venerdì 5 febbraio 2016

(Mc 6,30-34) Erano come pecore che non hanno pastore.


VANGELO I SABATO 6 FEBBRAIO 2016

(Mc 6,30-34) Erano come pecore che non hanno pastore.

+ Dal Vangelo secondo Marco

In quel tempo, gli apostoli si riunirono attorno a Gesù e gli riferirono tutto quello che avevano fatto e quello che avevano insegnato. Ed egli disse loro: «Venite in disparte, voi soli, in un luogo deserto, e riposatevi un po’». Erano infatti molti quelli che andavano e venivano e non avevano neanche il tempo di mangiare.

Allora andarono con la barca verso un luogo deserto, in disparte. Molti però li videro partire e capirono, e da tutte le città accorsero là a piedi e li precedettero.

Sceso dalla barca, egli vide una grande folla, ebbe compassione di loro, perché erano come pecore che non hanno pastore, e si mise a insegnare loro molte cose.

Parola del Signore.


LA MIA RIFLESSIONE

PREGHIERA

Ti prego, Signore mio, di vivere dentro di me, di imprimerti nel mio cuore e di esprimerti attraverso la mia persona per aiutarci a capirti e a viverti.

Stiamo assistendo ad uno dei tanti episodi in cui Gesù e gli apostoli, sono attorniati dalla folla. Questo è narrato da tutti e 4 gli evangelisti, anche se con delle diversità, e questi versetti precedono la descrizione da parte di Marco della prima moltiplicazione dei pani e dei pesci.

Quello che voglio notare insieme a voi però, non è il miracolo che seguirà, ma quello che genererà in Gesù il desiderio di operare il miracolo. Si era incontrato con gli apostoli e loro gli avevano raccontato tutto quello che avevano fatto da quando lui li aveva inviati in missione a due a due.

La stanchezza era evidente, e anche gli apostoli come Gesù, provarono cosa voleva dire prendersi cura degli altri più che di se stessi; ricordate quando di Gesù dicevano che era folle perchè non si fermava neanche per mangiare e per stare con i suoi parenti?

Lui li guarda e prova compassione per loro, ossia soffre insieme a loro della loro stanchezza, e decide di allontanarsi insieme a loro da quel posto pieno di gente, per trovare un posto per riposare. Nel brano si dice che Gesù cerca un luogo deserto, ma spesso la parola deserto serve per far capire che non ci sono sicurezze su cui basare la propria vita, per questo cercano qualcuno che li conduca fuori dal deserto. E come Mosè, che ricevette dal cielo la manna per saziare il popolo d'Israele, Gesù come un nuovo Mosè, darà loro quello che cercano proprio come un buon pastore che vede le sue pecore che hanno paura perchè non sanno dove andare.

Pochi tra noi sanno che le pecore non vedono molto bene, che belano per tenersi in contatto e per questo si stringono tra di loro. Gesù le ama e non vuole farle ripartire da lì senza aver donato loro la sua parola.

Gesù ha compassione dei suoi uomini e della gente che vuole ascoltare la sua parola; la stessa che dobbiamo provare per noi stessi e per i nostri fratelli; " la compassione di Cristo" ed è con questa che noi dobbiamo confrontarci.

Fermiamoci e rimaniamo con Gesù, isoliamo il nostro animo in contemplazione della parola, raccogliamoci in preghiera, non solo opere, non solo esposizione, non solo testimonianza, ma anche ritrovarsi nella pace del Signore, per avere anche il tempo di ascoltare la sua voce.

Non perdiamo la pazienza dietro alle richieste di chi ha bisogno di noi, del nostro aiuto, della nostra comprensione, ma cerchiamo sempre di ricavare un piccolo spazio per noi stessi e per il nostro colloquio con il Signore, come se innaffiassimo una piantina che altrimenti seccherebbe e non potrebbe più fare fiori.

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giovedì 4 febbraio 2016

(Mc 6,14-29) Quel Giovanni che io ho fatto decapitare, è risorto.

VANGELO
(Mc 6,14-29) Quel Giovanni che io ho fatto decapitare, è risorto.
+ Dal Vangelo secondo Marco
In quel tempo, il re Erode sentì parlare di Gesù, perché il suo nome era diventato famoso. Si diceva: «Giovanni il Battista è risorto dai morti e per questo ha il potere di fare prodigi». Altri invece dicevano: «È Elìa». Altri ancora dicevano: «È un profeta, come uno dei profeti». Ma Erode, al sentirne parlare, diceva: «Quel Giovanni che io ho fatto decapitare, è risorto!».
Proprio Erode, infatti, aveva mandato ad arrestare Giovanni e lo aveva messo in prigione a causa di Erodìade, moglie di suo fratello Filippo, perché l’aveva sposata. Giovanni infatti diceva a Erode: «Non ti è lecito tenere con te la moglie di tuo fratello». Per questo Erodìade lo odiava e voleva farlo uccidere, ma non poteva, perché Erode temeva Giovanni, sapendolo uomo giusto e santo, e vigilava su di lui; nell’ascoltarlo restava molto perplesso, tuttavia lo ascoltava volentieri.
Venne però il giorno propizio, quando Erode, per il suo compleanno, fece un banchetto per i più alti funzionari della sua corte, gli ufficiali dell’esercito e i notabili della Galilea. Entrata la figlia della stessa Erodìade, danzò e piacque a Erode e ai commensali. Allora il re disse alla fanciulla: «Chiedimi quello che vuoi e io te lo darò». E le giurò più volte: «Qualsiasi cosa mi chiederai, te la darò, fosse anche la metà del mio regno». Ella uscì e disse alla madre: «Che cosa devo chiedere?». Quella rispose: «La testa di Giovanni il Battista». E subito, entrata di corsa dal re, fece la richiesta, dicendo: «Voglio che tu mi dia adesso, su un vassoio, la testa di Giovanni il Battista». Il re, fattosi molto triste, a motivo del giuramento e dei commensali non volle opporle un rifiuto.
E subito il re mandò una guardia e ordinò che gli fosse portata la testa di Giovanni. La guardia andò, lo decapitò in prigione e ne portò la testa su un vassoio, la diede alla fanciulla e la fanciulla la diede a sua madre. I discepoli di Giovanni, saputo il fatto, vennero, ne presero il cadavere e lo posero in un sepolcro.
Parola del Signore



LA MIA RIFLESSIONE
PREGHIERA
Ti prego o Santo Spirito, di illuminare la mia mente, e far penetrare la tua parola nel mio cuore.
Non ci sono mezze misure, il Cristianesimo non è una teoria, ma una condizione di vita.
Non ci si può definire cristiani e adattare il cristianesimo alle nostre esigenze. È una scelta seria, perché ne va la nostra salvezza, per questo risulta difficile. Anche Erode, che non aveva nessuna intenzione di convertirsi, temeva Dio, ma più per superstizione che per fede. Lo incuriosiva Giovanni Battista, perché aveva il coraggio di parlare, anche contro di Lui, infatti Giovanni denunciava la sua ambiguità.
Erode passava per un buon regnante, addirittura per un benefattore, perché ci teneva molto a rimanere al suo posto, quindi lo fece arrestare temendo che dalle sue parole potesse scaturire una ribellione del popolo. Il potere è una tentazione continua, allora come ora .
La vita di corte era all'insegna della lussuria, delle orge e del libertinaggio, Erodiade era la moglie legittima del fratello di Erode, ma viveva in peccato con il cognato e tutte le sollecitazioni di Giovanni Battista ad una vita onesta e correttamente morale le davano proprio fastidio.
Aveva già provato a convincere l' amante ad ucciderlo, ma non c' era riuscita, perché in fondo anche lui temeva Dio e la sua ira, ricordiamo, più per superstizione che per sacro timore di fare del male.
Ma quando uno accetta di vivere con la corruzione, col male, col peccato, perde sempre il controllo della situazione e per un ballo eccitante della figlia di Erodiade, per una promessa fatta giurando sul male, per non passare da bugiardo davanti agli altri; ecco che lo scempio si compie e la testa di Giovanni cade, servita su un vassoio alla richiesta della vergognosa figlia di Erodiade, conformata a quella della madre.
Anche oggi compromessi e ricatti, per chi al potere usa la sua posizione per vivere una vita di lussi e vizi, invece che per amministrare onestamente .
Non accettiamo il compromesso tra bene e male perché non esiste, è solo una illusione che satana insinua nelle nostre menti per farci abituare al male fino a legittimarlo ai nostri occhi.
Quando Erode sente parlare di Gesù, la coscienza di quello che aveva fatto a Giovanni ancora gli rimorde e dato che non lo conosceva, che era così estraneo alla sua figura, lo associa a quest' ultimo e teme che sia risorto dai morti.
Un comportamento retto, non teme lo sguardo del Signore, per questo Gesù ci ha detto in altre occasioni che chi serve Dio, non può servire mammona, ossia satana.
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mercoledì 3 febbraio 2016

La storia di Claude Newman il condannato a morte convertito dalla Medaglia Miracolosa.


