domenica 8 dicembre 2013

SANTI é BEATI :

Beato Bernardo di Gesù Silvestrelli Passionista
Roma, 7 novembre 1831 - Moricone (Roma), 9 dicembre 1911
Il beato passionista Bernardo di Gesù Silvestrelli nacque a Roma nel 1831. Di agiata condizione, studiò al Collegio Romano. Entrato nella congregazione di san Paolo della Croce, fu compagno di noviziato di Francescco Possenti, futuro san Gabriele dell'Addolorata. Divenuto superiore a Roma, visse con Pio IX i travagli seguiti alla breccia di Porta Pia. Fu eletto, poi, preposito generale della congregazione, che sotto la sua guida fiorì. A lui si deve la costruzione del santuario di Nettuno, dove riposa Maria Goretti. Ritiratosi nell'eremo di Moricone (Roma), vi morì cadendo dalle scale nel 1911. (Avvenire)
Martirologio Romano: A Moricone in Sabina nel Lazio, beato Bernardo Maria di Gesù (Cesare) Silvestrelli, sacerdote della Congregazione della Passione, che, eletto preposito generale, si adoperò alacremente per la crescita e la diffusione dell’Ordine.

Cesare Pietro Silvestrelli nacque a Roma il 7 novembre del 1831, terzo di sette figli da Gian Tommaso Silvestrelli e dalla marchesa Teresa Gozzani; l’agiata condizione della famiglia, permise di avere in casa un precettore per i primi studi, proseguiti poi nel celebre Collegio Romano.
Crebbe nel clima di grande carità dei genitori, che accoglievano spesso i bisognosi di aiuto nel palazzo Silvestrelli. A 23 anni, dopo una sosta fortuita, fatta durante una battuta di caccia, nel ritiro passionista di S. Angelo sul Fogliano, colpito dalla spiritualità dei padri, decide di entrare nell’Ordine dei Passionisti, fondato da s. Paolo della Croce nel 1720.
Entrò nel noviziato dell’Argentario e nonostante la gracilità della salute, la sua genuina vocazione lo tenne fedele alla scelta, venendo ordinato sacerdote da mons. Molaioni Giuseppe vescovo passionista.
Nel noviziato di Morrovalle nelle Marche ebbe come compagno Francesco Possenti il futuro s. Gabriele dell’Addolorata (1838-1862); Cesare cambiò il nome in Bernardo di Gesù, ritrovò tutto se stesso e la pace interiore, con le sue virtù si impose all’attenzione di tutti.
Intanto la situazione politica a Roma si rabbuiava e il papa Pio IX era preoccupato; il 29 maggio 1869 padre Bernardo è a Roma come Superiore della Casa Generalizia dei Ss. Giovanni e Paolo al Celio e il 19 settembre del 1970 è al fianco di papa Pio IX a confortarlo e salendo con lui in ginocchio gli scalini della Scala Santa.
Il giorno dopo vi fu la breccia di Porta Pia e la caduta del potere temporale dei papi; Roma divenne capitale d’Italia e il re Vittorio Emanuele II si stabilì nel palazzo del Quirinale. Comunque dopo un’iniziale sbandamento e timore, dove padre Bernardo di Gesù si dimostrò un vero Superiore coraggioso, la vita della Chiesa e degli Ordini religiosi riprese in pieno; nel 1878 il Capitolo generale dei Passionisti lo proclamò Preposito Generale dell’Ordine, carica che tenne fino al 1888 e poi di nuovo dal 1893 al 1907.
Sotto la sua guida la Congregazione rifiorì, le sei province religiose che trovò, divennero nel 1905 dodici, i religiosi da 750 arrivarono a 1490; aprì nuove Case sia in Italia che all’estero, in Messico, Australia, Inghilterra, Francia, Olanda, Belgio, Stati Uniti, Irlanda, Spagna, Argentina.
Per la sua opera fu ritenuto giustamente un secondo s. Paolo della Croce, godé della stima di cardinali e vescovi, fu molto caro ai papi Leone XIII e s. Pio X, tuttavia con umiltà rifiutò la porpora cardinalizia, più volte offerta dai due pontefici.
Aiutò con il suo ricco patrimonio e con l’autorizzazione del papa, le Case ed i religiosi più bisognosi; diede impulso al carisma passionista con le missioni popolari. Nel 1907 volle ritirarsi da ogni carica e tornare nella più completa solitudine nel convento di S. Eutizio dove aveva conosciuto i Passionisti; qui però la gente, che aveva saputo che al convento c’era un santo, non lo lasciava libero e quindi fu costretto a spostarsi verso l’eremo di Moricone presso Roma, dove giunse il 16 giugno 1911.
Morì tragicamente il 9 dicembre 1911 cadendo all’indietro mentre saliva la scalinata del ritiro; fu inutile ogni soccorso e pregando morì; fu sepolto prima nel cimitero locale poi il 17 aprile 1931, il corpo incorrotto fu collocato solennemente in un monumento marmoreo, nella chiesa passionista di Moricone (Roma).
Alla sua opera si deve la costruzione del santuario della Madonna delle Grazie a Nettuno, ora consacrato a s. Maria Goretti e la Casa di studio attigua alla Scala Santa in Roma.
Scrisse e pubblicò molte biografie inedite di religiosi insigni della Congregazione, raccogliendole in due opere nel 1932 e nel 1938; scrisse l’alto trattato dei “Trattenimenti spirituali ad uso dei Novizi Passionisti” per formare le nuove generazioni di religiosi.
La causa per la sua beatificazione fu introdotta il 13 febbraio 1942 ed è stato beatificato da papa Giovanni Paolo II il 16 ottobre 1988, insieme all’altro confratello passionista Carlo Houben; la sua festa liturgica è al 9 dicembre.

Autore:
Antonio Borrelli

( Lc 5,17-26) Oggi abbiamo visto cose prodigiose.

VANGELO 
( Lc 5,17-26) Oggi abbiamo visto cose prodigiose.
Dal Vangelo secondo Luca

Un giorno Gesù stava insegnando. Sedevano là anche dei farisei e maestri della Legge, venuti da ogni villaggio della Galilea e della Giudea, e da Gerusalemme. E la potenza del Signore gli faceva operare guarigioni.
Ed ecco, alcuni uomini, portando su un letto un uomo che era paralizzato, cercavano di farlo entrare e di metterlo davanti a lui. Non trovando da quale parte farlo entrare a causa della folla, salirono sul tetto e, attraverso le tegole, lo calarono con il lettuccio davanti a Gesù nel mezzo della stanza.
Vedendo la loro fede, disse: «Uomo, ti sono perdonati i tuoi peccati». Gli scribi e i farisei cominciarono a discutere, dicendo: «Chi è costui che dice bestemmie? Chi può perdonare i peccati, se non Dio soltanto?».
Ma Gesù, conosciuti i loro ragionamenti, rispose: «Perché pensate così nel vostro cuore? Che cosa è più facile: dire "Ti sono perdonati i tuoi peccati", oppure dire "Àlzati e cammina"? Ora, perché sappiate che il Figlio dell'uomo ha il potere sulla terra di perdonare i peccati, dico a te - disse al paralitico -: àlzati, prendi il tuo lettuccio e torna a casa tua». Subito egli si alzò davanti a loro, prese il lettuccio su cui era disteso e andò a casa sua, glorificando Dio.
Tutti furono colti da stupore e davano gloria a Dio; pieni di timore dicevano: «Oggi abbiamo visto cose prodigiose».




LA MIA RIFLESSIONE
PREGHIERA
Aiutami mio Signore, con l'effusione del Tuo Santo Spirito, a leggere la Tua parola per trasmetterla, contemplando le Tue intenzioni, per il nostro Signor Gesù Cristo.

Con questo brano del Vangelo, Gesù c’insegna che la fede è qualcosa che va oltre le barriere e gli impedimenti, che se uno vuole conoscere veramente il Signore, non ci sono impedimenti che tengano.
In questa narrazione troviamo Gesù nel tempio, attorniato dai dottori della legge, che insegna e molti venivano da tutti i territori vicini, per conoscerlo, ascoltarlo ed essere guariti.
Alcuni uomini cercano di portare un paralitico da Gesù, ma la folla glielo impedisce, perché tutti vogliono essere lì, tutti fanno a gomitate per assistere. Sì per assistere, ma quanti tra loro hanno capito chi era Gesù? Molti si avvicinavano, ancora oggi lo fanno, a Gesù come ad un maghetto che con un colpo di bacchetta magica può fare la magia.

