giovedì 10 ottobre 2013

(Lc 11,15-26) Se io scaccio i demòni con il dito di Dio, allora è giunto a voi il regno di Dio.

VANGELO
 (Lc 11,15-26) Se io scaccio i demòni con il dito di Dio, allora è giunto a voi il regno di Dio.
+ Dal Vangelo secondo Luca

In quel tempo, [dopo che Gesù ebbe scacciato un demonio,] alcuni dissero: «È per mezzo di Beelzebùl, capo dei demòni, che egli scaccia i demòni». Altri poi, per metterlo alla prova, gli domandavano un segno dal cielo. Egli, conoscendo le loro intenzioni, disse: «Ogni regno diviso in se stesso va in rovina e una casa cade sull’altra. Ora, se anche Satana è diviso in se stesso, come potrà stare in piedi il suo regno? Voi dite che io scaccio i demòni per mezzo di Beelzebùl. Ma se io scaccio i demòni per mezzo di Beelzebùl, i vostri figli per mezzo di chi li scacciano? Per questo saranno loro i vostri giudici. Se invece io scaccio i demòni con il dito di Dio, allora è giunto a voi il regno di Dio.Quando un uomo forte, bene armato, fa la guardia al suo palazzo, ciò che possiede è al sicuro. Ma se arriva uno più forte di lui e lo vince, gli strappa via le armi nelle quali confidava e ne spartisce il bottino. Chi non è con me, è contro di me, e chi non raccoglie con me, disperde.Quando lo spirito impuro esce dall’uomo, si aggira per luoghi deserti cercando sollievo e, non trovandone, dice: “Ritornerò nella mia casa, da cui sono uscito”. Venuto, la trova spazzata e adorna. Allora va, prende altri sette spiriti peggiori di lui, vi entrano e vi prendono dimora. E l’ultima condizione di quell’uomo diventa peggiore della prima».

Parola del Signore
(Lc 11,15-26) Se io scaccio i demòni con il dito di Dio, allora è giunto a voi il regno di Dio.
(Lc 11,15-26) Se io scaccio i demòni con il dito di Dio, allora è giunto a voi il regno di Dio.

LA MIA RIFLESSIONE
PREGHIERA
Vieni o Santo Spirito e riempi il mio cuore di te e delle tue doti, donami sapienza e intelletto, consiglio e fortezza, e fa che in tutto possa essere gradita a Dio.


Nel Vangelo di oggi, Cristo si parla della lotta di Dio contro Satana.
Questa lotta diventa drammatica quando Cristo fa uscire Satana dagli indemoniati.
Satana è paragonato ad un uomo forte "bene armato che fa la guardia al suo palazzo".
Tuttavia, Gesù si mostra più forte di lui", perché lo vince "con il dito di Dio", con la sua forza divina, vale a dire con lo Spirito Santo (cf. Mt 12,28). Egli gli toglie le armi e gli strappa il bottino.
È il segno che il regno di Dio è venuto sulla terra e che la Lotta tra il bene ed il male in noi stessi richiedono una scelta, coloro che hanno reclamato da Gesù un segno, ecco che ce l'hanno. Non ne verranno dati loro altri.
 Scoprendo i loro pensieri perversi, Gesù mostra loro che sono sotto l' influenza dello  spirito malvagio.
Poiché noi ci troviamo in mezzo a questa lotta, c’ è impossibile una posizione neutrale: ognuno deve pronunciarsi pro o contro. Chi in questa lotta non è con lui, è con Satana, ricordiamo le parole di Gesù:
-o Dio o mammona.-  Gesù sa che gli uomini si fanno facilmente influenzare e che satana non li lascerà certo in pace, ma che in questa lotta farà di tutto per strapparli al Padre, per questo ci consiglia d’essere saldi nella fede e di difenderci dagli attacchi del maligno, fortificando le nostre difese con la preghiera e stando in guardia, esercitando la nostra mente alla parola del Signore, ma anche ad un colloquio diretto e continuo con la confessione.
La ricerca della perfezione spirituale, non è una forma di presunzione, ma, per come la vedo io, una questione d’umiltà; perché penso che poiché siamo ancora molto lontani da Gesù, che deve essere il nostro parametro di misura, abbiamo bisogno continuamente di confrontarci con la parola per non cadere nei trabocchetti del perfido.
Non credere che satana esiste è già essere caduti in trappola, è già avere fatto la propria scelta, è già negare la parola di Gesù, perché è lui stesso che ce ne parla, e purtroppo fratelli miei, molti sono quelli che ci sono caduti, diffidate anche di chi nella chiesa stessa, non crede che esista satana, e rendetevi conto che molti di questi sapientoni, poi sono gli stessi che invece lo vedono da tutte le parti in cui la Madonna appare…..

mercoledì 9 ottobre 2013

SANTI é BEATI :

- San Paolino di York

10 ottobre

Roma (?) - Rochester (Inghilterra), 644

Martirologio Romano: A Rochester in Inghilterra, transito di san Paolino, vescovo di York, che, monaco e discepolo del papa san Gregorio Magno, fu da lui mandato insieme ad altri a predicare il Vangelo agli Angli, dopo aver convertito alla fede di Cristo Eduino re di Northumbria, lavò nel fiume il suo popolo con il lavacro della rigenerazione.
Ascolta da RadioVaticana:


Uscito dal monastero, entra nella storia. Così si può dire di Paolino, nato da famiglia romana e poi accolto in un’illustre comunità monastica dell’Urbe: Sant’Andrea al Celio, che è luogo di preghiera e anche rampa di lancio. Da qui, infatti, come da altri monasteri, partono nei primi secoli cristiani gli evangelizzatori dell’Europa. Nel 596, il pontefice Gregorio Magno ha preso di qui il priore Agostino e un gruppo di monaci per mandarli nelle Isole britanniche. Cinque anni dopo, fa partire di qui un rinforzo di altri monaci, tra i quali Paolino.
In Britannia non c’è propriamente da introdurre il cristianesimo, ma da salvarlo. Vi è infatti arrivato alcuni secoli prima, al tempo del dominio romano, dandosi via via una gerarchia propria, una struttura. (Già nel 314, ad esempio, tre vescovi britannici avevano partecipato al concilio di Arles, in Francia). Ma nel V secolo, finito il dominio romano, è sorto quello degli Angli e dei Sassoni, conquistatori e immigrati al tempo stesso. Giunti via via dall’Europa occidentale, hanno occupato una vasta parte dell’isola creandovi sette regni: Northumbria, East Anglia, Mercia, Essex, Sussex, Wessex e Kent. La Britannia è diventata “Anglia”, terra degli Angli. Tutti pagani, dai re ai sudditi, sicché la cristianità dell’isola può essere salvata preservando la fede nei territori rimasti britannici, ma soprattutto cristianizzando Angli e Sassoni nei loro territori. Il gruppo di Paolino raggiunge Agostino, che sta rimettendo in piedi una struttura cristiana,intorno alla sede vescovile di Canterbury nel Kent.
Il 21 luglio del 625 Paolino viene consacrato vescovo, e in qualità di consigliere spirituale deve poi accompagnare la giovane Etelberga, figlia del sovrano del Kent, a York, dove sposerà il re di Northumbria, Edvino. York diventa la base operativa dalla quale Paolino intraprende le sue campagne di predicazione rivolta agli Anglosassoni pagani; e fa coraggio ai nuclei di cristiani sparsi nei territori. Egli sa usare efficacemente il metodo indicato da Gregorio Magno col nome di “discrezione”: non distruggere i templi pagani, non accanirsi contro certe usanze e feste, ma cristianizzare con gradualità edifici e usanze.
Dopo il matrimonio di Etelberga, Paolino rimane al suo fianco, per convertire alla fede cristiana anche il re Edvino. L’impresa è difficile e lunga: infine, dopo due anni di colloqui e di esortazioni, nel 627 il sovrano riceve il battesimo. E con lui si fanno cristiani personaggi di corte e sudditi: un’ondata opportunistica di cristiani improvvisati e provvisori; altra gente da quella che Paolino istruisce pazientemente per gradi, nel lungo esercizio della “discrezione”.
Nominato vescovo di York (con Canterbury, una delle due più importanti sedi vescovili d’Inghilterra), incomincia a costruirne la cattedrale in pietra. Ma non la vedrà finita. Il 12 ottobre 633 il re Edvino e suo figlio Osfrido sono uccisi in battaglia presso Doncaster, dal pagano Penda, re della Mercia, e dal suo alleato cristiano, il re gallese Cadwallon. Paolino riesce a condurre in salvo la regina Etelberga e i personaggi della corte, mentre il crollo del regno coinvolge anche le strutture ecclesiali da poco realizzate. Nominato poi vescovo di Rochester, Paolino vi muore nel 644. Alla sua fama di santità contribuirà molto la Storia ecclesiastica di Beda il Venerabile, dottore della Chiesa, nato in Northumbria 28 anni dopo la sua morte.


