venerdì 26 luglio 2013

Dal Vangelo di Gesù Cristo secondo Luca 11,1-13 concordanza con "l'Evangelo come mi è stato rivelato" di Maria Valtorta


17ª DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO 
Rivelazione di Gesù a Maria Valtorta

Domenica 28 luglio 2013 – Anno C

Dal Vangelo di Gesù Cristo secondo Luca 11,1-13
Un giorno Gesù si trovava in un luogo a pregare e quando ebbe finito uno dei discepoli gli disse: «Signore, insegnaci a pregare, come anche Giovanni ha insegnato ai suoi discepoli». Ed Egli disse loro: «Quando pregate, dite: Padre, sia santificato il tuo nome, venga il tuo regno; dacci ogni giorno il nostro pane quotidiano, e perdonaci i nostri peccati, perché anche noi perdoniamo ad ogni nostro debitore, e non ci indurre in tentazione». Poi aggiunse: «Se uno di voi ha un amico e va da lui a mezzanotte a dirgli: Amico, prestami tre pani, perché è giunto da me un amico da un viaggio e non ho nulla da mettergli davanti; e se quegli dall'interno gli risponde: Non m'importunare, la porta è già chiusa e i miei bambini sono a letto con me, non posso alzarmi per darteli; vi dico che, se anche non si alzerà a darglieli per amicizia, si alzerà a dargliene quanti gliene occorrono almeno per la sua insistenza. Ebbene Io vi dico: Chiedete e vi sarà dato, cercate e troverete, bussate e vi sarà aperto. Perché chi chiede ottiene, chi cerca trova, e a chi bussa sarà aperto. Quale padre tra voi, se il figlio gli chiede un pane, gli darà una pietra? O se gli chiede un pesce, gli darà al posto del pesce una serpe? O se gli chiede un uovo, gli darà uno scorpione? Se dunque voi, che siete cattivi, sapete dare cose buone ai vostri figli, quanto più il Padre vostro celeste darà lo Spirito Santo a coloro che glielo chiedono!».

Corrispondenza nell’"Evangelo come mi è stato rivelato" di Maria Valtorta
Volume 3 Capitolo 203 pagina 309

