sabato 20 agosto 2011

CAPITOLO 6 Caritas benigna est.Chi ama Gesù Cristo ama la dolcezza.


CAPITOLO VI
.Caritas benigna est

                                                         Chi ama Gesù Cristo ama la dolcezza.
1. Lo spirito di dolcezza è proprio di Dio: Spiritus enim meus super mel dulcis (Eccli. XXIV, 27). Quindi l'anima amante di Dio ama tutti coloro che sono amati da Dio, quali sono i nostri prossimi; onde volentieri va sempre cercando di soccorrer tutti, consolar tutti, e tutti contentar, per quanto l'è permesso. Dice S. Francesco di Sales che fu il maestro e l'esempio della santa dolcezza: «L'umile dolcezza è la virtù delle virtù che Dio tanto ci ha raccomandata; perciò bisogna praticarla sempre e da per tutto». Onde il santo ci dà poi questa regola: «Ciò che vedrete potersi far con amore, fatelo; e ciò che non può farsi senza contrasto, lasciatelo». S'intende sempre che può lasciarsi senza offesa di Dio, perchè l'offesa di Dio deve impedirsi sempre e subito  
da chi è tenuto ad impedirla.

2. Questa dolcezza dee specialmente praticarsi co' poveri, i quali ordinariamente, perchè son poveri, son trattati aspramente dagli uomini. Dee usarsi particolarmente ancora cogli infermi i quali si trovano afflitti dall'infermità, e per lo più sono poco assistiti dagli altri. Più particolarmente poi dee usarsi la dolcezza coi nemici. Vince in bono malum (Rom. XII, 21). Bisogna vincer l'odio coll'amore, e la persecuzione colla dolcezza; così han fatto i santi, e si han conciliato l'affetto de' loro più ostinati nemici.
3. «Non vi è cosa, dice S. Francesco di Sales, che tanto edifichi i prossimi, quanto la caritatevole benignità nel trattare». Il santo perciò ordinariamente facea vedersi colla bocca a riso e colla faccia che spirava benignità, accompagnata dalle parole e dai gesti. Onde dicea S. Vincenzo de' Paoli non aver egli conosciuto uomo più benigno. Dicea di più sembrargli che monsignor di Sales avesse l'immagine espressa della benignità di Gesù Cristo. Egli anche nel negare quel che non potea concedere senza offesa della coscienza, si dimostrava talmente benigno, che gli altri, benchè non avessero l'intento, ne partivano affezionati e contenti. Era egli benigno con tutti, co' superiori, co' suoi eguali e cogl'inferiori, in casa e fuor di casa. A differenza di coloro, come lo stesso santo dicea, che sembrano angeli fuori di casa e demoni in casa. Anche trattando co' servi, il santo non si lagnava mai de' loro mancamenti; appena qualche volta gli avvertiva, ma sempre con parole benigne. Cosa molto lodevole a tutti i superiori. Il superiore dee usare tutta la benignità co' suoi sudditi. Nell'imponere ciò che quelli hanno da eseguire, dee più presto pregare che comandare. Dicea S. Vincenzo de' Paoli: «Non v'è modo a' superiori di esser meglio ubbiditi da' sudditi, che la dolcezza». E parimente S. Giovanna di Chantal dicea: «Ho sperimentato più modi nel governo, ma non ho trovato migliore che il dolce e sofferente».
4. Anche nel riprendere i difetti, il superiore dee essere benigno. Altro è il riprendere con fortezza, altro il riprendere con asprezza; bisogna talvolta riprendere con fortezza, quando il difetto è grave, e specialmente quando è replicato, dopo che il suddito n'è stato già ammonito; ma guardiamoci di riprender mai con asprezza ed ira; chi riprende con ira fa più danno che profitto. Questo è quel zelo amaro riprovato da S. Giacomo. Taluni si vantano di tener la famiglia a registro col modo aspro che usano, e dicono che così bisogna governare; ma non dice così S. Giacomo: Quod si zelum amarum habetis,... nolite gloriari (Iac. III, 14). Se mai in qualche caso raro bisognasse dire qualche parola aspra per indurre il difettoso ad apprender la gravezza del suo difetto, sempre non però all'ultimo bisogna lasciarlo colla bocca dolce, con qualche parola benigna. Bisogna sanar le ferite, come fece il Samaritano del Vangelo, col vino e coll'olio. «Ma siccome l'olio, dicea S. Francesco di Sales, va sempre di sopra tutti i liquori, così bisogna che in tutte le nostre azioni vada sopra la benignità». E quando avviene che la persona la quale dee esser corretta sta disturbata, bisogna allora trattener la riprensione ed aspettare che cessi la sua collera, altrimenti più la provocheremo a sdegnarsi. Dicea S. Giovanni canonico regolare: «Quando la casa arde non bisogna aggiunger legna al fuoco».
5. Nescitis cuius spiritus estis (Luc. IX, 55). Così disse Gesù Cristo a' suoi discepoli Giacomo e Giovanni, allorchè essi voleano che fossero corretti con castighi i Samaritani, i quali gli aveano discacciati dal lor paese. Ah, disse loro il Signore, e quale spirito è questo? Questo non è lo spirito mio, il quale è tutto dolce e benigno; giacchè io non son venuto a perdere, ma a salvare le anime: Filius hominis non venit animas perdere sed salvare (Ibid. 56). E voi volete indurmi a perderle? Tacete, e non mi fate più simili domande, perchè non è questo lo spirito mio. — Ed in fatti con quanta dolcezza Gesù Cristo trattò l'adultera! Mulier, le disse, nemo te condemnavit? nec ego te condemnabo: Vade, et iam amplius noli peccare (Io. VIII, 10 et 11). Si contentò di solo ammonirla a non più peccare, e la mandò in pace. Con quanta benignità parimente cercò di convertire la Samaritana, e così già la convertì. Prima le domandò da bere; dipoi le disse: Oh sapessi tu chi è colui che ti cerca da bere! Indi le rivelò ch'egli era il Messia aspettato. In oltre con quanta dolcezza procurò di convertire l'empio Giuda, ammettendolo a mangiare nello stesso suo piatto, lavandogli i piedi, ed avvertendolo nell'atto stesso del suo tradimento: Giuda, così con un bacio mi tradisci? Iuda, osculo Filium hominis tradis? (Luc. XXII, 48). Come poi convertì Pietro, dopo che Pietro l'avea rinnegato? Eccolo: Conversus Dominus respexit Petrum (Ibid. 61). In uscir dalla casa del pontefice, senza rimproverargli il suo peccato, lo mirò con un tenero sguardo, e così lo convertì; e lo convertì in modo, che Pietro finchè visse non lasciò mai di piangere l'ingiuria fatta al suo maestro.
6. Oh quanto si guadagna più colla dolcezza che coll'amarezza! Dicea S. Francesco di Sales che non v'è cosa più amara della noce; ma se quella si confetta, diventa dolce ed amabile: così le correzioni, benchè sono in sè dispiacenti, nondimeno quando si fanno con amore e dolcezza, diventano gradevoli, e così riescono di maggior profitto. Narrava di sè S. Vincenzo de' Paoli che nel governo tenuto nella sua congregazione non aveva mai corretto alcuno con asprezza, se non tre volte credendo aver avuto ragione di farlo, ma che poi sempre se n'era pentito, perchè sempre gli era riuscito male; dove il correggere con dolcezza sempre gli era riuscito bene.
7. S. Francesco di Sales colla sua benignità ottenea dagli altri quanto voleva; e così gli riusciva di tirar a Dio anche i peccatori più ostinati. Lo stesso praticava S. Vincenzo de' Paoli, il quale insegnava a' suoi questa massima: «L'affabilità, dicea, l'amore e l'umiltà mirabilmente si guadagnano i cuori degli uomini, e gl'inducono ad abbracciare le cose più ripugnanti alla natura». Una volta egli consegnò ad un padre de' suoi un gran peccatore, affinchè l'avesse ridotto a penitenza; ma quel padre, per quanto avesse faticato, niente profittò; onde pregò il santo a dirgli esso qualche cosa. Allora gli parlò il santo e lo convertì. Quel peccatore disse poi che la singolar dolcezza e carità del P. Vincenzo gli aveano guadagnato il cuore. Quindi il santo non potea soffrire che i suoi missionari trattassero i penitenti con asprezza, e dicea loro che lo spirito infernale si serve del rigore di alcuni per maggiormente rovinare le anime.
8. Bisogna praticar la benignità con tutti, ed in ogni occasione, ed in ogni tempo. Avverte S. Bernardo che taluni sono mansueti finchè le cose avvengono a loro genio, ma appena poi che son toccati con qualche avversità o contraddizione, subito si accendono, e cominciano a fumare come il monte Vesuvio. Costoro posson dirsi carboni ardenti, ma nascosti sotto la cenere. Chi vuol farsi santo bisogna che in questa vita sia come un giglio tra le spine, che per quanto venga da quelle punto non lascia di esser giglio, cioè sempre egualmente soave e benigno. L'anima amante di Dio conserva sempre la pace nel cuore, e la dimostra anche nel volto, comparendo sempre eguale a se stessa negli eventi, così prosperi come avversi, siccome cantò il cardinal Petrucci:
Mira cangiarsi in variate forme
Fuori di sè le creature, e dentro
Il suo più cupo centro
Sempre unita al suo Dio vive uniforme.
9. Nelle cose avverse si conosce lo spirito di una persona. S. Francesco di Sales amava con tenerezza l'ordine della Visitazione che gli costava tante fatiche. Più volte egli lo vide in pericolo di perdersi per le persecuzioni che pativa, ma il santo non perdè mai la sua pace, sempre contento di vederlo anche distrutto, se così piaceva a Dio; ed allora fu che disse: «Da qualche tempo in qua le tante opposizioni e contraddizioni che mi sono venute mi recano una pace sì dolce che non ha pari, e mi presagiscono il prossimo stabilimento dell'anima mia in Dio ch'è l'unico mio desiderio».
10. Quando ci occorre di dover risponder a chi ci maltratta, stiamo attenti a rispondere sempre con dolcezza: Responsio mollis frangit iram (Prov. XV, 1): una risposta dolce basta a spegnere ogni fuoco di collera. E quando ci sentiamo sturbati, allora meglio è tacere, perchè allora ci sembra giusto di dir quel che ci viene in bocca; ma sedata poi la passione, vedremo che tutte le parole da noi proferite sono state difetti.
11. E quando accade che noi stessi commettiamo qualche difetto, bisogna che ancora con noi medesimi usiamo la dolcezza: l'adirarci con noi dopo il difetto commesso non è umiltà, ma è fina superbia, come se noi non fossimo quei deboli e miserabili che siamo. Dicea S. Teresa: «Umiltà che inquieta non viene mai da Dio, ma dal demonio». L'adirarci con noi stessi dopo il difetto è un difetto più grande del difetto fatto, il quale porterà seco la conseguenza di molti altri difetti: ci farà lasciare le nostre divozioni, l'orazione, la comunione; e se le faremo riusciranno poco ben fatte. Dicea S. Luigi Gonzaga che nell'acqua torbida più non si vede, ed ivi pesca il demonio. Quando l'anima sta disturbata poco conosce Dio e quel che dee fare. Bisogna dunque, allorchè cadiamo in qualche difetto, voltarsi a Dio con umiltà e confidenza, e, cercandogli perdono, dirgli come dicea S. Caterina di Genova: «Signore, queste sono l'erbe dell'orto mio». V'amo, con tutto il cuore, e mi pento di avervi dato questo disgusto. Non voglio farlo più, datemi il vostro aiuto.
Affetti e preghiere.
O beate catene che legate le anime con Dio, deh stringete me ancora, e stringetemi tanto che io non possa più sciogliermi dall'amore del mio Dio!Gesù mio, io vi amo; v'amo, o tesoro, o vita dell'anima mia; a voi mi stringo e vi dono tutto me stesso. No, che non voglio, amato mio Signore, lasciarvi più d'amare. Voi che per pagare i miei peccati avete sofferto d'esser legato qual reo, e così legato essere condotto per le vie di Gerusalemme alla morte, voi che voleste essere inchiodato alla croce, e non la lasciaste se non dopo avervi lasciata la vita, deh, per lo merito di tante pene, non permettete ch'io mai abbia a separarmi da voi!
Mi pento più d'ogni male di avervi un tempo voltate le spalle, e propongo colla grazia vostra di prima morire che darvi più disgusto nè grave nè leggiero.
O Gesù mio, in voi mi abbandono. Io v'amo con tutto il cuore, v'amo più di me stesso. Vi ho offeso per lo passato, ma ora me ne pento, e vorrei morirne di dolore. Deh tiratemi tutto a voi. Io rinunzio a tutte le consolazioni sensibili, voi solo voglio e niente più. Fate ch'io v'ami e poi fate di me quel che vi piace.
O Maria, speranza mia, ligatemi a Gesù; e fate ch'io sempre viva a lui ligato, e ligato muoia per venire un giorno al beato regno, dove non avrò più timore di vedermi sciolto del suo santo amore.

