
immutabile e infinito; sembrò però
necessario esporre tali cose per figure che vanno interpretate
con l’assistenza dello Spirito Santo. Qui sta
quell’interno
del Tempio del Signore (Ez
40), qui il sancta
sanctorum dei misteri, illuminati di
enigmi. Come dice la tradizione, il
corpo della Sacra Scrittura consiste della lettera o della storia; la
sua anima del senso morale, detto
metaforico [tropicus];
lo spirito dell’intelligenza
superiore, detta anagogia. Questa
triplice norma delle Scritture la osserviamo convenientemente nella
confessione della Santa Trinità che
ci santifica totalmente,
affinché si conservino integri
il nostro spirito,
l’anima e il corpo senza
sofferenza,
fino al ritorno e al giudizio di Nostro Signore
Gesù Cristo (1Ts 5, 23). Anche la
scienza di questo mondo divide la sua
filosofia in tre parti: fisica, etica e
logica, cioè naturale, morale e razionale. La scienza
naturale riguarda le cause di natura, contenute nell’universo;
la morale considera i costumi; la razionale, che invece tratta delle
cose più alte, ci rassicura che Dio è
padre di tutto. Questa tripartizione della
scienza non contrasta affatto con la distinzione della
nostra dottrina, e i dotti hanno reputato che la filosofia celeste
della Scrittura sia esposta secondo la
storia, la tropologia e l’anagogia. La storia dunque pone nella
nostra mente la verità dei fatti e la fiducia nella
narrazione; la tropologia volge i mistici alla purificazione della
vita e della mente; l’anagogia conduce
ai misteri delle forme celesti. Alcuni pensano si
debba considerare l’allegoria come quarto tipo di questa scienza,
poiché secondo loro con essa conosciamo per tempo gli eventi e
anticipiamo le ombre delle cose future.
Possiamo indicare tutto ciò con esempi confacenti: quanto si
considera secondo la narrazione storica è il cielo, secondo la
tropologia è la vita celeste, secondo
l’allegoria è l’acqua del battesimo, secondo l’anagogia sono
gli angeli, in accordo con quanto è scritto: Lodino
il Signore le acque sopra il cielo (Sal
148, 4).
Sappi
inoltre che ogni insegnamento della nostra religione
è sgorgato da quella fonte di duplice scienza, la
prima parte della quale è detta pratica e la seconda teorica,
vale a dire attiva e contemplativa. Per la prima si
trascorre la vita attiva nella purificazione dei costumi,
l’altra è volta alla contemplazione delle cose celesti
e alla discussione delle Scritture divine. La scienza attiva si
diffonde su diversi studi, mentre quella
contemplativa si occupa solo di due: la discussione
sulla narrazione storica e la spiegazione dell’intelligenza
spirituale.
Abbandonando
ora queste cose, ti propongo le formule che ti ho promesso per la
conoscenza spirituale, esponendo i
simboli che si presentano per i termini
che appaiono nel testo divino. Preghiamo dunque
il Signore che ci riveli le cose nascoste nelle sue
Scritture, e presentiamo le più segrete così come sono
percepite dall’intelletto, secondo quest’ordine:
- I nomi di Dio
- Quelle che sono dette le membra di Dio, e ciò che significano
- Le creature superne
- Le creature terrene
- Gli esseri animati
- Nomi di cose
- L’interno dell’uomo
- Strumenti e mezzi
- Il significato di vari verbi e parole
- Gerusalemme e le cose a lei contrarie
- I numeri e il loro significato allegorico
Spieghiamo
dunque i significati dei termini e delle parole, interpretando al
meglio le allegorie, così come ci
suggerisce la grazia divina.
I.
I
nomi di Dio
Dio
onnipotente è Padre, Figlio e Spirito Santo, uno
e trino: uno per natura e trino nelle persone; unico ad
essere invisibile, immenso e infinito – l’unico incircoscritto,
immutabile, incorporeo, immortale – ovunque presente e nascosto,
ovunque tutt’intero e immenso.
È
invisibile, poiché
non può certo esser visto nella sua
essenza, come dice l’Apostolo: Poiché
nessuno l’ha mai visto,
né lo può vedere (1Tm 6, 16); e
nel Vangelo: Nessuno mai vide Dio (Gv
1, 18).
È
incorporeo, perché
non consiste di un’unione di membra e fattezze. Così è detto
veracemente nel Vangelo: Dio è
Spirito,
e quanti l’adorano devono adorarlo in spirito e verità (Gv
4, 24).
È
immenso, perché
la sua qualità e quantità non può essere misurata da alcuna
creatura, onde Salomone pregò supplice:
Se il cielo e la terra non ti
contengono,
tanto meno basterà questo tempio che ti ho edificato (3Re
8, 27).
È
incircoscritto, perché
non delimitabile.
È
inlocale, perché
non passa da un posto all’altro, né alcun luogo riesce a
trattenerlo; tramite Isaia, dice di se
stesso: Il cielo è il mio seggio,
la terra lo sgabello dei miei
piedi (Is 66, 1); e tramite Geremia:
Non colmo forse il cielo e la terra?
(Ger 23, 24). Della sua immensità
parla il profeta nel salmo, confidando in Dio stesso: Se
salissi in cielo,
là tu sei;
se scendessi nell’inferno,
sei presente (Sal 138, 8);
e ne parla anche il libro di Giobbe: È
più alto del cielo,
e che puoi fare?
È più profondo dell’abisso,
e che puoi saperne?
È più lungo della terra e più largo del
mare (Gb 11,8), poiché infatti
riempie il cielo e la terra, e certo non
v’è luogo privo della sua essenza. È sopra ogni cosa per reggere
e governare, sotto ogni cosa per portare e sostenere – non con peso
di lavoro, ma con infaticabile forza,
perché nessuna sua creatura si sostiene
da sola, senza essere da lui conservata. È fuori
da tutto, ma non ne è escluso.
È
immutabile, poiché
ciò che è non può certo mutare, come egli stesso dice attraverso
il profeta Malachia: Io sono il
Signore,
e non muto (Ml 3, 6). Perciò Dio è
detto immutabile, perché la sua anima non
è afflitta da ira, furore, pentimento, dimenticanza, ricordo
o altre simili cose: è difatti semplice la sua natura, immutabile e
imperturbata. Non ha e non è altro da se stessa, ma essa stessa è
ciò che ha ed è.
È
immortale, perché
in nessun modo può morire, come attesta
l’Apostolo: Lui solo possiede
l’immortalità e abita una luce
inaccessibile,
che nessun uomo ha mai veduto,
né può vedere (1Tm 6, 16).
Al
contrario, sparsi per i divini libri, la Scrittura Sacra
descrive in Dio i moti dell’anima e le membra umane,
cioè il capo, i capelli, gli occhi, le palpebre, le
orecchie e tutte le altre membra – o i moti dell’anima,
cioè l’ira, il furore, la dimenticanza, il pentimento,
il ricordo, e altro. Chi comprende queste cose rettamente
secondo la narrazione, non deve intenderle in
modo carnale, come fanno i Giudei e molti eruditi eretici,
che pensano Dio come corporeo e insediato in un luogo – di lui ogni
cosa va invece intesa e creduta
spiritualmente. Se qualcuno crede che in Dio vi
siano membra umane o moti dell’anima in senso umano, senza dubbio
fabbrica idoli in cuor suo.
Dunque,
come si diceva, leggiamo in senso figurato
il capo di
Dio, e dobbiamo intendervi la sua stessa
essenza divina, che precede tutto, e a cui ogni cosa
è soggetta (1Cor 11,3).
Interpretiamo
i capelli del
suo capo come i santi angeli, o i virtuosi eletti; di ciò è scritto
nel libro di Daniele: Mentre stavo
osservando,
furono disposti dei troni e un
Antico di giorni si assise.
Il suo vestito era candido come
neve e come lana pura erano i capelli della testa (Dn
7, 9): qui si vogliono infatti significare con la veste candida di
Dio e coi capelli del suo capo gli
angeli e i puri santi. Inoltre, i capelli sono
paragonati alla lana pura perché Dio fosse inteso come
l’Antico di giorni.
Si
dice che Dio ha occhi, poiché
egli vede tutto e nulla gli è nascosto. Dice infatti l’Apostolo:
Nessuna cosa
al mondo sfugge allo sguardo di Dio,
ma tutto è chiaro e svelato ai
suoi occhi (Eb 4, 13). Si possono
altrimenti intendere come la
considerazione della sua grazia; così è
nel salmo: Gli occhi del Signore sono
sopra i giusti (Sal
33,16). In secondo luogo, gli occhi del
Signore sono i suoi precetti, con cui ci somministra il lume del
sapere. Nel salmo: È chiaro il
precetto del Signore e illumina
gli occhi (Sal 18, 9).
Le
palpebre del
Signore sono i suoi giudizi nascosti e
incomprensibili, oppure indicano nei divini libri
il suo linguaggio spirituale; di questi sacramenti e
giudizi nascosti e imperscrutabili dice il salmo: Le
sue palpebre interrogano i figli
degli uomini (Sal 10, 5),
cioè li esaminano.
Si
dice che Dio ha orecchie perché
ode tutto e nulla per lui è celato nel
silenzio; di ciò è scritto nel libro della Sapienza: L’orecchio
del cielo ode tutto e non gli è
nascosto nemmeno il sussurro delle mormorazioni (Sap
1, 10).
Le
narici di
Dio sono il suo soffio nel cuore dei fedeli, come si dice nel libro
dei Re: Sale il fumo dalle sue nari
(2Re 22, 9), cioè aspira il
pentimento lacrimoso dei penitenti.
Il
volto di
Dio è la conoscenza da parte di tutti della sua divinità, e su
questa conoscenza è scritto nei salmi: Mostraci
il tuo volto e saremo salvi (Sal 79,
4), cioè, dacci la conoscenza di te, palesata agli uomini dal Figlio
dell’uomo, come dice il Vangelo: Nessuno
conosce il Padre,
eccetto il Figlio e colui al quale
il Figlio avrà voluto rivelarlo (Mt
11, 27). Altrove il volto di Dio significa l’invisibile essenza
della divinità del Figlio di Dio; di essa il Signore, rispondendo
per mezzo di un angelo a Mosè, dice: Mi
vedrai da tergo,
ma la mia faccia non potrai vederla
(Es 33, 23), come se dicesse: la mia
divinità invece non la potrai vedere.
La
bocca di
Dio è il Figlio del Padre, cioè il Cristo Signore;
perciò Isaia profeta annuncia ai Giudei: Perché
provocammo la sua bocca all’ira (Is
1, 20). Altrimenti, la sua bocca può
esser presa come la sua parola o il suo
comando; annunciando la parola di Dio, i
profeti dicono: La bocca di Dio così
ha parlato.
La
parola di
Dio è il Figlio di Dio Padre, per mezzo
del quale tutto fu fatto; dice il salmo: Dio
creò i cieli con la sua parola
(Sal 32, 6). Altrove: Inviò
la sua parola a risanarli (Sal
106, 20); e nel Vangelo secondo
Giovanni: In principio era la Parola,
e la Parola era presso Dio,
e la Parola era Dio (Gv 1,1).
La
lingua di
Dio, in senso mistico, significa lo Spirito
Santo, grazie al quale Dio Padre manifestò il suo
segreto agli uomini; per cui nel salmo è detto: La
mia lingua è la penna di uno
scriba veloce (Sal 44,2).
Le
labbra di
Dio, in senso mistico, simbolizzano l’accordo
dei due Testamenti; di essi è scritto nei Proverbi:
Nel suo giudizio la sua bocca non
erra (Sal 16,
10).
Per
le braccia di
Dio Padre si intendono il Figlio suo e
lo Spirito Santo. Così parla in Isaia: E
le mie braccia giudicheranno i popoli (Is
41, 5). Preso singolarmente, il braccio
di Dio si riferisce al Figlio: Ebbene,
tu Signore Iddio traesti il suo popolo dalla terra
d’Egitto con mano forte e braccio teso (Ger
32, 21). Perciò il Figlio è detto
braccio di Dio Padre, perché la
creatura eletta gli è connessa.
La
destra di
Dio Padre è il Figlio unigenito, che nel salmo assume persona umana:
La destra del Signore
compì prodezze (Sal 117, 16).
Altrimenti, la destra del Signore indica
l’eterna felicità del Padre: nel salmo così il Padre dice al
Figlio: Siedi alla mia destra (Sal
109, 1). È detta anche “destra di Dio” ogni creatura eletta in
cielo e in terra, così come per la sua sinistra
si intende ogni creatura falsa, cioè i
| demoni e gli empi che, posti a
sinistra [nel Giudizio], patiscono gli
eterni supplizi (Mt 25, 33).
La
mano di Dio
Padre è il Figlio suo, a modo e mezzo del quale tutto fu fatto, come
dice in Isaia: Tutto fece la mano
mia,
e ogni cosa fu fatta (Is 66, 2).
In altro senso, la mano di Dio è intesa come il suo potere;
così nel libro del profeta Geremia: Come
l’argilla nella mano del
vasaio,
così voi siete in mano mia,
casa d’Israele (Ger 18, 6).
Parimenti, la mano indica la frusta, sul colpo della quale è scritto
nel profeta Sofonia: Stenderò
la mia mano sopra Giuda e sugli
abitanti d’Israele,
e disperderò da questo luogo i resti di Baal (Sof
1, 4), ecc.; ma Giobbe, colpito dal Signore, disse felice: La
mano di Dio mi ha toccato (Gb
19,21).
Il
dito di Dio
vale particolarmente per lo Spirito Santo, perché da esso fu scritta
la legge sulle due tavole
del monte Sinai (Es 32,16). Egli
scrisse quanto lo Spirito Santo gli
dettava. Di esso il Signore dice nel Vangelo: Se
io scaccio i demoni col dito di Dio (Lc
11, 20). Come infatti il dito con la mano e il braccio, e la mano col
braccio e il corpo sono uno per natura, così il Padre, il Figlio e
lo Spirito Santo sono tre persone ma una sola sostanza divina.
Le
dita di Dio
in senso plurale significano i santi profeti,
per mezzo dei quali lo Spirito Santo con la sua ispirazione traccia i
libri della legge e della profezia; di
ciò si parla nel salmo: Vedrò i
cieli,
opera delle tue dita (Sal
8, 4) – certo, come dicevamo, qui si
intendono con i cieli i libri suddetti, e con le dita i santi
profeti.
L’immagine
di Dio Padre invisibile è il suo Figlio
unigenito; su ciò l’Apostolo: Egli
è l’immagine dell’invisibile Dio (Col
1, 15). Dio Padre generò la propria immagine nel Figlio suo non da
altra cosa, ma da se stesso, cioè dalla
sua sostanza, in modo che risultasse
simile e identica in tutto. In altro senso, invece,
quest’immagine è l’anima dell’uomo, che Dio non
generò da se stesso, cioè dalla sua sostanza -come credono molti
eretici – ma creò dal nulla. In altro modo ancora, possiamo
intenderla l’immagine di qualsiasi re che genera da se stesso, nel
proprio figlio, un simile, come l’uomo dall’uomo. Infine, è come
l’immagine impressa da un anello nella cera, che non è tale per se
stessa, poiché il figlio è per natura ciò che è il padre.
Per
il cuore di
Dio Padre si intende misticamente l’arcano della sapienza, dal
quale la Parola – cioè suo Figlio – impassibilmente generò
senza inizio, come Dio stesso dice tramite il profeta: Effuse
il mio cuore una buona parola (Sal
44, 2).
Si
dice che Dio ha le ali perché,
quasi al modo di un uccello coi suoi pulcini, raduna gli eletti sotto
di sé per nutrirli e proteggerli dalle insidie dei diavoli e dalla
malvagità umana. Perciò il profeta dice: Proteggimi
sotto l’ombra delle tue ali (Sal
16, 8).
Si
dice che Dio ha le spalle, perché
sorregge le parti deboli della Chiesa come sulle sue spalle. Di ciò
parla il salmo: Ti sosterrà con le
sue spalle (Sal 90, 4).
Il
suo ventre si
interpreta come l’origine segreta dell’esistenza; dice il salmo:
Ti ho generato dal mio ventre prima
dell’aurora (Sal 109,3). Oppure,
il suo ventre allude in senso mistico ai suoi inafferrabili e
imperscrutabili giudizi – di questo giudizio nascosto è scritto
nel libro di Giobbe: Dal seno di chi
è uscito il ghiaccio,
e la brina del cielo chi l’ha generata?
(Gb 38, 29).
Le
terga rappresentano
l’incarnazione del Figlio di Dio: di questa parte posteriore parlò
il Figlio a Mosè sul Sinai, attraverso l’angelo: Vedrai
le mie terga,
ma la mia faccia non la puoi vedere (Es
33, 25).
I
piedi di
Dio sono l’appoggio della sua forza, poiché egli è ovunque e
tutto gli è sottomesso, e così dice tramite Isaia: Il
cielo è il mio seggio,
ma la terra è lo sgabello dei miei piedi (Is
66, 1). In altro senso, i piedi intendono l’incarnazione del Figlio
di Dio, che è sottomesso alla divinità come i piedi lo sono alla
testa. Come il capo esprime la divinità, così i piedi rappresentano
l’umanità, e di ciò è scritto nell’Esodo: Mosè,
Aronne,
Nadab,
Abin e i settanta anziani d’Israele salirono.
E videro il Dio d’Israele:
sotto i suoi piedi vi era come una lastra lavorata di zaffiro,
simile in chiarezza al cielo stesso (Es
24, 10). Ma, come si volle mostrare chiaramente con la lastra di
zaffiro le creature celesti, cioè i santi angeli, così il cielo
sereno indica la santa Chiesa degli eletti, fondata a beneficio degli
uomini, e sopra queste due cose create regna in perpetuo il Figlio di
Dio fatto uomo, come dice il salmo: Tutto
hai posto sotto i suoi piedi (Sal 8,
8). Altrimenti, i piedi di Dio (o di Gesù Cristo) simbolizzano i
santi predicatori, di cui è scritto nel Deuteronomio: Chi
si accosta ai suoi piedi,
partecipa della sua scienza (Dt 33,
5).
La
veste del
Figlio di Dio talvolta figura la sua carne, che i libri sacri
assimilano alla divinità; di questa veste profetizza Isaia: Chi
è costui che arriva da Edom,
da Bosra con le vesti tinte?
(Is 63, 1). Oppure, le vesti del
Signore valgono per la santa Chiesa, che gli è unita per fede e per
amore; di ciò scrive il salmo: Il
Signore regna e indossa la bellezza (Sal
92, 1). E in altro salmo, sempre sul Signore: Di
maestà e bellezza ti rivesti,
avvolto nella luce come in una
veste (Sal 103, 2).
Il
manto di Cristo è la Chiesa, su cui è
scritto nel libro del Genesi: Lava
nel vino la sua veste,
cioè la sua
carne nel sangue della passione, e
nel sangue dell’uva il suo
mantello (Gn 49, 1), cioè la
Chiesa.
I
calzari di
Nostro Signore Gesù Cristo simbolizzano
misticamente la sua incarnazione, poiché si è degnato
di assumere la mortalità dell’umano genere. Dice
nel salmo, tramite il profeta: Sull’Idumea
porrò i miei calzari (Sal
59, 10), cioè manifesterò la mia incarnazione alla folla dei
pagani.
Il
passo è
l’avvento del Figlio di Dio nel mondo, e il suo ritorno al Padre.
Di ciò dice il salmo: Ecco,
appare o Dio il tuo passo,
il passo del mio Dio,
il mio Re che è nel santuario (Sal
67, 25). Dal cielo scende nel grembo
della Vergine, poi nasce ed è posto
nella mangiatoia (Lc
2, 7). Quando ebbe compiuto tutto ciò per cui era stato mandato dal
Padre, fu crocifisso; deposto che fu
dalla croce (At 13, 29), fu sepolto
secondo il corpo, ma l’anima scese all’inferno; infine, il terzo
giorno resuscitò dal sepolcro con la
forza della sua divinità, e quaranta giorni dopo la resurrezione,
sotto lo sguardo degli apostoli ascese al
cielo, dove siede alla destra del Padre (At 1,9; Mc 16,
19), cioè nella sua gloria; questi sono infatti i passi
del Figlio di Dio, la sua discesa e ascesa, di cui leggiamo
nelle Sacre Scritture.
Dio
è detto ascendere quando
il Figlio, rapita da noi la carne, l’ha
condotta nel cielo come una preda (Sal
67, 19), perché, prendendola con sé in cielo, dove giammai prima
era stata, ha trascinato quasi come
prigioniera la natura umana, che prima invece era trattenuta dal
diavolo nella prigione del mondo.