Autore: Domenico Agasso

VOCE DI SAN PIO :

-"In quanto al tuo spirito sta’ tranquilla ed affida sempre piú tutta te stessa a Gesú. Sforzati di uniformarti sempre ed in tutto alla divina volontà, sia nelle cose favorevoli che avverse, e non essere sollecita per il domani." (Epist. III, p. 455).

(Lc 11,5-13) Chiedete e vi sarà dato.

VANGELO
 (Lc 11,5-13) Chiedete e vi sarà dato.
+ Dal Vangelo secondo Luca

In quel tempo, Gesù disse ai discepoli: «Se uno di voi ha un amico e a mezzanotte va da lui a dirgli: “Amico, prestami tre pani, perché è giunto da me un amico da un viaggio e non ho nulla da offrirgli”, e se quello dall’ interno gli risponde: “Non m’importunare, la porta è già chiusa, io e i miei bambini siamo a letto, non posso alzarmi per darti i pani”, vi dico che, anche se non si alzerà a darglieli perché è suo amico, almeno per la sua invadenza si alzerà a dargliene quanti gliene occorrono.Ebbene, io vi dico: chiedete e vi sarà dato, cercate e troverete, bussate e vi sarà aperto. Perché chiunque chiede riceve e chi cerca trova e a chi bussa sarà aperto. Quale padre tra voi, se il figlio gli chiede un pesce, gli darà una serpe al posto del pesce? O se gli chiede un uovo, gli darà uno scorpione? Se voi dunque, che siete cattivi, sapete dare cose buone ai vostri figli, quanto più il Padre vostro del cielo darà lo Spirito Santo a quelli che glielo chiedono!».

Parola del Signore
(Lc 11,5-13) Chiedete e vi sarà dato.
(Lc 11,5-13) Chiedete e vi sarà dato.

LA MIA RIFLESSIONE
PREGHIERA
Ispirami o Dio, attraverso lo Spirito Santo, quale strada deve seguire il mio cuore per percorrere le Tue vie, senza timore di sbagliare e di ascoltare falsi profeti.


Dopo averci insegnato a pregare, Gesù ci fa conoscere la meravigliosa bontà e disposizione del Padre.
Per farlo ci fa il paragone con il nostro padre terreno, che si presume ci ami al di sopra di tutto, ma come noi non è perfetto nell'amore come Dio.
- Chiedi e ti sarà dato, bussa e ti sarà aperto - che sono le parole con le quali Gesù ci dice che se ci rivolgiamo a Dio con tutto il cuore, e con una vera disposizione a seguire le sue vie, a conoscerlo, Egli ci darà tutto quello che chiediamo, perché non aspetta altro che la nostra conversione a Lui e alla sua parola. Ora si tratta di capire qual' è la giusta disposizione per porci davanti a Lui, e sicuramente non è quella di pretendere già di sapere quali sono le cose giuste per noi, quindi accettiamo la sua volontà e cerchiamo di comprendere che se il Signore permette determinate cose e situazioni, lo fa per il nostro bene, perché sa qual' è il nostro bene, e quello di tutta l' umanità, poiché Lui è l'unica via per la nostra salvezza.
Un' altra cosa che possiamo notare e come questo brano non inizi con Gesù che ci parla di quello che Dio ci può dare, ma con quella che invece può essere la risposta del mondo al nostro bisogno di aiuto.  Avere gli uomini per amici, non è che sia sbagliato, assolutamente, non è questo che ci vuole dire Gesù, ma ci avverte che gli uomini sono un pochino egoisti, e non è che abbiano a cuore il nostro benessere, ma pensano molto più al loro. Dio invece ci ama e sa che cosa è meglio per noi, perciò quando preghiamo, e facciamolo spesso, anche per le piccole cose, non chiediamogli di accontentarci, ma di fare quello che è meglio per noi, e fidiamoci, Lui sa quello che fa!


martedì 8 ottobre 2013

VOCE DI SAN PIO : -

-" Ti prego poi a non angustiarti per quello che io vado ed andrò soffrendo, poiché il soffrire, per quanto grande sia, messo di fronte al bene che ci aspetta, riesce di diletto per l’anima.3 (Epist. III, p. 402).

SANTI é BEATI :

- Sant' Abramo Patriarca d'Israele

9 ottobre

Ur dei Caldei - Canaan, XIX secolo a.C.

Nella Bibbia due titoli definiscono precipuamente Abramo, il patriarca, originario della Mesopotamia, stabilitosi a Carran e di lì emigrato nella terra di Canaan. Amico di Dio, egli è il padre dei credenti. Come amico della divinità, è modello di vita religiosa e morale, che può intercedere per sé e per i suoi alleati. Come credente, vive nella tensione tra fede e promessa.
Lascia il suo paese guidato dalla fiducia nella parola di Dio, ma le circostanze sembrano contraddire l’attesa: il patriarca è anziano, Sara non è in grado di avere figli.
«Abramo, tuttavia, credette nel Signore che glielo accreditò come giustizia». La dialettica della fede, però, diviene ancora più acuta con l’inaudita richiesta di sacrificare Isacco. Il viaggio di Abramo verso il monte Moria in compagnia del figlio diventa il paradigma della notte oscura, del viaggio della fede nella tenebra di Dio il quale sembra rinnegare la promessa tanto attesa e coltivata.
All’obbedienza del padre risponde il gesto di liberazione di Dio. In ambito cristiano è soprattutto l’apostolo Paolo a riflettere sulla figura di Abramo. Fedele alla sua concezione, ritiene che il patriarca, giustificato per la fede, sia sorgente di benedizione per l’umanità.
Inoltre, proprio dalla riflessione sulla sua figura Paolo trae la conclusione che la salvezza non deriva dalle opere ma dal dono di Dio accolto nella fede. Su questo punto insistettero Lutero, i teologi, gli uomini di cultura e gli artisti che aderirono alla riforma del XVI secolo. Modello di fede per ebrei e cristiani, Abramo è venerato anche dai seguaci dell’Islam.

