mercoledì 2 gennaio 2013

(Gv 1,29-34) Ecco l’agnello di Dio.


VANGELO 
(Gv 1,29-34) Ecco l’agnello di Dio.
+ Dal Vangelo secondo Giovanni

In quel tempo, Giovanni, vedendo Gesù venire verso di lui, disse: «Ecco l’ agnello di Dio, colui che toglie il peccato del mondo! Egli è colui del quale ho detto: “ Dopo di me viene un uomo che è avanti a me, perché era prima di me ”. Io non lo conoscevo, ma sono venuto a battezzare nell’ acqua, perché egli fosse manifestato a Israele». Giovanni testimoniò dicendo: «Ho contemplato lo Spirito discendere come una colomba dal cielo e rimanere su di lui. Io non lo conoscevo, ma proprio colui che mi ha inviato a battezzare nell’ acqua mi disse: “Colui sul quale vedrai discendere e rimanere lo Spirito, è lui che battezza nello Spirito Santo”. E io ho visto e ho testimoniato che questi è il Figlio di Dio».

Parola del Signore
(Gv 1,29-34) Ecco l’agnello di Dio.

LA MIA RIFLESSIONE  
PREGHIERA
  Vieni Spirito Santo, vieni nel più profondo del mio cuore, per farmi comprendere e vivere la tua parola, come facesti con gli apostoli e i profeti di un tempo,come facesti con giovanni il Battista e  come fai con tutti quelli che ti accolgono in spirito e verità. Amen.

 Giovanni testimonia con la sua missione che tutto quello che lui vive gli viene da Dio,ma potremmo dire di più, che in tutto quello che fa c’ è Dio.
In molte occasioni parliamo di un cammino che facciamo per seguire Gesù, ma dimentichiamo che fino a quell' incontro noi andavamo proprio per i fatti nostri, non importa quanto lontano dalla retta via, quello che conta è che mentre noi eravamo intenti a vivere, Gesù era lì a guardarci, era lì pronto per entrare nella nostra vita e farsi riconoscere. La cosa che impariamo vivendo il nostro rapporto con Dio in maniera sempre più stretta, è che quasi tutto quello che dobbiamo sapere, non lo aquisiremo studiando, ma lasciandoci scrivere da Dio e imparando ad interagire con Lui.
Giovanni compie un po’ il nostro stesso errore. Ha una sua fantasia di Gesù e vorrebbe adattare a questa  lo Spirito di Dio, sentirsi portatore di qualcosa di suo, di una sua idea, ma Gesù viene prima di Lui e resterà dopo di lui, era, è e sarà sempre; lui può solo testimoniare di aver visto lo Spirito scendere su di Lui e di aver sentito che grazie a Lui tutti saremmo stati figli di Dio, perché essere cristiano vuol dire essere di Cristo, con Cristo ed in Cristo, figlio unigenito di Dio, nel quale ci riconosciamo figli di Dio. Viviamo oltre la scena del battesimo con loro:
Gesù, viene verso Giovanni, i due si erano già incontrati e sembrava che tutto fosse finito lì, con il battesimo di Gesù, ed invece il primo a dover ancora ricevere e dare ancora molto in questa missione sulla terra, è proprio Giovanni.
 Il destino di quest’ uomo sia stato scritto prima ancora della sua nascita, si comprende abbastanza bene già dalla visita di Maria a sua madre Elisabetta, e prima ancora, dal concepimento in età avanzata, ma quello che è meraviglioso nella sua vita è l’ estrema dedizione al suo ministero. Nacque da una famiglia sacerdotale, suo padre Zaccaria, era di servizio nel tempio e, fino a che non uscì dal deserto, dove visse da eremita e si cibò di locuste, non abbiamo mai saputo niente di lui.  E’ quando ad un certo punto della nostra vita avviene l’ incontro con Gesù che tutto si trasforma e cambia, che tutto prende senso e non sembra più di vivere in un deserto, isolati con noi stessi,  come se gli altri non facessero parte della nostra vita. Si abbiamo parenti, amici, vicini e lontani, ma i nostri rapporti con loro sono legati solo da vincoli di sangue e famigliari, ma quando diventiamo cristiani, invece, iniziamo a far parte di una famiglia più ampia, che, man mano che ne prenderemo consapevolezza, impareremo ad amare ed a sentire unita a noi, buoni o cattivi che siamo, proprio in grazia della fratellanza che ci dà essere figli di uno stesso Dio.

martedì 1 gennaio 2013

(Gv 1,19-28) Dopo di me verrà uno che è prima di me.


VANGELO
 (Gv 1,19-28) Dopo di me verrà uno che è prima di me.
+ Dal Vangelo secondo Giovanni

Questa è la testimonianza di Giovanni, quando i Giudei gli inviarono da Gerusalemme sacerdoti e levìti a interrogarlo: «Tu, chi sei?». Egli confessò e non negò. Confessò: «Io non sono il Cristo». Allora gli chiesero: «Chi sei, dunque? Sei tu Elìa?». «Non lo sono», disse. «Sei tu il profeta?». «No», rispose. Gli dissero allora: «Chi sei? Perché possiamo dare una risposta a coloro che ci hanno mandato. Che cosa dici di te stesso?». Rispose: «Io sono voce di uno che grida nel deserto: Rendete diritta la via del Signore, come disse il profeta Isaìa». Quelli che erano stati inviati venivano dai farisei. Essi lo interrogarono e gli dissero: «Perché dunque tu battezzi, se non sei il Cristo, né Elìa, né il profeta?». Giovanni rispose loro: «Io battezzo nell’acqua. In mezzo a voi sta uno che voi non conoscete, colui che viene dopo di me: a lui io non sono degno di slegare il laccio del sandalo». Questo avvenne in Betània, al di là del Giordano, dove Giovanni stava battezzando.

Parola del Signore

(Gv 1,19-28) Dopo di me verrà uno che è prima di me.

LA MIA RIFLESSIONE
PREGHIERA
Io credo in Te Signore, e credo che il Tuo Spirito mi parli, come fa con tutti coloro che chiedono aiuto a te, Gesù ci ha insegnato a pregare, ci ha detto: "chiedi e ti sarà dato" ed io ti chiedo con molta umiltà .... illuminami.

Il vangelo di oggi, mi fa riflettere molto su quello che è il nostro compito di TESTIMONI della fede. Noi non siamo nessuno, non siamo profeti, non siamo meritevoli di nulla, ne tantomeno dobbiamo sentirci noi importanti o saggi più degli altri ai quali parliamo, perché quelli a cui dobbiamo parlare  per primi, siamo noi stessi. A volte può succedere che qualcuno creda che quello che testimonia, faccia di lui una persona migliore degli altri, ed allora ecco che satana si insinua, si prende gioco di te, ti fa diventare superbo. Anche chi ascolta o legge, non deve leggere pensando che chi scrive sia la verità, uno solo è la verità, perché uno solo è il Cristo, Padre , Figlio e Spirito Santo; chi testimonia, chi riflette con voi, in questo caso io, cerca solo di riflettere con voi sulle PAROLE DELLA SACRA SCRITTURA, cerca di far parlare lo Spirito di Dio che è in ognuno di noi, perché noi siamo battezzati in Spirito Santo, perché noi siamo FIGLI DI DIO,FRATELLI DI CRISTO . Quindi quello che il mio lettore deve fare, ed io vi invito sempre a farlo, NON E' leggere la mia riflessione e basta, MA andare sul gruppo, aprire la pagina del giorno e leggere tutte le sacre scritture del giorno; SOLO DOPO, potrà leggere le varie riflessioni ed anche le mie. POI PUO' ( e mi piacerebbe che tutti provassero) chiedere aiuto allo Spirito dl Signore e PROVARE AD ELABORARE UNA SUA RIFLESSIONE. Solo allora tutto quello che Di ha fatto per noi attraverso tutti i suoi figli, non sarà inutile, ma raggiungerà il suo scopo. Dio parla a tutti, e tutti abbiamo il diritto ed il dovere di metterci all'ascolto.

lunedì 31 dicembre 2012

(Lc 2,16-21) I pastori trovarono Maria e Giuseppe e il bambino. Dopo otto giorni gli fu messo nome Gesù.


VANGELO 
(Lc 2,16-21) I pastori trovarono Maria e Giuseppe e il bambino. Dopo otto giorni gli fu messo nome Gesù.
+ Dal Vangelo secondo Luca

In quel tempo, andarono, senza indugio, e trovarono Maria e Giuseppe e il bambino, adagiato nella mangiatoia. E dopo averlo visto, riferirono ciò che del bambino era stato detto loro. Tutti quelli che udivano si stupirono delle cose dette loro dai pastori. Maria, da parte sua, custodiva tutte queste cose, meditandole nel suo cuore.I pastori se ne tornarono, glorificando e lodando Dio per tutto quello che avevano udito e visto, com’ era stato detto loro.Quando furono compiuti gli otto giorni prescritti per la circoncisione, gli fu messo nome Gesù, come era stato chiamato dall’  angelo prima che fosse concepito nel grembo.

