giovedì 6 marzo 2014

(Mt 9,14-15) Quando lo sposo sarà loro tolto, allora digiuneranno.

VANGELO
 (Mt 9,14-15) Quando lo sposo sarà loro tolto, allora digiuneranno. 
+ Dal Vangelo secondo Matteo

In quel tempo, si avvicinarono a Gesù i discepoli di Giovanni e gli dissero: «Perché noi e i farisei digiuniamo molte volte, mentre i tuoi discepoli non digiunano?». E Gesù disse loro: «Possono forse gli invitati a nozze essere in lutto finché lo sposo è con loro? Ma verranno giorni quando lo sposo sarà loro tolto, e allora digiuneranno».

Parola del Signore
(Mt 9,14-15) Quando lo sposo sarà loro tolto, allora digiuneranno.
(Mt 9,14-15) Quando lo sposo sarà loro tolto, allora digiuneranno.

LA MIA RIFLESSIONE
 PREGHIERA
 Ti prego o Santo Spirito, di rinnovare in questo periodo di quaresima, la mia fede, la mia anima ed il mio cuore, perché sempre fedele alla tua parola, possa seguire la via segnata per noi da Gesù. 

Nella prima lettura, il profeta Isaia, ci riporta le parole di Dio riguardo al digiuno, che gli era offerto dai giudei e che però non era attinente alle opere, che questi facevano, ed in queste parole riconosce la stessa rabbia di Gesù contro i farisei. Queste parole risuonano ancora oggi, perché il digiuno, non deve essere un atto apparente, una formalità, perché altrimenti non ha senso. Cominciamo a digiunare dalle liti, dalla violenza, dall' attaccamento ai beni materiali, dalla prepotenza, dal sopruso, dalla voglia di apparire e di mettere sempre il proprio io davanti a tutto e a tutti.
 Scegliamo l' umiltà di chi non sa riconoscere da solo, neanche i propri peccati e inginocchiamoci riverenti davanti al Signore, che per amore nostro, ha sacrificato il suo Figlio, fino alla morte umiliante della croce, per la salvezza di tutti noi, che sicuramente non meritiamo tanto amore. Matteo ci parla di Gesù che nella regione dei Gaderèni, è interrogato dai discepoli di Giovanni, sul digiuno, che loro e i farisei rispettavano scrupolosamente e che invece i suoi discepoli non facevano.
Gesù tra le tante cose che vuole rinnovare per far capire bene i desideri del Padre, rinnova anche questa pratica del digiuno, togliendo da questa, la scorza d’apparenza, e offrendo se stesso come olocausto, per farci capire che non c'è amore più grande di quello che Lui e il Padre hanno per noi. Gesù con la sua risposta fa capire loro che i suoi discepoli, sono talmente legati a lui da essere come invitati a nozze alla presenza dello sposo, e che pertanto, non hanno motivo di digiunare, perché sono in simbiosi con lui, potranno farlo, se vorranno, quando resteranno da soli. In questo periodo di quaresima, cerchiamo di vivere le regole fondamentali della fede, preghiera, digiuno e carità, con vero cuore, offrendo ogni nostra azione al Signore, perché è la disposizione dei nostri cuori che farà la differenza tra noi e i farisei.

mercoledì 5 marzo 2014

SANTI é BEATI :

Beata Rosa da Viterbo Vergine

6 marzo

Viterbo, 1233/34 - Viterbo, 6 marzo 1251/52

Nata da famiglia di modeste condizioni, a 17 anni entrò nell’ordine delle terziarie dopo aver avuto una visione. In questo periodo fece diversi pellegrinaggi e soprattutto una dura penitenza. Mentre si faceva intensa la guerra tra Guelfi e Ghibellini insieme alla famiglia fu esiliata: tornò in patria dopo la morte di Federico II, ma la sua vita fu assai breve. Sulla sua morte non si sa praticamente nulla solo che alcuni anni più tardi il suo corpo è stato ritrovato intatto.

Patronato: Viterbo

Etimologia: Rosa = dal nome del fiore

Emblema: Giglio

Martirologio Romano: A Viterbo, beata Rosa, vergine, del Terz’Ordine di San Francesco, che fu assidua nelle opere di carità e a soli diciotto anni concluse anzitempo la sua breve esistenza.

Nel 1252 papa Innocenzo IV pensa di farla santa, e ordina un processo canonico, che forse non comincia mai. La sua fama di santità cresce ugualmente, e nel 1457 Callisto III ordina un nuovo processo, regolarmente svolto: ma nel frattempo muore, e Rosa non verrà mai canonizzata col solito rito solenne. Ma il suo nome è già elencato tra i santi nell’edizione 1583 del Martirologio romano. Via via si dedicano a lei chiese, cappelle e scuole in tutta Italia, e anche in America Latina.
Vita breve, la sua. Nasce dai coniugi Giovanni e Caterina, forse agricoltori nella contrada di Santa Maria in Poggio. Sui 16-17 anni, gravemente malata, ottiene di entrare subito fra le terziarie di san Francesco, che ne seguono la regola vivendo in famiglia. Guarita, si mette a percorrere Viterbo portando una piccola croce o un’immagine sacra: prega ad alta voce ed esorta tutti all’amore per Gesù e Maria, alla fedeltà verso la Chiesa. Nessuno le ha dato questo incarico. Viterbo intanto è coinvolta in una crisi fra la Santa Sede e Federico II imperatore. Occupata da quest’ultimo nel 1240, nel 1247 si è “data” accettandolo come sovrano.
Rosa inizia la campagna per rafforzare la fede cattolica, contro l’opera di vivaci gruppi del dissenso religioso, nella città dove comandano i ghibellini, ligi all’imperatore e nemici del papa. Un’iniziativa spirituale, ma collegata alla situazione politica. Per questo, il podestà manda Rosa e famiglia in domicilio coatto a Soriano del Cimino. Un breve esilio, perché nel 1250 muore Federico II e Viterbo passa nuovamente alla Chiesa. Ma non sentirà più la voce di Rosa nelle strade. La giovane muore il 6 giugno probabilmente del 1251 (altri pongono gli estremi della sua vita tra il 1234 e il 1252). Viene sepolta senza cassa, nella nuda terra, presso la chiesa di Santa Maria in Poggio. Nel novembre 1252 papa Innocenzo IV promuove il primo processo canonico (quello mai visto) e fa inumare la salma dentro la chiesa. Nel 1257 papa Alessandro IV ne ordina la traslazione nel monastero delle Clarisse. E forse vi assiste di persona, perché trasferitosi a Viterbo dall’insicura Roma (a Viterbo risiederanno i suoi successori fino al 1281).
La morte di Rosa si commemora il 6 marzo. Ma le feste più note in suo onore sono quelle di settembre, che ricordano la traslazione del corpo nell’attuale santuario a lei dedicato. Notissimo è il trasporto della “macchina” per le vie cittadine: è una sorta di torre in legno e tela, rinnovata ogni anno, col simulacro della santa, portata a spalle da 62 uomini. Si ricorda nel 1868 anche l’iniziativa del conte Mario Fani che col circolo Santa Rosa, a Viterbo, anticipava la Società della Gioventù Cattolica, promossa poi dai cattolici bolognesi con Giovanni Acquaderni. Nel 1922 Benedetto XV ha proclamato Rosa patrona della Gioventù Femminile di Azione Cattolica.
A Viterbo, di cui è patrona della città e compatrona della diocesi, è ricordata il 4 settembre, giorno della traslazione.