Etimologia: Abramo = grande padre, dall'ebraico

Martirologio Romano: Commemorazione di sant’Abramo, patriarca e padre di tutti i credenti, che, chiamato da Dio, uscì dalla sua terra, Ur dei Caldei, e si mise in cammino per la terra promessa da Dio a lui e alla sua discendenza. Manifestò, poi, tutta la sua fede in Dio, quando, sperando contro ogni speranza, non si rifiutò di offrire in sacrificio il suo figlio unigenito Isacco, che il Signore aveva donato a lui già vecchio e da una moglie sterile.

Padre di tutti i credenti, così è chiamato Abramo patriarca del Vecchio Testamento e che rappresentò l’umanità nella grande alleanza che Dio propose.
Con la vicenda di Abramo, inizia la storia dei Patriarchi d’Israele, che va dal XIX al XVII secolo a.C., raccontata dal capitolo 12 al capitolo 50 nel primo libro della Bibbia, la Genesi.
Egli era discendente di Sem, uno dei tre figli di Noé e dimorava con il padre Terah e con tutta la famiglia ad Ur dei Caldei, antichissima città della Bassa Mesopotamia (attuale Iraq).
Terah poi con Abramo e sua moglie Sara e con il nipote Lot, lasciò Ur per emigrare nella terra di Canaan, arrivarono fino ad Harran (Carran) stabilendosi lì per lungo tempo, fino alla morte di Terah che visse 205 anni. Qui avvenne il fatto umanamente inspiegabile, Dio irrompe nella vita ordinaria di Abramo e gli parla chiamandolo ad una missione tanto grande quanto misteriosa: “Vattene dal tuo paese, dalla tua patria e dalla casa di tuo padre, verso il paese che ti indicherò. Farò di te un grande popolo e ti benedirò, renderò grande il tuo nome e diventerai una benedizione. Benedirò coloro che ti benediranno e coloro che ti malediranno, maledirò e in te si diranno benedette tutte le famiglie della terra”.
Abramo risponde con la fede; sarà poi sempre l’uomo della fede, il primo e il modello dei credenti e in quanto tale è padre di ogni credente, non soltanto della comunità ebraica, cristiana ed islamica, ma anche di tutti gli esseri umani, in cammino alla ricerca di Dio.
A 75 anni prese con sé la moglie Sara e il nipote Lot, figlio del defunto fratello Aran e si sposta alla maniera dei nomadi, con tutto il bestiame ed i servitori, lungo la regione montuosa della Palestina, toccando e soggiornando in vari luoghi, a Mamre nei pressi di Hebron, Canaan, Sichen, Bersabea nel Negheb, per un breve tempo a causa di una carestia, anche in Egitto; stabilendosi definitivamente nella steppa meridionale del Negheb.
In seguito a contrasti sorti fra i mandriani di Abramo e quelli di Lot che pure aveva grosse mandrie e greggi, per il poco spazio disponibile, Abramo e Lot si divisero; Lot si diresse allora verso la rigogliosa valle del Giordano, piantando le tende vicino a Sodoma, Abramo rimase nella terra di Canaan.
In quel tempo vi fu una scorreria al di là del Giordano e a sud della Palestina, di una spedizione di re orientali provenienti dall’est di Babilonia, i quali combattendo e vincendo i piccoli re della Pentapoli (Sodoma, Gomorra, Adma, Sebain, Soar) presero bottino e cittadini prigionieri, compreso Lot con i suoi beni.
Abramo avvertito di ciò, intervenne con i suoi uomini più esperti nelle armi e piombando di notte sugli invasori li sconfisse, liberò Lot e gli altri prigionieri, recuperando i beni, inseguendoli fino oltre Damasco.
Del bottino fatto, Abramo offrì una decima a Melchisedech, sacerdote dell’Altissimo e re di Shalem, che gli era venuto incontro benedicendolo e Dio gli confermò la promessa di dare il paese di Canaan ai suoi discendenti. Intanto la moglie Sara essendo sterile e vecchia, per dargli un figlio, cedette al marito la schiava Agar da cui nacque Ismaele; Dio rinnovò il patto con Abramo che aveva 99 anni, promettendogli grandi ricompense, allora lui disse, “Cosa mi darai? Vedi che a me non hai dato discendenza e che un mio domestico sarà mio erede” e Dio a lui “non costui sarà il tuo erede, ma colui che sarà generato da te sarà il tuo erede, guarda in cielo e conta le stelle, tale sarà la tua discendenza” e poi mediante un sacrificio di animali, come era uso fra gli ebrei, Dio suggellò la sua Alleanza con Abramo, sancita con la circoncisione di Abramo, di Ismaele e di tutti i maschi del gruppo, da perpetuarsi con ogni bimbo nato in seguito.
Dio apparve ancora ad Abramo alla Quercia di Mamre sotto le sembianze di tre uomini, ai quali lui offrì cibo, bevande e ospitalità; i tre gli predissero che Sara avrebbe avuto un figlio da lì ad un anno, benché molto vecchia, poi dissero di essere diretti a distruggere le città di Sodoma e Gomorra per i peccati dei loro abitanti.
Abramo intercesse più volte per loro, affinché venissero risparmiati in virtù dei buoni presenti fra essi; gli angeli, perché di angeli si trattava, concessero che anche per solo dieci giusti, essi avrebbero risparmiato le città. Ma non si trovarono, il solo Lot e sua moglie furono risparmiati; le città sotto una pioggia di fuoco e zolfo, bruciarono con tutti gli abitanti, mentre Lot e la moglie fuggivano, quest’ultima benché avvertita di non farlo, si voltò a guardare l’incendio e si tramutò in una statua di sale.
Più tardi nacque Isacco e Sara fece allontanare la schiava Agar con il figlio Ismaele, con grande dolore del patriarca, al quale però il Signore promise anche per Ismaele una grande discendenza. A questo punto si arriva al momento più drammatico della vita di Abramo, ma anche più rivelatore della sua grande fiducia in Dio; il Signore volle metterlo ancora alla prova, lo chiamò quando Isacco era già fanciullo e gli disse di portarlo sul monte nel territorio di Moria e di sacrificarlo, come si usava per i sacrifici di animali offerti a Dio.
Nonostante il dolore provato per questa richiesta di sacrificare quell’unico figlio, nato così prodigiosamente nella tarda vecchiaia e che secondo le promesse di Dio, avrebbe assicurato la sua discendenza, Abramo obbedì, ma quando stava per portare a compimento con il coltello, l’uccisione del figlioletto, un angelo apparso lo fermò dicendo: “Non stendere la mano contro il ragazzo e non fargli alcun male! Ora so che tu temi Dio e non mi hai rifiutato il tuo unico figliuolo”.
Alzando gli occhi poi Abramo vide un ariete impigliato con le corna fra i rami di un arbusto e presolo, insieme ad Isacco, lo sacrificarono sull’altare improvvisato prima. Dio tramite l’angelo gli promise, per questa ubbidienza alla Sua volontà, anche quando tutto veniva rimesso in questione, ogni benedizione, la moltiplicazione della discendenza come la sabbia delle spiagge e le stelle nel cielo e saranno benedette tutte le Nazioni della terra.
Morta Sara a 127 anni, Abramo mandò il servo Eliezer in Mesopotamia a cercare una moglie per il figlio Isacco, il quale ritornò con Rebecca della stessa famiglia di Abramo. Il patriarca poi sposò Ketura, dalla quale ebbe sei figli, Zimran, Ioksan, Medan, Madian, Isbak e Suach.
Morì a 175 anni nella terra di Canaan, lasciando erede universale Isacco e un appannaggio agli altri figli. Alla sua genealogia si riallacciano gli Ebrei attraverso Isacco, vissuto 180 anni e gli arabi attraverso Ismaele, che visse 137 anni; la sua importanza per gli ebrei crebbe sempre più, venendo considerato il progenitore e l’uomo del primo patto con Dio; in tutta la tradizione che seguirà, il Signore è spesso chiamato il “Dio di Abramo”.
Il drammatico episodio del sacrificio di Isacco, in cui Dio manifesta di non gradire i sacrifici umani, è stato in ogni tempo raffigurato nelle opere dei più grandi artisti.
La Chiesa Cattolica ricorda Abramo, padre di tutti credenti, al 9 ottobre.