CLAUDE NEWMAN


La storia di Claude Newman il condannato a morte convertito dalla Medaglia Miracolosa.


Era il 4 febbraio 1944. La notizia dell’esecuzione di Claude Newman fu pubblicata il giorno stesso sul «Vicksburg Evening News»: «Questa mattina alle ore 7.00,nella prigione federale di Warren,mediante sedia elettrica, si é svolta l’esecuzione capitale di Claude Newman, un uomo di colore di vent’anni. Egli é stato accompagnato da padre O’Leary.Prima dell’esecuzione Newman, che in prigione é diventato cattolico, ha detto: “Sono pronto ad andare!“»


La vicenda, accaduta nel 1944 nel sud degli Stati Uniti, ne è una straordinaria e consolante riprova. Ne fu testimone padre Robert O’Leary SVD (1911-1984), missionario nel Mississippi, che lasciò ai posteri una registrazione audio dal titolo: «La conversione del prigioniero Claude Newman». Questa è la storia che raccontò.


Claude Newman (1923-1944), un uomo di colore, a soli 5 anni era stato separato dalla madre Floretta e mandato a Bovina, una piccola località a est della città di Vicksburg, in Mississippi. Lì, insieme al fratello più grande, crebbe con la nonnaEllen Newman.


Fin da bambino Claude dovette prender parte al pesantelavoro nelle piantagioni di cotone, dove lavorava anche Sid Cook, l’uomo che nonna Ellen aveva sposato nel 1939. Dopo aver assistito ai continui maltrattamenti e alle percosse che l’amata nonna subiva da parte del marito, il pomeriggio del 19 dicembre 1942 Claude uccise Cook con un colpo d’arma da fuoco. Aveva 19 anni.Cercò di fuggire, ma dopo alcune settimane fu arrestato e condannato a morte.


Nel 1943 Claude Newman si trovava in prigione a Vicksburg, in attesa dell’esecuzione. Divideva la cella con altri quattro detenuti. Una sera i cinque conversavano tra di loro quando, in un momento di silenzio, Claude notò una specie di fogliolina appesa con una cordicella al collo di uno dei presenti. Incuriosito domandò di cosa si trattasse. ll compagno di cella rispose bruscamente: «È una medaglia». Claude chiese ulteriori spiegazioni. Il detenuto di fronte a lui era cattolico, ma non sapeva spiegare il senso e lo scopo di quella medaglia. Se la strappò dal collo e, bestemmiando, la buttò ai piedi di Claude gridando: «Su, prenditela!».


Claude, senza dire una parola, raccolse la medaglia miracolosa e, con il permesso delle guardie, se l’appese al collo. Si sentiva attirato da quell’oggetto e lo voleva portare come ornamento.


La stessa notte stava dormendo sulla sua branda, quando all’improvviso fu svegliato da qualcuno che gli aveva toccato il polso. Più tardi raccontò a padre O’Leary: «Davanti a me stava la donna più bella che Dio abbia mai creato». Claude, si spaventò, non sapeva cosa fare. Ma la Signora lo tranquillizzò dicendo: «Se mi vuoi come madre e vuoi diventare mio figlio, fai chiamare un sacerdote cattolico». Dopo di che la Signora scomparve e Claude gridò: «Chiamatemi un sacerdote cattolico!».


Così padre O’Leary la mattina seguente andò da lui. Claude gli confidò quanto era accaduto durante la notte. Poi chiese di ricevere un’istruzione religiosa. Il buon padre O’Leary era scettico, ma promise di assolvere a quella richiesta.


Tornato nella sua parrocchia, padre O’Leary raccontò al suo parroco l’avvenimento. Il giorno dopo si recò puntualmente nella prigione per la prima lezione di catechismo. Lì dovette constatare che Claude Newman non sapeva né leggere né scrivere, perché non aveva mai frequentato la scuola e la sua ignoranza riguardo la fede era ancora piu grande. Non sapeva nulla di nulla. Non conosceva Gesù e sapeva solo che esisteva un Dio.


Cosi Claude venne istruito, ma la cosa sorprendente è che anche i suoi compagni di cella lo seguirono. Dopo alcune settimane, un giorno, durante la catechesi, padre O’Leary disse: «Allora ragazzi, oggi parliamo del sacramento della confessione». Claude subito rispose: «Oh, su questo sono informato! La Signora mi ha detto che noi, quando ci confessiamo, non ci inginocchiamo davanti al sacerdote, ma davanti alla croce di suo Figlio. E quando ci pentiamo davvero dei nostri peccati e li confessiamo, il sangue che Lui ha versato per noi scorre su di noi e ci purifica dai nostri peccati».


Padre O’Leary rimase di stucco. «Oh, non sia arrabbiatol», si scusò Claude, «non ho voluto precederla». «Non sono arrabbiato, solo sorpreso. Allora hai visto di nuovo la Signora?», domandò il religioso turbato. Ma solo quando i due si ritrovarono per alcuni istanti in disparte, il giovane rispose serio: «La Signora mi ha detto, se lei avesse dei dubbi o delle esitazioni, che avrei dovuto ricordarle la promessa che lei fece alla Madonna in Olanda, nel 1940, mentre era in trincea, e della quale lei aspetta ancora l’adempimento». «Poi», cosi ricordò O’Leary, «Claude mi descrisse precisamente in cosa era consistita la promessa. Questo incredibile fatto mi convinse totalmente che, riguardo le apparizioni, Claude stava dicendo la verità».


Ritornato nel gruppo, Claude continuo ad incoraggiare i suoi quattro compagni: «Non abbiate paura della confessione! Davvero voi dite i vostri peccati a Dio e non al sacerdote. Sapete, la Madonna mi ha spiegato: noi parliamo attraverso il sacerdote a Dio e Dio, attraverso il sacerdote, parla a noi».


La settimana dopo padre O’Leary preparò per i suoi cinque detenuti catecumeni una lezione sul Santissimo Sacramento. Claude gli fece comprendere che la Madre di Dio lo aveva istruito anche su questo. Con il permesso del sacerdote, iniziò a spiegare: «La Madonna mi ha detto che l’Ostia ha solo l’apparenza di un pezzo di pane, ma in verità è suo Figlio. Ella mi ha anche spiegato cheGesù rimane solo per breve tempo dentro di me, come rimase dentro di lei prima della sua nascita a Betlemme. Perciò dovrei passare il tempo con lui come ha fatto lei durante la sua vita: amandolo, adorandolo, lodandolo, chiedendo la sua benedizione e ringraziandolo. In quei minuti non dovrei pensare a nessuno e a nulla, ma passare il tempo con lui solo».


Conclusa la catechesi, i cinque ricevettero il battesimo. Era il 16 gennaio del 1944.Quattro giorni dopo avrebbe avuto luogo l’esecuzione di Claude.


Il giorno precedente alla sedia elettrica lo sceriffo Williamson gli disse: «Claude, puoi esprimere un ultimo desiderio. Cosa vuoi?». E lui rispose: «Voi siete tutti agitati. Anche le guardie sono confuse, ma non capite: solo il mio corpo morirà, io andrò a stare con Lei. Perciò vorrei organizzare una festa». «Cosa intendi?» chiese lo sceriffo. «Un party», rispose Claude con calma. «Potrebbe chiedere a padre O’Leary di organizzare una festa con dolci e gelato e permettere ai prigionieri del secondo piano di muoversi liberamente nella sala principale, in modo che tutti possiamo festeggiare?» «Qualcuno potrebbe aggredire il sacerdote…» avvertì uno dei sorveglianti. Claude si rivolse ai suoi compagni e chiese: «Ragazzi, non lo farete, vero?». Allora ilsacerdote andò a far visita ad una ricca benefattrice della parrocchia la quale provvide ai dolci e al gelato. Cosi i prigionieri ebbero il loro party.


Alla fine, nella stessa sala, su desiderio di Claude, tutti poterono vivere anche un’ora santa di preghiera. Meditarono la Via Crucis, pregarono per Claude e per la salvezza delle loro anime. I prigionieri ritornarono nelle loro celle e padre O’Leary si recò in cappella. Andò a prendere l’Eucarestia e fece fare a Claude la Comunione. Poi i due rimasero ancora in preghiera inginocchiati.