Autore: Domenico Agasso

VOCE DI SAN PIO :

-" In primo luogo tengo a dirti che Gesú ha bisogno di chi gema con lui per l’umana empietà, e per questo mi conduce per le vie dolorose di cui mi tiene parola nella tua. Ma sia sempre benedetta la sua carità, che sa mescolare il dolce con l’amaro e convertire in premio eterno le pene transitorie della vita." (Epist. III, p. 413).

(Lc 9,22-25) Chi perderà la propria vita per causa mia, la salverà.

VANGELO
 (Lc 9,22-25) Chi perderà la propria vita per causa mia, la salverà.
+ Dal Vangelo secondo Luca

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Il Figlio dell’uomo deve soffrire molto, essere rifiutato dagli anziani, dai capi dei sacerdoti e dagli scribi, venire ucciso e risorgere il terzo giorno».Poi, a tutti, diceva: «Se qualcuno vuole venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce ogni giorno e mi segua. Chi vuole salvare la propria vita, la perderà, ma chi perderà la propria vita per causa mia, la salverà. Infatti, quale vantaggio ha un uomo che guadagna il mondo intero, ma perde o rovina se stesso?».

Parola del Signore


LA MIA RIFLESSIONE
PREGHIERA
Oggi prendo in prestito le parole dalla meravigliosa preghiera di colletta
Ispira le nostre azioni, Signore, e accompagnale con il tuo aiuto, perché ogni nostra attività abbia sempre da te il suo inizio e in te il suo compimento. Per il nostro Signore Gesù Cristo...

Luca pone l’ attenzione sulla Parola di Gesù, una Parola che coinvolge i discepoli sulla medesima via della Croce: “Il Figlio dell’ uomo deve molto soffrire… Se qualcuno vuol venire dietro di me rinneghi sé stesso, prenda la sua croce e mi segua…”.
Marco e Matteo ci dicono che questo fatto accade nei dintorni di Cesarea di Filippo, ed è la prima volta in cui Gesù parlò con tanta chiarezza della sua croce. Pur non essendo accettato dai più, a volte inseguito e preso a sassate, come leggiamo negli scritti di Maria Valtorta, Gesù non si separa dal suo popolo, ma al contrario resta con chi lo rifiuta, trasformando il rifiuto che subisce in atto d’amore, segno vivente di quell’ incrollabile fedeltà di Dio che mai ci abbandona.  La via della Croce non è semplicemente il coraggio della solitudine e del martirio, ma è il coraggio di trasformare la solitudine e il martirio, di cui si è vittima, in un gesto di amore.
Il popolo è “contro” Gesù, ma Gesù è “per” il popolo.
La Croce per cui Gesù deve passare è una precisa volontà di Dio: -il Figlio dell’uomo “deve” soffrire- ma si conclude con la risurrezione. La passione non è soltanto il destino di Gesù, ma di chi decide di seguirlo, deve “rinnegare se stesso” e non pensare ai propri interessi ma a quelli degli altri. E’ una scelta che coinvolge tutta la persona e tutta l’esistenza. “Prendere la Croce” significa avere il coraggio, di trasformare ogni sofferenza, ogni rifiuto in gesto d’amore. E’ quanto viene affermato esplicitamente nelle parole di Gesù: “Chi vorrà salvare la propria vita la perderà…” Gesù, propone al discepolo un progetto contrario: la vita si salva aprendosi e donandosi. Nessun dualismo, dunque, perché è in gioco la vita nella sua interezza. Gesù si rivolge a tutti. Il progetto della Croce è per tutti e per ”ogni giorno”. La Croce deve diventare un fatto quotidiano. Non è per persone eccezionali né semplicemente da vivere in circostanze straordinarie. Deve, invece, essere vissuto nelle condizioni normali e quotidiane della vita.  È  qui che si misura l’ identità di ciascun cristiano, nel vivere di ogni giorno: in casa, nella professione, negli impegni sociali, nei rapporti umani, specialmente quando le difficoltà e le incomprensioni la fanno da padroni nella nostra vita, e ancor di più quando queste incomprensioni nascono in seno alla Chiesa, là dove satana agisce maggiormente , perché il suo disegno è quello di non permettere alle mani consacrate di Dio, di confessare e distribuire la comunione e il perdono di Gesù.

martedì 4 marzo 2014

VOCE DI SAN PIO :

-" Gesú nella vita non ti chiede di portare con lui la pesante croce, ma un piccolo pezzo della sua croce; pezzo che si compendia nei dolori umani." (FSP, 119).

(Mt 6,1-6.16-18) Il Padre tuo, che vede nel segreto, ti ricompenserà. (Mercoledì delle Ceneri)

VANGELO
 (Mt 6,1-6.16-18) Il Padre tuo, che vede nel segreto, ti ricompenserà. 
+ Dal Vangelo secondo Matteo

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «State attenti a non praticare la vostra giustizia davanti agli uomini per essere ammirati da loro, altrimenti non c’è ricompensa per voi presso il Padre vostro che è nei cieli. Dunque, quando fai l’elemosina, non suonare la tromba davanti a te, come fanno gli ipòcriti nelle sinagoghe e nelle strade, per essere lodati dalla gente. In verità io vi dico: hanno già ricevuto la loro ricompensa. Invece, mentre tu fai l’elemosina, non sappia la tua sinistra ciò che fa la tua destra, perché la tua elemosina resti nel segreto; e il Padre tuo, che vede nel segreto, ti ricompenserà.E quando pregate, non siate simili agli ipòcriti che, nelle sinagoghe e negli angoli delle piazze, amano pregare stando ritti, per essere visti dalla gente. In verità io vi dico: hanno già ricevuto la loro ricompensa. Invece, quando tu preghi, entra nella tua camera, chiudi la porta e prega il Padre tuo, che è nel segreto; e il Padre tuo, che vede nel segreto, ti ricompenserà.E quando digiunate, non diventate malinconici come gli ipòcriti, che assumono un’aria disfatta per far vedere agli altri che digiunano. In verità io vi dico: hanno già ricevuto la loro ricompensa. Invece, quando tu digiuni, profùmati la testa e làvati il volto, perché la gente non veda che tu digiuni, ma solo il Padre tuo, che è nel segreto; e il Padre tuo, che vede nel segreto, ti ricompenserà».

Parola del Signore

LA MIA RIFLESSIONE
PREGHIERA
Signore mio, vorrei tanto che questa quaresima significasse per  noi l ' incontro magico della vera conoscenza del Tuo amore. A volte ti sento così vicino, altre irraggiungibile, fa che il Tuo Spirito,resti su di me, in me, e mi faccia vedere tutta la luce che emana da Te; che io mi lasci penetrare da essa. Per Cristo nostro Signore.Amen.