Parola del Signore
(Lc 2,16-21) I pastori trovarono Maria e Giuseppe e il bambino.

LA MIA RIFLESSIONE
PREGHIERA
Vieni Spirito Santo amico mio, dolce compagno dei miei pensieri, vieni a parlarmi di quello che successe a Betlemme, fammi capire il significato di questo passaggio delle letture alla luce della tua sapienza, perché diventi anche la mia.  Amen.

Quello che mi salta agli occhi in questa lettura, da subito, è il ruolo dei pastori, che appena ricevono l’annuncio dell’angelo, si mettono immediatamente in cammino, alla ricerca di Gesù, parlano tra di loro, annunciano agli abitanti di Betlemme quello che hanno visto e sentito.

Non hanno ancora idea di quello che sarebbe successo, ed annunciano che è nato un bambino, che la stella cometa li guidò alla stalla, che gli angeli facevano festa…Tutto si muove intorno a quest’avvenimento. Anche Maria e Giuseppe ancora increduli, accettavano tutto senza in fondo rendersi conto di quello che stava succedendo, ma silenziosamente Maria taceva e conservava tutti i suoi dubbi e le sue paure nel suo cuore, sentivano tutti che stava nascendo per loro qualcuno che avrebbe cambiato la loro vita e la storia del mondo, ma come? Quando arriva la chiamata del Signore è in fondo un po’ la stessa cosa anche per noi, ci agitiamo, domandiamo, ci muoviamo di qua e di là affamati della parola di Dio; vorremmo capire tutto e subito, ma sappiamo che dovremo cambiare il nostro modo di vedere le cose, perché dovremo imparare a vivere qualcosa di meraviglioso, di cui non abbiamo la minima idea e pensiamo che sarà un qualcosa che ci cambierà la vita. Lo afferriamo da subito, ma per fortuna il Signore sa dosare meglio di noi i tempi dell’azione dello Spirito e pian piano ci porterà a conoscere tutti i passi da fare e ci ricolmerà di grazie, e ci farà vivere il regno dei cieli già su questa terra.
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domenica 30 dicembre 2012

(Gv 1,1-18) Il Verbo si fece carne.


VANGELO
 (Gv 1,1-18) Il Verbo si fece carne.
+ Dal Vangelo secondo Giovanni

In principio era il Verbo,e il Verbo era presso Dioe il Verbo era Dio.Egli era, in principio, presso Dio:tutto è stato fatto per mezzo di luie senza di lui nulla è stato fatto di ciò che esiste.In lui era la vitae la vita era la luce degli uomini;la luce splende nelle tenebree le tenebre non l’hanno vinta.Venne un uomo mandato da Dio:il suo nome era Giovanni.Egli venne come testimoneper dare testimonianza alla luce,perché tutti credessero per mezzo di lui.Non era lui la luce,ma doveva dare testimonianza alla luce.Veniva nel mondo la luce vera,quella che illumina ogni uomo.Era nel mondoe il mondo è stato fatto per mezzo di lui;eppure il mondo non lo ha riconosciuto.Venne fra i suoi,e i suoi non lo hanno accolto.A quanti però lo hanno accoltoha dato potere di diventare figli di Dio:a quelli che credono nel suo nome,i quali, non da sanguené da volere di carnené da volere di uomo,ma da Dio sono stati generati.E il Verbo si fece carnee venne ad abitare in mezzo a noi;e noi abbiamo contemplato la sua gloria,gloria come del Figlio unigenitoche viene dal Padre,pieno di grazia e di verità.Giovanni gli dà testimonianza e proclama:«Era di lui che io dissi:Colui che viene dopo di meè avanti a me,perché era prima di me».Dalla sua pienezzanoi tutti abbiamo ricevuto:grazia su grazia.Perché la Legge fu data per mezzo di Mosè,la grazia e la verità vennero per mezzo di Gesù Cristo.Dio, nessuno lo ha mai visto:il Figlio unigenito, che è Dioed è nel seno del Padre,è lui che lo ha rivelato.

Parola del Signore
(Gv 1,1-18) Il Verbo si fece carne.

LA MIA RIFLESSIONE (ripeto quella del 25 dicembre)
PREGHIERA

Ti prego Spirito di Dio, stammi vicino mentre leggo queste righe e falle entrare nel mio cuore, trasformale sulla tastiera in ciò che tu vuoi, annulla il mio pensiero se permane, per l' amore con il quale Gesù ha accettato la volontà del Padre, per tutti i secoli dei secoli. Amen.

Non servirono i profeti, non bastò Giovanni Battista che precedendolo lo annunciò, neanche che Gesù venne tra gli uomini, che testimoniò con la sua vita l’ amore del Padre; chi non voleva credere, non credette ugualmente. Anche oggi è così; alcuni aderiscono alla parola di Dio, la fanno loro, la seguono, riescono ad entrare in contatto con il regno di Dio già su questa terra, pur affrontando mille difficoltà e riescono a ricevere dal Signore grazie su grazie, per la fede che ripongono in Lui. Altri invece non seguono la legge dettata a Mosè, proclamata da Gesù su questa terra,  cercano ancora, non si fidano, non vogliono riconoscere la verità, non lasciano agire lo Spirito su di loro, si ribellano ed escono dalla via tracciata dal Signore e perdono la verità, andando a cercare chissà quale verità, ma trovando solo la menzogna.
Questo Vangelo di Giovanni ci porta direttamente in contatto con l’ amore di Dio. In principio era il Verbo che per comunicarci il suo amore creò una casa in cui farci vivere, creò la terra e poi ce la mise a disposizione, per amore e con amore. Tutto fa parte di un progetto divino di cui noi facciamo parte. Da Dio viene la vita e nella luce di Dio noi ritroviamo la via per tornare a casa, nella casa che era dal tempo dei tempi, preparata per noi.
Chi non ascoltò i profeti e non credette a Giovanni, non crede neanche a Gesù e non capisce che attraverso di Lui Dio si rivela .

sabato 29 dicembre 2012

(Lc 2,41-52) Gesù è ritrovato dai genitori nel tempio in mezzo ai maestri.


VANGELO
 (Lc 2,41-52) Gesù è ritrovato dai genitori nel tempio in mezzo ai maestri.
+ Dal Vangelo secondo Luca 

I genitori di Gesù si recavano ogni anno a Gerusalemme per la festa di Pasqua. Quando egli ebbe dodici anni, vi salirono secondo la consuetudine della festa. Ma, trascorsi i giorni, mentre riprendevano la via del ritorno, il fanciullo Gesù rimase a Gerusalemme, senza che i genitori se ne accorgessero. Credendo che egli fosse nella comitiva, fecero una giornata di viaggio, e poi si misero a cercarlo tra i parenti e i conoscenti; non avendolo trovato, tornarono in cerca di lui a Gerusalemme. Dopo tre giorni lo trovarono nel tempio, seduto in mezzo ai maestri, mentre li ascoltava e li interrogava. E tutti quelli che l’udivano erano pieni di stupore per la sua intelligenza e le sue risposte. Al vederlo restarono stupiti, e sua madre gli disse: «Figlio, perché ci hai fatto questo? Ecco, tuo padre e io, angosciati, ti cercavamo». Ed egli rispose loro: «Perché mi cercavate? Non sapevate che io devo occuparmi delle cose del Padre mio?». Ma essi non compresero ciò che aveva detto loro. Scese dunque con loro e venne a Nàzaret e stava loro sottomesso. Sua madre custodiva tutte queste cose nel suo cuore. E Gesù cresceva in sapienza, età e grazia davanti a Dio e agli uomini.

Parola del Signore


LA MIA RIFLESSIONE
 PREGHIERA
Spirito d’amore, abbracciami, e fammi comprendere il senso delle scritture, ma ancor di più che cosa tu vuoi che io comprenda, e sarò serena tra le tue braccia ad ascoltare la tua parola.Mi affido a te, illuminami!