Quindici minuti prima dell’esecuzione, lo sceriffo Williamson salì le scale, correndo e gridando ad alta voce: «Proroga, proroga, il governatore ha data una proroga di due settimane!». Presso gli uffici competenti, lo sceriffo e l’avvocato di zona avevano tentato tutto il possibile per salvare la vita di Claude. Quando ne fuinformato, egli cominciò a piangere. O’Leary e Williamsonpensavano che fossero lacrime di gioia e di sollievo. Ma Claude, singhiozzando, disse: «Voi non capite nulla! Se aveste visto solo una volta il “Suo” volto e guardato nei “Suoi” occhi, non vorreste vivere neanche un giorno di più. Dove ho sbagliato?», chiedeva al religioso, «che Dio mi rifiuta di tornare in patria? Perché dovrei vivere per altre due settimane sulla terra?».


O’Leary ebbe un’idea: ricordò a Claude James Hughes,un altro detenuto, che aveva condotto una vita perversa, anch’egli condannato a morte; mentre Claude veniva educato nella fede cattolica, James aveva iniziato a nutrire un profondo odio verso di lui.


«Forse Maria desidera che tu offra questa rinuncia, il non poter essere ancora presso di Lei, per laconversione di Hughes», disse. «Perché non offri a Dio ogni momento lontano dalla Madonna per questo prigioniero, per far sì che non resti lontano da Dio per l’eternità?». Claude fu d’accordo e chiese al suo interlocutore di insegnargli le preghiere necessarie. Per due settimane offrì tutto quello che poté per James Hughes.


Alla fine Cluade Newman fu giustiziato e padre O’Leary commentò: «Mai avevo visto prima qualcuno andare incontro alla morte cosi sereno». Anche i testimoni ufficiali e i giornalisti ne furono sbalorditi e non riuscivano a comprendere come il volto di un condannato a morte sulla sedia elettrica potesse esprimere tanta serenità.


Le ultime parole di Claude furono per il religioso: «Padre, mi ricorderò di lei e quando avrà un desiderio, si rivolga a me ed io chiederò alla bella Signora».


Tre mesi dopo, il 19 maggio 1944,doveva aver luogo l’esecuzione di James Hughes, l’uomo che aveva odiato profondamente Claude Newman. Padre O’Leary raccontò: «Era il tipo più disonesto e immorale che avessi mai conosciuto. Il suo odio contro Dio e contro tutto ciò che è spirituale è impossibile descriverlo».


Poco prima di essere accompagnato dallo sceriffo nella cella dell’esecuzione, il medico del carcere chiese a Hughes almeno di inginocchiarsi e di recitare il Padre Nostro. Come risposta, costui,bestemmiando, gli sputò in faccia.


Appena Hughs fu fissato sulla sedia, lo sceriffo fece un ultimo tentativo: «Se avesse ancora da dire qualcosa, lo dica ora!». La risposta fu un’altra bestemmia. Ma poi, all’improvviso, ammutolì. Fissando con occhi sbarrati dallo spavento un angolo della stanza, ad alta voce gridò: «Portatemi un sacerdote!».


Poiché la legge di Mississippi prescrive la presenza di un sacerdote alle esecuzioni capitali, O’Leary era già nella stanza, ma nascosto dietro alcuni giornalisti, perché Hughes aveva minacciato di bestemmiare Dio, se avesse visto un «pretaccio».


O’Leary andò immediatamente dal condannato, il quale gli disse: «Sono cattolico, ma a diciotto anni, per la mia vita immorale, mi sono allontanato dalla Chiesa». Poi tutti uscirono. Rimasero solo il sacerdote e il prigioniero. James Hughes si confessò come un bambino, con profondo pentimento.


Quando tutti rientrarono nella stanza, lo sceriffo domandò con curiosità: «Padre, cosa ha provocato il cambiamento di Hughes?». «Non lo so», rispose O’Leary. Lo sceriffo si rivolse al condannato: «Cosa ti ha fatto cambiare idea?» «Si ricorda l’uomo di colore, Claude Newman, che non potevo sopportare?», chiese un Hughes totalmente diverso. «Stava qui in quell’angolo e dietro di lui, con le mani sulle spalle di Claude, la Santa Vergine. Poi Claude mi ha detto: “Ho offerto la mia morte in unione con Cristo sulla Croce per la tua salvezza. La Madonna ha ottenuto per te la grazia di vedere il luogo dell’inferno a cui sei destinato, se non dovessi pentirti“. E in quell’attimo ho chiesto ad alta voce un prete». Poco dopo James Hughes fu giustiziato. Si era convertito all’ultimo momento.


Fonte: http://www.iltimone.org/32456,News.html

(Mc 6,7-13) Prese a mandarli.

VANGELO
(Mc 6,7-13) Prese a mandarli.

+ Dal Vangelo secondo Marco

In quel tempo, Gesù chiamò a sé i Dodici e prese a mandarli a due a due e dava loro potere sugli spiriti impuri. E ordinò loro di non prendere per il viaggio nient’altro che un bastone: né pane, né sacca, né denaro nella cintura; ma di calzare sandali e di non portare due tuniche.
E diceva loro: «Dovunque entriate in una casa, rimanetevi finché non sarete partiti di lì. Se in qualche luogo non vi accogliessero e non vi ascoltassero, andatevene e scuotete la polvere sotto i vostri piedi come testimonianza per loro».
Ed essi, partiti, proclamarono che la gente si convertisse, scacciavano molti demòni, ungevano con olio molti infermi e li guarivano.

Parola del Signore.



LA MIA RIFLESSIONE
PREGHIERA
Insegnami Signore le tue vie, fa che nel mio cammino io possa seguire te e non mi perda mai, nè cerchi di vedere la mia ombra, ma resti abbagliata solo dalla tua luce.
Il Signore ci spinge verso la considerazione di alcuni verbi che vengono usati: chiamò-prese-dava-ordinò.
Parlava come uno che aveva autorità, e che sapeva benissimo che la missione che dava ai suoi discepoli non sarebbe stata facile e che molti li avrebbero rifiutati .
Li spinge a superare le controversie e a non farsi fermare da chi sembra non accettare la buona notizia, ed in questo io vedo un avvertimento di Gesù, riguardo la consapevolezza di non sapere bene quali erano i poteri che lo Spirito Santo concedeva loro, sicuramente più forti di quanto loro stessi comprendevano.
Ancora oggi, molti di noi, commettono l' errore di cercare di puntare tutto sulle proprie forze, dimenticando che la nostra forza è in colui che ci ha mandati.
Spesso, nei miei interventi, ho affermato che se tante persone si allontanano dalla Chiesa, la colpa non è di Dio, nè delle regole dettate a Mosè e attuate da Gesù, ma di noi, uomini e donne, laici e pastori, che spesso, purtroppo, non siamo credibili e tanto meno coerenti.
Essere catechisti, non significa insegnare nozioni, ma esprimere queste nozioni con le opere, con la propria coerenza, con la vita.
È anche per noi un cammino, che passa attraverso varie fasi, che incontra ostacoli, cadute, spesso catastrofiche, perchè lo scontro è sempre dietro
l' angolo.
Mi viene in mente che la vita si svolge un po' come l' incognita nelle espressioni, che è la risposta a dei dati che si incontrano per poi poterne ricavare altri. Così è la reazione che possiamo avere quando qualche ostacolo ci si presenta nel nostro cammino di fede, è molto importante che sia quella giusta.
Per questo, Gesù chiede di lasciare tutto e di prendere solo un bastone su cui appoggiarci nel nostro cammino, ossia ci chiede di non pensare di poterci poggiare su noi stessi.
La nostra forza è la sua parola, ma perchè sia convincente, perchè produca frutto, dobbiamo trasmetterla così come ci viene trasmessa, viverla perchè possa generare vita, amarla per farla amare.
Se Gesù avesse fulminato tutti coloro che gli sbarravano la strada, quale messaggio ci avrebbe trasmesso? Se a chi lo oltraggiava avesse risposto in uguale misura, cosa avremmo recepito?
Ma Gesù ha solo e sempre amato, perdonato, aiutato, liberato da ogni forma di male; è stato maestro sia con le parole che con la sua vita, quindi quello che dobbiamo cercare di fare, per noi prima di tutto, è non scandalizzare con la nostra incoerenza, trascurando tutto quello che può essere importante agli occhi degli uomini, fama, posizione sociale o denaro e cercare di crescere in umiltà, carità e coerenza con il Vangelo che siamo chiamati a testimoniare.
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martedì 2 febbraio 2016

(Mc 6,1-6) Un profeta non è disprezzato se non nella sua patria.

