giovedì 21 novembre 2013

SANTI é BEATI :

Santa Cecilia Vergine e martire
sec. II-III
Al momento della revisione del calendario dei santi tra i titolari delle basiliche romane solo la memoria di santa Cecilia è rimasta alla data tradizionale. Degli altri molti sono stati soppressi perché mancavano dati o anche indizi storici riguardo il loro culto. Anche riguardo a Cecilia, venerata come martire e onorata come patrona dei musicisti, è difficile reperire dati storici completi ma a sostenerne l'importanza è la certezza storica dell'antichità del suo culto. Due i fatti accertati: il «titolo» basilicale di Cecilia è antichissimo, sicuramente anteriore all'anno 313, cioè all'età di Costantino; la festa della santa veniva già celebrata, nella sua basilica di Trastevere, nell'anno 545. Sembra inoltre che Cecilia venne sepolta nelle Catacombe di San Callisto, in un posto d'onore, accanto alla cosiddetta «Cripta dei Papi», trasferita poi da Pasquale I nella cripta della basilica trasteverina. La famosa «Passio», un testo più letterario che storico, attribuisce a Cecilia una serie di drammatiche avventure, terminate con le più crudeli torture e conclusesi con il taglio della testa. (Avvenire)
Patronato: Musicisti, Cantanti
Etimologia: Cecilia = dal nome di famiglia romana
Emblema: Giglio, Organo, Liuto, Palma

Martirologio Romano: Memoria di santa Cecilia, vergine e martire, che si tramanda abbia conseguito la sua duplice palma per amore di Cristo nel cimitero di Callisto sulla via Appia. Il suo nome è fin dall’antichità nel titolo di una chiesa di Roma a Trastevere.
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Tutti i fondatori, uomini e donne, dei " titoli " delle basiliche romane sono stati soppressi nel Calendario universale della Chiesa, perché non si può affermare che siano stati Martiri o confessori della fede, ma soltanto persone benefiche che hanno donato alla Chiesa le case o i palazzi diventati più tardi basiliche.
Soltanto il nome di Santa Cecilia è restato alla data tradizionale.
Moltissimi antichi Martiri, che presentavano gravi difficoltà storiche, sono stati anch'essi soppressi in occasione della revisione del Calendario. Non perché si possa affermare che tali Santi non siano esistiti, ma perché la loro esistenza non è suffragata da prove storiche abbastanza consistenti e convincenti.
Soltanto la memoria di Santa Cecilia è stata conservata, per quanto anche la sua figura presenti simili gravi difficoltà storiche.
Si dice - ma è soltanto un " si dice " - che questa doppia eccezione nei confronti di Santa Cecilia, sia do-vuta a una particolare insistenza, in occasione del Concilio ecumenico Vaticano Il, del Papa Giovanni XXIII.
Ed è certo che, senza il nome di Santa Cecilia, venerata come Martire e onorata come patrona dei musicisti, il Calendario sarebbe risultato un po' più povero, mentre il rigore storico non avrebbe guadagnato un gran che. Perché due fatti almeno sono certi ed eloquenti: che il " titolo " basilicale di Cecilia è antichissimo, sicuramente anteriore all'anno 313, cioè all'età di Costantino. E che la festa della Santa veniva già celebrata, nella sua basilica di Trastevere, nell'anno 545.
Altra circostanza non priva di significato è che Cecilia venne sepolta nelle Catacombe di San Callisto, in un posto d'onore, accanto alla cosiddetta " Cripta dei Papi ". Più tardi, il Papa Pasquale I, grande devoto della Santa, ne trasferì il corpo nella cripta della basilica trasteverina.
Alla fine del '500, il sarcofago venne aperto, e il corpo della Santa apparve in eccezionale stato di conservazione, avvolto in un abito di seta e d'oro. Il Maderna scolpì allora la celebre statua in marmo, a fedele riproduzione - così si disse - dell'aspetto e della posizione del corpo dell'antica Martire.
Tutto il resto è opinabile, sul conto della donna devota che dette il proprio nome alla basilica romana, e che probabilmente regalò alla Chiesa un fabbricato di sua proprietà; sulla fanciulla alla quale una celebre passione -che è però un testo letterario più che storico - attribuisce una serie di drammatiche avventure, terminate con le più crudeli torture e conclusesi con il taglio della testa, che tre colpi di spada non riuscirono a distaccare.
Resterebbe da spiegare come mai, dalla fine del Medioevo, la Santa Romana sia stata considerata musicista e patrona di musicisti, quale è ormai universalmente nota. Anche ciò si spiega con un passo della leggendaria Passione, in cui si dice che " mentre gli organi suonavano, ella cantava nel suo cuore soltanto per il Signore ".
Nella stessa maniera, non soltanto i musicisti, ma tutte le creature dovrebbero, prima d'ogni altra cosa, dar lode a Dio datore di tutte le grazie, compresa quella dell'arte.


(Lc 19,45-48) Avete fatto della casa di Dio un covo di ladri.

VANGELO 
(Lc 19,45-48) Avete fatto della casa di Dio un covo di ladri.
+ Dal Vangelo secondo Luca


In quel tempo, Gesù, entrato nel tempio, si mise a scacciare quelli che vendevano, dicendo loro: «Sta scritto: “La mia casa sarà casa di preghiera”. Voi invece ne avete fatto un covo di ladri».Ogni giorno insegnava nel tempio. I capi dei sacerdoti e gli scribi cercavano di farlo morire e così anche i capi del popolo; ma non sapevano che cosa fare, perché tutto il popolo pendeva dalle sue labbra nell’ ascoltarlo.


Parola del Signore





LA MIA RIFLESSIONE
PREGHIERA
Vieni o Santo Spirito e inonda il mio cuore del tuo amore e della tua sapienza. Assistimi con la grazia dell' amore di Dio, che mi permette, benché indegna, di essere illuminata nella mente e nel cuore, perchè tu, o Signore, ami anche i poveri peccatori come me. 


Il tempio è la casa di Dio, la casa di preghiera per tutte le nazioni, ma Gesù vede che nel suo tempio si fa commercio, che ci sono venditori di colombe, che pensano ai loro interessi invece che a quelli di Dio.
Come sembra attuale questa parola!
L'uomo rimane sempre lo stesso, anche dopo millenni dalla venuta di Gesù, non è cambiato molto, come se la salvezza non ci riguardasse, come se potessimo raggiungerla per diritto o per una serie di pratiche da svolgere, come se la preghiera e la fede fossero una cambiale di cui esigere il pagamento.
Come vorrei che si potesse sempre trovare nelle nostre chiese chi insegna a pregare, chi si occupa dei fratelli, chi è disponibile all'ascolto, chi non giudica, chi aiuta gli anziani e i poveri; oggi, tranne alcune eccezioni, la Chiesa è tutt'altro, ma non dobbiamo avere paura, dobbiamo pregare e credere nella forza dello Spirito Santo, che molto spesso purtroppo, sottovalutiamo. 
Avere fede, chiedere, implorare il Signore e Lui farà di noi dei coraggiosi Cristiani, pronti a tutto, che saranno in grado di vincere sulle forze del male.
Anche se non è semplice cambiare, non dobbiamo pensare di non poter da soli combattere contro certi atteggiamenti, ma dobbiamo in primo luogo, riconoscerli anche in noi.
Preghiamo per la chiesa, per gli uomini e le donne di questa chiesa sballottata tra mille intemperie! 
Preghiamo per poter imparare a non cercare Gesù solo per curiosità, come tanti che lo seguivano e pendevano dalle sue labbra aspettando da Lui che gli cambiasse la vita.
Gesù ci ha insegnato come cambiare le nostre priorità, come seguirlo nell'amore, come trovare la pace e la serenità che cerchiamo inutilmente nel mondo, ma noi vorremmo solo che tutto fosse migliore, ma secondo le nostre regole.
Vorrei tanto Signore, poter fare del mio cuore una casa di preghiera, per questo ti chiedo di fermarti, di farmi vedere con il tuo Spirito di Sapienza, quali sono tutte le cose che intralciano il mio cammino verso il tuo altare, verso il tuo Volto Santo.

mercoledì 20 novembre 2013

VOCE DI SAN PIO :

-" Confortatevi poi, brava signora, confortatevi, poiché la mano del Signore a sorreggervi non si è abbreviata. Oh! sí, egli è il Padre di tutti, ma in modo singolarissimo egli lo è per gl’infelici, ed in modo assai piú singolare lo è per voi che siete vedova, e vedova madre." (AdFP, 466).