Autore: Antonio Borrelli

(Lc 11,1-4) Signore, insegnaci a pregare.

VANGELO
 (Lc 11,1-4) Signore, insegnaci a pregare.
+ Dal Vangelo secondo Luca

Gesù si trovava in un luogo a pregare; quando ebbe finito, uno dei suoi discepoli gli disse: «Signore, insegnaci a pregare, come anche Giovanni ha insegnato ai suoi discepoli». Ed egli disse loro: «Quando pregate, dite:Padre,sia santificato il tuo nome,venga il tuo regno;dacci ogni giorno il nostro pane quotidiano,e perdona a noi i nostri peccati,anche noi infatti perdoniamo a ogni nostro debitore,e non abbandonarci alla tentazione».

Parola del Signore
(Lc 11,1-4) Signore, insegnaci a pregare.
(Lc 11,1-4) Signore, insegnaci a pregare.

LA MIA RIFLESSIONE
PREGHIERA
Aiutami o Spirito di Dio a sentire e a far comprendere il valore della preghiera, la meraviglia del dialogo che attraverso di Te, ci mette in comunione con Dio.

A volte siamo confusi da mille parole, e ci rispondono mille silenzi ….
Nessuno di noi è in grado di dire quale sia la preghiera, come si deve pregare, in tanti provano a spiegarlo, ma è una cosa talmente personale, talmente intima , che nessuno vi potrà mai spiegare cosa sentirete.
Gesù ci indica una preghiera molto semplice se ci pensate bene, una preghiera che non è fatta di parole, ma di fatti, pensate che san Francesco si fermò alla parola PADRE per un’infinità di tempo. Con questo non vuole certo dirci di non pregare con altre preghiere né di non usare parole nostre, ma ci chiede di non parlare a vuoto come i pagani, come chi non crede in quello che dice.
Dio ci è PADRE: credere questo vuol dire avere fede in Dio… fede = fiducia, capito bene?
Dio può tutto, ci ama tutti ed è un PADRE GIUSTO.
Pensate anche voi: che cosa è per me DIO PADRE NOSTRO….. questo Nostro vuole e deve legarci ai fratelli.Perché lo collochiamo nei cieli? Primo perché ce lo dice Gesù Cristo, poi perché il suo regno va oltre i confini della nostra terra, DIO HA CREATO L’UNIVERSO INTERO, spazio infinito che noi non capiremo mai fino a che siamo legati a questa terra.
Santificare il suo nome, venerare Dio, adorare Dio, rendere grazie a Dio, a Lui tutto dobbiamo, dalla creazione alla salvezza ed aspettare glorificandolo che siamo accolti nel suo regno, noi creature di un Creatore che non mette limiti perchè non ha limiti.
Quindi la vita va oltre questa terra… dobbiamo crederci, e se chiediamo a Dio una fede viva, una fede pura, se abbandoniamo a lui la nostra anima… anche noi avremo questa certezza.
Sia fatta la tua volontà… e qui la cosa comincia a diventare tosta. In genere la nostra preghiera invoca Dio di fare la nostra volontà…. non che non sia giusto pregare per essere aiutati, anzi, spesso quando la nostra preghiera è serena, convinta e fiduciosa, quello che chiediamo ci viene accordato. A volte però, questo può non succedere, e magari una persona che amiamo tanto, viene a mancare ugualmente, nonostante tutte le nostre preghiere… accorate e sincere… Vuol dire che Dio non ci ama? No certamente no, ma dobbiamo accettare che i disegni di Dio, possono non essere i nostri.
Ci sarà un motivo, che noi ora non possiamo capire, anche questo in fondo fa parte del ciclo della vita terrena, e questo è affidare a Dio anche quello che non capiamo.
Chiediamo il pane quotidiano… contribuiamo a far si che tutti abbiano il loro?Noi chiediamo per oggi, ma riceviamo in abbondanza, e se invece di pensare solo a noi ci preoccupassimo anche di aiutare gli altri? Noi potremmo essere la divina provvidenza di molte bocche, la medicina di molte malattie, ma spesso il nostro egoismo ci chiude gli occhi sulla fame degli altri.
Chiediamo il pane e Dio ci da il pane… anche la sua parola è pane…ce ne cibiamo?
Il suo corpo è pane, ce ne ricordiamo solo alla domenica? E come andiamo a ricevere il corpo di Gesù?
- Rimetti a noi i nostri debiti -.. e fino qui ok, ma poi aggiunge Gesù: - come noi li rimettiamo ai nostri debitori…- non è che stiamo suggerendo a Dio come perdonarci, ma gli diciamo espressamente che ci deve giudicare in base a come noi ci comporteremo con gli altri, con il nostro prossimo, in base a quanto noi saremo capaci di perdonare.
Io lessi una volta una frase che mi è rimasta stampata in testa… il perdono è un ponte sul quale dovrai passare anche tu… riflettiamo su quanto noi siamo veramente capaci di comprensione e perdono, su quanto siamo capaci di amare.
E quando chiediamo di non essere tentati perché lo facciamo se ci sentiamo così forti?  Perché di fronte alle tentazioni scopriamo tutta la nostra debolezza.
Noi senza Dio non siamo nulla, né capaci di nulla, tutto quello che siamo lo dobbiamo a Dio, se siamo capaci di atti eroici, di grandi azioni e anche solo di piccoli sacrifici, è Dio che opera in noi.
Ma sulla terra c’è anche il male, c’è anche il principe del male, che lo vogliamo credere o no, c’è e a volte, siamo più attaccati a questa bestia di quanto siamo attaccati a Dio.
Basterebbe gridare salvami Signore mio, andare a confessarci, ma che scherziamo? Un sacerdote? Un peccatore come me? E perché devo andare a raccontare i fatti miei ad un prete… buoni quelli!
Allora come pensare di essere ascoltati da Dio se siamo i primi a mettere dei limiti al suo amore misericordioso. Satana odia i sacerdoti più di ogni altra cosa, li tenta e li distrugge con il nostro aiuto, con le nostre chiacchiere vane, se parlassimo di meno e pregassimo di più per loro, vedremmo il potere salvifico della preghiera, frutto d’amore, legame tra Dio e noi.
Proviamo ora a pregare con la fiducia di bambini e a proposito di bambini, scaldiamoci il cuore con questa canzone cantata proprio dai bambini.

lunedì 7 ottobre 2013

VOCE DI SAN PIO :

-"Un particolare non tengo nulla a riprovare in te, all’infuori di questa agitazione alquanto amara in te, che non ti fa gustare tutta la dolcezza della croce. Emendati di questa e continua a fare come hai fatto sinora, ché fai bene." (Epist. III, p. 447).