Gesù esce con i suoi da una casa prossima alle mura e credo sempre nel rione di Bezeta, perché per uscire dalle mura si deve ancora passare davanti alla casa di Giuseppe, che è presso la porta che ho sentito definire “di Erode”. La città è semideserta nella sera placida e lunare. Comprendo che è stata consumata la Pasqua in una delle case di Lazzaro, che però non è per nulla la casa del Cenacolo. Questa è proprio agli antipodi di quella. Una a nord, l’altra a sud di Gerusalemme.
Sulla porta di casa Gesù si accomiata, col suo garbo gentile, da Giovanni di Endor, che Egli lascia a custodia delle donne e che ringrazia per questa custodia. Bacia Marjziam, che è venuto anche lui sulla porta, e poi si avvia fuori della porta detta di Erode.
“Dove andiamo, Signore?”.
“Venite con Me. Vi porto a coronare con una perla rara e desiderata la Pasqua. Per questo ho voluto stare con voi soli. I miei apostoli! Grazie, amici, del vostro grande amore per Me. Se poteste vedere come esso mi consola, voi restereste stupiti. Vedete, Io procedo fra continui attriti e delusioni. Delusioni per voi. Per Me, persuadetevene, non ho nessuna delusione, non essendomi concesso il dono di ignorare…
Anche per questo vi consiglio a lasciarvi guidare da Me. Se Io permetto questo o quello, non ostacolatelo. Se Io non intervengo a porre fine ad una cosa, non pensatevi di farlo voi. Ogni cosa a suo tempo. Abbiate fiducia in Me, su tutto”.
Sono all’angolo nord-est della cerchia delle mura; lo girano e costeggiano il monte Moria fino al punto in cui, per un ponticello, possono valicare il Cedron.
“Andiamo al Getsemani?”, chiede Giacomo d’Alfeo.
“No. Più su. Sul monte degli Ulivi”.
“Oh! sarà bello!”, dice Giovanni.
“Sarebbe piaciuto anche al bambino”, mormora Pietro.
“Oh! ci verrà molte altre volte! Era stanco. Ed è bambino. Io voglio darvi una grande cosa, perché ormai è giusto che voi l’abbiate”.
Salgono fra gli ulivi, lasciando alla loro destra il Getsemani e elevandosi ancora, su per il monte, sino a raggiungerne la cresta su cui gli ulivi fanno un pettine frusciante.
Gesù si ferma e dice: “Sostiamo… Miei cari, cari tanto, discepoli miei e miei continuatori in futuro, venite a Me vicino.
Un giorno, e non uno solo, voi mi avete detto: “Insegnaci a pregare come Tu preghi. Insegnaci come Giovanni lo insegnò ai suoi, acciò noi discepoli si possa pregare con le stesse parole del Maestro”. Ed Io vi ho sempre risposto: “Vi farò questo quando vedrò in voi un minimo di preparazione sufficiente, acciò la preghiera non sia formula vana di parole umane, ma vera conversazione col Padre”.
A questo siamo giunti. Voi siete possessori di quanto basta per poter conoscere le parole degne di essere dette a Dio. E ve le voglio insegnare questa sera, nella pace e nell’amore che è fra noi, nella pace e nell’amore di Dio e con Dio, perché noi abbiamo ubbidito al precetto pasquale, da veri israeliti, e al comando divino sulla carità verso Dio e verso il prossimo. Uno fra voi ha molto sofferto in questi giorni. Sofferto per un atto immeritato, e sofferto per lo sforzo fatto su se stesso per contenere lo sdegno che quell’atto aveva eccitato. Sì, Simone di Giona, vieni qui. Non c’è stato un fremito del tuo cuore onesto che mi sia stato ignoto, e non c’è stata pena che Io non abbia condivisa con te. Io e i tuoi compagni…”.
“Ma Tu, Signore, sei stato ben più offeso di me! E questa era per me una sofferenza più… più grande, no, più sensibile… neppure… più… più… Ecco: che Giuda abbia avuto schifo di partecipare alla mia festa mi ha fatto male come uomo. Ma di vedere che Tu eri addolorato e offeso mi ha fatto male in un altro modo e ne ho sofferto il doppio… Io… non mi voglio vantare e fare bello usando le tue parole… Ma devo dire, e se faccio superbia dimmelo Tu, devo dire che ho sofferto con la mia anima… e fa più male”.
“Non è superbia, Simone. Hai sofferto spiritualmente perché Simone di Giona, pescatore di Galilea, si sta mutando in Pietro di Gesù, Maestro dello spirito, per cui anche i suoi discepoli divengono attivi e sapienti nello spirito. È per questo tuo progredire nella vita dello spirito, è per questo vostro progredire che Io vi voglio questa sera insegnare l’orazione. Quanto siete mutati dalla sosta solitaria in poi!”.
“Tutti, Signore?”, chiede Bartolomeo un poco incredulo.
“Comprendo ciò che vuoi dire… Ma Io parlo a voi undici. Non ad altri…”.
“Ma che ha Giuda di Simone, Maestro? Noi non lo comprendiamo più… Pareva tanto cambiato, e ora, da quando abbiamo lasciato il lago…”, dice desolato Andrea.
“Taci, fratello. La chiave del mistero ce l’ho io! Ci si è attaccato un pezzettino di Belzebù. È andato a cercarlo nella caverna di Endor per stupire e… e è stato servito! Il Maestro lo ha detto quel giorno… A Gamala i diavoli sono entrati nei porci. A Endor i diavoli, usciti da quel disgraziato di Giovanni, sono entrati in lui… Si capisce che… si capisce… Lasciamelo dire, Maestro! Tanto è qui, in gola, e se non lo dico non esce, e mi ci avveleno…”.
“Simone, sii buono!”.
“Sì, Maestro… e ti assicuro che non farò sgarbi a lui. Ma dico e penso cheessendo Giuda un vizioso -tutti lo abbiamo capito- è un poco affine al porco… e si capisce che i demoni scelgono volentieri i porci per i loro… cambi di dimora. Ecco, l’ho detto”.
“Tu dici che è così?”, chiede Giacomo di Zebedeo.
“E che vuoi che altro sia? Non c’è stata nessuna ragione per diventare così intrattabile. Peggio che all’Acqua Speciosa! E là potevo pensare che era il luogo e la stagione che lo innervosivano. Ma ora…”.
“C’è un’altra ragione, Simone…”.
“Dilla, Maestro. Sono contento di ricredermi sul compagno”.
“Giuda è geloso. È inquieto per gelosia”.
“Geloso? Di chi? Non ha moglie e, anche l’avesse e fosse con le donne, io credo che nessuno di noi userebbe spregio al condiscepolo…”.
È geloso di Me. Considera: Giuda si è alterato dopo Endor e dopo Esdrelon. Ossia quando ha visto che Io mi sono occupato di Giovanni e di Jabé. Ma ora che Giovanni, soprattutto Giovanni, verrà allontanato passando da Me a Isacco, vedrai che torna allegro e buono”.
“E… bene! Non mi vorrai però dire che non è preso da un demonietto. E soprattutto… No, lo dico! E soprattutto non mi vorrai dire che si è migliorato in questi mesi. Ero geloso anche io l’anno scorso… Non avrei voluto nessuno più di noi sei, i primi sei, lo ricordi? Ora, ora… lasciami invocare Dio una volta tanto a testimonio del mio pensiero. Ora dico che sono felice più aumentano i discepoli intorno a Te. Oh! vorrei avere tutti gli uomini e portarli a Te e tutti i mezzi per poter sovvenire chi ne ha bisogno, perché la miseria non sia a nessuno di ostacolo per venire a Te. Dio vede se dico il vero. Ma perché sono così ora? Perché mi sono lasciato cambiare da Te. Lui… non è cambiato. Anzi… Va’ là, Maestro… Un demonietto lo ha preso…”.
“Non lo dire. Non lo pensare. Prega perché guarisca. La gelosia è una malattia…”.
“Che al tuo fianco guarisce se uno lo vuole. Ah! lo sopporterò, per Te… Ma che fatica!…”.
“Ti ho dato il premio per essa: il bambino. E ora ti insegno a pregare…”.
“Oh! sì, fratello. Parliamo di questo… e il mio omonimo sia ricordato solo come uno che ha bisogno di questo. Mi pare che ha già il suo castigo. Non è con noi in quest’ora!”, dice Giuda Taddeo.
“Udite. Quando pregate dite così: “Padre nostro che sei nei Cieli, sia santificato il Nome tuo, venga il Regno tuo in Terra come lo è in Cielo, e in Terra come in Cielo sia fatta la Volontà tua. Dacci oggi il nostro pane quotidiano, rimetti a noi i nostri debiti come noi li rimettiamo ai nostri debitori, non ci indurre in tentazione, ma liberaci dal Maligno”.
Gesù si è alzato per dire la preghiera e tutti lo hanno imitato, attenti, commossi.
Non occorre altro, amici miei. In queste parole è chiuso come in un cerchio d’oro tutto quanto abbisogna all’uomo per lo spirito e per la carne e il sangue. Con questo chiedete ciò che è utile a quello e a questi. E se farete ciò che chiedete, acquisterete la vita eterna.
È una preghiera tanto perfetta che i marosi delle eresie e il corso dei secoli non l’intaccheranno. Il cristianesimo sarà spezzettato dal morso di satana e molte parti della mia Carne mistica verranno staccate, separate, facenti cellule a sé, nel vano desiderio di crearsi a corpo perfetto come sarà il Corpo mistico del Cristo, ossia quello dato da tutti i fedeli uniti nella Chiesa apostolica che sarà, finché sarà la Terra, l’unica vera Chiesa.
Ma queste particelle separate, prive perciò dei doni che Io lascerò alla Chiesa Madre per nutrire i miei figli, si chiameranno però sempre cristiane, avendo culto al Cristo, e sempre si ricorderanno, nel loro errore, di essere venute dal Cristo. Ebbene, esse pure pregheranno con questa universale preghiera. Ricordatevela bene. Meditatela continuamente. Applicatela alle vostre azioni. Non occorre altro per santificarsi. Se uno fosse solo, in un posto di pagani, senza chiese, senza libri, avrebbe già tutto lo scibile da meditare in questa preghiera e una chiesa aperta nel suo cuore per questa preghiera. Avrebbe una regola e una santificazione sicura.
“Padre nostro”.
Io lo chiamo: “Padre”. Padre è del Verbo, Padre è dell’Incarnato. Così voglio Lo chiamiate voi, perché voi siete uni con Me se voi in Me permanete. Un tempo era che l’uomo doveva gettarsi volto a terra per sospirare, fra i tremori dello spavento: “Dio!”. Chi non crede in Me e nella mia Parola ancora è in questo tremore paralizzante… Osservate nel Tempio. Non Dio, ma anche il ricordo di Dio è celato dietro triplice velo agli occhi dei fedeli. Separazioni di distanze, separazioni di velami, tutto è stato preso e applicato per dire a chi prega: “Tu sei fango. Egli è Luce. Tu sei abbietto. Egli è Santo. Tu sei schiavo. Egli è Re”.
Ma ora!… Alzatevi! Accostatevi! Io sono il Sacerdote eterno. Io posso prendervi per mano e dire: “Venite”. Io posso afferrare le tende del velario e aprirle, spalancando l’inaccessibile luogo chiuso fino ad ora. Chiuso? Perché? Chiuso per la Colpa, sì. Ma ancor più serrato dall’avvilito pensiero degli uomini. Perché chiuso, se Dio è Amore, se Dio è Padre? Io posso, Io devo, Io voglio portarvi non nella polvere, ma nell’azzurro; non lontani, ma vicini; non in veste di schiavi, ma di figli sul cuore di Dio.
“Padre! Padre!”, dite.
E non stancatevi di dire questa parola. Non sapete che ogni volta che la dite il Cielo sfavilla per la gioia di Dio? Non diceste che questa, e con vero amore, fareste già orazione gradita al Signore.
“Padre! Padre mio!”, dicono i piccoli al padre loro. È la parola che dicono per prima: “Madre, padre”. Voi siete i pargoli di Dio. Io vi ho generati dal vecchio uomo che eravate e che Io ho distrutto col mio amore per far nascere l’uomo nuovo, il cristiano. Chiamate dunque con la parola che per prima conoscono i pargoli, il Padre Santissimo che è nei Cieli.
“Sia santificato il tuo Nome”.
Oh! Nome più di ogni altro santo e soave, Nome che il terrore del colpevole vi ha insegnato a velare sotto un altro. No, non più Adonai, non più. È Dio. È il Dio che in un eccesso di Amore ha creato l’Umanità. L’Umanità, d’ora in poi, con le labbra mondate dal lavacro che Io preparo, lo chiami col suo Nome, riservandosi di comprendere con pienezza di sapienza il vero significato di questo Incomprensibile quando, fusa con Esso, l’Umanità, nei suoi figli migliori, sarà assurta al Regno che Io sono venuto a stabilire.
“Venga il Regno tuo in Terra come in Cielo”.
Desideratelo con tutte le vostre forze questo avvento. Sarebbe la gioia sulla Terra se esso venisse. Il Regno di Dio nei cuori, nelle famiglie, fra i cittadini, fra le nazioni. Soffrite, faticate, sacrificatevi per questo Regno. Sia la Terra uno specchio che riflette nei singoli la vita dei Cieli. Verrà. Un giorno tutto questo verrà. Secoli e secoli di lacrime e sangue, di errori, di persecuzioni, di caligine rotta da sprazzi di luce irraggianti dal Faro mistico della mia Chiesa -che, se barca è, e non verrà sommersa, è anche scogliera incrollabile ad ogni maroso, e alta terrà la Luce, la mia Luce, la Luce di Dio- precederanno il momento in cui la Terra possederà il Regno di Dio. E sarà allora come il fiammeggiare intenso di un astro che, raggiunto il perfetto del suo esistere, si disgrega, fiore smisurato dei giardini eterei, per esalare in un rutilante palpito la sua esistenza e il suo amore ai piedi del suo Creatore. Ma venire verrà. E poi sarà il Regno perfetto, beato, eterno del Cielo.
“E in Terra come in Cielo sia fatta la tua Volontà”.
L’annullamento della volontà propria in quella di un altro si può fare solamente quando si è raggiunto il perfetto amore verso quella creatura. L’annullamento della volontà propria in quella di Dio si può fare solo quando si è raggiunto il possesso delle teologali virtù in forma eroica. In Cielo, dove tutto è senza difetti, si fa la volontà di Dio. Sappiate, voi, figli del Cielo, fare ciò che in Cielo si fa.
“Dacci il nostro pane quotidiano”.
Quando sarete nel Cielo vi nutrirete soltanto di Dio. La beatitudine sarà il vostro cibo. Ma qui ancora abbisognate di pane. E siete i pargoli di Dio. Giusto dunque dire: “Padre, dacci il pane”.
Avete timore di non essere ascoltati? Oh, no! Considerate. Se uno di voi ha un amico e, accorgendosi di essere privo di pane per sfamare un altro amico o un parente, giunto da lui sulla fine della seconda vigilia, va ad esso dicendo: “Amico, prestami tre pani perché m’è venuto un ospite e non ho che dargli da mangiare”, può mai sentirsi rispondere dal di dentro della casa: “Non mi dare noia perché ho già chiuso l’uscio e assicurati i battenti e i miei figli dormono già al mio fianco. Non posso alzarmi e darti quanto vuoi”? No.
Se egli si è rivolto ad un vero amico e se insiste, avrà ciò che chiede. L’avrebbe anche se colui a cui si è rivolto fosse un amico poco buono. Lo avrebbe per la sua insistenza, perché il richiesto di tal favore, pur di non essere più importunato, si affretterà a dargliene quanti ne vuole. Ma voi, pregando il Padre, non vi rivolgete ad un amico della Terra, ma vi rivolgete all’Amico perfetto che è il Padre del Cielo.
Perciò Io vi dico: “Chiedete e vi sarà dato, cercate e troverete, picchiate e vi sarà aperto”.
Infatti a chi chiede viene dato, chi cerca finisce col trovare, e a chi bussa si apre la porta.
Chi fra i figli degli uomini si vede porre in mano un sasso se chiede al proprio padre un pane? E chi si vede dare un serpente al posto di un pesce arrostito? Delinquente sarebbe quel padre se così facesse alla propria prole. Già l’ho detto e lo ripeto per persuadervi a sensi di bontà e di fiducia. Come dunque uno di sana mente non darebbe uno scorpione al posto di un uovo, con quale maggiore bontà non vi darà Dio ciò che chiedete! Poiché Egli è buono, mentre voi, più o meno, malvagi siete. Chiedete dunque con amore umile e figliale il vostro pane al Padre.
“Rimetti a noi i nostri debiti come noi li rimettiamo ai nostri debitori”.
Vi sono i debiti materiali e quelli spirituali. Vi sono anche i debiti morali. È debito materiale la moneta o la merce che avuta in prestito va restituita. È debito morale la stima carpita e non resa e l’amore voluto e non dato. È debito spirituale l’ubbidienza a Dio dal quale molto si esigerebbe salvo dare ben poco, e l’amore verso di Lui. Egli ci ama e va amato, così come va amata una madre, una moglie, un figlio da cui si esigono tante cose. L’egoista vuole avere e non dà. Ma l’egoista è agli antipodi del Cielo.
Abbiamo debiti con tutti. Da Dio al parente, da questo all’amico, dall’amico al prossimo, dal prossimo al servo e allo schiavo, essendo tutti esseri come noi. Guai a chi non perdona! Non sarà perdonato. Dio non può, per giustizia, condonare il debito dell’uomo a Lui che è Santissimo se l’uomo non perdona al suo simile.
“Non ci indurre in tentazione, ma liberaci dal Maligno”.
L’uomo che non ha sentito il bisogno di spartire con noi la cena di Pasqua mi ha chiesto, or è meno di un anno: “Come? Tu hai chiesto di non essere tentato e di essere aiutato, nella tentazione, contro la stessa?”. Eravamo noi due soli… e ho risposto. Eravamo poi in quattro, in una solitaria plaga, ed ho risposto ancora.Ma non è ancora servito, perché in uno spirito tetragono occorre fare breccia demolendo la mala fortezza della sua caparbietà. E perciò lo dirò ancora una, dieci, cento volte, fino a che tutto sarà compiuto.
Ma voi, non corazzati di infelici dottrine e di ancora più infelici passioni, vogliate pregare così. Pregate con umiltà perché Dio impedisca le tentazioni. Oh! l’umiltà!Conoscersi per quello che si è!  Senza avvilirsi, ma conoscersi.
Dire: “Potrei cedere anche se non mi sembra poterlo fare, perché io sono un giudice imperfetto di me stesso. Perciò, Padre mio, dammi, possibilmente, libertà dalle tentazioni col tenermi tanto vicino a Te da non permettere al Maligno di nuocermi”.
Perché, ricordatelo, non è Dio che tenta al Male, ma è il Male che tenta. Pregate il Padre perché sorregga la vostra debolezza al punto che essa non possa essere indotta in tentazione dal Maligno.
Ho detto, miei diletti. Questa è la mia seconda Pasqua fra voi. Lo scorso anno spezzammo soltanto il pane e l’agnello. Quest’anno vi dono la preghiera. Altri doni avrò per le altre mie Pasque fra voi, acciò, quando Io sarò andato dove il Padre vuole, voi abbiate un ricordo di Me, Agnello, in ogni festa dell’agnello mosaico. Alzatevi e andiamo. Rientreremo in città all’aurora. Anzi, domani tu, Simone, e tu, fratello mio (indica Giuda), andrete a prendere le donne e il bambino. Tu, Simone di Giona, e voi altri, starete con Me finché costoro tornano. Poi andremo insieme a Betania”.
E scendono fino al Getsemani nella cui casa entrano per il riposo.