Si
legge che Dio nasconde il volto (Dt
32, 20) quando nega la sua conoscenza ad alcune genti per le
loro colpe, come è avvenuto ora al popolo giudeo, perché,
avendo ricusato il Figlio di Dio, ha perso la cognizione
del vero Dio, e così fu per tutte le genti che non hanno conosciuto
il Signore.
Si
dice che il Signore mostra il volto (Sal
79,4) quando, con la considerazione
della propria grazia e segreta ispirazione, penetra nei cuori di chi
lo vuole (certo in quello dei suoi eletti) e infonde la forza per
amarlo.
Si
dice che Dio siede, non
certo in modo corporale come gli uomini,
ma in potenza per governare con ragionevolezza le creature, come è
nel salmo: Regna Iddio
sulle genti e si asside sul santo suo trono (Sal
46, 9). Si dice anche che Dio siede
sopra i Cherubini (Sal
98, 1), che significano la moltitudine e pienezza della sapienza
– con ciò si intendono i santi angeli o le menti degli
uomini spirituali, dove Dio presiede e regna invisibile.
Infatti egli siede in coloro che sono pieni della sua sapienza e del
suo amore. Nei Proverbi di Salomone sta
scritto: La sua anima è la sede
della sapienza [passim
in Pro]; ma
Cristo è la sapienza di Dio Padre (1Cor
1, 24), che si dice sieda nelle anime dei santi.
Si
dice che Dio discende nel
mondo, quando nella creatura umana opera
qualcosa di nuovo che prima non c’era; così si dice che il Figlio
di Dio è disceso, quando attraverso la
Vergine Maria fece sua la carne per la
nostra redenzione, e si degnò di divenire vero uomo,
senza abbandonare ciò che era, ma acquisendo quanto
non era. Di questa discesa, che è l’incarnazione,
sta scritto nel salmo: E incurvò i
cieli e discese,
e gran buio era sotto i piedi
suoi (Sal 17, 10). Ha incurvato i
cieli, poiché, prima del suo avvento, mandò come messaggeri gli
angeli e i profeti ad annunciare la sua
venuta. Era gran buio sotto i suoi piedi,
perché gli empi, per la loro malvagità, non poterono
riconoscere la sua incarnazione, e nemmeno ora
lo possono.
Si
dice che Dio passa oltre, quando
si allontana dal cuore di certi uomini, dove la fede è stata
sostituita quasi d’improvviso dalla malafede e dalla colpa, e
trapassa ad altri, come fece dai Giudei ad altre
genti, dagli eretici ai cattolici, da chiunque non è
religioso a chi lo è.
Si
dice che Dio retrocede e
passa ad altro, quando, in modo non
certo locale e visibile, ma non visto è solito fare altra cosa con
giudizio segreto e giusto.
Si
dice che Dio cammina, non
quando passa da un luogo ad un altro – poiché è empio credere ciò
– ma quando diletta il cuore dei santi come se vi camminasse, com’è
scritto: Abiterò in loro e
camminerò,
e sarò il loro Dio (2Cor 6, 16). In
altro senso, il camminare di Dio significa quando i predicatori santi
[con le loro parole] passano da un luogo all’altro [del discorso].
Il
parlare di Dio, senza suono di voce o
qualsivoglia rumore, significa l’ispirazione del retto intelletto
e della sua volontà, nascostamente nelle menti dei
santi; oppure la rivelazione del futuro ai santi profeti.
Questo parlare di Dio si può intendere, come vogliono
alcuni, in tre modi. Il primo modo è per mezzo di una creatura
subordinata, come apparve a Mosè in
un rovo (Es 3, 2); o come ad Abramo
(Gn 18), a Giacobbe (Gn 32, 24) e ad
altri santi, ai quali si degnò di
apparire tramite gli angeli. Il secondo modo è nei sogni, come a
Giacobbe (Gn 28, 12), a Zaccaria profeta
(Zc 4, 1), a Giuseppe sposo di Maria (Mt 1,20) e altri santi, cui
volle rivelare il suo segreto. Il terzo
modo, infine, non è per il tramite di una creatura visibile
o di un uomo, ma solo toccando invisibilmente e
facendo parlare con una segreta ispirazione i cuori, come
è scritto nei libri dei profeti, quando questi stessi esclamano,
improvvisamente ispirati dallo spirito divino: Il
Signore così ha parlato (Is 77).
Il
guardare di Dio è approvare le buone
azioni, com’è nel Genesi: Dio vide
tutto quanto aveva fatto,
ed ecco era molto buono (Gn 1,31),
cioè indicò agli intelligenti le cose buone. In altro modo, il
guardare di Dio è il suo biasimo quando
scorge la malvagità umana; così in
Isaia: Il Signore guardò e il male
passò nei suoi occhi (Is
59, 15). In altro modo, il guardare di
Dio significa rendere noi vedenti, com’è nel salmo: Scrutami,
o Dio,
e conosci il mio cuore (Sal 138,
28), e poco dopo: E vedi se è in me
la strada del male (ibid.). Un
simile modo di esprimersi si trova anche
nel libro di Giobbe, dove si parla della sapienza di
Dio Padre col maggior numero possibile di cose notevoli.
Di Dio Padre vien detto: Allora Egli
la vide e la manifestò,
la stabilì e tutta la scrutò (Gb
20, 28), cioè ci rende vedenti, capaci di indagare e predicare, e
altri capaci di raccontare.
Il
conoscere di
Dio è il rendere edotti, come dice l’angelo
ad Abramo: Ora conosco che tu temi il
Signore (Gn 22, 12). Infatti, non
conosce certo nel tempo chi sa tutto prima che avvenga, perciò si
chiama il conoscere di Dio il rendere
edotti, cosi come quanti prima erano
sconosciuti a se stessi, tramite le sue
prove e domande rendono sé manifesti a sé. In tal
modo parla Iddio sulla legge data, tramite Mosè, al
popolo d’Israele: Così li metterò
alla prova per vedere se camminano nella legge o no (Es
16, 4).
L’ignorare
di Dio è la disapprovazione di certe
persone false, come nel Vangelo: Non
so dove siete!
Allontanatevi da me,
voi tutti che avete commesso l’iniquità (Lc
13, 27).
Si
parla dello zelo di
Dio, quando egli non vuole che una sua
creatura si perda, e spesso castiga,
afferra e fustiga,
e fustigando riconduce a sé. Si
parla però anche dello zelo di Dio
quando egli non vuol lasciare nessun
peccatore impunito, poiché è giusto e detesta ogni
ingiustizia.
Si
parla dell’ira di Dio, non per un moto o una qualsiasi
perturbazione d’animo – che a lui in nessun modo
può accadere – ma perché colpisce con un giusto castigo
le creature che sbagliano – cioè gli empi e i peccatori
– e rende loro quanto meritano: questo castigo divino
è perciò chiamato il suo furore (Sal 6, 1).
Si
parla del pentimento di
Dio, non certo perché in maniera umana
si dispiaccia per le azioni passate – non può infatti pentirsi
delle azioni commesse chi ne conobbe gli effetti prima che
accadessero – ma perché si vuole intendere il suo mutare le cose
stabilite, così che quanto prima era in
un modo viene cambiato in altro modo;
dal bene al male per il peso delle colpe – così ad esempio si
legge che il Signore si pentì d’aver
costituito re Saul (1Re 15, 11); o com’è avvenuto per i Giudei
che, nonostante fossero il popolo di Dio, son divenuti per la loro
empietà la sinagoga di Satana (Ap
2, 9). Viceversa, muta dal male al bene,
come quando è avvenuto ai gentili, che prima
non erano il popolo di Dio, e ora per sua grazia lo
sono divenuti (Rom 9, 26). Fu certo così che, con segreto giudizio
divino, il traditore Giuda, decaduto dal
grado di apostolo (At 1, 18), fu precipitato nel baratro infernale.
Invece il ladrone, che prima agiva secondo
il vizio dell’avidità, fu trasportato dalla croce al
paradiso (Lc 32,43). Possiamo chiamare pentimento di
Dio i cambiamenti dal bene al meglio, dal bene al male,
dal male al bene, ed essi avvengono o per la severità
del suo giudizio, o per la sua misericordia, com’è
scritto nel libro di Geremia (Ger 18, 8).
Si
dice che Dio non si pente, quando
le cose stabilite non mutano in alcun
modo, com’è nel salmo: Giurato ha
il Signore e non si pente (e dice il
Padre al Figlio): Tu
sei sacerdote in eterno,
secondo l’ordine di
Melchisedech (Sal 109, 4). Il Padre
dice al Figlio di Dio di essere sacerdote, non secondo la divinità,
ma secondo l’umanità, in quanto ha offerto a Dio Padre
per noi un degno sacrificio con la sua passione e
morte: essendo questo un sacrificio, egli è sacerdote.
Si
parla del dimenticare di
Dio, quando egli non usa compassione
verso certi empi e peccatori, e questo
non certo per crudeltà (che in Dio non esiste), ma
per un suo giudizio segreto e giusto.
Si
dice che Dio indurisce il cuore di
certi malvagi – com’è scritto di
Faraone, re d’Egitto (Es 7, 3) – non
perché Dio onnipotente compia ciò con la propria forza (sarebbe
empio il crederlo), ma, semplicemente, quanti
stanno perpetrando questi mali non sono perseguitati
dalle loro colpe e, per durezza di cuore, non
decidono di cambiare: è come se egli, col suo giusto giudizio,
permettesse loro di indurirsi.
Il
dormire di Dio significa il Figlio del
Padre che s’è degnato di morire per
noi dopo essersi incarnato: e si predisse che la sua morte sarebbe
stata un dolce sonno, come egli stesso
aveva detto tramite il profeta Geremia:
Perciò mi destai e vidi,
e dolce mi fu quel sonno (Ger
31, 26). In altro modo, il dormire di Dio intende
la sua fede che, [come sospesa] tra le fortune di
questo mondo e i cuori dei fedeli, non rimane desta ma
dorme [è cioè allo stato potenziale]. Lo stesso Gesù alluse a
questo sonno, quando donni in mare aperto tra i flutti (Mr 4, 38).
Oppure, il dormire di Dio è soccorrere più tardi gli inquieti, come
nel salmo: Destati,
perché dormi,
o Signore?
(Sal 43, 23), ecc.
Il
vegliare di
Dio è palesarsi chiaramente a difesa dei
suoi eletti.
II.
Quelle che son dette le membra di
Dio,
e ciò che significano
Gli
occhi del
Signore intendono l’esame divino. Nel
salmo: Gli occhi del Signore sono
sopra i giusti (Sal 33, 16). Le
palpebre di
Dio sono i suoi giudizi che scrutano i
figli degli uomini: questi giudizi sono ininterrotti
e mai intralciati dall’oscurità delle cose; sono confermati dalla
conoscenza, anche se non [ancora] emessi. Le orecchie
del Signore indicano quando si degna di
esaudire; nel salmo: E porge
l’orecchio alle loro suppliche (ibid.).
La bocca
del Signore
è la sua Parola verso gli uomini. Nel profeta: La
bocca del Signore ha detto (Is 1,
20). La parola del
Signore è il Figlio. Nel salmo: Effonde
il mio cuore una fausta parola (Sal
44, 2).
Il
braccio o la mano
del Signore sono il Figlio, attraverso
il quale tutto fu fatto. Nel profeta: E
il braccio del Signore a chi sarà rivelalo?
(Is 53, 1). La destra
del Signore è la stessa cosa, come nel
salmo: La destra del Signore fece
prodezze (Sal 117, 16). Il
dito di Dio significa lo Spirito Santo,
in quanto separa i buoni [dai malvagi] e dà ad ognuno il suo, sia
esso uomo o angelo. Infatti, in nessun altro nostro membro oltre alle
dita appare la separazione. Non stupirti per la diversità tra le
varie parti del corpo, e considera invece il significato dell’unità
del corpo. Il grembo del
Signore è il segreto da cui promanò il Figlio. Nel salmo: Dal
grembo,
prima dell’aurora,
li generai (Sal 109, 3). I
piedi del
Signore sono la fermezza dell’eternità. Nel salmo: Ed
era buio sotto i suoi piedi (Sal 17,
10). Le orme del
Signore sono i segni delle sue opere nascoste. Nel salmo: E
non si vedono le tue orme (Sal
76,20). Il passo del
Signore è la sua apparizione e venuta. Nel salmo: Vedranno
il tuo ingresso,
o Dio (Sal 67, 25).
Le
armi del
Signore sono il suo soccorso ai santi. Nel salmo: Impugna
le armi e lo scudo (Sal 34, 2). Lo
scudo è la
protezione del Signore. Nel salmo: Signore,
come uno scudo ci hai cinto della tua bontà (Sal
5,13). L’asta è
la punizione divina degli empi. Nel salmo: Vibra
l’asta e sbarra la via (Sal 34,
3). L’arco è
la tensione delle minacce divine. Nel salmo: Tese
il suo arco e lo preparò (Sal 7,
13). Le frecce sono
i precetti divini, gli apostoli o i profeti. Nel salmo: Lanciò
le sue frecce e li disperse (Sal
17,15). Oppure: Le frecce sono in
mano al potente (Sal 126, 4; 119,
4). La spada è
la vendetta, o la parola del Signore. Dice l’Apostolo: La
parola di Dio è infatti viva ed efficace e più affilata di
qualunque spada a due tagli (Eb 4,
12). Lo stesso vale per la spada a due
tagli [romphea
= rumpia].
La
tromba del
Signore è la manifestazione della sua voce. Nell’Apostolo: Al
segnale dato con la voce dell’arcangelo e la tromba di Dio (1
Ts 4,15).
Il carro di
Dio è il suo seggio, cioè la natura tetramorfa dei Vangeli. Nel
salmo: Il suo carro è più grande di
diecimila (Sal 77, 18). La verga del
Signore è l’annuncio del regno, o l’afferrare la disciplina. Nel
salmo: La verga della giustizia,
la verga del suo regno (Sal 44,
7).
La
mano del Signore sono le sue minacce o
punizioni. Il bastone del
Signore è il sostegno della sua consolazione. Nel salmo: La
verga e il tuo bastone stessi mi hanno consolato (Sal
22, 4). Oppure, il bastone del Signore indica la santa croce o la
dottrina della santa Chiesa; o ancora, il bastone è un qualsiasi
sostegno, come nel libro di Tobia: Il
bastone della nostra vecchiaia (Tb
5, 23).
III.
Le creature superne
I
carboni sono il fuoco della carità, o degli esempi, o del
pentimento. Nel salmo: Con carboni distruttivi (Sal 119, 4).
Il fumo è l’inizio della compunzione futura, o la minaccia di Dio
stesso. Nel salmo: Sale il fumo nella sua ira (Sal 17, 9). In
altro senso, il fumo nocivo agli occhi è la vanità. Il fuoco è lo
Spirito Santo. Negli Atti degli Apostoli: Apparvero quindi ad essi
come delle lingue di fuoco separate e si posarono sopra ciascuno di
loro, sicché tutti furono ripieni di Spirito Santo (At 2,
3).
Il
cielo indica gli apostoli, o i santi,
poiché il Signore dimora in loro. I
cieli narrano la gloria di Dio (Sal
18, 2). Nella Sacra Scrittura, talvolta i cieli designano le sostanze
superiori del mondo, separate da noi, che ignoriamo i loro limiti; di
esse è difficile parlare, ma non impossibile a coloro che
comprendono Dio, come fece l’Apostolo, rapito
fino al terzo cielo (2Cor 12, 2); da
ciò bisogna escludere i cieli materiali. Si dicono cieli del santo
apostolo i predicatori della parola di verità – noi siamo come
innaffiati dalla pioggia di questi cieli, affinché germogli in tutto
il mondo la messe della Chiesa. I
cieli sono inoltre le anime sante
e giuste, dove Dio dimora come nel tempio della fede e della carità.
In altro senso, il cielo è la Santa Scrittura, che riluce a noi col
sole della sapienza, la luna della scienza, e le stelle degli esempi
e delle virtù degli antichi padri: perché Il
cielo si stende come una tenda (Sal
103,2), e discutono gli eruditi e quanti scrivono con un linguaggio
non spirituale se esso si formi davanti alla nostra vista. Le nubi
sono i profeti o i santi, che fanno
piovere il verbo di Dio. In Isaia: Comanderò
alle nubi di non lasciar più cadere pioggia su di essa (Is
5, 6). I tuoni
sono i detti del Vangelo, che risuonano
come tuono celeste, uscendo dalle parole di Dio. Nel salmo: La
voce del tuo tuono nel turbine (Sal
76, 19), cioè nel tutto. I
lampi sono
gli splendori del Vangelo. Nel salmo: Rischiarano
le lue folgori il mondo (ibid.). Le
folgori sono
le potenze o le parole di Gesù Cristo. Nel salmo: E
moltiplicò le folgori,
e scompigliò loro,
cioè i nemici, o i Giudei.
Col
nome degli angeli si
allude nelle Sante Scritture al Signore, come attesta Isaia: E
il suo nome sarà Angelo dell’eccelso consiglio.
Talvolta ciò vale per lo stesso
coro angelico, come dice Cristo a Pietro: Credi
forse che io non possa pregare il Padre mio,
e che non mi darebbe subito più di dodici legioni di angeli?
(Mt 26, 53). Altre volte ancora si
allude ai cittadini della Gerusalemme celeste, presi tra gli uomini,
come dice il Signore nel Vangelo: Nella
resurrezione,
infatti,
non si sposa né si è sposati,
ma si è come angeli di Dio nel cielo (Mt
22, 30). Talora si vuol significare il popolo dei fedeli: Ha
stabilito i confini dei popoli,
secondo i numeri dei figli d’Israele (Dt
32, 8), cioè degli angeli di Dio. Con questo nome [di angelo] si
designa anche un qualsiasi giusto, come fa il Signore a proposito di
Giovanni Battista: Ecco,
o mondo,
davanti a te il mio angelo (Mt 11,
10). Talvolta si intendono anche i predicatori o sacerdoti, com’è
scritto: Poiché le labbra del
sacerdote devono custodire la scienza [divina]
e si cerca dalla sua bocca la legge [di
Dio],
perché egli è l’angelo del Signore degli eserciti (MI
2, 7). E l’Apostolo: La donna deve
portare velato il suo capo in chiesa,
per riguardo agli angeli (1 Cor 11,
10), cioè ai vescovi; e a qualsiasi fedele che predichi e viva il
bene, si attribuisce il nome di angelo. Infine, il diavolo e i suoi
rinnegati sono detti angeli del male perché, pur perdendo la dignità
di angeli, non persero né la natura, né la sottigliezza angeliche;
tramite questi angeli del male (Sal
77, 49) aumenteranno le avversità e le infermità, fino a dove e
quando Dio lo permetterà. Coi Troni si
intendono gli angeli, i santi o lo stesso potere di regnare. Nel
salmo: Il tuo è trono di Dio nei
secoli dei secoli (Sal 44, 7). O
altrove, a proposito del diavolo: Porrò
il mio trono a settentrione (Is 14,
13). La
sedia è la
stessa cosa, gli angeli o i santi su cui siede il Signore,
deliberando per loro tramite i loro giudizi. Nel salmo: Dio
siede sopra il suo seggio (Sal 46,
9).
Il
sole è il Signore Gesù Cristo, che
splende sulla terra. Secondo Salomone, alla fine [del mondo] i falsi
diranno: Dunque il sole di giustizia
non splenderà su noi (Sap 5,6).
Altrimenti, significa la persecuzione: Col
sorgere del sole,
si disseccarono (Mt 13, 6). La luna
è la Chiesa, perché in questo mondo
splende come in una notte. Nel salmo: Hai
fatto la luna per segnare il tempo (Sal
103,19). Si può anche intendere come la fragilità della carne
perché, col decrescere dei suoi movimenti mensili, rappresenta il
nostro venir meno nella morte. Le stelle
sono i santi, o i dotti, o i sapienti
nella giustizia. In Daniele: I dotti
splenderanno come stelle (Dn 12, 3).
Le
nebbie sono
il velame dei misteri di Dio; talvolta rappresentano anche gli angeli
di Dio. Nel profeta: E le nebbie sono
la polvere dei suoi piedi (Ne 1, 3).
In altro senso, sono la cancellazione dei peccati: Ho
cancellato le tue colpe come nubi,
e come nebbia i tuoi peccati (Is 44,
22). Le tenebre sono
la copertura dei divini segreti. Nel salmo: E
la tenebra è sotto i suoi piedi (Sal
17, 10). L’abisso è
la profondità delle Scritture. Nel salmo: L’abisso
chiama l’abisso (Sal 41,8).