Gesù cresce e dal fanciullo che era affidato alle cure di Maria e Giuseppe, sta diventando un uomo. Possibile che Gesù si perda? Che Maria e Giuseppe dimentichino questo loro figlio e se ne rendano conto solo a sera, quando la carovana aveva già percorso molta strada?
Sì forse si, ma io ho sempre pensato che non doveva essere un bambino facile da crescere, eppure se guardiamo bene, ci vediamo il segno di quello che sarebbe accaduto qualche anno dopo. Maria e Giuseppe sono angosciati, preoccupati e oserei dire arrabbiati con Gesù, se non avessi imparato leggendo i vangeli che né Maria né Giuseppe non si fanno mai prendere dall’ ira. Forse cominciano a capire i poveri genitori che questo bambino non gli appartiene già più, perché cresce in lui la consapevolezza di appartenere a Dio più che a loro, e anche se non riescono ad afferrare bene il senso della cosa, intuiscono che c’è una verità che va oltre la loro comprensione. Riprendono il cammino cercando di essere guida di quel figlio che già non gli apparteneva più, e lui stava loro sottomesso. Mi vengono in mente tante cose… che i figli sono prima di Dio e poi nostri, che la vita è dono di Dio, ce l’ affida per un tratto di strada, perché possiamo attraverso questa vita che ci affida, contemplare il suo amore. Siamo tutti figli, belli e brutti, sani e malati, giusti e peccatori, siamo entrati nel mondo e siamo con Gesù, tra i dottori della legge, per parlare del nostro Padre celeste. Gesù li ascoltava e li interrogava, e li stupiva con la sua intelligenza e le sue risposte…. Noi cosa facciamo amici? I nostri maestri che fanno? Forse è vero che i sacerdoti sono pochi, ma diventa sempre più difficile trovarne uno che ti dedichi un po’ del suo tempo per parlare… ricordo che quando ero bambina la chiesa era sempre aperta, ed un sacerdote sempre pronto per confessare ed aiutare… ci fermavamo dopo la messa e il prete ci faceva fare colazione con lui dalle suore, che preparavano il latte e la cioccolata calda d’inverno. Si parlava del vangelo che era stato spiegato a messa, e così anche per i grandi, c’era chi chiedeva un consiglio, una parola buona, una preghiera. Oggi le donne preparano l’ altare, il sacerdote arriva, in genere 5 minuti prima della messa, fortunati quelli che hanno a disposizione due sacerdoti, ma poi, arrivano insieme e, o senti la messa o ti confessi; e poi dopo la messa? Tutti via di corsa, saluti e baci e si va via… e mi dispiace dirlo, ma i sacerdoti sono quelli che hanno più fretta… dove sono finiti i pastori? Prima camminavi dietro a loro, ora devi quasi rincorrerli.
Maria, Madre della Chiesa, non capisce e piange, piange sulla Chiesa, sui suoi figli, su quello che vede e sente. Nelle nostre famiglie poi non va meglio…dove stiamo portando questi  nostri figli? Siamo talmente allo sbando noi che non sappiamo neanche guidarli e loro vanno dove il mondo li porta, seguono il progresso; l’ ultimo dei loro pensieri è andare a messa la domenica, perché avrebbero dovuto impararlo da noi, ma noi ci andiamo? Dopo una settimana di lavoro siamo troppo stanchi per il Signore….. Piange Maria e ci invoca di convertirci, di tornare sui nostri passi, il suo cuore immacolato, provato dal dolore, continua a soffrire per noi, e mi sembra di sentirla dire: figli perchè fate così? Se sapeste quanto vi amiamo, piangereste di gioia!

venerdì 28 dicembre 2012

(Lc 2,22-35) Luce per rivelarti alle genti.


VANGELO DI SABATO 29 DICEMBRE
(Lc 2,22-35) Luce per rivelarti alle genti.
+ Dal Vangelo secondo Luca

Quando furono compiuti i giorni della loro purificazione rituale, secondo la legge di Mosè, portarono il bambino [Gesù] a Gerusalemme per presentarlo al Signore – come è scritto nella legge del Signore: «Ogni maschio primogenito sarà sacro al Signore» – e per offrire in sacrificio una coppia di tortore o due giovani colombi, come prescrive la legge del Signore. Ora a Gerusalemme c’era un uomo di nome Simeone, uomo giusto e pio, che aspettava la consolazione d’Israele, e lo Spirito Santo era su di lui. Lo Spirito Santo gli aveva preannunciato che non avrebbe visto la morte senza prima aver veduto il Cristo del Signore. Mosso dallo Spirito, si recò al tempio e, mentre i genitori vi portavano il bambino Gesù per fare ciò che la Legge prescriveva a suo riguardo, anch’egli lo accolse tra le braccia e benedisse Dio, dicendo:«Ora puoi lasciare, o Signore, che il tuo servo vada in pace, secondo la tua parola,perché i miei occhi hanno visto la tua salvezza,preparata da te davanti a tutti i popoli:luce per rivelarti alle genti e gloria del tuo popolo, Israele».Il padre e la madre di Gesù si stupivano delle cose che si dicevano di lui. Simeone li benedisse e a Maria, sua madre, disse: «Ecco, egli è qui per la caduta e la risurrezione di molti in Israele e come segno di contraddizione – e anche a te una spada trafiggerà l’anima -, affinché siano svelati i pensieri di molti cuori».

Parola del Signore

(Lc 2,22-35) Luce per rivelarti alle genti.
LA MIA RIFLESSIONE
PREGHIERA
Degnami o Santo Spirito della tua presenza, concedimi la tua grazia, accogli la mia preghiera, perchè solo grazie a te, potrò conoscere il verbo del Signore. Amen.

Come Simeone, dopo tanta attesa, anche noi vedremo Gesù e potremo conoscere la salvezza che Dio ha preparato per noi.
A volte ci sentiamo stanchi e sfiduciati , ma dentro di noi permane una voce che ci induce a sperare, nonostante le amarezze della vita, sappiamo che seguendo Gesù saremo salvati. Ma che vuol dire seguire Gesù? Amare come Dio comanda vuol dire, uscire dal nostro io e lasciare posto a Lui, al suo modo di amare, non al nostro, che è un amore di comodo, fatto di simpatie e antipatie, un amore condizionato che nulla ha a che vedere con l’ amore di Dio.
Quanti credono di vivere secondo la luce e vivono nelle tenebre, perché vogliono farsi una religione di comodo. Gesù non ci ha portato un vangelo comodo, ma ci ha promesso la salvezza, poi , è chiaro, che sta sempre a noi la scelta.
Simeone era definito un uomo pio e giusto e guidato dallo Spirito Santo, ma quello che è semplicemente stupendo di quest' uomo, è che era in attesa. Voleva conoscere il Salvatore, dopo di che poteva anche morire.
Molte persone incontrano Gesù nella loro vita, ma non lo riconoscono come il Salvatore, erroneamente pensando che la salvezza non esiste, che alla nostra morte tutto finisce, o, peggio ancora , che non hanno bisogno di essere salvati.Io credo che molte delle nostre idee vadano rivedute alla luce del Vangelo e che molto del Vangelo vada letto coerentemente alla nostra vita; Dio ci è molto più vicino di quanto noi siamo vicini a Lui.

giovedì 27 dicembre 2012

(Mt 2,13-18) Erode mandò a uccidere tutti i bambini che stavano a Betlemme.


VANGELO 
(Mt 2,13-18) Erode mandò a uccidere tutti i bambini che stavano a Betlemme.
+ Dal Vangelo secondo Matteo

I Magi erano appena partiti, quando un angelo del Signore apparve in sogno a Giuseppe e gli disse: «Àlzati, prendi con te il bambino e sua madre, fuggi in Egitto e resta là finché non ti avvertirò: Erode infatti vuole cercare il bambino per ucciderlo».Egli si alzò, nella notte, prese il bambino e sua madre e si rifugiò in Egitto, dove rimase fino alla morte di Erode, perché si compisse ciò che era stato detto dal Signore per mezzo del profeta:«Dall’Egitto ho chiamato mio figlio».Quando Erode si accorse che i Magi si erano presi gioco di lui, si infuriò e mandò a uccidere tutti i bambini che stavano a Betlemme e in tutto il suo territorio e che avevano da due anni in giù, secondo il tempo che aveva appreso con esattezza dai Magi. Allora si compì ciò che era stato detto per mezzo del profeta Geremìa:«Un grido è stato udito in Rama,un pianto e un lamento grande:Rachele piange i suoi figlie non vuole essere consolata,perché non sono più».

Parola del Signore


LA MIA RIFLESSIONE
PREGHIERA
Signore mio ti prego, inondami del tuo Spirito di sapienza, fa che io possa trarre da questa lettura tutto quello che vuoi concedermi di sapere. Io non merito nulla per me, sono la più stupida dei tuoi fratelli, ma sto cercando di fare quello che tu vuoi, sto cercando di testimoniare la tua parola, aiutami o mio tutto a non essere me ma a lasciare che tu prenda il mio posto. Annullami, ti amo tanto!