VANGELO.
(Mc 6,1-6) Un profeta non è disprezzato se non nella sua patria.
+ Dal Vangelo secondo Marco
In quel tempo, Gesù venne nella sua patria e i suoi discepoli lo seguirono. Giunto il sabato, si mise a insegnare nella sinagoga. E molti, ascoltando, rimanevano stupiti e dicevano: «Da dove gli vengono queste cose? E che sapienza è quella che gli è stata data? E i prodigi come quelli compiuti dalle sue mani? Non è costui il falegname, il figlio di Maria, il fratello di Giacomo, di Ioses, di Giuda e di Simone? E le sue sorelle, non stanno qui da noi?». Ed era per loro motivo di scandalo. Ma Gesù disse loro: «Un profeta non è disprezzato se non nella sua patria, tra i suoi parenti e in casa sua». E lì non poteva compiere nessun prodigio, ma solo impose le mani a pochi malati e li guarì. E si meravigliava della loro incredulità. Gesù percorreva i villaggi d’intorno, insegnando.
Parola del Signore




LA MIA RIFLESSIONE 
PREGHIERA
 Donami Signore la prudenza e l' umiltà necessarie per poter parlare di Te con giustizia e verità, perché quello che io scrivo possa far comprendere, non confondere.

Ho dato un'occhiata ad altre riflessioni che ho fatto in precedenza su questa pagina, ma questa immagine che ho scelto oggi, mi ha portato via e come al solito, a me non resta altro che seguire questa ispirazione. Gesù torna a Gerusalemme, tra i suoi, che conoscevano la sua storia, le sue origini, e la sua famiglia. Erano quindi convinti di sapere tutto di lui, di conoscerlo a fondo.... di sapere chi era e cosa potevano aspettarsi da lui!!! Ecco che la foto dimostra come non lo conoscevano affatto, perché, come nella foto, erano fermi, immobili sulla porta delle loro credenze. Gesù resterà sempre motivo di scandalo se non ci si immedesimerà con Lui, e mai come in questo periodo, vedo sacerdoti confusi, che cercano di allontanare le pecore dal pastore, creando altro scandalo. Ho più di 60 anni e ho vissuto la crisi della chiesa degli anni 70, che portò molti a dividersi, perché non riuscivano ad accettare le aperture del concilio vaticano 2°. La più famosa è quella dei cosiddetti cattolici tradizionalisti o lefevriani, ma non da meno furono i sedevacantisti che credono che dal Concilio Vaticano II ad oggi non ci siano più stati Papi legittimi e quindi la sede papale sia vacante: da quelli che sostengono che Giovanni XXIII fosse un eretico a quelli che ritengono il Concilio un complotto dei nemici della Chiesa – massoni od ebrei. Non voglio spaccare il capello in 4, né tornare ai motivi che li spinsero ad uscire dalla Chiesa Madre, o a restarne in seno minandone continuamente la credibilità, perché se andiamo a studiare un pò la storia della Chiesa, vediamo che di scismi ce ne sono stati molti, voglio solo dire che 50 anni fa la Chiesa vide il cambiamento, vi si avvicinò e lo ostacolò insieme, come fa tuttora. Io credo che l'unico cambiamento sarebbe l'unità di tutti i credenti, senza che si cerchi di omologare quello che per alcuni deve essere in un modo e per altri in un altro. Mi è capitato di ascoltare un intervento di una pastora protestante battista sull'argomento "salvaguardiamo la terra" lo scorso anno, e trovo che il discorso di Papa Francesco molto simile; per questo io penso che se essere cristiano è un valore , questo lo è ancor più, nella dimensione della capacità dei cristiani di svolgere una funzione positiva nei confronti della società e della storia. Non arrendersi significa ascoltare la parola di Dio, farla propria, ognuno a modo suo e non restare immobili aspettando che il mondo cambi, ma iniziare il cambiamento smettendola di dividerci. Il sogno di Dio è anche il nostro, e non è un ideale di fantasia, come alcuni filosofi pensano, ma un ideale della ragione e non posso né voglio arrendermi a pensarla come Hegel che disse: "Può anche accadere, certo, che così resti sacrificato il diritto dell'individuo: ma ciò non riguarda la storia del mondo, a cui gli individui servono solo come mezzo per il suo progresso." No io non posso considerarmi un mezzo per il progresso, ma voglio pensare che il mondo è la mia casa, creata da Dio per la mia felicità, e non per la ricchezza di pochi a scapito di altri. Delinquenti che avvelenano la terra, assassini che uccidono senza pietà nei modi più svariati... questo sicuramente nessuno lo vuole accettare, ed allora usciamo dai preconcetti, sia che siamo battezzati o che non lo siamo, sia che siamo cattolici o no, riconosciamo che il mondo non migliora facendoci le guerre, e specialmente distruggendo ogni valore.
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 AVVISO
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PRESENTAZIONE DEL SIGNORE



Presentazione del Signore







SOTTOFONDO MUSICALE


https://www.youtube.com/watch?v=5PzTrC9fREY







"Nel cuore della Chiesa, per parlare agli uomini del Cielo".

La vita consacrata ricorda a tutti il primato assoluto di Dio e la ricchezza dei carismi suscitati dallo Spirito, che attualizzano nel mondo le opere meravigliose del Regno di Dio.

La loro testimonianza di vita, con la scelta radicale di Cristo, povero casto e obbediente, ci proietta nella dimensione del “già e del non ancora” e ci sprona a rispondere alla chiamata alla Santità.

Preghiamo per tutte le vocazioni di speciale consacrazione a Dio

“Testimoni della vita buona del Vangelo”



«Vidérunt óculi mei salutáre tuum,

quod parásti ante fáciem ómnium populórum.»

2 febbraio



La festività della Presentazione del Signore, di cui abbiamo la prima testimonianza nel secolo IV a Gerusalemme, venne denominata fino alla recente riforma del calendario festa della Purificazione della SS. Vergine Maria, in ricordo del momento della storia della sacra Famiglia, narrato al capitolo 2 del Vangelo di Luca, in cui Maria, in ottemperanza alla legge, si recò al Tempio di Gerusalemme, quaranta giorni dopo la nascita di Gesù, per offrire il suo primogenito e compiere il rito legale della sua purificazione.

La riforma liturgica del 1960 ha restituito alla celebrazione il titolo di "presentazione del Signore", che aveva in origine. L'offerta di Gesù al Padre, compiuta nel Tempio, prelude alla sua offerta sacrificale sulla croce.


Questo atto di obbedienza a un rito legale, al compimento del quale né Gesù né Maria erano tenuti, costituisce pure una lezione di umiltà, a coronamento dell'annuale meditazione sul grande mistero natalizio, in cui il Figlio di Dio e la sua divina Madre ci si presentano nella commovente ma mortificante cornice del presepio, vale a dire nell'estrema povertà dei baraccati, nella precaria esistenza degli sfollati e dei perseguitati, quindi degli esuli.


L'incontro del Signore con Simeone e Anna nel Tempio accentua l'aspetto sacrificale della celebrazione e la comunione personale di Maria col sacrificio di Cristo, poiché quaranta giorni dopo la sua divina maternità la profezia di Simeone le fa intravedere le prospettive della sua sofferenza: "Una spada ti trafiggerà l'anima": Maria, grazie alla sua intima unione con la persona di Cristo, viene associata al sacrificio del Figlio.



Non stupisce quindi che alla festa odierna si sia dato un tempo tale risalto da indurre l'imperatore Giustiniano a decretare il 2 febbraio giorno festivo in tutto l'impero d'Oriente. Roma adottò la festività verso la metà del VII secolo; papa Sergio 1 (687-701) istituì la più antica delle processioni penitenziali romane, che partiva dalla chiesa di S. Adriano al Foro e si concludeva a S. Maria Maggiore. Il rito della benedizione delle candele, di cui si ha testimonianza già nel X secolo, si ispira alle parole di Simeone: "I miei occhi han visto la tua salvezza, preparata da te davanti a tutti i popoli, luce per illuminare le genti". Da questo significativo rito è derivato il nome popolare di festa della "candelora". La notizia data già da Beda il Venerabile, secondo la quale la processione sarebbe un contrapposto alla processione dei Lupercalia dei Romani, e una riparazione alle sfrenatezza che avvenivano in tale circostanza, non trova conferma nella storia.








O Gesù, anche noi oggi,

come Simeone e la profetessa Anna,

ti stringiamo sul nostro cuore.

Loro videro un bimbo povero, avvolto in panni,

e credettero nella tua divinità;

noi vediamo un po’ di pane e crediamo in Te,

Vero Uomo e Vero Dio.

Vergine Santa, vieni accanto a noi con la tua preghiera,

fa’ che cresca la nostra fede

e sostienici nel cammino verso la patria

dove, finalmente, anche noi potremo contemplare

il tuo Gesù, Luce del mondo,

attesa e speranza di ogni uomo.