Oppure, si può intendere come abisso la profondità del Vecchio e
del Nuovo Testamento, per cui l’abisso
chiama l’abisso significa il
Vecchio Testamento che annunzia il Nuovo. Ma un abisso è pure la
mente umana, che non può comprendere se stessa, per cui il profeta
disse: L’abisso dal profondo leva
la sua voce (Abc 3, 10), che è il
pensiero. Se la mente umana non penetra se stessa, a maggior ragione
non basta per comprendere la forza della natura divina – lodi
dunque l’uomo [il Signore] con accresciuta umiltà. In altro senso,
certo l’abisso è i giudizi di Dio, per cui l’abisso
chiama l’abisso (Sal
35, 7; 41, 8) significa anche quando per segreto
giudizio divino il peccatore passa dai mali di questo
mondo a quelli eterni, e dal fuoco delle passioni
alle fiamme della Gehenna. La rugiada è
la parola di Dio, e dunque ciò che
inumidisce i cuori degli uomini: Mandate
dall’alto,
o cieli,
la rugiada (Is 45, 8). E nel salmo:
Come la rugiada dell’Ermon,
che discende sul monte Sion (Sal
132, 3). La
pioggia è
i precetti o gli ordini del Signore, o le parole dei santi apostoli:
essa infatti irriga la terra, cioè gli uomini.
Nel salmo: Una pioggia spontanea
versasti,
o Dio,
sul tuo retaggio (Sal 67, 10). La
neve sta
per il candore della giustizia e il battesimo. Nel salmo: Mi
laverai e sarò più bianco della neve (Sal
50, 9). La grandine
è le minacce del Signore che sferzano i
superbi. Nel salmo: Grandine
e carbone infuocalo (Sal 17, 13). O
altrove: Con la grandine distrusse le
loro vigne (Sal
77, 46). Si intende anche col freddo della neve
e la durezza della grandine
la vita dei perversi,
che gelano per l’inerzia e si perdono per la durezza
della malvagità. La brina è
l’astinenza, perché con essa si rinfresca il calore del corpo. Nel
salmo: Sono
come un otre nella brina (Sal 118,
83). La tempesta
è l’assalto delle persecuzioni e
delle tribolazioni. Nel salmo: Poiché
mi ha salvalo dalla meschinità d’animo e dalla tempesta (Sal
54, 9). Il ghiaccio è
la durezza dei peccati. In Salomone: Come
il ghiaccio al sereno,
così si sciolgono i tuoi peccati (Ec
3,17). I venti
sono le anime dei santi. Nel salmo:
Trascorreva sulle ali dei venti (Sal
17, 11). Oppure, in senso negativo, in
Matteo: Soffiarono i venti (Mt
7, 25). Il vento d’aquilone
è il diavolo, o gli uomini sleali,
o i mali, o il freddo dei peccati. Nel profeta: Dall’aquilone
divampano i mali della terra.
E altrove:
Alzati,
o aquilone (Cn 4, 16), cioè,
ritirati. Il destro è la stessa cosa; in Salomone: L’aquilone
è un vento inclemente (Pro
25, 23). Si chiama anche col nome di
destro, perché il diavolo si arroga il nome di destro,
come se fosse valente; o, se si vuole, perché il destro, a chi volta
le spalle, diventa l’occidente, cioè
il peccato. L’austro è
il calore della fede. Nel salmo: Come
un torrente nell’austro (Sal 125,
4). È anche lo Spirito Santo, come in
quel luogo: Alzati,
o aquilone,
e vieni,
o austro (Cn 4, 6); cioè, arretra,
o diavolo, e vieni, o spirito di vita.
L’aria è
il parlare a vuoto. Nell’Apostolo:
Combatto,
ma non come uno che dà colpi
nell’aria (1Cor 9, 26), cioè,
tentando di colpire il vuoto.
Le
stagioni sono
la giusta ripartizione della volontà divina. Nel salmo: Fece
la luna per la divisione del
tempo (Sal 103, 19). La primavera
è il rinnovarsi
della vita, o tramite il battesimo, o grazie alla resurrezione. Nel
salmo: Hai fatto l’estate e la
primavera (Sal
73, 17). L’estate è
la prefigurazione della futura letizia.
L’inverno è
la vita presente, la persecuzione e la
tribolazione. Nel Vangelo: Pregate
che la vostra fuga non debba
venire d’inverno o di sabato (Mt
24, 20). Gli anni talvolta
significano l’eternità: I tuoi
anni non hanno fine (Sal 101, 28).
Altre volte indicano la brevità di questa vita, come in questo caso:
Gli anni nostri sono come una
ragnatela (Sal 49, 9). I
mesi, che raggruppano i giorni,
indicano la raccolta delle anime o la perfezione dei
santi, come qua: Sarà di mese in
mese (Is 66, 23):
vale a dire, nel riposo di quelli che sono già ora perfetti.
Il giorno e
la notte sono
la giustizia e l’iniquità, la fede e la slealtà, le cose
favorevoli e le avverse. Nel salmo: Il
Signore manda di giorno la sua
misericordia,
e nella notte la manifesta (Sal 41,
9). Con i giorni
si intende anche l’illuminazione della
grazia divina attraverso i differenti
doni della virtù. Oppure, il giorno indica l’angelo traditore, e
infatti Giobbe così parla di lui: Lo
maledicano quelli che maledicono
il giorno (Gb 3, 8). Col nome di
notte si
intende anche l’errore e la cecità
dell’ignoranza o anche l’asprezza della morte. La luce
e le
tenebre hanno principalmente gli stessi
significati del giorno e della notte.
Nella lettera di Giovanni: Chi ama il
proprio fratello rimane nella luce;
ma chi odia il proprio fratello è nelle tenebre (1Gv
2, 10). La luce anche
simboleggia l’attenzione del cuore, e l’ombra
la protezione divina. Nel salmo:
Proteggimi sotto l’ombra delle lue
ali (Sal 16, 8). Altrimenti, è la
dimenticanza, o i peccati: Siedono
nelle tenebre e nell’ombra della morte (Sal
106, 10). Talvolta l’ombra è
il piacere dei peccati, come in Giobbe: Dorme
nascosto nell’ombra (Gb 41, 16).
Oppure, l’ombra può essere l’oblio della morte, o la morte
carnale, o la contraffazione diabolica. La luce
significa il Signore, o qualsiasi
giusto, come nel Vangelo: Era
la luce vera,
che viene in questo mondo a
illuminare tutti gli uomini (Gv 1,
9). E l’Apostolo: Eravate una volta
nelle tenebre,
ma ora siete luce nel Signore (Ef 5,
8). Sta anche per l’illuminazione della fede, e per la vita. L’ora
vale (come crede qualcuno) per cinquecento anni, così come quando si
indica col giorno l’intera durata di questo mondo; nella
lettera di Giovanni: Figlioli miei,
è l’ultima ora (1Gv2, 18).
L’oriente
è il Salvatore, poiché da quella parte
sorge la luce; in Luca: Ci
ha visitati l’Oriente dall’alto (Lc
1, 78); e in Zaccaria: Ecco l’uomo,
il cui nome è Oriente (Zc
6, 12). L’occidente è
la mancanza di una vita migliore. Nel
profeta: Tramonta per noi il sole a
mezzogiorno.
Il settentrione ha
sempre significato negativo, come dice il profeta del diavolo: Porrò
il mio seggio a settentrione ;
e altrove: Dal settentrione si
diffonderanno i mali (Ger 1, 14). Il
mattino è
la luce delle buone azioni, o il battesimo, o la resurrezione del
Signore. Nel salmo: Al mattino starò
in piedi davanti a te,
e ti guarderò (Sal 5, 5); e
altrove: Dalla veglia mattutina fino
a notte Israele spera nel Signore
(Sal 129, 6), cioè dalla
resurrezione del Signore – nostra speranza – fino alla fine del
tempo, cioè al giorno del giudizio. Con
la mattina si intende anche la
prosperità di questa vita, come in quel luogo: Guai
a te,
o terra,
che per re hai un ragazzo,
e i tuoi principi banchettano
fino al mattino (Ec 10, 16);
banchettano fino al mattino coloro che
sono innalzati dalle fortune di questo
mondo, e dovranno invece aspettare fino all’ultimo per godere
dell’eternità. Il mezzogiorno è
l’evidente chiarezza delle dottrine e dei fatti. In Salomone: Dove
riposi al meriggio (Cn 1,
7). E, in senso negativo, nel Salmo: [Non
temerai]
il demone meridiano (Sal
90, 6), cioè manifesto. La sera è
il termine della vita, o del tempo, o il castigo; nel
salmo: Sarà pianto la sera,
ma gioia il mattino (Sal 29, 6).
L’aurora significa
la mente dei giusti, che abbandona le
tenebre del peccato, sorge alla luce, illuminata
dal sole della giustizia (Cn 4, 9).
[La
stella] Arturo, che brilla sull’asse del cielo con i raggi di sette
stelle, rappresenta la Chiesa universale, raffigurata nell’Apocalisse
tramite sette chiese e sette candelabri (Ap 1, 20). Orione, che sta
ad oriente nel peso dell’inverno, incarna i santi martiri che,
dovendo sopportare il peso dei persecutori e staccarsi dalle persone
amate, giungono come d’inverno alla condizione celeste. Le Iadi –
così chiamate dalla lettera greca ‘y’, che richiamano alla vista
– portano pioggia quando sorgono, e indicano i santi predicatori
che piovono parole per irrigare in modo salubre i cuori degli uomini:
infatti sono dette yetòs in greco e imber in latino.
IV.
Le creature terrene
La
terra è
l’uomo stesso. Nel Vangelo: Un
altro cadde in terra buona (Mr
4, 8). Altrove: Terra sei,
e terra ritornerai (Gn
3, 19). In senso negativo è il peccatore:
Mangerai terra per tutti i giorni
della tua vita (Gn
3, 14). In altro modo, si intende per “terra” quanti sono
occupati con le cose terrene, e possono raggiungere la vita eterna
solo diffondendosi in elemosine e
lacrime, per cui nel salmo: Chiama i
cieli dall’alto,
e la terra a giudicare il popolo suo (Sal
49, 4). La terra asciutta [arida]
è gli uomini improduttivi: Per
coprire la terra di malizia e inganno (Ecli
37, 3). La polvere è
i peccatori e la vanità della carne; nel salmo: Come
polvere sparsa dal vento (Sal 1, 4).
Il fango è
la pania dei peccati, nel salmo: Traimi
dal fango,
ch’io non affondi (Sal 48,15).
O, in altro senso, in Giovanni: Fece
del fango e me lo spalmò sugli
occhi (Gv 9, 11). I
monti sono
la Chiesa, gli apostoli o i santi,
secondo l’altezza delle virtù; nel
salmo: Che scende sul monte Sion (Sal
132, 3). O nel profeta: Il
monte della casa del Signore sarà
stabilito in cima ai monti (Is 2,
2). Così pure, in altro senso, il profeta: Prima
che i vostri piedi urtino nei
monti tenebrosi (Ger 13, 16), cioè
gli eretici. I colli
sono i santi di minor merito; nel salmo:
I monti
e tutti i colli (Sal
148, 9). Altrimenti, in altro senso, nel
Vangelo: Ogni monte e colle sarà
abbassato (Lc 3,
5). Le valli sono
la contrizione del cuore umile; nel salmo: E
le convalli abbonderanno di frumento (Sal
64, 14). Oppure, in altro senso, nel profeta: La
valle dei figli di Ennon (Ger
19,2). La pietra è
Cristo, per la sua stabilità;
nell’Apostolo: E questa pietra era
il Cristo (1Cor 10, 4). I
sassi sono
talvolta il Cristo, o i santi; nel salmo: Il
sasso respinto dai costruttori (Sal
117, 22). Oppure: Si staccò senza
opera della mano dal monte un sasso e riempì la terra intera (Dn
2, 35). Oppure: Costruitevi come
pietre vive (1Pt 2, 5). In altro
senso, sono gli stolti e gli uomini dal cuore duro: Anche
da queste pietre Dio può suscitare dei figli ad Abramo (Mt
3, 9). E altrove: Toglierò
il cuore di pietra dal cuore vostro (Ez
36, 26).
Il
campo è
questo mondo; nel Vangelo: Il campo è
il mondo (Mt 13, 38). Altrimenti, il
campo è la disciplina degli studi celesti, dove
è nascosto un tesoro (ibid., 41),
cioè il desiderio del cielo. Le campagne
sono i santi, o le Sacre Scritture,
perché sono il pascolo delle anime; nel
salmo: Tra i pascoli mi
pose (Sal 22,2). La coltivazione
è i santi, che sono coltivati
da Dio; nell’Apostolo: Voi siete il
campo di Dio (1Cor
3, 8). L’agricoltore è
Dio; nel Vangelo: Io sono la vera
vite,
e il Padre mio è l’agricoltore (Gv
15, 1). I solchi
sono i cuori dei santi; nel salmo; Ne
abbeveri i solchi (Sal 64, 11). Il
seme è la
predicazione divina; nel Vangelo: Il
seminatore uscì per seminare il
suo seme (Lc 8, 5). La messe
è l’abbondanza, o la ricchezza di
fedeli; nel Vangelo: Alzate gli occhi
e guardate i campi che biondeggiano di
messi (Gv 4, 35); e altrove: La
mietitura è la fine del mondo,
e i mietitori sono gli angeli (Mt
13, 39). I covoni
sono i frutti della giustizia; nel
salmo: Nel portare i loro covoni (Sal
125, 6). La
stoppia è
gli aridi verso la fede, o i fatui; nell’Apostolo: Legno,
fieno e stoppia (1Cor 3, 13); e nel
profeta: Me sventurato,
che sono diventato come uno spigolatore (Mic
7, 1), cioè: non trovai frutti di opere buone. E altrove: La
riunione dei peccatori è come stoppia accumulata (Ecli
21, 10). L’aia è la Chiesa; nel Vangelo:
Pulirà bene la sua aia (Mt
3, 12). Il vaglio è
l’esame della giustizia divina: Egli
ha in mano il vaglio (ibid.).
Il frumento è
la parola di Dio, o i santi, o i suoi
eletti; nel Vangelo: Radunerà il suo
frumento nel granaio (ibid.).
L’orzo è
la lettera della legge; nel Vangelo: C’è
qui un ragazzo che ha cinque pani d’orzo
(Gv 6,9), cioè la lettera, i cinque
libri di Mosè. La paglia
è i peccatori; nel Vangelo: Ma
brucerà la paglia con fuoco
inestinguibile (Mt 3,12); e Geremia:
Che ha in comune la paglia col grano?
– dice il Signore (Ger 23, 28). La
zizzania è
gli scandali e i mal viventi; nel
Vangelo: Venne il nemico,
e seminò la zizzania in mezzo al
grano (Mt 13, 25).
La
vigna è la
Chiesa, o il popolo d’Israele; nel salmo:
Una vigna svellesti dall’Egitto
(Sal 79, 9). O in
senso negativo: Poiché la loro vite
vien dalle vigne di Sodoma (Dt
32, 32). La vite
è il Cristo; nel Vangelo: Io
sono la vera vite (Gv 15, 1). O, in
altro senso, come nel Cantico del Deuteronomio, vedi sopra.
I tralci
sono gli apostoli, o i santi; nel
Vangelo: Io sono la vera vite,
e voi i tralci.
In senso negativo, come
sopra, nel Deuteronomio: E i loro
tralci da Gomorra.
I grappoli sono
i frutti della giustizia; in Isaia: Aspettavo
che producesse il grappolo (Is 5,4).
O in senso negativo: E la loro uva è
uva di fiele (Dt 32,32).
Il grappolo è
la Chiesa o il corpo del Signore; nei
Numeri: E per quel grappolo d’uva,
portato dai figli d’Israele (Nm
13, 24). La vendemmia è
la fine del mondo, o la punizione del popolo; nel salmo: E
la vendemmiano tutti i passanti
(Sal 79,13); e Gioele: Lasciate
le falci e vendemmiate le vigne
della terra, perché le loro uve sono
mature (GÌ 3, 13). Il torchio è
l’altare, poiché a questo si portano le offerte come al primo i
frutti; così in Isaia: E vi scavò
un tino (Is 5, 2). Altrimenti, il
torchio è la pressione delle tribolazioni all’interno della santa
Chiesa, con cui si esaminano i fedeli.
Nel titolo del salmo: Sempre per i
torchi (Sal 8, 1).
Il
fieno è il popolo, la carne o la vanagloria. In Isaia:
Ogni carne è come il fieno,
e tutta la sua gloria è come il fiore del fieno (Is
40, 6). L’erba è
la letizia, o i primi tentativi di
miglioramento dell’anima. Nel Genesi:
Produce la terra l’erba verde (Gn
1, 11). O, in senso negativo: Al
mattino è come l’erba che germoglia,
[alla
sera inaridisce e muore]
(Sal 89, 6). I
fiori sono
Cristo, o il segno della giustizia, o l’inizio del fare il bene;
come dice nel Cantico lo sposo: Ristoratemi
coi fiori (Cn 2, 5). Il
giglio è Cristo, o gli angeli, per il
candore della giustizia. In Salomone:
Sono un fiore dei campi e un giglio
delle valli (ibid.
2, 1). Le rose sono
i martiri, per il rosso del sangue; in
Salomone: Come la rosa fiorisce sulle
umide correnti.
Le viole
sono i confessori, per la somiglianza
con le loro vesti scure; nel Cantico dei Cantici: I
fiori sono apparsi sulla
terra (Cn 2, 12). Le
selve sono
le genti; nel salmo: La trovammo
nelle radure della selva (Sal
131, 6). Da queste selve uscirono due orsi
agli ordini di Eliseo (4Re 2, 24), ed
essi sono allegoricamente Vespasiano e Tito, re dei
Romani, che dopo 42 anni dall’ascensione al cielo [di
Cristo] sbranarono dei fanciulli giudei [con le persecuzioni]. I
boschi sono
le ombre e le oscurità della Scrittura
divina; nel salmo: [Il
Signore]
spoglia le foreste (Sal 28,9). La
legna è il
peccatore destinato al fuoco. O, in
senso buono: E sarà come un albero
piantato (Sal 1, 3). Il legno è
anche il nome della santa Croce, come
nel profeta: Gettiamo il legno nel
suo pane (Ger
11, 19), cioè: appendiamo Cristo alla croce
della carne. Altrove: Stavo
raccattando un po’ di legna
(3Re 17, 12). Oppure, il legno
significa i giusti e i peccatori, come
in Salomone: E se un albero cade
ad austro o ad aquilone,
là dove cade rimane (Ec 11, 3):
perché nel giorno della morte il giusto cade ad austro e il
peccatore ad aquilone, essendo il giusto
condotto alla letizia dal suo ardore spirituale, mentre
il peccatore, per la sua freddezza di cuore, è respinto all’angelo
traditore. La radice è
l’origine; nell’Apostolo: Se la
radice è santa,
lo sono anche i rami (Rm 11, 16); e,
in senso negativo, nel salmo: Svellerà
la radice tua dalla terra dei vivi (Sal
51,7). L’albero è
anche Cristo nella sua resurrezione, così come era stato il seme
nella sua morte. Il ramo è
l’eredità: nell’Apostolo: Se la
radice è santa,
lo sono anche i suoi rami (Rm
11, 16). O, in altro punto, in Daniele: Tagliate
i suoi rami (Dn 4, 11). Oppure, i
rami sono le sentenze dei santi Padri; nel Vangelo: Altri
tagliavano rami dagli alberi (Mt 21,
8). La foglia è
la parola della dottrina; nel salmo: E
la sua foglia non cade a terra
(Sal 1,3). Altrimenti, la foglia ò
la veste e l’ornamento con cui la grazia divina dona protezione.
In senso negativo: Non trovò altro
che foglie senza frutti (Mt 21, 19),
cioè parole senza frutto; perciò
l’Apostolo ammonisce affinché
amiamo non solo a parole e con la
lingua,
ma coi fatti e la verità (1Gv 3,
18). L’uomo è anche paragonato alla foglia
che cadde dall’albero in paradiso. I
pomi sono
i frutti della virtù dei santi; nel
Cantico: E mangi i suoi
frutti (Cn 5, 1). La palma
è il compimento o la vittoria;
nel salmo: Il giusto fiorisce come la
palma (Sal 91, 13). La palma infatti
cresce lentamente, ma rimane a lungo verde: così la santa Chiesa
giunge a una prospera fede con gran
difficoltà, ma ha speranza di restarvi
grazie alla gran copia di fedeli. La palma nella
parte inferiore è stretta dagli avvolgimenti della sua
corteccia, ma si espande nella parte superiore con il
suo bel verde: così qui in basso la vita degli eletti è spregevole,
ma là in alto è bella. V’è qualche altra cosa per cui la palma
differisce da tutti gli alberi: infatti
ogni altro tipo di pianta, che cresce ampia per la
sua forza e secondo il terreno, si fa più piccola verso l’alto, e
più s’innalza e più s’assottiglia; la palma invece è stretta
verso il basso, ed espande la forza dei
rami e dei frutti in alto, aumentando sempre più
verso la cima. Gli altri alberi sono simili alle anime volte alle
cose terrene, ampie quaggiù, ma strette verso l’alto, perché
senza dubbio i piaceri mondani si rinforzano nelle cose terrene, ma
sono deboli in quelle celesti: non temono di affaticarsi a morte per
la gloria temporale, ma non fanno il minimo sforzo per la speranza
dell’eternità – sopportano qualsiasi oltraggio per un guadagno
terreno, ma non vogliono patire per il
celeste profitto nemmeno il lieve
insulto di una sola parola. E se stanno tutto il giorno in piedi
accanto al giudice terreno, sono pieni di vigore; ma se stanno in
preghiera davanti a Dio anche solo per un’ora, sono subito stanchi.