Da una parte ci siamo noi, che siamo increduli e non riusciamo a comprendere il senso della venuta di Gesù sulla terra; ci aspettiamo chissà quale cambiamento, solo assistendo.
Dall'altra parte c'è Gesù, pronto per noi, subito disposto a perdonarci i peccati e a sanare le ferite della nostra anima. Riconosciamo d’essere paralitici e d’avere bisogno di lui, di non saper camminare da soli. Dobbiamo riuscire a capire che solo vivendo le leggi dell’amore e del perdono che Lui c’insegna vedremo grandi miracoli; come la fede ci farà correre incontro al Signore e poi a portare la testimonianza del suo amore ai fratelli......
Possiamo scegliere d’essere lo spettatore egoista che non fa passare il povero paralitico, o d’essere l’amico che l’aiuta a passare attraverso la folla; di essere dei contestatori o di lodare il Signore, possiamo anche continuare ad aspettare di riconoscere Gesù come il nostro Salvatore, ma allora non vedremo mai le meraviglie di cui Dio è capace e quello che più conta è che non sapremo mai che anche attraverso noi il Signore compie meraviglie

sabato 7 dicembre 2013

Camminare Insieme (Mons. Ezio Morosi )

Camminare Insieme.


Insegnaci, Signore, a camminare insieme, 
con lo sguardo nella stessa direzione,
uniti dalla stessa meta,
alla ricerca degli stessi valori
verso Colui che ci ama e che ci attende:
è il fondamento di ogni vera amicizia.
Camminare insieme,
può anche portare a pestarci i piedi,
a incomprensioni e a litigi,
ma camminare da soli è sempre più faticoso
e sempre meno umano.
Insegnaci a camminare insieme
per vincere gli sbandamenti,
per sostenerci nelle diffi coltà,
per evitare falsi miraggi,
per difenderci dalle attrattive del male,
per non tradire le nostre scelte,
per non allontanarci dalla giusta strada,
per cercare il nostro vero bene.
Insegnaci a camminare insieme
per scambiarci le gioie,
per condividere le fatiche,
per rafforzare la Fede,
per superare i dubbi,
per conoscerci meglio,
per amarci di più ed illuminare di serenità
la nostra vita.
Camminare insieme
è un continuo ricevere e donare,
è sommare le luci,
dimezzare le tenebre,
non sentire stanchezza.
Camminare insieme
è prenderci per mano,
è sognare insieme,
è pregare insieme,
è vivere insieme.
Camminare insieme
è somigliarsi,
è una consolazione profonda,
è un bisogno dell’uomo,
è un desiderio di Dio!
(Ezio Morosi)



Fa o mio Signore che sentiamo la tua mancanza,che sentiamo la nostra sconfitta senza di te,che impariamo a cercarti per dialogare con te,per vivere non nel ricordo o nel rimpianto,ma nella speranza del presente e del futuro.
Fa o Signore che impariamo da Te a camminare insieme anche a chi è diverso da noi,per unire le nostre esperienze imparando a conoscerci e non per permettere che ci dividano. L'ignoranza mantiene la distanza! (M.L.)

VOCE DI SAN PIO :

-" DIO SI SERVE SOLTANTO QUANDO SI SERVE COME EGLI VUOLE." (CE, 19)

SANTI é BEATI :

San Patario (Patapio) Eremita a Costantinopoli
Nella solennità dell'Immacolata si ricorda anche questo santo eremita, legato alla tradizione e alla devozione orientale. Nacque a Tebe, in Egitto, nel VII secolo. Cresciuto nei valori della fede cristiana e giunto all'età della maturità decise di intraprendere la via dell'ascetismo per vivere, da anacoreta, nel deserto egiziano. Al tempo questo tipo di scelta si inseriva nella scia della grande tradizione egiziana di cui uno dei padri fu sant'Antonio abate. La vita ascetica di Patapio superò ben presto i confini del deserto e molti si recavano da lui per ricevere consiglio. Impossibilitato a vivere secondo il proprio desiderio si mise in viaggio verso Costantinopoli dove, una volta giunto, ottenne una cella sulle mura della città, vicino alla chiesa di Blacherna. Anche qui divenne presto noto, soprattutto per le guarigioni che andava compiendo sui malati che si recavano da lui. Dopo la morte Patapio fu sepolto nella chiesa di San Giovannni Battista. (Avvenire)
Martirologio Romano: Commemorazione di san Patapio, eremita, che, originario della Tebaide, visse a Costantinopoli nel quartiere delle Blacherne e fu sepolto nel monastero degli Egiziani.

Le poche notizie che si conoscono sulla vita di questo eremita sono raccolte in due antichi sinassari, il Patmensis 266 (sec. X) e il S. Croce 40 (secc. X-XI). S. Andrea di Creta (m. 740), vissuto in epoca vicina a quella di Patario, ne scrisse una Vita, una narrazione dei miracoli e un panegirico, ma non si dimo­stra molto informato, cosi come, del resto, Metafraste, che ha raccolto tutti i dati a lui relativi in una notìzia che risale al sec. XI. Giovanni di Euchaites (sec. XI) parla di una Vita antica, indicata già da s. An­drea di Creta, ma entrambi gli autori nelle loro opere si sono certamente attenuti alla tradizione, sviluppando soprattutto i luoghi comuni agiografici.
Patario, originario di Tebe in Egitto, passò un certo numero di anni in solitudine nei dintorni di questa città; quindi si recò a Costantinopoli fermandosi nel quartiere delle Blacherne, presso le mura di cinta della città, dove visse a lungo. La sua fama di santità attirò subito numerosi visitatori: ebbe occasione di guarire un cieco, un idropico, un ossesso e una donna affetta da cancro al seno. Alla sua morte, tra la venerazione popolare, fu sepolto nella chiesa di S. Giovanni Battista di un vicino monastero detto degli Egiziani, dove il suo corpo era ancora venerato fino al sec. XV.
Non abbiamo notizie certe sull'epoca della sua vita; alcuni indizi fanno pensare che fosse giunto a Costantinopoli al tempo in cui altri due egiziani, Bara e Rabula, vi fondarono alcuni monasteri (fine del sec. V, principio del sec. VI); i Bollandisti propongono il sec. VII. Nei menologi bizantini è ricordato l'8 o il 9 dic; mentre nel Martirologio Romano al giorno 8.

Autore:
Raymond Janin

Immacolata Concezione della Beata Vergine Maria.

Immacolata Concezione della Beata Vergine Maria

8 dicembre

Già celebrata dal sec. XI, questa solennità si inserisce nel contesto dell’Avvento-Natale, congiungendo l’attesa messianica e il ritorno glorioso di Cristo con l’ammirata memoria della Madre. In tal senso questo periodo liturgico deve essere considerato un tempo particolarmente adatto per il culto della Madre del Signore. Maria è la tutta santa, immune da ogni macchia di peccato, dallo Spirito Santo quasi plasmata e resa nuova creatura. Già profeticamente adombrata nella promessa fatta ai progenitori della vittoria sul serpente, Maria è la Vergine che concepirà e partorirà un figlio il cui nome sarà Emmanuele. Il dogma dell’Immacolata Concezione fu proclamato da Pio IX nel 1854. (Mess. Rom.)

Patronato: Patrona e Regina dell’ordine francescano

Martirologio Romano: Solennità dell’Immacolata Concezione della beata Vergine Maria, che veramente piena di grazia e benedetta tra le donne, in vista della nascita e della morte salvifica del Figlio di Dio, fu sin dal primo momento della sua concezione, per singolare privilegio di Dio, preservata immune da ogni macchia della colpa originale, come solennemente definito da papa Pio IX, sulla base di una dottrina di antica tradizione, come dogma di fede, proprio nel giorno che oggi ricorre.