Sappiamo che Erode aveva cercato di corrompere i re Magi, che avrebbero dovuto tornare da lui e dirgli dove si trovava il Bambino Gesù, ma alla vista del piccolo questi avevano capito ed erano ripartiti per un' altra strada. Ma il persecutore non si arrende e, ancora più adirato, senza alcuna pietà decide di far uccidere tutti i neonati al di sotto dei due anni. Il Signore mandò un angelo ad avvisare Giuseppe di prendere la moglie ed il bambino e di fuggire in Egitto fino alla morte di Erode, che compie con quel gesto una strage immane di bambini innocenti. Le madri piangono i loro figli, la profezia si avvera. Le lotte, le divisioni, il potere, tutte cose che fanno vittime, e le prime vittime di tutto questo sono i bambini; quelli che muoiono di fame, quelli che vengono rapiti per farne dei soldati, quelli che vengono utilizzati nelle miniere, quelli che vengono abbandonati nell’ indigenza , quelli che vendono usati dagli adulti per la pornografia, per la prostituzione, uccisi per rubargli gli organi, violentati, quelli che vengono mutilati nelle guerre, quelli che vengono abortiti…..
Quanti Erodi oggi uccidono in nome del potere, del progresso, della loro libidine; quanti uomini e donne rifiutano di riconoscere Gesù come loro Signore e distruggono tutto quello che intorno gli parla di Lui, quanti vogliono avere potere di vita e di morte, decidere se far nascere o no un bambino, quanti si ingozzano ed hanno il superfluo, mentre tanti bambini muoiono di fame. E noi cosa facciamo di concreto per non essere come Erode?
Ci scandalizziamo facilmente guardando la crudeltà degli altri, ma nel nostro piccolo, in tutti noi c'è un Erode che cerca di soffocare Gesù e di non fargli gridare il suo amore per tutti!Saremo giudicati in base a quanto avremo amato,aiutato e perdonato, ma noi a volte siamo talmente presi da noi stessi che neanche li vediamo gli altri. La gente muore nel mondo,ma questo sembra non toccarci ; ogni 3,6 secondi una persona muore di fame. Ventiquattromila al giorno. La maggior parte bambini, disidratati o malnutriti. Un olocausto permanente. Intorno a me sento sempre lamentarci della crisi economica, ma ai nostribambini non manca l'ultimo giocattolo,  l' ultimo telefonino moderno.... I ristoranti sono sempre pieni! 

mercoledì 26 dicembre 2012

IO e un po' di briciole di Vangelo: MUSETTA DI LELLA MINGARDI

IO e un po' di briciole di Vangelo: MUSETTA DI LELLA MINGARDI: C'era una volta, una bambina gracile,bruttina e tanto sola....era circondata da tanta gente,ma nessuno la vedeva; era vivace e come tutti i...

(Gv 20,2-8) L’altro discepolo corse più veloce di Pietro e giunse per primo al sepolcro.


VANGELO 
(Gv 20,2-8) L’altro discepolo corse più veloce di Pietro e giunse per primo al sepolcro.
+ Dal Vangelo secondo Giovanni

Il primo giorno della settimana, Maria di Màgdala corse e andò da Simon Pietro e dall’altro discepolo, quello che Gesù amava, e disse loro: «Hanno portato via il Signore dal sepolcro e non sappiamo dove l’hanno posto!». Pietro allora uscì insieme all’altro discepolo e si recarono al sepolcro. Correvano insieme tutti e due, ma l’altro discepolo corse più veloce di Pietro e giunse per primo al sepolcro. Si chinò, vide i teli posati là, ma non entrò. Giunse intanto anche Simon Pietro, che lo seguiva, ed entrò nel sepolcro e osservò i teli posati là, e il sudario – che era stato sul suo capo – non posato là con i teli, ma avvolto in un luogo a parte. Allora entrò anche l’altro discepolo, che era giunto per primo al sepolcro, e vide e credette.

Parola del Signore

(Gv 20,2-8) L’altro discepolo corse più veloce di Pietro e giunse per primo al sepolcro.
LA MIA RIFLESSIONE
PREGHIERA
Vieni o Santo Spirito e riempi di te il mio cuore e la mia mente. Fa che ogni cosa mi venga da te e che non sprechi neanche una briciola della tua sapienza. 
La pagina di oggi, sembra non entrarci per niente con quelle di questi giorni, che ci sono proposte dalla Chiesa, eppure a ben guardare, non è così sbagliato parlare del sepolcro di Gesù, dei primi discepoli che non lo trovano più e che debbono cominciare da questo momento a fare da soli. E' la realtà dello scontro tra la fede ed il mondo.
I primi cristiani dovettero fare subito i conti con la crudeltà dei romani, con l' ipocrisia dei farisei e dei sadducei, e molti furono uccisi per difendere la loro fede.
In questo passo ritroviamo gli apostoli Giovanni e Pietro, che corrono al sepolcro e sicuramente non per caso, Giovanni che è più giovane, arriva prima di Pietro, ma si ferma e aspetta che sia quello che Gesù aveva eletto come il capo della nuova chiesa ad entrare per primo. C'è tanto rispetto in questo atteggiamento, e mi fa un po' pensare al rispetto che si deve alla Chiesa come istituzione di Gesù Cristo e non per quello che spesso, purtroppo, lascia trasparire attraverso i suoi uomini, che come noi, sono appunto "uomini."
Pietro vide le fasce che avevano avvolto il corpo di Gesù ed il sudario ripiegato, ( notiamo che anche in Luca 24:12 Pietro tuttavia corse al sepolcro e chinatosi vide solo le bende. E tornò a casa pieno di stupore per l'accaduto. ) mentre Giovanni vide e credette.
Il rapporto speciale che univa Gesù a Giovanni, continuava anche dopo la sua morte, non a caso era a lui che Gesù aveva affidato la Madre e alla stessa il discepolo che Lui amava.
Quanta meraviglia in quel sepolcro vuoto, e quanta fede nel piccolo Giovanni che ricordando le parole del Messia, sulla sua resurrezione, si fidò completamente di Lui.Possiamo essere come Pietro, avere dubbi e paure, o essere come Giovanni, credere sempre ed oltre le apparenze, o magari anche come Tommaso, che chiede dei segni, delle prove.Quello che conta è non avere dei preconcetti, non mettere il nostro io tra noi e Dio stesso come un ostacolo, ma appoggiare la nostra testa sul cuore di Gesù, come Giovanni, lasciandoci trasportare dallo Spirito Santo.

martedì 25 dicembre 2012

ReginaPacis: La sètta segreta dei neocatecumenali

ReginaPacis: La sètta segreta dei neocatecumenali: La sètta segreta dei neocatecumenali Testimonianza di un’esperienza vissuta dal Sig. Augusto Faustini Ho 53 anni, cultura medi...

(Mt 10,17-22) Non siete voi a parlare, ma è lo Spirito del Padre vostro.


VANGELO
 (Mt 10,17-22) Non siete voi a parlare, ma è lo Spirito del Padre vostro.
Dal Vangelo secondo Matteo

In quel tempo, Gesù disse ai suoi apostoli: «Guardatevi dagli uomini, perché vi consegneranno ai tribunali e vi flagelleranno nelle loro sinagoghe; e sarete condotti davanti a governatori e re per causa mia, per dare testimonianza a loro e ai pagani. Ma, quando vi consegneranno, non preoccupatevi di come o di che cosa direte, perché vi sarà dato in quell’ora ciò che dovrete dire: infatti non siete voi a parlare, ma è lo Spirito del Padre vostro che parla in voi. Il fratello farà morire il fratello e il padre il figlio, e i figli si alzeranno ad accusare i genitori e li uccideranno. Sarete odiati da tutti a causa del mio nome. Ma chi avrà perseverato fino alla fine sarà salvato».

Parola del Signore
LA MIA RIFLESSIONE
PREGHIERA
Vieni o Santo Spirito e inebria la mia mente ed il mio cuore. A te mi affido per capire,per vivere e per seguire il volere di Dio, non lasciarmi mai.


Con quanto amore Gesù avverte i suoi discepoli di quello che li aspetta.  Sa che saranno proprio gli stessi uomini a rendergli difficile il loro compito di evangelizzatori.  Quello che hanno fatto a lui lo faranno ai suoi...  perché sia gli uomini di potere che gli scribi e i farisei,  non avevano nessuna voglia di sottostare a chicchessia.  C'erano infatti degli ebrei che volevano si rispettassero più le leggi che loro avevano messo,  che quelle dei comandamenti dati da Dio a Mosè,  si attenevano al Talmud, che è il libro più sacro dell'antico ebraismo http://youtu.be/N662BLgyh_8  e non vedeva certo di buon occhio Gesù che li riprendeva e li accusava. Sicuramente per i primi apostoli fu difficile  e pericoloso diffondere il cristianesimo in un ambiente così ostile.  Molti morirono martiri,  ma Gesù dimostrò loro che la morte del corpo,  non era la cosa che dovevano temere, ma quella dello Spirito invece doveva mettergli paura, perché li avrebbe condannati all' inferno, privandoli della vista di Dio. Guardando a Cristo, vedremo che spesso anche nelle stesse famiglie,  ci sarà divisione e disaccordo,  ma solo restando saldi nella fede, saremo salvati, Dio non abbandona i suoi figli. E’ di questi giorni la notizia di una nuova strage di persone che facevano la fila per il pane,in un paese torturato da una guerra,che può anche sembrare di religione,ma che è solo di potere. Ogni 5 minuti nel mondo muore un cristiano ,le notizie si susseguono ormai nell’indifferenza di molti…. Noi siamo liberi di vivere la nostra fede , ma non ci rendiamo neanche conto di quanto questo sia importante. Intorno a noi c'è la fame, la guerra, e la povertà avanza sotto all'indifferenza di molti. Se non impariamo a vivere secondo lo Spirito,difficilmente ci renderemo conto che ci sono fratelli che soffrono, che non possiamo essere indifferenti a questo,e state tranquilli,che questo attirerà su di noi,molti giudizi negativi,cominciando dalle nostre stesse parrocchie.
Oggi l' essere umano nel mondo, conta per quello che rende, non per quello che costa, ma in fondo anche ai tempi di Gesù,  forse era così,niente cambia se non cambia il nostro cuore! 