Al contrario, con la regolarità della palma
si indica la vita profittevole dei giusti, che non sono
abili né negli studi terreni, né in quelli celesti, ma
sopravanzano tutti gli studiosi nell’offrirsi a Dio, e
saranno ricordati alla consumazione del mondo. Perciò fu scritto
quel veridico ammonimento: Il giusto
fiorisce come la palma,
ecc. I
cedri sono
gli uomini di forza eccelsa; nel salmo: Come
cedro del Libano si espande (Sal
91, 15); e, in senso negativo, indicano
i superbi e gli orgogliosi, come nel salmo: Il
Signore infrange i cedri del Libano (Sal
28, 5). L’ulivo è
il santo che abbonda dei frutti della misericordia divina; nel salmo:
Sono come un ulivo fruttifero nella
casa del Signore (Sal 51, 10).
L’oleastro è
l’uomo che non produce frutti, o il pagano:
Se tu sei stato tagliato in un
oleastro e innestato
contrariamente alla tua natura (Rm
11,24). Il fico
è talvolta la sinagoga; nel Vangelo: E
subito il fico si seccò (Mt
21, 19); e in Abacuc: Il fico non
porta frutto (Abc
3, 17). Il fico può essere considerato in
senso positivo e negativo, come in Geremia: E
mi mostrò deifichi buonissimi e
altri pessimi (Ger 24, 3);
e il Signore a Natanaele: Sotto il
fico (cioè sotto il peccato
originale) ti ho visto (pronto
per la redenzione: Gv 1, 48). Per “fico” si intende anche la
natura umana o la sinagoga priva di fede, che, per quanto in
posizione favorevole, cadde da sola senza mostrare
il frutto del precetto divino o delle buone azioni, per cui il
Signore per tre anni cercò in lei il frutto
senza trovarlo, visitandola e ammonendola tre volte
(Lc 13, 7), cioè prima della legge, durante la legge e nel tempo
della grazia. Prima della legge la sostenne con la tolleranza; nel
tempo della grazia si è reso palese con
la presenza della sua incarnazione; durante
la legge ammonì e insegnò. Ciò nonostante, essa
durante questi tre tempi rimase infruttuosa e disseccò
dalle radici. Il sicomoro è
detto fico insipido: su di esso salì
Zaccheo, poiché era piccolo di statura (Lc
19, 4), e il Signore lo vide: perché chi estirpa con umiltà la
sapienza del mondo, ammirerà intimamente la sapienza di Dio. Saliamo
dunque prudenti sul sicomoro, e
manteniamo quella lodevole e saggia
stoltezza, se il cielo avrà voluto donarcela. Non sono infatti
considerati stolti in questo mondo quanti
non cercano le cose perdute, ma regalano ciò che
possiedono, liberano i ladri, non ricambiano le ingiustizie
subite e, secondo i precetti del Signore, si dimostrano
pazienti in ogni cosa?
L’issopo
è un’erba bassa che nasce sulla
pietra, e si dice che le sue radici
penetrino i sassi; cura soprattutto i polmoni. Nei polmoni viene
simboleggiata la superbia, poiché in essi dimora il rigonfiamento e
l’affanno. Così [curandoli], l’issopo indica l’umiltà e la
pazienza. Il biancospino, le
ortiche, i
cardi, i
rovi, la
marruca e
tutte le piante spinose significano le persone crudeli, fraudolente,
superbe e tutti i malvagi, mai toccati dalla mansuetudine e dalla
bontà e che possono essere corrette solo col dolore. Le stesse
piante significano anche i vizi e il tormento delle tentazioni, come
nel Genesi: [La
terra]
ti produrrà spine e triboli (Gn 3,
18). I melograni
sono la Chiesa, composta di molte genti
e differenti grazie; nel Cantico: La
tua guancia è uno spicchio di
melograno (Cn 4, 3). In altro senso,
le mele sono
i frutti delle buone azioni, ben olenti, cioè provvisti
di buona reputazione e dei risultati dei buoni costumi.
La canna è
il peccatore, e colui che è fiacco nella fede e debole nella
tentazione; nel Vangelo: Non spezzerà
la canna rolla (Mt 12,20). La canna
è anche l’aiuto degli infermi; in Isaia: Ecco,
li fidi dell’Egitto,
quel pezzo di canna rotta,
che punge e ferisce la mano di chi vi si appoggia (Is
36, 6). Il rovo, secondo
alcuni, prefigura la Vergine Maria, perché il Salvatore nacque come
una rosa dal roveto del corpo umano, e perché essa sostenne la forza
della folgore divina senza contatto virile. Nell’Esodo: Gli
apparve il Signore in una fiamma di fuoco in mezzo a un roveto,
e vide che il roveto bruciava,
ma senza consumarsi (Es 3, 2). In
altro senso, il roveto ardente che non si consuma rappresenta il
popolo giudaico che, pur ottenendo per primo le fiamme della legge
divina, in nessun modo riuscì ad evitare la punizione del peccato.
Le spine sono
talvolta i dannosi affanni per le ricchezze e le preoccupazioni
mondane, che soffocano l’animo; nel Vangelo: Una
parte cadde tra le spine (Lc 8, 6);
e oltre: [Quelli
caduti tra le spine]
sono coloro che hanno ascoltato,
ma poi a poco a poco si lasciano sopraffare dalle ricchezze e dai
piaceri della vita (ibid. 14). Il
tribolo simbolizza
gli aculei dei vizi e delle tentazioni; nel Genesi: [La
terra]
ti produrrà spine e triboli (Gn 3,
18).
Le
fonti sono
il battesimo: Come il cervo agogna
alla fonte delle acque (Sal 41, 2).
La fonte infatti è Cristo, come nel salmo: L’anima
mia ha sete di Dio,
fonte vivente (ibid.); e Zaccaria:
In quel giorno zampillerà una fonte
dalla casa di Davide (Zc 13, 1),
ecc. Oppure, in senso negativo, come dice l’Apostolo: Fonti
senz’acqua (2Pt 2, 17). Le acque
sono le tentazioni; nel salmo: Forse
saremo inghiottiti dalle acque (Sal
23,4). Così pure: Le acque entrarono
fino all’anima mia (Sal 68, 2).
Oppure, in senso buono, in Geremia: Hanno
abbandonalo me,
fonte d’acqua viva (Ger 2, 13); e
in Isaia: Voi assetati,
venite tutti all’acqua (Is 55, 1),
cioè alla dottrina. Talvolta con “acqua” si intende nella Sacra
Scrittura lo Spirito Santo e la sua infusione, come nel Vangelo: Dal
ventre di chi crede in me sgorgheranno fiumi d’acqua viva (Gv
7, 38). Oppure si esprime con l’acqua il coro degli angeli; così
nel salmo: E le acque sopra il cielo
lodino il nome del Signore (Sal 148,
4). Oppure, la scienza sacra, come nel libro della Sapienza: Li
abbevererà l’acqua della sapienza (Ecli
15, 3). E altrove: Acque profonde
sgorgano dalla bocca d’un uomo (Pro
18, 4). Anche la scienza malvagia è indicata con l’acqua; così in
Salomone la donna che incarna l’eresia, blandisce con queste astute
parole: Le acque rubate sono più
dolci (Pro 9, 17). L’acqua
significa pure la prosperità di questo mondo, come nel salmo:
Abbiamo attraversato il fuoco e
l’acqua,
e ci hai condotto al refrigerio (Sal
55, 12). Il fuoco e l’acqua sono entrambi pericolosi, come nel
Vangelo: L’ha gettato sovente nel
fuoco e nell’acqua,
per farlo perire (Mr 9, 21). Quando
in questo mondo si vive nelle difficoltà e nella sfortuna, è come
essere nel fuoco; quando invece si nuota nell’abbondanza e nella
prosperità, è come essere nell’acqua. Con le acque si indicano
anche i popoli: Le acque sono le
moltitudini e i popoli (Ap 17, 15).
Esse però non significano solo il
vagabondare delle genti, ma anche le
anime dei buoni che seguono i precetti della fede; così è in Isaia:
Beati voi che seminerete
presso le acque (Is 32,20). L’acqua
indica anche il battesimo, come dice
Giovanni Evangelista: Tre sono che
rendono testimonianza:
lo Spirito,
l’acqua e il sangue (1Gv
5, 8). Infatti lo Spirito ci ha resi
figli adottivi di Dio, l’onda della fonte sacra ci ha
lavati e il sangue del Signore ci ha redenti.
Il
torrente è
l’irruenza della persecuzione, o il trascorrere
della morte. Nel salmo: Berrà dal
torrente per via (Sal
109, 7). Oppure: Un torrente
attraversò l’anima nostra (Sal
123, 5). In senso positivo: E li
inebrierai con un torrente di delizie (Sal
35, 9). Si chiamano torrenti anche i santi predicatori, perché, come
i torrenti confluiscono adunando le acque durante l’inverno, mentre
poi si prosciugano col sopraggiungere
del sole estivo, così i santi predicatori ci
inondano in questa vita col verbo divino, ma, quando sfavillerà la
luce della patria eterna, essi cesseranno di predicare. I
fiumi sono
i popoli dei miscredenti: Sopra i
fiumi di Babilonia (Sal 136, 1). O
altrove, in senso buono: Dal suo
intimo scaturiscono fiumi d’acqua viva (Gv
7, 38), cioè lo spirito di molteplici grazie; così nel salmo:
L’impeto del fiume rallegra la
città di Dio (Sal 45, 5). Il
lago è l’inferno;
nel salmo: Mi hai calato nel lago
profondo (Sal 87,7), cioè, in quel
luogo infernale dove i peccatori stanno
in solitudine a scontare le loro pene. Il
mare è il mondo secolare, o i popoli;
nel salmo: Questo mare grande e
spazioso (Sal 102, 25). Per “mare”
si intendono anche le Sacre Scritture, come in
Ezechiele: Le ruote e la loro
struttura sembravano il mare (Ez
1, 16). Giustamente infatti si paragonano le
Scritture all’immagine del mare, perché il contenuto delle loro
parole è confermato dall’acqua del battesimo. I
pesci sono
i santi, o talvolta i peccatori; nel
Vangelo: Tirarono una rete piena di
grossi pesci (Gv 21, 11). Oppure, in
senso negativo: Buttarono via i
[pesci]
cattivi (Mt 13, 48). D’altra
parte, i pesci possono anche significare una fede autentica: allo
stesso modo infatti in cui un pesce nasce, vive e cresce sotto la
superficie dell’acqua, cosi la fede in
Dio genera nel cuore, attraverso i pianti di
questa vita e i gemiti incessanti, le gioie dell’altra vita;
lo spirito si consacra alla grazia invisibile tramite l’acqua
del battesimo, e la divina protezione nutre con
aiuto invisibile, perché non perisca e stia in buona salute,
ben agendo e considerando la ricompensa, anch’essa invisibile. Di
ciò parla l’Apostolo: Poiché le
cose visibili sono nel tempo,
ma le invisibili sono eterne (2Cor
4, 18). Invece il pesce secco indica
la passione, e i flutti
sono le tentazioni; nel salmo: Tutte
le onde e i tuoi flutti sono
passati su di me (Sal 41,8).
I
flutti indicano anche il timore di Dio, come nel libro di
Giobbe: Ho sempre temuto il Signore, come fosse una
rigonfia procella su di me (Gb 31, 25). Le onde hanno lo stesso
significato: Rimase immobile l’onda fluente (Es 15, 8). Le
isole sono le anime, o la Chiesa di Dio, che sono colpite dai flutti
di molteplici tentazioni; nel salmo: Si rallegrino tutte le isole
(Sal 96, 1). La spiaggia è la fine del mondo; nel Vangelo:
Quando [la rete] è piena, i pescatori la
tirano a riva, poi seduli mettono i [pesci]
buoni nei canestri (Mt 13, 48). La sabbia del mare è la
innumerevole moltitudine delle genti; nel Genesi: E moltiplicherò
il tuo seme, che sarà come le stelle del cielo (cioè i
santi), oppure come la sabbia che è sul lido del mare (i
peccatori) (Gn 22, 17).
V.
Gli animali
Gli
uccelli sono
i santi, che si sollevano col cuore verso le cose superiori; nel
Vangelo: E fa rami sì grandi,
che gli uccelli del cielo possono mettersi al riparo della sua ombra
(Mr 4,32). Si intendono anche con
gli uccelli i pensieri superflui, indicati dai rapaci che
disturbavano il sacrificio di Abramo, e
Abramo li scacciava (Gn 15, 11). Se
infatti nel sacrificio dell’orazione insorgono e si intromettono
dei pensieri molesti, essi insozzano i cuori dei giusti – vanno
perciò subito scacciati con la mano garbata del discernimento,
affinché la tenebra della tentazione non occulti il volto del cuore
e non lo tocchi con piaceri illeciti. Il volo
è l’estasi dei santi in Dio, o nella
comprensione delle Scritture; nel salmo: Ch’io
m’involi e abbia pace (Sal 54, 7).
Per tutti i volatili vale
quanto dicemmo per gli uccelli. In senso negativo designano i demoni
superbi, come nel Vangelo: Parte del
seme cadde lungo la strada,
e i volatili del cielo lo mangiarono (Lc
8, 5); perché gli spiriti maligni che assediano le menti umane,
mentre infliggono i pensieri nocivi, sradicano la parola di vita
dalla memoria. Le ali sono
i due Testamenti; in Ezechiele: Ciascuno
[dei
quattro viventi]
velava il proprio corpo con due ali (Ez
1, 23). Le ali sono anche le virtù dei santi, con cui si sollevano
alla contemplazione o al cielo – oppure sono la protezione divina.
Le penne sono
le Scritture; nel salmo: Le penne
della colomba argentea (Sal 67, 14).
Il nido è
la Chiesa, oppure il riposo elevato dei santi; nel salmo: E
la tortora trova il nido ove porre i suoi pulcini (Sal
83, 4). Altrimenti, il nido è la buona coscienza, dove viene covata
la prole dei buoni pensieri, poi partoriti con gran travaglio come
fossero figli. Nel salmo: I
figli tuoi sono come
rampolli d’ulivo attorno alla tua mensa (Sal
127, 3).
I
pulcini sono
i santi; nel salmo, come sopra, o nel libro di Giobbe: I
suoi pulcini lambiscono il sangue (Gb
39, 30): ciò si dice dei figli della santa Chiesa, che bevono il
sangue di Cristo. E, in senso negativo,
in Salomone: Lo divorino i pulcini
dell’aquila (Pro 30, 17). Le
aquile sono
i santi; nel Vangelo: Dovunque vi
sarà il cadavere,
qui si raduneranno le aquile (Mt 24,
28): perché le sante anime, quando escono dal corpo, si riuniscono a
Cristo, che morendo si fece cadavere per loro. L’aquila significa
anche Cristo, come in Salomone: Il
levarsi dell’aquila in cielo (Pro
30, 19), cioè, l’ascensione di Cristo. E, in senso negativo: Lo
divorino i pulcini dell’aquila (vedi
sopra). Così è in Geremia, riguardo agli spiriti maligni: Agili
erano i nostri inseguitori,
più che le aquile in cielo (Lam 4,
19). Con le aquile si indicano anche le sciagure terrene. Lo struzzo
indica un qualsivoglia eretico o
filosofo o ipocrita che, seppur rivestito con le penne della
sapienza, pur tuttavia non vola. In Isaia: Sarà
dimora degli sciacalli e soggiorno degli struzzi (Is
34, 13). Lo struzzo, inoltre, depone le uova ma non cura i pulcini –
così l’ipocrita va dicendo ogni cosa rettamente, e tuttavia non
genera discendenza tramite l’esempio di una buona vita, come nel
libro di Giobbe: Lo struzzo abbandona
in terra le sue uova,
e dimentica che qualcuno può calpestarle (Gb
39, 14). Il pellicano è
Cristo, Signore nella Passione, o un santo eremita. Nel salmo:
Somiglio a un pellicano nel deserto
(Sal 101,
7). Il
corvo è la nerezza dei peccati, o i
demoni; in Salomone: Sia cavato dai
corvi del torrente e delle rupi (Pro
30, 17). O, in senso positivo, nel Cantico dei Cantici, circa lo
sposo: I suoi capelli sono neri come
il corvo (Cn 5, 11). La pernice
è il diavolo; nel profeta: La
pernice fa schiudere le uova non sue (Ger
17, 11). La
colomba è
lo Spirito Santo; nel Vangelo: Ho
veduto lo Spirito scendere dal cielo a guisa di colomba (Gv
1, 32). Oppure, in senso negativo, come nel profeta: Ed
Efraim fu come una colomba immota e senza cuore (Ez
7, 16). La tortora è
lo Spirito Santo, o un uomo santo, o l’intelligenza spirituale; nel
Cantico: Già si sente la voce della
tortora sulla nostra terra (Cn 2,
12). La colomba, inoltre, indica la Scrittura sacra quando parla
apertamente, mentre la tortora significa lo Spirito Santo che si
manifesta nella Scrittura con alti e oscuri misteri. La colomba è
anche la semplicità, e la tortora la castità, poiché se perde il
primo compagno non ne cerca un altro. Lo sparviero
significa, credo, la persona avida e
superba, come nel salmo secondo gli Ebrei: L’abete
è la casa dello sparviero.
Il falco rappresenta
talvolta il santo che ghermisce il regno di Dio: come quello,
infatti, cambia le penne e abbandona il gusto radicato per l’inganno,
decidendo d’un sol colpo di cambiare in bene la propria vita. In
Giobbe: Forse che nella tua sapienza
si copre di piume il falco?
Il gufo è
Cristo, o un santo disprezzato dai miscredenti; nel salmo: Sono
come un gufo in mezzo alle macerie (Sal
101, 7). Il passero è
talvolta il Signore, o l’uomo santo; nel salmo: Anche
il passero trova una casa (Sal 87,
4). Altrimenti, può anche significare un cristiano che, al
pari degli eretici, pensa di aver solo per sé il Cristo, chiamato
“monte” nella Scrittura: Trasvola
sul monte come un passero (Sal
10, 2). Il gallo è
il Signore, o un santo; in Salomone: Il
gallo passeggia giocondo tra le
galline (Pro 30, 31). E in Giobbe:
Chi ha dato intelligenza
al gallo (Gb 38, 36). O altrove: Ti
spazzerà via come un gallo di pollaio (Is
22, 17). Con il termine di gallo si intendono anche i santi
predicatori che, nelle tenebre della
nostra vita attuale, si dedicano ad
annunciare, quasi come cantassero, la luce
della vita che verrà; dicono infatti: “La notte è finita
e il giorno si avvicina”. È scritto che il gallo si muove
come avesse I vestiti tirati su alle
reni (Pro 30, 31); così i
predicatori, che annunciano tra le tenebre
di questa notte il vero mattino, limitano i flussi della
lussuria nelle loro membra, seguendo ciò che dice il Signore:
Abbiate sempre i fianchi cinti (Lc
12, 35). Si ascrive anche al gallo l’intelligenza che scende
dall’alto, la forza data per dono del cielo al saggio, affinché
discerna la verità e ne conosca il quando
e il come, il cosa e il perché; e non una sola esortazione
va bene per tutte queste cose, poiché diverse
sono le loro nature. La gallina è
la sapienza, o la Chiesa, o l’anima;
nel Vangelo: Come la gallina raduna
i suoi pulcini sotto le ali (Mt 23,
37). I pipistrelli
sono le persone nefande, perdute nelle
tenebre dell’idolatria; nel profeta: Per
adorare le talpe e i pipistrelli (Is
2, 20): essi indicano infatti i pensieri
immondi che vengono introdotti dai demoni.