Estratto di "l'Evangelo come mi è stato rivelato" di Maria Valtorta

VOCE DI SAN PIO :

-"La semplicità è una virtú, però fino ad un certo punto. A questa non deve mai mancare la prudenza; la furberia e la scaltrezza, invece, sono diaboliche e fanno tanto male." (AdFP, 391).

IO e un po' di briciole di Vangelo: (Mt 13,24-30) Lasciate che l’una e l’altro crescano insieme fino alla mietitura.

IO e un po' di briciole di Vangelo: (Mt 13,24-30) Lasciate che l’una e l’altro crescano insieme fino alla mietitura.

(Mt 13,24-30) Lasciate che l’una e l’altro crescano insieme fino alla mietitura.



VANGELO DI SABATO 27 LUGLIO
(Mt 13,24-30) Lasciate che l’una e l’altro crescano insieme fino alla mietitura.
+ Dal Vangelo secondo Matteo

In quel tempo, Gesù espose alla folla un’altra parabola, dicendo: «Il regno dei cieli è simile a un uomo che ha seminato del buon seme nel suo campo. Ma, mentre tutti dormivano, venne il suo nemico, seminò della zizzania in mezzo al grano e se ne andò. Quando poi lo stelo crebbe e fece frutto, spuntò anche la zizzania. Allora i servi andarono dal padrone di casa e gli dissero: “Signore, non hai seminato del buon seme nel tuo campo? Da dove viene la zizzania?”. Ed egli rispose loro: “Un nemico ha fatto questo!”. E i servi gli dissero: “Vuoi che andiamo a raccoglierla?”. “No, rispose, perché non succeda che, raccogliendo la zizzania, con essa sradichiate anche il grano. Lasciate che l’una e l’altro crescano insieme fino alla mietitura e al momento della mietitura dirò ai mietitori: Raccogliete prima la zizzania e legatela in fasci per bruciarla; il grano invece riponetelo nel mio granaio”».

Parola del Signore



LA MIA RIFLESSIONE
PREGHIERA
Vieni o Santo Spirito, e inondami della tua sapienza, per saper discernere quello che il Signore vuole che io capisca, fammi conoscere la luce della sua parola, per Cristo nostro Signore. Amen.

Con questa parabola il Signore ci vuole far capire che anche se Dio è il padrone del campo e ha seminato solo buon seme, è venuto il nemico, ed ha seminato il male. Rapportabile alla vita sulla terra, sicuramente, dove è chiaro che esiste il bene ed anche il male, ma ci spinge a non strappare la zizzania, perché?
Certamente perché non sta a noi il giudizio e la divisione tra il buon seme e la zizzania, tutto ha un senso, ma a me viene anche un altro pensiero, forse insolito, ma lo voglio coraggiosamente esprimere.
Penso che quando Dio creò il mondo, creò gli angeli e anche se spiritualmente erano molto più dotati di noi umani erano anche loro esseri liberi, perché non si può pensare che Dio volesse dei servi, degli schiavi, dei sudditi, perché bontà infinita, amore infinito.
Dio era ed è sempre stato Trinità con il Figlio e lo Spirito,e questo forse per noi umani è troppo difficile da comprendere a fondo,se non riusciamo a guardarlo con gli occhi della fede,ma gli angeli che vivevano il Paradiso ne erano coscienti. Forse fu così che un angelo, il più bello, non accettò di essere secondo a Gesù, non gli bastava essere il più bello del paradiso, e preso da odio verso Maria e Gesù, si ribellò e fu punito da Dio.
Con gli uomini, il Signore è misericordioso, perché sa le nostre debolezze, anzi, forse ci ha fatto apposta così deboli, perché possiamo capire che con la sola nostra natura umana, non siamo in grado di fare nulla, ma con gli angeli ribelli il suo sdegno fu immediato, e per loro la punizione arrivò subito, e creò l’inferno, dove li precipitò.Pensate che rabbia a vedere che per l’uomo c’era un paradiso a disposizione, per quell’ essere così imperfetto, così insulso, se non sopportava di essere secondo nemmeno a Dio, è facile capire che la sua rabbia si scatenò, e che il suo scopo sia quello di dimostrare a Dio che lui è più forte di Gesù e che può trascinare gli uomini dalla sua parte.
Nella Bibbia, vediamo la storia di Giobbe che risplende la virtù della pazienza del servo di Dio e la gelosia del demonio. Satana avrebbe voluto perderlo, ma il Signore si servi dell'opera diabolica per aumentare il merito di Giobbe e per dare all'umanità un esempio di rassegnazione e di pazienza.Consideriamo quindi la zizzania come una prova da superare e non come qualcosa da scartare a priori, perché superare la prova ci farà ottenere meriti agli occhi di Dio, e potremo bilanciare le nostre buone prove vinte, con quelle che avremo perduto, di fronte al Giudizio Divino.
Gesù fa uso delle parabole, perché quello che dice sia comprensibile a chi non ne sa di teologia.
Dio creò la luce, che si oppose al buio; il giorno alla notte; il bene al male!Leggiamo nel racconto della creazione:
Gn 1, 31 Dio vide quanto aveva fatto, ed ecco, era cosa molto buona.Non dice perfetta, perché la perfezione non ci appartiene, ma possiamo camminare in questa vita che ci è stata donata compiendo delle scelte, e con l'aiuto di Dio, riusciremo a scoprire ,che ogni tentazione, ogni ostacolo , sono un'opportunità per scegliere e per migliorare.Forse anche noi siamo la zizzania per qualcuno, e ringraziando Dio, abbiamo avuto la possibilità di crescere con il grano buono e di essere contaminati dall'amore

giovedì 25 luglio 2013

Preghiera per la consacrazione del mondo alla divina misericordia

CONSACRAZIONE DEL MONDO ALLA DIVINA MISERICORDIA

Giovanni Paolo II

Dio,
Padre misericordioso,
che hai rivelato
il Tuo amore
nel Figlio tuo Gesù Cristo e l'hai riversato su di noi nello Spirito Santo,
Consolatore, Ti affidiamo oggi i  destini del mondo e di ogni uomo.
ChinaTi su di
noi peccatori,
risana la nostra
debolezza,
sconfiggi ogni male,
fa che tutti gli
abitanti della terra
sperimentino la 
tua misericordia,
affinchè in Te,
Dio Unico e Trino,
trovino sempre
la fonte della speranza.
Eterno Padre,
per la dolorosa Passione
e la Risurrezione del tuo Figlio,
abbi misericordia di noi e del mondo intero! 
Amen  

VOCE DI SAN PIO :

- "Devi avere sempre prudenza ed amore. La prudenza ha gli occhi, l’amore le gambe. L’amore che ha le gambe vorrebbe correre a Dio, ma il suo impulso di slanciarsi verso di lui è cieco, e qualche volta potrebbe inciampare se non fosse guidato dalla prudenza che ha gli occhi. La prudenza, quando vede che l’amore potrebbe essere sfrenato, gli presta gli occhi." (CE, 17).

(Mt 13,18-23) Colui che ascolta la Parola e la comprende, questi dà frutto.

VANGELO
 (Mt 13,18-23) Colui che ascolta la Parola e la comprende, questi dà frutto.
+ Dal Vangelo secondo San Matteo

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Voi dunque ascoltate la parabola del seminatore. Ogni volta che uno ascolta la parola del Regno e non la comprende, viene il Maligno e ruba ciò che è stato seminato nel suo cuore: questo è il seme seminato lungo la strada. Quello che è stato seminato sul terreno sassoso è colui che ascolta la Parola e l’accoglie subito con gioia, ma non ha in sé radici ed è incostante, sicché, appena giunge una tribolazione o una persecuzione a causa della Parola, egli subito viene meno. Quello seminato tra i rovi è colui che ascolta la Parola, ma la preoccupazione del mondo e la seduzione della ricchezza soffocano la Parola ed essa non dà frutto. Quello seminato sul terreno buono è colui che ascolta la Parola e la comprende; questi dà frutto e produce il cento, il sessanta, il trenta per uno».