L’ arte dell’ apparire non è dei figli di Dio, ma piuttosto lo è quella del silenzio, del fare senza voler ricevere niente in cambio, quella del perdonare anche chi offende.  Essere Cristiani, diventa sempre più faticoso, Gesù scava sempre più dentro di noi, per fare piazza pulita di quello che può deviare la nostra spiritualità,  la nostra condotta, che deve essere veramente sincera per arrivare all’ essenza della fede.
Il vero credente non fa di tutto per sembrare buono, ma è buono… ed è buono perché ama il suo Dio ed il suo prossimo.  Se noi viviamo in una famiglia unita e ci vogliamo bene, ci aiutiamo gli uni con gli altri; se vediamo che nostra Madre o nostro Padre sono preoccupati,  addolorati per il comportamento dei nostri fratelli, cerchiamo di parlare con loro, di fargli capire dove sbagliano, non li cacciamo da casa e non chiediamo di chiuderli fuori; se a nostro fratello serve aiuto, non stiamo neanche ad aspettare che lo chieda, ma senza voler sembrare più in gamba, solo perché abbiamo di più, lo aiutiamo.
Purtroppo tanti nostri atteggiamenti sono sbagliati, perché mentre con una mano aiutiamo, con l’altra pretendiamo di avere riconoscimenti per il nostro gesto.
Come possiamo pensare di fare parte della stessa famiglia, di essere legati all’ amore di Dio, che ha dato la vita per noi e non ci chiede altro che amore.
Lui è stato martoriato, in silenzio, è morto su una croce di legno ruvida che graffiava il suo corpo piagato, e chi lo avrebbe mai sospettato che da duemila anni ancora nessuno riesca a dimenticare quel gesto.
La piccola Teresa Madre di Calcutta, per fare un esempio fra tanti, non cercava gli onori, anzi, era là tra i poveri, i lebbrosi e gli emarginati e cercava solo di alleviare le loro ferite, ma più di tutto, cercava di abbracciare i suoi ammalati, molti dei quali in fin di vita, per non farli sentire soli nel momento del trapasso.
Quello che lei iniziò a fare non aveva evidentemente lo scopo di farla apparire, anzi, gli unici che la avvicinavano erano proprio loro, gli ultimi del mondo, ma il Signore guardava la piccola madre, ed aveva in serbo per lei grandi cose  e così, lei che non fece nulla per apparire, divenne nel mondo
l’ immagine stessa della carità.
Fa o Signore, che possiamo somigliare sempre più alla piccola Madre Teresa, che sappiamo come lei riconoscerti nel fratello bisognoso, di un sorriso, di una parola, di un aiuto…  fa che possiamo essere le tue mani ed il tuo cuore, belli, puri e mai vanitosi, perché tutto quello che ci viene da te viene direttamente dal cuore.

La pratica del digiuno, non è un optional che abbellisce il nostro aspetto esteriore di bravi cristiani, anzi, deve essere concepita proprio nel senso opposto.
Abbiamo spesso affermato, che quello che il Signore vuole da noi, è una vera fede, non fatta di apparenza e di esteriorità, e quello che deve essere il nostro intento, è proprio entrare nella profondità della fede.
Il digiuno serve per capire quanto siamo schiavi delle cose materiali, quanto quello che ci succede intorno in fondo non ci tocca l' anima perchè non ci tocca personalmente. Non cerchiamo di sembrare migliori, cerchiamo di diventarlo, per noi stessi, per poter godere delle grazie che il Signore ci elargirà, solo in base a quanto noi ci affideremo a Lui.
Viviamo questi 40 giorni in vera preparazione alla Pasqua, seguendo Gesù nel deserto, cercando di affrontare le tentazioni e di vincerle, provando ad entrare nel mistero della comunione con Cristo. Non può essere una cosa che ci rattrista, ma anzi, se veramente si riesce di  viverla con profondità, ci darà talmente tanto, che nessun sacrificio ci sembrerà tale.
La gioia di avvicinare il nostro spirito al Signore, nel silenzio, nell'umiltà, nella verità e non come i farisei, per seguire le regole, ci potrà riempire di consapevolezza;  potrà farci capire quanto siamo fragili, quanto senza la forza dello Spirito Santo noi siamo niente.
Il gesto che il sacerdote compie su di noi in chiesa di segnarci con le ceneri, serve a ricordare in modo provocatorio, che tutto quello che noi siamo appartiene a Dio; che il nostro corpo tornerà alla polvere, perchè verra' consunto dalla morte, ma che la parte eterna di noi, vivrà con Cristo, la Pasqua della resurrezione.
La nostra fede in Gesù è una fede nella speranza della vita eterna, che passa attraverso le tribolazioni della passione di Cristo, dovute al nostro rifiuto di riconoscerlo re della nostra vita, ed allora tutto quello che noi viviamo, lo possiamo vivere con Lui o senza di Lui. Resta una nostra scelta fidarci o continuare a cercare di vivere senza ascoltare la sua parola, ma spero che insieme potremo fare la scelta definitiva, quella che ci farà decidere per Cristo, attraverso il digiuno, (che la chiesa propone mercoledì delle ceneri e venerdì santo) la preghiera e la carità.
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SANTI é BEATI :

San Giovan Giuseppe della Croce (Carlo Gaetano Calosirto) Francescano Alcantarino
Ischia, 15 agosto 1654 - S. Lucia al Monte, 5 marzo 1734
Carlo Gaetano Calosirto nacque a Ischia nel 1654. A 15 anni entrò come Giovan Giuseppe della Croce tra i Francescani scalzi della riforma di san Pietro d'Alcantara, detti anche alcantarini, nel convento napoletano di Santa Lucia al Monte, dove condusse vita ascetica. Insieme a 11 frati fu mandato, poi, nel santuario di Santa Maria Occorrevole di Piedimonte d'Alife, dove fece costruire un convento. Poi fu contemporaneamente a Napoli come maestro dei novizi e a Piedimonte come padre guardiano. Quando agli inizi del Settecento ramo spagnolo e italiano dell'ordine si divisero (fino al 1722), lui guidò il secondo come ministro generale. Morì nel 1734. Fu canonizzato nel 1839 con Alfonso Maria de'Liguori e Francesco de Geronimo, dei quali era stato consigliere. Le sue spoglie riposano nel convento di Santa Lucia al Monte. (Avvenire)
Martirologio Romano: Sempre a Napoli, san Giovanni Giuseppe della Croce (Carlo Gaetano) Calosirto, sacerdote dell’Ordine dei Frati Minori, che, sulle orme di san Pietro di Alcántara, ripristinò la disciplina religiosa in molti conventi della provincia napoletana.

Le doglie colgono donna Laura Gargiulo il 15 agosto 1654, mentre sta passeggiando nel borgo di Ischia, ad una certa distanza dal signorile e fortificato palazzo in cui abita. Così Carlo Gaetano, il suo terzo figlio, viene alla luce nella modesta stanzetta di una donna del popolo che generosamente e prontamente accoglie la partoriente. Quasi un segno che, quel bambino, non è destinato ad abitare a lungo nel palazzo dei Calosirto, una delle famiglie più in vista a facoltose di Ischia. Sarà per inclinazione naturale, sarà per “colpa” della famiglia profondamente religiosa in cui si prega molto, si digiuna a pane ed acqua in ogni vigilia di festa comandata, e dove si respira una grande devozione alla Madonna, ma quel bambino sembra davvero portato alla vita religiosa, complici anche i padri agostiniani cui i genitori affidano la sua preparazione culturale e religiosa. Ma non è da questi che il ragazzino si rivolge, a 15 anni appena compiuti, per realizzare la sua vocazione: ha conosciuto nel frattempo i frati alcantarini e si sente attratto dall’austerità di vita di questi Francescani che si ispirano alla riforma attuata da san Pietro d’Alcantara. A 16 anni entra così nel loro convento napoletano di Santa Lucia al Monte; qui, insieme al nuovo nome di Giovan Giuseppe della Croce, riceve una forte spinta verso la vita ascetica, grazie ad un Maestro dei novizi particolarmente ispirato. Dopo la professione religiosa, insieme a 11 confratelli si trasferisce a Piedimonte d’Alife, per costruire un nuovo convento nelle vicinanze del santuario di Santa Maria Occorrevole. E’ giovanissimo, ed è qui che si innamora: del silenzio abitato da Dio, della preghiera lunga e fervorosa, della meditazione prolungata e trasformatrice. Che però, come sempre avviene per i santi autentici, non riescono ad estraniarlo dal mondo, ma gli donano una sensibilità maggiore per scoprire, soprattutto fra le pieghe della sua Napoli, le mille contraddizioni e le tante miserie, nelle quali egli si muove perennemente scalzo, anche e ben al di là della sua Regola, con qualsiasi tempo e malgrado ogni intemperie. Tanto che una volta si ammala, così gravemente da temere per la sua vita; appena guarito, eccolo nuovamente per strada, instancabile tra un malato da curare ed un moribondo da assistere. Perché Padre Giovan Giuseppe, non aspetta che i poveri arrivino a lui, preferisce andarseli a cercare direttamente nei tuguri e nelle soffitte. Cadono su di lui le responsabilità della sua famiglia religiosa: umilmente le svolge, e anche con successo, come dimostra la delicata situazione che porta alla spaccatura tra gli Alcantarini di Spagna e quelli d’Italia. Di questi ultimi egli diventa superiore, ma continuando a lavorare per la riunificazione della famiglia alcantarina che riesce ad attuare dopo vent’anni, durante i quali colleziona critiche e calunnie capaci di smontare chiunque. Ma non lui, che nel silenzio al quale si è votato trova il suo più prezioso alleato per non rispondere male per male e per generosamente perdonare anche il più accanito calunniatore. Sulla sua strada fioriscono miracoli: parlano di bilocazioni, lievitazioni, profezie, guarigioni, moltiplicazioni, addirittura della risurrezione di un bambino: ma prima di ogni cosa è autenticamente prete, ricercato per la confessione e la direzione spirituale anche da santi autentici, come S. Alfonso Maria de’ Liguori e San Francesco de Geronimo, insieme ai quali (quando si dice scherzi della Provvidenza!) Padre Giovan Giuseppe della Croce Calosirto verrà canonizzato nel 1839. Ma santo nel cuore della gente lo era già da vivo e soprattutto da quel 5 marzo 1734 in cui, ottantenne, aveva chiuso gli occhi, nello stesso convento napoletano in cui era entrato 65 anni prima.