Lo
scarabeo è
il profeta: E lo scarabeo gridò dal
legno,
come si ritiene [da quello della
croce] abbia fatto il Signore. Le
locuste sono
i popoli; nel Vangelo: Si nutriva di
locuste (Mt 3,4). Si intende
talvolta col termine di locuste il
popolo giudeo, talaltra i pagani convertiti, o la lingua degli
adulatori, o per similitudine [col volo] la resurrezione del Signore,
o la vita dei predicatori. Le api sono
un’immagine della verginità o della
sapienza; in Salomone: Guarda l’ape
e come lavora (Pro
6, 6). E, in senso negativo, nel profeta: E
l’ape dalla terra d’Assur (Is 7,
18). M’hanno circondato come api
(Sal 117, 12), cioè i malvagi e gli
iracondi. Poiché le api hanno il miele in bocca e il pungiglione
nascosto nella coda, col loro nome si intendono anche coloro che
lusingano con la lingua, ma feriscono con nascosta malignità;
parlando, nutrono infatti con un dolce
miele, e in pari tempo feriscono col
pungiglione. Lo stesso nome [delle api] può contrassegnare i detti
dei prudenti, com’è scritto: Un
favo di miele sono le parole del buono (Pro
16, 14). La
mosca è il
diavolo, o un suo ministro, o la lordura
dell’idolatria; in Salomone: Una
mosca morta guasta una coppa
d’unguento profumato (Ec 10, 1).
Le
bestie sono
il diavolo, o gli uomini crudeli; nel
salmo: Non abbandonare alle bestie
l’anima che confida in te (Sal
73, 19). Il leone è
il Signore, o l’Apostolo. Ha vinto
il leone della tribù di Giuda (Ap
5, 5). Oppure, in senso negativo: Il
diavolo,
nostro avversario,
si aggira come un leone (1Pt 5, 8).
La leonessa simbolizza
i superbi o gli sconsiderati. Il leopardo
è il diavolo o il peccatore variamente
corrotto; nel profeta: È forse
possibile che l’Etiope muti la sua pelle,
e il leopardo il mantello chiazzato?
(Ger 13, 27). L’elefante
rappresenta il grande peccatore; nei Re
si portano innanzi a Salomone scimmie
ed elefanti (3Re 10,22). L’orso
è il diavolo, o i principi spietati, o
gli insidiatori. Nei Re: E uscirono
due orsi che li divorarono (4Re 2,
24): con essi si indicano gli imperatori romano Tito e Vespasiano,
che annientarono gli Ebrei. Il cervo è
Cristo, o i santi; nel salmo: Come
anela il cervo alle fonti dell’acqua (Sal
41, 2). E in altro salmo: I
monti eccelsi sono per i
cervi,
le rocce son di dimora ai ricci (Sal
103, 18), significando questi ultimi quanti si dedicano alla vita
contemplativa. Il lupo è
il diavolo, o un eretico; nel Vangelo: Dentro
son lupi rapaci (Mt 7, 15). O, in
senso positivo: Beniamino è un lupo
rapace (Gn 49, 27), con cui si
intende l’apostolo Paolo. Il cinghiale
è il diavolo; nel salmo: La
va brucando il cinghiale (Sal 79,
14). La
tigre è
talvolta la boria femminile; nel libro di Giobbe: La
tigre vien meno,
per mancanza di preda (Gb 4, 11).
L’unicorno è
citato nel salmo: È caro come il
figlio dell’unicorno (Sal 28, 6);
si riferisce a una forza eccezionale, o ai santi che sostengono la
parola unica di Dio. E altrove: È
salva ma inerme dai corni degli unicorni (Sal
21, 22). In senso negativo sta per
qualsiasi
superbo o violento, o per chi ha fede in uno solo dei due Testamenti;
per questo il salmista, parlando a nome di Nostro Signore sofferente,
dice: Liberami dai corni degli unicorni. Il rinoceronte
indica una persona forte, sia in senso
negativo che positivo; nel libro di Giobbe: Consentirà
il rinoceronte a servirti?
(Gb 39, 9). L’onagro
è l’eremita, o quanti stanno lontani
dal volgo; in Giobbe: Chi ha dato la
libertà all’onagro?
(Gb 39, 5). L’onagro può anche
significare il popolo giudeo, com’è detto in seguito nello stesso
libro: E chi lo sciolse dai vincoli?;
cioè, i vincoli dei precetti. Il
cerbiatto è Cristo, o i santi, per la
varietà delle grazie; in Salomone: Somigli,
mio diletto,
a una gazzella,
o a un cerbiatto (Cn 2, 9). La
gazzella ha
lo stesso significato. La lepre è
il timorato di Dio; nel salmo: La
roccia è il rifugio delle lepri e dei ricci.
Del riccio
si è già detto sopra: i ricci sono una
debole progenie, che si rifugia tra le rocce. La volpe
è l’eretico, o il diavolo, o il
peccatore astuto; nel Vangelo: andate
a dire a quella volpe (Lc 13,32).
L’animale è
l’uomo carnale. Il giumento è
chi manca d’intelligenza e di parola, o talvolta i mansueti; nel
salmo: E stava presso a te come
giumento (Sal 72, 22); talvolta si
intendono i lussuriosi, come nel luogo seguente: Si
sono putrefatti i giumenti nel loro sterco (Gl
1, 17). Il
cavallo è l’uomo santo; in Abacuc:
Poiché tu sali sopra i tuoi cavalli
(Abc 3, 8). E, in senso negativo:
Inutile è il destriero alla vittoria
(Sal 32, 17), indicando la persona
irragionevole. Nel salmo: Non essere
come un destriero,
o un mulo senza intendimento (Sal
31, 9). L’asino indica
il corpo umano, o il popolo pagano; nel Vangelo: Condussero
a Gesù l’asina e il puledro,
misero loro addosso i mantelli,
e ve lo fecero sedere sopra (Mt 21,
7). Con gli asini si vuole anche significare la pigrizia degli
stolti, di cui parla Mosè: Non arare
con un bove e un asino aggiogati insieme (Dt
22, 10), cioè, non predicare insieme al prudente e allo sciocco:
[con il passo sopra citato si vuole indicare] la semplicità dei
fedeli, che sono condotti con la guida di Cristo a Gerusalemme, cioè
alla visione della pace. Perciò è detto: L’asino
conosce la greppia del suo padrone (Is
1, 3). Al contrario, l’asino può designare la smodata lussuria
degli sfrontati, come dice il profeta: La
loro carne è come quella degli asini (Ez
23, 20). L’asina è
la carne, o la plebe che non conosce Dio: vedi la citazione
evangelica sopra. Il cammello simbolizza
i ricchi carichi di beni temporali, o di costumi guasti; nel Vangelo:
È più facile che un cammello passi
per la cruna di un ago,
che un ricco entri nel regno dei cieli (Mt
19, 24). Ma il termine di cammello può anche indicare lo stesso
Signore: Scolate la zanzara e
inghiottite il cammello (Mt 23, 24):
s’intende qui con chiarezza il Signore che, umiliatosi
spontaneamente, ha sopportato con la sua dolorosa passione il peso
della nostra debolezza, l’ago della sofferenza pungente, e delle
penose ferite. La zanzara ferisce ronzando, il cammello invece si
piega volontariamente per prendere su di sé i pesi: dunque i Giudei
scolarono la zanzara, perché chiesero che fosse rilasciato un
bandito turbolento, e inghiottirono il cammello perché con alte
grida han preteso che si togliesse la vita a Colui che era disceso
[dal cielo] per prendere su di sé il fardello della nostra
mortalità. I tori indicano
i capi dei popoli; nel salmo: Grossi
tori mi stringono attorno (Sal 21,
13). I buoi
sono gli apostoli, che sotto il giogo di
Cristo arano il mondo col vomere del Vangelo; nel salmo: T’involerò
bovi e capretti (Sal 65, 15). I
buoi significano anche la follia
degli sciocchi, come giustamente dice Salomone: Ed
egli turbato la segue,
come un bue condotto al macello (Pro
7, 22); il termine di bue indica anche chi si dedica alla vita
attiva, come in Mosè: Non legare il
bue che sta trebbiando (Dt 25, 4); e
dice il Signore: L’operaio merita
il suo nutrimento (Mt 10, 10). Le
vacche indicano quanti sono carichi di
vizi carnali; nel salmo: Tra le
vacche dei popoli (Sal 67,31): le
vacche simbolizzano pure tutti i fedeli raccolti nella Chiesa, mentre
accolgono i precetti della sacra parola, come se portassero su di sé
l’arca del signore: la maggior parte di loro ha dei pubblici legami
carnali, ma non deviano dalla retta via, perché hanno in mente
l’arca del Signore (1Re 6, 12). Il vitello
è Cristo, o i santi; nel salmo:
Torneranno sul tuo altare i vitelli
(Sal 50, 21). E in altro senso:
Molli vitelli mi stringono d’attorno
(Sal 21, 13), cioè i dissoluti. I
maiali sono
i peccatori immondi; nella lettera di Pietro: La
scrofa,
lavata,
torna a rivoltolarsi nel brago (2Pt
2, 22). Gli arieti sono
gli apostoli, o i principi della Chiesa; nel salmo: Date
al Signore i figli degli arieti (Sal
28, 1). Le
pecore sono
i fedeli del popolo; nel Vangelo: Le
mie pecore ascoltano la mia voce (Gv
10, 27); le pecore indicano pure le persone molto semplici, poco
portate ai ragionamenti sottili. In Salomone: Pasci
le anime delle tue pecore (Pro
27,23). I capri
sono i peccatori, o i
pagani; in Daniele: Ecco
venire dall’occidente un capro,
che percorse tutta la terra senza toccare il suolo (Dn
8, 5). O, in senso positivo: Ti
offrirò buoi e capri (Sal 65,15).
Le capre sono
i giusti che talvolta compaiono tra le nazioni; in Salomone: I
tuoi riccioli sono greggi di capre,
ondulanti sulle pendici di Galaad (Cn
6, 4). Allo stesso modo in cui le capre cercano il loro posto sulle
vette, così i santi puri cercano il posto celeste col battesimo e la
penitenza; perciò l’Apostolo dice: La
nostra dimora è nei cieli (Fil 3,
20). Le capre selvatiche sono
le anime inselvatichite dalle vane dottrine dei filosofi, ma poi
entrate nella Chiesa grazie al santo Vangelo. Gli agnelli
sono Cristo, o gli apostoli o i santi;
nel Vangelo: Pasci i miei agnelli (Gv
21, 15). I capretti
sono i peccatori, o i moti della carne;
nel Vangelo: I capretti alla sinistra
(Mt 25, 33). Le talpe
sono gli idoli o gli eretici che non
vedono la verità; in Isaia: Per
adorare le talpe e i pipistrelli
(Is 2, 20). Il
cane è il diavolo o un giudeo o un
pagano; nel salmo: [Scampa]
dalla zampa del cane la vita mia (Sal
20, 21). E in altro senso, nell’Ecclesiaste: Meglio
un cane vivo che un leone morto (Ec
9, 4). Qui col leone si intende il diavolo e con il cane il
peccatore, perché questo può venire alla fede o al pentimento, ma
l’altro no. Il cane indica anche i predicatori pigri: Cani
muti che non sanno abbaiare (Is 46,
10).
Le
rane sono i
demoni; nell’Apocalisse: Poi vide
uscire dalla bocca del dragone tre spiriti immondi,
simili a rane.
Essi sono spiriti di demoni (Ap 16,
13). Le rane sono anche gli eretici che indugiano nella mota di
pensieri vilissimi, e gracidano senza cessa con inutile loquacità.
La formica è
la persona previdente e lavoratrice; in Salomone: Vai
a veder la formica,
o pigro!
(Pro 6, 6). Il verme
indica Cristo, che ha assunto la figura
umana per umiltà; nel salmo: Ma io
sono un verme e non un uomo (Sal 21,
7). O, in altro senso, in Isaia: Il
loro verme non morrà (Is 66,24),
intendendo il verme la coscienza del peccato, o il turbamento dei
cattivi pensieri. La ragnatela
simbolizza la fragilità umana; nel
salmo: E hai dissolto la mia anima
come una ragnatela (Sal 38, 12). Le
tele del ragno sono il lavoro della concupiscenza terrena, tanto
sottile e inconsistente che il vento della morte lo spazza via. Il
serpente è
il diavolo, o gli uomini malvagi; nel Vangelo: Serpenti,
razza di vipere (Mt 23, 33). In
altro senso, nel Vangelo: Come Mosè
innalzò nel deserto il serpente
(Gv
3,14); il serpente significa anche i prudenti: Siate prudenti come
i serpenti (Mt 10, 16). Il drago è il diavolo, o un persecutore
manifesto; nel salmo: Tu sfracellasti la testa del drago e la
desti in pasto agli Etiopi (Sal 73, 14). Lo scorpione è il
diavolo o un suo ministro; nel Vangelo: Vi ho dato il potere di
camminare sopra i serpenti e gli scorpioni (Lc 10, 19). La vipera
indica le stesse cose; nel Vangelo: Razza di vipere (Lc 3, 7).
VI.
Su vari termini
L’essere
umano [homo]
indica l’integrità umana o la
mente; nel Genesi: Dio fece l’uomo
a propria immagine e somiglianza (Gn
1, 26). E in senso negativo, nel salmo: Sorgi
o Signore,
non prevalga l’uomo (Sal 9, 20),
cioè la carne, o il diavolo. Può essere anche nominato per indicare
il biasimo, come nell’Apostolo: Infatti,
dal momento che ci sono tra noi contese e gelosie,
non siete voi forse carnali e non camminate secondo l’uomo?
(1Cor 3, 4); e altrove: Un
uomo nemico ha fatto ciò (Mt 13,
28), intendendo il diavolo. Inoltre, l’Apostolo dice uomo
del peccato e figlio della perdizione (2Ts
2, 3), intendendo l’Anticristo; ma l’uomo è chiamato anche
carne: E
ogni carne vedrà la salvezza di Dio (Lc
3, 6). Si intende con anima sia quella degli uomini sia quella degli
animali, come in Giobbe: In suo
potere è l’anima di ogni vivente e lo spirito di ogni carne
[umana]
(Gb 12, 10). Egli eleva l’anima
razionale degli uomini fino alla comprensione spirituale, mentre
vivifica nei sensi corporei l’anima degli esseri irrazionali.
L’uomo
maschio [vir]
è lo spirito, cioè la mente;
nell’Apostolo: L’uomo è capo
della donna (1Cor 11, 3). L’uomo
può anche essere inteso in senso negativo; nel Genesi: Era
una vergine di bell’aspetto e nessun uomo l’aveva conosciuta (Gn
14,16), cioè il diavolo, che corrompe la maggior parte della mente
col pensiero. La donna è l’anima, o la carne umana. Essa può
significare il sesso: Mandò suo
Figlio,
fatto da una donna e nato sotto la Legge (Gal
4,4). Può anche significare la debolezza, come nel Saggio: Meglio
malizia d’uomo che bontà di donna (Ecli
42, 14). La vergine è la Chiesa, o le anime sante; nell’Apostolo:
Vi ho fidanzati a un solo sposo,
per presentami a Cristo,
come a una vergine pura (2Cor 11,
12). E in senso negativo: Scendi,
mettiti a sedere nella polvere,
vergine,
figlia di Babilonia!
(Is 47, 1), cioè anima sterile alla
bontà, figlia ipocrita e malvagia del disordine. Il re è il
Signore; nell’Apostolo: Re dei re,
Signore dei signori ( 1 Tm 6,15). In
senso negativo, è il diavolo: È il
re di tutti i figli della superbia (Gb
41,25). La regina è la Chiesa; nel salmo: La
regina è alla tua destra (Sal 44,
10). La regina simbolizza anche l’anima che governa il corpo. Il
padre è il Signore; nel profeta: Sarò
per voi come un padre,
e voi sarete per me come figli e figlie,
dice il Signore onnipotente (Ger 31,
9); e nel Vangelo: Uno infatti è il
Padre vostro,
che è nei cieli (Mt 23, 9).
Altrove, circa il diavolo: Perché
menzognero è il loro padre; padre
della menzogna e di tutto quanto è estraneo alla verità. La madre
è la Chiesa, o la Gerusalemme celeste;
nell’Apostolo: La Gerusalemme
celeste è invece libera,
e questa è la nostra madre (Gal
4,26). Si intende anche chi con buone parole genera ed educa a Cristo
dei fedeli: in tal senso, come afferma lo stesso Cristo, esistono
madri di entrambi i sessi. Il fratello è
Cristo, o il prossimo; nel salmo: Io
narrerò il tuo nome ai miei fratelli (Sal
21, 23); il Signore stesso disse: Andate
e annunziate ai miei fratelli (Mt
28, 10). La sorella è
la Chiesa, la Sinagoga, o l’anima di Cristo; nel Cantico: Sorella,
mia sposa (Cn 4, 9). Marito
e moglie
sono Cristo e la Chiesa, la comprensione
spirituale e la narrazione delle Scritture; nell’Apostolo: E
voi,
mariti,
amate le vostre mogli,
come Cristo amò la Chiesa (Ef 5,
25). Lo sposo è
Cristo, poiché fu promesso dal Padre fin dal principio; nel salmo:
Egli n’esce qual sposo dall’alcova
(Sal 18, 6). E nel Vangelo: È
sposo chi ha la sposa (Gv 3, 29). La
sposa è la Chiesa, che era stata promessa solennemente da Dio; nel
Cantico: Vieni dal Libano,
o sposa,
vieni dal Libarlo (Cn 4, 8). Il
figlio è il popolo dei credenti;
nell’Apostolo: Sicché non sei più
servo,
ma figlio,
e se sei figlio,
sei anche erede per la grazia di Dio (Gal
4,7); figlio è anche il Signore: Se
dunque il Figlio vi avrà liberato (Gv
8, 26). La figlia è
l’anima fedele, o la Chiesa; nel salmo: Odi,
o figlia,
e guarda (Sal 44, 11); e in senso
negativo: Vigila sulla figlia
indocile (Ecli 42,11), cioè sulla
volubilità dell’anima. I
parenti sono
i prossimi alla fede, e quanti usano misericordia al debole; in
Salomone: Venite,
mangiate,
bevete e inebriatevi,
o parenti (Cn 5, 1). Gli amici
indicano coloro che sono in accordo con
Dio; nel Vangelo: Voi siete miei
amici (Gv 15, 24). L’anziano
significa il compimento della giustizia;
nel Genesi: Abramo morì anziano e
pieno di giorni (Gn 25, 8). In
Salomone: La sapienza costituisce la
veneranda canizie dell’uomo,
e l’età senile è la vita immacolata (Sap
4, 9). In senso negativo, su Salomone: Divenuto
vecchio,
il suo cuore fu sviato (3 Re 11,4).
I giovani
indicano coloro che sono ardenti di Dio;
nella lettera di Giovanni: Scrissi a
voi,
o giovani,
perché siete forti,
e la parola di Dio dimora in voi e avete vinto il maligno (1
Gv 2, 14). In senso negativo, nei libri dei Re su Roboamo: Non
avendo ascoltato il consiglio degli anziani,
per seguire quello dei giovani (3Re
12, 14). O anche: Guai a te,
o terra,
che per re hai un ragazzo (Ec 10,
16). Il fanciullo indica
la mente umile e semplice; nel Vangelo: Hai
nascosto queste cose ai saggi e ai prudenti e le hai rivelate ai
fanciulli.
Sempre nel Vangelo: Se
non vi convertite e non diventate come fanciulli,
non entrerete nel regno dei cieli (Mt
18, 3). E l’Apostolo: Nella malizia
fatevi bambini,
e uomini maturi nel giudicare (1Cor
14, 20). O in altro senso, sempre nell’Apostolo: Quand’ero
fanciullo,
parlavo come un fanciullo (1Cor 13,
11). Il fanciullo indica anche il Cristo, che si umiliò fino a
morire (Fil 2, 8). La meretrice è l’anima peccatrice, che ha
abbandonato il proprio marito celeste, cioè il Cristo, e ha
concepito col diavolo i parti adulterini dell’iniquità; in
Geremia: La tua fronte è diventata
come quella di una meretrice (Ger 3,
3). I lavoratori
sono gli apostoli, o i predicatori del Vangelo; nel Vangelo: La
messe è grande,
ma gli operai sono pochi (Mt 9, 27).
Il pastore è il Signore: Io sono il
buon pastore (Gv 10, 11). Il pastore
indica anche l’apostolo; nel Vangelo: Pasci
le mie pecore (Gv 21, 17); e in
senso negativo: Andò a fare il
pastore di porci (Lc 15, 15), cioè
dei pensieri immondi. I
mercenari sono coloro che servono
il Signore non tanto per amor suo, quanto per un guadagno terreno;
nel Vangelo: Quanti mercenari di mio
padre hanno pani in abbondanza?