Parola del Signore
(Mt 13,18-23) Colui che ascolta la Parola e la comprende, questi dà frutto.
(Mt 13,18-23) Colui che ascolta la Parola e la comprende, questi dà frutto.

LA MIA RIFLESSIONE
 PREGHIERA
O Dio, che hai creato e governi l’universo, fa’ che sperimentiamo la potenza della tua misericordia, infondi nei nostri cuori e nelle nostre menti il tuo Santo Spirito,perché possiamo dedicarci con tutte le forze al tuo servizio. Per il nostro Signore Gesù Cristo,che ci ha promesso che non ci avrebbe lasciato orfani,ma che lo Spirito Santo sarebbe sceso su di noi. Amen.
La parola greca “ Parabolay”=parabola, significa mettere vicino, ossia mettere una cosa a fianco dell’altra per far comprendere, per illustrare meglio.
 Chiaramente per i suoi discepoli c’è un qualcosa di più, attraverso la quale anche cose incomprensibili agli uomini sono svelate. Ma perché questa corsia di favore? Onestamente non credo che a nessuno sia dato di comprendere se non per grazia di Dio, quindi lasciamo che sia Lui a svelare ad ognuno quello che vuole svelare.
Io leggo, penso che poiché l’uomo è così stolto da pensare che tutto dipenda da lui e dalla sua intelligenza, è bene che sia tenuto a testa bassa per non montare in superbia. Tanti credono d’esseri migliori e di meritare di più per la loro sagacia e perspicacia, ma non è così che giudica il Signore, anche perché se uno è intelligente è SOLO una grazia di Dio, ma quello che dà la luce dello Spirito Santo di Dio non è l'intelligenza,ma la fedeltà alla sua parola,infatti leggiamo: ” Quello sul terreno buono sono coloro che, dopo aver ascoltato la Parola con cuore integro e buono, la custodiscono e producono frutto con perseveranza.”A volte non è facile essere fedeli alla parola del Signore, andare contro il nostro istinto, amare chi non ci ama; spesso in noi vorrebbe prevaler più lo spirito di vendetta che quello di giustizia, ma coti quel che costi, se ci fidiamo di Dio, se mettiamo tutto nelle sue mani, anche i nostri limiti e gli chiediamo aiuto per essere come lui vuole, egli ci spingerà sempre un pochino più oltre i nostri limiti. 

mercoledì 24 luglio 2013

VOCE DI SAN PIO :

-"Non vogliate ricusarvi in nessun modo e per nessun motivo dal fare la carità a chi che sia, non solo ma, presentandosi delle favorevoli occasioni, di offrirla voi stesso. Tanto vuole il Signore e tanto dovete sforzarvi di fare." (Epist. I, p. 1213).

(Mt 20,20-28) Il mio calice, lo berrete.

VANGELO
 (Mt 20,20-28) Il mio calice, lo berrete.
+ Dal Vangelo secondo san Matteo

In quel tempo, si avvicinò a Gesù la madre dei figli di Zebedèo con i suoi figli e si prostrò per chiedergli qualcosa. Egli le disse: «Che cosa vuoi?». Gli rispose: «Di’ che questi miei due figli siedano uno alla tua destra e uno alla tua sinistra nel tuo regno». Rispose Gesù: «Voi non sapete quello che chiedete. Potete bere il calice che io sto per bere?». Gli dicono: «Lo possiamo». Ed egli disse loro: «Il mio calice, lo berrete; però sedere alla mia destra e alla mia sinistra non sta a me concederlo: è per coloro per i quali il Padre mio lo ha preparato».Gli altri dieci, avendo sentito, si sdegnarono con i due fratelli. Ma Gesù li chiamò a sé e disse: «Voi sapete che i governanti delle nazioni dóminano su di esse e i capi le opprimono. Tra voi non sarà così; ma chi vuole diventare grande tra voi, sarà vostro servitore e chi vuole essere il primo tra voi, sarà vostro schiavo. Come il Figlio dell’uomo, che non è venuto per farsi servire, ma per servire e dare la propria vita in riscatto per molti».

Parola del Signore
(Mt 20,20-28) Il mio calice, lo berrete.
(Mt 20,20-28) Il mio calice, lo berrete.


LA MIA RIFLESSIONE
PREGHIERA

Ti prego Spirito Santo, di entrare nel mio cuore, per fare posto alla persona nuova che Gesù vuole per me. Te lo chiedo per vivere in comunione con Cristo nostro Signore. Amen. 

Giacomo e Giovanni seguirono Gesù, senza avere tentennamenti, gli furono vicini nel Getzemani, nella trasfigurazione e in molte occasioni importanti della sua vita, per questo forse, la mamma pensava che era giusto stessero al fianco di Gesù nel suo regno. Onore e gloria… noi uomini cerchiamo sempre questo; siamo uomini, e rimaniamo uomini, con i nostri difetti e i nostri miseri pregi, noi non capiamo mai, neanche quando la fede è forte, neanche quando abbiamo Gesù vicino al cuore, che il nostro ruolo non è apparire, ma servire. Vogliamo apparire, essere i primi, farci vedere migliori di quello che siamo, anche a volte solo per noi stessi, come se guardandoci allo specchio e vedendo la nostra anima così scarsa nella fede, non ci piacessimo e volessimo riempirla a tutti i costi con palliativi privi di contenuto. 
Bisogna che ci rendiamo finalmente conto che non siamo noi a stare vicino a Gesù, ma è Lui che ci resta vicino sempre. San Paolo nella prima lettura ci spiega come la vita dei discepoli sia legata alla grazia di Dio. Non è facile seguire Gesù quando siamo tribolati e impauriti, ma è proprio Gesù che ci sostiene con la sua grazia.
Testimoniare la nostra fede in Cristo ci fa scontrare con il mondo, anche con quello che è dentro di noi, perché non saremo mai abbastanza perfetti né credibili come testimoni, ma nonostante le nostre crepe, siamo vasi che Cristo riempie di grazia. Non cerchiamo in noi quello che non c’è, ma permettiamo al Signore di operare in noi e con noi, colmandoci di Spirito Santo; non chiediamo di essere favoriti, ma di saper servire.

martedì 23 luglio 2013

I SANTI

La cosa più bella dopo Gesù e Maria....i Santi!...Gente come noi,chiamata come noi...che ha semplicemente risposto si.....
Spesso bel vangelo leggiamo la parolina* SE *...trasformiamo questa incertezza in un * SI * coscienti almeno in parte di quanto siamo limitati ed inadatti...il resto ci verrà dato da Dio e in abbondanza,ne sono sicura!

VOCE DI SAN PIO :

" Combattete, figliuola, da forte, se vi preme di avere il premio delle anime forti." (Epist. III, p. 405).

(Mt 13,1-9) Una parte del seme cadde sul terreno buono e diede frutto.

VANGELO
(Mt 13,1-9) Una parte del seme cadde sul terreno buono e diede frutto.

 Dal Vangelo secondo Matteo

Quel giorno Gesù uscì di casa e sedette in riva al mare. Si radunò attorno a lui tanta folla che egli salì su una barca e si mise a sedere, mentre tutta la folla stava sulla spiaggia.Egli parlò loro di molte cose con parabole. E disse: «Ecco, il seminatore uscì a seminare. Mentre seminava, una parte cadde lungo la strada; vennero gli uccelli e la mangiarono. Un’altra parte cadde sul terreno sassoso, dove non c’era molta terra; germogliò subito, perché il terreno non era profondo, ma quando spuntò il sole, fu bruciata e, non avendo radici, seccò. Un’altra parte cadde sui rovi, e i rovi crebbero e la soffocarono. Un’altra parte cadde sul terreno buono e diede frutto: il cento, il sessanta, il trenta per uno. Chi ha orecchi, ascolti».

 Parola del Signore


LA MIA RIFLESSIONE
 PREGHIERA


Ti prego o Spirito Santo di aiutarmi a capire la parola di Dio ed a esprimerla come tu vuoi che io faccia. Sai che sono una povera ignorante e che mi affido solo a te, aiutami a non sbagliare.


Quando Gesù parlava le folle accorrevano, eppure anche nel tempio venivano letti i rotoli della Bibbia, perché allora tutta questa gente accorreva? Per i miracoli che compiva sicuramente, ma anche perché c’era in lui qualcosa di speciale che lo avvicinava al popolo.
La sua parola non era lontana dalle cose di tutti i giorni che il popolo faceva, parlava loro con parabole, che erano e sono, allora come oggi, dopo duemila anni, attuabili nella vita di ognuno.
In molti lo ascoltavano e oggi, ancora molti sono quelli che ascoltano la sua parola, ma non su tutti fa lo stesso effetto.
Ci sono delle volte che ascoltando i vangeli, sentiamo che Gesù sta parlando anche con noi, e magari ci ripromettiamo di attuare quello che il vangelo ci ha ricordato quel giorno…. ma poi riprendiamo la vita di tutti i giorni e ci dimentichiamo i buoni propositi.
Altre volte non riusciamo a capirla, perché cerchiamo di interpretarla da soli e non ci sembra comprensibile, dimenticando di avere un amico formidabile nello Spirito Santo.
Alcune volte invece, è proprio la parola che aspettavamo per iniziare un cammino di conversione; sembra quasi una frustata alla nostra pigrizia spirituale, ed allora ci viene fame della parola di Dio.
Ma non ci possiamo fermare all’ascolto, come Maria, la sorella di Marta, dobbiamo far si che quello che è stato seminato produca frutto, e che questi frutti portino nuova semenza intorno a noi.
Allora si che uniremo l’ascolto all’azione, la parola all’opera, dipenderà solo da noi saper far fruttare quello che ci è dato, ma teniamo presente che dovremo rendere conto anche al padrone di quello che verrà raccolto con la nostra collaborazione.


lunedì 22 luglio 2013

(Gv 15,1-8) Chi rimane in me e io in lui porta molto frutto.