Presentazione della Beata Vergine Maria ( 21 Novembre)

-Presentazione della Beata Vergine Maria

21 novembre

Memoria mariana di origine devozionale, si collega a una pia tradizione attestata dal protovangelo di Giacomo. La celebrazione liturgica, che risale al secolo VI in Oriente e al secolo XIV in Occidente, dà risalto alla prima donazione totale che Maria fece di sé, divenendo modello di ogni anima che si consacra al Signore. (Mess. Rom.)

Martirologio Romano: Memoria della Presentazione della beata Vergine Maria. Il giorno dopo la dedicazione della basilica di Santa Maria Nuova costruita presso il muro del tempio di Gerusalemme, si celebra la dedicazione che fece di se stessa a Dio fin dall’infanzia colei che, sotto l’azione dello Spirito Santo, della cui grazia era stata riempita già nella sua immacolata concezione, sarebbe poi divenuta la Madre di Dio.

La memoria odierna della Presentazione della Beata Vergine Maria ha un'importanza notevole, non solo perchè in essa vien commemorato uno dei misteri della vita di Colei che Dio ha scelto come Madre del Suo Figlio e come Madre della Chiesa, nè soltanto perchè in questa 'presentazione' di Maria vien richiamata la 'presentazione' al Padre celeste di Cristo e, anzi, di tutti i cristiani, ma anche perchè essa costituisce un gesto concreto di ecumenismo, di dialogo con i nostri fratelli dell'Oriente. Questo emerge con chiarezza sia dalla nota di commento degli estensori del nuovo calendario sia dalla nota della Liturgia delle Ore, che dice: 'In questo giorno della dedicazione (543) della chiesa di S. Maria Nuova, costruita presso il tempio di Gerusalemme, celebriamo insieme ai cristiani d'oriente quella 'dedicazione' che Maria fece a Dio di se stessa fin dall'infanzia, mossa dallo Spirito Santo, della cui grazia era stata ricolma nella sua immacolata concezione'. Il fatto della presentazione di Maria al tempio, com'è, noto, non è narrato in nessun passo dei testi sacri, mentre viene proposto con abbondanza di particolari dagli apocrifi, cioè da quegli scritti molto antichi e per tanti aspetti analoghi ai libri della Bibbia, che tuttavia sempre la Chiesa ha rifiutato di considerare come ispirati da Dio e quindi come Sacra Scrittura. Or secondo tali apocrifi, la presentazione di Maria al tempio non avvenne senza pompa: sia nel momento della sua offerta che durante la permanenza nel tempio si verificarono alcuni fatti prodigiosi: Maria, secondo la promessa fatta dai suoi genitori, fu condotta nel tempio a tre anni, accompagnata da un gran numero di fanciulle ebree che tenevano delle torce accese, col concorso delle autorità gerosolimitane e tra il canto degli angeli. Per salire al tempio vi erano quindici gradini, che Maria salì da sola, benchè tanto piccola. Gli apocrifi dicono ancora che Maria nel tempio si alimentava con un cibo straordinario recatole direttamente dagli Angeli e che ella non risiedeva con le altre bambine ma addirittura nel 'Sancta Sanctorum' (che veniva invece "visitato" una sola volta all'anno dal solo Sommo Sacerdote).
La realtà della presentazione di Maria dovette essere molto più modesta e insieme più gloriosa. Fu infatti anche attraverso questo servizio al Signore nel tempio, che Maria preparò il suo corpo, ma soprattutto la sua anima, ad accogliere il Figlio di Dio, attuando in se stessa la parola di Cristo: 'Beati piuttosto coloro che ascoltano la parola di Dio e la osservano'.


Autore: Piero Bargellini

SANTI é BEATI :

- Beata Francesca Siedliska (Maria di Gesù Buon Pastore) Fondatrice

21 novembre

Roszkowa Wala (Varsavia), 12 novembre 1842 – Roma, 21 novembre 1902

Nacque presso Varsavia in Polonia il 12 novembre 1842. Attorno al 1860 prese piena coscienza della sua vocazione alla vita religiosa. Una chiamata che non trovò il favore della famiglia. Nonostante fosse di salute cagionevole dovette seguire i genitori in diverse località europee. Nel 1873 padre Leandro Lendzian, sua guida spirituale, disse a Francesca che scorgeva in lei la chiamata a fondare una famiglia religiosa. Progetto al quale la giovane si mise subito a lavorare. Il 1° ottobre 1873, fu ricevuta dal Papa che approvò l'idea della fondazione delle «Suore della Sacra Famiglia di Nazareth», la cui casa madre fu stabilita a Roma. Il 1° maggio 1884 la fondatrice e le prime compagne fecero la professione religiosa; Francesca prese il nome di suor Maria di Gesù Buon Pastore. Ebbe inizio così un'intensa attività di evangelizzazione che portò la fondatrice anche in America, Inghilterra, Francia, Polonia. Morì il 21 novembre 1902 morì. È stata beatificata a Roma il 23 aprile 1989. (Avvenire)

Martirologio Romano: A Roma, beata Maria di Gesù Buon Pastore (Francesca) de Siedliska, vergine, che, partita dalla Polonia per motivi politici, fondò l’Istituto delle Suore della Santa Famiglia di Nazareth per provvedere agli emigrati dalla sua patria.