Non memoria di un Santo, ricorre oggi: ma la solennità più alta e più preziosa di Colei che dei Santi è chiamata Regina.
L'Immacolata Concezione di Maria è stata proclamata nel 1854, dal Papa Pio IX. Ma la storia della devozione per Maria Immacolata è molto più antica. Precede di secoli, anzi di millenni, la proclamazione del dogma che come sempre non ha introdotto una novità, ma ha semplicemente coronato una lunghissima tradizione.
Già i Padri della Chiesa d'Oriente, nell'esaltare la Madre di Dio, avevano avuto espressioni che la ponevano al di sopra del peccato originale. L'avevano chiamata: " Intemerata, incolpata, bellezza dell'innocenza, più pura degli Angioli, giglio purissimo, germe non- avvelenato, nube più splendida del sole, immacolata ".
In Occidente, però, la teoria dell'immacolatezza trovò una forte resistenza, non per avversione alla Madonna, che restava la più sublime delle creature, ma per mantenere salda la dottrina della Redenzione, operata soltanto in virtù del sacrificio di Gesù.
Se Maria fosse stata immacolata, se cioè fosse stata concepita da Dio al di fuori della legge dei peccato originale, comune a tutti i figli di Eva, ella non avrebbe avuto bisogno della Redenzione, e questa dunque non si poteva più dire universale. L'eccezione, in questo caso, non confermava la regola, ma la distruggeva. Il francescano Giovanni Duns, detto Scoto perché nativo della Scozia, e chiamato il " Dottor Sottile ", riuscì a superare questo scoglio dottrinale con una sottile ma convincente distinzione. Anche la Madonna era stata redenta da Gesù, ma con una Redenzione preventiva, prima e fuori del tempo. Ella fu preservata dal peccato originale in previsione dei meriti del suo figlio divino. Ciò conveniva, era possibile, e dunque fu fatto.
Giovanni Duns Scoto morì sui primi del '300. Dopo di lui, la dottrina dell'Immacolata fece grandi progressi, e la sua devozione si diffuse sempre di più. Dal 1476, la festa della Concezione di Maria venne introdotta nel Calendario romano.
Sulle piazze d'Italia, predicatori celebri tessevano le lodi della Vergine immacolata: tra questi, San Leonardo da Porto Maurizio e San Bernardino da Siena, che con la sua voce arguta e commossa diceva ai Senesi: " Or mi di’ : che diremo noi del cognoscimento di Maria essendo ripiena di Spirito Santo, essendo nata senza alcun peccato, e così sempre mantenendosi netta e pura, servendo sempre a Dio? ".
Nel 1830, la Vergine apparve a Santa Caterina Labouré, la quale diffuse poi una " medaglia miracolosa " con l'immagine dell'Immacolata, cioè della " concepita senza peccato ". Questa medaglia suscitò un'intensa devozione, e molti Vescovi chiesero a Roma la definizione di quel dogma che ormai era nel cuore di quasi tutti i cristiani.
Così, l'8 dicembre 1854, Pio IX proclamava la " donna vestita di sole " esente dal peccato originale, tutta pura, cioè Immacolata.
Fu un atto di grande fede e di estremo coraggio, che suscitò gioia tra i fedeli della Madonna, e indignazione tra i nemici del Cristianesimo, perché il dogma dell'Immacolata era una diretta smentita dei naturalisti e dei materialisti.
Ma quattro anni dopo, le apparizioni di Lourdes apparvero una prodigiosa conferma del dogma che aveva proclamato la Vergine " tutta bella ", " piena di grazia " e priva di ogni macchia del peccato originale. Una conferma che sembrò un ringraziamento, per l'abbondanza di grazie che dal cuore dell'Immacolata piovvero sull'umanità.
E dalla devozione per l'Immacolata ottenne immediata diffusione, in Italia, il nome femminile di Concetta, in Spagna quello di Concepción: un nome che ripete l'attributo più alto di Maria, " sine labe originali concepta ", cioè concepita senza macchia di peccato, e, perciò, Immacolata.

(Lc 1,26-38) Ecco concepirai un figlio e lo darai alla luce.

VANGELO 
(Lc 1,26-38) Ecco concepirai un figlio e lo darai alla luce.
+ Dal Vangelo secondo Luca
In quel tempo, l’angelo Gabriele fu mandato da Dio in una città della Galilea, chiamata Nàzaret, a una vergine, promessa sposa di un uomo della casa di Davide, di nome Giuseppe. La vergine si chiamava Maria. Entrando da lei, disse: «Rallègrati, piena di grazia: il Signore è con te».A queste parole ella fu molto turbata e si domandava che senso avesse un saluto come questo. L’angelo le disse: «Non temere, Maria, perché hai trovato grazia presso Dio. Ed ecco, concepirai un figlio, lo darai alla luce e lo chiamerai Gesù. Sarà grande e verrà chiamato Figlio dell’Altissimo; il Signore Dio gli darà il trono di Davide suo padre e regnerà per sempre sulla casa di Giacobbe e il suo regno non avrà fine».Allora Maria disse all’angelo: «Come avverrà questo, poiché non conosco uomo?». Le rispose l’angelo: «Lo Spirito Santo scenderà su di te e la potenza dell’Altissimo ti coprirà con la sua ombra. Perciò colui che nascerà sarà santo e sarà chiamato Figlio di Dio. Ed ecco, Elisabetta, tua parente, nella sua vecchiaia ha concepito anch’essa un figlio e questo è il sesto mese per lei, che era detta sterile: nulla è impossibile a Dio». Allora Maria disse: «Ecco la serva del Signore: avvenga per me secondo la tua parola». E l’angelo si allontanò da lei. Parola del Signore

Ecco concepirai un figlio e lo darai alla luce.
Ecco concepirai un figlio e lo darai alla luce.

 LA MIA RIFLESSIONE
PREGHIERA
Vieni o Santo Spirito, e guidaci come facesti con Maria alla conoscenza del volere di Dio, e come lei fa che sappiamo accettarlo.

Anche oggi contempliamo il vangelo dell’annunciazione dell’Arcangelo Gabriele a Maria. Abbiamo visto come ha risposto Maria a questa chiamata inaspettata; ricordiamo l’ incontro tra Maria e la cugina Elisabetta; assistiamo al mutismo e allo sconcerto di Zaccaria; oggi proviamo a capire che cosa cambia questo avvenimento nella nostra storia. Per gli ebrei che non l’ hanno riconosciuto, la speranza non è ancora nata, e la salvezza non è stata riconosciuta, ma per noi cristiani chi è questo piccolo uomo che ancora deve nascere eppure già viene ricercato per essere ucciso?Gesù è il cambiamento che avviene, l’ uomo nuovo che nasce per noi e per farci vivere non più come semplici uomini, ma per riconoscerci in lui figli dello stesso Dio.Con Lui siamo riscattati dal peccato, ma dobbiamo essere anche coerenti con la nostra nuova condizione.Nulla è impossibile a Dio, nulla è impossibile all’ uomo che ha fede, spesso Gesù ci ripeterà che è la fede che salva, che guarisce, e noi dobbiamo fare tesoro di ogni attimo di vita di Gesù, per farlo nostro, cominciando proprio dalla semplicità nella quale è nato, che getta le basi sulle quali fondare la nostra fede, nell’ umiltà.Mentre leggo questa pagina del Vangelo. Mi torna alla mente quella in cui Giovanni ci racconta l’incontro tra Gesù, Filippo e Natanaèle, che asseriva:
«Da Nazaret può mai venire qualcosa di buono?». Filippo gli rispose: «Vieni e vedi».
Natanaèle è divenuto poi l’apostolo San Bartolomeo, perché Gesù, che conosceva il suo cuore gli disse: ”Ecco un israelita in cui non c’è falsità”
Da Nazareth è “ venuta ” all’ esistenza la Vergine Maria, “ concepita ” Immacolata nella Santa Casa di Nazareth; da Nazareth è “ venuto ” all’ esistenza Gesù Cristo, il Figlio di Dio, Salvatore degli uomini, incarnatosi nel seno verginale di Maria nella Santa Casa di Nazareth
Da Nazareth è venuta la salvezza per l’umanità.
Il disegno di Dio, era sconosciuto a Maria, a Natanaèle, agli apostoli, ma non è più sconosciuto a noi, eppure ancora ci poniamo di fronte a questo Dio che si fa uomo, pieni d’incredulità, quasi come se ci aspettassimo che qualcun altro scriva per noi la nostra storia.
E’ Dio che si fa uomo, che viene tra noi, che è pronto a vivere con noi, a vivere nel nostro cuore, a dare un valore alla nostra vita; guardiamolo negli occhi, vediamo di quanto amore è capace, e lasciamoci prendere dalla sua piccola mano… lasciamoci condurre tra le pieghe della storia della salvezza, di quel progetto che ha bisogno di noi, si, anche di noi, per scrivere la nostra storia. 

venerdì 6 dicembre 2013

VOCE DI SAN PIO :

-" Umiliati amorosamente avanti a Dio ed agli uomini, perché Iddio parla a chi tiene le orecchie basse. Sii amante del silenzio, perché il molto parlare non è mai senza colpa. Tieniti in ritiro per quanto ti sarà possibile, perché nel ritiro il Signore parla liberamente all’anima e l’anima è piú in grado di ascoltare la sua voce. Diminuisci le tue visite e sopportale cristianamente quando ti vengono fatte." (Epist. III, p. 432).