VANGELO
(Gv 15,1-8) Chi rimane in me e io in lui porta molto frutto.


+ Dal Vangelo secondo San Giovanni

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Io sono la vite vera e il Padre mio è l’ agricoltore. Ogni tralcio che in me non porta frutto, lo taglia, e ogni tralcio che porta frutto, lo pota perché porti più frutto. Voi siete già puri, a causa della parola che vi ho annunciato. Rimanete in me e io in voi. Come il tralcio non può portare frutto da se stesso se non rimane nella vite, così neanche voi se non rimanete in me. Io sono la vite, voi i tralci. Chi rimane in me, e io in lui, porta molto frutto, perché senza di me non potete far nulla. Chi non rimane in me viene gettato via come il tralcio e secca; poi lo raccolgono, lo gettano nel fuoco e lo bruciano. Se rimanete in me e le mie parole rimangono in voi, chiedete quello che volete e vi sarà fatto. In questo è glorificato il Padre mio: che portiate molto frutto e diventiate miei discepoli».


Parola del Signore

(Gv 15,1-8) Chi rimane in me e io in lui porta molto frutto.


LA MIA RIFLESSIONE
PREGHIERA
Ti prego Spirito Santo di starmi vicino e di assistermi con la tua sapienza nella lettura e nella riflessione della tua parola.


Spesso uso l’espressione, siamo operai della vigna del Signore e oggi il vangelo ci spiega proprio questo passo. Quella della vite e dei tralci è una delle immagini più belle che Gesù ci propone, addirittura ci fa l'esempio di come il Padre ci tiene a che la vite produca buoni frutti. La pianta della vite è una pianta che si aggroviglia, si arrampica e si attorciglia tutta intorno alla madre vite, dalla quale riceve la linfa, e l'agricoltore la cura, taglia i rami inutili, che non portano frutto e la pota perché sia più robusta. I ruoli sono chiari, il raccolto va a Dio, è di Dio la vigna, di cui Cristo è la madre vite da cui partono i tralci, che siamo noi tutti. L' importante quindi è rimanere aggrappati alla pianta madre, a Gesù, e alla Chiesa da lui istituita, di cui lo Spirito Santo è la linfa. Tante sono le immagini che mi vengono alla mente, una è quella delle sofferenze che nella vita ognuno di noi passa, che in qualche modo, anche se sono difficili da accettare, sembrano arrivare per distruggerci e invece ci fanno crescere e ci rendono più forti, e l'altra è l'immagine della Chiesa, che per quanto imperfetta e divisa è in ogni modo la parte portante della vite. Restiamo quindi attaccati a questa chiesa, e lasciamo a Dio il giudizio e la potatura dei tralci, lui sa quello che è giusto, noi non sappiamo vedere più in là del nostro naso, se vogliamo essere un tralcio e non d’intralcio, affidiamoci alla parola di Dio e abbracciamo con fiducia Cristo Gesù.
Aggiungiamo al vangelo di domenica, una nota che mi sembra molto importante cogliere, Gesù dice molto chiaramente che senza di lui, cercando di fare le cose a modo nostro, non potremo fare nulla , questo non vuol dire che da soli non sappiamo fare niente, ma che da soli, non sappiamo fare niente di buono, ma posso dire anche di più, noi da soli, non sappiamo neanche riconoscere quello che è buono e quello che non lo è.

domenica 21 luglio 2013

VOCE DI SAN PIO :

-"Benedico il buon Dio dei santi sentimenti che ti dà la sua grazia. Fai bene a non incominciare mai nessuna opera senza aver prima implorato l’aiuto divino. Ciò ti otterrà la grazia della santa perseveranza." (Epist. III, p. 456).

(Gv 20,1-2.11-18) Ho visto il Signore e mi ha detto queste cose.

VANGELO
 (Gv 20,1-2.11-18) Ho visto il Signore e mi ha detto queste cose.
Dal Vangelo secondo Giovanni

Il primo giorno della settimana, Maria di Màgdala si recò al sepolcro di mattino, quando era ancora buio, e vide che la pietra era stata tolta dal sepolcro. Corse allora e andò da Simon Pietro e dall’altro discepolo, quello che Gesù amava, e disse loro: «Hanno portato via il Signore dal sepolcro e non sappiamo dove l’hanno posto!». Maria stava all’ esterno, vicino al sepolcro, e piangeva. Mentre piangeva, si chinò verso il sepolcro e vide due angeli in bianche vesti, seduti l’uno dalla parte del capo e l’altro dei piedi, dove era stato posto il corpo di Gesù. Ed essi le dissero: «Donna, perché piangi?». Rispose loro: «Hanno portato via il mio Signore e non so dove l’hanno posto». Detto questo, si voltò indietro e vide Gesù, in piedi; ma non sapeva che fosse Gesù. Le disse Gesù: «Donna, perché piangi? Chi cerchi?». Ella, pensando che fosse il custode del giardino, gli disse: «Signore, se l’hai portato via tu, dimmi dove l’hai posto e io andrò a prenderlo». Gesù le disse: «Maria!». Ella si voltò e gli disse in ebraico: «Rabbunì!» - che significa: «Maestro!». Gesù le disse: «Non mi trattenere, perché non sono ancora salito al Padre; ma va’ dai miei fratelli e di’ loro: “Salgo al Padre mio e Padre vostro, Dio mio e Dio vostro”». Maria di Màgdala andò ad annunciare ai discepoli: «Ho visto il Signore!» e ciò che le aveva detto.

Parola del Signore
(Gv 20,1-2.11-18) Ho visto il Signore e mi ha detto queste cose.
(Gv 20,1-2.11-18) Ho visto il Signore e mi ha detto queste cose.

LA MIA RIFLESSIONE
PREGHIERA

Vieni o Santo Spirito,vieni nel mio cuore e riempimi di grazia. Donami la luce per vedere quello che è giusto e la sapienza per saperlo decifrare tra le pieghe della tua parola.

Mi piace molto l’idea che gli apostoli di Gesù, abbiano delle donne un rispetto nuovo, strano per quei tempi, che non si vede nelle piccole cose che comunque gli spettavano, ma
 nell’ ascolto che dedicavano a loro, nella loro partecipazione alla vita di Gesù,  e nel fatto che erano accettate tra di loro, anche dopo la sua morte, come se Maria, avesse aperto una nuova via di accesso alle donne nella vita pubblica.
In questo brano vediamo Maria di Magdala (Maddalena) che mentre è ancora notte, ci reca al sepolcro di Gesù e non trovandolo piange disperatamente. Notiamo che ci sono ancora le tenebre, che lei pensa come prima cosa che qualcuno ha rubato il corpo di Gesù, perché altro umanamente non poteva pensare.
All’ improvviso, tra le lacrime, vide due angeli, che le chiesero perché piangeva, dietro di lei ecco Gesù, ma lei non lo riconobbe subito, ma solo quando la chiamò per nome.
Questo è il passaggio che mi ha colpito di più, questo chiamarla per nome, con familiarità, come chi ti conosce bene, come chi in quel suo chiamarti dimostra tutto il suo amore.
Questo è Gesù, è colui che poteva vincere la morte, che è molto di più che vincere una battaglia contro i nemici, avrebbe potuto fare qualunque cosa, ma ha voluto morire su una croce per noi, per dimostrarci il suo amore immenso, per dimostrarci che la vita dei figli di Dio va oltre la morte, che si può vincere la morte, come si può vincere il peccato.
Collego questi due fattori,perché come la morte uccide il corpo, così il peccato uccide l’ anima.
Maria , che dapprima così disperata perché non trovava il Signore, non appena lo riconosce, accetta subito la missione che Lui stesso gli affida. - Va e di ai miei fratelli che salgo al Padre mio e Padre vostro - Maria va e felice di fare quello che Gesù le ha chiesto, felice di averlo rivisto vivo, lo annuncia e lo testimonia ai discepoli.
Fratelli Cristiani, non piangiamo un Cristo Morto, ma gioiamo della sua resurrezione e ricordiamo una frese che Gesù stesso disse:- Lasciate che i morti seppelliscano i morti - perché con Gesù siamo risorti al peccato e quindi alla morte.
Mi viene in mente che Davide, come giovane pastore, lottò contro animali selvaggi per proteggere le pecore di suo padre. Egli era pronto a morire per esse. Cristo fu ucciso per difendere quelle che il Padre gli aveva dato. Gli eletti di Dio sono stati uccisi dal tempo del giusto Abele e questo continuò attraverso la storia e continuerà ad essere il destino di molti chiamati, fino al ritorno di Cristo.



sabato 20 luglio 2013

VOCE DI SAN PIO :

-"Ricordati che il perno della perfezione è la carità; chi vive di carità, vive in Dio, perché Dio è carità, come disse l’Apostolo." (AdFP, 554).

Dal Vangelo di Gesù Cristo secondo Luca 10,38-42 Corrispondenza nell’”Evangelo come mi è stato rivelato” di Maria Valtorta

16ª DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO 

Rivelazione di Gesù a Maria Valtorta

Domenica 21 luglio 2013 – Anno C

Dal Vangelo di Gesù Cristo secondo Luca 10,38-42
Mentre erano in cammino, entrò in un villaggio e una donna, di nome Marta, lo accolse nella sua casa. Essa aveva una sorella, di nome Maria, la quale, sedutasi ai piedi di Gesù, ascoltava la sua parola; Marta invece era tutta presa dai molti servizi. Pertanto, fattasi avanti, disse: «Signore, non ti curi che mia sorella mi ha lasciata sola a servire? Dille dunque che mi aiuti». Ma Gesù le rispose: «Marta, Marta, tu ti preoccupi e ti agiti per molte cose, ma una sola è la cosa di cui c'è bisogno. Maria si è scelta la parte migliore, che non le sarà tolta».