A leggere la biografia della beata Maria di Gesù Buon Pastore, al secolo Francesca Siedliska, si resta meravigliati di fronte al gran numero di km percorsi in numerosi viaggi in tutta Europa e negli USA, che impegnarono buona parte della sua vita religiosa e usando i mezzi di trasporto, non certamente veloci e confortevoli di fine Ottocento.
Francesca Siedliska, nacque nel castello di Roszkowa Wala presso Varsavia in Polonia il 12 novembre 1842, primogenita dei coniugi Adolfo Siedliska e Cecilia di Morawska, discendenti da antica nobiltà polacca; la zona della Polonia ove abitavano, era allora sotto la protezione dello Zar di Russia e venti anni dopo nel 1863, fu incorporata nell’impero dello zar.
Crebbe con l’affetto dei genitori, preoccupati però più della sua salute non florida e della sua formazione culturale, che da quella di dargli una educazione religiosa.
In un ambiente imbevuto di indifferenza religiosa, propria della filosofia di quel tempo, Francesca cominciò a conoscere Dio attraverso un’istitutrice molto brava e colta, che le insegnò anche a pregare; ma la morte improvvisa di questa istitutrice, la privò del suo sostegno spirituale.
Successivamente una parente materna la preparò alla prima confessione; poi la madre si ammalò gravemente e Francesca angosciata, ebbe la forza d’implorare la Madonna per la sua guarigione, che avvenne di lì a poco.
Proprio in questo periodo, quando Francesca assisteva la madre ospitata a Varsavia dal nonno, incontrò nel novembre 1854 il padre cappuccino Leandro Lendzian di origine lituana e fra i due s’instaurò una intesa spirituale, che lei considerò il “momento della mia conversione; mi recai dal padre come una pagana, vuota di Dio e del Suo amore, tornai illuminata nell’amore”.
Poi con le tappe della Prima Comunione fatta il 1° maggio 1855; della dura Quaresima del 1860 vissuta da lei con profondo spirito ascetico; del drammatico confronto con il padre che voleva farla sposare e inserirla nell’ambiente dell’alta società, Francesca Siedliska prese sempre più coscienza della vocazione religiosa che man mano era maturata in lei.
Nel 1860 seguì i suoi genitori che dovettero recarsi in Svizzera, nel Tirolo, in Germania e in Francia; ma la salute forse anche per lo strapazzo dei viaggi, cominciò a declinare con preoccupazione, tanto da far temere una tubercolosi, male che imperversava in quell’epoca.
Nell’autunno del 1860 la madre l’accompagnò per cure a Merano, poi in Svizzera e infine a Cannes in Francia, dove nel 1868 anche il padre le raggiunse per fuggire l’insurrezione polacca; l’incontro della famiglia con il resurrezionista Hube, portò alla conversione del padre Adolfo.
Seguì un periodo di pace per la famiglia, proseguito anche dopo il ritorno in Polonia nel 1865 e fino alla morte del padre nel 1870.
Sempre con la guida spirituale di padre Leandro Lendzian, Francesca coltivò la sua aspirazione a consacrarsi interamente a Dio, ostacolata però dalla malferma salute.
Il 12 aprile 1873, aveva 31 anni, padre Leandro le disse chiaramente che era volontà di Dio, che iniziasse la fondazione di una nuova famiglia religiosa.
Sebbene stupita della richiesta, non oppose resistenze e cominciò l’opera suggeritole; a lei si unirono in un primo momento la madre, colpita da tempo dalla spiritualità della figlia e da due anziane terziarie francescane appartenute ad una estinta comunità di Lublino.
La nuova comunità doveva essere dedita alla adorazione del Ss. Sacramento, all’imitazione della vita di Maria Vergine a Nazareth, all’educazione catechistica dei fanciulli; a causa dell’opposizione del Governo russo, non si poteva aprire nella Polonia di allora la Casa-madre, allora Francesca Siedliska partì per Roma a sottoporre il programma della nuova Congregazione al papa Pio IX.
Il 1° ottobre 1873, fu ricevuta dal Pontefice che approvò l’idea della fondazione delle “Suore della Sacra Famiglia di Nazareth”; a questo punto ritornata in Polonia, si ripropose la scelta di un luogo dove stabilirsi; andò in Francia a Lourdes, ma poi decise di fondare il suo Nazareth a Roma e nel 1874 vi ritornò, ed ebbe come consigliere il Generale dei Resurrezionisti padre Semenko.
Acquistò una piccola casa in via Merulana dove si stabilì, in seguito la Casa-madre fu fissata definitivamente in via Macchiavelli.
L’ideale ascetico della fondazione maturò a Loreto nel 1875, cioè imitare la vita nascosta e tutte le virtù della Sacra Famiglia di Nazareth; il periodo dal 1873 al 1876 fu detto “la primavera della Congregazione”, la prima domenica di Avvento del 1875, ebbe luogo la fondazione del nuovo Istituto, con le prime novizie arrivate dalla Polonia, le tre sorelle Wanda, Laura e Felicità Lubowidzki.
Nel 1881 fondò una nuova casa a Cracovia in Polonia; il 1° maggio 1884 la fondatrice e le prime compagne fecero la professione religiosa e in quest’occasione Francesca prese il nome di suor Maria di Gesù Buon Pastore.
Volendo estendere gli scopi della Congregazione anche alle famiglie polacche emigranti negli Stati Uniti, nel 1885, 1889 e 1896, vi si recò aprendo tre Case a Chicago e diffondendo le suore dappertutto; nel 1892 era a Parigi, dove aprì una Casa, nel 1895 fece lo stesso a Londra.
Intanto preparava le Costituzioni, in cui la Congregazione dichiarava, che suo fine principale era ricondurre le anime alla verità e di far conoscere ed amare la Chiesa di Gesù attraverso queste opere: istruzione religiosa dei catecumeni israeliti, protestanti e scismatici, ritiri spirituali per le signore, insegnamento della dottrina cristiana e della storia della Chiesa alle giovani, preparazione dei fanciulli alla Prima Comunione.
Le Costituzioni ritoccate e ampliate, furono definitivamente approvate dalla Santa Sede nel 1923, più di 20 anni dopo la morte della Fondatrice.
Madre Maria di Gesù Buon Pastore, continuò la sua opera amorevole verso le suore, specie quelle ammalate che curava e serviva personalmente; per confortare, spronare e consigliare le suore, intraprese altri viaggi in Inghilterra, Francia, Polonia.
Ma la sua forte fibra cominciò a cedere per le fatiche, i viaggi, le preoccupazioni e le tante malattie, tanto che acconsentì al consiglio dei medici e andò a trascorrere un periodo di riposo presso le Benedettine di Subiaco, tornando a Roma il 16 ottobre 1902.
Il 15 novembre fu colpita da peritonite acuta e il 21 novembre 1902 morì santamente, fra il compianto delle sue figlie, aveva 60 anni.
La sua tomba si trova nella Cappella della Casa Generalizia delle Suore della Sacra Famiglia di Nazareth in Roma.
Suor Maria di Gesù Buon Pastore Siedliska, è stata beatificata a Roma il 23 aprile 1989 da papa Giovanni Paolo II; la sua festa liturgica è il 21 novembre.

(Lc 19,41-44) Se avessi compreso quello che porta alla pace!

VANGELO 
(Lc 19,41-44) Se avessi compreso quello che porta alla pace!
+ Dal Vangelo secondo Luca

In quel tempo, Gesù, quando fu vicino a Gerusalemme, alla vista della città pianse su di essa dicendo:
 
«Se avessi compreso anche tu, in questo giorno, quello che porta alla pace! Ma ora è stato nascosto ai tuoi occhi.
 
Per te verranno giorni in cui i tuoi nemici ti circonderanno di trincee, ti assedieranno e ti stringeranno da ogni parte; distruggeranno te e i tuoi figli dentro di te e non lasceranno in te pietra su pietra, perché non hai riconosciuto il tempo in cui sei stata visitata».

Parola del Signore



LA MIA RIFLESSIONE
PREGHIERA
Vieni o Spirito di Dio, e illumina il mio cuore e la mia mente, fa che la parola del Signore sia presente in tutto il suo significato, come tu vuoi. Per Cristo nostro Signore.

Quanta tristezza nel cuore di Gesù, quanto dolore, vedersi rifiutato, vedere che è tutto inutile, che non riesce ad entrare nel cuore degli uomini ed in particolar modo, in quelli del tempio, lo riempie d’angoscia. Non capiscono che non sarà nel tempio costituito tra le mura di Gerusalemme che troveranno la salvezza, perché, come tutto ciò che è materiale, sarà distrutto, ma in quello che sarà costituito dal suo corpo offerto sulla croce che non sarà mai distrutto, ma risorgerà dopo la morte.
Essere membra di quel corpo, vuol dire vivere con il Signore anche questa sofferenza per i fratelli che sì perdono, che si oppongono a Lui, che non riescono a vivere la salvezza che da Dio c’è proposta.
Non è rifugiandosi in una chiesa di mattoni che ci salveremo, ma vivendo in comunione con Cristo. Questo dobbiamo tenerlo presente, sempre, perché troppo spesso vediamo atteggiamenti di chiusura alla comprensione e alla carità, proprio da quelle persone che frequentano assiduamente il tempio e che invece di servire la comunità, amano essere considerati importanti, e questo è sintomo di estrema superbia.
Certi integralismi degli uomini, hanno allontanato i fedeli a loro affidati, come pecore ai pastori, dal cuore di Dio e non per rispetto al nome del Signore, ma per non voler perdere il potere e non saper vedere con quanto amore Dio è sceso tra i suoi figli e non sentire quanta e quale misericordia c’è nelle parole di Gesù che grazie alla sua chiesa ci sono state riferite dagli evangelisti.
Mi sembra di leggere questa grande amarezza nel cuore di Gesù, quella di chi parla d’amore, cerca di salvarci e riceve solo ingiurie e ostilità, perché sembra quasi che noi uomini di tutti i tempi, non riusciamo a capire che in quello che il Signore ci dice, non c’è un desiderio di sottometterci al suo nome, ma di elevarci nel suo Spirito.
Senza di Lui noi siamo preda del nostro nemico, che ci può distruggere e solo con Gesù potremo salvarci, col suo aiuto. Ho spesso davanti agli occhi la scena dei due ladroni crocefissi accanto a Gesù, quello che rifiuta fino alla fine di riconoscere in Cristo il figlio di Dio e muore da solo e quello che salva la sua vita morendo con lui e dicendo semplicemente, ricordati di me, quando sarai in paradiso.

martedì 19 novembre 2013

Mater Iubilaei - cantata da Tosca (con annotazioni sotto forma di sottot...