Autore: Gianpiero Pettiti





Nacque ad Ischia con il nome di Carlo Gaetano Calosirto, il 15 agosto del 1654 nel borgo di Ponte, figlio del nobile Giuseppe e di donna Laura Gargiulo. Frequentò nell’isola i padri agostiniani da cui ricevette la prima formazione umanistica e religiosa; a 15 anni scelse la vita religiosa per la grande attrazione che esercitava sul suo animo, aderendo ai Francescani scalzi della Riforma di s. Pietro d’Alcantara, detti anche alcantarini, per la loro vita austera, dipendenti dal convento di S. Lucia al Monte in Napoli.
Cambiò il nome in quello di Giovan Giuseppe della Croce e fece il noviziato sotto la guida ascetica di padre Giuseppe Robles. Nel gennaio 1671 fu inviato insieme ad altri 11 frati, di cui egli era il più giovane, presso il santuario di s. Maria Occorrevole a Piedimonte d’Alife, dove grazie alla sua fattiva opera fu costruito un convento, divenne sacerdote il 18 settembre 1677.
Durante la sua permanenza a Piedimonte, fece costruire in una zona più nascosta del bosco un altro piccolo conventino detto “la solitudine”, ancora oggi meta di pellegrinaggi, per poter pregare più in ritiro; per parecchi anni guidò contemporaneamente il noviziato a Napoli come maestro, e il convento a Piedimonte come padre guardiano, adoperandosi tra l’altro in forma molto attiva per la costruzione del convento del Granatello in Portici (Napoli).
Agli inizi del 1700 il Movimento Francescano subì una tempesta organizzativa dovuta ai forti dissensi sorti fra gli alcantarini provenienti in gran parte dalla Spagna e fra quelli italiani, che provocò, con l’approvazione pontificia, la separazione dei due gruppi per le loro nazionalità; gli spagnoli ottennero il convento di S. Lucia al Monte e del Granatello.
Padre Giovan Giuseppe, nominato capo e guida del gruppo italiano, dovette barcamenarsi in tutte le difficoltà che venivano poste dai potenti confratelli spagnoli, richiamò i circa 200 frati ad un rispetto più conforme alla Regola, riordinò gli studi.
Scaduto il suo mandato, ebbe dall’arcivescovo di Napoli, cardinale Francesco Pignatelli, l’incarico di dirigere settanta fra monasteri e ritiri napoletani, uguale incarico l’ebbe anche dal cardinale Innico Caracciolo per la diocesi di Aversa.
Essendo qualificato direttore di coscienze, a lui si rivolsero celebri ecclesiastici, nobili illustri, persino s. Alfonso Maria de’ Liguori e s. Francesco de Geronimo; il Signore gli donò vari carismi, come la bilocazione, la profezia, la lettura dei cuori, la levitazione, apparizioni della Madonna e di Gesù Bambino, i miracoli come quello della resurrezione del marchesino Gennaro Spada, fu visto passare per le strade di Napoli sollevato di un palmo da terra in completa estasi.
Il 22 giugno 1722 con decreto pontificio i due rami alcantarini, furono riuniti di nuovo e quindi anche il convento di S. Lucia al Monte ritornò ai frati italiani ed è lì che Giovan Giuseppe della Croce, dopo averci vissuto per altri dodici anni, morì il 5 marzo 1734; la sua tomba posta nel convento è stata ed è tuttora centro di grande devozione dei napoletani che lo elessero loro compatrono nel 1790.
Beatificato da papa Pio VI il 24 maggio 1789, fu poi elevato agli onori degli altari come santo da papa Gregorio XVI il 26 maggio 1839, insieme ad altri quattro santi: Francesco de Geronimo, Alfonso Maria de’ Liguori, Pacifico di S. Severino e Veronica Giuliani.
L’isola d’Ischia, che da sempre l’ha venerato e amato come suo carissimo e grande figlio, ha fatto richiesta affinché le spoglie del santo vengano trasferite da S. Lucia al Monte in Napoli al convento francescano dell’isola, fra la sua originaria gente.
Autore:
Antonio Borrelli

lunedì 3 marzo 2014

VOCE DI SAN PIO :

-" Il Signore non può darmi un cireneo. Devo fare soltanto la volontà di Dio e, se piacerò a lui, il resto non conta." (LCS, 1 sett. 1967, 4).

PREGHIAMO CON MARIA SANTISSIMA IL SANTO ROSARIO PER LA CHIESA E I SACERDOTI.(PREGHIAMO I MISTERI DOLOROSI)

PREGHIAMO CON MARIA SANTISSIMA IL SANTO ROSARIO PER LA CHIESA E I SACERDOTI.(PREGHIAMO I MISTERI DOLOROSI)
 Lella Mingardi 

CONTEMPLIAMO I MISTERI DOLOROSI.
NEL NOME DEL PADRE E DEL FIGLIO E DELLO SPIRITO SANTO AMEN.
- O Dio vieni a salvarci
- Signore, vieni presto in nostro aiuto.
- Sia Gloria al Padre, al Figlio e allo Spirito Santo .Com'era in principio, ora e sempre nei secoli dei secoli.Amen.
ALL'INIZIO DI OGNI DECINA SI RIPETE:
O GESU' MIO, PERDONA LE NOSTRE COLPE. PRESERVACI DAL FUOCO DELL'INFERNO, PORTA IN CIELO TUTTE LE ANIME, SPECIALMENTE LE PIU' BISOGNOSE DELLA TUA MISERICORDIA. SIGNORE MANDA SANTI, SACERDOTI E FERVENTI RELIGIOSI ALLA TUA CHIESA ED EFFONDI IL TUO SPIRITO SU TUTTA LA TERRA.L'ETERNO RIPOSO DONA A LORO SIGNORE E SPLENDI AD ESSI LA LUCE PERPETUA RIPOSINO IN PACE. AMEN.
- Annuncio del Mistero- Padre Nostro- Ave Maria... (10 volte)- Gloria al Padre,

Nel 1° Mistero Doloroso

LA PREGHIERA DI GESU' NELL'ORTO DEL GETSEMANI

LA PREGHIERA DI GESU' NELL'ORTO DEL GETSEMANI

Gesù è pieno di angoscia e come uomo ha paura.
Io Signore,quando ho paura ti cerco e tu accorri,sempre,anche se non lo merito.
Io come mi comporto Signore nei confronti di chi soffre ed ha paura?
aiutami ad essere migliore.