Candelora

Festa della Luce



O Dio, fonte e principio di ogni luce,

che oggi hai rivelato al santo vecchio Simeone

il Cristo, vera luce di tutte le genti,

benedici + questi ceri





e ascolta le preghiere del tuo popolo,

che viene incontro a te con questi segni luminosi

e con inni di lode; guidalo sulla via del bene,

perché giunga alla luce che non ha fine.

Per Cristo nostro Signore.







Troppi luccichii, Signore Gesù,

troppi luccichii confondono la nostra mente

e accecano il nostro cuore.

Il luccichio del successo e quello del piacere,

quello dell’ambizione senza misura

e del primo posto ad ogni costo.

E quando, con fuochi d’artificio,

passa quel momento, il cuore rimane nel buio

e la vita si trascina senza senso.

Che la tua Chiesa, luce posta sul candeliere,

sia solo riflesso di te

e chi vorrà cercarti

possa trovarti tranquillo

e gusterà quella pace e quella gioia

che solo chi ti incontra gusta per sempre.

Vieni, Luce del mondo, vieni!

E sarà gioia per tutti.









Guidami, dolce Luce

attraverso le tenebre che mi avvolgono.

Guidami tu, sempre più avanti!

Nera è la notte, lontana è la casa:

guidami tu, sempre più avanti!

Reggi i miei passi:

cose lontane non voglio vedere:

mi basta un passo alla volta.

Così non sono stato sempre, né sempre ti pregai

affinché tu mi conducessi sempre più avanti.

Amavo scegliere la mia strada,

ma ora, guidami tu, sempre più avanti!

Sempre mi benedisse la tua potenza:

anche oggi sicuramente

saprà condurmi sempre più avanti:

tra paludi e steppe,

per monti ripidi e abissi di torrenti

finché svanisca la notte e al mattino mi sorridano

quei volti d‘angelo amati a lungo un tempo

e per il momento smarriti.

Guidami, dolce Luce, guidami tu,

sempre più avanti!





(Card. Newman)









PREGHIERA A MARIA



O Maria, tu oggi sei salita umilmente al Tempio,

portando il tuo divin Figlio e lo hai offerto al Padre

per la salvezza di tutti gli uomini.

Oggi lo Spirito Santo ha rivelato al mondo che Cristo

è la gloria di Israele e la luce delle genti.

Ti preghiamo, o Vergine santa, presenta anche noi,

che pure siamo tuoi figli,al Signore e fa' che, rinnovati nello spirito,

possiamo camminare nella luce di Cristo

finché lo incontreremo glorioso nella vita eterna.








Ora lascia, o Signore,



che il tuo servo vada in pace



secondo la tua parola;



perché i miei occhi han visto la tua salvezza



preparata da te davanti a tutti i popoli;



luce per illuminare le genti



e gloria del tuo popolo Israele.





Bellissima la preghiera intensa di Simeone

che finalmente vede l'atteso: ora è sazio, soddisfatto,

ora ha capito, ora può andare, ora tutto torna.



La vita è così, bastano tre minuti per dare senso e luce a tutta una vita di sofferenze, tre minuti per dare luce ad una vita di attesa. L'importante è avere un cuore spalancato, capace, non rinchiuso dal dolore e dalla sofferenza, non asfaltato, non superficiale... Incontrare il Signore o intuirne la presenza, avere insomma fede, credere e sperare significa proprio mettersi in ascolto e attendere, anche tutta la vita se necessario.



Certo: duro è perseverare nell'attesa, eppure è una scommessa ardita che tutti siamo invitati a compiere perché la nostra intera vita diventi attesa di una risposta esaustiva e soddisfacente che - infine - colmi i cuori. Simeone ha visto la luce: la luce già c'era, già esisteva, già era manifesta, e lui la vede, lui se ne accorge.



La fede è un evento di apertura, è un accorgersi perché - lo so è un paradosso, che ci posso fare? - davanti al sole possiamo ostinatamente tenere gli occhi chiusi e dire: il sole non esiste.



Chiediamo al Signore di alleggerire il nostro cuore, di non permettere che la sofferenza o la superbia ci chiudano gli occhi al vero e al bene che risplende nelle pieghe del nostro martoriato e fragile tempo. A Maria Simeone profetizza sofferenza.



Questa acerba adolescente che ha creduto nella follia di Dio

si trova ora, per la prima volta, davanti alla misura della sua scelta: la misura dell'amore.



Maria sa che accogliere Dio le costerà fatica, e tanta.

Sa che ormai la sua vita è e resterà diversa.

Eppure crede, vi aderisce, vi acconsente.



Perché amare può voler dire, in certe occasioni, patire.

Sia lei, oggi, a insegnarci a vivere l'amore fino alla fine,

a imparare a donare tutto di noi,

per tramutare il dono in concretezza,

il sentimento in gesto, l'amore in dono.









Preghiamo



Dio onnipotente ed eterno, nella festa della Presentazione al tempio

del tuo unico Figlio fatto uomo, concedi anche a noi

di essere presentati a te pienamente rinnovati nello Spirito.

O Dio, che hai esaudito l'ardente attesa del santo Simeone,

compi in noi l'opera della tua misericordia;

tu che gli hai dato la gioia di stringere tra le braccia,

prima di morire, il Cristo tuo Figlio, concedi anche a noi

con la forza del pane eucaristico di camminare incontro al Signore,

per possedere la vita eterna.

Per Cristo nostro Signore

Amen


lunedì 1 febbraio 2016

(Lc 2,22-40) I miei occhi hanno visto la tua salvezza.

VANGELO
(Lc 2,22-40) I miei occhi hanno visto la tua salvezza.

+ Dal Vangelo secondo Luca

Quando furono compiuti i giorni della loro purificazione rituale, secondo la legge di Mosè, Maria e Giuseppe portarono il bambino a Gerusalemme per presentarlo al Signore – come è scritto nella legge del Signore: «Ogni maschio primogenito sarà sacro al Signore» – e per offrire in sacrificio una coppia di tortore o due giovani colombi, come prescrive la legge del Signore.
Ora a Gerusalemme c’era un uomo di nome Simeone, uomo giusto e pio, che aspettava la consolazione d’Israele, e lo Spirito Santo era su di lui. Lo Spirito Santo gli aveva preannunciato che non avrebbe visto la morte senza prima aver veduto il Cristo del Signore.
Mosso dallo Spirito, si recò al tempio e, mentre i genitori vi portavano il bambino Gesù per fare ciò che la Legge prescriveva a suo riguardo, anch’egli lo accolse tra le braccia e benedisse Dio, dicendo:
«Ora puoi lasciare, o Signore, che il tuo servo
vada in pace, secondo la tua parola,
perché i miei occhi hanno visto la tua salvezza,
preparata da te davanti a tutti i popoli:
luce per rivelarti alle genti
e gloria del tuo popolo, Israele».
Il padre e la madre di Gesù si stupivano delle cose che si dicevano di lui. Simeone li benedisse e a Maria, sua madre, disse: «Ecco, egli è qui per la caduta e la risurrezione di molti in Israele e come segno di contraddizione – e anche a te una spada trafiggerà l’anima –, affinché siano svelati i pensieri di molti cuori».
C’era anche una profetessa, Anna, figlia di Fanuèle, della tribù di Aser. Era molto avanzata in età, aveva vissuto con il marito sette anni dopo il suo matrimonio, era poi rimasta vedova e ora aveva ottantaquattro anni. Non si allontanava mai dal tempio, servendo Dio notte e giorno con digiuni e preghiere. Sopraggiunta in quel momento, si mise anche lei a lodare Dio e parlava del bambino a quanti aspettavano la redenzione di Gerusalemme.
Quando ebbero adempiuto ogni cosa secondo la legge del Signore, fecero ritorno in Galilea, alla loro città di Nàzaret. Il bambino cresceva e si fortificava, pieno di sapienza, e la grazia di Dio era su di lui.

Parola del Signore.


LA MIA RIFLESSIONE
PREGHIERA
Signore mio, a volte ti sento così vicino, altre irraggiungibile, fa che il Tuo Spirito, resti su di me, in me e mi faccia vedere tutta la luce che emana da Te, che io mi lasci penetrare da essa. Per Cristo nostro Signore. Amen.
La presentazione di Gesù al tempio, atto dovuto che ci fa vedere come Maria e Giuseppe, pur essendo coscienti di essere cari al Signore, di essere stati scelti, per un compito, del quale ancora non comprendono bene il fine; non cercano di sfuggire le regole della legge giudaica, sotto alla quale sono cresciuti; ma anzi la onorano e in questo modo la fondono con la venuta del Messia.
È Gesù il tanto atteso, se ne accorge subito il vecchio Simeone che era un uomo saggio e giusto, ripieno di Spirito di Dio, che profetizzò alla Madre che per quel figlio avrebbe sofferto moltissimo e se ne accorse Anna, una vecchia vedova che dedicava la sua vita al tempio. Quel bambino avrebbe salvato l’ umanità, con il suo sacrificio sulla croce, ma avrebbe prima spiegato da allora e per sempre agli uomini come entrare nel regno di Dio.
Ci avrebbe dato tutte le armi e gli strumenti necessari per comprendere e solo chi voleva rimanere cieco e sordo, chi non cerca la salvezza, ma mette dei paletti alla conoscenza del Signore, non lo riconosce. Simeone e Anna che invece erano vigili e immersi nella preghiera, mettevano Dio ed il suo tempio, la sua comunità al primo posto, non si lasciano sfuggire l’occasione di ammirarlo ed adorarlo.
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domenica 31 gennaio 2016

(Mc 5,1-20) Esci, spirito impuro, da quest’uomo.