SANTI é BEATI :

Santa Maria Giuseppa Rossello Vergine

7 dicembre

Albissola Marina (Savona), 27 maggio 1811 - Savona, 7 dicembre 1880

Nacque nel 1811 presso Savona e sin da piccola si distinse per carità e devozione. Non ebbe mai una bambola, non solo perché era un giocattolo molto costoso ma anche perché al divertimento anteponeva i problemi della gente, specie i giovani dei quartieri popolari. Iscrittasi tra le terziarie francescane, lavorò, presso due due nobili coniugi. Rifiutò però di essere adottata perché in cambio i «genitori» chiedevano che rinunciasse a prendere il velo. Ricevette il premio alla sua generosità quando il vescovo di Savona accettò che si occupasse della gioventù povera e abbandonata. Sin dal 1837 intorno a lei si formò un gruppo di ragazze che aprirono due scuole popolari femminili. Tre anni dopo nacque l'Istituto delle Figlie di Nostra Signora della Misericordia che suor Rossello guidò per oltre quarant'anni. Presto la Congregazione si diffuse in Italia e in Africa dove si occupò soprattutto dei bimbi ridotti in schiavitù. Morì il 7 dicenbre 1880 a Savona. È stata canonizzata da papa Pio XII il 12 giugno 1949. (Avvenire)

Etimologia: Maria = amata da Dio, dall'egiziano; signora, dall'ebraico

Emblema: Giglio

Martirologio Romano: A Savona, Santa Maria Giuseppa (Benedetta) Rossello, vergine, che fondò l’Istituto delle Figlie di Nostra Signora della Misericordia e si dedicò con fervore alla salvezza delle anime, confidando solo in Dio.
Ascolta da RadioVaticana:
Ascolta da RadioMaria:


Maria Giuseppa Rossello, nata nel 1811 presso Savona, comprese istintivamente quali fossero i problemi più urgenti del suo tempo e i bisogni più acuti della sua società.
C'era bisogno di umiltà e di distacco dalle cose terrene, per opporsi all'inevitabile egoismo della società borghese e del liberalismo economico. C'era bisogno di apostolato religioso, ma anche di assistenza materiale per chi si trovava nell'ignoranza e nella miseria.
La ragazzina ligure non ebbe mai una bambola, non solo perché era un giocattolo troppo costoso, ma perché i suoi viventi bambolotti furono i ragazzi del quartiere popolare, da lei curati e istruiti con passione.
Giovanetta, avrebbe voluto entrare in religione, ma non poté mai raggranellare la " dote " che veniva abitualmente richiesta alle postulanti.
Andò così a servizio, presso una famiglia di signori di Savona. Questi si affezionarono tanto alla giovane laboriosa e silenziosa, da offrirle di diventare loro figlia adottiva ed erede, essendo privi di prole.
Chiedevano in cambio che Maria Giuseppa rinunziasse a ogni proposito di prendere il velo. Quando la giovane ligure, dopo una combattuta scelta, declinò tale offerta, la sua decisione, umanamente inspiegabile, destò tale meraviglia da rasentare lo scandalo.
" Se non siamo generosi con Dio, egli non lo sarà con noi - avrebbe scritto più tardi la Santa. - Non si risponde all'amore che con l'amore ".
Ricevette infatti il premio della sua generosità e del suo amore, quando, nel 1837, il Vescovo di Savona accettò che l'ex-domestica si occupasse della gioventù femminile negletta materialmente e pericolante moralmente.
Si formò così una piccola compagnia di donne, animate da Maria Giuseppa Rossello, che aprirono due scuole popolari femminili e posero la loro fondazione sotto la protezione della Madonna della Misericordia, di cui si dissero " Figlie ".
Suor Maria Giuseppa ne fu l'economa, e la maestra delle novizie. A lei era affidata gran parte dei lavoro materiale. " La mano al lavoro, il cuore a Dio " raccomandava alle altre suore. E quando il compito sembrava troppo gravoso: " Fate ciò che potete: Dio farà il resto ".
Dopo due anni, contro la sua modestia, ella era a capo del piccolo istituto, riconosciuto ufficialmente da Carlo Alberto e aiutato dal Vescovo di Savona. " Se l'opera che noi intraprendiamo è di Dio, arriveremo a compierla " diceva Madre Rossello, senza mai scoraggiarsi.
In quarant'anni, grazie al suo tenace lavoro, le Figlie di Nostra Signora della Misericordia si moltiplicarono, moltiplicando la loro opera. Oggi, migliaia di suore, al di qua e al di là degli oceani, ricordano la loro fondatrice, morta nel 1880 e canonizzata nel 1949.

(Mt 9,35-10,1.6-8) Vedendo le folle, ne sentì compassione.

VANGELO
 (Mt 9,35-10,1.6-8) Vedendo le folle, ne sentì compassione. 
+ Dal Vangelo secondo Matteo

In quel tempo, Gesù percorreva tutte le città e i villaggi, insegnando nelle loro sinagoghe, annunciando il vangelo del Regno e guarendo ogni malattia e ogni infermità.Vedendo le folle, ne sentì compassione, perché erano stanche e sfinite come pecore che non hanno pastore. Allora disse ai suoi discepoli: «La messe è abbondante, ma sono pochi gli operai! Pregate dunque il signore della messe, perché mandi operai nella sua messe!».Chiamati a sé i suoi dodici discepoli, diede loro potere sugli spiriti impuri per scacciarli e guarire ogni malattia e ogni infermità. E li inviò ordinando loro: «Rivolgetevi alle pecore perdute della casa d’Israele. Strada facendo, predicate, dicendo che il regno dei cieli è vicino. Guarite gli infermi, risuscitate i morti, purificate i lebbrosi, scacciate i demòni. Gratuitamente avete ricevuto, gratuitamente date».

Parola del Signore


LA MIA RIFLESSIONE

PREGHIERA

Signore sei Tu il mio Pastore,non manco di nulla......Tu guidi la mia vita ed io provo a seguirti con amore,a volte cado mio pastore e tu sei sempre pronto per rialzarmi,concedimi ancora la luce del tuo spirito per illuminare la mia via e quella di chi leggerà... gratuitamente hai dato, gratuitamente vorrei restituire. Amen.