CHIEDIAMO AL SIGNORE LA VIRTU' DI UN VERO DOLORE DEI PECCATI.
PREGHIAMO PER I SACERDOTI E LE SUORE,I RELIGIOSI E TUTTI GLI APPARTENENTI ALLA CHIESA,PERCHE' NELLA SOFFERENZA SAPPIANO AFFIARSI A DIO E NON AL SONNO DEI FRATELLI NON VIGILANTI, E SAPPIANO TROVARE DIO NELL'ORAZIONE.
Padre Nostro – 10 Ave Maria – Gloria
O GESU' MIO...L'ETERNO RIPOSO...

Nel 2° Mistero Doloroso
LA FLAGELLAZIONE DI GESU' ALLA COLONNA


LA FLAGELLAZIONE DI GESU' ALLA COLONNA


Gesù è attorniato da gente che lo vede soffrire,vede che lo colpiscono da tutte le parti,e non interviene in sua difesa.
Io dove sono Gesù,tra chi ti colpisce o tra chi tace?
Insegnami a togliere dalle mani di chi ti colpisce la frusta,insegnami ad aiutarti a convertire i peccatori,usami Gesù.


CHIEDIAMO AL SIGNORE LA VIRTU' DELLA MORTIFICAZIONE DEI SENSI.
PREGHIAMO PER TUTTI QUEI SACERDOTI E SUORE CHE SONO DOMINATI DAI DESIDERI DELLA CARNE E NON SANNO COME LIBERARSI.
CONCEDI LORO SIGNORE DI SAPER MORTIFICARE LA CARNE CONCEDENDO NUMEROSE GRAZIE AL LORO SPIRITO.

CONSOLALI SIGNORE!
Padre Nostro – 10 Ave Maria - Gloria
O GESU' MIO...L'ETERNO RIPOSO...

Nel 3° Mistero Doloroso
L'INCORONAZIONE DI SPINE

L'INCORONAZIONE DI SPINE
Ogni nostra colpa è una spina che ti infliggiamo, nessuno più di te sa che cosa vuol dire soffrire per amore.
Tradito da Giuda, che hai trattato come un amico; tradito da noi che non chiami servi, ma amici.
Perdonaci Gesù di tradirti ogni volta che non ti mettiamo al primo posto nella nostra vita e nelle nostre azioni.

CHIEDIAMO AL SIGNORE LA VIRTU' DELL'UMILTA'.
PREGHIAMO PER QUELLI CHE HANNO RESPONSABILITA' NELLA CONDUZIONE DELLA CHIESA, PER IL PAPA, I CARDINALI,I VESCOVI ,I PARROCI, LE MADRI SUPERIORI.
PREGHIAMO PERCHE' NON TEMANO DI ESSERE UMILIATI NEL NOME DEL SIGNORE!

Padre Nostro – 10 Ave Maria – Gloria

O GESU' MIO...L'ETERNO RIPOSO....


Nel 4° Mistero Doloroso
VIAGGIO DI GESU' AL CALVARIO CARICO DELLA CROCE




VIAGGIO DI GESU' AL CALVARIO CARICO DELLA CROCE

Mentre sale Gesù, si guarda intorno e sotto al peso della croce, incontra gli occhi della gente.
Come ti vedo Gesù? Riesco a capire quanto mi hai amato? Riesco a comprendere che lo stai facendo anche per me?
Io sono tra chi asciuga le tue lacrime o tra chi ti schernisce?
Perdonaci Signore de averti costretto a dover subire tutto questo dolore, perdonaci per non aver capito.


CHIEDIAMO AL SIGNORE LA VIRTU' DELLA PAZIENZA.PREGHIAMO PER I SACERDOTI E LE SUORE INFERMI.
PREGHIAMO PERCHE' SAPPIANO OFFRIRE OGNI SOFFERENZA PER LA SALVEZZA DELLA CHIESA E DEI FEDELI.

Padre Nostro – 10 Ave Maria – Gloria
O GESU' MIO...L'ETERNO RIPOSO...

Nel 5° Mistero Doloroso
LA CROCIFISSIONE E MORTE DI GESU'


LA CROCIFISSIONE E MORTE DI GESU'


Solo morendo alla nostra parte umana possiamo trovarci in comunione con te. Solo mettendoti prima dei nostri idoli, possiamo trovare il nostro Dio. Solo riconoscendo in Gesù Cristo il nostro Dio, possiamo divenire figli dello stesso Padre nostro, come tu ci hai insegnato.
Padre nostro, che sei nei cieli,
sia santificato il tuo nome,
venga il tuo regno,
sia fatta la tua volontà
come in cielo così in terra.
Dacci oggi
il nostro pane quotidiano,
e rimetti a noi i nostri debiti
come noi li rimettiamo
ai nostri debitori,
e non ci indurre in tentazione,
ma liberaci dal male.
Amen

CHIEDIAMO AL SIGNORE LA VIRTU' DELLA COSTANZA NEL SEGUIRE CRISTO.PREGHIAMO PER IL PAPA, I VESCOVI, I SACERDOTI E I DIACONI, CHE SONO I PRIMI COLLABORATORI DI CRISTO NELL'OPERA DELLA REDENZIONE.
 Padre Nostro – 10 Ave Maria - Gloria
O GESU' MIO...L'ETERNO RIPOSO...


SALVE REGINA

SECONDO LE INTENZIONI DEL PAPA:
1 PADRE NOSTRO 1 AVE MARIA 3 GLORIA AL PADRE

Litanie alla Madonna
Signore pietà. Signore pietà.
Cristo pietà. Cristo pietà.
Signore pietà. Signore pietà.
Cristo, ascoltaci , Cristo, ascoltaci
Cristo esaudiscici , Cristo esaudiscici
Padre celeste, che sei Dio, abbi pietà di noi
Figlio redentore del mondo, che sei Dio, abbi pietà di noi.
Spirito Santo, che sei Dio, abbi pietà di noi.
Santa Trinità, unico Dio, abbi pietà di noi.
Santa Maria, prega per noi
Santa Madre di Dio, prega per noi
Santa Vergine delle vergini, prega per noi
Madre di Cristo, prega per noi
Madre della Chiesa, prega per noi
Madre della divina grazia, prega per noi
Madre purissima, prega per noi
Madre castissima, prega per noi
Madre sempre vergine, prega per noi
Madre senza peccato, prega per noi
Madre degna d'amore, prega per noi
Madre ammirabile, prega per noi
Madre del buon consiglio, prega per noi
Madre del Creatore, prega per noi
Madre del Salvatore, prega per noi
Vergine prudentissima, prega per noi
Vergine degna d'onore, prega per noi
Vergine degna di lode, prega per noi
Vergine potente, prega per noi
Vergine clemente, prega per noi
Vergine fedele, prega per noi
Specchio di perfezione, prega per noi
Modello di santità, prega per noi
Sede della sapienza, prega per noi
Fonte della nostra gioia, prega per noi
Dimora dello Spirito Santo, prega per noi
Tabernacolo dell'eterna gloria, prega per noi
Modello di vera devozione, prega per noi
Rosa mistica, prega per noi
Gloria della stirpe di Davide, prega per noi
Fortezza inespugnabile, prega per noi
Splendore di gloria, prega per noi
Arca dell'Alleanza , prega per noi
Porta del cielo, prega per noi
Stella del mattino, prega per noi
Salute degli infermi, prega per noi
Rifugio dei peccatori ,prega per noi
Consolatrice degli afflitti, prega per noi
Aiuto dei cristiani, prega per noi
Regina degli Angeli, prega per noi
Regina dei Patriarchi, prega per noi
Regina dei Profeti, prega per noi
Regina degli Apostoli, prega per noi
Regina dei Martiri, prega per noi
Regina dei Confessori della Chiesa, prega per noi
Regina delle vergini, prega per noi
Regina di tutti i santi, prega per noi
Regina concepita senza peccato, prega per noi
Regina del Santo Rosario, prega per noi
Regina della famiglia, prega per noi
Regina assunta in cielo, prega per noi
Regina della pace, prega per noi
Agnello di Dio che togli i peccati del mondo, perdonaci Signore
Agnello di Dio che togli i peccati del mondo, ascoltaci Signore
Agnello di Dio che togli i peccati del mondo, abbi pietà di noi
• Prega per noi Santa Madre di Dio- E saremo degni delle promesse di Cristo.