CAPITOLO 10 Caritas non est ambitiosa. Chi ama Gesù Cristo non ambisce altro che Gesù Cristo.

CAPITOLO X

Caritas non est ambitiosa.
Chi ama Gesù Cristo non ambisce altro
che Gesù Cristo.
1. Chi ama Dio non va cercando di essere stimato ed amato dagli uomini: l'unico suo desiderio è di esser ben voluto da Dio ch'è l'unico oggetto del suo amore. — Scrive S. Ilario che ogni onore che si riceve dal mondo è negozio del demonio: Omnis saeculi honor diaboli negotium est (S. Hilar., in Matth. 6). E così è, perchè il nemico negozia per l'inferno quando ingerisce nell'anima desideri di essere stimata; poichè, perdendo ella l'umiltà, si mette in pericolo di precipitare in ogni male. Scrive S. Giacomo che siccome Iddio nelle grazie allarga la mano cogli umili, così la stringe e resiste a' superbi: Deus superbis resistit, humilibus autem dat gratiam (Iac. IV, 6). Dice superbis resistit, viene a dire che neppure ascolta le loro preghiere. E tra gli atti di superbia certamente uno è questo, l'ambire di essere stimato dagli uomini e l'invanirsi degli onori da essi ricevuti.
2. Troppo spaventevole fu in ciò l'esempio di Fra Giustino francescano, il quale era giunto ad un grado eminente di contemplazione, ma perchè forse, e senza forse, nudriva già dentro di sè un desiderio di essere stimato dal mondo, ecco quello che gli accadde. Un giorno mandò a chiamarlo il Papa Eugenio IV, e, per lo concetto che ne avea di santità, molto l'onorò, l'abbracciò e lo fe' sedere vicino a sè. Fra Giustino dopo tal favore s'invanì di se stesso; onde S. Gio. Capestrano gli disse: «Oh, Fra Giustino, sei andato angelo e sei tornato demonio!» Ed in fatti crescendo il misero da giorno in giorno in superbia, pretendendo d'esser trattato qual egli si stimava, giunse ad uccidere un frate con un coltello: indi apostatò e se ne fuggì in Napoli, ove fece altre scelleraggini: ed ivi finalmente morì apostata in una prigione. Quindi saggiamente diceva un gran Servo di Dio che quando noi udiamo o leggiamo la caduta di certi cedri del Libano, d'un Salomone, d'un Tertulliano, d'un Osio, che da tutti erano tenuti per santi, è segno che questi non si erano dati tutti a Dio, ed internamente nutrivano in sè qualche spirito di superbia, e perciò prevaricarono. Tremiamo dunque quando vediamo in noi insorgere qualche ambizione di comparire e di essere stimati dal mondo; e quando il mondo ci fa qualche onore, guardiamoci di averne compiacenza, la quale può esser causa della nostra ruina.
3. Guardiamoci specialmente dall'ambizione di superare i puntigli. Dicea S. Teresa: «Dove son puntigli di onore non vi sarà mai spirito». Molte persone professano vita spirituale, ma sono idolatre della propria stima. Dimostrano certe virtù apparenti, ma hanno l'ambizione di esser lodate in tutti i lor portamenti; e quando manca chi le loda, si lodano da se stesse; cercano in somma di comparir migliori degli altri, e se mai sentono toccarsi nella stima, perdono la pace, lasciano la comunione, lasciano tutte le loro divozioni, e non si quietano finchè non pare loro di aver acquistato il concetto perduto. Ma non fanno così i veri amanti di Dio. Non solo sfuggono di dir parola di stima propria, nè si compiacciono, ma più si attristano delle lodi che ricevono dagli altri, e si rallegrano di vedersi tenuti in mal concetto appresso gli uomini.
4. Troppo è vero quel che dicea S. Francesco d'Assisi: «Tanto io sono, quanto sono innanzi a Dio». Che giova l'essere stimati per grandi dal mondo, se davanti a Dio siamo vili e disprezzabili? All'incontro, che importa che il mondo ci disprezzi, se siamo cari e graditi agli occhi di Dio? Scrisse S. Agostino:Nec malam conscientiam sanat praeconium laudantis, nec bonam vulnerat conviciantis opprobrium (Lib. 3. contr. Petil.): siccome chi ci loda non ci libera dal castigo delle opere male, così chi ci vitupera non ci toglie il merito delle buone opere. «Che importa a noi, diceva S. Teresa, l'esser dalle creature incolpati e tenuti per vili, se avanti di voi siamo grandi e senza colpa?» — I santi non bramavano che di vivere sconosciuti ed abbietti nel cuore di tutti. Scrive San Francesco di Sales: «Ma che torto mai ci vien fatto quando si ha cattiva opinione di noi, dovendola noi stessi averla tale? Forse noi sappiamo che siam cattivi, e pretendiamo che gli altri ci tengano per buoni?»
5. Oh quanto è sicura la vita nascosta per coloro che vogliono amar di cuore Gesù Cristo! Gesù medesimo ce ne diè l'esempio col vivere nascosto e disprezzato per trent'anni in una bottega. E perciò i santi, affin di evitare la stima degli uomini, sono andati a vivere ne' deserti e nelle grotte. — Dicea S. Vincenzo de' Paoli che il gusto di comparire e che si parli di noi con onore, si lodi la nostra condotta, e si dica che riusciamo bene e facciamo maraviglie, è un male che facendoci scordare di Dio, infetta le nostre azioni più sante, ed è per noi il vizio più dannoso al progresso nella vita spirituale.
6. Chi dunque vuole avanzarsi nell'amor di Gesù Cristo, bisogna che affatto faccia morire in sè l'amore della propria stima. — Ma come si darà morte alla propria stima? Eccolo come ce lo insegna S. Maria Maddalena de' Pazzi: «La vita dell'appetito della propria stima è lo stare in buon concetto appresso tutti; dunque la morte della propria stima è l'occultarsi per non esser conosciuti da niuno. E finchè uno non giunge a morire in questo modo, non sarà mai vero servo di Dio».
7. Sicchè per renderci graditi agli occhi di Dio, bisogna che ci guardiamo dall'ambizione di comparire e d'esser graditi agli occhi degli uomini. E tanto maggiormente dobbiam guardarci dall'ambizione di dominar agli altri. S. Teresa desiderava che prima fosse andato a fuoco il suo monastero con tutte le monache, che vi fosse entrata questa maledetta ambizione. E pertanto volea che se mai si ritrovasse alcuna delle sue religiose che trattasse di esser fatta superiora, si fosse discacciata dal monastero o almeno tenuta per sempre carcerata. S. Maria Maddalena de' Pazzi diceva: «L'onore d'una persona spirituale sta nell'esser sottoposta a tutti, e nell'avere in orrore l'esser preferita ad altri». L'ambizione dunque di un'anima che ama Dio dee essere di superare tutti gli altri nell'umiltà, come parla S. Paolo, in humilitate superiores (Phil. II, 3). In somma chi ama Dio non dee ambire altro che Dio.
Affetti e preghiere.
Gesù mio, datemi voi l'ambizione di darvi gusto, e fatemi scordare di tutte le creature ed anche di me stesso. Che mi serve l'esser amato da tutto il mondo, se non sono amato da voi, unico amore dell'anima mia? Gesù mio, voi siete venuto in questa terra per guadagnarvi i nostri cuori; se io non so darvi il mio cuore, prendetevelo voi, e riempitelo del vostro amore, e non permettete ch'io mi separi mai più da voi. Per lo passato vi ho voltate le spalle, ma ora, vedendo il male che ho fatto, me ne dispiace con tutto il cuore, e non ho pena che più mi affligge che la memoria di tante offese che vi ho fatte. Mi consola il sapere che siete una bontà infinita, che non isdegnate di amare un peccatore che v'ama.
Amato mio Redentore, o dolce amore dell'anima mia, per lo passato vi ho disprezzato, ma ora v'amo più di me stesso. Vi offerisco me e tutte le cose mie: altro non desidero che amarvi e darvi gusto. Questa è la mia ambizione: ricevetela ed accrescetela voi, e distruggete in me ogni desiderio di beni mondani. Troppo voi siete degno d'essere amato, e troppo mi avete obbligato ad amarvi.
Eccomi, io voglio esser tutto vostro, e voglio soffrire quanto volete voi che per amor mio siete morto di dolore su d'una croce. Voi mi volete santo, voi mi potete far santo, in voi confido.
E confido ancora nella vostra protezione, o gran madre di Dio Maria.