SANTI é BEATI :

-
Beato Marzio Eremita in Umbria

8 ottobre



Eremita vissuto nel XIII secolo in Umbria; notizie brevi sulla sua vita ci vengono tramandate da alcuni scrittori quasi contemporanei del beato, come il minorita Odorico da Forlì, che lo cita nella sua “Storia” dalle origini del mondo all’anno 1330.
Marzio nacque nel 1210, a Pieve di Compresseto, frazione di Gualdo Tadino, diocesi di Nocera Umbra da una famiglia semplice del popolo; fece per un certo tempo il muratore e nel tempo libero si dedicava all’assistenza degli ammalati e soccorrendo i bisognosi.
Aveva tre fratelli Silvestro (Salvetto), Leonardo e Filippo che divenne sacerdote; giunto ai 31 anni, abbandonò il mondo imitato dai fratelli e da altri; devotissimo di s. Francesco d’Assisi, che era morto una quindicina di anni addietro e che aveva rivoluzionato con la sua riforma di povertà evangelica, tutta la Regione Umbra, Marzio si ritirò in un romitorio presso Gualdo Tadino, abbandonato dai francescani.
Indossò l’abito dei Terziari Francescani e per 60 anni, si dedicò ad una vita di intensa unione con Dio, in una condizione di austerità e povertà eremitica.
Edificò con la parola e con l’esempio la popolazione dei dintorni, ottenendo pure conversioni strepitose; nei suoi ultimi anni divenne cieco, infermità che sopportò con ammirabile pazienza; morì in estrema povertà, vero ‘ povero evangelico’, l’8 ottobre 1301 a 91 anni.
Alla notizia della sua morte accorse una folla di fedeli che fu testimone di numerosi prodigi, aumentando così la sua fama di santità; gli abitanti di Gualdo, eressero a poca distanza dalla città, una chiesa detta poi di S. Marzio, dove il beato venne sepolto sotto l’altare.
La chiesa si deteriorò col tempo e il vescovo di Nocera Umbra nel 1607, fece trasportare il corpo del beato Marzio, nel tempio di S. Rocco fuori Gualdo.
Il culto che gli è stato da sempre tributato non risulta però confermato ufficialmente.
Il Martirologio Francescano lo celebra l’8 ottobre, insieme agli altri tre fratelli, di cui però non esiste culto.


Autore: Antonio Borrelli

(Lc 10,38-42) Marta lo ospitò. Maria ha scelto la parte migliore.


VANGELO
(Lc 10,38-42) Marta lo ospitò. Maria ha scelto la parte migliore.


+ Dal Vangelo secondo Luca


In quel tempo, mentre erano in cammino, Gesù entrò in un villaggio e una donna, di nome Marta, lo ospitò. Ella aveva una sorella, di nome Maria, la quale, seduta ai piedi del Signore, ascoltava la sua parola. Marta invece era distolta per i molti servizi. Allora si fece avanti e disse: «Signore, non t’importa nulla che mia sorella mi abbia lasciata sola a servire? Dille dunque che mi aiuti». Ma il Signore le rispose: «Marta, Marta, tu ti affanni e ti agiti per molte cose, ma di una cosa sola c’è bisogno. Maria ha scelto la parte migliore, che non le sarà tolta».

Parola del Signore

(Lc 10,38-42) Marta lo ospitò. Maria ha scelto la parte migliore.
(Lc 10,38-42) Marta lo ospitò. Maria ha scelto la parte migliore.



LA MIA RIFLESSIONE
PREGHIERA


Ti prego Spirito Santo di essere sempre presente nel mio cuore,di aiutarmi a comprendere e a capire la parola del Signore che tu dettasti ai suoi apostoli che pure lo conobbero, ma che senza di te non lo avrebbero compreso fino in fondo. Questo ti chiedo, di insegnarmi a conoscerlo, perché io sappia sempre come fare per seguire i suoi insegnamenti.


Quante meravigliose occasioni per conoscere Gesù in questo brano, proviamo a esprimerle con l’ aiuto dello Spirito Santo insieme. Prima di tutto una piccola nota storica che ho appreso leggendo le altre riflessioni, di quelli che sanno di teologia e di storia, molto più di me : a quei tempi le donne non potevano partecipare nemmeno alle celebrazioni liturgiche, e quindi anche nel ricevere gli ospiti, le donne erano lì solo per servire, muta presenza di chi è escluso.
Marta e Maria invece, erano in confidenza con Gesù, erano come i suoi discepoli, perché essere in comunione con Gesù, significa anche questo, essere in confidenza con Lui. 
Marta vuole che il Signore sia contento della sua accoglienza, prepara con grande cura tutto, non chiede aiuto, ma poi si stanca e si innervosisce perché la sorella non l’ ha aiutata, ed allora, sicura che il suo modo di fare sia quello giusto, cerca l’appoggio di Gesù; vorrebbe che Lui sgridasse sua sorella perché non ha partecipato al servizio.
Maria, sicura che la sorella avrebbe provveduto a servire l’ ospite, ha approfittato di questo e si è seduta ai suoi piedi ad ascoltare Gesù che parlava ed insegnava, era così presa da quello che stava ascoltando che non si è nemmeno resa conto che la sorella si stava stancando.
 L’ atteggiamento delle due donne è molto simile al nostro, è l’ atteggiamento di chi come Marta si prodiga e pensa che far bene tutto sia un suo dovere, ma non ascolta quella voglia interiore di fermarsi ad ascoltare il Signore, che però comincia a farsi strada dentro di lei e comincia a farla diventare nervosa e insofferente.Scatta allora la molla del risentimento, del rimprovero, del giudizio. Il suo contatto con  Gesù è stato turbato da quello che viveva dentro di lei.
Non si ferma Marta, ha voglia di fermarsi ad ascoltare, ma ci sono tante cose da fare e solo lei sa farle così bene lei sa servire il Signore,è un servire materiale e necessario il suo… A questo punto proviamo a vedere chi riusciamo a riconoscere in questo atteggiamento e quanto di noi troviamo, quanto siamo simili a Marta in questo nostro affaccendarci per fare qualcosa di buono per il Signore.Io sono brava - io so scrivere - io sa parlare - io so leggere - io so preparare l’ altare - io sono sempre la prima ad arrivare - io so fare stare buoni i bambini in chiesa - io non dimentico mai nulla …. sicuro?Marta Marta, hai lasciato il posto al Signore o vorresti entrare anche in quell’ ostia? Prepari l’ altare e le letture, ma hai dedicato un po’ di questo tuo tempo prezioso per leggere la parola di Dio e per chiederti che cosa ti vuole dire il Signore? Si proprio a te, perché tu non ci crederai, ma anche tu hai bisogno di Lui, di ascoltare e di far penetrare nelle tue ossa la sua parola, forse allora impareresti a non giudicare e a non condannare chi non è preciso come te nel servizio, o semplicemente chi è diverso da te. Forse ascoltando Gesù, sapresti che è venuto per tutti, che non parla per se stesso, ma per essere ascoltato e, se tu non lo ascolti, anche tu sbagli qualcosa, proprio come Maria che non si preoccupa di servirlo.La scelta di Marta era quella che a lei sembrava migliore, ma poi vedendo Maria così serena accanto al suo Gesù, così presa a bearsi della sua parola, è stata presa forse da un pizzico di gelosia e di invidia . Questo accade perchè dimentichiamo che anche se siamo chiamati a servire, dobbiamo alimentarci alla fonte di colui che è venuto per servire, altrimenti resteremo sempre noi stessi e non riusciremo a far vivere la spiritualità del Signore in noi.
E tu Maria? Dopo aver ascoltato, esserti immersa nell’ ascolto della sua parola, dopo averla masticata, fatta entrare nel tuo cuore, averla meditata …. ti sei accorta che tua sorella era stanca? Ti sei accorta della sua muta richiesta di aiuto? Va corri da lei , da questa sorella in difficoltà ed aiutala, perché altrimenti vorrebbe dire che non hai saputo digerire la parola del Signore, che parla di comunione, condivisione e amore. Alle parole debbono seguire i fatti, le opere. Quante cose ancora ci sarebbero da dire, su questa semplice storia di Vita di Gesù, ma ognuno di noi, qui, può provare a scrivere la sua; quella del suo incontro personale con il Signore.
La mia casa è sempre pronta? Sono sicura di volerlo accogliere ed ascoltare? Oppure ho troppo da fare per farlo? Per imparare ad amare Gesù, bisogna imparare a conoscerlo e a riconoscerlo in quello che facciamo. Possiamo chiederlo direttamente a Lui, non lasciamolo fuori dalla porta a bussare, apriamo il nostro cuore, e Lui verrà a riempirlo di doni che neanche immaginiamo. Se lo faremo… avremo grazie da parte sua.