giovedì 20 dicembre 2012

Pensieri nella solitudine (Thomas Merton )PARTE 2 DA13 A18





13.
Mi sembra che la vita solitaria contemplativa sia una imitazione e una
realizzazione in noi delle parole di Gesù “Il Figlio non può fare nulla da sé, ma
solo quello che vede fare dal Padre, lo fa parimenti il Figlio. Perché il Padre ama il
Figlio e gli mostra quanto Egli fa” (Gv 5,19-20). Questa imitazione consiste
nell’essere e nell’agire nei confronti di Gesù come Egli fece nei confronti del
Padre (Gv 5,24). “Chi ascolta la mia parola e crede in Colui che mi ha mandato,
ha la vita eterna.” Il Padre ci attira a Gesù (Gv 6,37; 6,44-45). “Chiunque ha
udito il Padre ed ha appreso, viene a me.” Ascoltiamo meglio il Padre nella
solitudine. Gesù è il Pane di vita che ci vien dato nella solitudine (Gv 6,58).
“Come il Padre, che vive, ha inviato me, ed io vivo per il Padre, così chi mangia
me, vivrà per me.”
La vita solitaria è quindi la vita di uno che il Padre ha tratto nel deserto ove non
sarà nutrito da altro cibo spirituale all’infuori di Gesù. Perché in Gesù il Padre si
dà a noi e ci nutre con la sua vita inesauribile. La vita di solitudine deve essere
quindi una continua comunione ed un continuo ringraziamento in cui
contempliamo per
fede tutto quello che passa nelle profondità di Dio e perdiamo il gusto per ogni
altra vita e per qualsiasi altro cibo spirituale.
Mi sembra anche che la vita solitaria realizzi il testo suddetto con l’abbandono
del salmista: “Io son misero e poverello, ma il Signore si prende cura di me” (Sal
139,18).