Corrispondenza nell’”Evangelo come mi è stato rivelato” di Maria Valtorta
Volume 6 Capitolo 377 pagina 127

14 agosto 1944
Comprendo subito che si è ancora intorno alla figura della Maddalena, perché la vedo per prima cosa in una semplice ve­ste di un rosa lillà come è il fiore della malva. Nessun orna­mento prezioso, i capelli sono semplicemente raccolti in trecce sulla nuca. Sembra più giovane di quando era tutta un capola­voro di toletta. Non ha più l'occhio sfrontato di quando era la «peccatrice», e neppure lo sguardo avvilito di quando ascolta­va la parabola della pecorella, e quello vergognoso e lucido di pianto di quando era nella sala del fariseo... Ora ha un occhio quieto, tornato limpido come quello di un bambino, e un riso pacato vi risplende.
Ella è appoggiata ad un albero presso il confine della proprietà di Betania e guarda verso la via. Attende. Poi ha un gri­do di gioia. Si volge verso la casa e grida forte per essere udita, grida con la sua splendida voce vellutata e passionale, inconfondibile:
«Giunge!... Marta, ci hanno detto giusto. Il Rab­bi è qui!», e corre ad aprire il pesante cancello che stride.
Non dà tempo ai servi di farlo e esce sulla via a braccia tese, come fa un bambino verso la mamma, e con un grido di gioia amoro­sa: «O Rabboni mio!», (io scrivo “Rabboni” perché vedo che il Vangelo porta così. Ma tutte le volte che ho sentito la Madda­lena chiamarlo, mi è parso dicesse “Rabbomi”, con l'emme e non l'enne), e si prostra ai piedi di Gesù, baciandoglieli fra la polvere della via.
«Pace a te, Maria. Vengo a riposare sotto il tuo tetto».
«O Maestro mio!», ripete Maria levando il volto con una espressione di riverenza e d'amore che dice tanto... È ringra­ziamento, è benedizione, è gioia, è invito ad entrare, è giubilo perché Egli entra...
Gesù le ha messo la mano sul capo e pare l'assolva ancora.
Maria si alza e, a fianco di Gesù, rientra nel recinto della proprietà. Sono corsi intanto servi e Marta. I servi con anfore e coppe. Marta col suo solo amore. Ma è tanto.
Gli apostoli, accaldati, bevono le fresche bevande che i servi mescono. Vorrebbero darla a Gesù per il primo. Ma Marta li ha prevenuti. Ha preso una coppa piena di latte e l'ha offerta a Gesù. Deve sapere che gli piace molto.
Dopo che i discepoli si sono ristorati, Gesù dice loro: «An­date ad avvertire i fedeli. A sera parlerò loro».
Gli apostoli si sparpagliano in diverse direzioni non appena fuori dal giardino.
Gesù inoltra fra Marta e Maria. «Vieni, Maestro», dice Mar­ta. «Mentre giunge Lazzaro, riposa e prendi ristoro».
Mentre pongono piede in una fresca stanza che dà sul porti­co ombroso, ritorna Maria che si era allontanata a passo rapi­do. Torna con una brocca d'acqua, seguita da un servo che por­ta un bacile. Ma è Maria che vuole lavare i piedi di Gesù. Ne slaccia i sandali polverosi e li dà al servo, perché li riporti pu­liti insieme al mantello, pure dato perché fosse scosso dal pol­verume. Poi immerge i piedi nell'acqua, che qualche aroma fa lievemente rosea, li asciuga, li bacia. Poi cambia l'acqua e ne offre di monda a Gesù, per le mani. E mentre attende il servo coi sandali, accoccolata sul tappeto ai piedi di Gesù, glieli ac­carezza e, prima di mettergli i sandali, li bacia ancora dicendo: «Santi piedi che avete tanto camminato per cercarmi!».
Marta, più pratica nel suo amore, va all'utile umano e chie­de: «Maestro, oltre i tuoi discepoli chi verrà?».
E Gesù: «Non so ancora di preciso. Ma puoi preparare per altri cinque oltre gli apostoli».
Marta se ne va.
Gesù esce nel fresco giardino ombroso. Ha semplicemente la sua veste azzurro cupo. Il mantello, ripiegato con cura da Maria, resta su una cassapanca della stanza. Maria esce insie­me a Gesù.
Vanno per vialetti ben curati, fra aiuole fiorite, sin verso la peschiera che pare uno specchio caduto fra il verde. L'acqua limpidissima è appena rotta, qua e là, dal guizzo argenteo di qualche pesce e dalla pioggiolina dello zampillo esilissimo, al­to e centrale. Dei sedili sono presso l'ampia vasca che pare un laghetto e dalla quale partono piccoli canali di irrigazione. Credo anzi che uno sia quello che alimenta la peschiera e gli altri, più piccoli, quelli di scarico adibiti ad irrigare.
Gesù siede su un sedile messo proprio contro il margine del­la vasca. Maria gli si siede ai piedi, sull'erba verde e ben cura­ta. In principio non parlano. Gesù gode visibilmente del silen­zio e del riposo nel fresco del giardino. Maria si bea di guar­darlo.
Gesù gioca con l'acqua limpida della vasca. Vi immerge le dita, la pettina separandola in tante piccole scie e poi lascia che tutta la mano sia immersa in quella pura freschezza. «Co­me è bella quest'acqua limpida!», dice.
E Maria: «Tanto ti piace, Maestro?».
«Sì, Maria. Perché è tanto limpida. Guarda. Non ha una traccia di fango. Vi è acqua, ma è tanto pura che pare non vi sia nulla, quasi non fosse elemento ma spirito. Possiamo legge­re sul fondo le parole che si dicono i pesciolini...».
«Come si legge in fondo alle anime pure. Non è vero, Mae­stro?», e Maria sospira con un rimpianto segreto.
Gesù sente il sospiro represso e legge il rimpianto velato da un sorriso, e medica subito la pena di Maria.
«Le anime pure dove le abbiamo, Maria? È più facile che un monte cammini che non una creatura sappia mantenersi pura delle tre purità. Troppe cose intorno ad un adulto si agitano e fermentano. E non sempre si può impedire che penetrino nell'interno. Non vi sono che i bambini che abbiano l'anima angelica, l'anima preservata, dalla loro innocenza, dalle cogni­zioni che possono mutarsi in fango. Per questo li amo tanto. Vedo in loro un riflesso della Purezza infinita. Sono gli unici che portino seco questo ricordo dei Cieli.
La Mamma mia è la Donna dall'anima di bambino. Più an­cora. Ella è la Donna dall'anima di Angelo. Quale era Eva usci­ta dalle mani del Padre. Lo pensi, Maria, cosa sarà stato il pri­mo giglio fiorito nel terrestre giardino? Tanto belli anche que­sti che fanno guida a quest'acqua. Ma il primo, uscito dalle mani del Creatore! Era fiore o era diamante? Erano petali o fo­gli d'argento purissimo? Eppure mia Madre è più pura di que­sto primo giglio che ha profumato i venti. E il suo profumo di Vergine inviolata empie Cielo e Terra, e dietro ad esso andran­no i buoni nei secoli dei secoli. Il Paradiso è luce, profumo e armonia. Ma se in esso non si beasse il Padre nel contemplare la Tutta Bella che fa della Terra un paradiso, ma se il Paradiso dovesse in futuro non avere il Giglio vivo nel cui seno sono i tre pistilli di fuoco della divina Trinità, luce, profumo e armo­nia, letizia del Paradiso, sarebbero menomati della metà. La purezza della Madre sarà la gemma del Paradiso.
Ma è sconfinato il Paradiso! Che diresti di un re che avesse una gemma sola nel suo tesoro? Anche fosse la Gemma per ec­cellenza? Quando Io avrò aperto le porte del Regno dei Cieli... -non sospirare, Maria, per questo Io son venuto- molte ani­me di giusti e di pargoli entreranno, scia di candore, dietro alla porpora del Redentore. Ma saranno ancora pochi per popolare di gemme i Cieli e formare i cittadini della Gerusalemme eter­na.
E dopo... dopo che la Dottrina di verità e santificazione sarà conosciuta dagli uomini, dopo che la mia Morte avrà rida­to la Grazia agli uomini, come potrebbero gli adulti conquista­re i Cieli, se la povera vita umana è continuo fango che rende impuri? Sarà dunque allora il mio Paradiso solo dei pargoli? Oh! no! Come pargoli occorre saper divenire. Ma anche agli adulti è aperto il Regno. Come pargoli... Ecco la purezza.
Vedi quest'acqua? Pare tanto limpida. Ma osserva: basta che Io con questo giunco ne smuova il fondale che ecco si intorbida. Detriti e fango affiorano. Il suo cristallo si fa giallognolo e nes­suno ne berrebbe più. Ma se Io levo il giunco, la pace ritorna e l'acqua torna poco a poco limpida e bella. Il giunco è il peccato. Così delle anime. Il pentimento, credilo, è ciò che depura...».
Sopraggiunge Marta affannata: «Ancora qui sei, Maria? Ed io che mi affanno tanto !... L'ora passa. I convitati presto ver­ranno e vi è tanto da fare. Le serve sono al pane, i servi scuoia­no e cuociono le carni. Io preparo stoviglie, mense e bevande. Ma ancora sono da cogliere le frutta e preparare l'acqua di menta e miele...».
Maria ascolta sì e no le lamentele della sorella. Con un sor­riso beato continua a guardare Gesù, senza muoversi dalla sua posizione.
Marta invoca l'aiuto di Gesù: «Maestro, guarda come sono accaldata. Ti pare giusto che sia io sola a sfaccendare? Dille Tu che mi aiuti». Marta è veramente inquieta.
Gesù la guarda con un sorriso per metà dolce e per metà un poco ironico, meglio, scherzoso.
Marta ci si inquieta un poco: «Dico sul serio, Maestro. Guardala come ozia mentre io lavoro. Ed è qui che vede...».
Gesù si fa più serio: «Non è ozio, Marta. È amore. L'ozio era prima. E tu hai tanto pianto per quell'ozio indegno. Il tuo pianto ha messo ancor più ala al mio andare per salvarmela e rendertela al tuo onesto affetto. Vorresti tu contenderla di amare il suo Salvatore? La preferiresti allora lontana di qui per non vederti lavorare, ma lontana anche da Me? Marta, Marta! Devo dunque dire che costei (e Gesù le pone la mano sul capo), venuta da tanto lontano, ti ha sorpassata nell'amore? Devo dunque dire che costei, che non sapeva una parola di be­ne, è ora dotta nella scienza dell'amore? Lasciala alla sua pa­ce! È stata tanto malata! Ora è una convalescente che guarisce bevendo le bevande che la fortificano. È stata tanto tormenta­ta... Ora, uscita dall'incubo, guarda intorno a sé e in sé, e si scopre nuova e scopre un mondo nuovo. Lascia che se ne faccia sicura.
Con questo suo “nuovo” deve dimenticare il passato e conquistarsi l'eterno... Non sarà conquistato questo unica­mente col lavoro, ma anche con l'adorazione. Avrà ricompensa chi avrà dato un pane all'apostolo e al profeta. Ma doppia ne avrà chi avrà dimenticato anche di cibarsi per amarmi, perché più grande della carne avrà avuto lo spirito, il quale avrà avu­to voci più forti di quelle degli anche leciti bisogni umani. Tu ti affanni di troppe cose, Marta. Costei di una sola. Ma è quella che basta al suo spirito e soprattutto al suo e tuo Signore. La­scia cadere le cose inutili. Imita tua sorella. Maria ha scelto la parte migliore. Quella che non le sarà mai più tolta. Quando tutte le virtù saranno superate, perché non più necessarie ai cittadini del Regno, unica resterà la carità. Essa resterà sem­pre. Unica. Sovrana. Ella, Maria, ha scelto questa, e questa si è presa per suo scudo e bordone. Con questa, come su ali d'Ange­lo, verrà nel mio Cielo».
Marta abbassa la testa mortificata e se ne va.
«Mia sorella ti ama molto e si cruccia per farti onore...», dice Maria per scusarla.
«Lo so, e ne sarà ricompensata. Ma ha bisogno di esser depurata, come si è depurata quest'acqua, del suo pensare uma­no. Guarda, mentre parlavamo, come è tornata limpida. Marta si depurerà per le parole che le ho detto. Tu... tu per la since­rità del tuo pentimento...».
«No, per il tuo perdono, Maestro. Non bastava il mio pentirmi a lavare il mio grande peccato...».
«Bastava e basterà alle tue sorelle che ti imiteranno. A tutti i poveri infermi dello spirito. Il pentimento sincero è filtro che depura; l'amore, poi, è sostanza che preserva da ogni nuova in­quinazione. Ecco perciò che coloro che la vita fa adulti e pec­catori potranno tornare innocenti come pargoli ed entrare co­me essi nel Regno mio. Andiamo ora alla casa. Che Marta non resti troppo nel suo dolore. Portiamole il nostro sorriso di Ami­co e di sorella».