domenica 6 ottobre 2013

SANTI é BEATI :

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Beata Vergine Maria del Rosario

7 ottobre

Questa memoria Mariana di origine devozionale si collega con la vittoria di Lepanto (1571), che arrestò la grande espansione dell'impero ottomano. San Pio V attribuì quello storico evento alla perghiera che il popolo cristiano aveva indirizzato alla Vergine nella forma del Rosario. (Mess. Rom.)

Etimologia: Maria = amata da Dio, dall'egiziano; signora, dall'ebraico

Martirologio Romano: Memoria della beata Maria Vergine del Rosario: in questo giorno con la preghiera del Rosario o corona mariana si invoca la protezione della santa Madre di Dio per meditare sui misteri di Cristo, sotto la guida di lei, che fu associata in modo tutto speciale all’incarnazione, passione e risurrezione del Figlio di Dio.

Il Rosario è, nato dall'amore dei cristiani per Maria in epoca medioevale, forse al tempo delle crociate in Terrasanta. L'oggetto che serve alla recita di questa preghiera, cioè la corona, è di origine molto antica. Gli anacoreti orientali usavano pietruzze per contare il numero delle preghiere vocali. Nei conventi medioevali i fratelli laici, dispensati dalla recita del salterio per la scarsa familiarità col latino, integravano le loro pratiche di pietà con la recita dei "Paternostri", per il cui conteggio S. Beda il Venerabile aveva suggerito l'adozione di una collana di grani infilati a uno spago. Poi, narra una leggenda, la Madonna stessa, apparendo a S. Domenico, gli indicò nella recita del Rosario un'arma efficace per debellare l'eresia albigese.
Nacque così la devozione alla corona del rosario, che ha il significato di una ghirlanda di rose offerta alla Madonna. Promotori di questa devozione sono stati infatti i domenicani, ai quali va anche la paternità delle confraternita del Rosario. Fu un papa domenicano, S. Pio V, il primo a incoraggiare e a raccomandare ufficialmente la recita del Rosario, che in breve tempo divenne la preghiera popolare per eccellenza, una specie di "breviario del popolo", da recitarsi la sera, in famiglia, poiché si presta benissimo a dare un orientamento spirituale alla liturgia familiare.
Quelle "Ave Maria" recitate in famiglia sono animate da un autentico spirito di preghiera: "E mentre si propaga la dolce e monotona cadenza delle "Ave Maria", il padre o la madre di famiglia pensano alle preoccupazioni familiari, al bambino che attendono o ai problemi che già pongono i figli più grandi. Questo insieme di aspetti della vita familiare subisce allora l'illuminazione del mistero salvifico del Cristo, e viene spontaneo affidarlo con semplicità alla madre del miracolo di Cana e di tutta quanta la redenzione" (Schillebeeckx).
La celebrazione della festività odierna, istituita da S. Pio V per commemorare la vittoria riportata nel 1571 a Lepanto contro la flotta turca (inizialmente si diceva "S. Maria della Vittoria"), il giorno 7 ottobre, che in quell'anno cadeva di domenica, venne estesa nel 1716 alla Chiesa universale, e fissata definitivamente al 7 ottobre da S. Pio X nel 1913. La "festa del santissimo Rosario", com'era chiamata prima della riforma del calendario del 1960, compendia in certo senso tutte le feste della Madonna e insieme i misteri di Gesù, ai quali Maria fu associata, con la meditazione di quindici momenti della vita di Maria e di Gesù.


Autore: Piero Bargellini

VOCE DI SAN PIO :

-"Mi sento proprio schiantarmi il cuore dal petto nel sentire le tue sofferenze, e non so cosa farei per vederti sollevata. Ma perché agitarti tanto? perché smanii? E via, figliuola mia, mai ho visto regalarti tanti gioielli da Gesú come adesso. Mai ti ho vista cosí cara a Gesú come adesso. Dunque di che temi, tremi e paventi? Il tuo timore e tremore è simile a quello di un bambino che sta in braccio alla mamma. Dunque è timore sciocco ed inutile il tuo." (Epist. III, p. 442).

Lc 1,26-38 Ecco concepirai un figlio e lo darai alla luce. ( LUNEDì 7 OTTOBRE )

VANGELO DI LUNEDì 7 OTTOBRE
BEATA VERGINE MARIA DEL ROSARIO - Memoria
Lc 1,26-38 Ecco concepirai un figlio e lo darai alla luce.
Dal Vangelo secondo Luca

In quel tempo, l’angelo Gabriele fu mandato da Dio in una città della Galilea, chiamata Nàzaret, a una vergine, promessa sposa di un uomo della casa di Davide, di nome Giuseppe. La vergine si chiamava Maria. Entrando da lei, disse: «Rallégrati, piena di grazia: il Signore è con te».

A queste parole ella fu molto turbata e si domandava che senso avesse un saluto come questo. L’angelo le disse: «Non temere, Maria, perché hai trovato grazia presso Dio. Ed ecco, concepirai un figlio, lo darai alla luce e lo chiamerai Gesù. Sarà grande e verrà chiamato Figlio dell’Altissimo; il Signore Dio gli darà il trono di Davide suo padre e regnerà per sempre sulla casa di Giacobbe e il suo regno non avrà fine».

Allora Maria disse all’angelo: «Come avverrà questo, poiché non conosco uomo?». Le rispose l’angelo: «Lo Spirito Santo scenderà su di te e la potenza dell’Altissimo ti coprirà con la sua ombra. Perciò colui che nascerà sarà santo e sarà chiamato Figlio di Dio. Ed ecco, Elisabetta, tua parente, nella sua vecchiaia ha concepito anch’essa un figlio e questo è il sesto mese per lei, che era detta sterile: nulla è impossibile a Dio».