Viviamo in continua dipendenza da questa misericordiosa bontà del Padre, e così
tutta la nostra vita è una vita di gratitudine — una continua risposta al suo aiuto
che viene a noi in ogni momento. Penso che ciascuno lo scopra nella sua
vocazione, se è veramente la sua. La vita solitaria è una vita nella quale
rimettiamo a Dio le nostre preoccupazioni e godiamo soltanto dell’aiuto che da
Lui ci viene. Tutto quel ch’Egli fa è la nostra gioia. Riproduciamo in noi la sua
bontà mediante la gratitudine. (O meglio, la nostra gratitudine è il riflesso della
sua misericordia. È ciò che ci rende simili a Lui). La vita veramente solitaria
differisce completamente da quella solitudine parziale che possiamo godere di
tanto in tanto negli intervalli permessi dalle consuetudini sociali. Quando
riceviamo la nostra solitudine a periodi, ne gustiamo il valore per contrasto con
un altro valore. Quando viviamo veramente soli, non esiste contrasto. Non devo
andare nella solitudine per immobilizzare la mia vita, per ridurre ogni cosa a una
gelida concentrazione su qualche esperienza interiore. Allorché si alterna alla
vita comune, la solitudine può prendere questo carattere di una sosta, di un
momento di quiete, di un intervallo di concentrazione. Dove essa non è un
periodo, ma un tutto continuo, possiamo ben rinunciare e al senso di
concentrazione e alla quiete spirituale. Tutta la nostra vita può sfociare
nell’incontro dell’Essere e del Silenzio dei giorni in cui siamo immersi, e possiamo
operare la nostra salvezza con un’azione quieta e continua. È anche possibile che
nella solitudine ritorni agli inizi e riscopra il valore e la perfezione della semplice
preghiera vocale — e trovi maggior gioia in essa che nella contemplazione.
Così che il cenobita può avere un’alta contemplazione, mentre l’eremita ha
soltanto il suo Pater e la sua Ave Maria. In tal caso scelgo la vita di un eremita
nella quale vivo sempre in Dio, parlandogli con semplicità, piuttosto che una vita
discontinua sublimata da momenti di fuoco e di esaltazione.
Il solitario è necessariamente uno che fa quello che vuole. Difatti non ha niente
altro da fare. Ecco perché la sua vocazione è pericolosa e disprezzata insieme.
Pericolosa, perché, in effetti, deve diventare santo facendo quello che vuole,
invece di fare quello che non vorrebbe. È molto difficile essere santi facendo
quello che ci piace. Significa che ciò che ti piace è sempre volontà di Dio. Vuol
dunque dire che non può piacerti ciò che non è volontà di Dio e che Iddio stesso
coprirà i tuoi sbagli accettandoli in buona parte, come “sua volontà”.
Questa vocazione è grandemente disprezzata da quelli che hanno paura di fare
ciò che desiderano, ben sapendo che quel che desiderano non è volontà di Dio.
Ma il solitario deve essere un uomo che ha il coraggio di far la cosa che
maggiormente desidera in questo mondo — vivere in solitudine. Ciò richiede
umiltà eroica ed eroica speranza la folle speranza che Dio lo proteggerà contro se
stesso, che Dio lo ama tanto da accettare una tale scelta come se fosse fatta da
Lui. Questa speranza è un segno che la scelta della solitudine è una scelta che
viene da Dio. Che il desiderio di solitudine è probabilmente una vocazione divina,
che implica la grazia di piacere a Dio prendendo le nostre decisioni nella
umiliante incertezza di un perpetuo silenzio che mai approva o disapprova una
singola scelta da noi fatta.
Dovrei essere capace di ritornare ogni volta nella solitudine come nel luogo che
non ho mai descritto a nessuno, il luogo dove non ho mai condotto nessuno, il
luogo il cui silenzio ha generato una vita interiore a nessun altri nota fuori che a
Dio solo.
14. Preghi meglio quando lo specchio della tua anima è  vuoto di ogni immagine
all’infuori di quella del Padre invisibile. Questa immagine è la Sapienza del Padre,
il Verbo del Padre, Verbum spirans amorem, la gloria del Padre.
Glorifichiamo il Padre nella speranza, attraverso la oscurità della sua immagine
che esclude ogni altra somiglianza dall’anima nostra, facendoci vivere di una
pura amicizia e dipendenza dal Padre. Questa vita di dipendenza, perfezionata
nella fede pura, è la sola vita che si accorda con il nostro carattere sacramentale
di figli del Padre in Cristo.
Escludendo le immagini.
Soltanto il puro amore può svuotare perfettamente l’anima di ogni immagine
delle dose create ed elevarti al di sopra del desiderio. Nel disporci a ciò, non
dobbiamo intraprendere da noi stessi il vano compito di svuotarci di ogni
immagine: dobbiamo cominciare col sostituire le buone alle cattive, rinunciando
poi anche a quelle buone che sono inutili o che ci  portano inutilmente alla
passione e all’emozione. Il paesaggio è molto adatto a liberare da tutte queste
immagini, perché calma e pacifica la fantasia e le  emozioni e lascia libera la
volontà di cercare Iddio nella fede.
La delicata azione della grazia in un’anima viene profondamente disturbata da
qualsiasi violenza umana. La passione, quando è disordinata, fa violenza allo
spirito e la violenza più pericolosa è quella nella quale ci sembra di trovare la
pace. La violenza non è del tutto fatale se non quando cessa di disturbarci.
La pace prodotta dalla grazia è una stabilità spirituale troppo profonda per la
violenza — è incrollabile, a meno che non facciamo entrare la forza della passione
nel nostro santuario. L’emozione può turbare la superficie del nostro essere, ma
non ne muoverà le profondità se queste sono occupate e possedute dalla grazia.
La violenza spirituale è più pericolosa quando è più spirituale ossia meno
emotiva. La violenza che opera nelle profondità della volontà senza nessun
turbamento superficiale, rende schiavo tutto il nostro essere senza una lotta
apparente. Tale è la violenza del peccato deliberato e al quale non si resiste e che
sembra non essere violenza, ma pace.
Esiste anche una violenza del desiderio disordinato a cui si consente,
generalmente non peccaminosa, ma che impedisce l’opera della grazia e rende
più facile che per carità siamo tratti completamente al di fuori di noi. Un tale
consenso ci implica a fondo nelle decisioni della passione e può anche farlo col
pretesto del servizio di Dio. La più pericolosa violenza spirituale è quella che
trascina la nostra volontà con un falso entusiasmo che sembra venga da Dio, ma
che in realtà è ispirato dalla passione.
Parecchi dei nostri piani che ci sono più cari per la gloria di Dio non sono altro
che disordinate passioni travestite. E la prova se  ne ha nell’eccitazione che
producono. Il Dio della pace non è mai glorificato dalla violenza.
Vi è un solo genere di violenza che s’impadronisce del regno dei cieli — quella
violenza che impone pace alle profondità delle anime nel bel mezzo della
passione. Questa violenza è ordine in se stessa ed è prodotta in noi dall’autorità
e dalla voce del Dio della pace, che parla dal suo luogo santo.
Eppure nel santuario tu risiedi, lode d’Israele! (Sal 21,4).
15.
Non appena sei davvero solo, tu sei con Dio.
Alcuni vivono per Dio, alcuni con Dio, altri in Dio. Quelli che vivono per Dio, vivono in mezzo agli altri e nell’attività propria della
loro comunità. La loro vita è ciò che fanno. Quelli che vivono con Dio vivono
anche per Lui, ma non vivono in ciò che fanno per Lui, bensì in quello che essi
sono dinanzi a Lui. Loro vita è rifletterlo nella loro semplicità e nella perfezione
del suo essere che si riflette nella loro povertà.
Quelli che vivono in Dio non vivono con gli altri o in se stessi e ancor meno in ciò
che fanno, perché Egli compie in essi ogni cosa. Sedendo sotto questo stesso
albero posso vivere per Dio o con Lui o in Lui. Se  stessi scrivendo per Lui, non
basterebbe. Per vivere con Lui è necessario trattenersi di continuo dal parlare e
frenare il desiderio di comunicare con gli uomini, anche parlando di Dio.
Eppure non è difficile comunicare contemporaneamente con gli altri e con Lui, se
li troviamo in Lui. Vita solitaria — essenzialmente la più semplice. La vita comune
ci prepara a essa in quanto troviamo Dio nella semplicità di tale vita — poi lo
cercheremo di più e lo troveremo meglio nella maggior semplicità della
solitudine.
Ma se la nostra vita di comunità è assai complicata — (per colpa nostra) —
diventeremo certamente ancor più complicati nella solitudine.
Non fuggire alla solitudine dalla comunità. Trova prima Dio in comunità e poi Egli
ti condurrà alla solitudine.
Non si può comprendere il vero valore del silenzio  se non si ha un sincero
rispetto per la validità del linguaggio: perché nel silenzio ci si trova faccia a
faccia, senza nessun intermediario, con la realtà che si esprime nel linguaggio. E
non potremmo neppure trovarla in se stessa, vale a dire nel suo stesso silenzio,
se non vi siamo prima portati dal parlare.
Parole del Vangelo:
1. Gesù adempie le parole dei profeti (Gv 12,32) e  di Mosè in particolare (Gv
5,47),I suoi miracoli erano «parole» — essi non credettero alle sue parole. “Chi
ha creduto a quel che ha udito da noi?” (Is 53,1).  Le parole di Gesù
giudicheranno il mondo (Gv 12,41; Gv 15,22).