(Lc 15, 17). I
pescatori sono gli apostoli, o i
dotti; nel Vangelo: Vi farò
pescatori di uomini (Mt 4, 15). Il
medico è Cristo, o un dotto; in Salomone: Medico
è un uomo mansueto di cuore.
Oppure: Non
han bisogno del medico i sani,
ma gli ammalati.
Il ricco è
un fedele ricolmo di beni spirituali; nell’Apostolo: Perché
in lui voi siete stati ricolmi di ogni ricchezza,
in ogni scienza e parola (1Cor 1,
5); il ricco è anche il Cristo: Ricco
verso tutti coloro che l’invocano (Rm
10, 10). E in altro senso, nel Vangelo: Guai
a voi,
o ricchi (Lc 6, 24). Il povero è
l’umile; nel Vangelo: Vi era un
povero chiamato Lazzaro (Lc 16, 24).
E anche: Beati i poveri di spirito
(Mt 5, 3); Il povero è anche
Cristo, o l’apostolo: Cristo si è
fatto povero,
perché noi fossimo ricchi (2Cor 8,
9). E in senso negativo, nel salmo: Che
troppo siamo fatti miseri (Sal 78,
8).
L’abito
simbolizza chi possiede l’integrità del battesimo, o, della fede,
o la veste della giustizia; nel Vangelo: Scorse un uomo che non
era in abito da nozze (Mt 22, 11); e l’Apostolo: Perché
quanti siete stati battezzati in Cristo, siete pure rivestiti
di Cristo (Gal 3, 27). Il nudo è chi manca del sacramento del
battesimo, di un aiuto divino, o di buone opere; nell’Apocalisse:
Tu sei misero e nudo (Ap 3, 17). E, in senso positivo, nel
Vangelo: Ma lui, lasciato il lenzuolo, scappò via
nudo (Mr 14, 52), cioè nudo di beni terreni. I
vivi sono i giusti; nel salmo: Sarò gradito al Signore e
starò nella regione dei vivi (Sal 114, 9). E in altro senso, in
Salomone: Felici i morti più dei vivi (Ec 4, 2). I
morti sono i peccatori, o i miscredenti; nel Vangelo: Lasciale
che i morti seppelliscano i loro morti (Mt 8, 22). E in senso
positivo: Beati i morti che muoiono nel Signore (Ap 14, 13).
Anche: Voi infatti siete morti, e la vostra vita è
nascosta con Cristo in Dio (Col 3, 3). I
cadaveri sono i corpi dei miscredenti; nel profeta: E
riempio la valle di Giosafat coi cadaveri dei morti. O in
altro senso: Hanno deposto i cadaveri dei tuoi servi (Sal 78,
2). O altrimenti: Vedranno gettare i cadaveri di quanti mi furono
ribelli (Is 66, 24). Il sepolcro è il corpo del peccatore, che
trattiene in sé un’anima morta per i vizi; nel Vangelo: Siete
simili a sepolcri imbiancati che, visti di fuori paiono
splendidi, ma dentro son pieni d’ossa di morti (Mt 23,
27). In modo diverso parla però il profeta circa il sepolcro del
Signore: E il suo sepolcro sarà glorioso (Is 11, 10).
VII.
All’interno dell’uomo
L’interno
dell’uomo significa l’anima
razionale; nell’Apostolo: All’interno
dell’uomo e nei vostri cuori abita Cristo,
per la fede (Ef 3, 16).
La testa è
Cristo; nell’Apostolo: Il capo
dell’uomo è Cristo (1Cor 11,3).
La sommità del capo è
il vertice della giustizia; in Salomone: Ti
porrà sulla cima del capo una corona di grazia (Pro
4, 9). O in altro senso: La cima
nella chioma a chi va attorno coi suoi misfatti (Sal
67, 22), cioè la più alta nequizia. I
capelli sono
la bellezza della giustizia, o il pensiero; nel Vangelo: I
capelli del vostro capo
sono numerati (Mt 10, 30). Il
collo è la
santa Scrittura, come nel Cantico: Il
tuo collo è come la torre di Davide,
da cui pendono mille scudi,
tutti armatura di prodi (Cn 4, 4),
cioè testimonianza della Sacra Scrittura. In altro senso il collo è
la superbia: Poiché le figlie di
Sion camminano a testa alta (Is 3,
16). La nuca è
la superbia: Duri di cervice (At
7, 51). Gli
occhi sono
l’intelletto fedele e semplice; nel Vangelo: Beati
i vostri occhi,
perché vedono (Mt 15, 16); e
altrove: Il saggio ha gli occhi nella
testa (Ec 2, 14), cioè l’intelletto
nel cuore. In senso negativo, nel Vangelo: Ma
se l’occhio tuo è guasto (Mt 6,
23). Le orecchie sono
l’obbedienza del fedele: E i nostri
orecchi perché sentono (Mt 13, 16).
Il naso è
il soffio della fede, del bene e della virtù; in Giobbe: E
il soffio di Dio nelle mie narici (Gb
27, 3). Oppure: Il tuo naso è qual
torre del Libano (Cn 7, 4). E in
senso negativo: Dalle narici esce
fumo (Gb 41, 11), cioè il diavolo.
Le fauci sono
il giudizio dell’intelligenza; nel libro di Giobbe: E
le mie fauci non si esercitano forse sulla sapienza?
E in senso negativo: Ho
le fauci rauche (Sal 68, 4). La
bocca è la
parola stessa; nel salmo: Il giusto
ha sempre in bocca cose savie (Sal
36, 30). La lingua ha
lo stesso significato; nel salmo: E
la sua lingua parla rettamente (ibid.).
Simbolizza anche la Scrittura: La mia
lingua è un calamo di scriba veloce (Sal
44, 2). I denti
sono i santi predicatori, che fanno
pregustare giustamente la vita di cui parlano: così, a proposito
della sposa, è detto: I tuoi denti
sono come un gregge di pecore tosate che salgon dal bagno:
ciascuna ha due gemelli,
e tutte son feconde (Cn 4, 2). In
senso interiore, dice Geremia: Mi ha
straziato gran copia di denti (Lam
3, 16); i denti sono infatti quanti pensano separatamente gli uni
dagli altri, come se mangiassero, masticassero e trasmettessero i
loro pensieri al ventre della memoria.
Le
ascelle, che
sono l’inizio delle braccia, significano il principio delle buone
opere: perciò esse non sono mosse dal pigro, come dice la Scrittura:
Il pigro nasconde la mano sotto
l’ascella (Pro 19, 24). Le spalle
sono la forza di chi sostiene; dice il
profeta a proposito del Signore, destinato a portare la croce: La
forza è sulle sue spalle (Is 9, 6).
La mano è
il lavoro; nel salmo: Nell’innocenza
ho monde le mani (Sal 25, 6); e
significa anche la potenza: Mi hanno
fatto le lue mani (Sal 118, 73). La
destra è
le opere buone; nel Vangelo: Non
sappia la sinistra ciò che fa la destra (Mt
6, 3). La sinistra sono
le opere malvagie – oppure, la destra è la vita eterna, la
sinistra quella temporale, così: La
sinistra sua è sotto il mio capo,
e la destra mi stringe nell’amplesso (Cn
2, 6).
Il
petto è il
segreto dell’intelligenza; nel Vangelo: Il
discepolo prediletto da Gesù stava appoggiato sopra il suo petto (Gv
13, 23). Il ventre è
la capacità della ragione; in Abacuc: Il
mio ventre è commosso (Abc 3, 16).
Il ventre significa anche la mente, come in Geremia: Il
ventre mi duole (Ger 4, 19); essa è
il ventre del corpo spirituale, non di quello fisico, e infatti il
profeta aggiunge: Il mio cuore è
turbato (ibid.). E il Signore dice
nel Vangelo: Dal ventre di chi crede
in me scaturiranno fiumi d’acqua viva (Gv
7,38). I reni
sono i sentimenti più intimi; nel
salmo: Tutta la notte m’hanno
sconvolto i miei reni (Sal 15, 7).
Nell’uomo, nulla è più celato del cuore e dei reni, perciò la
Scrittura dice: Dio scruta i cuori e
i reni (Sal 7, 10). I
lombi sono
la forza d’animo; nell’Apostolo: Cingete
i lombi delle vostre menti (Ef 6,
14); indicano anche la lussuria, come nel Vangelo: Abbiate
sempre i fianchi cinti (Lc 12, 35),
e in Giobbe: Cingi qual prode i tuoi
lombi (Gb 38, 3). L’ombelico
è l’appetito della concupiscenza; in
Giobbe: Qual potenza sotto l’ombelico
del suo ventre!
(Gb 40, 11); con l’ombelico si
allude ai genitali femminili, così come i lombi si riferiscono a
quelli maschili. L’adipe è
la floridezza della grazia divina, o l’abbondanza della sapienza
superna. In senso negativo, l’adipe è la grossolanità della
malvagità; nel salmo: Hanno chiuso
il loro adipe (Sal 16, 10).
Le
ossa sono
la fermezza d’animo; nel salmo: Tutte
le mie ossa dicono:
Signore,
chi li è simile?
(Sal 34, 10) E in senso negativo, in
Giobbe: Le loro ossa sono come una
canna piena d’aria (Gb 40, 13).
Altrimenti, sono i consigli fraudolenti dei ministri dell’Anticristo,
come nel salmo: Dio disperse le ossa
degli assedianti (Sal 52, 6). Il
midollo è l’infusione della carità e
delle altre virtù, come nel salmo: Ti
offrirò olocausti ricchi di midollo (Sal
65, 15). Le viscere sono
il sentimento della pietà e della misericordia; nell’Apostolo: Se
avete nei visceri pietà per me (Fil
2, 1). E in altro senso, si dice di Giuda negli Atti degli Apostoli:
Sicché si sparsero tutte le sue
viscere (At 1,18).
La pelle indica
coloro che sono attenti solo all’esteriorità, ma sono marci
dentro. I peli
rappresentano i pensieri della vita già
trascorsa, e che vanno tagliati via; perciò Mosè ammonisce: Radano
i Leviti tutti i peli del loro corpo (Nm
8, 7). Il sangue è
l’atto carnale; nel salmo: Dal
sangue mi salva,
o Dio,
mia salvezza (Sal 50, 16). E
altrove: Né la
carne né il sangue possono ereditare il regno di Dio
(1Cor 15, 50). E
Osea: Il sangue provoca sangue (Os
4, 2). Oppure, in senso positivo, nell’Apostolo: E
il sangue di Gesù Cristo ci purifica da ogni peccato (Eb
9, 14) La carne è
l’uomo esteriore; nell’Apostolo: La
carne ha desideri contrari a quelli dello spirito,
e lo spirito li ha opposti a quelli della carne (Gal
5, 17). La carne è la conformità alla natura: Questa
è ossa delle mie ossa e carne della mia carne (Gn
2, 23); e altrove: Il
Verbo si fece carne (Gv
1, 14). E l’Apostolo: Ora voi non
siete nella carne,
ma nello spirito (Rm 8, 9). La carne
indica anche la conformità alla colpa: Il
mio spirito non permarrà per
sempre negli uomini,
perché essi sono carne (Gn 6,
3). Le ginocchia rappresentano
il riconoscimento dell’umiltà; negli
Efesini: E ora piego le ginocchia del
mio cuore (Ef 3, 14), e nel salmo:
Le mie ginocchia
sono indebolite dal digiuno (Sal
108, 24). Talvolta sono le virtù della
fede; nel profeta: Risparmierò
settemila uomini che non hanno piegato le ginocchia dinanzi a Baal
(3Re 19,18). I
piedi sono
il corso della vita, la stabilità della
mente o la fede; nel salmo: E posano
ormai i nostri piedi (Sal 121, 2). E
in senso negativo: Lesti sono i loro
piedi per spargere il sangue (Sal
13,3). Il calcagno è
l’inganno dei vizi; nel Genesi: Ella
ti schiaccerà il capo e tu l’insidierai
al calcagno (Gn 3, 15). Oppure, è
la fine dell’azione, come nel salmo:
Essi osservano i miei calcagni
(Sal 55,7). Il
passo è il successo nelle opere; nel
salmo: Nei tuoi sentieri il mio passo
non vacilla (Sal 16, 5). Le piante
dei piedi sono i segni delle virtù; nel
salmo: Affinché non si muovano le
piante dei miei piedi.
E in altro senso, in Salomone: La
vita degli empi è come un’impronta
nel mare.
La
stola è la veste del battesimo o della fede; nel Vangelo: Portate
subito la stola più bella (Lc 15, 22). Il cilicio è la
testimonianza del pentimento; nel Vangelo: Già da gran tempo
avrebbero fatto penitenza cinti di cilicio e ricoperti di cenere (Mt
11, 21). La cintura è chi è cinto dall’azione dello spirito; nel
salmo: Mi hai cinto di gioia (Sal 29, 12). La fascia è la
purezza di cuore; dice l’Apostolo: Cinti al petto d’una
fascia d’oro (Ap 15, 6). Le scarpe sono la preparazione della
pace; nell’Apostolo: Calzate i vostri piedi per preparare la
pace del Vangelo (Ef 6, 15). Le armi sono l’interiorità
dell’uomo; nello stesso luogo: Rivestitevi della corazza della
giustizia, dello scudo della fede, dell’elmo
della salvezza e della spada dello spirito, che è la
parola di Dio (ibid.).
VIII.
Cibi,
oggetti e strumenti
II
pane è
Cristo, o la parola di Dio; nel Vangelo: Io
sono il pane vivo (Gv 6, 41); e
altrove: Mettiamo legno nel suo pane
(Ger 11,19), cioè il suo corpo in
croce. Il pane può anche significare un cattivo insegnamento: Il
pane mangiato di nascosto è più
gustoso (Pro 9, 17). Il
vino ha lo stesso significato: Bevete
il vino che ho preparalo per voi (Pro
9, 5). Il vino è anche la sicurezza
della rettitudine: Versandovi olio e
vino (Lc 10,34), perché col vino si
inaspriscono le ferite, e con l’olio
si curano. L’olio è
la misericordia, o lo Spirito Santo; nel
salmo: Con l’olio sacro lo
unsi (Sal 88, 21). In altro senso:
L’olio del peccatore non unge il
mio capo (Sal 140, 5), intendendosi
l’adulazione. La carne di maiale
indica i
peccati; nel salmo: Sono sazio di
cane di porco.
Il pane
azzimo è il cuore sincero, senza il
fermento della malizia; nell’Apostolo: Negli
azzimi di purità e verità (
1 Cor 5, 8). L’uovo è
la speranza consapevole dei fedeli. O,
in senso negativo: Chi mangia le loro
uova muore (Is 49, 5), cioè dei
disonesti ed esperti nel male. Il fior
di farina è
la purezza della mente e la forza della
carità; nel Levitico: Chi vorrà
fare un’offerta al Signore,
offra fior di farina (Lv 2, 1). La
focaccia è
l’offerta dell’umiltà; nel Genesi: Svelta,
prendi tre misure di farina,
impastala e fanne delle focacce (Gn
18, 6). E in senso negativo: Efraim è
come una focaccia non rivoltata (Os
7, 8). Il latte è l’integrità della
mente; nella lettera di Pietro: Desiderate
il latte spirituale epuro (1Pt 2,2).
In altro senso, si intendono gli
inesperti nella Chiesa: Vi dovetti
dare del latte e non del cibo
solido,
perché non lo potevate ricevere
(1Cor 3,2); qui il latte significa
la pochezza dell’intendimento. Il
latte cagliato significa
il condensarsi dei vizi; nel salmo: Il
loro cuore è come latte
cagliato (Sal 118, 70). Il sale
è il condimento della
saggezza; nel Vangelo: Voi siete il
sale della terra (Mt 5, 13) e:
Abbiate sale in voi (Mr
9, 48). Il miele
è la dolcezza dei precetti divini; nel
salmo: Son dolci al palato i tuoi
precetti,
più che il miele alla bocca!
(Sal 118, 103) Oppure, in Salomone:
Trovando del miele,
mangiane solo quanto li basta,
non riempirtene per poi vomitarlo
(Pro 25, 16), cioè: Non
interrogarti su ciò che ti è inaccessibile (Ecli
3, 22). Il
fiele è l’amarezza della cattiveria;
nel salmo: Mi han dato per cibo del
fiele (Sal 68, 22). L’aceto è
l’asprezza della mente corrotta; nel
salmo: Alla mia sete han dato da bere
aceto (Sal 68, 22). L’aceto è
anche il biasimo dei dotti, come in
Salomone: Cantar canzoni
a un cuore afflitto è come spargere aceto sopra una piaga (Pro
25, 20).
La
pece è la
nera sozzura dei delitti; in Salomone: Chi
tocca la pece,
ne rimane sporcato (Ec 13, 1). La
sicera è
il compimento di qualche malvagità o astuzia; nel Vangelo: Non
berrà né vino né sicera (Lc 1,
15). Il
calice è la passione del Signore; nel
salmo: Prendi il calice della
salvezza (Sal 115, 13).
E
il Signore medesimo: Padre,
allontana da me questo calice (Mr
14,36). Oppure, in senso negativo: Il
calice d’oro di Babilonia (Ger
51,7). Il vino puro è
la purezza di giudizio e della verità, o il calore della fede;
nel salmo: Piena di puro vino (Sal
74, 9). La feccia è
l’ultimo giudizio; nel salmo: E ne
bevono pur le fecce (ibid.).
Oppure, significa quanti riposano sicuri
nel peccato; onde, nel profeta: Riposava
nella sua feccia (Ger
48,11). Il cibo è
la parola o la volontà del Signore; nel Vangelo: Il
mio cibo è fare la volontà di
colui che mi ha mandato (Gv 4, 34).
La bevanda è
la stessa cosa; nel salmo: L’inebri
del tuo fiume di delizie (Sal 35,
9), cioè dello Spirito santo. E il salmista:
Nella compunzione mescolo la mia
bevanda col pianto (Sal
101, 10). O in altro senso: Il Regno
dei cieli non è cibo e bevanda (Rm
14, 17).
Le
dispense sono
i ricettacoli; nel Cantico del Deuteronomio:
Nelle loro dispense è il terrore.
La bisaccia
è la preoccupazione per il nutrimento e
gli ostacoli di questo mondo; nel
Vangelo: Non prendete bisaccia
da viaggio (Mt 10, 9). La borsa
è il tesaurizzare in Dio; nel Vangelo:
Fatevi borse che non
si consumino (Lc 12, 33). E in altro
senso: Non ci
sarà che una borsa per tutti (Pro
1, 14), cioè l’avarizia. Il
denaro è le parole divine; nel Vangelo:
Tu dovevi dunque mettere il mio
denaro in mano ai banchieri (Mt
25, 27). È anche la sapienza, per cui in
Salomone: La sapienza nascosta e il
tesoro occulto di quale utilità
possono essere?
(Ecli 20,30). Il
vello è il popolo; nel salmo: E
scende come la pioggia sul vello
(Sal 71, 6). Il
lino è la forza spirituale, o il
candore, o la sottigliezza delle
Scritture; nell’Esodo: Poi farai
delle tuniche di lino per i figli di Aronne (Es
28,40). O in senso negativo: Non
indossare vesti di lana e lino
tessuti insieme (Dt 22,
11). Gli
otri sono i
vasi del corpo umano; nel Vangelo: Devi
mettere il vino nuovo in otri nuovi (Lc
5, 38). La farina è
l’opera buona, o la scienza; nel Vangelo: Una
donna ha nascosto [il
lievito]
in tre misure di farina (Lc 13, 21).
O, in senso negativo, è i vani pensieri,
come nel profeta: Prendi la mola e
macina la farina (Is
47, 2). La macina è
il volgersi della vita; nel Vangelo: Due
donne che saranno a macinare alla
macina (Mt 24, 41). Le due pietre
della macina possono anche significare i due Testamenti, e col lavoro
degli studiosi si muta il frumento del Vecchio Testamento
nella farina del Vangelo.
Tutti
questi termini che occorrono nel testo della lezione
sacra, siano o no presi in senso più o meno scoperto, possono
significare in diversi modi sia persone
sia tempi o luoghi, oppure incarnare immagini
adatte all’argomento grazie all’interpretazione allegorica.
Infatti per abisso si
può intendere, come abbiamo detto
sopra, sia la profondità delle Scritture che
l’immensità delle acque: Irruppero
tutte le fonti del grande abisso (Gn
7, 11). L’abisso è anche gli ineffabili
giudizi di Dio; nel salmo: Sono un
profondo abisso i tuoi giudizi
(Sal 35,7). L’abisso è,
parimenti, l’inferno: Chi
scenderà nell’abisso?
per far cioè risalire Cristo dai morti?
