sabato 8 febbraio 2014

APPELLO URGENTE: PREGARE E FARE SACRIFICI PER LA SANTIFICAZIONE DEI SACERDOTI

APPELLO URGENTE:
PREGARE E FARE SACRIFICI
PER LA SANTIFICAZIONE DEI SACERDOTI

Il Signore e la Madonna da tempo stanno chiedendo a tutte le anime, specialmente quelle a loro più fedeli che stanno seguendo un cammino di santità, di pregare e offrire sacrifici per i sacerdoti. In questo tempo, Satana a preso di mira questi figli prediletti di Gesù e Maria per poter arrecare maggior danno alle anime e per condurne un maggior numero alla perdizione eterna; in quanto un sacerdote che si abbandona al peccato o che peggio ancora non professa più la vera dottrina Cattolica diffondendo eresie o concetti erronei sulla fede, conduce con se all’inferno un numero incalcolabile di anime, che anche se in buona fede abbandonano la via stretta del cielo, e sedotti da dottrine nuove e moderne avanzano nella via della menzogna e dell’errore.
Per questo, per rispondere all’invito dei Sacratissimi Cuori di Gesù e Maria invitiamo tutti i fedeli che amano realmente il Signore, e che vogliono aiutarlo nella salvezza delle anime, di offrire tutti i GIOVEDI le preghiere, le sofferenze, i sacrifici, la S. Messa, la S. Comunione, il Santo Rosario, il proprio lavoro, e tutte le opere buone che compiranno in quel giorno, PER LA SANTIFICAZIONE DI TUTTI I SACERDOTI, O DI QUELLI DI UNA DETERMINATA CITTà O REGIONE.
Il Signore ha già mostrato quanto gradisca quest’offerta per i sacerdoti, compiendo moltissime grazie di guarigione, di conversione e protezione. FATENE LA PROVA!

Messaggio di Gesù ad un’anima
I miei fedeli devono sapersi donare senza reticenze personali, per trasmettersi alla vita nobile e celestiale del sacerdozio: amare ardentemente e desiderare la fecondità e santità del Sacerdozio. Questi fedeli affinché, sapendo attingere la vita saldamente eucaristica, si sappiano generosamente comunicare ai loro fratelli e padri sacerdoti erranti, a quelli la cui dignità si logora e va in frantumi.
Se mancano i sacerdoti esemplari, il mondo perisce, i Tabernacoli vengono meno e le anime rimangono digiune e vi subentra la cecità totale.
I miei fedeli devono essere gelosi nel garantire alla Chiesa i loro fratelli sacerdoti, pregare molto per quelli in pericolo, per quelli che il nemico infernale avvia alla rovina per mezzo di pericoli alla castità e soprattutto tramite dottrine nuove,non conformi al Vangelo ma lusinghiere e fallaci. Se al mondo non vi fosse il sacerdote, si vivrebbe la vita pagana. Qualunque sacerdote è il sacro capolavoro di Dio; è Dio stesso che, misteriosa mente si trasmette per loro bocca, per le loro Mani, per le loro opere apostoliche. E’ per loro che c’è la Vita Eucaristica nel mondo.
Amate ardentemente questa nobile missione ; diffondete attorno a voi il profumo dei Tabernacoli, ma soprattutto interessatevi di coloro che costituiscono la vita della Chiesa: i Sacerdoti.
Consolate il vostro dolcissimo Maestro, che gemendo e trepidando attende da voi comprensione ed amore. Ricordate che l’insufficienza di avere santi Sacerdoti è la maggior disgrazia del mondo. Tutto è da rifare nel mondo sfrenato, poiché non vi è più il fermento delle vocazioni sacerdotali.”