2. Le parole di Gesù sono le parole del Padre (Gv 12,49; Gv 17,8).
3. Le sue parole ci santificano (Gv 15,3).
4. Specialmente in quanto sono o implicano dei precetti che ci mantengono
nell’amor suo (Gv 15,10-11. 12) e ci portano attraverso Lui al Padre (Gv 17,6-
10). Parole nella Genesi (Gen 2,19-20). Adamo dà il nome agli animali (23). Dà il
nome alla donna (3,20). La chiama Eva. Parole in san Paolo. “Che il Verbo di
Cristo abiti in voi con pienezza”
(Col 3,16). Vedi la ragione per non mentire. Confronta la parabola del
seminatore. «Il seme è la parola di Dio» (Lc 8).
16.
Troviamo Iddio nel nostro essere che è lo specchio di Dio.
Ma come troviamo il nostro essere?
Le azioni sono le porte e le finestre dell’essere.  Se non agiamo, non abbiamo
nessun mezzo per conoscere ciò che siamo. E l’esperienza della nostra esistenza
è impossibile senza una qualche esperienza del conoscere e una qualche
esperienza dell’esperienza.
Non possiamo quindi scoprire le profondità del nostro essere rinunciando a ogni
attività.
Se rinunciamo all’attività spirituale, possiamo cadere in una certa oscurità e in
una certa pace, ma sono l’oscurità e la pace della carne. Sentiamo di esistere, ma l’essere di cui facciamo esperienza è l’essere carnale e se ci addormentiamo in
questa oscurità e ci innamoriamo della sua dolcezza, ci sveglieremo per compiere
le opere della carne.
Per scoprire il nostro essere spirituale dobbiamo quindi percorrere il sentiero
tracciato dalla nostra attività spirituale.
Ma quando operiamo secondo la grazia, i nostri atti non sono soltanto nostri,
appartengono a Dio. Se li seguiamo sino alla loro sorgente, diventeremo capaci in
potenza di una esperienza di Dio. Perché il suo agire in noi ci rivela il suo essere
in noi.
Tutto il vivere consiste nello spiritualizzare le nostre attività per mezzo
dell’umiltà e della fede, nell’imporre silenzio alla nostra natura per mezzo della
carità.
“Uscire da se stessi” vuol dire operare alla sommità del nostro essere, mossi non
dalla natura, ma da Dio, che è infinitamente al di sopra di noi e ciò nondimeno
dimora nelle profondità dell’anima nostra.
Riposarsi da ciò, ossia gustare il frutto di un tale atto — vuol dire riposare
nell’essere stesso di Dio al di sopra di noi. Dov’è il tuo tesoro ivi è anche il nostro
cuore.
Consideriamo allora che tutto il pregio (tesoro) dei nostri atti spirituali viene da
Dio e il nostro cuore riposa alla sorgente da cui promana tutto ciò che vi è di
buono in noi. Non possediamo il nostro essere in noi, ma soltanto in Colui dal
quale il nostro essere scaturisce. Per la fede trovo in Dio il mio vero essere.
Un atto perfetto di fede dovrebbe essere in pari tempo un perfetto atto di umiltà.
Iddio non dice i suoi più puri segreti a quelli che sono pronti a rivelarli.
Ha sì dei segreti che dice a quanti ne diranno qualche cosa agli altri. Ma tali
segreti sono proprietà comune di parecchi. Ne ha poi altri che non possono dirsi e
che il semplice desiderio di dirli ci rende incapaci di riceverli.
Il più grande dei segreti di Dio è Dio stesso.
Egli è pronto a comunicarsi a me in una maniera che io non potrò mai esprimere
ad altri e neppure pensare tra me con una certa coerenza. Devo desiderarlo nel
silenzio. Ed è per questo che devo lasciare tutte le cose.
17.
Il grande compito della vita solitaria è la gratitudine. L’eremita è uno che
conosce meglio degli altri la misericordia di Dio perché tutta la sua vita dipende
completamente, nel silenzio e nella speranza, dalla segreta bontà del nostro
Padre celeste.
Più mi addentro nella solitudine, più vedo con chiarezza la bontà di tutte le cose.
Per poter vivere con gioia in solitudine devo avere una conoscenza piena di
comprensione della bontà degli altri, una conoscenza piena di riverenza della
bontà di tutta la creazione ed una umile conoscenza del mio corpo e della mia
anima. Come potrò vivere in solitudine se non scorgo dovunque la bontà di Dio,
mio Creatore e Redentore e Padre di ogni bene?
Che cosa è che mi ha reso cattivo e odioso a me stesso? È la mia follia, la mia
cecità, che, per il peccato, mi ha posto contro la luce che Dio ha messo nella mia
anima perché sia riflesso della sua bontà e testimonianza della sua misericordia.
Scaccerò dunque il male dalla mia anima lottando contro la mia cecità? Non è
questo che Dio ha disposto per me. Basta che mi distolga dalla mia tenebra e
volti verso la luce. Non devo fuggire da me stesso: basta che mi ritrovi non come
mi sono fatto da me, per la mia sciocchezza, ma come mi ha fatto Lui nella sua sapienza e mi ha rifatto nella sua misericordia infinita. Perché è sua volontà che
il mio corpo e la mia anima siano il tempio del suo santo Spirito, che la mia vita
rifletta il fulgore del suo amore e tutto il mio essere riposi nella sua pace.
Allora lo conoscerò davvero, perché io sono in Lui ed Egli è realmente in me.
18.
I Salmi sono il vero giardino del solitario e le Scritture sono il suo Paradiso. Essi
gli rivelano i loro segreti perché egli, nella sua estrema povertà ed umiltà, non ha
null’altro di cui vivere se non dei loro frutti.
Per il vero solitario il leggere la Scrittura non è più un “esercizio” tra gli altri, un
mezzo di “coltivare” l’intelletto o “la vita spirituale” o di “apprezzare la liturgia”.
A chi legge la Scrittura in un modo accademico o da un punto di vista estetico o
puramente devozionale la Bibbia offre veramente un  gradito sollievo e buoni
pensieri. Ma per apprendere gl’intimi segreti della Scrittura dobbiamo fare di
essa il nostro pane veramente quotidiano, trovarvi Dio quando siamo in maggiore
necessità — e sempre allorché non riusciamo a trovarlo in nessun’altra parte e
non abbiamo dove cercarlo!
Nella solitudine ho finalmente scoperto che Tu, o mio Dio, hai desiderato l’amore
el mio cuore, l’amore del mio cuore così com’è — l’amore di un cuore di uomo. Ho
scoperto ed ho conosciuto, per tua grande misericordia, che ti piace tanto e attira
lo sguardo della tua pietà l’amore di un cuore di uomo fiducioso contrito povero,
e che è tuo desiderio e tua consolazione, o mio Signore, essere vicinissimo a chi
Ti ama e Ti invoca su di sé come suo Padre. Che Tu  non hai forse maggior
«consolazione» (se così posso dire) di quella di consolare i tuoi figli doloranti e
tutti coloro che vengono a Te poveri e con le mani  vuote, senz’altra cosa
all’infuori della loro umanità, della loro limitatezza e di una grande fiducia nella
tua misericordia.
Soltanto la solitudine mi ha insegnato che per piacerti non devo essere un dio o
un angelo, non devo divenire un puro spirito senza  sentimento e senza
imperfezioni umane perché Tu ascolti la mia voce.
Tu, per essere con me, per ascoltarmi, udirmi e rispondermi, non aspetti che io
diventi qualcosa di grande. Sono state la mia bassezza e la mia umanità che Ti
hanno spinto a rendermi uguale a Te, facendoti scendere fino al mio livello e
vivere in me per la tua sollecitudine misericordiosa.
E ora è tuo desiderio non che io Ti dia il ringraziamento e la lode che ricevi dai
tuoi angeli eccelsi, ma l’amore e la gratitudine che vengono da un cuore di
fanciullo, un figlio di donna, il tuo figlio.
Padre mio, so che mi hai chiamato a vivere solo con Te e ad apprendere che se
non fossi una semplice creatura umana, capace di ogni errore e di ogni male e
capace altresì di un affetto umanamente fragile e fluttuante nei tuoi riguardi, non
potrei essere tuo figlio. Tu desideri l’amore di un cuore d’uomo perché anche il
tuo Figlio divino Ti ama con cuore d’uomo ed Egli si è fatto uomo perché il mio
cuore ed il suo potessero amarti di un unico amore, che è un amore umano
nato e mosso dal tuo santo Spirito.
Allora, se non Ti amo con amore e semplicità di uomo e con l’umiltà di voler
essere me stesso, non gusterò mai tutta la dolcezza della tua paterna
misericordia, e il Figlio tuo, per quanto riguarda la mia vita, sarà morto invano.
È necessario che sia uomo e uomo rimanga perché la  Croce di Cristo non sia
vana. Gesù non è morto per gli angeli, ma per gli uomini. Ecco ciò che apprendo
dai Salmi nella solitudine, perché essi sono pieni  della semplicità umana di uomini come David, che conobbero Dio da uomini, e da uomini Lo amarono e
conobbero Lui, l’Unico vero Dio, che avrebbe mandato il suo Unigenito agli
uomini sotto sembianze umane perché essi, pur rimanendo uomini, potessero
amarlo con amore divino.
Ed è questo il mistero della nostra vocazione: non che cessiamo di essere uomini
per diventare angeli o dei, ma che l’amore del mio cuore di uomo possa diventare
amore di Dio per Dio e per gli uomini, e le mie lacrime umane possano cadere dai
miei occhi come lacrime di Dio, perché sgorganti dal moto del suo Spirito nel
cuore del suo Figlio incarnato. Ecco perché il dono della pietà cresce nella
solitudine, alimentato dai Salmi.
Quando si impara questo, l’amore che portiamo agli altri uomini si fa puro e forte.
Possiamo avvicinarci a essi senza vanità e senza compiacenza, amandoli con un
po’ della purità, delicatezza e segretezza che sono nell’amore di Dio per noi.
Ecco il vero frutto e il vero scopo della solitudine cristiana.