(Rm 10,7). L’abisso è pure i
cuori degli uomini tenebrosi per i misfatti: L’abisso
disse:
“Non è in me” (Gb 28, 14), cioè
la sapienza. Il fuoco, come
abbiamo ricordato sopra, può significare lo Spirito Santo, come dice
Paolo: Il nostro Dio è un fuoco che
consuma (Eb 12, 29). Inoltre, il
fuoco è la carità circondata dalle proprie fiamme. Il fuoco è
anche la tribolazione; nel Salterio: Come
l’argento ci passasti al fuoco (Sal
65, 10). Oppure: Passammo attraverso
il fuoco e l’acqua (ibid. 12). Il
fuoco è l’ira: Ch’io li consumi nel fuoco della mia ira, dice il
Signore. Il fuoco è la voluttà: I
loro cuori si disfano come in un
fuoco. Il fuoco è anche il pensiero cattivo: Allora
il fuoco consumerà i ribelli (Eb
10, 27). È inoltre la virtù della carità: Il
carro di Dio è fiamma,
e le sue ruote un fuoco ardente (Dn
7, 9). Come abbiamo già detto, l’ombra
è la protezione divina, ma talvolta
indica anche i peccati: Siedono nelle
tenebre e nell’ombra della morte (Sal
108, 10). Altrove è il castigo; in Giobbe: L’ombra
della morte e il disordine (Gb 10,
22). E come l’ombra non è lontana da ciò di cui è ombra, così
la morte non è lontana dal castigo apportatore di morte. Talvolta
l’ombra è il piacere dei peccati; in Giobbe sul diavolo: Riposa
nell’ombra,
nel segreto del canneto e della palude (Gb
40,21).
Al
contrario, una cosa può essere simbolizzata da diverse altre.
Ricordiamo come le due pietre da macina possono significare i due
Testamenti, ma questi possono anche essere rappresentati da due
cherubini, come nell’Esodo (Es 25, 20); da due animali, in Abacuc;
due pietre, nell’Esodo (Es 17,6) e nel Cantico dei Cantici (Cn 2,
14), dove il velo protegge sia la sposa sia Mosè; i due monti di
bronzo in Zaccaria, abbondanti di mirteti, dalla cui ombra escono
quadrighe con cavalli rossi, neri, bianchi e pezzati (Zc 6, 1). Ma
non ci è sembrato possibile proseguire nell’elenco dei molteplici
significati dei singoli nomi, a causa della vastità di un simile
lavoro; torniamo perciò a quel modo e tipo d’interpretazione che
poco sopra abbiamo abbandonato per le necessità del discorso.
Le
ceste [cophini]
sono gli apostoli; nel Vangelo: E
degli avanzi se ne raccolsero dodici ceste piene (Mt
14,20). O altrove: Le sue mani si
sono occupate della cesta (Sal 80,
7), cioè sono state legate dalla servitù e tribolazione portata
dagli Egizi. La sedia [cathedra]
è la dottrina: Sia
lodato nel consesso [in cathedra]
degli anziani (Sal
106,32). O in altro senso: E non si
insedia sulla cattedra della pestilenza (Sal
1,1), cioè sulla dottrina degli eretici. Lo sgabello
è l’assoggettamento; nel salmo:
Finché avrò posto i tuoi nemici
come sgabello dei tuoi piedi (Sal
109, 1). Oppure, è l’umanità di Cristo, come nel salmo:
Prostratevi dinnanzi allo sgabello
dei suoi piedi (Sal 98,5).
La bilancia è l’equità, o la potenza
del governo di Dio; in Isaia: Pesò i
monti con la stadera e i colli con la bilancia (Is
40, 12). La cenere è
la futilità della fragilità umana; in
Salomone: Perché si insuperbisce,
chi non è che terra e cenere?
(Ecli 10, 9). La pentola
è la stirpe; nel salmo: Moab
è la pentola della mia speranza (Sal
59, 10), perché la stirpe di Cristo
secondo la carne è discesa da Ruth di Moab. In
altro senso, la pentola è la cottura della tribolazione;
nel profeta: Vedo una pentola che
bolle e che viene da settentrione
(Ger 1, 13). Le lampade
sono le anime risplendenti di giustizia;
nel Vangelo: E prepararono le loro
lampade (Mt 25, 7). Oppure, sono la
chiarezza dei miracoli, o le parole dei predicatori, che sprezzano
gli sciocchi, com’è in Giobbe: Lampada
che sprezza i pensieri degli sciocchi (Gb
12, 5). Le tenebre sono i piaceri o le dottrine erronee, come nel
salmo: Faceva della tenebra
un velame (Sal 17, 12). Oppure è il
castigo o l’ostilità, come in Isaia:
Io formo la luce e creo le tenebre
(Is 45, 7). La lucerna
è la Chiesa, o l’anima; nel
Vangelo: Siano cinti sempre i vostri
fianchi e le lucerne accese (Lc 12,
35). Altre volte, le lucerne sono le opere buone: Così
risplenda la vostra luce,
affinché si vedano le vostre
opere buone (Mt 5, 16). Il
moggio è
il corpo umano, o la lettera della legge, o il
popolo dei Giudei; nel Vangelo: Non
si accende la lucerna per porla
sotto il moggio (Mt 5,15). Oppure, è
il giusto giudizio o l’equilibrio della mente nel rapportarsi al
prossimo e a Dio; perciò dice Mosè: Giusto
sia il tuo moggio (Lv 19, 36). Il
candelabro è la Chiesa, o il corpo del
Signore, o la santa Scrittura; nel
profeta: E vidi a destra dell’altare
due candelabri accesi (Zc
4, 2). La mensa significa
l’altare, o il nutrimento spirituale;
nel salmo: Tu prepari innanzi a
me la mensa (Sal 22, 5).
La
chiave è
l’apertura della scienza spirituale; in Luca:
Guai a voi,
dottori della Legge,
perché vi siete presa la chiave della scienza,
ma voi non siete entrati e avete
impedito quelli che volevano entrare (Lc
11, 52). Le chiavi sono anche le virtù
della giustizia, della misericordia e
della pietà; nel Vangelo: Ti darò
le chiavi del Regno dei cieli (Mt
16, 19). I chiodi
sono il
timor di Dio, come nel salmo: Conficca
il timore di Te nelle mie carni (Sal
118, 20). Oppure, sono i dotti nella nobile scienza, come in
Salomone: Le parole dei sapienti sono
come pungoli e chiodi piantati in alto (Ec
12, 11). Le spranghe sono
le barriere contro i sacrileghi nei
confronti dei precetti divini; nel
salmo: Perché ha rafforzato le
spranghe alle tue porte (Sal 147,
12). L’ascia e
la mannaia sono
la persecuzione dei malvagi; nel salmo: L’han
frantumata con ascia e bipenne (Sal
73,6). La scure bipenne è
il duplice tormento, come nel salmo precedente. La lancia
è l’anima del giusto, che si spande
scagliata come una lancia. Oppure è la morte, come
nel salmo: Scampa la mia anima dalla
lancia,
o Dio (Sal
21, 21). La spada [gladius]
è la parola di Dio,
come nell’Apostolo: La spada dello
spirito,
cioè la parola di Dio (Ef
6, 17). Oppure è la lingua del falso testimone, come nel salmo: Le
loro zanne sono come lance e frecce,
spada acuta la lingua (Sal 56, 5).
La nave è
la Chiesa; nel Vangelo: La barca,
intanto,
in mezzo al mare veniva sbattuta dai flutti (Mt
14, 24). L’uomo è sovente paragonato anche a una piccola nave,
perché come il navigatore governa la barca, così l’uomo deve
prestare attenzione a governare i suoi pensieri. Le reti
sono la predicazione; nel Vangelo:
Gettate le reti per la pesca (Lc
5,4). Le travi sono
il peccato più grave; nel Vangelo: Leva
prima la trave dal tuo occhio (Mt 7,
5). La pagliuzza è
il peccato più lieve; nel Vangelo: E
poi potrai vedere per togliere la pagliuzza dall’occhio del
fratello (ibid.). La rete è
l’inganno; nel salmo: Una rete
hanno teso ai miei piedi (Sal 56,
7). Le funi sono
la sorte o l’eredità; nel salmo: Caddero
per me le funi in buon terreno (Sal
15, 6). Oppure, le funi sono i peccati: Guai
a coloro che attirano a sé i peccati come una lunga fune (Is
5, 18). E altrove: Le funi dei
peccatori mi hanno avvinto (Sal 118,
61). La ruota è
la terra, o la vita umana; nel salmo: La
tua voce è un tuono nella ruota (Sal
76, 19). Altrimenti: Dio mio,
fa che siano come in una ruota (Sal
82, 14), cioè rendili incostanti e instabili nella loro malvagità.
Oppure, significa entrambi i Testamenti, come in Ezechiele (Ez 1,16).
La spugna è
la vuota mancanza di fede dei Giudei; nel Vangelo: Inzuppata
una spugna nell’aceto,
la posero in cima ad una canna d’issopo,
e gliel’accostarono alla bocca (Gv
19, 29). La scala è
il progresso dei santi; nel Genesi: E
vide in sogno una scala che,
appoggiata sopra la terra,
con la cima arrivava al cielo,
e per essa gli angeli di Dio salivano a scendevano (Gn
28, 12). La scopa è
la cura della superstizione tramite la vana gloria; nel Vangelo: E
tornando la trovò pulita con la scopa (Lc
11,25). Le
stoppie sono
la folla dei malevoli per vizi e peccati, come nel profeta: La
riunione dei peccatori è come stoppa accumulata (Ecli
21,9). La perla è
la dottrina del Vangelo, o la speranza nel Regno dei cieli; nel
Vangelo: Trovata una perla preziosa,
va,
vende quanto ha e la compra (Mt 13,
46). L’anello è il segno della fede;
nel Vangelo: E mettetegli un anello
nella mano (Lc 15, 22). Ciò è
inteso anche nel salmo: È come un
segno su di noi il lume del tuo volto,
o Signore (Sal 4, 7). I
mantelli [chlamides]
sono l’ornamento del valore; in
Salomone: Ha fatto mantelli per suo
marito (Pro 31, 22): qui si intende
un vestito confezionato con due colori (cioè i due Testamenti).
L’oro
è la comprensione interiore delle Scritture; nel salmo: Le piume
del suo dorso sono d’oro (Sal 67, 14). Oppure, è la divinità
di Cristo, com’è detto dello sposo nel Cantico: La testa sua è
oro puro (Cn 5, 11); altrimenti, è lo splendore della
Gerusalemme celeste, come testimonia di aver visto Giovanni: La
città è d’oro puro (Ap 21, 18). O è la sapienza; Salomone
dice che nella bocca del sapiente v’è un tesoro indimenticabile. O
ancora, è lo splendore della santità, il cui improvviso mutamento è
lamentato da Geremia: Ah, come s’è offuscato l’oro,
s’è alterato l’oro più fino (Lam 4, 1). L’argento è le
Sacre Scritture, o la comprensione della lettera o narrazione; nel
salmo: Le parole di Dio sono parole pure, argento sette
volte purgato nel fuoco (Sal 11, 7). O in senso negativo: Il
loro oro e il loro argento si sono arrugginiti (Gc 5, 3): i
peccatori, quando raggiungono la fornace della Gehenna, sono come la
schiuma e la ruggine che nella fucina l’argento deposita dal
gocciolatoio. Le pietre preziose sono gli apostoli, o i santi, o le
stesse azioni virtuose; nell’Apocalisse: I basamenti del
muro della città sono ornati d’ogni sorta di pietre preziose (Ap
21,19). Il bronzo indica una fede simulata e vana; nell’Apostolo:
Sarei come un bronzo che suona (1Cor 13, 1). O in altro senso:
Hai fatto delle mie braccia un arco di bronzo – cioè le hai rese
forti e salde. Il ferro è la tribolazione, o l’uomo stesso: Un
ferro ha trapassato l’anima sua (Sal 104, 18). Il piombo è il
peso dei peccati. Il vaso di terracotta è la fragilità della carne;
nell’Apostolo: Abbiamo questo tesoro in vasi di terracotta (2Cor
4, 7).
IX.
Il significato di alcuni
verbi
Edificare
significa compiere opere buone, o
insegnare bene; nell’Apostolo: Se
qualcuno edifica su questo fondamento con oro,
argento o pietre preziose (1Cor 3,
12), cioè con le azioni di diverse virtù. Distruggere
significa compiere il male o insegnarlo;
in Salomone: Uno edifica e l’altro
distrugge (Ecli 34,23). Mondare
è spurgare dai vizi; nel Vangelo: Gesù
lo toccò,
dicendo:
«Sii mondato:
lo voglio».
E subito fu mondato dalla sua lebbra (Mt
8, 3). Stare in piedi significa
sussistere nella fede; nell’Apostolo: State
ritti e saldi nella fede (1Cor 16,
13). Camminare è
tendere a Dio; nel salmo: E me ne
andrò per un ampio cammino (Sal
118,45). Stare seduti è
riposare umilmente in Dio; nel Vangelo: Sedete
qui in città (Lc 24, 49). Giacere
indica soccombere ai vizi e alle
tentazioni; nel Vangelo: E la trovò
che giaceva a letto (Mt 7, 30).
Correre è
affrettarsi verso il bene; nell’Apostolo: Correte
per ottenerlo (1Cor 9,24). Vegliare
significa sorvegliare il proprio cuore,
o rinascere in Dio; nel salmo: Dalla
veglia mattutina fino alla notte (Sal
129, 6). E l’Apostolo: Siate
giustamente zelanti e non peccate (1Cor
15, 34). O altrove: Vigilate,
mantenetevi costanti nella fede,
operate virilmente (1Cor 16, 13).
Dormire è
riposare presso Dio dopo il trapasso; nel salmo: Chi
dorme non si risolleverà?
(Sal 40, 9). Altrimenti, dormire
significa essere intorpiditi dal sopore dei peccati; nell’Apostolo:
Destati,
tu che dormi (Ef 5,14). Arrossire
di vergogna per il male è ottimo, per
il bene è pessimo; perciò è detto: C’è
una vergogna che è peccato e una che è onore (Ecli
4,25). Salire indica
il progresso verso Dio: L’ascensione
è nel suo cuore (Sal 83, 6).
Scendere è
allontanarsi da Dio; nel Vangelo: Un
certo uomo discendeva da Gerusalemme a Gerico (Lc
10, 30).
La
via è Cristo; nel Vangelo: Io sono la via, la verità e la
vita (Gv 14, 6). Altrimenti, la via è la vita dell’uomo; nel
salmo: Ti ho esposto le mie vie e mi hai esaudito (Sal 118,
26). E in Salomone: Mangino il frutto delle loro vie (Pro 1,
31). La via spaziosa è cosparsa di allettamenti peccaminosi; nel
Vangelo: Ampia è la porta e spaziosa la via che porta alla
perdizione (Mt 7, 13); stretta, angusta e ricca di tribolazioni è
la via che porta alla vita ; nel Vangelo: Stretta è la porta e
angusta la via che porta alla vita (ibid.). La via diritta è
quella ordinata dai precetti divini; in Isaia: Appianate i suoi
sentieri (Is 40, 3); la via contorta è quella che allontana dai
precetti di Dio; in Isaia: E le vie contorte saranno mutate in
diritte, quelle aspre saranno appianate (ibid.). La via
piana è quella livellata dall’obbedienza ai precetti; in Isaia,
come sopra. L’aspra è quella resa orribile dalla disobbedienza.
Volta a destra è la via giusta, a sinistra quella che si volge
all’ingiustizia; nel Vangelo: E metterà le pecore a destra e i
capri a sinistra (Mt 25, 33), cioè verso la parte
dell’ingiustizia. La fossa è l’inganno o la caduta nella morte;
nel salmo: Innanzi a me scavata hanno una fossa (Sal 56, 7).
Il pozzo è il diavolo, o l’inferno; nel salmo: E non chiuda su
di me il pozzo la sua bocca (Sal 68, 16). E, in senso positivo,
nel Genesi: Al pozzo del giuramento (Gn 46, 1), cioè
all’acqua della fede. Oppure, è l’inizio della fede, come nel
Cantico: Fontana di giardini, zampillo d’acqua viva (Cn
4, 15). La fonte è Cristo, come nel salmo; La mia anima ha sete
di Dio, fonte viva (Sal 41, 3). Oppure, è i doni di Dio,
come nel salmo: E apparvero le fonti delle acque (Sal 17, 16).
Altrimenti, in senso negativo, sono i maestri delle dottrine
pervertite e che agiscono ingiustamente, come in Pietro: Costoro
sono come fonti senz’acqua (2Pt 2, 17). Il torrente è la forza
delle tentazioni che percuote la mente, come nel salmo: Un
torrente è passato sopra la nostra anima (Sal 123,5).
Altrimenti, è la freddezza dei peccati, per essere liberato dalla
quale Davide dice: Rivolgi, Signore, la nostra
prigionia, come i torrenti nella terra australe (Sal
125,6). La sanità è l’integrità della mente; nel salmo: Ti ho
chiamato e mi hai sanato (Sal 29, 3). La debolezza [languor]
è la malattia dei vizi; nel salmo: Egli davvero si è
addossato le nostre debolezze (Is 53,4). La lebbra è la
contaminazione dei peccati; nel Vangelo: E subito fu mondato dalla
sua lebbra (Mt 8, 3).
X.
Gerusalemme e le cose a
lei contrarie
Gerusalemme
è la Chiesa, o l’anima; nel salmo:
Loda,
o Gerusalemme (Sal 147, 12). Bisogna
notare che tutto quanto s’adatta alla Chiesa, altrettanto si può
riferire all’anima. Sion è
la stessa cosa; nel salmo: Loda il
tuo Dio,
o Sion (ibid.). I
figli di Sion sono
i figli della Chiesa; nel salmo: Esultino
i figli di Sion nel loro re (Sal
149, 2). Le figlie di Gerusalemme sono
la stessa cosa, cioè le anime dedite alla vita celeste; in altro
senso, le figlie sono
le anime inferiori, come nel libro della Sapienza: Se
hai delle figlie,
custodiscile (Ecli 7, 26). La tenda
[tabernaculum]
è il corpo del Signore, o la
Chiesa; nel salmo: Nel sole ha posto
la sua tenda (Sal 18, 6). Altrimenti
è la patria celeste, come nel salmo: Perché
entrerò nel luogo della tenda (Sal
41,5). L’arca è
la carne del Signore, o i cuori dei santi, pieni di Dio; nel salmo:
Tu e l’arca della tua
santificazione (Sal 131, 8). Oppure,
l’arca è la Chiesa, che racchiude quanti si salveranno; nel
Genesi: Non scampò che Noè,
con quelli che erano con lui nell’arca (Gn
7, 23). Le due tavole di pietra credo
che significhino i due testamenti, o i due precetti dell’amore
verso Dio e verso il prossimo; nell’Esodo: E
disse il Signore a Mosè:
«Tagliati due tavole» (Es 34, 1).
La legge significa
i precetti divini; nel salmo: La
legge del Signore è perfetta (Sal
18, 8). Lo scritto è
il contratto del peccatore col diavolo, redatto dalla mano
dell’iniquità; nell’Apostolo: Lo
scritto del peccato che era contro di noi (Col
2, 14). Il patto è
l’accordo della grazia divina con l’uomo; nel salmo: Ho
visto quelli che non mantenevano il patto.
L’alleanza [testamentum]
è il consolidamento della volontà
divina; nel profeta: e confermerò la
mia alleanza col regno di Giuda (Eb
8, 8), con scalpello di ferro (Gb
19, 24), cioè l’ardente volontà del verbo divino.
Il
prepuzio è
la vita pagana; nell’Apostolo: È
stato chiamato un incirconciso?
Non sia circonciso (
1 Cor 7,18), cioè, anche chi viene dal popolo pagano alla fede di
Cristo, non sia circonciso. La circoncisione
è lo spogliarsi dei vizi;
nell’Apostolo: Siete stati
circoncisi non da mano d’uomo,
ma nello spogliarvi del corpo di carne (Col
2, 11). Il corno è
la forza, o il regno; nel Primo dei Re: E
diede potenza al corno del suo unto (1Re
2, 10). La porpora è
il martirio cruento; nell’Esodo: Ognuno
di cuor generoso porli un’offerta al Signore:
oro,
argento e bronzo,
giacinto,
porpora,
scarlatto e bisso (Es 35, 5).
I fili
sono le parole della fede conservate con
diligenza, come nel salmo: Splendida
avanza la figlia del re,
nel manto dai fili d’oro (Sal 44,
14). Lo scarlatto ha
lo stesso significato della porpora, oppure può simbolizzare
l’ardore di carità, o il ricordo della croce; nell’Esodo, vedi
sopra. Il bisso è
la castità, o il candore della continenza; nell’Esodo, vedi sopra.