VOCE DI SAN PIO :

-" Coraggio, coraggio, i figli non sono chiodi! " (AP).

SANTI é BEATI :

San Bernoardo (Bernwardo) di Hildesheim Vescovo
Sassonia, ca. 960 - Hildesheim (Sassonia), 20 novembre 1022
Martirologio Romano: A Hildesheim nella Sassonia in Germania, san Bernvardo, vescovo, che difese il gregge dagli attacchi, rinnovò con numerosi sinodi la disciplina del clero e promosse la vita monastica.

Il vescovo metallurgico: si può chiamarlo anche così. Mentre studiava Scritture e dottrina della Chiesa, era attratto pure dall’arte di forgiare, fondere e modellare i metalli nelle fucine e botteghe artigiane di Hildesheim, forte centro di commerci nella Bassa Sassonia. Figlio di aristocratici, è nato quando il duca sassone Ottone diventava l’imperatore Ottone I, il più potente sovrano d’Europa. Dopo di lui, ha visto salire al trono suo figlio Ottone II, morto a Roma nel 983 dopo una sconfitta (per opera dei Saraceni) che ha rischiato di abbattere l’Impero. E poi, da giovane sacerdote, viene chiamato a corte come maestro del nuovo imperatore Ottone III, che è ancora un bambino. Un incarico di forte peso, motivato dalle buone doti che Bernoardo sta rivelando, e anche dalla sua stretta parentela con la grande nobiltà di Sassonia.
E nel 992 eccolo nominato vescovo di Hildesheim, anche per la buona prova che ha dato come educatore a corte. Ora questa buona prova deve ripeterla assai più in grande: si tratta di consolidare tra la sua gente una fede che tanto solida veramente non è, in ogni parte del territorio. Due secoli prima, infatti, tra i Sassoni non sono arrivati i missionari a predicare: è arrivato Carlo Magno con l’esercito, “cristianizzando” la gente a mano armata, in massa; e il ricordo di tanta brutalità è durato a lungo. Per questo Bernoardo comincia col fondare monasteri, centri di evangelizzazione con la parola e l’esempio.
È lui a introdurre nel territorio i primi benedettini. Poi fa ricorso all’arte figurativa, che parla anche a chi non sa leggere i libri della fede calligrafati dai suoi scriptores, con lui a guidarli. Chiama pittori, scultori, orafi della città, e altri ne fa arrivare col moltiplicarsi delle sue iniziative. Ma non è il “committente” che ordina e paga. Lui è “del mestiere” e ogni giorno passa nelle botteghe a seguire e a stimolare gli artisti.
All’epoca, i sovrani tedeschi affidano a vari vescovi anche responsabilità civili e militari. Bernoardo, mentre innalza a Hildesheim il grande monastero di San Michele, partecipa anche a spedizioni militari, fortifica la sua città e altri luoghi del territorio diocesano. E negli anni 1000-1001 è in Italia per fronteggiare una rivolta, al fianco dell’imperatore Ottone III, che ha 18 anni e morirà prima dei 20.
Il monastero di San Michele è infine ultimato nel 1022, poche settimane prima della sua morte. E lì Bernoardo viene sepolto. Hildesheim conserva tuttora alcune opere d’arte realizzate per suo impulso. Come le porte di bronzo destinate a San Michele e assegnate poi alla cattedrale; l’imponente “collana di Bernoardo” in bronzo, il suo crocifisso d’argento, la Bibbia e l’Evangeliario miniati. Nel 1150 Bernoardo è stato canonizzato localmente dal vescovo del tempo. Nel dicembre 1193 il papa Celestino III lo ha proclamato santo.


(Lc 19,11-28) Perché non hai consegnato il mio denaro a una banca?

VANGELO
 (Lc 19,11-28) Perché non hai consegnato il mio denaro a una banca?
+ Dal Vangelo secondo Luca

In quel tempo, Gesù disse una parabola, perché era vicino a Gerusalemme ed essi pensavano che il regno di Dio dovesse manifestarsi da un momento all’altro. Disse dunque: «Un uomo di nobile famiglia partì per un paese lontano, per ricevere il titolo di re e poi ritornare. Chiamati dieci dei suoi servi, consegnò loro dieci monete d’oro, dicendo: “Fatele fruttare fino al mio ritorno”. Ma i suoi cittadini lo odiavano e mandarono dietro di lui una delegazione a dire: “Non vogliamo che costui venga a regnare su di noi”. Dopo aver ricevuto il titolo di re, egli ritornò e fece chiamare quei servi a cui aveva consegnato il denaro, per sapere quanto ciascuno avesse guadagnato. Si presentò il primo e disse: “Signore, la tua moneta d’oro ne ha fruttate dieci”. Gli disse: “Bene, servo buono! Poiché ti sei mostrato fedele nel poco, ricevi il potere sopra dieci città”. Poi si presentò il secondo e disse: “Signore, la tua moneta d’oro ne ha fruttate cinque”. Anche a questo disse: “Tu pure sarai a capo di cinque città”. Venne poi anche un altro e disse: “Signore, ecco la tua moneta d’oro, che ho tenuto nascosta in un fazzoletto; avevo paura di te, che sei un uomo severo: prendi quello che non hai messo in deposito e mieti quello che non hai seminato”. Gli rispose: “Dalle tue stesse parole ti giudico, servo malvagio! Sapevi che sono un uomo severo, che prendo quello che non ho messo in deposito e mieto quello che non ho seminato: perché allora non hai consegnato il mio denaro a una banca? Al mio ritorno l’avrei riscosso con gli interessi”. Disse poi ai presenti: “Toglietegli la moneta d’oro e datela a colui che ne ha dieci”. Gli risposero: “Signore, ne ha già dieci!”. “Io vi dico: A chi ha, sarà dato; invece a chi non ha, sarà tolto anche quello che ha. E quei miei nemici, che non volevano che io diventassi loro re, conduceteli qui e uccideteli davanti a me”».Dette queste cose, Gesù camminava davanti a tutti salendo verso Gerusalemme.

Parola del Signore



LA MIA RIFLESSIONE
PREGHIERA
Vieni o Spirito di Dio e illumina la mia mente, metti la tua sapienza al mio servizio, perché io possa servirti.

Prima di tutto, dobbiamo considerare chi i talenti che il Signore ci mette a disposizione, a volte non sono così chiari neanche a noi stessi, infatti, spesso facciamo della nostra vita un groviglio di cose senza senso, commettendo errori che ci portano a perdere gran parte del nostro tempo a rimpiangere quello che abbiamo perduto ed a commiserarci o arrabbiarci per quello che non abbiamo. Cominciamo a capire qualcosa sempre troppo tardi, e ad apprezzarci per quello che siamo, solo se ci guardiamo con gli occhi di chi ci apprezza per le nostre doti, ma spesso sono falsi apprezzamenti, rispetto a false doti. Quello che invece in questa parabola si vuole rilevare, è l’aspetto cristiano della cosa, quello che ci fa considerare, anche con nostro estremo disappunto, che noi non siamo niente e non abbiamo niente senza il nostro Dio. 
Diamo per scontato che quello che abbiamo è nostro, che ci appartiene, ma non è vero, è tutto dono di Dio, perché la vita stessa è dono. Nella parabola dopo aver distribuito i doni, il nobile parte e lascia i suoi servi da soli per tornare ad esprimere il suo giudizio
 Ci chiediamo perché ad ognuno doni diversi; perché a chi più e a chi meno, ma nessuno di noi fa quella che è l’unica cosa giusta da fare: guardare al nostro dono. Vedere di far crescere quel seme che il Signore ha messo nel nostro cuore, semplicemente cercando di svilupparlo così come facciamo con tutti i nostri sensi, con tutta la nostra persona.
Impariamo ad usare la parola, ma non tutto quello che diciamo è uguale, e nessuno se ne meraviglia. Abbiamo la vista e sappiamo grazie a questa leggere, ma non tutti sappiamo leggere nello stesso modo.
Pochi giorni fa leggevo la storia di un grande attore che fu chiamato a leggere una pagina del vangelo e la lesse in modo perfetto, fermandosi nei punti giusti, con la giusta intonazione, ma quando toccò al piccolo prete di campagna, alla gente che ascoltava, quella pagina non riempì solo le orecchie, ma il cuore e i sentimenti vibrarono come corde di violino….
Il piccolo seme di figlio di Dio cresce in noi, cerchiamo di non farlo avvizzire, di non farlo soffocare dalla gramigna, cerchiamo di mettere tutto nelle mani di Dio, cominciando dalla nostra vita, saprà lui come farla  fruttare.


lunedì 18 novembre 2013

VOCE DI SAN PIO :

-" La benedizione di Dio vi sia di scorta, sostegno e guida! Formate una famiglia cristiana, se volete un po’ di tranquillità in questa vita. Il Signore vi dia figli e poi la grazia di indirizzarli sulla via del cielo." (AP).