VANGELO
(Mc 5,1-20) Esci, spirito impuro, da quest’uomo.


+ Dal Vangelo secondo Marco


In quel tempo, Gesù e i suoi discepoli giunsero all’ altra riva del mare, nel paese dei Gerasèni. Sceso dalla barca, subito dai sepolcri gli venne incontro un uomo posseduto da uno spirito impuro.
Costui aveva la sua dimora fra le tombe e nessuno riusciva a tenerlo legato, neanche con catene, perché più volte era stato legato con ceppi e catene, ma aveva spezzato le catene e spaccato i ceppi, e nessuno riusciva più a domarlo. Continuamente, notte e giorno, fra le tombe e sui monti, gridava e si percuoteva con pietre.
Visto Gesù da lontano, accorse, gli si gettò ai piedi e, urlando a gran voce, disse: «Che vuoi da me, Gesù, Figlio del Dio altissimo? Ti scongiuro, in nome di Dio, non tormentarmi!». Gli diceva infatti: «Esci, spirito impuro, da quest’uomo!». E gli domandò: «Qual è il tuo nome?». «Il mio nome è Legione – gli rispose – perché siamo in molti». E lo scongiurava con insistenza perché non li cacciasse fuori dal paese.
C’era là, sul monte, una numerosa mandria di porci al pascolo. E lo scongiurarono: «Mandaci da quei porci, perché entriamo in essi». Glielo permise. E gli spiriti impuri, dopo essere usciti, entrarono nei porci e la mandria si precipitò giù dalla rupe nel mare; erano circa duemila e affogarono nel mare.
I loro mandriani allora fuggirono, portarono la notizia nella città e nelle campagne e la gente venne a vedere che cosa fosse accaduto. Giunsero da Gesù, videro l’indemoniato seduto, vestito e sano di mente, lui che era stato posseduto dalla Legione, ed ebbero paura. Quelli che avevano visto, spiegarono loro che cosa era accaduto all’indemoniato e il fatto dei porci. Ed essi si misero a pregarlo di andarsene dal loro territorio.
Mentre risaliva nella barca, colui che era stato indemoniato lo supplicava di poter restare con lui. Non glielo permise, ma gli disse: «Va’ nella tua casa, dai tuoi, annuncia loro ciò che il Signore ti ha fatto e la misericordia che ha avuto per te». Egli se ne andò e si mise a proclamare per la Decàpoli quello che Gesù aveva fatto per lui e tutti erano meravigliati.


Parola del Signore




LA MIA RIFLESSIONE
PREGHIERA
Vieni, o Spirito di Consiglio e di Fortezza, e rendici coraggiosi testimoni del Vangelo ricevuto. Fa che tutto quello che è mio non conti più nulla e quello che viene da Dio si impossessi della mia mente e del mio cuore.
Questa scena descritta da Marco, ci racconta il seguito della scena precedente, quando Gesù sulla barca con i discepoli, calma la tempesta. Eccoli, finalmente sull’ altra riva, che è descritta piena di sepolcri tra i quali si aggira un uomo posseduto dagli spiriti impuri. Una terra di morti e spiriti immondi, che avevano provato a contrastare l’arrivo di Gesù su quella spiaggia, provocando la tempesta, perché sapevano che con il suo arrivo sarebbero dovuti andare altrove.
Proviamo a mettere in relazione questo posto così inospitale, con qualcosa che invece conosciamo bene, tipo la nostra vita, la nostra cerchia d’amicizie, le nostre serate passate cercando di divertirci ad ogni costo, i nostri giri tra lazzi e vizi. Quell’ essere indemoniato gridava e si percuoteva con delle pietre, perché è così che il diavolo agisce; ti fa fare cose che ti fanno del male, ti fa compiere azioni distruttive perché il suo godimento e vederti schiavo dei tuoi peccati, dei tuoi vizi.
Appena vede Gesù, lo riconosce e si getta ai suoi piedi, pregandolo di non scacciarlo da lì. Non pensate ad un diavolo poverino che può far pena, ma piuttosto alla falsità con la quale si pone. Non sta cercando com’ essere umano di sopravvivere, ma com’ essere diabolico, di continuare a colpire, di fare del male all’ uomo per colpire Dio e quello che succede dopo, ci deve far riflettere e non poco, sulla capacità del male di insinuarsi nella nostra vita.
Infatti, non è un solo spirito maligno, ma addirittura una legione di diavoli che si schiera davanti a Gesù, i quali, non potendo lottare contro di lui, lo implorarono di mandarli nei corpi d’alcuni porci che erano lì vicino.
Questo chiedere a Gesù il permesso per entrare in quei corpi mi porta a considerare che Dio permette le prove e per quanto scomodo sia dire questo, mi sembra e non solo in base a questa scrittura, ma anche ad altri passi della Bibbia, come il libro di Giobbe che io leggo ogni giorno, che questa sia una realtà con la quale dobbiamo fare i conti. Così fece e subito i porci si buttarono in mare e perirono.
Ed ecco che gli abitanti dell’ isola, avvisati dai mandriani, accorsero per vedere quello che era successo, e non ne furono per nulla felici, anzi, in un mondo in cui tutto è basato sugli interessi, quei maiali rappresentavano la ricchezza, ed allora, della salvezza di quell’ uomo non interessa a nessuno.
Gesù non riceve ringraziamenti e tutti gli chiedono di andarsene, perché non accettano la perdita dei loro averi . Nessuno è disposto a perdere le cose alle quali tiene, gli interessi valgono più della vita umana e questa è, purtroppo la vita di tutti i giorni. La triste realtà con la quale ci scontriamo nel mondo d’oggi, ma che a quanto pare, di sempre!
Quando pensiamo ai comandamenti di Dio, ci viene naturale dire di essere cristiani, in fondo non ammazziamo, non rubiamo, andiamo a messa.... ma già al primo comandamento, se siamo onesti e sinceri, sappiamo di avere molti altri idoli che vengono prima di Dio, proprio come i Geràseni.
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sabato 30 gennaio 2016

(Lc 4,21-30) Gesù come Elia ed Eliseo è mandato non per i soli Giudei.

VANGELO DI DOMENICA 31 GENNAIO 2016
(Lc 4,21-30) Gesù come Elia ed Eliseo è mandato non per i soli Giudei.
+ Dal Vangelo secondo Luca
In quel tempo, Gesù cominciò a dire nella sinagoga: «Oggi si è compiuta questa Scrittura che voi avete ascoltato».
Tutti gli davano testimonianza ed erano meravigliati delle parole di grazia che uscivano dalla sua bocca e dicevano: «Non è costui il figlio di Giuseppe?». Ma egli rispose loro: «Certamente voi mi citerete questo proverbio: “Medico, cura te stesso. Quanto abbiamo udito che accadde a Cafàrnao, fallo anche qui, nella tua patria!”». Poi aggiunse: «In verità io vi dico: nessun profeta è bene accetto nella sua patria. Anzi, in verità io vi dico: c’erano molte vedove in Israele al tempo di Elìa, quando il cielo fu chiuso per tre anni e sei mesi e ci fu una grande carestia in tutto il paese; ma a nessuna di esse fu mandato Elìa, se non a una vedova a Sarèpta di Sidòne. C’erano molti lebbrosi in Israele al tempo del profeta Eliseo; ma nessuno di loro fu purificato, se non Naamàn, il Siro».
All’udire queste cose, tutti nella sinagoga si riempirono di sdegno. Si alzarono e lo cacciarono fuori della città e lo condussero fin sul ciglio del monte, sul quale era costruita la loro città, per gettarlo giù. Ma egli, passando in mezzo a loro, si mise in cammino.
Parola del Signore.