Il
giacinto è
il colore scuro dei confessori; nell’Esodo, vedi sopra.
Il
paramento omerale significa le opere che
si compiono col braccio; nell’Esodo: Fecero
il paramento omerale con oro,
giacinto,
porpora,
scarlatto e bisso ritorto (Es 39,
2). Il pettorale significa
le dottrine, o la dichiarazione della ragione che viene dal petto;
nell’Esodo: E fecero il pettorale,
lavorato a ricamo come il paramento omerale (Es
39, 8). La veste talare è
la dottrina più segreta e perfetta; nell’Esodo: E
fecero la veste talare tutta di tessuto color giacinto,
da mettere sotto l’umbone (Es 39,
20). La lamina aurea frontale è
una prefigurazione della croce; nell’Esodo: Fecero
pure una lamina aurea,
e vi iscrissero le lettere col segno della santità del Signore (Es
39, 29), cioè il nome di Dio o Tetragrammaton. Il
tempio è il corpo del Signore, o di un
santo; nell’Apostolo: Voi infatti
siete il tempio del Dio vivente (2Cor
6,16). E il Signore dice: Disfate voi
questo tempio (Gv 2,19).
L’altare è
l’altezza della fede; nel salmo: E
torneranno sul tuo altare i vitelli (Sal
50,21). Il sacrificio è
il dono della giustizia; nel salmo: Sacrificale
il sacrificio della giustizia (Sal
4, 6). Oppure è la lode a Dio, come nel salmo: Il
sacrificio di lode è mia gloria (Sal
49, 23). L’olocausto rappresenta
colui che è tutto acceso dalla fede; nel salmo: Offrirò
a te pingui olocausti (Sal 65, 15).
L’ostia è
Cristo, o l’anima dedita a Dio; nell’Apostolo: Oblazione
e ostia di soave odore a Dio (Ef
5,2). La mirra è
la prova del destino mortale; nel salmo: Son
mirra,
aloe,
cassia tutte le tue vesti (Sal
44,9).
L’incenso è
la forza della preghiera, come nel salmo: A
te levo la mia preghiera come incenso (Sal
140,2). Il profumo è
la grazia diffusa del nome di Cristo; in Salomone: Un
profumo diffuso è il tuo nome (Cn
1,3). Il sancta sanctorum è
tutti i misteri più nascosti del Signore, o il Regno dei cieli;
nella lettera agli Ebrei: Cristo
infatti non entrò in un santuario fatto da mano d’uomo,
che fosse soltanto immagine del vero,
ma entrò nel cielo stesso per presentarsi addirittura davanti a Dio
e intercedere per noi (Eb 9, 24).
Il
sabato è il riposo spirituale; nel
Genesi: Il Signore si riposò da
tutte le sue opere (Gn 2, 2).
Oppure, in Isaia: Se ti asterrai dal
profanare il sabato (Is 58, 12).
Altrimenti, in senso negativo: La
videro i suoi nemici e derisero il suo sabato (Lam
1, 7), ecc. La Quaresima è
un’immagine della travagliata vita presente; nel Vangelo: Dopo
aver digiunato quaranta giorni e quaranta notti (Mt
4,2). La Pasqua è
il preannunzio del trapasso del Signore: Prima
della festa di Pasqua,
sapendo Gesù che era venuta la sua ora di passare da questo mondo al
Padre (Gv 13, 1). La
Pentecoste è la manifestazione della
beatitudine futura, o la remissione; nel Levitico: contate
sette settimane complete,
fino al giorno successivo (Lv 25,
10). La città di Dio è
la Chiesa, o l’anima; nel salmo: Nella
città del nostro Dio (Sal 48,2). Il
cittadino è il fedele; nell’Apostolo:
Ma siete diventati concittadini dei
santi e membri della famiglia di Dio (Ef
2, 19). Le mura significano
i baluardi della Sacra Scrittura, o i profeti, o i santi; nel salmo:
Siano rialzate le mura di Gerusalemme
(Sal 50, 20); o in altro senso: Per
il mio Dio travalico le mura (Sal
17, 30). Le torri sono
gli apostoli, o tutti i perfetti; nel salmo: E
prosperità
entro
le tue torri (Sal 121,7). Le porte
sono le Sacre Scritture,
o la giustizia, o gli apostoli, o gli angeli; nel salmo: Innalzatevi,
o porte eternali (Sal 23, 7).
Altrimenti, in altro senso: Perché
larga è la porta e ampia la via che porta alla morte (Mt
7, 13). Le piazze sono
l’estesa beatitudine dei santi; nell’Apocalisse:
Le piazze della città sono d’oro
puro,
trasparente come cristallo (Ap 21,
21). Le fondamenta sono
Cristo, o la fede; nell’Apostolo: Nessuno
può infatti gettare altro fondamento oltre a quello già posto,
cioè Gesù Cristo (1Cor 3,11). La
muraglia a secco
[maceria]
è la legge, o la custodia degli
angeli; nel Cantico d’Isaia: E
la circondò d’una muraglia,
vi infisse delle pertiche e piantò dei vitigni (Is
5, 2). La casa
è l’anima dove abita Cristo, o la
Chiesa; nel Salmo: Andiamo
nella casa del Signore (Sal 121, 1).
La sala da pranzo [coenaculum]
è i meriti elevati, o
l’altezza della scienza; nel Vangelo: E
vi mostrerà un grande cenacolo
al piano superiore (Lc 22, 12).
L’entrata [ostium]
è l’apertura della fede;
nell’Apostolo: Mi
si è offerta un’occasione [ostium]
grande e promettente
(1Cor 16, 9). Il portiere
è Cristo che dice: Chi
per me passerà,
sarà salvo (Cn 2, 9). La colonna
è il firmamento, o la stabilità dello
spirito; nell’Apostolo: Giacomo,
Cefa e Giovanni,
che sono reputati come colonne
(Gal 2,9). La parete
significa talvolta
la costruzione delle buone opere; nel Cantico: Eccolo,
è qui dietro la parete e guarda attraverso le finestre
(Cn 2, 9). Le finestre
sono la vista, l’udito e gli altri
sensi, come sopra nel Cantico; oppure in senso
negativo: La morte è entrata dalle
finestre (Ger 9,
12). Il gradino è
l’ascesa spirituale; nel titolo dei salmi:
Cantico dei gradini.
Procedono sempre più forti
(Sal 83, 8). Il
pavimento è l’umiliazione, o
l’afflizione dell’anima o, se si
vuole, il chinarsi a terra; nel salmo:
L’anima mia è prostrata sul
pavimento (Sal 118,25).
Il
salterio indica
le opere buone; nel salmo: Col
salterio soave e con la cetra (Sal
80, 3). La cetra rappresenta
il petto dei devoti nel quale, per così dire, stanno
come corde le virtù, cioè i beni spirituali; nel salmo:
Alzati,
salterio con la cetra,
cioè le opere [buone] assieme alla
fede; oppure, se si preferisce riferire ciò al Signore stesso, la
resurrezione della carne assieme alla forza divina. Il decacordo
simboleggia i dieci comandamenti, oppure
i cinque sensi dell’uomo esteriore più quelli dell’uomo
interiore; nel salmo: Sul decacordo,
col canto e con la cetra (Sal 91,4).
L’organo è
l’uomo, o chi è stato accolto dal
Signore; nel salmo: Lodatelo con le
corde e l’organo (Sal
150, 4). Il timpano è
il corpo indebolito dal digiuno; nel salterio: Lodatelo
col timpano e il coro (ibid.).
Il coro è
la concordia; vedi il salmo precedente.
La tromba indica
il levare la voce nella predicazione di
Dio; nel profeta: Risuona la
tua voce come una tromba (Is 58, 1).
I cimbali
sono le labbra che confidano nel
Signore, o l’amore verso Dio e il prossimo; nel salmo: Lodatelo
sui cimbali sonori (Sal 150, 5). Il
giubilo è
il grido più fervido dello spirito; nel salmo: Lodatelo
coi cembali giubilanti (ibid.).
L’Egitto
è questo mondo, o il popolo pagano; nel salmo: Ricchi doni vengon
dall’Egitto (Sal 67, 32). L’Etiopia è la Chiesa formata da
quanti furono pagani; nel salmo: Accorre l’Etiopia e alza le
mani a Dio (ibid.); o in altro senso: L’hai data in pasto al
popolo etiope (Sal 73, 14). Babilonia è il mondo, oppure Roma;
nell’Apocalisse: E la grande Babilonia fu ricordata davanti a
Dio, perché le fosse dato il calice del vino della sua
ardente indignazione (Ap 16, 19). I nemici
sono il diavolo, o i vizi; nel salmo: Non sia turbato nel parlare
ai nemici sulla porta (Sal 126, 5). I ladri
figurano gli eretici e i falsi profeti; nel Vangelo: Tutti coloro
che sono venuti prima di me, sono ladri e assassini (Gv
10, 8). I popoli [gentes] sono
i vizi; nel Pentateuco: Quando il Signore Iddio tuo t’avrà
introdotto nel paese, al quale sei diretto per prenderne
possesso, numerosi popoli cadranno davanti a te (Dt 7, 1).
O in altro senso: Popoli tutti, battete le mani (Sal
46, 2). I combattimenti sono la lotta
contro la negligenza spirituale e la contesa dei vizi; nell’Apostolo:
Egli stesso è infatti la nostra pace (Ef 2,14). La vittoria
simbolizza il trionfo sul diavolo o sugli ostacoli; nell’Apostolo:
Ma sia ringraziato Dio, che ci dà la vittoria mediante il
Signor Nostro Gesù Cristo (1Cor 15, 17). Il premio indica la
ricompensa dei meriti acquisiti; nell’Apostolo: Corro verso la
meta, per conseguire il premio della superna vocazione in Dio
(Fil 3, 14). La corona significa la mercede dell’eterna gloria
mediante la giustizia; nell’Apostolo: Ormai non mi resta che
ricevere la corona di giustizia (2Tm 4, 8). Poiché il compimento
del profitto spirituale porta alla corona, con essa termina anche
l’interpretazione spirituale di tutti questi termini, che con
grande difficoltà abbiamo riunito, senza poi contare quanti sono
provvisti di un duplice senso.
XI.
I numeri
Dopo
esserci occupati dei nomi, trattiamo infine brevemente dei numeri,
poiché si conoscono molti casi di calcolo mistico inerente le cose
sacre.
Uno
– Questo numero riconduce all’unità
divina; nel Pentateuco: Ascolta,
Israele:
il Signore,
Iddio tuo,
è l’unico Dio (Dt 6,4). E
l’Apostolo: Un solo Signore,
una sola fede,
un solo battesimo (Ef 4, 5). E
l’arca di Noè, che rappresenta la Chiesa, misura un cubito [per
quanto concerne le finestre] (Gn 6, 16), perché la quiete eterna si
compie nella contemplazione dell’unico Dio.
Due
– Si riferisce ai due Testamenti della
Legge divina; nei Re: E nel Santuario
fece due cherubini di legno d’ulivo,
alti dieci cubiti ciascuno (3Re 6,
23). Due sono anche i precetti della carità, l’amore verso Dio e
quello verso il prossimo. Due nel
campo,
due alla macina,
due a letto (Lc 17,34) si legge nel
santo Vangelo.
Tre
– La Trinità; nella lettera di
Giovanni: Tre danno testimonianza in
cielo,
il Padre,
il Figlio e lo Spirito Santo,
e tre danno testimonianza in terra,
lo spirito,
l’acqua e il sangue (1Gv 5,7). E
nel Genesi: Tre tralci (Gn
40, 10).
Quattro
– I quattro
Vangeli; in Ezechiele: E nel mezzo
apparve la figura di quattro viventi (Ez
1, 5); come anche i quattro
fiumi del Paradiso (Gn 2, 10). Il
nome del Tetragrammaton si scrive con quattro lettere ebraiche.
La croce si espande in quattro raggi, come dice
Abacuc: I
raggi stanno nelle sue mani (Abc
3,4).
Cinque
-1
cinque libri di Mosè, i cinque
portici (Gv 5, 2), i cinque pani (Gv 6, 9), le cinque piaghe (Gv 20,
35) nel corpo del Signore. L’Apostolo: In
chiesa preferisco dire cinque parole con la mia intelligenza (1Cor
14, 19).
Sei
– Il sesto giorno [della Creazione] in cui il Signore fece l’uomo
e tutti gli animali terrestri; nel Genesi: Facciamo
l’uomo a nostra immagine e somiglianza
(Gn 1,26). E poco oltre: E
si fece sera e mattina,
il sesto giorno (ibid. 31). Il
numero sei racchiude la perfezione: perciò si racconta che Dio portò
a compimento il mondo in sei giorni, e ai cinque [i
libri di Mosè] si aggiunse l’uno, cosicché la legge è completata
grazie al Vangelo. Sei sono le età del mondo: cinque già
trascorsero, e la sesta va da Giovanni Battista e dall’incarnazione
di Cristo fino alla fine del mondo; perciò Dio creò nel sesto
giorno l’uomo a sua immagine, così come in questa sesta età si è
mostrata, per mezzo del Vangelo e secondo l’immagine
di chi ci ha creato, la riforma della nostra anima.
Le sei età significano anche le sei idrie che il Signore
comandò di riempire d’acqua, e in esse l’acqua
fu mutata in vino (Gv 2, 6); in ciò dobbiamo intendere
la manifestazione di Cristo secondo la Legge
e i profeti, poiché questi sei tempi sono distinti e
separati secondo una serie, quasi come vasi vuoti destinati ad essere
riempiti dal Cristo. I
tempi senz’altro sarebbero
trascorsi vuotamente se in essi il
Signore Gesù Cristo non avesse predicato: e dunque invece
le idrie sono colme, cioè le profezie sono adempiute.
Sette
– Nel settimo giorno, quando tutto fu
compiuto, il Signore si riposò; nel Genesi: E
il settimo giorno il Signore si
riposò da tutte le opere compiute (Gn
2, 2). Questo numero, a motivo della sua composizione aritmetica,
rappresenta per la natura umana la
massima perfezione: esso infatti consta del primo
pari e del primo dispari, cioè del primo numero divisibile
e del primo indivisibile; perciò il giubileo, che
rappresenta la pace perfetta, si compone di sette settimane.
Da ciò anche i sette spiriti che stanno innanzi al trono di Dio (Ap
1, 4); e i sette pani con cui Cristo saziò quattromila persone (Mt
15, 34) significano la settiforme grazia dello Spirito Santo.
Otto
– Il giorno della resurrezione del
Signore; nel titolo del salmo: Alla
fine sull’ottava (Sal 6, 1).
Nove
– Il mistero dell’ora nona, in cui il Signore spirò;
nel Vangelo: E verso l’ora nona
Gesù gridò a gran voce (Mt 27,46).
Sono anche nove i nomi delle pietre
preziose, e nove le gerarchie angeliche.
Dieci
– Il decalogo, cioè le dieci parole
che furono scritte sulle due tavole; nel
salmo: T’inneggerò sull’arpa
decacorde (Sal 143, 9).
Undici
– Gli apostoli; nel Vangelo: Gli
undici discepoli andarono in
Galilea (Mt 28, 16). Il numero
undici, poiché supera il dieci per
un’unità, può anche essere preso a
significazione della trasgressione e del suo
biasimo; per questo l’apostolo Pietro non permise
che il numero degli apostoli rimanesse fermo a
undici [dopo l’esclusione di Giuda Iscariota], ed elesse
Mattia (At 1, 26), che divenne il
dodicesimo della serie. Perciò la
vecchia legge comanda di fare undici
teli dipelo di capra (Es 26, 7), che
significano gli atti di penitenza per
purgarsi dai propri peccati. L’undicesima
ora (Mt 20,6) è anche detta dai
Pagani “età decrepita”.
Dodici
– Gli apostoli; nel Vangelo: Questi
sono i nomi dei dodici apostoli
(Mt 10, 2). Questo numero indica
anche la moltitudine di quanti giudicheranno tutto
[assieme al Signore] (Mt 19, 28), poiché le due parti
del settenario (il quale spesso è preso a significare
il mondo), cioè il tre e il quattro, se moltiplicate l’una
per l’altra compongono il dodici.
Quattordici
– Il mistero delle generazioni del
Signore; nel Vangelo: Da Abramo a
Davide sono quattordici generazioni
(Mt 1, 17).
Quindici
– I quindici
gradini del tempio di Salomone; in base a questo numero furono
scritti i cosiddetti quindici salmi graduali, dal salmo Ad
Dominum cum tribularer (119)
fino al salmo Laudate nomen
Domini (133).
Sedici
– Il numero dei profeti.
Ventidue
– Il mistero dei libri divini, secondo
la Scrittura degli Ebrei.
Ventiquattro
– Il mistero del numero degli anziani;
nell’Apocalisse: E sui troni
ventiquattro anziani (Ap
4, 4). Anche le ventiquattro classi in cui il
re Davide divise i sacerdoti addetti al ministero del
Tempio, estraendoli poi a sorte (1 Par, 24, 7 segg.).
Trenta
– Il frutto dei coniugi fedeli [a
Cristo]; nel Vangelo: E
una parte fruttò cento volte,
un’altra sessanta e un’altra trenta (Mt
13, 8) – questa si riferisce ai
coniugi, le sessanta volte alle vedove e le cento
volte alle vergini.
Trentatré
– Il mistero degli anni in cui
trascorse l’incarnazione di Cristo;
ciò è adombrato dall’Apostolo, quando dice: Finché
tutti insieme arriviamo all’unità della fede,
alla piena conoscenza del figlio di
Dio,
allo stato di uomo perfetto,
nella misura che conviene alla
piena maturità di Cristo (Ef 4,
13).
Quaranta
– Il mistero della Quaresima; nel
Vangelo: E fu condotto dallo spirito
nel deserto per quaranta giorni (Lc
4, 2). E la virtù del Decalogo è moltiplicata dai quattro libri del
Vangelo: così compiamo i comandi del Decalogo se badiamo alla
perfezione ai quattro santi libri del
Vangelo; così, con la moderazione, le
veglie, le orazioni e le altre cose che l’Apostolo ricorda come
armi della giustizia (2Cor
6, 7), raggiungiamo i premi della vita immortale.
Quarantadue
– Il numero delle tappe nel deserto,
o delle generazioni succedutesi da Abramo fino
al Signore Gesù Cristo (Mt, 1).
Quarantasei
– Quarantasei anni sono occorsi per
fabbricare il Tempio (Gv
2, 20), cioè per la sua riedificazione dopo Salomone, al tempo del
ritorno degli Ebrei dopo l’esilio [babilonese]. Il numero di questi
anni si confà molto armoniosamente alla perfezione del corpo del
Signore.
Cinquanta
– La Pentecoste; negli Atti degli
Apostoli: Venuto
dunque il giorno della Pentecoste (At2,
1).
Sessanta
– Il frutto dovuto alle vedove e alle
persone sobrie; nel Vangelo: E alcuni
fruttarono sessanta volte (Mt 13,8).
Settantadue
– Il numero degli anziani eletti da
Mosè (Nm 11,24), o dei discepoli scelti
dal Signore; nel Vangelo: Dopo
questo,
il Signore ne designò ancora
altri settantadue e li inviò a due a due innanzi a
sé,
in ogni città (Lc 10, 1).
Cento
– Il frutto dei martiri e delle
vergini; nel Vangelo: Altri
fruttarono cento volte (Mt 13, 8).
Questo numero significa la perfezione assoluta; perciò è detto
degli eletti: Chiunque avrà lasciato
casa,
fratelli,
sorelle — e tutto quel che segue –
riceverà il centuplo e avrà in
eredità la vita eterna (Mt 19,29).
Cento indica anche la misura del tempo, come
in Isaia: Chi morirà a cent’anni,
morirà giovane,
ecc. (Is 65, 20). È anche, nel
Vangelo, la centesima pecora (Lc 15, 4) che Cristo pose sulle sue
sacre braccia e riportò verso la patria celeste.
Mille
– Il numero mille rappresenta la perfezione di tutti i numeri e il
completamento di tutte le opere buone; così dice Pietro nella
lettera: Una cosa, o carissimi, non dovete ignorare,
ed è che un giorno davanti al Signore è come mille anni (2Pt
3, 8). Infatti nella cognizione di Dio il passato, il presente e il
futuro sono tutti un solo presente, e ciò che nello scorrere del
tempo a noi pare breve o lungo è per lui uguale.
Abbiamo
esposto questi noti numeri sacri solo a titolo di esempio: ve ne sono
invero molti altri, e tutti santi: le loro modalità le troverai tu
stesso, considerando con attenzione il testo sacro.