Dice Gesù:
«Il commento non occorre. La parabola dell'acqua è com­mento all'operazione del pentimento nei cuori.
Hai così il ciclo della Maddalena completo. Dalla morte alla Vita. È la più grande risorta del mio Vangelo. È risorta da sette morti. È rinata. L'hai vista, come pianta da fiore, alzare dal fango lo stelo del suo nuovo fiore sempre più in alto, e poi fio­rire per Me, olezzare per Me, morire per Me. L'hai vista pecca­trice, poi assetata che si accosta alla Fonte, poi pentita, poi perdonata, poi amante, poi pietosa sul Corpo ucciso del suo Si­gnore, poi serva della Madre, che ama perché Madre mia; infi­ne penitente sulle soglie del suo Paradiso.
Anime che temete, imparate a non temere di Me leggendo la vita di Maria di Magdala. Anime che amate, imparate da lei ad amare con serafico ardore. Anime che avete errato, imparate da lei la scienza che rende pronti al Cielo.
Vi benedico tutti per darvi aiuti a salire. Va' in pace».

Estratto di “l'Evangelo come mi è stato rivelato” di Maria Valtorta

(Lc 10,38-42) Marta lo ospitò. Maria ha scelto la parte migliore.

VANGELO
(Lc 10,38-42) Marta lo ospitò. Maria ha scelto la parte migliore.


+ Dal Vangelo secondo Luca


In quel tempo, mentre erano in cammino, Gesù entrò in un villaggio e una donna, di nome Marta, lo ospitò. Ella aveva una sorella, di nome Maria, la quale, seduta ai piedi del Signore, ascoltava la sua parola. Marta invece era distolta per i molti servizi. Allora si fece avanti e disse: «Signore, non t’importa nulla che mia sorella mi abbia lasciata sola a servire? Dille dunque che mi aiuti». Ma il Signore le rispose: «Marta, Marta, tu ti affanni e ti agiti per molte cose, ma di una cosa sola c’è bisogno. Maria ha scelto la parte migliore, che non le sarà tolta».

Parola del Signore

(Lc 10,38-42) Marta lo ospitò. Maria ha scelto la parte migliore.
(Lc 10,38-42) Marta lo ospitò. Maria ha scelto la parte migliore.



LA MIA RIFLESSIONE
PREGHIERA


Ti prego Spirito Santo di essere sempre presente nel mio cuore,di aiutarmi a comprendere e a capire la parola del Signore che tu dettasti ai suoi apostoli che pure lo conobbero, ma che senza di te non lo avrebbero compreso fino in fondo. Questo ti chiedo, di insegnarmi a conoscerlo, perché io sappia sempre come fare per seguire i suoi insegnamenti.


Quante meravigliose occasioni per conoscere Gesù in questo brano, proviamo a esprimerle con l’ aiuto dello Spirito Santo insieme.Prima di tutto una piccola nota storica che ho appreso leggendo le altre riflessioni, di quelli che sanno di teologia e di storia, molto più di me : a quei tempi le donne non potevano partecipare nemmeno alle celebrazioni liturgiche, e quindi anche nel ricevere gli ospiti, le donne erano lì solo per servire, muta presenza di chi è escluso.Marta e Maria invece, erano in confidenza con Gesù,erano come i suoi discepoli, perché essere in comunione con Gesù,significa anche questo, essere in confidenza con Lui.Marta vuole che il Signore sia contento della sua accoglienza, prepara con grande cura tutto, non chiede aiuto, ma poi si stanca e si innervosisce perché la sorella non l’ ha aiutata, ed allora, sicura che il suo modo di fare sia quello giusto, cerca l’appoggio di Gesù, vorrebbe che Lui sgridasse sua sorella perché non ha partecipato al servizio.Maria, sicura che la sorella avrebbe provveduto a servire l’ ospite, ha approfittato di questo e si è seduta ai suoi piedi ad ascoltare Gesù che parlava ed insegnava, era così presa da quello che stava ascoltando che non si è nemmeno resa conto che la sorella si stava stancando. L’ atteggiamento delle due donne è molto simile al nostro, è l’ atteggiamento di chi come Marta si prodiga e pensa che far bene tutto sia un suo dovere, ma non ascolta quella voglia interiore di fermarsi ad ascoltare il Signore, che però comincia a farsi strada dentro di lei e comincia a farla diventare nervosa e insofferente.Non si ferma Marta, ha voglia di fermarsi ad ascoltare, ma ci sono tante cose da fare e solo lei sa farle così bene lei sa servire il Signore,è un servire materiale e necessario il suo…A questo punto proviamo a vedere chi riusciamo a riconoscere in questo atteggiamento e quanto di noi troviamo, quanto siamo simili a Marta in questo nostro affaccendarci per fare qualcosa di buono per il Signore.Io sono brava - io so scrivere - io sa parlare - io so leggere - io so preparare l’ altare - io sono sempre la prima ad arrivare - io so fare stare buoni i bambini in chiesa - io non dimentico mai nulla …. sicuro?Marta Marta, hai lasciato il posto al Signore o vorresti entrare anche in quell’ ostia? Prepari l’ altare e le letture, ma hai dedicato un po’ di questo tuo tempo prezioso per leggere la parola di Dio e per chiederti che cosa ti vuole dire il Signore? Si proprio a te, perché tu non ci crederai ,ma anche tu hai bisogno di Lui, di ascoltare e di far penetrare nelle tue ossa la sua parola, forse allora impareresti a non giudicare e a non condannare chi non è preciso come te nel servizio, o semplicemente chi è diverso da te. Forse ascoltando Gesù, sapresti che è venuto per tutti, che non parla per se stesso, ma per essere ascoltato e, se tu non lo ascolti, anche tu sbagli qualcosa, proprio come Maria che non si preoccupa di servirlo.E tu Maria? Dopo aver ascoltato, esserti immersa nell’ ascolto della sua parola,dopo averla masticata, fatta entrare nel tuo cuore, averla meditata…. ti sei accorta che tua sorella era stanca? Ti sei accorta della sua muta richiesta di aiuto? Va corri da lei , da questa sorella in difficoltà ed aiutala, perché altrimenti vorrebbe dire che non hai saputo digerire la parola del Signore, che parla di comunione, condivisione e amore.Quante cose ancora ci sarebbero da dire, su questa semplice storia di Vita di Gesù, ma ognuno di noi, qui, può provare a scrivere la sua; quella del suo incontro personale con il Signore.La mia casa è sempre pronta? Sono sicura di volerlo accogliere ed ascoltare? Oppure ho troppo da fare per farlo?Per imparare ad amare Gesù, bisogna imparare a conoscerlo e a riconoscerlo in quello che facciamo.Possiamo chiederlo direttamente a Lui, non lasciamolo fuori dalla porta a bussare, apriamo il nostro cuore, e Lui verrà a riempirlo di doni che neanche immaginiamo. Se lo farai…grazie da parte sua.

venerdì 19 luglio 2013

VOCE DI SAN PIO :

- "La carità è il metro col quale il Signore ci giudicherà tutti." (AdFP, 560).