venerdì 19 agosto 2011

(Mt 23,1-12) Dicono e non fanno.


VANGELO
 (Mt 23,1-12) Dicono e non fanno.
+ Dal Vangelo secondo Matteo

In quel tempo, Gesù si rivolse alla folla e ai suoi discepoli dicendo: 
«Sulla cattedra di Mosè si sono seduti gli scribi e i farisei. Praticate e osservate tutto ciò che vi dicono, ma non agite secondo le loro opere, perché essi dicono e non fanno. Legano infatti fardelli pesanti e difficili da portare e li pongono sulle spalle della gente, ma essi non vogliono muoverli neppure con un dito. 
Tutte le loro opere le fanno per essere ammirati dalla gente: allargano i loro filattèri e allungano le frange; si compiacciono dei posti d’onore nei banchetti, dei primi seggi nelle sinagoghe, dei saluti nelle piazze, come anche di essere chiamati “rabbì” dalla gente. 
Ma voi non fatevi chiamare “rabbì”, perché uno solo è il vostro Maestro e voi siete tutti fratelli. E non chiamate “padre” nessuno di voi sulla terra, perché uno solo è il Padre vostro, quello celeste. E non fatevi chiamare “guide”, perché uno solo è la vostra Guida, il Cristo. 
Chi tra voi è più grande, sarà vostro servo; chi invece si esalterà, sarà umiliato e chi si umilierà sarà esaltato».

Parola del Signore

LA MIA RIFLESSIONE
 PREGHIERA
 VIENI O SANTO SPIRITO, E RIEMPIMI DI TE, DELLA TUA SAPIENZA E FA CHE LA LETTURA DELLA PAROLA SIA PER ME GRANDE INSEGNAMENTO DA VIVERE.



Gesù vede tante cose che non vanno come dovrebbero, scribi e farisei, che occupavano i posti più importanti del tempio, non si comportavano come avrebbero dovuto, come si dice oggi, predicavano bene e razzolavano male.

Quindi già duemila anni fa c'era nel tempio c'era chi diceva di fare e non faceva.

La parola di Dio è legge, che non è stata dettata per intimidire, ma per insegnare a vivere in modo corretto e leale, ma molti la usano per essere trattati da capi, da maestri, ma Gesù ammonisce gli apostoli dicendo di non fare come loro, perché uno solo è il maestro da seguire ed è il Cristo, uno solo è il Padre ed è Dio, e come il Cristo è venuto per servire, così gli uomini devono imitarlo e servire i fratelli.

Non capi, ma umilmente servi del popolo di Dio, non guide a parole, ma a fatti, perché la parola del Signore deve essere vissuta prima che insegnata.

Tutto il resto non viene da Dio, ma dalla nostra superbia, e questo discorso è certamente valido per ognuno di noi, che spesso guardiamo la pagliuzza nell'occhio del fratello e non vediamo il trave nel nostro occhio.
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giovedì 18 agosto 2011

(Mt 22,34-40) Amerai il Signore tuo Dio, e il tuo prossimo come te stesso.


VANGELO
 (Mt 22,34-40) Amerai il Signore tuo Dio, e il tuo prossimo come te stesso. 
+ Dal Vangelo secondo Matteo

In quel tempo, i farisei, avendo udito che Gesù aveva chiuso la bocca ai sadducèi, si riunirono insieme e uno di loro, un dottore della Legge, lo interrogò per metterlo alla prova: «Maestro, nella Legge, qual è il grande comandamento?». 
Gli rispose: «“Amerai il Signore tuo Dio con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima e con tutta la tua mente”. Questo è il grande e primo comandamento. Il secondo poi è simile a quello: “Amerai il tuo prossimo come te stesso”. Da questi due comandamenti dipendono tutta la Legge e i Profeti».

Parola del Signore
LA MIA RIFLESSIONE
PREGHIERA
Ti chiedo Spirito Santo di aiutarmi a spiegare come ci troviamo ... come siamo in sintonia, come tu mi aiuti continuamente, come riesco a sentirti...perché attraverso questo vorrei far comprendere le parole di Gesù.
-E' così facile chiedere, domandare, provocare, e spesso gli uomini lo fanno.Lo facevano i sadducei, lo facevano i farisei e lo facciamo ancora oggi noi.Quante volte in questi giorni mi sono sentita dire, come fai ancora a credere in Dio, come fai a pregare...
Rispondere è facile, perché continuo a credere nell'amore di Dio, ma per chi non crede in Dio, mi rendo conto che è difficile comprendere, Gesù non si insegna, si vive.Amare ed essere riamati, attraverso questo semplice concetto si arriva a vivere Gesù.
Cerco di rispondere un po' a modo mio:
Un giorno Dio si è incarnato e si è fatto uomo per noi, è sceso sulla terra attraverso Maria e ci ha redento attraverso la croce.Solo poche parole ma attraverso queste possiamo capire che l'amore di Dio per noi è talmente grande, da sacrificare la vita per noi.
Con questa azione ricreatrice ha donato all'uomo la speranza della salvezza e della vita eterna
Per questo la speranza cristiana – dice S.Paolo – non può deluderci. E noi per essa, ci aggrappiamo a Dio, alla certezza del suo "esserci" presso di noi e in noi come un Bene, l'unico vero Bene che non ci abbandona alle forze distruttrici del male. Gesù ha assicurato che lo Spirito Santo ci "condurrà alla verità tutta intera". E la verità tutta intera è che siamo infinitamente amati da Dio. «La speranza non delude perché l'amore di Dio è stato riversato nei nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo che ci è stato dato». (Rm 5,5)
Quando questo si sente, quando ci si accosta a Dio con cuore Sincero, umilmente, a piccoli passi, e ci si addentra sempre un pochino di più nella sua parola, ci si ritrova immersi in un qualcosa che a volte è difficile spiegare con le parole, ma che ti avvolge e ti rende consapevole delle tue azioni, ti fa vedere tutto quello che fino ad un po' di tempo prima ti sembrava normale, come un oltraggio alla vita, come un'offesa a Dio.
Ti rendi conto di quello che sei, non un uomo o una donna arrivata, ma un essere umano che deve ripartire da zero, ritornare sui suoi passi e correre più che può lontano dal peccato.
Allora ti accorgi che il Signore ti sta abbracciando, che ti ama, così come sei, che ti ha cercato per riportarti a casa e incominci a seguirlo, a conoscerlo ed impari ad amarlo.
Poi devi fare i conti con la tua umanità, che spunta sempre fuori, da tutte le parti, specialmente nei rapporti con gli altri.
Nulla di quello che fa o dice Gesù è per caso, prima scopri che Dio ti ama ed impari ad amarlo e poi lavori su te stesso e migliori il tuo cammino verso di lui e poi impari che non è ancora sufficiente, perché non puoi dire di amare Dio se non ami gli altri, perché Lui li ama.
Questa è forse la cosa più difficile da fare, imparare ad amare i nostri fratelli in Cristo, non solo quelli che sono bravi, come noi e più di noi, quelli che sono della nostra stessa nazione, idea politica o religiosa, educazione e cultura....ma proprio tutti ma amarli veramente, non vedendo in loro diversità, ma un unico cuore, quello di Dio che batte in loro.
Pensi a quando anche tu eri lontano, a quando non credevi poi molto, a quando commettevi peccati, errori più gravi di oggi...Dio ha avuto pietà di te, si è chinato e ti ha raccolto, ti ha amato...nella parabola di mercoledì abbiamo letto che qualcuno è stato chiamato prima, qualcuno dopo, ma tutti hanno ricevuto la stessa paga dal padrone, vuoi forse dire a Dio come si deve comportare?Vuoi suggerire chi deve amare e chi no?
Gesù ha amato tutti, alcuni hanno scelto di incontrarlo, di decidere per l'amore, altri sono stati troppo orgogliosi per accettare come Dio un uomo che ha amato tanto, un perdente, secondo il loro giudizio...la scelta è sempre la nostra, lui ci lascia liberi, anche di sbagliare, ma più ci conformiamo a Lui, più l'amore ci trasforma, ci trasfigura; più amiamo e più tutto diventa sopportabile, addirittura la nostra gioia sarà lenire il dolore degli altri, dei fratelli che ce lo permetteranno, più ameremo e più saremo simili a Gesù, abbiamo tutto il resto della vita per imparare, cominciamo ...e piano piano capiremo sempre di più.