Gesù conosceva la gente mano a mano che avanzava nel suo cammino, nelle sinagoghe, nel deserto, nelle città, nei villaggi… ed ovunque andava provava compassione per le persone, le vedeva così sbandate, come pecore senza pastore, perché vagavano ma non sapevano neanche loro a chi rivolgersi per reindirizzare la propria vita. Ecco perché la folla si accalca intorno a Gesù, perché lui porta con se qualcosa di nuovo, di diverso. Lui solo ha parole di vita eterna. La parola di Gesù è valida ancora oggi e, a noi cristiani, suoi discepoli, affida il compito di vivere la sua parola e di portarla ai nostri fratelli, la stessa parola che aiuta a vivere una vita che ha un senso, una vita che ci introduce nel regno dei cieli. Dove altro potremmo andare altrimenti, dietro a chi? Il mondo è pieno di sfavillanti lustrini, di tentazioni, di abbagli, ma tutto è fittizio, tutto è falso ed ingannevole, anche gli affetti non durano o si trasformano, difficilmente i legami superano le difficoltà, uno solo è l’amore eterno che ci cerca, il buon pastore che ci rincorre, che si incammina nel nostro deserto, nella nostra notte più nera e prendendoci per mano ci riporta all’ ovile, alla casa del Padre.
In questa pagina notiamo il parallelismo con quella di Luca, che discepolo di Paolo che era in prigione, come Matteo, mette in risalto quello che era il compito affidato ai discepoli: guidare il suo gregge.E’ chiaramente Gesù il Buon Pastore per eccellenza, ma affidando ai discepoli il compito di guidare il suo gregge noi vediamo che per prima cosa raccomanda la preghiera per la sua Chiesa, per i pastori. La preghiera è fondamentale perché crea quel legame profondo tra gli uomini e Dio, come se avessimo un lume accanto e lo accendessimo, allora potremo alla luce dello Spirito Santo vivere in comunione con Gesù Cristo. Ma se teniamo il lume spento, non alimentiamo la nostra fede, se vogliamo decidere di andare avanti da soli, inciamperemo molto presto.
Qualcuno potrebbe pensare che una persona non può pregare in continuazione, che non sarebbe vita, perché spesso ci pensa alla preghiera in maniera errata, come ad un obbligo da adempiere, e forse all’inizio è un po’ così per molti, ma pian piano, con il Suo Santo aiuto, si riesce ad entrare veramente in comunione, a vivere sentendo che il Signore è al nostro fianco, che ci guida e ci assiste in ogni nostra esigenza.
E’ il Signore che ci viene incontro, ma ci chiede di fare dei passi ben precisi verso di Lui, ed uno di questi è quello di conoscerlo veramente; di capire attraverso le sue parole, quello che è giusto e quello che è sbagliato ai suoi occhi, ma più di tutto, per il nostro bene, perché su una cosa non dobbiamo mai avere dubbi, anche nelle varie prove che si succedono nella nostra vita, ed è che Dio ci ama.
La sua presenza assidua, ci guarirà dall’ insoddisfazione, dalla cattiveria, dall’ egoismo, dalla paura di perderci e, finalmente, potremo riuscire a sentirci fratelli di tutti nel mondo, figli di uno stesso Padre, membra del corpo di Cristo.
Quando Gesù passa nella nostra vita, ci guarisce e niente è più come prima, per questa grazia che abbiamo ricevuto, dobbiamo dare testimonianza, perché come Gesù, dobbiamo provare amore e compassione, per le altre pecore sperdute del gregge, e non sentirci salvi e giusti, fregandocene degli altri o giudicandoli.
E’ facile smarrire la via, il nostro nemico è molto astuto, ci abbaglia con il suo mondo di lustrini appariscenti e illudendoci, non ci permette di riconoscere i fratelli più piccoli e bisognosi.
In questo avvento, perché Gesù trovi veramente un posto nel nostro cuore, apriamolo a Lui, e lasciamoci trasformare. E’ un Natale di crisi per molti, facciamo che sia anche un Natale d’amore.

giovedì 5 dicembre 2013

VOCE DI SAN PIO :

-" Quando non riesci a camminare a gran passi per la via che a Dio conduce, contentati dei piccoli passi ed aspetta pazientemente che abbi gambe per correre, o meglio ali per volare. Contentati, mia buona figliuola, di essere per ora una piccola ape di nido che ben presto diventerà una grand’ape abile a fabbricare il miele." (Epist. III, p. 432).

SANTI é BEATI :


San Pietro Pascasio (Pedro Pascual) Martire
Valencia, Spagna, 1227 - Granada, 1300
Pedro Pascual (italianizzato in Pietro Pascasio) nacque a Valencia verso il 1225. Studiò a Parigi con san Bonaventura e san Tommaso, poi tornò in Spagna. Entrò tra i Mercedari: il nome Pietro, infatti, gli era stato dato dai genitori perché, sterili, avevano invocato san Pietro Nolasco, fondatore dell'ordine dedito agli schiavi. Divenuto vescovo di Jaén, percorse Spagna e Portogallo, confortando i prigionieri degli arabi. Fu catturato e portato dal sultano di Granada. Dapprima ebbe una certa libertà. Poi, date le molte conversioni, fu ucciso nel 1300. (Avvenire)
Emblema: Palma

Martirologio Romano: A Granada in Spagna, beato martire Pietro Pascual, vescovo di Jaén, dell’Ordine della Mercede, che, arrestato dai Mori mentre, in visita al suo gregge, esortava il popolo alla difesa delle fede, morì in prigione.

Un martire vittima dell’integralismo islamico del lontano 1300; Pedro Pascual (nome spagnolo) nacque a Valencia verso il 1225 e la sua nascita fu attribuita alle preghiere di s. Pietro Nolasco per i suoi genitori, da lungo tempo sterili.
I suoi primi studi li fece presso i Benedettini; nel 1241 si recò all’Università di Parigi, compagno di studio di s. Bonaventura e s. Tommaso, si addottorò nel 1249 e ordinato sacerdote.
Tornato a Valenza venne nominato canonico, dedicandosi alla predicazione, finché nel 1250 entrò nell’Ordine di Maria della Mercede, prese ad insegnare teologia e lettere nel convento di Saragozza, fra i suoi discepoli ebbe anche Sancio figlio del re Giacomo I, che accompagnò poi a Viterbo dove il giovane venne nominato vescovo di Toledo da papa Clemente IV, il 31 agosto 1266.
Collaborò con Sancio nella direzione della Diocesi, finché questi caduto prigioniero dei Mori, venne decapitato nel 1275. Negli anni seguenti Pietro Pascasio percorse la Spagna e il Portogallo, predicando, portando conforto ai cristiani schiavi degli arabi e costruendo vari conventi dell’Ordine dei Mercedari, fondato da s. Pietro Nolasco il 10 agosto 1218.
Nel 1291 per conto dell’Ordine, partì per Roma, predicando per tutta la Francia e l’Italia, arrivando ad Orvieto il 26 agosto 1291, dove si trovava il papa Niccolò IV; nel 1296 era di nuovo a Roma dove il papa Bonifacio VIII, lo nominò vescovo di Jaén, venendo consacrato nella basilica di S. Bartolomeo all’isola Tiberina.
Tornato in Spagna lavorò per riordinare la sua diocesi, che era senza vescovo da sei anni, a causa dell’occupazione dei Mori musulmani. E visitando la diocesi venne catturato dagli arabi nel 1297 e trasportato a Granada sede del re musulmano Moley Mahomed che lo fece suo schiavo, ma essendo tributario diretto del re di Castiglia, gli diede la libertà di girare per la città a confortare gli schiavi e istruire i cristiani liberi.
Pietro Pascasio comunicò al papa la sua situazione di prigioniero, il quale scrisse alla curia di Jaén di raccogliere elemosine per la liberazione del vescovo; per due volte fu raccolta la cifra e per due volte Pietro preferì utilizzarla per la liberazione di donne e fanciulli in pericolo.
Nel suo stato di semilibertà poté scrivere vari argomenti teologici e dottrinari, specie sull’immacolato concepimento della Vergine, anticipando di almeno dieci anni la dottrina di Giovanni Duns Scoto.
Dalle sue opere si vede la sua conoscenza delle lingue parlate in quell’epoca in Europa, ma anche dell’arabo, dell’ebraico e aramaico; disputava con giudei e musulmani, confutando i loro errori dottrinari.
I musulmani irritati dagli attacchi alla loro religione e per il fatto che alcuni di loro si convertivano, lo rinchiusero in una oscura prigione, condannandolo infine alla pena capitale, decapitandolo il 6 dicembre 1300. Il suo culto fu confermato con un regolare processo, da papa Clemente X, il 14 agosto 1670; il ‘Martirologio Romano’ lo celebra al 6 dicembre.

Autore:
Antonio Borrelli

(Mt 9,27-31)Gesù guarisce due ciechi che credono in lui.

VANGELO
 (Mt 9,27-31)Gesù guarisce due ciechi che credono in lui.
+ Dal Vangelo secondo Matteo


In quel tempo, mentre Gesù si allontanava, due ciechi lo seguirono gridando: «Figlio di Davide, abbi pietà di noi!».
Entrato in casa, i ciechi gli si avvicinarono e Gesù disse loro: «Credete che io possa fare questo?». Gli risposero: «Sì, o Signore!».
Allora toccò loro gli occhi e disse: «Avvenga per voi secondo la vostra fede». E si aprirono loro gli occhi.
Quindi Gesù li ammonì dicendo: «Badate che nessuno lo sappia!». Ma essi, appena usciti, ne diffusero la notizia in tutta quella regione.


Parola del Signore


LA MIA RIFLESSIONE
PREGHIERA
Vieni o Spirito Santo, trova il posto che è Tuo di diritto nel mio cuore e nella mente; fa che tutto di me viva di Te, perché la fede che il Signore mi ha donato, possa essere luce riflessa e lampada per i momenti di buio dei nostri piccoli cuori infedeli ed umani.