PREGHIAMO
O DIO, IL TUO UNICO FIGLIO CI HA PROCURATO I BENI DELLA SALVEZZA ETERNA CON LA SUA VITA, MORTE E RISURREZIONE.
A NOI CHE CON IL SANTO ROSARIO DELLA BEATA VERGINE MARIA ABBIAMO MEDITATO QUESTI MISTERI, CONCEDI DI IMITARE CIO' CHE ESSI CONTENGONO E DI RAGGIUNGERE CIO' CHE ESSI PROMETTONO.
PER CRISTO NOSTRO SIGNORE.AMEN.




SANTI é BEATI :

San Casimiro Principe polacco
4 marzo - Memoria Facoltativa
Cracovia, Polonia, 3 ottobre 1458 – Grodno, Lituania, 4 marzo 1484
Nasce a Cracovia, nel 1458. Figlio del re di Polonia, appartenente alla dinastia degli Jagelloni, di origine lituana. Quando gli Ungheresi si ribellarono al loro re, Mattia Corvino, e offrirono al tredicenne principe Casimiro la corona, questi vi rinunciò appena seppe che il papa si era dichiarato contrario alla deposizione del regnante. Impegnato in una politica di espansione, re Casimiro IV (1440-1492) diede al terzogenito l'incarico di reggente di Polonia e il principe, minato dalla tubercolosi, svolse il compito senza lasciarsi irretire dalle seduzioni del potere. Non si piegò alle ragioni di Stato quando gli venne proposto dal padre il matrimonio con la figlia di Federico III, per allargare i già estesi confini del regno. Il principe Casimiro non voleva venir meno al suo ideale ascetico di purezza per vantaggi materiali cui non ambiva. Di straordinaria bellezza, ammirato e corteggiato, Casimiro aveva riservato il suo cuore alla Vergine. Si spegne a 25 anni a Grodno (in Lituania) il 4 marzo 1484. Nel 1521 papa Leone X lo dichiarò patrono della Polonia e della Lituania. (Avvenire)
Patronato: Polonia e Lituania
Etimologia: Casimiro = che vuole la pace, dal polacco
Emblema: Corona, Giglio, Pergamena

Martirologio Romano: San Casimiro, figlio del re di Polonia, che, principe, rifulse per lo zelo nella fede, la castità, la penitenza, la generosità verso i poveri e la devozione verso l’Eucaristia e la beata Vergine Maria e ancora giovane, consunto dalla tisi, nella città di Grodno presso Vilnius in Lituania si addormentò nella grazia del Signore.
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Il principe Casimiro, soprannominato dai suoi compatrioti “uomo di pace”, nacque a Cracovia il 3 ottobre 1458, terzo dei tredici figli di Casimiro IV, re di Polonia, e di Elisabetta d’Austria, figlia dell’imperatore Alberto II. Il matrimonio tra i due, rivelatasi un’unione felice oltre che fertile, era stato combinato con l’aiuto di Giovanni Dlugosz, storiografo e canonico di Cracovia, religioso schivo ma di grande erudizione e santità. Proprio a lui fu dunque affidata l’educazione di Casimiro quando questi raggiunse l’età di nove anni ed il sacerdote si rivelò un ottimo insegnante, severo al punto giusto, quasi un secondo padre per il piccolo principe.
Non ancora quindicenne, in seguito alla richiesta da parte della nobiltà ungherese, il padre inviò Casimiro a guidare un esercitò contro il sovrano ungherese, Mattia Corvino. Quando però Casimiro venne a sapere che Mattia disponeva di truppe ben più numerose delle sue e si rese conto di essere stato abbandonato sia dalla nobiltà ungherese che in un primo tempo aveva richiesto il suo intervento, ma anche dalle proprie truppe in diserzione, accolse favorevolmente il consiglio dei suoi ufficiali ed interruppe la spedizione.
Intanto il pontefice Sisto IV, temendo forse che la guerra rischiasse solo di favorire la causa turca, aveva inoltrato un appello di desistenza al sovrano polacco. Il re, dimostratosi disponibile ad un colloquio di pace, inviò un messaggero al figlio, che però con sua grande vergogna scoprì già ritiratosi. Per castigo fu vietato a Casimiro di fare ritorno a Cracovia e venne rinchiuso per tre mesi nel castello di Dobzki. Nonostante le pressioni del padre e le nuove richieste da parte dei nobili magiari, Casimiro non si lasciò mai più persuadere ad abbracciare le armi.
Pare che il giovane principe non ambisse a posizioni di governo e preferiva piuttosto attivarsi in favore dei poveri, degli oppressi, dei pellegrini e dei prigionieri. Era solito infatti denunciare al re suo padre tutte le ingiustizie nei confronti dei poveri ed ogni loro necessità di cui veniva a conoscenza. Grande gioia provò quando decise di dovare tutti i suoi beni ai bisognosi, che presero a definirlo “difensore dei poveri”.
La sua vita fu da allora più monastica che principesca, il suo carattere mite ed umile lo spinse ad occuparsi più della Chiesa che della vita di corte. Trascorreva infatti gran parte del suo tempo in chiesa, tra preghiera personale e funzioni liturgiche, spesso dimenticandosi addirittura di mangiare, e di notte tornava a pregare dinnanzi ai portoni chiusi della chiesa. Solitamente gentile con tutti, fu però duro contro gli sismatici: proprio dietro sua insistenza il padre vietò il restauro delle chiese ove essi erano soliti riunirsi. Grande devoto della Madonna, nella sua bara fu posta una copia del suo inno preferito: “Omni die dic Marie”.
Nessuno riuscì a convincerlo a convolare a nozze con la promessa sposa, una figlia di San Ferdinando III di Castiglia. Egli sosteneva di non conoscere altra salvezza se non in Cristo e profetizzava la sua vicina scomparsa per stare con Lui in eterno. Casimiro morì infatti di tubercolosi, a soli ventisei anni, il 4 marzo 1484 a Grodno. Le sue spoglie trovarono sepoltura nella cattedrale di Vilnius, odierna capitale lituana, ove ancora oggi sono venerate.
Sulla sua tomba si verificarono moltissimi miracoli ed il re Sigismondo decise di inoltrare al papa Leone X una petizione per richiedere la canonizzazione del principe polacco. Nel 1521 tale papa dichiarò San Casimiro patrono della Polonia e della Lituania, ma fu ufficialmente canonizzato solo nel 1602 dal pontefice Clemente VIII e nel 1621 la sua festa venne estesa alla Chiesa universale. Il clto del santo è rimasto assai vivo anche tra i polacchi ed i lituani emigrati in America.
Vasta è l’iconografia di questo santo polacco: celebre è il suo ritratto eseguito da Carlo Dolci e molti altri dipinti lo raffigurano con in mano una pergamena, riportante alcune parole del suo inno mariano prediletto, ed un giglio, simbolo di castità. San Casimiro è infatti particolarmente invocato contro le tentazioni carnali.