SANTI é BEATI :

Sante Quaranta Donne Martiri di Eraclea con Annone diacono Vergini e vedove
† Eraclea (Tracia), 312 ca.
Nella città di Eraclea, in Tracia, subirono il martirio in odio alla fede cristiana ben 40 sante donne, vergini e vedove, che la tradizione orientale è solita raffigurare in un’unica grande icona sinattica. Il Martyrologium Romanum ricorda questo gruppo di martiri in data odierna.
Martirologio Romano: A Marmara Ereglisi in Tracia, nell’odierna Turchia, sante quaranta donne, vergini e vedove, martiri.

Nonostante che il racconto dei loro tormenti e del loro martirio, abbia tutti i segni della leggenda e dell’agiografia fantastica, sembra non ci siano dubbi sulla loro esistenza e sulla loro testimonianza di fede.
Le quaranta donne sono ricordate dal calendario gotico, che le commemora il 19 novembre come martiri a Berea vicino Eraclea; lo stesso gruppo nei sinassari e menologi greci, viene ricordato però il 1° settembre.
Il Martirologio Geronimiano le ricorda sempre il 19 novembre, ponendo il martirio delle 40 donne e vedove ad Heraclea (Tracia); su ciò si basa l’ipotesi di Niceforo Callisto, che considera queste donne, come le mogli dei 40 martiri di Sebaste (9 marzo), ma ciò non è possibile documentarlo.
Il racconto del loro martirio è stato riportato sin dal primo ‘Martirologio Romano’ e dal Sinassario orientale di Costantinopoli, e la loro vicenda è stata ritenuta degna di fede da tutte le antiche fonti, come il ‘Menologio’ di Basilio Porfirogenito.
La ‘Passio’ riporta come capo del numeroso gruppo di donne, il diacono Ammone, maestro e promotore della loro conversione al Cristianesimo.
Al tempo dell’imperatore Costantino (280-337), era associato nella guida dell’Impero in Oriente Licinio Valerio Liciniano (250-325) e la persecuzione contro i cristiani, cessata definitivamente con l’editto di Milano del 313 e firmato dai due imperatori, era ancora sporadicamente in atto; Licinio mandò come funzionario a Berea il suo messo Baudo, il quale appena giunto, ricevé una denunzia contro Celsina priora e le quaranta vergini e vedove riunite con lei in comunità monastica.
Celsina dopo un interrogatorio in cui finse di assoggettarsi ai voleri del funzionario pagano, si ritirò in preghiera, esortata a perseverare dal diacono Ammone loro guida spirituale.
Durante il secondo interrogatorio e presente tutta la comunità delle monache, gli idoli si sbriciolarono e il sacerdote di Zeus, fu sollevato in aria da angeli di fuoco e mentre Annone e le 40 donne cristiane si ritiravano, egli precipitò sfracellandosi al suolo.
Baudo infuriato, fece arroventare un elmo di bronzo e lo fece porre sul capo di Ammone, appeso alle macchine per la tortura; ma l’elmo volò via finendo sulla testa dello stesso Baudo, che fu prodigiosamente sollevato in aria, finché non chiese perdono ai martiri; poi se ne liberò inviando tutto il gruppo a Licinio in Eraclea, dove le vergini venerarono le reliquie di santa Gliceria martire, poi patrona della città.
L’imperatore ordinò che venissero gettate tutte in pasto alle belve, ma gli animali non vollero toccarle e allora Licinio fece uccidere il diacono Ammone, le vergini capeggiate da Celsina e le vedove capeggiate dalla diaconessa Lorenza, massacrandoli a gruppi con raccapriccianti supplizi, pratica che si industriavano ad inventare i potenti e prepotenti di allora e che omettiamo di descrivere, per non fare una galleria degli orrori.
La data del martirio, tenuto conto degli anni di governo degli imperatori Costantino e Licinio e dell’editto del 313, che metteva fine alla persecuzione, si può ritenere che sia avvenuto nel 312 o primi giorni del 313 stesso.

Autore:
Antonio Borrelli

(Lc 19,1-10) Il Figlio dell’uomo era venuto a cercare e a salvare ciò che era perduto.

VANGELO
 (Lc 19,1-10) Il Figlio dell’uomo era venuto a cercare e a salvare ciò che era perduto.
+ Dal Vangelo secondo Luca

In quel tempo, Gesù entrò nella città di Gèrico e la stava attraversando, quand’ecco un uomo, di nome Zacchèo, capo dei pubblicani e ricco, cercava di vedere chi era Gesù, ma non gli riusciva a causa della folla, perché era piccolo di statura. Allora corse avanti e, per riuscire a vederlo, salì su un sicomòro, perché doveva passare di là. Quando giunse sul luogo, Gesù alzò lo sguardo e gli disse: «Zacchèo, scendi subito, perché oggi devo fermarmi a casa tua». Scese in fretta e lo accolse pieno di gioia. Vedendo ciò, tutti mormoravano: «È entrato in casa di un peccatore!». Ma Zacchèo, alzatosi, disse al Signore: «Ecco, Signore, io do la metà di ciò che possiedo ai poveri e, se ho rubato a qualcuno, restituisco quattro volte tanto». Gesù gli rispose: «Oggi per questa casa è venuta la salvezza, perché anch’egli è figlio di Abramo. Il Figlio dell’uomo infatti è venuto a cercare e a salvare ciò che era perduto».

Parola del Signore





LA MIA RIFLESSIONE
PREGHIERA
Vieni Spirito Di Dio e fa che la mia mente non sia offuscata dalle mie idee, ma fa che io possa veramente svuotarmi di me stessa per fare posto a quello che Tu imprimi nella mia mente e nel mio cuore.

Prima che Gesù passasse di lì, Zaccheo era solo un uomo che viveva la sua vita secondo gli schemi del mondo, in fondo come tutti quelli che si sono ben inseriti, che hanno un bel lavoro, che hanno raggiunto un certo benessere e che non guardano tanto per il sottile, pur di raggiungere il loro scopo.
Era un piccolo uomo che in fondo aveva tutto, ed era riuscito ad apparire soddisfatto, ma evidentemente non era poi così, perchè nonostante sia appagato dal suo lavoro che gli rende bene (esattore dei tributi) cerca di nascosto Gesù, forse un po’ per curiosità, forse per gelosia verso chi vede guarito dall’ incontro col Signore, ma non vuole essere lui ad andare a chiedere e si nasconde tra le foglie di un sicomoro, come per osservare senza essere visto.Ma Gesù lo vede e legge nel suo cuore, perché quello che non è possibile agli uomini, è possibile a Dio e la sua risposta non si fa attendere: - «Zacchèo, scendi subito, perché oggi devo fermarmi a casa tua».
Come la trova non importa, sa che è la casa di un peccatore, è il cuore di una persona che non ha certo vissuto un’esistenza pulita, ma a Gesù non importa, non è venuto per i giusti, ma per i peccatori, l’ ha detto tante volte. 
La sua insoddisfazione era latente e si percepisce anche dal fatto che si rende subito conto di dover fare qualcosa per rimettersi in riga, come restituire il maltolto e fare la carità ai bisognosi e  a Gesù non è sfuggito al bisogno di pace di Zaccheo. Lo ha scorto e lo ha chiamato, ed ecco che tutto quello che contava prima per Zaccheo, non conta più nulla, è disposto a rinunciare a tutto pur di diventare suo discepolo.
La risposta del Signore è immediata, alla chiamata accorata del pentimento, corrisponde la salvezza, che è per tutti i figli di Dio che si smarriscono nel mondo e vogliono essere riaccolti nella casa del Padre, anche per i più ostinati peccatori, perché Gesù è venuto per offrire se stesso per la salvezza di chi si è perduto.
Zaccheo era una strana persona, che in fondo ci somiglia, perché trova giustificazione a tutto quello che compie, anche ai soprusi e alle azioni disoneste, quasi legittimandole, ma di fronte alla luce di Dio, si arrende. Il fatto di sentirsi accettato da Gesù, abbracciato nonostante, come tutti i peccatori, non se ne senta degno, lo riempie di gioia e lo fa capitolare; immediatamente si converte e promette di riparare al male compiuto restituendo il maltolto ed aiutando i poveri.
Quest’uomo ha capito che la vera conversione viene da Gesù e che in lui si resta soltanto vivendo da fratelli, e amando il prossimo così come siamo amati e perdonati dal Signore.
Mettere immediatamente le nostre scarpe nelle sue impronte per seguire ogni suo passo, per non sbagliare strada, perché Dio ci cerca con amore, ci perdona per amore e non ci giudica, ma ci aiuta a diventare migliori. L’idea che noi abbiamo prevalente di un Dio che giudica è dovuta ai nostri sensi di colpa, verso chi sentiamo come un Padre buono, ma non riusciamo a ricambiare e sappiamo di non meritare.Come spesso mi trovo a ripetere, l’amore di Gesù è veramente singolare, non ha schemi prefissati, ma è veramente a 360°, è per tutti. 