Preghiera di serenità....Reinhold Niebuhr


Preghiera di serenità
Che Dio mi conceda la serenità
di accettare le cose che non posso cambiare,
il coraggio di cambiare quelle che posso cambiare,
e la saggezza di distinguere tra le due.

Vivere giorno per giorno,
godersi un momento per volta,
accettare le avversità come una via verso la pace,
prendere, come Lui fece,
questo mondo corrotto
per quello che è,non per quello che vorrei,
confidare che Lui sistemerà tutto
se mi abbandonerò alla Sua volontà.
Che io possa essere
ragionevolmente felice in questa vita
e sommamente felice accanto a Lui
nella prossima, per sempre.

Reinhold Niebuhr
 

Regala ciò che non hai... Alessandro Manzoni


Regala ciò che non hai... 
Occupati dei guai, dei problemi
del tuo prossimo.
Prenditi a cuore gli affanni,
le esigenze di chi ti sta vicino.

Regala agli altri la luce che non hai,
la forza che non possiedi,
la speranza che senti vacillare in te,
la fiducia di cui sei privo.
Illuminali dal tuo buio.
Arricchiscili con la tua povertà.

Regala un sorriso
quando tu hai voglia di piangere.
Produci serenità
dalla tempesta che hai dentro.
"Ecco, quello che non ho te lo dono".
Questo è il tuo paradosso.

Ti accorgerai che la gioia
a poco a poco entrerà in te,
invaderà il tuo essere,
diventerà veramente tua nella misura
in cui l'avrai regalata agli altri.
Alessandro Manzoni 

Chiesi a Dio... Kirk Kilgour


di essere forte per eseguire progetti grandiosi:
Egli mi rese debole per conservarmi nell'umiltà.
Domandai a Dio che mi desse la salute
per realizzare grandi imprese:
egli mi ha dato il dolore per comprenderla meglio.
Gli domandai la ricchezza per possedere tutto:
mi ha fatto povero per non essere egoista.
Gli domandai il potere
perché gli uomini avessero bisogno di me:
egli mi ha dato l'umiliazione
perché io avessi bisogno di loro.
Domandai a Dio tutto per godere la vita:
mi ha lasciato la vita
perché potessi apprezzare tutto.
Signore, non ho ricevuto niente di quello
che chiedevo,
ma mi hai dato tutto quello di cui avevo bisogno
e quasi contro la mia volontà.
Le preghiere che non feci furono esaudite.
Sii lodato; o mio Signore,
fra tutti gli uomini
nessuno possiede quello che ho io!

Kirk Kilgour

IO e un po' di briciole di Vangelo: S a c . DOL INDO RUOTOLO pagine d'autobio...

IO e un po' di briciole di Vangelo: S a c . DOL INDO RUOTOLO pagine d'autobio...: S a c . DOLINDO RUOTOLO Fui chiamato Dolindo, che significa dolore... ... pagine d'autobiografia da “La storia della mia vita n...

mercoledì 17 agosto 2011

(Mt 22,1-14) Tutti quelli che troverete, chiamateli alle nozze.


VANGELO 
(Mt 22,1-14) Tutti quelli che troverete, chiamateli alle nozze. 
+ Dal Vangelo secondo Matteo


In quel tempo, Gesù, riprese a parlare con parabole e disse: 
«Il regno dei cieli è simile a un re, che fece una festa di nozze per suo figlio. Egli mandò i suoi servi a chiamare gli invitati alle nozze, ma questi non volevano venire. 
Mandò di nuovo altri servi con quest’ordine: “Dite agli invitati: Ecco, ho preparato il mio pranzo; i miei buoi e gli animali ingrassati sono già uccisi e tutto è pronto; venite alle nozze!”. Ma quelli non se ne curarono e andarono chi al proprio campo, chi ai propri affari; altri poi presero i suoi servi, li insultarono e li uccisero. Allora il re si indignò: mandò le sue truppe, fece uccidere quegli assassini e diede alle fiamme la loro città. 
Poi disse ai suoi servi: “La festa di nozze è pronta, ma gli invitati non erano degni; andate ora ai crocicchi delle strade e tutti quelli che troverete, chiamateli alle nozze”. Usciti per le strade, quei servi radunarono tutti quelli che trovarono, cattivi e buoni, e la sala delle nozze si riempì di commensali. 
Il re entrò per vedere i commensali e lì scorse un uomo che non indossava l’abito nuziale. Gli disse: “Amico, come mai sei entrato qui senza l’abito nuziale?”. Quello ammutolì. Allora il re ordinò ai servi: “Legatelo mani e piedi e gettatelo fuori nelle tenebre; là sarà pianto e stridore di denti”. 
Perché molti sono chiamati, ma pochi eletti».

Parola del Signore
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LA MIA RIFLESSIONE
PREGHIERA
Vieni o Spirito Santo, Vieni nei cuori dei tuoi fedeli, in me che scrivo ed in chi legge, vieni ad illuminare i nostri cuori e a farci venire fame di Te, fame da affamati, sete da assetati, fa che senza di te non possiamo vivere e che ti cerchiamo come la cerva anela ai corsi d'acqua, per Cristo nostro Signore.
Il re ha scelto un popolo e l' ha invitato ad un banchetto, ma questo popolo non ha accettato l'invito, era troppo attaccato al suo potere, e allora ha invitato altre persone, che erano pagane, emarginate, tutte persone che per quel popolo non avevano diritti... questa cosa mi fa pensare che questo invito fu una grande possibilità per il suo popolo, ma che non ne approfittò e questo decretò la loro condanna.
A Dio niente è nascosto, il nostro cuore è un libro aperto davanti a Lui, sa perfettamente quello che proviamo, conosce le nostre infedeltà e i nostri difetti, non cerca la perfezione, ma vede la verità
Salmo 19-Uno spirito contrito è sacrificio a Dio, un cuore affranto e umiliato, Dio, tu non disprezzi.-
E' inutile camuffare la nostra fede,far vedere che siamo bravi cristiani,meglio essere mediocri ma desiderosi di cambiare che falsi,perché possiamo ingannare gli uomini,ma non Dio.
Possiamo sfuggire alla giustizia umana,ma non a quella divina,possiamo entrare nelle grazie degli uomini con falsi abiti,ma non sfuggirà nulla a Dio...convertiamoci veramente,con umiltà mettiamoci davanti al nostro re e chiediamo perdono finche siamo in tempo,prima che il Signore decreti anche per noi la sua condanna...nessuno sa quando verrà il giorno del giudizio

domenica 14 agosto 2011

qualcuno mi ha detto....per chi non sa pregare....hai mai provato a parlare con Gesù



qualcuno mi ha detto....

per chi non sa pregare....hai mai provato a parlare con Gesù


Caro Gesù,sai chi sono io?Dicono di sì,che Tu sai tutto , che mi conosci e mi chiami per 
nome...ma io non Ti sento,io non Ti conosco,
non credo che Tu ti ricordi di me,perchè io mi sento tanto sola,
Si Signore,troppo sola,con tutti i miei problemi,perchè tutte queste cose brutte nella mia vita,
tante persone vivono bene,tranquille, in salute,coi soldi... ed io?
Lo so che non Ti ho mai chiesto niente,non ti ho mai rivolto la parola,ti ho vissuto più come
 un nemico che come un Padre e sai perché ?
Perché cercavo la felicita' e non la trovavo,cercavo la serenità e non l'ho mai neanche 
sfiorata e Tu dov'eri?
Perché mi hai lasciato libera Signore,libera anche di sbagliare? Perché mi amavi?
Ma che risposta è questa?....Come puoi amarmi e vedermi soffrire e non fare niente per
impedirlo?forse perché non ti chiamo e perché non ti prego?E questa cos'è Signore,non è una
preghiera,non ti sto forse chiedendo aiuto?
Non lo so fare,non so pregare e sono disperata,ma qualcuno mi ha detto che se ti imploro
di aiutarmi lo farai,se ti chiedo di prendermi tra le tue braccia e di consolarmi,lo farai...
io non pretendo che tu mi dia la luna,ma dammi la fede Signore,guarisci il mio spirito,
dicono che il resto verrà piano piano,voglio crederci.
Qualcuno mi ha detto ok....  
sei Tu Signore?!!!!

sabato 13 agosto 2011

(Mt 15,21-28) Donna, grande è la tua fede!


VANGELO 
(Mt 15,21-28) Donna, grande è la tua fede! 
+ Dal Vangelo secondo Matteo


In quel tempo, partito di là, Gesù si ritirò verso la zona di Tiro e di Sidòne. Ed ecco una donna Cananèa, che veniva da quella regione, si mise a gridare: «Pietà di me, Signore, figlio di Davide! Mia figlia è molto tormentata da un demonio». Ma egli non le rivolse neppure una parola. 
Allora i suoi discepoli gli si avvicinarono e lo implorarono: «Esaudiscila, perché ci viene dietro gridando!». Egli rispose: «Non sono stato mandato se non alle pecore perdute della casa d’Israele». 
Ma quella si avvicinò e si prostrò dinanzi a lui, dicendo: «Signore, aiutami!». Ed egli rispose: «Non è bene prendere il pane dei figli e gettarlo ai cagnolini». «È vero, Signore – disse la donna –, eppure i cagnolini mangiano le briciole che cadono dalla tavola dei loro padroni». 
Allora Gesù le replicò: «Donna, grande è la tua fede! Avvenga per te come desideri». E da quell’istante sua figlia fu guarita.

Parola del Signore
LA MIA RIFLESSIONE
 PREGHIERA
Vieni o Santo Spirito, e inonda con la tua luce la mia misera mente, fa che io riesca a fare quello perciò tu mi hai creato, sempre quello che vuoi, nonostante tutto.