Gesù sì allontanava….Questa frase mi colpisce, perché Gesù non si allontana, ma certo noi spesso lo facciamo ed ecco che appena lontani, diventiamo come ciechi.
Se viviamo fuori della visione del Cristianesimo, quindi limitandoci a vivere da uomini, tutto è ammesso, tutto è normale, anche il male che fa parte della nostra vita ha una sua ragione d’essere, perché l’unico scopo dell’essere umano è il raggiungimento del proprio benessere, anche a scapito degli altri; è questo che gli uomini cercano, con tutti i mezzi, leciti e non.
La vita senza Cristo è veramente di un’aridità incredibile, quasi come se tutto dovesse essere vissuto velocemente e per forza, come se un istinto incontrollabile prenda possesso del nostro io e lo costringa a vivere incurante delle conseguenze dei propri gesti.
In un mondo così non c’è spazio per nessun altro che non sia il nostro io, ma ci circondiamo di falsi amici e di cattivi maestri per non rendercene conto.
In questi giorni si discute in televisione d’eutanasia e d’accanimento terapeutico, molti sono quelli che, essendo lontani dall’ amore, non accettano l’idea che doversi occupare di corpi martoriati ed inermi, definendoli soltanto dei vegetali, e prego Dio che queste persone non siano costrette mai a stare dall’ altra parte, non siano costrette a capire che essere favorevoli all’ eutanasia equivale a chiudere il corpo di una persona viva dentro ad una bara e a sotterrarla.
Forte come immagine, lo so, ma visto che oggi si sta imponendo silenziosamente il concetto d’eutanasia, dovete concedermelo, anzi, concedercelo, perché voglio parlare in nome di tutti coloro che non possono farlo.
Quando a ferragosto hanno ricoverato mia nipote Chicca per embolia celebrale, ci hanno chiesto di firmare un foglio per intervenire attaccandola alle macchine per mantenerla in vita, se ce ne fosse stato bisogno….Ma non dovrebbe essere sempre così? Non dovrebbe essere un nostro diritto essere aiutati a vivere in un ospedale? Silenziosamente hanno cambiato le regole ed ora dobbiamo chiedere di essere mantenuti in vita, solo perché siamo un costo aggiuntivo alle casse della previdenza sociale.Centinaia di famiglie sono abbandonate a se stesse nella triste esigenza di provvedere ad un parente invalido, ma lontani da Gesù, quelle famiglie non c’interessano, quelle persone non sono esseri umani, e questo che lo vogliamo o no, avviene anche per colpa nostra.
Siamo Cristiani tiepidi, non ci sentiamo membra dello stesso corpo, non vogliamo vedere il dolore degli altri, ma solo le nostre privazioni, le nostre frustrazioni, facendoci accecare dall’ egoismo.
Gesù ci prende per mano e ci guida oltre tutto questo, ascoltiamolo, facciamoci aprire gli occhi dall’ Amore assoluto, e viviamo alla luce della sua parola, perché solo con Gesù possiamo vivere una vita degna di essere chiamata tale.
Gesù non ci permette di arrenderci davanti alla croce, ma ci aiuta a portarla; non ci fa schiacciare dall’ egoismo e dalla cattiveria; non permette alla parte peggiore di noi di prevalere su quella buona, non ci fa vivere come bestie ascoltando solo i nostri istinti; Gesù ci dona la vista!
Io vivo sperando e implorando Dio di non dover mai scegliere per qualcun altro, perché ho paura di quello che potrebbe succedere dentro di me, ho paura che vedere soffrire senza speranza una persona mi possa portare a considerare la morte il suo bene, non me la sento di giudicare nessuno perché fa questa scelta, ma chiedo a Dio di starmi vicino e darmi la forza della speranza, della fede, e di impedirmi in tutti i modi, di fare la scelta orribile della morte. Figlio di Davide, abbi pietà di me!


mercoledì 4 dicembre 2013

VOCE DI SAN PIO :

-" Operiamo il bene, mentre abbiamo a nostra disposizione del tempo, e daremo gloria al nostro Padre celeste, santificheremo noi stessi e daremo buon esempio agli altri." (Epist. III, p. 397).

SANTI é BEATI :

Beato Bartolomeo Fanti Carmelitano
Mantova, 1428 circa - Mantova, 5 dicembre1495
Nato a Mantova attorno al 1428, Bartolomeo Fanti nel 1452, era già sacerdote carmelitano ed entrò a far parte della Confraternita della Madonna, esistente nel chiesa del Carmine - e il 1° gennaio 1460 ne divenne padre spirituale. Compito che mantenne per 35 anni. Fu anche rettore della Confraternita - per la quale scrisse la regola e gli statuti: una regola che richiama, nello stile, quella del primo Ordine dei carmelitani - sino alla morte. Umile e mansueto, fu per tutti un esempio di preghiera, generosità e fedeltà nel servizio del Signore. Si distinse per il suo amore all'Eucaristia, centro della sua vita apostolica, e per la devozione mariana. Pare sia stato anche maestro dei novizi. Morì nel 1495. È stato beatificato da Pio X il 18 marzo 1909. <I> (Avv.)</i>
Martirologio Romano: A Mantova, beato Bartolomeo Fanti, sacerdote dell’Ordine dei Carmelitani, che con le parole e con l’esempio accese nel cuore dei fedeli un santo amore per Dio e una filiale devozione verso Maria sua Madre.

Nativo di Mantova, nel 1452 era già sacerdote carmelitano della Congregazione Mantovana. Per 35 anni, nella chiesa carmelitana della sua città, fu direttore spirituale e rettore della Confraternita della B.V. Maria, per la quale scrisse la regola e gli statuti. Umile e mansueto, fu per tutti un esempio di preghiera, generosità e fedeltà nel servizio del Signore. Si distinse per il suo amore all'Eucarestia, centro della sua vita apostolica, e per la devozione mariana. Morì nel 1495.Il beato Bartolomeo Fanti nacque a Mantova nel 1428 ca. e di lui si sa, che da giovane entrò a far parte dell’Ordine Carmelitano, nella cosiddetta ‘Congregazione Mantovana’ della sua città.
La Congregazione era scaturita nei primi anni del Quattrocento, quale necessità di riforma dell’antico Ordine; fu riconosciuta nel 1442 da papa Eugenio IV (1383-1447).
In quel turbolento periodo per la Chiesa Cattolica, che vide operante il devastante Scisma d’Occidente e il seguente Scisma di Basilea, con papi legittimi e antipapi, eletti da Concili di vescovi e cardinali in dissenso fra loro, nell’Ordine Carmelitano sorgevano idee di riforma dell’antica Osservanza, in contrapposizione ad idee di ristabilimento del rigore della primitiva osservanza della Regola.
È di quel periodo, nel quale Bartolomeo Fanti entrò fra i Carmelitani, la grande figura del beato Giovanni Soreth (1394-1471), generale di tutto l’Ordine; egli è ricordato soprattutto come riformatore, cioè per la sua continua opera di ricondurre l’Ordine allo splendore dell’Osservanza regolare, in un periodo storico particolarmente critico.
In questa attività agì in due direzioni; curando che venissero osservate la Regola e le costituzioni, ed introducendo nel maggior numero di conventi che poté, l’Osservanza nel suo significato specifico, riguardo alla povertà ed al raccoglimento interno ed esterno.
Il primo tipo di osservanza veniva dall’alto ed era obbligatorio per tutti, il secondo proveniva dal desiderio di singoli o di gruppi per una maggiore perfezione; desiderio che il Generale riconosceva, favoriva e difendeva, anche emanando decreti e privilegi adatti allo scopo.
E a questo secondo itinerario appartenne la Congregazione Mantovana, che mostrava intenti separatisti, fu detta anche “eugeniana”, perché approvata poi da papa Eugenio IV.
Il padre Generale Giovanni Soreth fu generoso e comprensivo con la Congregazione, favorendo il passaggio ad essa di alcuni conventi e trattando i suoi religiosi con familiarità, tanto da sembrare il loro priore locale piuttosto che il Generale. Il beato Giovanni Soreth fu anche l’artefice della fondazione nel 1452, dell’Ordine delle Carmelitane, che si diffuse rapidamente in Spagna e nei Paesi Bassi.
Ritornando a Bartolomeo Fanti, carmelitano a Mantova, il 28 febbraio 1452 entrò a far parte della Confraternita della Madonna, che esisteva nella chiesa del Carmine e il 1° gennaio 1460 ne divenne padre spirituale e rettore, scrivendone anche la Regola e gli Statuti.
La regola scritta da padre Bartolomeo Fanti consta di dodici capitoletti, è molto semplice e concisa e nello stile richiama quella del primo Ordine dei Carmelitani. Fra l’altro compose gli statuti della Compagnia del Carmine e un registro di fatti importanti.
Fu rettore e padre spirituale della Confraternita della Madonna, praticamente fino alla morte, dedicandosi a questo compito con grande fervore e zelo, così come richiedeva allora l’importanza sociale e religiosa delle Confraternite.
Umile e mansueto, fu per tutti un esempio di preghiera, generosità e fedeltà nel servizio del Signore. Si distinse per il suo amore all’Eucaristia, centro della vita apostolica, e per la devozione mariana.
Si ritiene che sia stato anche maestro dei novizi, anche se non è comprovato, perché venne raffigurato mentre parla con fervore dell’Eucaristia, ad un gruppo di giovani novizi carmelitani.
Morì a Mantova il 5 dicembre 1495; successivamente il suo corpo, ancora incorrotto, ebbe varie traslazioni: nel 1516 nella Cappella della Madonna; dopo la soppressione del convento nel 1783, fu traslato in S. Marco e da qui nel 1793 nella Cappella della Madonna Incoronata in cattedrale.
Il suo culto come Beato, fu confermato da papa s. Pio X il 18 marzo 1909.