domenica 17 novembre 2013

"Il Figliol Prodigo - Grande sei tu oggi" - Figli del Divino Amore canti...

VOCE DI SAN PIO :

-" Dio me l’ha data la povera sorella mia e Dio me l’ha tolta. Sia benedetto il suo santo nome. In queste esclamazioni ed in questa rassegnazione trovo la forza sufficiente di non soccombere sotto il peso del dolore. A questa rassegnazione nella divina volontà esorto anche voi e troverete, al par di me, l’alleviamento del dolore." (Epist. IV, p. 802).

SANTI é BEATI :


San Noè Patriarca

Desterà forse un po’ di sorpresa il fatto che il santo oggi in questione non solo non sia cristiano, ma neppure ebreo come i patriarchi ed i profeti biblici. Analogo caso è però costituito dal re-sacerdote San Melchisedech.
Il patriarca Noè è infatti una figura nota, seppur sotto diversi nomi, ad altri popoli mesopotamici e la storia del diluvio a lui connessa è narrata anche da vari antichissimi testi babilonesi, quali per esempio l’Epopea di Ghilgamesh ed il Poema di Atrakhasis. Il fatto storico che probabilmente ispirò questo racconto leggendario sta in un catastrofico evento verificatosi forse nell’area dei due maestosi fiumi Tigri ed Eufrate, le cui inondazioni opportunamente incanalate si rivelarono sempre fonti di benessere, ma con le loro piene eccessive furono talvolta causa di devastazioni.La figura di Noè è così nota da rendere incompleto ogni possibile tentativo di riproporre così in breve la sua vicenda, narrata per esteso nei capitoli 6-9 del libro della Genesi, pur con qualche incongruenza, dovuta all’intrecciarsi di due differenti tradizioni. L’arca tratteggiata nel racconto biblico con misure esorbitanti, lunga 156 metri, alto 30, larga 26, con la capacità di 65/70.000 metri cubi, desta da secoli lo stupore degli artisti, che cercano di raffigurarla, e degli archeologi, che invano tentano di scovarne eventuali resti, nonostante le discordanze sulla suo possibile collocazione.Noè costituisce comunque un emblema dei giusti presenti indubbiamente anche nel mondo pagano: Abramo verrà infatti parecchi secoli dopo. Dio stabilì già con Noè un’alleanza anticipatrice di quella che stipulò poi con Israele sul monte Sinai. Questo è dunque l’atto culminante del racconto del diluvio, cioè il Signore che nella sua giustizia irrompe per colpire il male dilagante con le acque impetuose, simbolo per l’antico Vicino Oriente del nulla e del caos. Ma Dio si fa portatore di salvezza nei confronti di tutti i giusti, incarnati in Noè, “uomo giusto e integro” in una “terra corrotta e piena di violenza” (Gn 6,9.11).L’arcobaleno sfolgorante nel cielo divenne segno non solo del giudizio divino ormai ottemperato, ma anche della nuova alleanza cosmica intersorsa tra Dio e l’intera creazione. Tuttavia il male non fu così del tutto estirpato, riaffiorando infatti nel finale del racconto della storia di Noè, più precisamente nella mancanza di rispetto che Cam, uno dei tre figli di Noè, ebbe nei confronti di suo padre, qualora “vide il padre scoperto e raccontò la cosa ai due fratelli” (Gn 9,22).
Fu così evidente che purtroppo, anche nell’umanità appena rinnovata, il germe del male era già pronto a risorgere tra gli uomini e trovare nuovo vigore.

Autore:
Fabio Arduino

(Lc 18,35-43) Che cosa vuoi che io faccia per te? Signore, che io veda di nuovo!

VANGELO
(Lc 18,35-43) Che cosa vuoi che io faccia per te? Signore, che io veda di nuovo!
+ Dal Vangelo secondo Luca

Mentre Gesù si avvicinava a Gèrico, un cieco era seduto lungo la strada a mendicare. Sentendo passare la gente, domandò che cosa accadesse. Gli annunciarono: «Passa Gesù, il Nazareno!». Allora gridò dicendo: «Gesù, figlio di Davide, abbi pietà di me!». Quelli che camminavano avanti lo rimproveravano perché tacesse; ma egli gridava ancora più forte: «Figlio di Davide, abbi pietà di me!». Gesù allora si fermò e ordinò che lo conducessero da lui. Quando fu vicino, gli domandò: «Che cosa vuoi che io faccia per te?». Egli rispose: «Signore, che io veda di nuovo!». E Gesù gli disse: «Abbi di nuovo la vista! La tua fede ti ha salvato». Subito ci vide di nuovo e cominciò a seguirlo glorificando Dio. E tutto il popolo, vedendo, diede lode a Dio.

Parola del Signore



La mia riflessione
Preghiera
O Dio che mi ha voluto in questo mondo, per partecipare alla vita, fa che io possa sempre camminare al tuo fianco e che mi lasci condurre sempre e solo dal Tuo Santo Spirito. Per Cristo nostro Signore. Amen.

Voglio seguirti Signore, dammi la mano, guidami se io sono cieca, fa che io sappia sempre riconoscere la tua mano che mi guida e non mi lasci condurre da chi mi tira da tutte le parti.
Spesso siamo costretti a gridare: dove sei Signore? Vieni a salvarmi, perché ci sembra che Dio ci perda di vista, ma siamo noi che non riusciamo a vederlo, noi che passiamo sotto alla croce come se la cosa non ci riguardasse, noi che non vogliamo condividere il dolore, ma solo la gloria. Eppure la gloria passa dalla croce e, se io sono così fortunata di sentire che la mia è leggera, voglio gridare ancora Gesù, per la croce di quei fratelli che sembrano soccombere sotto al suo peso.
Siamo ciechi se siamo insensibili al dolore dei fratelli, se non sappiamo aiutare chi si sta facendo trascinare verso la perdizione.
Essere cristiano, vuol dire essere corpo di Cristo, non mi stancherò mai di ripeterlo, quindi tutti siamo indispensabili gli uni agli altri, per far vivere questo corpo, e tutti dobbiamo fare la nostra parte, come se fossimo dei piccoli medici che sanano le parti ferite e la medicina è la nostra preghiera, che se urlata con la voce del cuore, arriverà al Signore.
Amiamo fratelli, amiamo chi è lontano, chi sbaglia, chi non sa perdonare, chi ha il cuore ferito, chi non conosce il Signore; amiamo e chiediamo al Signore di donare anche a loro la fede, amiamo e con amore sincero andiamo controcorrente e cerchiamo di combattere contro l’ indifferenza,  di saper aiutare nel bisogno i fratelli invece di mettere a tacere la nostra coscienza, cerchiamo di saper ascoltare più che parlare, cerchiamo di sentirci tutti parte dello stesso corpo.
Ascoltiamo ed ascoltiamoci, cerchiamo dentro di noi le nostre paure, le nostre incertezze, la nostra piccola fede che urla, aiutami Signore! 
Fa che io veda le mie infermità, che io riconosca la mia piccolezza, perchè è nella mia superbia che io divento piccola; nella mia mancanza d' amore che divento egoista; nella mia inquietudine che ti cerco; nella rabbia che ti perdo; nell'orgoglio che ti rifiuto.
Fa questo per me Signore mio, fa che io veda !

sabato 16 novembre 2013

VOCE DI SAN PIO :

-" Nulla di piú nauseante di una donna, massimamente se è sposa, leggera, frivola ed altezzosa. La sposa cristiana deve essere una donna di soda pietà verso Dio, angelo di pace in famiglia, dignitosa e piacevole verso il prossimo." (AP).