LA MIA RIFLESSIONE
PREGHIERA
O Signore, tienimi accanto, entrami dentro il cuore e porta la luce della tua parola, perché anch' io possa vedere, le meraviglie del tuo amore.
A volte mi addolora vedere quante persone ancora dubitano, quante dicono di non credere, o quante dicono di credere, ma si comportano nella realtà come se Gesù non avesse mai parlato.
Le sue parole risuonano nella sinagoga, oggi nella Chiesa, eppure sembra che in pochi le ascoltino per farle proprie e metterle in pratica.
Sono più le lotte, i diverbi, le dispute che si propagano nelle comunità cristiane, che l' amore, la misericordia e la carità.
Vediamo persone che sembrano non aver capito nulla di Cristo, eppure si arrogano il diritto di criticare e giudicare gli altri. Vediamo altre persone, miti ed umili di cuore, che servono in silenzio, senza vantarsi di fare in continuazione.
Gesù è venuto, ha parlato e molti, che si sentono i primi nel tempio, continuano a seminare zizzania.
Preghiamo per noi e per loro,per non lasciare che queste cose ci coinvolgano, ma lasciamoci penetrare fino in fondo dalla parola di Gesù; ne va la nostra salvezza!
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venerdì 29 gennaio 2016

(Mc 4,35-41) Chi è costui, che anche il vento e il mare gli obbediscono?

VANGELO DI SABATO 30 GENNAIO 2016
(Mc 4,35-41) Chi è costui, che anche il vento e il mare gli obbediscono?
+ Dal Vangelo secondo Marco
In quel medesimo giorno, venuta la sera, Gesù disse ai suoi discepoli: «Passiamo all’altra riva». E, congedata la folla, lo presero con sé, così com’era, nella barca. C’erano anche altre barche con lui. Ci fu una grande tempesta di vento e le onde si rovesciavano nella barca, tanto che ormai era piena. Egli se ne stava a poppa, sul cuscino, e dormiva. Allora lo svegliarono e gli dissero: «Maestro, non t’importa che siamo perduti?». Si destò, minacciò il vento e disse al mare: «Taci, càlmati!». Il vento cessò e ci fu grande bonaccia. Poi disse loro: «Perché avete paura? Non avete ancora fede?». E furono presi da grande timore e si dicevano l’un l’altro: «Chi è dunque costui, che anche il vento e il mare gli obbediscono?».
Parola del Signore.





LA MIA RIFLESSIONE

PREGHIERA
Signore mio, donami la tua luce, per capire come applicare nella mia vita la tua parola, perché possa portarti con me nella vita di tutti i giorni. Amen.
Questa pagina del Vangelo, ha molte sfaccettature, guardiamo per prima cosa il fatto in se stesso: c’è una barca sulla quale far salire Gesù, immaginiamo che questa barca sia la nostra vita e viviamola con Gesù nel cuore. Poi vediamo che Marco ci parla anche di altre barche che si trovavano in quel mare, e che andavano tutte dalla stessa parte, verso l’altra sponda; questo mi fa pensare ad altre persone che come noi cristiani vivono la loro vita cercando di andare verso l’altra sponda come noi. Poi arriva la tempesta, e qual è quella vita in cui non c’è qualche difficoltà, più o meno grave. Avere Gesù nella propria vita, non ci rende immuni da momenti difficili, o addirittura da croci che sembrano insormontabili, perché Gesù non è un amuleto, o un portafortuna, ma come vediamo nella scena che l’evangelista ci presenta, nella difficoltà, i discepoli lo chiamano, lo invocano, gli chiedono aiuto. E gli altri, quelli che non sono sulla barca con lui, gioiscono anche loro dell’intervento divino, non vengono esclusi, eppure Gesù comanda la natura, ordina alle acque di chetarsi, poteva farlo solo per la sua barca, ma è evidente che non vuole escludere nessuno. La domanda dei discepoli: “Maestro, ma non ti importa se siamo perduti ?” Non rimane senza risposta, è in quel momento che Gesù interviene solo dopo la richiesta dei discepoli. Il libero arbitrio che Dio ci ha dato, la libertà di decidere spingono Gesù ad intervenire nella nostra vita solo dopo la nostra richiesta, dopo la nostra preghiera e ci chiede perché abbiamo paura se lui è nella nostra vita, non abbiamo forse abbastanza fede? È infatti questo il punto, se il Signore guida le nostre azioni, la nostra vita, non dobbiamo temere nulla, non sarà il mondo terreno quello a cui faremo riferimento, ma il regno dei cieli che è già entrato a pieno diritto nella nostra vita.
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giovedì 28 gennaio 2016

(Mc 4,26-34) L’uomo getta il seme e dorme; il seme germoglia e cresce. Come, egli stesso non lo sa.

VANGELO
(Mc 4,26-34) L’uomo getta il seme e dorme; il seme germoglia e cresce. Come, egli stesso non lo sa.


+ Dal Vangelo secondo Marco


In quel tempo, Gesù diceva [alla folla]: «Così è il regno di Dio: come un uomo che getta il seme sul terreno; dorma o vegli, di notte o di giorno, il seme germoglia e cresce. Come, egli stesso non lo sa. Il terreno produce spontaneamente prima lo stelo, poi la spiga, poi il chicco pieno nella spiga; e quando il frutto è maturo, subito egli manda la falce, perché è arrivata la mietitura».
Diceva: «A che cosa possiamo paragonare il regno di Dio o con quale parabola possiamo descriverlo? È come un granello di senape che, quando viene seminato sul terreno, è il più piccolo di tutti i semi che sono sul terreno; ma, quando viene seminato, cresce e diventa più grande di tutte le piante dell’orto e fa rami così grandi che gli uccelli del cielo possono fare il nido alla sua ombra».
Con molte parabole dello stesso genere annunciava loro la Parola, come potevano intendere. Senza parabole non parlava loro ma, in privato, ai suoi discepoli spiegava ogni cosa.


Parola del Signore


LA MIA RIFLESSIONE
PREGHIERA
Signore mio, datore dello Spirito Santo, aiutami a capire e attuare nella mia vita, quello che tu mi insegni col vangelo. Amen.
Gesù, si esprime con parabole, ma non perché ci vuole complicare la vita, ma per semplificarcela.
Tutto quello che lui insegna, è nuovo agli occhi dei suoi discepoli e della gente che lo ascolta, eppure ci parla di una legge antica, nata con la fede in un unico Dio, la fede dei patriarchi, non è che ci volesse insegnare una nuova religione, ma sembra tutto così nuovo, perché è con la sua venuta che ha fatto nuove tutte le cose.
È il maestro che ci parla, che ci guida con amore verso la comprensione delle sue parole, che ci prende per mano e ci conduce nel regno di Dio.
Nella parabola, ci tranquillizza parlando del seme che cresce e germoglia pur senza il controllo del contadino, e lo fa perché vuole che non ci affanniamo a pensare a ragionare, a cercare di voler essere noi che mettiamo a frutto i suoi insegnamenti, ma verrà tutto naturalmente, noi dobbiamo solo essere terra buona dove far seminare la sua parola, il resto verrà con i tempi ed i modi che al Signore piaceranno, senza voler essere noi a guidare, ma affidandoci a Lui.
Non preoccupiamoci dunque della nostra piccolezza, del nostro essere ignoranti e miseri, ma diamo al Signore la possibilità di far crescere in noi una grande fede e vedremo meraviglie.
Quello che conta, non è chi siamo, ma quanto siamo disposti a far posto al Signore nella nostra vita, sarà questo che ci farà crescere nella fede e trasformerà la nostra vita in un turbine di emozioni e di amore e migliorerà non solo la nostra vita, ma anche quella delle persone che verranno in contatto con noi, perché la fede vera, ha una luce particolare, che attira chi la intravede nelle nostre parole e nelle nostre azioni.
Quello che conta, non è chi siamo, ma quanto siamo disposti a far posto al Signore; sarà questo che ci farà crescere nella fede e trasformerà la nostra vita in un turbine di emozioni e di amore e migliorerà non solo la nostra vita, ma anche quella delle persone che verranno in contatto con noi, perché la fede vera, ha una luce particolare, che attira chi la intravede nelle nostre parole e nelle nostre azioni.
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mercoledì 27 gennaio 2016

(Mc 4,21-25) La lampada viene per essere messa sul candelabro. Con la misura con la quale misurate sarà misurato a voi.

VANGELO
(Mc 4,21-25) La lampada viene per essere messa sul candelabro. Con la misura con la quale misurate sarà misurato a voi.


+ Dal Vangelo secondo Marco


In quel tempo, Gesù diceva [alla folla]: «Viene forse la lampada per essere messa sotto il moggio o sotto il letto? O non invece per essere messa sul candelabro? Non vi è infatti nulla di segreto che non debba essere manifestato e nulla di nascosto che non debba essere messo in luce. Se uno ha orecchi per ascoltare, ascolti!».
Diceva loro: «Fate attenzione a quello che ascoltate. Con la misura con la quale misurate sarà misurato a voi; anzi, vi sarà dato di più. Perché a chi ha, sarà dato; ma a chi non ha, sarà tolto anche quello che ha».