Dalla "Vita di san Casimiro", scritta da un autore quasi contemporaneo.

La carità quasi incredibile, certamente non simulata ma sincera, di cui ardeva verso Dio onnipotente per opera di quello Spirito divino, era talmente diffusa nel cuore di Casimiro, tanto traboccava e dalle profondità del cuore tanto si riversava sul prossimo, che nulla gli era più gradito, nulla più desiderato che donare ai poveri di Cristo, ai pellegrini, ai malati, ai prigionieri, ai perseguitati non solo i propri beni, ma tutto se stesso.
Per le vedove, gli orfani, gli oppressi fu non solo un protettore, non solo un difensore, ma un padre, un figlio, un fratello. E qui sarebbe necessario scrivere una lunga storia se si volessero descrivere i singoli atti di carità e di grande amore che in lui fiorirono verso Dio e verso gli uomini. In che misura poi egli praticò la giustizia e abbracciò la temperanza, di quanta prudenza fu dotato e da quale fortezza e costanza d'animo fu sostenuto, soprattutto in quell'età più libera nella quale gli uomini di solito sono più sconsiderati e per natura più inclini al male, é difficile dire o pensare.
Ogni giorno persuadeva il padre a praticare la giustizia nel governo del regno e dei popoli a lui sottomessi. E mai tralasciò di riprendere con umiltà il re se talvolta, per incuria o per debolezza umana, qualcosa veniva trascurato nel governo. Difendeva ed abbracciava come sue le cause dei poveri e dei miserabili, per cui dal popolo veniva chiamato difensore dei poveri. E benché fosse figlio del re e nobile per la dignità della nascita, mai si mostrava superiore nel tratto e nella conversazione con qualsiasi persona, per quanto umile e di bassa condizione. Volle sempre essere considerato fra i miti ed i poveri di spirito, ai quali appartiene il regno dei cieli, piuttosto che fra i potenti e i grandi di questo secolo. Non desiderò il supremo potere, né mai lo volle accettare quando gli fu offerto dal padre, temendo che il suo animo fosse ferito dagli stimoli delle ricchezze, che il nostro Signore Gesù Cristo ha chiamato spine, o fosse contaminato dal contagio delle cose terrene.
Tutti i suoi domestici e segretari, uomini insigni e ottimi, dei quali alcuni sono ancora viventi e che lo conobbero intimamente, asseriscono e testimoniano che egli visse vergine fino alla fine e vergine chiuse il suo ultimo giorno.(Cap. 2-3; Acta Sanctorum Martii 1, 347-348)


ORAZIONE

O Dio onnipotente, che chiami a servirti per regnare con te,
fa’ che per intercessione di San Casimiro
viviamo costantemente al tuo servizio
nella santità e nella giustizia.
Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio,
e vive e regna con te, nell’unità dello Spirito Santo,
per tutti i secoli dei secoli. Amen.


Autore:
Fabio Arduino

(Mc 10,28-31) Riceverete in questo tempo cento volte tanto insieme a persecuzioni, e la vita eterna nel tempo che verrà.

VANGELO 
(Mc 10,28-31) Riceverete in questo tempo cento volte tanto insieme a persecuzioni, e la vita eterna nel tempo che verrà. 
+ Dal Vangelo secondo Marco

In quel tempo, Pietro prese a dire a Gesù: «Ecco, noi abbiamo lasciato tutto e ti abbiamo seguito». Gesù gli rispose: «In verità io vi dico: non c’è nessuno che abbia lasciato casa o fratelli o sorelle o madre o padre o figli o campi per causa mia e per causa del Vangelo, che non riceva già ora, in questo tempo, cento volte tanto in case e fratelli e sorelle e madri e figli e campi, insieme a persecuzioni, e la vita eterna nel tempo che verrà. Molti dei primi saranno ultimi e gli ultimi saranno primi».

Parola del Signore


LA MIA RIFLESSIONE
PREGHIERA
Concedimi o mio amato, la luce del tuo Spirito, per comprendere a pieno le tue parole, per inserirle nella mia vita e farmi muovere sui tuoi passi. Io sento di amarti e vorrei essere veramente come Tu mi vuoi, insegnami. 

Il giovane ricco è appena andato via… non se la sentiva di vendere tutti i suoi averi per seguire Gesù, non se la sentiva di rinunciare a qualcosa che,secondo lui, gli apparteneva. Pietro guarda Gesù e timidamente gli si avvicina e gli chiede se loro che hanno lasciato tutto per seguirlo, sono a posto? C’è qualcosa in Pietro che gli fa presagire che la risposta non sarà quella che si aspetta, sembra che con Gesù non si riesca mai a capire fino in fondo, quello che è giusto, quello che vuole. Infatti, Gesù fa una precisazione che come al solito, lo lascia esterrefatto. Dice che, già solo il fatto di seguire la sua parola, apre degli scenari completamente diversi nella nostra vita; il sapere che essa non è fine a se stessa, ma che è inserita in un progetto di Dio, è una proposta accattivante che dite? Lasciare tutto, non vuol dire mettersi a fare il barbone, ma non essere attaccati a nulla, non avere delle cose più importanti di Dio, che ci possono fuorviare ed è questo per noi molto difficile. Lo era ai tempi di Gesù, in cui si viveva di poco e lo è ancor di più oggi che tutto sembra essere di primaria importanza, irrinunciabile e per avere tutto si è disposti a tutto, anche a lavorare per tante ore. C’è la macchina, i videogiochi, la discoteca, le serate divertenti, gli impegni dei figli… tutto così importante da non avere il tempo per il Signore. Una fugace messa di domenica e se il sacerdote fa un’ omelia troppo lunga, quanti visi scocciati…. Ma com’è bello ogni giorno aprire la giornata con la preghiera, affrontare le difficoltà con la fede che ci sorregge, sapere che non si è soli, leggere le scritture e cercare di capire alla luce dello Spirito Santo, che cosa ci dice il Signore. Io lo faccio con voi, ma vorrei tanto che tutti lo facessimo ognuno per proprio conto, per aver la possibilità di stare a tu per tu col Signore, aprire a Lui il nostro cuore, scoprire che quello che riceviamo e di gran lunga superiore di quello a cui rinunciamo. Anche Pietro capirà che deve rinunciare al suo orgoglio, alla sua presunzione, al suo carattere irruente, all'idea di essere perfetto, e lo capirà quando sarà messo alla prova in tutta la sua debolezza, e rinnegherà di conoscere Gesù per paura. Dobbiamo far posto a Gesù nel nostro cuore, e non ci rimetteremo, questo è sicuro!

domenica 2 marzo 2014

VOCE DI SAN PIO :

-" Su questa terra ognuno ha la sua croce; ma dobbiamo fare in modo di non essere il cattivo ladrone, bensí il buon ladrone." (CE, 23).