SANTI é BEATI :

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San Giordano Ansalone Sacerdote domenicano, martire
Santo Stefano Quisquina (Agrigento), 1 novembre 1598 - Nagasaki (Giappone), 17 novembre 1634
Nel 1625, raggiunta a piedi Siviglia, partì per le missioni. Dopo una sosta di circa un anno in Messico, attraverso il Pacifico, nell’estate del 1626, raggiunse le Isole Filippine. Spese dapprima due anni tra i Filippini, a Cagayan, nel nord dell’isola di Luzon, poi visse per quattro anni tra i Cinesi d’una colonia del sobborgo di Binondo, a Manila, nella Parrocchia e all’Ospedale S. Gabriele, costruito per loro. Studiò a fondo la lingua, la mentalità e i costumi de Cinesi, dimostrandosi vero antesignano d’inculturazione e precorritore del dialogo con i non credenti. A tale scopo scrisse anche un’opera, irrimediabilmente perduta, in cui raccoglieva le principali credenze religiose e idee filosofiche dei cinesi, discutendole con i dati della fede e della dottrina cattolica, per un confronto chiarificatore. Nel 1632, mentre infuriava la persecuzione, si recò in Giappone, travestito da mercante, per recare aiuto e conforto: per un anno fu Vicario Provinciale di questa missione. Gravemente ammalato nell’isola di Kyushu, “impetrò dalla Vergine Maria di essere guarito fino a quando non lo avessero ucciso per Cristo”. Incarcerato il 4 agosto 1634, fu sottoposto a inaudite torture.
Etimologia: Giordano = dal nome del fiume della Palestina
Emblema: Palma

Martirologio Romano: A Nagasaki in Giappone, santi Giordano (Giacinto) Ansalone e Tommaso Hioji Rokuzayemon Nishi, sacerdoti dell’Ordine dei Predicatori e martiri: il primo si adoperò a fondo per il Vangelo dapprima nelle isole Filippine e poi in Giappone, l’altro fu operoso propagatore della fede nell’isola di Taiwan e, negli ultimi anni, nella regione di Nagasaki nella sua patria. Entrambi morirono per ordine del comandante supremo Tokugawa Yemitsu dopo esser stati sottoposti per sette giorni con animo invitto a crudeli supplizi sulla forca e in una fossa.

Per lui non si potrà sicuramente dire che il martirio fu un “incidente di percorso”, perché davvero fu pensato, voluto, quasi cercato, in un’ottica di donazione totale e di piena configurazione a Gesù, che proprio sulla croce aveva dimostrato la grandezza e la totalità del suo amore per gli uomini. Il bambino, nato il 1° novembre 1598 a Santo Stefano Quisquina (Agrigento), viene chiamato Giacinto: un nome che tiene solo fino ai 17 anni, all’entrata nel convento domenicano di Agrigento, quando lo muta in quello di Fra Giordano. Inizia gli studi a Palermo e poi li prosegue in Spagna, a Salamanca, sempre però con il chiodo fisso di andare missionario in Giappone. Ordinato sacerdote a Trujillo, raggiunge a piedi Siviglia e di qui raggiunge il Messico: ha 27 anni, un ardore che sprizza da tutti i pori e coraggio da vendere. La sosta messicana dura un anno o poco più e di qui raggiunge le Isole Filippine. Per due anni si spende per i filippini di Cagayan, poi si dedica all’apostolato tra i cinesi, in una loro colonia alle porte di Manila, prendendosi soprattutto cura dei malati, ma anche impegnando pazientemente molto del suo tempo nello studio e nell’approfondimento della loro cultura, tanto che della lingua, dei costumi e della mentalità cinese diventa un profondo conoscitore, in un tempo in cui il dialogo con i non credenti è ancora di là da venire e di inculturazione non si parla sicuramente tanto. Fra Giordano non si ferma qui: in una monumentale opera, di cui purtroppo a noi è giunta solo notizia, passa al vaglio della dottrina cattolica le credenze religiose e filosofiche dei cinesi, nella speranza di poter aprire con loro un sereno confronto, premessa per una futura evangelizzazione. Intelligente, intraprendente, aperto, soprattutto innamorato di Cristo, Fra Giordano, pur sentendosi permanentemente in missione, non perde di vista il Giappone, il suo primo amore, nel quale spera in ogni caso di andare un giorno a predicare. E’ nota la sua ostinazione e la sua fermezza, ben riassunte nella sua lapidaria frase “Jordanus non est retrorsum” perché, spiega con riferimento al fatto biblico, il fiume Giordano “potè tornare indietro, io, Giordano, no, non torno indietro”. Per la serie “chi la dura la vince” riesce a mettere piede in Giappone nel 1632, ma travestito da mercante, perché la persecuzione contro i cristiani (iniziata, a dire il vero, prima ancora che lui nascesse) negli ultimi 16 anni si è estesa a macchia d’olio, sta sconvolgendo le comunità e sta facendo molti martiri. Suo primo compito è dunque rincuorare, incoraggiare, sostenere i perseguitati. E’ pienamente cosciente dei rischi cui va incontro e il martirio per lui non è solo un’eventualità. Che comunque non lo sfugga lo dimostra il fatto che, ammalatosi un giorno gravemente, chiede ed ottiene la guarigione per intercessione della Madonna, per non morire nel proprio letto ma poter offrire a Cristo e ai giapponesi la testimonianza del sangue. Lo arrestano dopo due anni, il 4 agosto 1634: sotto le torture e davanti ai giudici non ha paura di confessare di essere venuto in terra giapponese a diffondere l’amore di Cristo, un amore che si è spinto fino alla croce. A Nagasaki lo sospendono ad una forca a testa in giù e seminterrato in una fossa, dove agonizza per sette giorni, fino alla morte che arriva il 17 novembre. Padre Giordano Ansalone nel 1981 è stato proclamato beato a Manila da Giovanni Paolo II°, lo stesso papa che lo ha canonizzato sei anni dopo a Roma.
La data in cui viene celebrato è il 17 novembre mentre in Sicilia è ricordato il 19 novembre.