Parola del Signore.


LA MIA RIFLESSIONE
PREGHIERA
Signore mio, luce della mia vita, fa che io possa saper attingere alla luce del tuo Spirito e sappia riflettere con le mie parole e la mia vita la tua luce. Per Cristo,nostro Signore. Amen!
Bellissimo questo brano, oserei dire .... illuminante!
E cosa c' è di più illuminante della parola Di Dio, della luce dello Spirito che ci parla ogni giorno da sempre.
Vivere il vangelo, vivere la parola, ci portano a vedere tutto con occhi diversi, con gli occhi dell' amore, perchè è Gesù che per primo ci ha amato, talmente tanto da riuscire a trasmettere quell' amore anche a noi.
Se questa trasmissione non avviene, vuol dire che c'è ancora in noi qualcosa del vecchio uomo che non vuole andare via, forse qualche piccolissima cosa che non riusciamo ad individuare, ed ecco che non ci sentiamo degni abbastanza per poter manifestare la nostra fede .... la teniamo nascosta, come una lampada tenuta spenta.
Amici miei, nessuno è perfetto, e come si dice a Roma, nessuno nasce imparato, quella lampada dobbiamo tenerla davanti a noi , perchè prima di tutto illumini il nostro cammino, in maniera che ci faccia vedere per primi i nostri errori, il nostro peccato.
Una volta individuato, estirpiamolo con l' aiuto del Signore, con la preghiera a Lui e con la nostra volontà di essere migliori, allora daremo il buon esempio, saremo coerenti con le nostre parole. Se qualcuno ci muove delle critiche, non ci arrabbiamo, ma valutiamo bene, perchè può darsi che abbia un filo di ragione; io adoro chi mi riprende quando sbaglio, se anche non lo facesse con amore, sta sicuramente facendo il mio bene, mi fa vedere le cose dal suo punto di vista, e liberato il cuore, alla luce, posso vedere se c' è un fondo di verità al quale attingere per migliorare.
La parola del Signore ci faccia arrivare ad essere migliori, ad amare anche il nostro errore perchè ci fa crescere, ed allora saremo sempre più lucenti, sempre un pochino di più, fino a riflettere la luce del Signore.
La fede è un dono meraviglioso, è la nostra lampada, non teniamola nascosta in casa, usciamo fuori, dove anche un cerino può indicare la strada nel buio di chi è lontano e disperato.
Donaci Signore una fede che non barcolla, un amore che non traballa, un coraggio che conti su di Te che sempre verrai in nostro aiuto. Fa che non temiamo assalti, ma che sappiamo amare le nostre abiezioni e che ricordiamo SEMPRE che se qualcosa di buono riusciamo a fare, è solo una tua grazia.
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martedì 26 gennaio 2016

(Mc 4,1-20) Il seminatore uscì a seminare.

VANGELO DI MERCOLEDì 27 GENNAIO 2016
(Mc 4,1-20) Il seminatore uscì a seminare.
+ Dal Vangelo secondo Marco
In quel tempo, Gesù cominciò di nuovo a insegnare lungo il mare. Si riunì attorno a lui una folla enorme, tanto che egli, salito su una barca, si mise a sedere stando in mare, mentre tutta la folla era a terra lungo la riva.
Insegnava loro molte cose con parabole e diceva loro nel suo insegnamento: «Ascoltate. Ecco, il seminatore uscì a seminare. Mentre seminava, una parte cadde lungo la strada; vennero gli uccelli e la mangiarono. Un’altra parte cadde sul terreno sassoso, dove non c’era molta terra; e subito germogliò perché il terreno non era profondo, ma quando spuntò il sole, fu bruciata e, non avendo radici, seccò. Un’altra parte cadde tra i rovi, e i rovi crebbero, la soffocarono e non diede frutto. Altre parti caddero sul terreno buono e diedero frutto: spuntarono, crebbero e resero il trenta, il sessanta, il cento per uno». E diceva: «Chi ha orecchi per ascoltare, ascolti!».
Quando poi furono da soli, quelli che erano intorno a lui insieme ai Dodici lo interrogavano sulle parabole. Ed egli diceva loro: «A voi è stato dato il mistero del regno di Dio; per quelli che sono fuori invece tutto avviene in parabole, affinché guardino, sì, ma non vedano, ascoltino, sì, ma non comprendano, perché non si convertano e venga loro perdonato».
E disse loro: «Non capite questa parabola, e come potrete comprendere tutte le parabole? Il seminatore semina la Parola. Quelli lungo la strada sono coloro nei quali viene seminata la Parola, ma, quando l’ascoltano, subito viene Satana e porta via la Parola seminata in loro. Quelli seminati sul terreno sassoso sono coloro che, quando ascoltano la Parola, subito l’accolgono con gioia, ma non hanno radice in se stessi, sono incostanti e quindi, al sopraggiungere di qualche tribolazione o persecuzione a causa della Parola, subito vengono meno. Altri sono quelli seminati tra i rovi: questi sono coloro che hanno ascoltato la Parola, ma sopraggiungono le preoccupazioni del mondo e la seduzione della ricchezza e tutte le altre passioni, soffocano la Parola e questa rimane senza frutto. Altri ancora sono quelli seminati sul terreno buono: sono coloro che ascoltano la Parola, l’accolgono e portano frutto: il trenta, il sessanta, il cento per uno».
Parola del Signore




LA MIA RIFLESSIONE
PREGHIERA
Ti prego Spirito Santo, penetra nel mio piccolo cuore e riempilo di sapienza divina, fammi comprendere, attuare e vivere la tua parola; sii tu la mia vita in me. Grazie. Amen.
La parabola che Gesù ci offre oggi da ascoltare, è proprio rivolta a noi.
Siamo noi quel popolo che sta ascoltando la parola del Signore, seduto sulla barca, egli è lì, ci sta spiegando che la sua missione è quella di farci capire che l’ amore deve venire prima di tutto. Ce lo sta dicendo in tutti i modi, e ce lo ripete da 2000 anni, che su quello che egli ha fatto per noi, è basata la nostra salvezza..... e noi ?
Noi siamo terra arida su cui il seme della sua parola muore o siamo terra morbida su cui riesce a germogliare?
Ci facciamo distrarre dalle mille cose, per cui tutto quello che sentiamo, ci sfiora appena? Oppure ancora, crediamo di aver capito tutto e alla prima difficoltà ci tiriamo subito indietro?
Molti si fermano vicino a Gesù e lo ascoltano. Alcuni lo seguono per un po', ricalcano le sue orme.
Le difficoltà non mancano alcuni continuano a stare lì, aggrappati a quella parola di salvezza, e non si scoraggiano.
Forse troppo pochi, forse più di quello che sembra, o forse meno di quello che sembra… sapete perché uso questo “sembra”, perché nessuno di noi può sapere chi veramente segue Gesù nel suo cammino, nessuno di noi comprende quello che è veramente nel cuore dell'uomo e tanto meno il disegno di Dio per ognuno di noi.
Ho sempre in mente le parole di Gesù: " Padre, perdona loro, perchè non sanno quello che fanno! "
Questa frase mi fa comprendere che noi non possiamo capire il ero senso delle cose, ci fermiamo alle apparenze e allora penso che tutti dovremmo provare a percorrere la nostra strada, e se capita, potremmo dare una mano a chi ci è accanto, pensando solo a seminare in abbondanza, senza curarci del raccolto.
Chissà, magari quel seme cresce nel cuore del nostro fratello, ma se lo vediamo soffocare da incertezze e pregiudizi, preghiamo perché la nostra azione non termina lì, ma continua con la preghiera perchè lo Spirito del Signore agisca su di lui e lo aiuti a liberarsi.
Chi ha ricevuto il dono della fede, non si senta superiore agli altri, ma servo degli altri, altrimenti, non sta seguendo Gesù, ma sta camminando per conto suo. Vivere la fede vuol dire anche vivere il perdono, non giudicare, non escludere, non condannare, amare tutti i fratelli, anche quelli che ci fanno del male.
Lo so che è difficile, che inciampiamo in continuazione su noi stessi, sui nostri peccati e sulla nostra superbia che non ci fa vedere dove sbagliamo noi, ma che mette ben in risalto i difetti degli altri. Preghiamo per restare con i piedi ben piantati per terra, per sprofondare nelle impronte di Gesù, e non lamentiamoci sempre di non essere capiti, di essere feriti, ma ringraziamo il cielo di queste opportunità che ci faranno crescere in umiltà e grazia.
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