SANTI é BEATI :

Beato Innocenzo da Berzo Sacerdote
Niardo, Brescia, 19 marzo 1844 – Bergamo, 3 marzo 1890
«Gesù è da tutti offeso nel mondo: tocca a me non lasciarlo solo nell’afflizione. L’amore di Dio non consiste in grandi sentimenti, ma in una grande nudità e pazienza per l’amato Dio. Non c’è altro mezzo migliore per custodire lo spirito che patire, fare e tacere. Avrò gran desiderio d’esser soggetto a tutti e in orrore l’esser preferito al minimo» (Fra Innocenzo). Giovanni Scalvinoni nacque a Niardo (Brescia) il 19 marzo 1844. Rimasto orfano di padre, trascorse l’infanzia a Berzo.  Frequentò poi il ginnasio nel collegio di Lovere e da qui passò al seminario di Brescia. Il vescovo Geremia Bonomelli, all’epoca professore in seminario, così testimoniò al processo di beatificazione: «Il chierico Scalvinoni per l’ubbidienza, la modestia, la diligenza, l’umiltà, per un certo candore che traluceva da tutte le sue parole e azioni, conciliava gli animi di tutti i suoi compagni. Il solo vederlo edificava, benché facesse ogni cosa con tutta semplicità». Ordinato sacerdote nel 1867, fu vicario coadiutore a Cevo e vicerettore in seminario. L’innata timidezza, tuttavia, gli faceva desiderare una vita di nascondimento e solitudine. Si fece cappuccino e ricevette il nome di fra Innocenzo. Anche tra i frati ricoprì solo incarichi modesti.Trascorse la maggior parte del tempo al convento-eremo dell’Annunziata, donde veniva chiamato a predicare gli esercizi spirituali nei conventi della Lombardia. Cominciò allora a diffondersi la fama della sua santità. I malati e gli afflitti accorrevano per ricevere la sua benedizione. Nei giorni di festa era al confessionale dal mattino alla sera. Morì nel convento di Bergamo il 3 marzo 1890. Venne beatificato dal suo conterraneo, il beato Giovanni XXIII.
 

Etimologia: Innocenzo = senza peccato, dal latino
Martirologio Romano: A Bergamo, beato Innocenzo da Berzo (Giovanni) Scalvinoni, sacerdote dell’Ordine dei Frati Minori Cappuccini, che rifulse per lo straordinario amore nel diffondere la parola di Dio e nell’ascolto delle confessioni.

Tra gli ex voto conservati nell’umile casa natale del Beato Innocenzo a Berzo Inferiore, oggi trasformata in museo, vi è un frammento di fune a ricordo di un miracolo avvenuto sull’Adamello negli anni Venti. Un alpinista, durante una scalata, cadde in un crepaccio e non avendo nessuno che lo aiutasse, chiese l’intervento dell’umile cappuccino di cui era devoto. Dall’alto arrivò una corda mentre gli venivano suggeriti i movimenti per risalire il dirupo ma, arrivato in cima, grande fu lo stupore nel vedere che nessuno lo attendeva.
Giovanni Scalvinoni venne alla luce a Niardo (Brescia), il paese materno, il 19 marzo 1844. Pochi mesi dopo una tremenda sciagura colpì improvvisamente la giovane famiglia. Il padre, in soli due giorni, morì stroncato da una polmonite fulminante. Giovannino trascorse la fanciullezza semplicemente, facendo propria la fede forte della gente di montagna. Fin da piccolo ebbe una grande pietà per i poveri, dando generosamente quel poco che possedeva a coloro che bussavano alla porta di casa. Conserverà questo sentimento per tutta la vita: quando da cappuccino andava in giro per la questua, era sommamente soddisfatto di tornare in convento con la bisaccia vuota. Quanto riceveva in offerta lo dava ai bisognosi.
Studiò con ottimi risultati nel collegio municipale di Lovere (Bergamo) e da qui passò al seminario di Brescia dove si impose un’esigente disciplina spirituale. Ordinato sacerdote nel 1867 ricoprì alcuni incarichi, tra cui quello di vicerettore del seminario, ma ogni volta venne rimosso perché assolutamente privo di autorità. L’innata timidezza lo portava a desiderare di vivere in solitudine, tra preghiere e penitenze. Il 16 aprile 1874 finalmente cominciò il noviziato tra i cappuccini dell’Annunziata di Borno (ora Cogno). Quattro anni più tardi emise la professione solenne e venne nominato vicemaestro dei novizi. Per alcuni mesi, tra il 1880 e il 1881, fece parte della redazione della rivista Annali Francescani, su incarico del Padre Agostino da Crema, amico del Rosmini.
Eccetto brevi incarichi e la predicazione di esercizi spirituali in alcuni conventi lombardi, fu nel convento-eremo dell’Annunziata che visse intensamente l’abbandono nel Signore, definito “loquela taciturna d’amore”. Nonostante l’eccellente conoscenza della teologia, trasmessa anche ai confratelli, astutamente appariva dimesso, con la volontà di voler sempre scomparire e mai apparire. Innamorato dell’Eucaristia (se sue S. Messe erano di un’intensità eccezionale), sostava quanto più poteva davanti al tabernacolo. Amava molto il Crocifisso e l’esercizio della Via Crucis che raccomandava ai suoi penitenti.
Il 3 marzo 1890, a soli quarantasei anni, ammalatosi seriamente, morì nell’infermeria del convento di Bergamo. Pochi mesi dopo le sue spoglie mortali furono trasferite solennemente a Berzo, lo circondava già una vasta fama di santità. Il 12 novembre 1961 Papa Giovanni XXIII lo proclamò beato e patrono dei bambini, protagonisti dei due miracoli del processo di beatificazione.
I suoi scritti (poche lettere, frammenti di diario, appunti per prediche), raccolti in un migliaio di pagine, svelano il disarmante segreto della sua santità: l’incondizionato abbandono nella braccia del Padre. “Gesù è da tutti offeso nel mondo: tocca a me non lasciarlo solo nell’afflizione. L’amore di Dio non consiste in grandi sentimenti, ma in una grande nudità e pazienza per l’amato Dio. Non c’è altro mezzo migliore per custodire lo spirito che patire, fare e tacere. Avrò gran desiderio d’esser soggetto a tutti e in orrore l’essere preferito al minimo”.
Un sentiero che porta al convento dell’Annunziata, da lui molte volte percorso per raggiungere varie località della Valcamonica, dove era ricercato confessore e predicatore, è oggi a lui intitolato. Dalla sua cella, meta di continui pellegrinaggi, una piccola finestra permette di contemplare l’incantevole paesaggio della bassa valle, il Lago d’Iseo e il paese natio Berzo.

PREGHIERA
Ti ringraziamo, o Padre Santo,
che nel Beato Innocenzo da Berzo
hai donato a questo nostro tempo tanto lontano da te
e tanto di te bisognoso,
un esemplare di preghiera silenziosa e contemplativa
e un vero innamorato di Te e dell’Eucaristia.
Ti ringraziamo, o Padre Misericordioso,
che nel Beato Innocenzo da Berzo
hai concesso alla tua Chiesa un ministro buono
e un fedele dispensatore del tuo perdono
e della tua grazia, per la pace e la salvezza di molti.
Ti ringraziamo, o Padre Buono,
che nel Beato Innocenzo da Berzo povero e penitente,
hai offerto ai bisognosi, ai disoccupati, ai piccoli
e ai sofferenti un amico e un benefattore,
e per la loro gioia lo hai glorificato con il dono dei miracoli.
Ascolta ora le nostre invocazioni e per la sua intercessione
concedi a noi di imitarne gli esempi
e di ottenere dalla tua bontà la grazia che con fiducia ti chiediamo.
Amen

Autore:
Daniele Bolognini