Autore: Gianpiero Pettiti




Nel 1625 un domenicano nato in Sicilia s’imbarca in Spagna per il Messico, che all’epoca è colonia spagnola. Lavora per qualche tempo nella capitale e poi riparte attraverso il Pacifico: quattro mesi di navigazione ed eccolo nelle Filippine, anch’esse dominio di Spagna. Questo sembra l’approdo per fra Giordano Ansalone, di origine agrigentina (al battesimo è stato chiamato Giacinto), studente presso i domenicani locali, poi accolto nell’Ordine col nome di fra Giordano e infine ordinato sacerdote in Spagna. Il suo campo di lavoro nelle Filippine è dapprima il Nord dell’isola di Luzon. Più tardi ritorna a Manila per l’assistenza religiosa agli immigrati cinesi, e questo contatto è decisivo: sta con loro, insegna e impara, studia lingue, costumi e culti orientali, sicché poi diventa maestro dei missionari destinati alla Cina.
Ma il traguardo suo si chiama Giappone. Qui il cristianesimo, portato da san Francesco Saverio nel 1549, nel 1600 aveva quasi un milione di seguaci. Ma per essi è cominciata la Via Crucis. Sul Paese regna di nome l’imperatore, ma di fatto comanda lo shogun. Questo titolo indicò dapprima un incarico temporaneo (tipo l’antico dictator romano) ed è poi diventato ereditario nella potente famiglia Tokugawa. Il primo shogun della casata, Ieyasu (1546-1616), favorisce dapprima gli scambi con l’Occidente e non combatte i cristiani. Ma gravi incidenti provocati da stranieri lo spingono verso la politica del sakoku, lo Stato chiuso agli occidentali (tranne gli olandesi, però controllatissimi), e verso la lotta attiva al cristianesimo, visto come dottrina nemica. Già nel 1597 erano stati crocifissi a Nagasaki 26 tra missionari e neofiti. Ma dal 1616 la persecuzione diventa generale, continuando anche sotto i due successori di Ieyasu, Hidetada e Iemitsu: cacciata dei missionari, uccisione di quelli rimasti e anche di cristiani giapponesi; oltre 200 morti fino al 1632 e comunità cristiana sconvolta.
A questo punto fra Giordano decide: "Vado in Giappone". Sa ciò che lo aspetta. E vuole lucidamente farsi imitatore di Cristo, fino a dare la vita sul suo esempio. Arriva a Nagasaki travestito da mercante, con altri tre sacerdoti. Riprende l’evangelizzazione clandestina nei villaggi, dà coraggio ai cristiani, vive nei nascondigli protetto da loro. Ma nell’agosto 1634 viene catturato insieme al domenicano fra Tommaso Nishi. Prima della condanna a morte ci sono mesi di torture per loro e per Marina di Omura, una terziaria domenicana giapponese che li ha ospitati. Altri missionari e fedeli vengono intanto uccisi, e per loro la fine viene in novembre. Marina è messa a morte l’11, fra Giordano e fra Tommaso il 17. Tutti e tre verranno canonizzati a Roma nel 1987 da Giovanni Paolo II, insieme ad altri 13 testimoni della fede, occidentali e giapponesi, uccisi nel 1633, nel 1634 e nel 1637.

Autore:
Domenico Agasso

(Lc 21,5-19) Con la vostra perseveranza salverete la vostra vita.

VANGELO DI DOMENICA 17 NOVEMBRE 2013
(Lc 21,5-19) Con la vostra perseveranza salverete la vostra vita.
+ Dal Vangelo secondo Luca

In quel tempo, mentre alcuni parlavano del tempio, che era ornato di belle pietre e di doni votivi, Gesù disse: «Verranno giorni nei quali, di quello che vedete, non sarà lasciata pietra su pietra che non sarà distrutta». Gli domandarono: «Maestro, quando dunque accadranno queste cose e quale sarà il segno, quando esse staranno per accadere?». Rispose: «Badate di non lasciarvi ingannare. Molti infatti verranno nel mio nome dicendo: “Sono io”, e: “Il tempo è vicino”. Non andate dietro a loro! Quando sentirete di guerre e di rivoluzioni, non vi terrorizzate, perché prima devono avvenire queste cose, ma non è subito la fine».Poi diceva loro: «Si solleverà nazione contro nazione e regno contro regno, e vi saranno in diversi luoghi terremoti, carestie e pestilenze; vi saranno anche fatti terrificanti e segni grandiosi dal cielo. Ma prima di tutto questo metteranno le mani su di voi e vi perseguiteranno, consegnandovi alle sinagoghe e alle prigioni, trascinandovi davanti a re e governatori, a causa del mio nome. Avrete allora occasione di dare testimonianza. Mettetevi dunque in mente di non preparare prima la vostra difesa; io vi darò parola e sapienza, cosicché tutti i vostri avversari non potranno resistere né controbattere. Sarete traditi perfino dai genitori, dai fratelli, dai parenti e dagli amici, e uccideranno alcuni di voi; sarete odiati da tutti a causa del mio nome. Ma nemmeno un capello del vostro capo andrà perduto. Con la vostra perseveranza salverete la vostra vita».

Parola del Signore


LA MIA RIFLESSIONE

PREGHIERA

O Santo Spirito,luce portentosa che mi assisti, ti prego di dimorare in me e di parlare con me della parola del Signore, fammela entrare nel cuore e fammela sentire in tutta le sue sfaccettature.


Essere cristiani non sembra veramente facile,non mi sembra neanche che ci si possa fidare di chi dovrebbe guidarci, almeno non di tutti, perchè a volte, forse per troppo zelo, chi ci dovrebbe condurre, finisce con l'allontanare.
Non voglio dare la colpa di questo solo alla chiesa, intesa nel senso della parte ecclesiale (non so neanche se si dice esattamente così) anche noi fedeli siamo troppo intolleranti, troppo critici, troppo permalosi e spesso troppo superbi e questo crea delle incomprensioni enormi.
Pensiamo alla fine del mondo ed in qualche modo, mentre lo facciamo, speriamo che venga, ma solo per gli altri; solo per i cattivi, ergendoci a giudici e, anche se inconsapevolmente, sbagliamo anche noi.
Gesù ci avverte che non avremo vita facile come cristiani, quindi, io credo che invece di giudicare, dovremmo stare attenti a non cadere in trappola anche noi. Non è facile essere veri cristiani,andare avanti con fede mentre tutti vanno controcorrente, è molto più facile sbagliare.
Pensando a Pietro che rinnegò Gesù per paura, penso che se avessimo la possibilità di scegliere in molti faremmo come lui, e poi credo che a molti non è stata data la possibilità di scegliere.
Alcune scelte che facciamo nella vita, dovrebbero in linea di massima essere per sempre, ma sembra che gli uomini cambino idea molto spesso. Signore accresci la nostra fede, dacci la forza di essere CRISTIANI senza tregua, infiammaci d'amore, fa che non indietreggiamo mai davanti alle scelte che la fede ci impone, come non hai indietreggiato tu davanti alla croce.
Ci sono dei posti sulla terra in cui gli sconvolgimenti vengono definiti naturali,altri in cui le guerre distruggono tutto, ed altri ancora in cui si uccide in nome di un Dio che inorridisce ad essere chiamato in causa, ma quello che io vorrei invitare voi e me stessa a fare, è cercare di conquistare e di difendere la pace, cominciando dal nostro cuore, perchè è da qui, da questo piccolo posto che si può ricominciare ad avere speranza.
Parlare della pace del mondo è un'utopia, se non siamo capaci per primi a difendere la pace nel nostro cuore, anche se il fratello che ci colpisce o ci offende.
Sentendo i telegiornali, a volte ci rendiamo conto di quanto anche la nostra incoerenza è ormai così normale, che invece di mettere ordine dove non c' è, cerchiamo di adattare tutto all'occorrenza.Non so se ricordate la mamma della piccola Sara Scazzi, che intervistata, diceva di essere cristiana e di non portare odio, ma di non poter perdonare,perchè ci sono dei passi necessari per il perdono. Con tutta la tenerezza che provo per la signora Concetta, vorrei riflettere sul fatto che il pentimento è una cosa che può richiedere Gesù, non noi uomini; noi dobbiamo essere capaci di perdonare anche se l'altro non è pentito, perchè non sta a noi giudicare se degno o no di perdono.Il nostro perdono è imperfetto, approssimativo, e spesso è condizionato dal comportamento dell' altro, ma essere seguaci di Gesù,vuol dire cercare di calcare le sue orme, e lui ha offerto la vita per la redenzione di tutti i suoi fratelli, in blocco,senza distinzioni, senza se e senza ma.
Gesù ha realizzato pienamente queste parole nella sua vita, non solo perdonando un gran numero di peccatori, ma chiamando "amico" Giuda Iscariota, pur sapendo che stava per tradirlo. E quando sul legno della croce, inchiodato, sente l'insulto dei suoi carnefici, Egli dice: "Padre, perdona loro, perché non sanno quello che fanno" 
Gesù ci ha redento dal peccato e essere cristiani vuol dire anche questo, lasciare che sia lui a giudicare chi è degno o no di perdono; a lui che sa leggere nel cuore di ognuno di noi.
Rimetti a noi i nostri debiti, come noi li rimettiamo ai nostri debitori.