Quante volte cerchiamo soccorso per le nostre tragedie.. quante volte ci siamo recati in quei luoghi dove si afferma che si debba cercare Dio e quante volte gli uomini si sono messi tra noi e Lui???
L’uomo di Dio crede di fare bene, sicuramente, crede di saper indirizzare la nostra vita, crede di saperci aiutare nella preghiera…e molti sono quelli che tendono veramente la mano e ci guidano.Eppure per tanti che fanno bene il loro dovere di pastori, ce ne sono altrettanti, che senza accorgersene magari, ci trattano con indifferenza, o peggio.
Di questo brano mi colpisce una cosa, che mi era sfuggita l’ altro giorno, quando la stessa pagina c’è stata proposta dalla chiesa; quello che spinge questa donna a cercare l’aiuto di Gesù è l’ AMORE ed è per questo che non può sfuggire alla sua disperazione che nessuno e tanto meno Gesù, può negare di intervenire.

L’amore muove le montagne, spinge ad osare, ad andare oltre ed è lo stesso amore che fa allargare le braccia e dire: sia fatta la Tua volontà.

venerdì 12 agosto 2011

(Mt 19,13-15) Non impedite che i bambini vengano a me; a chi è come loro, infatti, appartiene il regno dei cieli.


VANGELO
 (Mt 19,13-15) Non impedite che i bambini vengano a me; a chi è come loro, infatti, appartiene il regno dei cieli. 
+ Dal Vangelo secondo Matteo


In quel tempo, furono portati a Gesù dei bambini perché imponesse loro le mani e pregasse; ma i discepoli li rimproverarono. 
Gesù però disse: «Lasciateli, non impedite che i bambini vengano a me; a chi è come loro, infatti, appartiene il regno dei cieli». 
E, dopo avere imposto loro le mani, andò via di là.

Parola del Signore
LA MIA RIFLESSIONE
PREGHIERA
Oggi uso la preghiera di Colletta

Dio onnipotente ed eterno, 
che ci dai il privilegio di chiamarti Padre, 
fa’ crescere in noi lo spirito di figli adottivi, 
perché possiamo entrare 
nell’eredità che ci hai promesso. 
Per il nostro Signore Gesù Cristo...

Leggendole parole di questa preghiera, non ho potuto fare a meno di farle mie, e chiedo a voi che leggete, con tutto il cuore, fatele vostre, inginocchiamo il nostro cuore a questo Dio che tutto può, che presa la nostra umanità l' ha santificata fino al più alto dei sacrifici, morire sulla croce, morire per noi che non meritiamo niente, che siamo davanti a lui a deriderlo, trafiggerlo, e nella migliore delle ipotesi restiamo in silenzio.

Preghiamo e ci sentiamo giusti, ma amici miei, dentro di noi c'è talmente tanta roba da togliere ancora....ma noi siamo adulti, in cuor nostro pensiamo di essere anche consapevoli di aver saputo fare un grande cammino di fede, di miglioramento, chi più chi meno, siamo bravi a riconoscere i nostri meriti. Ci stiamo lodando e anche inutilmente, perché di meriti in tutto questo, ne abbiamo ben pochi, tutto è grazia. I bambini appena nati non sanno parlare, ma cercano amore, sicurezza, cibo, e se riescono ad ottenerlo si lasciano cullare amorevolmente tra le nostre braccia, ma noi chi siamo? Noi siamo i grandi... e già,  questa parola ci dovrebbe far capire che siamo già in errore, noi siamo adulti, inconsapevoli, che credono di essere grandi, e che hanno imparato a camminare sulle loro gambe, ma che si sono allontanati pian piano da quell'amore che era per loro fonte di vita. Passare dal Grembo di Maria per opera dello Spirito Santo, rinascere alla vita in Gesù Cristo e viverla con la fiducia di un bambino, correre a ricevere la benedizione del Signore, senza preoccuparci degli ostacoli, che "i grandi" mettono in mezzo, cercano di trattenerci, ma noi svelti e con la gioia negli occhi, continuiamo a correre verso Gesù. Immagino la scena di chi tira da una parte e dall'altra, e tanti bambini, sgaiattolanti che sfuggono alle prese di chi ci vuole tenere lontani dal nostro maestro, dal nostro pastore, dalla nostra fonte di grazia e benedizione. Sì amici, io voglio essere sempre bambina, che ha voglia di correre da Gesù, che non si fa trattenere da chi sa sempre tutto, anche come ci si deve avvicinare a Gesù. Le nostre voci saranno chiassose, stonate, ma se siamo rinati dal Grembo di Maria, siamo come ci vuole Gesù e dobbiamo solo muovere i nostri passi verso di Lui, lo Spirito Santo sarà la nostra guida, perché è attraverso di Lui che il Signore ci chiama a se.
Poveri discepoli di Gesù, poveri noi se essere grandi, se essere vicini a Gesù, ci fa arrivare a voler rimproverare anche Gesù e ci fa dire chi è degno o no di essere toccato da Lui…..

giovedì 11 agosto 2011

(Mt 19,3-12) Per la durezza del vostro cuore Mosè vi ha permesso di ripudiare le vostre mogli; all’inizio però non fu così.

VANGELO
(Mt 19,3-12) Per la durezza del vostro cuore Mosè vi ha permesso di ripudiare le vostre


mogli; all’inizio però non fu così.

+ Dal Vangelo secondo Matteo

In quel tempo, si avvicinarono a Gesù alcuni farisei per metterlo alla prova e gli chiesero: «È lecito a un uomo ripudiare la propria moglie per qualsiasi motivo?».
Egli rispose: «Non avete letto che il Creatore da principio li fece maschio e femmina e disse: “Per questo l’uomo lascerà il padre e la madre e si unirà a sua moglie e i due diventeranno una sola carne”? Così non sono più due, ma una sola carne. Dunque l’uomo non divida quello che Dio ha congiunto».
Gli domandarono: «Perché allora Mosè ha ordinato di darle l’atto di ripudio e di ripudiarla?».
Rispose loro: «Per la durezza del vostro cuore Mosè vi ha permesso di ripudiare le vostre mogli; all’inizio però non fu così. Ma io vi dico: chiunque ripudia la propria moglie, se non in caso di unione illegittima, e ne sposa un’altra, commette adulterio».
Gli dissero i suoi discepoli: «Se questa è la situazione dell’uomo rispetto alla donna, non conviene sposarsi».
Egli rispose loro: «Non tutti capiscono questa parola, ma solo coloro ai quali è stato concesso. Infatti vi sono eunuchi che sono nati così dal grembo della madre, e ve ne sono altri che sono stati resi tali dagli uomini, e ve ne sono altri ancora che si sono resi tali per il regno dei cieli. Chi può capire, capisca».

Parola del Signore



LA MIA RIFLESSIONE

 PREGHIERA


Vieni o Spirito Santo e manda a noi dal cielo,un raggio della tua luce...basterà un piccolo raggio per aprire la mia mente annebbiata dalla mia umanità,e tu dammi quel piccolo raggio e tutto intorno sparirà e sarò solo tua mio Signore,con la mente e con il cuore.



E' lecito Gesù? Quante volte noi chiediamo a Dio se è lecito ai suoi occhi quello che facciamo? Ben poche vero?Siamo noi a decidere quello che è giusto, quello che ci conviene e poi troviamo una giustificazione per cui tutto diventi lecito anche agli occhi di Dio. Dimentichiamo troppo spesso che stringiamo dei patti, facciamo delle promesse e addirittura che consacriamo questi patti. Oggi tutto si fa con troppa leggerezza, sicuramente colpa delle generazioni precedenti,sicuramente della mia generazione,quando ancora non sapevo neanche che cosa era, anche io in pieno femminismo, ho votato per il divorzio. Ma sì, se una cosa non funziona più invece di ripararla,buttiamola alle ortiche,con tutto quello che comporta,così saremo liberi di farci una nuova famiglia,avere altri figli e ricominciare da capo.... sperando che sia la volta buona, o solo fino alla prossima.
Il matrimonio celebrato in chiesa non è solo un patto tra due coniugi, ma anche un patto davanti a Dio e anche se Mosè permise al suo popolo di ripudiare la moglie, lo fece perché il suo popolo era duro di cuore, come quello di oggi.
Io non condivido oggi, che rispondo al nome di Cristiana, il cosiddetto divorzio, e tantomeno l' annullamento del Matrimonio, neanche da parte della Chiesa. Posso accettare l' allontanamento per gravi motivi come il pericolo di vita per un coniuge o per i figli, ma il matrimonio resta sacro e quindi per me solo Dio può mettere fine ad un'unione tra due persone.Questo non significa che giudico chi si è separato  o ha creato nuove famiglie, proprio perchè solo a Dio spetta il giudizio, e lo vorrei mettere bene in chiaro; proprio perchè a volte veniamo tutti accusati di essere dei bigotti perchè cerchiamo di fare nostre le regole di Dio.
Appunto "FARE NOSTRE", non costringere altri a a rispettarle, perhè ogni scelta di vita è "PERSONALE", ogni cammino di fede è "INDIVIDUALE".
Succede però,nella nostra moderna società,che le leggi degli uomini non combacino con le leggi di Dio, ed è giusto che un Cristiano che segue il cammino di Cristo, sappia bene che, anche se le leggi civili siano più permissive, delle leggi di Dio, queste servono per una società giusta e serena. Oggi invece sembra di vivere in un grande supermarket dell'egoismo, dove all' insegna dell' usa e getta, nessuno cerca più di far funzionare le unioni, anzi tutti si danno da fare per consigliare la separazione, l'aborto,e prestano a satana la loro voce che s' innalza sopra a tutto con fare prepotente e tende a soffocare la voce del cuore.
C ' è un vecchio proverbio che dice "chi sbaglia paga!" ma non va più di moda e se uno confonde il sesso con    
 l' amore e si sposa, oppure dopo un po' si disamora, come con un giornale già letto fa una bella pallottola di carta e butta via tutto e pensa di non pagarne mai le conseguenze. Da questo concetto ne scattano altri, che tendono a giustificare tutto, perché la felicità dei figli oggi non si valuta sulle sicurezze morali, ma su quelle materiali,e quindi se nei figli crescerà la consapevolezza che niente è per sempre, non è un grande danno.
Per la durezza del nostro cuore Mosè, la Chiesa, la legge aprono certe porte, ma da quelle porte esce anche       l' amore e ci allontaniamo da Dio che è la fonte dell'amore.
Chiedo scusa se ho ferito qualcuno, so che questo è un bruttissimo discorso e fa male a molti, ma io non intendo giudicare nessuno, sia ben chiaro, anche io, l'ho detto all'inizio, sono colpevole di tanta indifferenza verso l'indissolubità del matrimonio;potessi tornare indietro voterei no per il divorzio, ma tanto non cambierebbe di molto, oggi l'uomo fa le leggi per violarle, non per rispettarle e nel pieno consenso generale.

martedì 9 agosto 2011

(Gv 12,24-26) Se il chicco di grano muore, produce molto frutto.