Mt 12,14-21. (I farisei però, usciti, tennero consiglio contro di lui per toglierlo di mezzo.)

VANGELO

- Dal Vangelo di Gesù Cristo secondo Matteo 12,14-21.
I farisei però, usciti, tennero consiglio contro di lui per toglierlo di mezzo.
Ma Gesù, saputolo, si allontanò di là. Molti lo seguirono ed egli guarì tutti,
ordinando loro di non divulgarlo,
perché si adempisse ciò che era stato detto dal profeta Isaia:
Ecco il mio servo che io ho scelto; il mio prediletto, nel quale mi sono compiaciuto. Porrò il mio spirito sopra di lui e annunzierà la giustizia alle genti.
Non contenderà, né griderà, né si udrà sulle piazze la sua voce.
La canna infranta non spezzerà, non spegnerà il lucignolo fumigante, finché abbia fatto trionfare la giustizia;
nel suo nome spereranno le genti.
 PAROLA DEL SIGNORE.
 LA MIA RIFLESSIONE
PREGHIERA
Alla luce del Tuo Spirito Signore, fammi restare, per conoscere la verità tutta, che non posso conoscere senza il tuo aiuto.

Quante ingiustizie in questo mondo, quante volte ognuno di noi ha detto una frase come questa: -se esiste una giustizia divina…- I soprusi, l’ingordigia, le cattiverie contro i poveri, contro i piccoli che possono e sanno difendersi, non finiscono mai. Sono sotto gli occhi di tutti, ma sono considerati gesti normali, da furbi, non da disonesti. Eppure la legge del Signore è chiara, non fare agli altri quello che non vorresti fosse fatto a te, ma gli uomini sono così presi dalla loro corsa verso il potere, verso il benessere, che perdono completamente di vista il senso dell’onestà e dell’amore verso i fratelli. Il Signore guarisce, mentre noi continuiamo a cercare di toglierlo di mezzo dalla nostra vita. Si alzano le voci che vogliono distruggere la figura di Gesù e della sua chiesa, e noi che cosa facciamo per difendere la Chiesa di Cristo? La Madonna ci chiede continuamente preghiere per il Papa, quanti minuti dedichiamo al giorno per quest’intenzione? Quanta pazienza ha il Signore, quanta ne dimostra con noi, ce ne rendiamo conto? Pensiamo mai a fare un confronto con la nostra di pazienza? Gesù non alza la voce, non punisce, non grida, ma vuole la salvezza di tutti gli uomini, per questo consola, guarisce, comprende, aiuta; non c’è nessuno che è troppo peccatore per lui, nessuno troppo cattivo, la sua misericordia è per tutti quelli che la cercano.

giovedì 18 luglio 2013

VOCE DI SAN PIO :

- "La carità è la regina delle virtú. Come le perle sono tenute insieme dal filo, cosí le virtú dalla carità. E come, se si rompe il filo, le perle cadono; cosí, se viene meno la carità, le virtú si disperdono" (CE, 11).

MT 12,1-8. (Ecco, i tuoi discepoli stanno facendo quello che non è lecito fare in giorno di sabato)

VANGELO

- Dal Vangelo di Gesù Cristo secondo Matteo 12,1-8.
In quel tempo Gesù passò tra le messi in giorno di sabato, e i suoi discepoli ebbero fame e cominciarono a cogliere spighe e le mangiavano.
Ciò vedendo, i farisei gli dissero: «Ecco, i tuoi discepoli stanno facendo quello che non è lecito fare in giorno di sabato».
Ed egli rispose: «Non avete letto quello che fece Davide quando ebbe fame insieme ai suoi compagni?
Come entrò nella casa di Dio e mangiarono i pani dell'offerta, che non era lecito mangiare né a lui né ai suoi compagni, ma solo ai sacerdoti?
O non avete letto nella Legge che nei giorni di sabato i sacerdoti nel tempio infrangono il sabato e tuttavia sono senza colpa?
Ora io vi dico che qui c'è qualcosa più grande del tempio.
Se aveste compreso che cosa significa: Misericordia io voglio e non sacrificio, non avreste condannato individui senza colpa.
Perché il Figlio dell'uomo è signore del sabato».
 PAROLA DEL SIGNORE.
LA MIA RIFLESSIONE
PREGHIERA
 Vieni o Spirito Santo, e illuminami, dammi la grazia di comprendere la tua parola, dammi la forza di viverla e la sapienza di saperla esprimere.

In questo brano, io vedo quel Gesù che mi piace da morire, quello che io definisco “anarchico di Dio”.Nessuno può dirgli quello che è giusto, quello che secondo gli uomini è giusto, perché lui segue la legge del cuore, là dove c’è l’amore del Padre, dove la misericordia del Padre parla al posto della legge scritta e corretta dagli uomini.
Un Dio che conosce i suoi figli sa che il rispetto e l’amore per Lui, non vengono meno perché non si rispettano certe regole di culto, ma perché non si rispetta l’oggetto stesso del culto.
Fare sacrifici e offrire olocausti, non sempre significava fare cosa gradita a Dio, anche perché gli stessi sacerdoti che credevano di rendere onore a Dio, non hanno saputo riconoscere in Gesù, il Messia atteso.
Infatti, questo loro riprendere Gesù senza riconoscerlo, li porterà a non conoscere il vero tempio dell’olocausto permanente, quel Gesù che prova compassione dei nostri peccati, fino ad accettare di offrire se stesso per i nostri peccati.
Si, Gesù prova compassione per noi, in Lui non c’è mai una parola di rimprovero solo perché non riusciamo ad essere perfetti, ci sprona a cercare la perfezione, ma lo fa unicamente per il nostro bene, non ci obbliga, ci ama ed il suo amore è veramente immeritato.
Se solo pensassimo a quanto ci ama, anche quando ci allontaniamo, quando lo flagelliamo con la nostra indifferenza, quando lo crocifiggiamo con i nostri peccati, allora sì che cominceremmo a scoprire quanto è bello essere amati anche e soprattutto perché imperfetti..
Non perdiamo tempo a stabilire quale sia la parola da seguire, la legge scritta da rispettare, impariamo a seguire l’unica parola che conta, amore, e allora capiremo tutti i discorsi di Gesù che possono sembrare difficili a volte, ma che hanno solo una chiave di lettura, e la chiave è proprio questa: AMORE! 

mercoledì 17 luglio 2013

VOCE DI SAN PIO :

"Io non posso patire il criticare e il dir male dei fratelli. È vero, a volte, mi diverto a punzecchiarli, ma la mormorazione mi mette nausea. Abbiamo tanti difetti da criticare in noi, perché perdersi contro i fratelli? E noi, mancando alla carità, si intacca la radice dell’albero della vita, col pericolo di farlo seccare (GB, 62)."

Mt. 11,28-30. (Venite a me, voi tutti, che siete affaticati e oppressi, e io vi ristorerò.)

 VANGELO
Dal Vangelo di Gesù Cristo secondo Matteo 11,28-30.
Venite a me, voi tutti, che siete affaticati e oppressi, e io vi ristorerò.
Prendete il mio giogo sopra di voi e imparate da me, che sono mite e umile di cuore, e troverete ristoro per le vostre anime.
Il mio giogo infatti è dolce e il mio carico leggero».
PAROLA DEL SIGNORE.
LA MIA RIFLESSIONE
PREGHIERA
Vieni o Santo Spirito, e illumina nei nostri cuori, la parola viva del Signore, fa che la contempliamo e la facciamo nostra nella vita e nell'insegnamento. Amen.

Oggi voglio riflettere con voi attraverso questa pagina di vangelo, ma più che altro, su quello che questa pagina è nella mia vita. Proprio stamattina mentre ero alla cappellina in preghiera, ho sentito una gran voglia di restare lì per sempre. Pensavo a quanto gli apostoli come me, all’ inizio avessero capito ben poco di Gesù, anche loro volevano stare sempre con Gesù, chi voleva costruire una tenda, chi voleva sedere alla sua destra, tutti ,una volta conosciuta la pace del Signore, vorrebbero isolarsi dal mondo e vivere di quella pace. Nella vita che corre io voglio stare ferma ad ascoltare il mio Signore, ad appoggiare la testa sul suo petto, come il discepolo che Gesù amava, voglio avere il tempo di chiedergli perdono, per leggere la sua parola, meditarla e farmela entrare nel cuore.
Come se solo con Lui mi sentissi al riparo dal mondo, voglio che faccia parte della mia vita, so che nella difficoltà, quando tutti spariscono, lui mi resta accanto, so che quando ho un problema grande, Lui c’è, non si stanca di sentire il mio lamento, anzi, è pronto a sollevarmi e a darmi una mano. Non importa quanto costa questa scelta, quanto costa essere onesti e vivere amando, non importa se il resto del mondo va da un’altra parte, se tutti scelgono la porta larga… se entrano ridendo e sembrano felici…. io ho scelto, davanti a me Gesù ha detto : - vieni e seguimi - ed io ho deciso di ascoltare quella voce. Il Signore non mi fa restare ferma, ma mi spinge a camminare nel mondo, mi spinge a trasmettere quella buona notizia che è entrata nel mio cuore: Gesù che ha salvato me, salverà anche te fratello e sorella in Cristo, salverà tutti coloro che il Padre gli ha assegnato ,non ne perderà nessuno.
Non finirò di certo la mia vita su una roll-royce, ma la finirò tra le braccia del Signore, e questo è quello che per me conta di più