Allora Maria disse: «Ecco la serva del Signore: avvenga per me secondo la tua parola». E l’angelo si allontanò da lei.




LA MIA RIFLESSIONE
PREGHIERA
Vieni o Santo Spirito, e illumina il mio cuore e la mia mente. Fa che la verità tutta intera, sia a me comprensibile come il Signore vuole. Non permettere che niente che non venga da Dio, trovi la via per entrare e creare confusione, te lo chiedo nel nome di Gesù, che ci ha promesso e garantito, che tutto quello che chiederemo nel suo nome ci sarà concesso, ed io credo alla sua santa parola e a lui mi affido! 

Anche oggi contempliamo il vangelo dell’annunciazione dell’Arcangelo Gabriele a Maria. Abbiamo visto come ha risposto Maria a questa chiamata inaspettata; ricordiamo l’ incontro tra Maria e la cugina Elisabetta; assistiamo al mutismo e allo sconcerto di Zaccaria; oggi proviamo a capire che cosa cambia questo avvenimento nella nostra storia. Per gli ebrei che non l’hanno riconosciuto, la speranza non è ancora nata, e la salvezza non è stata riconosciuta, ma per noi cristiani chi è questo piccolo uomo che ancora deve nascere eppure già viene ricercato per essere ucciso?
Gesù è il cambiamento che avviene, l’ uomo nuovo che nasce per noi e per farci vivere non più come semplici uomini, ma per riconoscerci in lui figli dello stesso Dio.
Con Lui siamo riscattati dal peccato, ma dobbiamo essere anche coerenti con la nostra nuova condizione.
Nulla è impossibile a Dio, nulla è impossibile all’uomo che ha fede, spesso Gesù ci ripeterà che è la fede che salva, che guarisce, e noi dobbiamo fare tesoro di ogni attimo di vita di Gesù, per farlo nostro, cominciando proprio dalla semplicità nella quale è nato, che getta le basi sulle quali fondare la nostra fede, nell’ umiltà.
Mentre leggo questa pagina del Vangelo. Mi torna alla mente quella in cui Giovanni ci racconta l’incontro tra Gesù, Filippo e Natanaèle, che asseriva:
«Da Nazaret può mai venire qualcosa di buono?». Filippo gli rispose: «Vieni e vedi».
Natanaèle è divenuto poi l’apostolo San Bartolomeo, perché Gesù, che conosceva il suo cuore gli disse: ”Ecco un israelita in cui non c’è falsità”
Da Nazareth è “ venuta ” all’ esistenza la Vergine Maria, “ concepita ” Immacolata nella Santa Casa di Nazareth; da Nazareth è “ venuto ” all’ esistenza Gesù Cristo, il Figlio di Dio, Salvatore degli uomini, incarnatosi nel seno verginale di Maria nella Santa Casa di Nazareth
Da Nazareth è venuta la salvezza per l’umanità.
Il disegno di Dio, era sconosciuto a Maria, a Natanaèle, agli apostoli, ma non è più sconosciuto a noi, eppure ancora ci poniamo di fronte a questo Dio che si fa uomo, pieni d’incredulità, quasi come se ci aspettassimo che qualcun altro scriva per noi la nostra storia.
E’ Dio che si fa uomo, che viene tra noi, che è pronto a vivere con noi, a vivere nel nostro cuore, a dare un valore alla nostra vita; guardiamolo negli occhi, vediamo di quanto amore è capace, e lasciamoci prendere dalla sua piccola mano… lasciamoci condurre tra le pieghe della storia della salvezza, di quel progetto che ha bisogno di noi, si, anche di noi, per scrivere la nostra storia.
Obbedire a Dio vuol dire anche seguire Gesù, il che non è certo una passeggiatina, ma un grande cammino che dobbiamo fare prima dentro noi stessi, per conoscerci e vederci con i suoi occhi da creatore a creatura e poi per dirigerci a cuore aperto verso di Lui.
Esperienza personale:
Oggi a messa c'era il mio solito zingarello vicino a me... e voglio testimoniare come l'amore lavora in questo bambino. Gli ho dato tre monetine che avevo, ma la cosa meravigliosa è che ha preso la più grande e l'ha messa nel cestino delle offerte quando è passato. Per questo io vi chiedo preghiere per Ciumi , perchè oggi lui mi ha insegnato una grande cosa. 

Sursum Corda: L’altezza della Croce è l’altezza dell’amore di Di...

Sursum Corda: L’altezza della Croce è l’altezza dell’amore di Di...: Che regalo grande l'omelia che il 01/09/2013 il Papa Emerito Benedetto XVI  ha offerto   in occasione dell'incontro con i suoi ex-...

sabato 5 ottobre 2013

PREGHIERA PER LA CHIESA :

Preghiera per la parrocchia
Mons. Giuseppe Verucchi

Signore, ti ringraziamo per i doni che ci hai fatto per mezzo della vita e della missione della parrocchia.

Nella comunità abbiamo ricevuto, tante volte l'Eucaristia, la Parola, il dono dello Spirito e il perdono dei peccati!

Qui siamo stati educati nella vita di fede, abbiamo maturato la capacità di amare, siamo stati aiutati a vivere la nostra vocazione.

Dona, o Signore, alla nostra parrocchia la grazia di rinnovarsi per svolgere, anche oggi, la sua missione nella fedeltà a Te e all'uomo.

O Maria, guidaci ad essere assidui all'ascolto della Parola, perseveranti nella preghiera, uniti nell'Assemblea Eucaristica, ferventi nella comunione e nella carità verso il prossimo, gioiosi testimoni di Cristo nel mondo e coraggiosi annunciatori dei valori del Vangelo.

Benedici, o Madre, tutte le parrocchie del mondo, perché continuino ad essere fuochi d'amore, fari di luce, comunità di vita, sorgenti di comunione e di speranza.
Amen.

VOCE DI SAN PIO :

-" La tua predica sia l’immolazione perenne di te stessa; essere dovunque delicata apparizione ed essere come il sorriso di Dio." (FM, 165).

SANTI é BEATI :

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Santa Maria Francesca delle Cinque Piaghe (Anna Maria Gallo) Religiosa

6 ottobre

Napoli, 25 marzo 1715 - Napoli, 6 ottobre 1791

Martirologio Romano: A Napoli, santa Maria Francesca delle Piaghe del Signore nostro Gesù Cristo (Anna Maria) Gallo, vergine del Terz’Ordine Secolare di San Francesco, ammirevole per la pazienza di fronte alle innumerevoli e continue sofferenze e avversità, per le penitenze e per l’amore di Dio e delle anime.