VANGELO
 (Gv 12,24-26) Se il chicco di grano muore, produce molto frutto. 
+ Dal Vangelo secondo Giovanni

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli:
«In verità, in verità io vi dico: se il chicco di grano, caduto in terra, non muore, rimane solo; se invece muore, produce molto frutto. 
Chi ama la propria vita, la perde e chi odia la propria vita in questo mondo, la conserverà per la vita eterna. 
Se uno mi vuole servire, mi segua, e dove sono io, là sarà anche il mio servitore. Se uno serve me, il Padre lo onorerà».

Parola del Signore
LA MIA RIFLESSIONE
PREGHIERA
Vieni o Santo Spirito e porta la tua luce nella mia mente, affinché attraverso il tuo apporto, il chicco possa germogliare e dare frutto.

Questa è una serie di cose che Gesù ci dice, che sembrano un po’ buttate là, ma che invece sono colonne della fede, sulle quali si basa poi tutta la nostra speranza. Attraverso la sua parola, Gesù si fa chicco di grano, attraverso la sua vita, fa germogliare in noi la speranza di un nuovo modo di concepire sia la vita sia la fede, attraverso la sua morte germoglia in noi la salvezza e attraverso a sua resurrezione la certezza dell’eternità. Tutto è per noi, dal momento della creazione tutto quello che Dio ha fatto, lo ha fatto per noi, tutto quello che ci ha dato l’ ha dato per amore e, la parola di Gesù, ce lo ripete e lo rinnova nel nostro cuore.
Sta a noi adesso, cogliere quel piccolo seme che Dio ha messo nel nostro cuore, farlo germogliare e fare sì che produca frutto, ma senza perdere tempo, senza distrazioni, perché se il campo non è coltivato attentamente, la zizzania soffocherà tutto il raccolto. Vediamo qui espressi i concetti base della nostra fede, quelli che ci faranno passare con l’aiuto di Dio, attraverso la porta stretta, servire e seguire. Se riusciremo ad essere fedeli a questi concetti, vedremo germogliare i frutti dell’amore che Gesù ha trasmesso a noi.
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lunedì 8 agosto 2011

(Mt 25,1-13) Ecco lo sposo! Andategli incontro!

VANGELO
(Mt 25,1-13) Ecco lo sposo! Andategli incontro!
+ Dal Vangelo secondo Matteo

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli questa parabola:
«Il regno dei cieli sarà simile a dieci vergini che presero le loro lampade e uscirono incontro allo sposo. Cinque di esse erano stolte e cinque sagge; le stolte presero le loro lampade, ma non presero con sé l’olio; le sagge invece, insieme alle loro lampade, presero anche l’olio in piccoli vasi. Poiché lo sposo tardava, si assopirono tutte e si addormentarono.

A mezzanotte si alzò un grido: “Ecco lo sposo! Andategli incontro!”. Allora tutte quelle vergini si destarono e prepararono le loro lampade. Le stolte dissero alle sagge: “Dateci un po’ del vostro olio, perché le nostre lampade si spengono”. Le sagge risposero: “No, perché non venga a mancare a noi e a voi; andate piuttosto dai venditori e compratevene”.
Ora, mentre quelle andavano a comprare l’olio, arrivò lo sposo e le vergini che erano pronte entrarono con lui alle nozze, e la porta fu chiusa. Più tardi arrivarono anche le altre vergini e incominciarono a dire: “Signore, signore, aprici!”. Ma egli rispose: “In verità io vi dico: non vi conosco”.
Vegliate dunque, perché non sapete né il giorno né l’ora».

Parola del Signore
LA MIA RIFLESSIONE
PREGHIERA
Ti prego Signore, fa che il tuo Santo Spirito scenda su di me e con me rimanga per illuminarmi in questo cammino di fede e di umile evangelizzazione che faccio prima di tutto su di me, applicandomi a conoscere la tua parola.Fammi strumento nelle tue mani, togliendo da me tutto quello che è mio e non mi viene da te.

Leggendo la stessa lettura nel Vangelo di Giovanni, vediamo che riportando le parole di Gesù, ci tiene a comunicare che credere in Dio significa credere nella Luce e camminare nella luce con Gesù significa non solo essere in comunione con Lui, ma anche con i fratelli.
E’ importante capire questo per non ingannare noi stessi, su un cammino che, non pretende da noi la perfezione, ma ci spinge a cercarla.
Tutti sappiamo che il momento arriverà,ma non ci vogliamo pensare,eppure qui vediamo dalle parole di Gesù,che non dobbiamo aspettarci una brutta cosa,un brutto evento,ma una festa simile ad un matrimonio,ad un incontro con lo sposo,è a questo che Gesù paragona il regno dei cieli.
Ed allora leggiamo insieme la parabola delle dieci vergini che attendono lo sposo, e vediamo che 5 sono stolte e 5 sono sagge.
Le prime non avevano calcolato che lo sposo poteva arrivare in ritardo e non avevano portato l’olio di scorta per le lampade….. Troppo spesso noi siamo così, vorremmo seguire la luce, e fare il volere di Dio, ma se l’attesa è troppo lunga, ci distraiamo; se la tentazione è forte, ci allontaniamo e tutto questo senza riflettere sul fatto che la morte è inevitabile e non sappiamo come e quando ci colpirà.
I tempi del Signore non sono i nostri, se fosse possibile amministrare anche quelli, state tranquilli che qualcuno ci avrebbe già provato, l’uomo nella sua superbia, seguendo il padre dei superbi, vorrebbe mettersi al posto di Dio, ci prova continuamente, su questa terra, dove regna il caos, dove tutto si sta distruggendo per colpa nostra, ma ancora lo chiamiamo progresso.
Corriamo con le nostre macchine sempre più veloci, sempre più ubriachi, sfrecciamo nella nostra vita e nella vita degli altri, travolgendo tutto e tutti senza freni e mentre corriamo ci sentiamo immortali. Ma non siamo immortali e verrà per tutti noi il giorno in cui ci troveremo davanti allo sposo della parabola, davanti a quel Gesù che ha amato noi più di quanto amasse la sua mamma e più di se stesso, che cosa gli diremo allora? Grazie, ma io avevo altro da fare che ricambiare il tuo amore…. Le vergini sagge attendono sempre tenendosi alla luce della parola di Dio, cercando di non cadere in tentazione, consapevoli che è vitale essere pronte per l’incontro, per non essere chiuse fuori della porta dello sposo. Non guarderanno se sembreranno fuori moda, se non faranno parte dell’elite di quelli amati dal pubblico, se non saranno capite mentre inginocchiate in chiesa, seguiranno la parola di Dio e non si preoccuperanno di correre da tutte le parti. Invece di vestirsi di apparenza si riempiranno di sostanza e questo sarà olio per le loro lampade. Sempre nostra è dunque la scelta, l’olio che alimenta la lampada è la parola del Signore, alla luce della quale dobbiamo vivere. Ancora una volta ci troviamo a fare una scelta, perché la scelta di vivere da cristiani, in comunione con Cristo, non è per un giorno o per un anno, ma per la vita, alimentando la fede con la preghiera e con le opere di carità verso i nostri fratelli più bisognosi, sia spiritualmente sia fisicamente, perché come dicono Matteo e Giovanni, essere in comunione con Gesù, significa essere in comunione con i fratelli. Non possiamo sperare di salvarci se non ci preoccupiamo di salvarci,non basta avere qualcuno che prega per noi;pensiamo a Santa Monica,che per taanti anni ha pregato per la salvezza del figlio.Dopo tanti anni anche Agostino,contro ogni previsione si è convertito ed è diventato uno dei santi più importanti della nostra chiesa,ma ha dovuto collaborare a questo progetto per cui la mamma pregò tanto il Signore,a questo possono servire le preghiere degli altri,a chiedere grazie per chi non prega,ma il resto ,la conversione,deve vederci collaborare,altrimenti rimane una lampada spenta.

domenica 7 agosto 2011

(Mt 17,22-27) Lo uccideranno, ma risorgerà. I figli sono liberi dal tributo.

VANGELO
 (Mt 17,22-27) Lo uccideranno, ma risorgerà. I figli sono liberi dal tributo.
+ Dal Vangelo secondo Matteo

In quel tempo, mentre si trovavano insieme in Galilea, Gesù disse ai suoi discepoli: «Il Figlio dell’uomo sta per essere consegnato nelle mani degli uomini e lo uccideranno, ma il terzo giorno risorgerà». Ed essi furono molto rattristati.
Quando furono giunti a Cafàrnao, quelli che riscuotevano la tassa per il tempio si avvicinarono a Pietro e gli dissero: «Il vostro maestro non paga la tassa?». Rispose: «Sì». 
Mentre entrava in casa, Gesù lo prevenne dicendo: «Che cosa ti pare, Simone? I re della terra da chi riscuotono le tasse e i tributi? Dai propri figli o dagli estranei?». Rispose: «Dagli estranei». 
E Gesù replicò: «Quindi i figli sono liberi. Ma, per evitare di scandalizzarli, va’ al mare, getta l’amo e prendi il primo pesce che viene su, aprigli la bocca e vi troverai una moneta d’argento. Prendila e consegnala loro per me e per te».