Autore:
Antonio Borrelli

(Mt 7,21.24-27) Chi fa la volontà del Padre mio, entrerà nel regno dei cieli.

VANGELO DI GIOVEDì 5 DICEMBRE
(Mt 7,21.24-27) Chi fa la volontà del Padre mio, entrerà nel regno dei cieli. 
+ Dal Vangelo secondo Matteo

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Non chiunque mi dice: “Signore, Signore”, entrerà nel regno dei cieli, ma colui che fa la volontà del Padre mio che è nei cieli. Perciò chiunque ascolta queste mie parole e le mette in pratica, sarà simile a un uomo saggio, che ha costruito la sua casa sulla roccia. Cadde la pioggia, strariparono i fiumi, soffiarono i venti e si abbatterono su quella casa, ma essa non cadde, perché era fondata sulla roccia. Chiunque ascolta queste mie parole e non le mette in pratica, sarà simile a un uomo stolto, che ha costruito la sua casa sulla sabbia. Cadde la pioggia, strariparono i fiumi, soffiarono i venti e si abbatterono su quella casa, ed essa cadde e la sua rovina fu grande».

Parola del Signore

LA MIA RIFLESSIONE
PREGHIERA
Signore mio, aiutami con il tuo Santo Spirito a leggere la Tua parola e a viverla nel mondo d’oggi, come Gesù duemila anni fa, voglio vivere solo con Te e di Te. Ascoltami e Così sia.

Gesù ci mette in guardia da una cosa molto importante, non basta l’apparenza per entrare nel regno di Dio. Per vivere in pieno la fede, infatti, perché sia salda e non cada alle prime intemperie, bisogna capire e vivere la parola di Dio. E’ inutile pronunciare con la bocca per esempio, una preghiera per i poveri, se poi quando ci passano accanto ci giriamo dall’ altra parte schifati, non serve far vedere quanto si è bravi cristiani, ma occorre essere bravi cristiani, perché altrimenti alla prima tentazione forte, crolliamo. La fede che Gesù c’ invita ad avere è fondata sulle solide basi dell’ amore che ci lega a Dio, ed è una cosa bellissima confidare, affidarsi, condividere la propria vita con Lui. Troppo spesso noi preferiamo affidarci agli uomini, al politico potente, al personaggio pubblico e mettiamo Dio sul comodino, come un abat jour da accendere nel momento del bisogno. Questo è quanto di più sbagliato possiamo fare perché Gesù è la luce che deve illuminare i nostri passi, la sua parola la via da seguire; il nostro cuore deve spogliarsi delle cose del mondo e appartenere totalmente a Dio. Non è facile la via che il Signore ci indica, ma dobbiamo continuare a provare la via della perfezione, dobbiamo seguire la parola di Dio, perché quello che è scritto nelle sacre scritture, solo se praticato, renderà salda la nostra fede. Oggi leggiamo nella preghiera di colletta: ridesta la tua potenza, Signore e con grande forza soccorri i Tuoi fedeli; la Tua grazia vinca le resistenze del peccato e affretti il momento della salvezza. Non dobbiamo pensare di essere da soli, di dover fare cose impossibili, ma solo di chiedere al Signore la forza e la grazia necessarie per vivere cercando il più possibile di capire che l’ amore che Dio ha riposto in noi, che il fatto di essere un solo corpo con Cristo, ci saprà condurre sempre sulla strada giusta. Vivere il mondo e la nostra stessa vita, comunicando al Signore, la nostra accettazione di Figli Suoi, consapevoli di essere stati creati per amare quello che Lui ha creato per noi e per amarci l’ uno con l’ altro.

martedì 3 dicembre 2013

VOCE DI SAN PIO :

-" Il tuo regno non è lontano e tu facci partecipare al tuo trionfo sulla terra per poi partecipare al tuo regno nel cielo. Fa che, non potendo contenere la comunicazione della tua carità, predichiamo con l’esempio e con le opere la tua divina regalità. Prendi possesso dei nostri cuori nel tempo per possederli nell’eternità. Che mai ci togliamo da sotto il tuo scettro, né la vita né la morte valga a separarci da te. La vita sia vita attinta da te a larghi sorsi d’amore per spandersi sull’umanità e ci faccia morire ad ogni istante per vivere solo di te e spandere te nei nostri cuori." (Epist. IV, p. 888).

SANTI é BEATI :

Santa Barbara Martire
sec. III
Nacque a Nicomedia nel 273. Si distinse per l'impegno nello studio e per la riservatezza, qualità che le giovarono la qualifica di «barbara», cioè straniera, non romana. Tra il 286-287 Barbara si trasferì presso la villa rustica di Scandriglia, oggi in provincia di Rieti, al seguito del padre Dioscoro, collaboratore dell'imperatore Massimiano Erculeo. La conversione alla fede cristiana di Barbara provocò l'ira di Dioscoro. La ragazza fu così costretta a rifugiarsi in un bosco dopo aver distrutto gli dei nella villa del padre. Trovata, fu consegnata al prefetto Marciano. Durante il processo che iniziò il 2 dicembre 290 Barbara difese il proprio credo ed esortò Dioscoro, il prefetto ed i presenti a ripudiare la religione pagana per abbracciare la fede cristiana. Questo le costò dolorose torture. Il 4 dicembre, infine, fu decapitata con la spada dallo stesso Dioscoro, che fu colpito però da un fulmine. La tradizione invoca Barbara contro i fulmini, il fuoco e la morte improvvisa. I suoi resti si trovano nella cattedrale di Rieti. (Avvenire)
Patronato: Architetti, Minatori, Moribondi, Fucili e polvere da sparo, Vigili del Fuoco
Etimologia: Barbara = straniera, dal greco
Emblema: Palma, Torre

Martirologio Romano: A Nicomedia, commemorazione di santa Barbara, che fu, secondo la tradizione, vergine e martire.
Ascolta da RadioVaticana:
  
Ascolta da RadioMaria:
  