Anna Maria Gallo nacque a Napoli il 25 marzo 1715 da piccoli commercianti di mercerie. Ricevette la Prima Comunione all’età di sette anni. Nacque e visse nei famosi “Quartieri spagnoli” di Napoli, zona popolosa e non certamente rinomata; trattasi di tanti vicoletti intersecati a scacchiera ove le truppe spagnole vicereali del ‘600 venivano ‘accquartierati’ in casette di 1-2 stanze, alte massimo 1 piano a poca distanza dal Palazzo Reale, pronti ad intervenire alla prima chiamata. In seguito quasi finita l’occupazione spagnola, queste case furono sopraelevate di altri piani, visto che era proibito costruire fuori le mura della città e tolte le truppe entrarono i cittadini per abitarci.
Il nome di questo rione, a ridosso della strada principale di Napoli, via Toledo, formato da un reticolato di alti palazzi ma in vicoli stretti e senza luce viene ancora chiamato “sopra i Quartieri”, la popolazione abita praticamente a brevissima distanza dalle finestre e balconi del muro di fronte; aldilà dell’origine storica, c’è il reale problema del soccorso in caso di pericolo, soprattutto d’incendio, perché le autobotti dei Vigili del fuoco non passano.
All’epoca della nostra Santa non c’era solo un pericolo per la promiscuità e la violenza sviluppatosi, ma vi era anche un fervore di opere religiose con conventi e chiese i cui Ordini si stabilivano lì, per poter dare concreto aiuto spirituale e materiale ai fedeli.
La ragazza man mano che cresceva mostrò una pratica religiosa delle virtù cristiane tale da essere soprannominata la “santarella” conobbe e si fece guidare dal futuro santo Giovan Giuseppe della Croce, alcantarino del convento di s. Lucia al Monte, la cui chiesa Anna Maria frequentava.
A sedici anni vincendo le resistenze e le percosse del violento padre, che la voleva sposa di un ricco giovane, che l’aveva chiesta, Anna Maria entrò nell’Ordine della Riforma di s. Pietro d’Alcantara, vestendone l’abito e pronunciando i prescritti voti, cambiando il nome di battesimo in quello di Maria Francesca delle Cinque Piaghe, rimanendo nel mondo secolare.
Suo Direttore spirituale era il padre Giovanni Pessiri, il quale in seguito ammise la religiosa insieme alla Terziaria Maria Felice, nella sua casa in vico Tre Re a Toledo, dove rimase per 38 anni fino alla morte.
L’edificio prese in seguito il nome di convento per la dimora delle suore, ma esso non era stato costruito per questo uso e quindi ha ancora oggi tutte le caratteristiche di un’abitazione comoda per famiglia di tre stanze tramutate in cappella e opere annesse.
La vita di s. Maria Francesca è tutto un susseguirsi di sofferenze fisiche e morali, che in continuità si accanirono contro di lei, donate a Cristo come pegno per i peccatori; la sua casa divenne meta continua di fedeli fra i quali s. Francesco Saverio Bianchi a cui predisse la santità.
Ebbe il dono della profezia e ancora vivente si operarono fatti prodigiosi cui il popolo li considerò come miracoli. Ancora oggi a distanza di oltre due secoli, il popolo accorre a chiedere grazie come è attestato da due lapidi all’esterno della casa-cappella, la seconda è per lo scampato disastro della II guerra mondiale che con i suoi 105 bombardamenti su Napoli, risparmiò i ‘Quartieri’ e il suo denso popolo.
Nella cappella vi è ancora la sua sedia di dolore su cui, specie le donne desiderose di avere un figlio devotamente si siedono ad impetrare la grazia. Morì il 6 ottobre 1791 a 76 anni e il suo corpo riposa nel Santuario-Casa della Santa in Vico Tre Re a Toledo. Ai funerali partecipò una grande folla e giunta la bara alla chiesa questa fu presa d’assalto da chi voleva ad ogni costo un reliquia, dovettero intervenire le Guardie del Corpo del Re.
Fu beatificata il 12 novembre 1843 da papa Gregorio XVI e canonizzata il 29 giugno 1867 dal Pontefice Pio IX, prima santa napoletana della Chiesa.


Autore: Antonio Borrelli

(Lc 17,5-10) Se aveste fede!

VANGELO
 (Lc 17,5-10) Se aveste fede!
+ Dal Vangelo secondo Luca

In quel tempo, gli apostoli dissero al Signore: «Accresci in noi la fede!». Il Signore rispose: «Se aveste fede quanto un granello di senape, potreste dire a questo gelso: “Sràdicati e vai a piantarti nel mare”, ed esso vi obbedirebbe.Chi di voi, se ha un servo ad arare o a pascolare il gregge, gli dirà, quando rientra dal campo: “Vieni subito e mettiti a tavola”? Non gli dirà piuttosto: “Prepara da mangiare, stríngiti le vesti ai fianchi e sérvimi, finché avrò mangiato e bevuto, e dopo mangerai e berrai tu”? Avrà forse gratitudine verso quel servo, perché ha eseguito gli ordini ricevuti? Così anche voi, quando avrete fatto tutto quello che vi è stato ordinato, dite: “Siamo servi inutili. Abbiamo fatto quanto dovevamo fare”».

Parola del Signore

(Lc 17,5-10) Se aveste fede!
(Lc 17,5-10) Se aveste fede!

LA MIA RIFLESSIONE
PREGHIERA
Ti prego o Santo spirito di venirmi nel cuore e di darmi la forza di vivere la fede, per quello che è giusto che io viva, senza paure né limiti umani, annientami ed usami, sono tua.

 Per comprendere bene questo brano, bisognerebbe sentire il bisogno di chiedere al Signore: «Accresci in noi la fede!».
Il Signore rispose agli apostoli e ancora oggi dice a noi : «Se aveste fede quanto un granello di senape, potreste dire a questo gelso: “Sradicati e vai a piantarti nel mare”, ed esso vi obbedirebbe.
Allora la mia fede, la nostra fede, quanto è piccola? Non abbiamo proprio capito niente di Dio, e Gesù ce lo fa capire in maniera chiara… ma solo con il cuore libero possiamo entrare in questo mistero.
La fede è un dono, che arriva quando e come il Signore decide di aprirti il cuore. Può avvenire a 5 anni e a 50, ma per tutti coloro che si definiscono Credenti, c’è un momento in cui scatta una molla che ti spinge a cercare come un affamato la parola di Dio. Fame, sete, voglia di stare insieme…. ed è subito amore!!!
 L’esempio del padrone che appena arriva il servo stanco dal lavoro dei campi si mette a servirlo e così contraria alla realtà, ci deve far comprendere che la mentalità umana deve essere completamente abbandonata se vogliamo entrare in comunione con Gesù, ma noi non riusciamo proprio a farlo. Eppure i santi si sono fidati di Dio, fino ad ottenere grazie così particolari da farci rimanere incantati nel sentire le opere che sono riusciti a compiere. Perché se loro ci sono riusciti , noi non ci riusciamo? Sicuramente c’è qualcuno che anche oggi, riesce a superare questo ponte che collega l’umano con il Divino, ossia con lo Spirito di Dio, ma certo che se continuiamo a restare fermi credendo di fare già chissà cosa, non arriveremo mai neanche ad aver fede come neanche la metà di un granellino di senape. Provare per credere? La domenica, andremo in chiesa, ci metteremo di fronte a Gesù, ci sentiremo grati a Dio di aver dato la sua vita per noi o ci sentiremo bravi e penseremo che Lui ci deve guardare… quanto siamo stati bravi, gli abbiamo fatto questo gran piacere a venire in Chiesa, con tutto quello che abbiamo da fare…. E pensare che senza il suo aiuto siamo niente, perché non proviamo ad essere appena un po’ di più di questo? Perché non apriamo la nostra mente ed il nostro cuore a quanto dobbiamo al Signore che si fida ancora e sempre di noi, fino all’ultimo, nonostante il nostro stupido egocentrismo!



venerdì 4 ottobre 2013

VOCE DI SAN PIO :

-"Discaccia una buona volta le perplessità e le ansie e godi in pace le dolcissime pene del Diletto." (Epist. III, p. 436).