Parola del Signore

LA MIA RIFLESSIONE
PREGHIERA

Vieni o Santo Spirito e donami la sapienza di comprendere quello che il Signore vuole che io comprenda, aiutami !

Il momento è quasi giunto, Gesù ne è consapevole e cerca di dare ai suoi discepoli le coordinate per comprendere quanto tutto quello che sta per succedere sia necessario.
Il volere del Padre è la salvezza dei figli ed anche se costerà caro a Gesù, in termini di sofferenza, è disposto a tutto pur di salvare i suoi fratelli, perché l’amore di Dio ci unisce a Lui in maniera indissolubile.
 Gesù cerca di far capire a Pietro che è necessario che viva da uomo e che muoia da uomo per assumere su di se tutte le colpe degli uomini e poterli liberare.
La Sua passione sarà terribile, ma il messaggio che Gesù da a Pietro, non è di dolore o paura, ma di accettazione e fondamentalmente di Speranza.
Il Figlio di Dio non dovrebbe pagare la tassa nella chiesa di Dio, ma Gesù fa comprendere a Pietro che sarà Dio stesso a provvedere per pagare il tributo, e lo farà proprio attraverso la sua vita.Ma anche se Gesù morirà, risorgerà dopo tre giorni, e questo deve essere ben presente nella nostra mente, perché la nostra non è solo speranza, ma certezza che nulla è perduto, anche se ci sembra che la fede stia morendo, che la chiesa sia più una multinazionale che la casa di Dio… non fermiamoci a giudicare, ma andiamo oltre, andiamo a condividere con Gesù Cristo quella che sarà la sua e la nostra resurrezione. Noi siamo tempio di Cristo, se accettiamo di rinascere in Lui.

venerdì 5 agosto 2011

(Mt 17,1-9) Il suo volto brillò come il sole.


VANGELO
 (Mt 17,1-9) Il suo volto brillò come il sole. 
+ Dal Vangelo secondo Matteo

In quel tempo, Gesù prese con sé Pietro, Giacomo e Giovanni suo fratello e li condusse in disparte, su un alto monte. E fu trasfigurato davanti a loro: il suo volto brillò come il sole e le sue vesti divennero candide come la luce. Ed ecco apparvero loro Mosè ed Elia, che conversavano con lui.  Prendendo la parola, Pietro disse a Gesù: «Signore, è bello per noi essere qui! Se vuoi, farò qui tre capanne, una per te, una per Mosè e una per Elia». Egli stava ancora parlando, quando una nube luminosa li coprì con la sua ombra. Ed ecco una voce dalla nube che diceva: «Questi è il Figlio mio, l’amato: in lui ho posto il mio compiacimento. Ascoltatelo». 
All’udire ciò, i discepoli caddero con la faccia a terra e furono presi da grande timore. Ma Gesù si avvicinò, li toccò e disse: «Alzatevi e non temete». Alzando gli occhi non videro nessuno, se non Gesù solo.
Mentre scendevano dal monte, Gesù ordinò loro: «Non parlate a nessuno di questa visione, prima che il Figlio dell’uomo non sia risorto dai morti».

Parola del Signore
LA MIA RIFLESSIONE PREGHIERA Vieni vicino a me o Santo Spirito, ed aiutami a comprendere il senso della lettura d’oggi, e saperla applicare alla mia vita.
 In questo brano, Matteo ci porta con Gesù, Pietro, Giacomo e Giovanni sul monte Tabor.
Gli apostoli non comprendevano bene il perché di questa scelta di Gesù di sottoporsi volontariamente a tanta sofferenza, ricordiamo che Pietro che non voleva andare a Gerusalemme con Gesù, dopo che questi aveva detto a lui e agli altri, quello che lo aspettava e lo esortava a non sottoporsi a tale supplizio.
Gesù allora propone ai suoi discepoli di salire sul monte e una volta giunti si misero a pregare. Non volle spiegare a parole, ma volle che potessero condividere con Lui quel momento di preghiera, per aiutarli a capire, gli mostra come questa accettazione poteva diventare la loro trasfigurazione.
Notate la differenza tra il pregare di Gesù, che trasfigura davanti ai loro occhi, e quello assonnato degli apostoli.
Apparve ai loro occhi, riflesso di luce e parlava con Mosè ed Elia era una visione meravigliosa che li fece restare svegli anche se cadevano dal sonno.
Ad un tratto furono avvolti da una nube ed udirono una voce: - ecco il mio Figlio, l’eletto, ascoltatelo -
La voce di Dio confermava quello che disse al battesimo nel Giordano, riporre la propria fede in Gesù Cristo Figlio di Dio, non è un optional, ma è un preciso comando di Dio stesso e non riconoscerlo come tale vuol dire disobbedire a Dio, opporsi al volere di Dio.
I discepoli erano colpiti da questa manifestazione di Gesù e vedere Elia e Mosè li aveva riempiti di una nuova consapevolezza, che ancora non comprendevano fino in fondo, ma che apriva il loro cuore alla speranza e faceva intravedere che la fede è andare oltre la nostra umanità  e  diventava un connubio con Dio.
Dio aveva detto ascoltatelo e avevano visto i patriarchi defunti nella gloria con Gesù, avevano ancora tanta confusione e stettero tre giorni prima di capire bene il senso di quello che era successo, conservando tutte quelle cose in silenzio nel loro cuore.
Rispetto a questo brano io posso aggiungere, per esperienza, che quando il Signore ci concede una sua grazia, anche noi rimaniamo esterrefatti e stupiti, anche se non è la trasfigurazione, ma in ogni modo è sempre un qualcosa che ci lascia senza parole e senza spiegazione, allora anche se al momento non capiamo a fondo, non realizziamo subito il senso dell'accaduto, viene automatico restare tre giorni senza dire nulla e poi pian piano si riesce a mettere a fuoco quello che è successo.
Quanto sarebbe bello poter essere trasfigurati in Gesù, riuscire a fare della nostra preghiera e della nostra vita una ricerca intensa di comunione con il regno dei cieli, il nostro desiderio sarebbe legittimo, come lo è stato per gli apostoli, che hanno chiesto di poter fare tre capanne.
Legittimo voler restare con Gesù, ma ancora non era risorto dai morti, e gli chiese di tacere, fino a che tutto fosse compiuto; ed oggi che senso dare a queste parole?
Gesù è risorto, è con noi, possiamo vivere con lui la nostra esperienza di vita sulla terra, possiamo dimostrare di aver compreso almeno in parte il suo messaggio, possiamo chiedergli di trasformarci in uomini e donne nuove, ma per farlo, dobbiamo credere che Gesù è il figlio che Dio ci chiede di ascoltare ed affidarci a Lui.