Esistono molte redazioni in greco e traduzioni latine della passio di Barbara; si tratta, però, di narrazioni leggendarie, il cui valore storico è molto scarso, anche perché vi si riscontrano non poche divergenze. In alcune passiones, infatti, il suo martirio è posto sotto l’impero di Massimino il Trace (235 – 38) o di Massimiano (286 – 305), in altre, invece, sotto quello di Massimino Daia (308 –13). Né maggiore concordanza esiste sul luogo di origine, poiché si parla di Antiochia, di Nicomedia e, infine, di una località denominata “Heliopolis”, distante 12 miglia da Euchaita, città della Paflagonia. Nelle traduzioni latine, la questione si complica maggiormente, perché per alcune di esse Barbara sarebbe vissuta nella Toscana, e, infatti, nel Martirologio di Adone si legge: “In Tuscia natale sanctae Barbarae virginis et martyris sub Maximiano imperatore”. Ci si trova, quindi, di fronte al caso di una martire il cui culto fino all’antichità fu assai diffuso, tanto in Oriente quanto in Occidente; invece, per quanto riguarda le notizie biografiche, si possiedono scarsissimi elementi: il nome, l’origine orientale, con ogni verisimiglianza l’Egitto, e il martirio. La leggenda, poi, ha arricchito con particolari fantastici, a volte anche irreali, la vita della martire: si tratta di particolari che hanno avuto un influsso sia sul culto come sull’iconografia.
Il padre di Barbara, Dioscuro, fece costruire una torre per rinchiudervi la bellissima figlia richiesta in sposa da moltissimi pretendenti. Ella, però, non aveva intenzione di sposarsi, ma di consacrarsi a Dio. Prima di entrare nella torre, non essendo ancora battezzata e volendo ricevere il sacramento della rigenerazione, si recò in una piscina d’acqua vicino alla torre e vi si immerse tre volte dicendo: “Battezzasi Barbara nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo”. Per ordine del padre, la torre avrebbe dovuto avere due finestre, ma Barbara ne volle tre in onore della S.ma Trinità. Il padre, pagano, venuto a conoscenza della professione cristiana della figlia, decise di ucciderla, ma ella, passando miracolosamente fra le pareti della torre, riuscì a fuggire. Nuovamente catturata, il padre la condusse davanti al magistrato, affinché fosse tormentata e uccisa crudelmente. Il prefetto Marciano cercò di convincere Barbara a recedere dal suo proposito; poi, visti inutili i tentativi, ordinò di tormentarla avvolgendole tutto il corpo in panni rozzi e ruvidi, tanto da farla sanguinare in ogni parte. Durante la notte, continua il racconto seguendo uno schema comune alle leggende agiografiche, Barbara ebbe una visione e fu completamente risanata. Il giorno seguente il prefetto la sottomise a nuove e più crudeli torture: sulle sue carni nuovamente dilaniate fece porre piastre di ferro rovente. Una certa Giuliana, presente al supplizio, avendo manifestato sentimenti cristiani, venne associata al martirio: le fiamme, accese ai loro fianchi per tormentarle, si spensero quasi subito. Barbara, portata ignuda per la città, ritornò miracolosamente vestita e sana, nonostante l’ordine di flagellazione. Finalmente, il prefetto la condannò al taglio della testa; fu il padre stesso che eseguì la sentenza. Subito dopo un fuoco discese dal cielo e bruciò completamente il crudele padre, di cui non rimasero nemmeno le ceneri.
L’imperatore Giustino, nel sec. VI, avrebbe trasferito le reliquie della martire dall’Egitto a Costantinopoli; qualche secolo più tardi i veneziani le trasferirono nella loro città e di qui furono recate nella chiesa di S. Giovanni Evangelista a Torcello (1009). Il culto della martire fu assai diffuso in Italia, probabilmente importato durante il periodo dell’occupazione bizantina nel sec. VI, e si sviluppò poi durante le Crociate. Se ne trovano tracce in Toscana, in Umbria, nella Sabina. A Roma, poi, secondo la testimonianza di Giovanni Diacono (Vita, IV,89), s. Gregorio Magno, quando ancora era monaco, amava recarsi a pregare nell’oratorio di S. Barbara. Il testo, però, ha valore solo per il IX sec.; comunque, è certo che in questo secolo erano stati costruiti oratori in onore di B., dei quali fa testimonianza il Liber Pontificalis (ed. L. Duchesne, II, pp. 50, 116) nelle biografie di Stefano IV (816-17) e Leone IV (847-55).
Barbara è particolarmente invocata contro la morte improvvisa (allusione a quella del padre, secondo la leggenda); in seguito la sua protezione fu estesa a tutte le persone che erano esposte nel loro lavoro al pericolo di morte istantanea, come gli artificieri, gli artiglieri, i carpentieri, i minatori; oggi è venerata anche come protettrice dei vigili del fuoco. Nelle navi da guerra il deposito delle munizioni è denominato “Santa Barbara”.
La festa di Barbara è celebrata il 4 dicembre.

Autore:
Gian Domenico Gordini

(Mt 15,29-37) Gesù guarisce molti malati e moltiplica i pani.

VANGELO 
(Mt 15,29-37) Gesù guarisce molti malati e moltiplica i pani. 
+ Dal Vangelo secondo Matteo

In quel tempo, Gesù giunse presso il mare di Galilea e, salito sul monte, lì si fermò. Attorno a lui si radunò molta folla, recando con sé zoppi, storpi, ciechi, sordi e molti altri malati; li deposero ai suoi piedi, ed egli li guarì, tanto che la folla era piena di stupore nel vedere i muti che parlavano, gli storpi guariti, gli zoppi che camminavano e i ciechi che vedevano. E lodava il Dio d’Israele.Allora Gesù chiamò a sé i suoi discepoli e disse: «Sento compassione per la folla. Ormai da tre giorni stanno con me e non hanno da mangiare. Non voglio rimandarli digiuni, perché non vengano meno lungo il cammino». E i discepoli gli dissero: «Come possiamo trovare in un deserto tanti pani da sfamare una folla così grande?». Gesù domandò loro: «Quanti pani avete?». Dissero: «Sette, e pochi pesciolini». Dopo aver ordinato alla folla di sedersi per terra, prese i sette pani e i pesci, rese grazie, li spezzò e li dava ai discepoli, e i discepoli alla folla. Tutti mangiarono a sazietà. Portarono via i pezzi avanzati: sette sporte piene.

Parola del Signore 





LA MIA RIFLESSIONE

PREGHIERA

O Santo Spirito di Dio, aiutami, fa che quello che tu vuoi si possa comprendere a chi legge le scritture, e aiutami ad aggiungere le briciole della tua sapienza a chi legge queste righe, perché tutto sia comprensibile anche a noi che siamo gli ultimi dei tuoi servi inutili.Te lo chiedo per Gesù Cristo nostro Signore….grazie. Amen.

Questa pagina del vangelo, nella versione di Luca, l’ abbiamo trovata nel giorno del corpus Domini, quindi in uno dei tempi forti della liturgia. E’ un testo che ci fa vedere cosa intende Gesù per “condivisione”, che mette l’accento su alcune piccole cose che potrebbero passare inosservate, ma che invece sono essenziali.
Gesù è con il suo popolo, guarisce coloro che si sono radunati nel suo nome, e si preoccupa della loro stanchezza, del loro dover tornare a casa…non può e non sa essere indifferente ai loro bisogni fisici, mentre i suoi discepoli invece, cercando di prevenire il problema, vorrebbero rimandarli a casa per tempo, (dal vangelo di Luca: «Congeda la folla perché vada nei villaggi e nelle campagne dei dintorni, per alloggiare e trovare cibo: qui siamo in una zona deserta».)
Proprio a loro Gesù chiede di usare tutto quello che avevano, di portarlo davanti a Lui perché lo benedica e di distribuirlo alla folla.Affidare al Signore le nostre povere forze, così come lui affida ai suoi discepoli il suo popolo, uno scambio di fiducia che deve essere reciproco, per essere concreto. Pensiamo che Gesù, pur essendo di natura Divina, non considerò se stesso un tesoro geloso, ma si spogliò divenendo servo per noi uomini, fino all’estremo sacrificio della morte sulla croce.Pensiamo a quelle braccia aperte e abbracciamo il suo corpo, nutriamoci di Lui con tutto il rispetto e la devozione, chiediamo di vincere con Lui il nostro egoismo, portiamo con noi verso quell’ostia i nostri fratelli, gli ammalati, i lontani, i deboli, ma in modo speciale, preghiamo Gesù per quelle mani consacrate che ci stanno offrendo il suo corpo e il suo sangue…amiamo i nostri sacerdoti e la nostra chiesa, preghiamo per loro.
Non è facile vivere la carità,la condivisione, non sentiamoci santi,perché tutti nel nostro piccolo potremmo fare molto di più,ma la paura del domani spesso spezza le ali della carità,l’idea che quello che possiamo fare è inutile,perché non risolve i problemi del mondo,è una molla che scatta e toglie le ali alla speranza.
Gesù c’invita a prendere il poco che abbiamo ed a condividerlo con i fratelli,ci chiede di affidarci a Lui e come provò compassione per la folla e non la lasciò tornare digiuna alla loro vita,così anche noi potremo vivere con lui e di Lui,da ora e per sempre.