Pensieri nella solitudine (Thomas Merton )PARTE 2 DA 7 A12


7.
Quando il silenzio mi ha fatto libero, quando non sono più preso dalla valutazione
della vita, ma dal modo in cui viverla, riesco a scoprire una forma di preghiera
nella quale non vi è davvero alcuna distrazione. Tutta la mia vita diventa
preghiera. Tutto il mio silenzio è colmo di preghiera. Il mondo del silenzio in cui
mi trovo immerso contribuisce alla mia preghiera.
L’unificazione, che è opera della povertà nella solitudine, rimargina tutte le ferite
dell’anima e le risana. Finché rimaniamo poveri, finché siamo vuoti di tutto e non
ci interessiamo di altro all’infuori di Dio, non possiamo essere distratti. Perché la
nostra stessa povertà ci impedisce di «essere tratti da un’altra parte (distratti).
Se la luce che è in te è tenebra ... Supponiamo che la mia “povertà” sia una fame segreta di ricchezze spirituali:
supponiamo che pretendendo di svuotare me stesso, di essere silenzioso, non sto
in realtà facendo altro che tentare di adescare Iddio perché mi arricchisca di
qualche esperienza particolare — e che, allora? Tutto diventa in tal caso una
distrazione. Tutte le case create interferiscono con la mia ansia di qualche
esperienza particolare. Devo metterle alla porta, se no mi distrarranno. E quel
che è peggio — io stesso sono una distrazione. Ma, casa peggiore di tutte — se la
mia preghiera è incentrata su di me, se cerca soltanto un arricchimento del mio
essere, sarà la mia stessa preghiera la più grande distrazione in potenza. Pieno
della mia stessa curiosità, ho mangiato dell’albero della conoscenza e mi sono
distolto da me stesso e da Dio. Sono rimasto ricco e solo e nulla può Calmare la
mia fame: tutto quello che tocco si muta in una distrazione.
Che io cerchi allora il dono del silenzio, della povertà, della solitudine, dove tutto
quello che sfioro si muta in preghiera: dove il cielo è la mia preghiera, gli uccelli
sono la mia preghiera, il vento tra gli alberi è la mia preghiera, perché Dio è tutto
in tutto.
Perché ciò avvenga devo essere veramente povero. Non devo cercare nulla: ma
devo essere ben contento di tutto quello che ricevo da Dio.
La vera povertà è quella del povero che è felice di ricevere l’elemosina da
chiunque, ma specialmente da Dio. La falsa povertà  è quella di chi pretende di
possedere l’autosufficienza di un angelo. La vera povertà è quindi un ricevere ed
un ringraziare trattenendo per sé solo quello che si ha bisogno di consumare. La
falsa povertà pretende di non aver bisogno, di non  chiedere, si sforza di avere
tutto e rifiuta qualsiasi gratitudine.
8.
“Se dunque vi diranno: Eccolo nel deserto, non vi andate: eccolo nei luoghi più
nascosti (della casa), non credete. Perché come il  lampo esce dall’oriente e
guizza all’occidente, così sarà la venuta del Figlio dell’Uomo” (Mt 24,26-28).
Cristo, che verrà improvvisamente alla fine dei tempi e nessuno può indovinare il
momento del suo arrivo — viene anche a coloro che sono suoi in ogni attimo del
tempo ed essi non sono in grado di vederlo o di indovinarne l’arrivo. Eppure dove
è Lui sono anche loro. Come aquile si radunano istintivamente non sapendo dove
e Lo trovano a ogni attimo.
Proprio come non vi è possibilità di dire con certezza dove e quando apparirà alla
fine del mondo, così non si può dire con certezza dove e quando si manifesterà
alle anime contemplative.
Vi sono parecchi che Lo hanno cercato nel deserto e non ve Lo hanno trovato e vi
sono molti che si sono nascosti con Lui come reclusi ed Egli si è a essi rifiutato.
Afferrarlo è facile come afferrare il lampo, e, al pari del lampo, Egli balena dove
vuole.
Tutti gli spiriti veramente contemplativi hanno questo in comune: non già che si
radunano esclusivamente nel deserto o che si chiudono in clausura, ma che dove
Egli è, sono anch’essi. E come Lo trovano? Con una tecnica? Non vi è un metodo
per trovarlo. Lo trovano nella sua volontà. E il suo volere, recando loro la sua
grazia e modellando all’esterno la loro vita, h porta infallibilmente al punto
preciso in cui possono trovarlo. Anche quando non sanno come vi sono arrivati o
cosa stiano realmente facendo.
Non appena uno è’ veramente disposto a essere solo con Dio, lo e dovunque si
trovi in campagna, nel monastero, nei boschi o in città. Il lampo balena da oriente a accidente, illuminando tutto l’orizzonte e guizzando dove vuole, e nello
stesso attimo la infinita libertà di Dio risplende  nelle profondità dell’anima
umana, ed essa ne è illuminata. Allora l’uomo vede che, pur essendo ancora alla
metà del cammino, è ormai giunto alla fine. Perché la vita di grazia sulla terra è
l’inizio della vita di gloria. Benché viaggiatore nel tempo i suoi occhi si sono
aperti, per un attimo, sull’eternità.
9.
È cosa più grande e preghiera migliore vivere in Colui che è infinito, e rallegrarsi
che sia così, anziché star sempre a lottare per racchiudere la sua infinità nello
stretto spazio del nostro cuore. Finché sono contento di conoscere che Egli è
infinitamente più grande di me e che non Lo posso conoscere se non mi si
mostra, avrò pace ed Egli sarà vicino a me e dentro di me, ed io avrò quiete in
Lui. Ma non appena desidero conoscerlo e goderlo per me, cerco di stendermi per
fargli violenza mentre Egli mi sfugge, e nel far ciò reco violenza a me stesso e
,ricado su di me nel dolore e nell’ansietà, riconoscendo ch’Egli è fuggito.
Nella vera preghiera, quantunque ogni attimo silenzioso rimanga lo stesso, pure
ogni momento è una nuova scoperta di un nuovo silenzio, una nuova
penetrazione in quella eternità nella quale tutte le cose sono sempre nuove.
Conosciamo, per una scoperta recente, la profonda realtà costituita dalla nostra
esistenza concreta hinc et nunc e nelle profondità di quella realtà riceviamo dal
Padre luce, verità, sapienza e pace. Sono questi i riflessi di Dio nelle anime nostre
fatte a sua immagine e somiglianza.
10.
Lascia che questa sia la mia sola consolazione: che dovunque io sono, Tu, o
Signore, sia amato e lodato.
Gli alberi invero Ti amano senza conoscerti. I gigli dei campi e i fiori del grano
sono là a proclamare che Tu li ami, senza essere consapevoli della tua presenza.
Le belle nuvole nere cavalcano lentamente per il cielo meditando su di Te come
fanciulli che non sanno che cosa sognano mentre giocano.
Ma in mezzo a tutte queste cose, io Ti conosco e sono consapevole della tua
presenza. In esse ed in me conosco l’amore che esse non conoscono e, quel che è
ancora più grande, mi vergogno per la presenza del  tuo amore in me. O amore
dolce e terribile, che Tu mi hai dato e che non potrebbe mai essere nel mio cuore
se Tu non mi amassi! Perché tra questi esseri che non Ti hanno mai offeso, io
sono da Te amato, e in apparenza più di tutti gli altri proprio perché Ti ho offeso.
Sono visto da Te sotto il cielo, e le mie offese sono state da Te dimenticate, ma io
non le ho dimenticate.
Chiedo soltanto una cosa: che il ricordo di esse non mi faccia temere di ricevere
nel mio cuore il dono dell’Amore che hai posto in me. Lo accoglierò perché ne
sono indegno. Nel far ciò Ti amerò sempre più e darò maggior gloria alla tua
misericordia.
Ricordando che sono stato un peccatore, voglio amarti malgrado quello che sono
stato, sapendo che il mio amore è prezioso perché è tuo, piuttosto che mio.
Prezioso ai tuoi occhi perché Viene dal Figlio tuo, ma ancor più prezioso perché
mi fa tuo figlio.
11.
Vocazione alla solitudine. Darsi, consegnarsi, affidarsi completamente al silenzio
di un vasto paesaggio di boschi e colline, o mare, o deserto: star fermo, mentre il
sole sale sulla terra e ne colma di luce i silenzi. Pregare e lavorare il mattino, lavorare e riposare il pomeriggio e fermarsi di nuovo a meditare alla sera quando
la notte cade su quel paesaggio e quando il silenzio si riempie di tenebra e di
stelle. Questa è una vocazione vera e speciale. Pochi sono disposti a immergersi
completamente in un tale silenzio, a lasciar che se ne impregnino le loro ossa, a
respirare solo silenzio, a nutrirsi di silenzio e a mutare la sostanza della loro vita
in un silenzio vivo e vigile.
Martire è chi ha preso una decisione così forte da  poter essere provata dalla
morte.
Solitario è chi ha preso una decisione così forte da poter essere provata dal
deserto: ossia dalla morte.
Perché il deserto e pieno di incertezza, di pericolo, di umiliazione e di timore, e il
solitario vive tutto il giorno di fronte alla morte.
È dunque evidente che il solitario è il fratello minore del martire. È lo stesso
Spirito Santo che prende la decisione di segregare in Cristo martiri e solitari.
La vocazione al martirio è carismatica e straordinaria. Così è anche in un certo
senso la vocazione alla solitudine.
Non si diventa martiri per un piano umano e non si diventa solitari per un nostro
disegno personale.
Persino il desiderio di solitudine dev’essere soprannaturale se si vuole che sia
effettivo e se è soprannaturale sarà probabilmente anche in contraddizione con
parecchi dei nostri piani e desideri. Possiamo sì studiare, prevedere e desiderare
il sentiero che ci porta al deserto, ma alla fine è Dio e non gli uomini che fa i
solitari.
Non importa se siamo chiamati alla vita di comunità o alla solitudine, la nostra
vocazione è quella di essere costruiti sul fondamento degli Apostoli e dei Profeti,
e sulla pietra angolare, Cristo. Questo significa che siamo chiamati a compiere e
realizzare il grande mistero della potenza di Cristo in noi, di quella potenza che
Lo ha risuscitato dalla morte e che ci ha chiamato dagli estremi confini della terra
a vivere per il Padre in Lui. Qualunque sia la nostra vocazione, siamo chiamati a
essere testimoni e ministri della divina Misericordia.
Il solitario cristiano non cerca la solitudine soltanto come un’atmosfera o uno
stato propizio a una spiritualità speciale e superiore. E non la cerca neppure
come mezzo favorevole per ottenere quello che desidera la contemplazione. La
cerca come un’espressione del dono totale di se stesso a Dio. La sua solitudine
non è un mezzo per ottenere qualche cosa, ma un dono di sé. Come tale può
implicare rinuncia e disprezzo del «mondo» nel senso peggiorativo. Non è mai
una rinuncia alla comunità cristiana. Può invero esprimere la convinzione del
solitario di non essere abbastanza buono per la maggior parte delle pratiche
esteriori della comunità, la convinzione che suo compito è quello di adempiere
qualche funzione segreta nella cantina spirituale della comunità.
12.
La vita solitaria è soprattutto una vita di preghiera.
Non preghiamo per pregare, ma per essere ascoltati. Non preghiamo per udirci
pregare, ma perché Dio possa ascoltarci e risponderci. E anche non preghiamo
per ricevere una risposta qualsiasi: dev’essere la risposta di Dio.
Quindi un solitario sarà un uomo sempre in preghiera, sempre intento a Dio,
sempre sollecito della purezza di questa sua preghiera, attento a non sostituire le
sue risposte a quelle di Dio, attento a non fare della preghiera fine a se stessa,
attento a mantenerla segreta, semplice e pura. Così facendo può misericordiosamente dimenticare che la sua «perfezione» dipende dalla sua
preghiera: può dimenticare se stesso e la vita in attesa delle risposte di Dio.
Mi sembra che ciò non sia del tutto comprensibile se dimentichiamo che la vita di
preghiera si fonda sulla preghiera di supplica — qualunque sia, più tardi, il suo
sviluppo.
Lungi dal distruggere la purità della preghiera solitaria, la supplica ne conserva e
difende la purezza. Il solitario, più di ogni altro, è sempre consapevole della sua
povertà e dei suoi bisogni di fronte a Dio. Siccome dipende direttamente da Dio
per ogni cosa materiale e spirituale, deve tutto chiedere. La sua preghiera è
espressione della sua povertà. La domanda, per lui, può difficilmente diventare
una pura formalità, una concessione che si fa a consuetudini umane, come se non
avesse bisogno di Dio in tutto.
Il solitario, essendo uomo di preghiera, arriverà a conoscere Dio, riconoscendo
che la sua preghiera è sempre esaudita. Di lì può procedere, se Dio vuole, alla
contemplazione.
La gratitudine è quindi il cuore della vita solitaria come lo è della vita cristiana.
Dal primo giorno passato nella solitudine, l’eremita dovrebbe applicarsi a
comprendere come deve affliggere tutto il suo essere con lacrime e desideri di
fronte a Dio. Allora sarà come Daniele a cui l’Angelo portò la risposta di Dio (cf.
Dn 10,12): “Non temere, Daniele: perché dal primo giorno che, per ottenere
intelligenza, ti sei messo in cuore di darti alla penitenza nel cospetto del tuo Dia,
le tue parole sono state esaudite ...”
Qualità della preghiera:
1. Una fede incrollabile (Mt 21,21; Gc 1,6), che dipende dalla “semplicità” di
cuore e di intenzione.
2. Una fiducia perseverante (Lc 11).