giovedì 4 agosto 2011

RISTRETTO

RISTRETTO
Ristretto delle virtù dichiarate nell'Opera
che dee praticare chi ama Gesù Cristo.
1. Bisogna soffrir con pazienza tutte le tribulazioni di questa vita, le infermità, i dolori, la povertà, la perdita delle robe, la morte de' parenti, gli affronti, le persecuzioni e tutte le cose contrarie. Ed intendiamo che i travagli di questa vita son segni che Dio ci ama e ci vuol salvi nell'altra. E di più intendiamo che gradiscono più a Dio le mortificazioni involontarie ch'esso ci manda, che le volontarie che ci prendiamo noi.
2. Nelle infermità procuriamo di rassegnarci totalmente alla volontà di Dio, il che piace a Dio più di ogni altra divozione. Se allora non possiamo applicar la mente a meditare, guardiamo il Crocifisso, offerendogli i nostri patimenti ed unendoli a quelli ch'esso patì per noi sulla croce. E quando ci sarà data la nuova della morte, accettiamola con pace e con ispirito di sagrificio, cioè con volontà di voler morire per dar gusto a Gesù Cristo: questa volontà diè tutto il merito alla morte de' martiri. Bisogna allora dire: «Signore, eccomi, voglio tutto quel che volete voi, voglio patire quanto volete voi, voglio morire quando volete voi». Nè stiamo allora a cercar la vita a fine di far penitenza de' peccati; l'accettar la morte con piena rassegnazione vale più di ogni penitenza.
3. In oltre bisogna uniformarci al divino volere nel soffrire la povertà e tutti gl'incomodi che porta seco la povertà, il freddo, la fame, le fatiche, i disonori e le derisioni.
4. Così anche rassegnarci nella perdita delle robe e nella perdita de' parenti e degli amici che poteano farci bene vivendo. Avvezziamoci in tutte le cose contrarie a replicare: Così ha voluto Dio, così vogl'io. E nella morte de' congiunti, in vece di perdere il tempo a piangere senza profitto, impieghiamolo a pregare per le loro anime, offerendo allora a Gesù Cristo la pena che sentiamo di averli perduti.
5. Di più attendiamo a farci forza di soffrir con pazienza e pace i disprezzi e gli affronti. Ad alcuno che ci parla con ingiurie rispondiamo con parole dolci; ma quando ci sentiamo disturbati allora è meglio il soffrire e tacere, finchè non si tranquilli la mente; e procuriamo frattanto di non lamentarci con altri dell'affronto ricevuto, offerendolo in silenzio a Gesù Cristo che tanti ne patì per noi.
6. Usar dolcezza con tutti, superiori ed inferiori, nobili e plebei, parenti ed estranei; ma più specialmente co' poveri e cogli infermi; e più specialmente poi con coloro che ci mirano di mal occhio.
7. Nel riprendere i difetti altrui, giova più la dolcezza che tutti gli altri mezzi e ragioni; perciò guardiamoci di far la correzione quando stiamo adirati, perchè allora la riprensione sempre riuscirà amara, o per le parole o per lo modo. Guardiamoci ancora di correggere il delinquente quando egli sta adirato, perchè allora la correzione più presto l'inasprirà, che lo farà ravvedere.
8. Non invidiare i grandi del mondo delle loro ricchezze, onori, dignità ed applausi che ricevono dagli uomini; ma invidiare coloro che più amano Gesù Cristo, che certamente vivono più contenti de' primi re della terra; e ringraziare il Signore della luce con cui ci fa conoscere la vanità di tutti questi beni mondani, per cui tanti miseri si perdono.
9. In tutte le nostre azioni e pensieri non cercare la propria soddisfazione, ma solamente il gusto di Dio; e perciò non disturbarci quando non ci riesce l'intento di qualche nostro disegno; e quando ci riesce, non cercarne applausi e ringraziamenti dagli uomini; e se ne siamo mormorati, non farne conto, consolandoci di aver operato per piacere a Dio e non agli uomini.
10. I mezzi principali per la perfezione sono: per 1º Fuggire ogni peccato deliberato, benchè leggiero; ma se per disgrazia commettiamo qualche mancanza, guardiamoci di adirarcene con noi stessi con impazienza; bisogna allora pentircene con pace, e, facendo un atto d'amore a Gesù Cristo, promettergli di più non commetterla, cercandogli aiuto.
11. Per 2º Desiderare di giungere alla perfezione de' santi e di patire ogni cosa per dar gusto a Gesù Cristo; e se non abbiamo questo desiderio, pregare Gesù Cristo che per sua bontà ce lo conceda, perchè altrimenti, se non desideriamo con vero desiderio di farci santi, non daremo mai un passo per avanzarci nella perfezione.
12. Per 3º Avere una vera risoluzione di giungere alla perfezione. Chi non ha questa ferma risoluzione, opera con debolezza, e nelle occasioni non supera le ripugnanze; all'incontro un'anima risoluta, coll'aiuto di Dio che non manca mai, vince tutto.
13. Per 4º Fare due ore o almeno un'ora di orazione mentale ogni giorno; e senza precisa necessità non lasciarla mai per qualunque tedio, aridità o agitazione in cui ci troviamo.
14. Per 5º Frequentar la comunione più volte la settimana, secondo l'ubbidienza del direttore, poichè contra il consenso del medesimo non dee farsi la comunione frequente. E lo stesso corre per le mortificazioni esterne di digiuni, cilizi, discipline e simili; tali mortificazioni fatte senza l'ubbidienza del padre spirituale o guasteranno la sanità o apporteranno vanagloria. E perciò è necessario avere il direttore particolare per regolar il tutto colla di lui ubbidienza.
15. Per 6º Usar continuamente la preghiera, col raccomandarci a Gesù Cristo per tutti i bisogni che ci occorrono; col ricorrere ancora all'intercessione dell'Angelo custode, de' santi avvocati e singolarmente della divina Madre, per le mani di cui Iddio concede a noi tutte le grazie. — Già si è dimostrato verso la fine del capo VIII, che dalla preghiera dipende ogni nostro bene. — Bisogna specialmente cercare a Dio ogni giorno la perseveranza nella sua grazia, la quale perseveranza chi la cerca l'ottiene, e chi non la cerca non l'ottiene e si danna; cercare a Gesù Cristo il suo santo amore e l'uniformità perfetta alla sua volontà. E bisogna cercar le grazie sempre per li meriti di Gesù Cristo. Queste preghiere bisogna farle da che ci leviamo la mattina, e poi replicarle nell'orazione mentale, nella comunione, nella visita al SS. Sagramento e la sera nell'esame di coscienza. Principalmente in tempo di tentazioni bisogna che cerchiamo a Dio l'aiuto per resistere, e particolarmente se sono tentazioni contro la castità, invocando allora più volte in aiuto i SS. Nomi di Gesù e di Maria. Chi prega vince: chi non prega è vinto.
16. In quanto all'umiltà, non invanirsi delle ricchezze, degli onori, della nobiltà, del talento e di ogni altro pregio naturale; e tanto meno de' pregi spirituali, pensando che tutti sono doni di Dio. Tenerci per li peggiori di tutti, e perciò aver contento di vederci disprezzati dagli altri; e non fare come fanno alcuni, che dicono essere i peggiori di tutti e poi vogliono esser trattati meglio di tutti. Quindi accettare con umiltà le riprensioni senza scusarci, neppur quando siamo incolpati a torto, purchè non fosse necessaria la difesa per evitare lo scandalo degli altri.
17. Tanto più guardarsi di voler comparire nel mondo, e cercare onori dagli uomini. Perciò tenere avanti gli occhi la gran massima di S. Francesco chetanto siamo noi, quanto siamo avanti a Dio. Peggio sarebbe poi ad un religioso il cercare offici di onore e di superiorità nella religione: l'onore d'un religioso è l'essere il più umile di tutti; e quegli è il più umile, che abbraccia con maggiore allegrezza le umiliazioni.
18. Distaccar il cuore da tutte le creature. Chi sta attaccato a qualche cosa di terra, benchè minima, non potrà mai volare ed unirsi tutto con Dio.
19. Distaccarci specialmente dall'affetto de' parenti. Diceva S. Filippo Neri: «Quanto noi mettiamo d'affetto alle creature, tanto ne togliamo a Dio». E trattandosi dell'elezione dello stato, bisogna che specialmente ci guardiamo da' parenti che cercano più i loro interessi che il nostro profitto. — Distaccarci da' rispetti umani e dalla vana stima degli uomini; e sopra tutto distaccarci dalla propria volontà. Bisogna lasciar tutto per acquistar il tutto.Totum pro toto, scrive il da Kempis.
20. Non adirarci mai per qualunque accidente; e se mai qualche volta ci vediamo sorpresi dall'ira, subito allora raccomandiamoci a Dio, ed allora asteniamoci di operare e di parlare, finchè non ci assicuriamo che l'ira è già sedata. Perciò è spediente che nell'orazione ci prepariamo a tutti gl'incontri che possono avvenirci, acciocchè allora non ce ne risentiamo con colpa; ricordandoci di quel che confessava di se stesso S. Francesco di Sales: «Io non mi sono mai risentito, che appresso non me ne sia pentito».
21. Tutta la santità consiste nell'amare Dio, e tutto l'amore a Dio consiste nel far la sua volontà. Bisogna dunque rassegnarsi senza riserba a tutto quel che Dio dispone di noi; e perciò abbracciar con pace tutti gli eventi prosperi ed avversi che vuole Dio, quello stato che vuole Dio, quella sanità che vuole Dio. Ed a ciò dirigere tutte le nostre preghiere, acciocchè Dio ci faccia adempire la sua santa volontà. E per accertare la divina volontà, dipendere dall'ubbidienza del superiore per chi è religioso, e del confessore per chi è secolare; tenendo per certo quel che diceva S. Filippo Neri: «Di quello che si fa per ubbidienza non se ne ha da render conto a Dio». S'intende, purchè la cosa non sia evidente peccato.
22. Contra le tentazioni due sono i rimedi, la rassegnazione e la preghiera. La rassegnazione, perchè sebbene le tentazioni di peccare non vengono da Dio, nondimeno Iddio le permette per nostro bene; e però guardiamoci di adirarci, per moleste che sieno le tentazioni; rassegniamoci allora nel volere di Dio che le permette, ed armiamoci a superarle colla preghiera che fra tutte è l'arma più forte e più sicura per vincere i nemici. — I mali pensieri non son peccati, sieno laidissimi ed empi quanto si voglia: solo i mali consensi sono peccati. Invocando i Nomi SS. di Gesù e di Maria, non mai resteremo vinti. — Quando la tentazione assalta, giova allora rinnovare il proposito di voler prima morire che offendere Dio; giova ancora segnarci più volte col segno della croce e coll'acqua santa, e giova anche molto lo scovrire la tentazione al confessore; ma il rimedio più necessario è la preghiera, cercando l'aiuto a resistere a Gesù ed a Maria.
23. Nella desolazione poi di spirito due sono gli atti in cui dobbiamo principalmente esercitarci: 1. umiliarci confessando di meritare di essere così trattati; 2. rassegnarci nella volontà di Dio, abbandonandoci in braccio alla divina bontà. Quando Dio ci consola, apparecchiamoci alle tribulazioni che per lo più succedono alle consolazioni. Quando poi ci fa star desolati, umiliamoci e rassegniamoci nella divina volontà, e trarremo assai maggior profitto dalla desolazione che dalla consolazione.
24. Per viver sempre bene bisogna che c'imprimiamo nella mente certe massime generali di vita eterna:
Ogni cosa di questa vita finisce, il godere e 'l patire; e l'eternità non finisce mai.
A che servono in punto di morte tutte le grandezze di questo mondo?
Quel che viene da Dio, o di prospero o di avverso, tutto è buono, ed è per nostro bene.
Bisogna lasciar tutto per acquistare il tutto.
Senza Dio non può aversi mai vera pace.
Solo l'amare Dio e salvarsi l'anima è necessario.
Solo del peccato si dee temere.
Perduto Dio è perduto tutto.
Chi non desidera niente di questo mondo è padrone di tutto il mondo.
Chi prega si salva, chi non prega si perde.
Si muoia, e si dia gusto a Dio.
Costi Dio quanto vuol, non fu mai caro.
A chi si ha meritato l'inferno ogni pena è leggiera.
Tutto soffre chi mira Gesù in croce.
Ciò che non si fa per Dio tutto diventa pena.
Chi vuol solo Dio è ricco d'ogni bene.
Beato chi può dire di cuore: Gesù mio, te solo voglio e niente più.
Chi ama Dio, in ogni cosa troverà piacere; chi non ama Dio, in niuna cosa troverà vero piacere.