“Sento che Gesù desidera che noi gli spegniamo la sua sete di anime, dandogli in modo speciale il cuore dei sacerdoti…pregare per i sacerdoti è fare un buon affare; noi preghiamo per quelli che salveranno migliaia di anime.”
S.Teresa di Gesù Bambino
«Non sono capace di dirle - spiega suor Gabriel­la al suo direttore spirituale - quanto amore abbia Gesù per i suoi Ministri e quanta pena rechino al suo divin Cuore le loro infedeltà; pure mi disse che non disperino e confidino nel suo Cuore. Esso ha dei te­sori di misericordia e la più grande pena che abbia provata il suo divin Cuore nella sua passione fu la di­sperazione di Giuda. Sovente Gesù mi dice di pregare per i sacerdoti, un giorno Egli mi disse: “I sacerdoti sono la pupilla dei miei occhi; prega tanto perché siano tutti come desidero Io: umili, puri, distaccati dai beni di questa terra, uniti a Me nella più intima unione. Questa unione li farà gustare il Paradiso in terra, aiutandoli a sopportare come merito le pene annesse al loro sublime ministero di salvare le anime. Le mancanze che mi feriscono di più il Cuore, sono : la sensualità, l’attaccamento ai beni della terra e il maneggiare con poco rispetto e devozione il Ss. Sacramento.Suor Gabriella Borgarino
“Il demonio ha sferrato la battaglia decisiva contro la Madonna, egli fa di tutto per impadronirsi delle anime consacrate, lavora per corromperle, per distruggere la pace usa tutte le astuzie affinché i religiosi e i sacerdoti, trascurando la loro vocazione, trascinino molte anime all’inferno. “Sappi che molti sacerdoti, figli miei prediletti e tanto amati da Me, dicono che Io, Mamma, oscuro la gloria e l’onore di mio Figlio..come si sono fatti prendere dal demonio..Teresa, figlia mia, salvami i sacerdoti dai loro peccati e santificali con il mio dolore e lavali con il mio Sangue..vedrai molti cambiamenti nella Chiesa, essa dovrà passare una crisi non indifferente..il mio più grande dolore è nel vedere che molti miei figli prediletti, i sacerdoti, si danno al Diavolo rinnegando mio Figlio..celebrano la Messa con la Particola già Consacrata, la oltraggiano, la sputano, facendo tante ingratitudini. Occorrono santi Sacerdoti per lottare contro satana, Io -Maria- ho bisogno di sacerdoti umili, coraggiosi e pronti ad essere ammazzati, derisi, calpestati, fino a perdere la propria vita e il proprio sangue perché Io per mezzo loro possa risplendere più luminosa nella Chiesa, dopo la grande purificazione”. La Madonna ha voglia di piangere per i Sacerdoti: “ognuno di voi fa come gli pare, tutti si interessano della società ma non del dispiacere che sia arreca alla Madonna”. Io non mi sento più di insistere con altri –sacerdoti- di mettere la veste (tonaca). Oggi la Chiesa e i preti stanno facendo tutti passi sbagliati” (sta parlando del veleno modernista che infiammava la Chiesa dalla fine del concilio fino ad ora) la Madonna non vuole che vadano vestiti così (con l’abito borghese invece di indossare la veste talare come ha chiarito anche la S.Sede)… la Madonna dice che questi segni (le lacrimazioni di sangue delle Immagini Sacre) “sono per i sacerdoti che si allontanano dal Mio Cuore e per tanti vescovi che non hanno amore per i propri figli… si facciano visite a Gesù Sacramentato e ore di adorazione…
ho visto le anime come una fitta pioggia cadere nel fuoco ardente, ho visto che vi cadevano anche molti figli prediletti di Gesù (sacerdoti).
Serva di Dio e Stimmatizata Teresa Musco

“Un prete o in Paradiso o all’inferno non va mai solo, vanno sempre con lui un gran numero di anime, o salvate col suo santo ministero e col suo buon esempio, o perdute con la sua negligenza nell’adempimento dei propri doveri e col suo cattivo esempio.”
S. Giovanni Bosco

Il mio Cuore cerca dei sacerdoti ai quali possa comunicare le sue grazie. I miei sacerdoti sono come altri me stesso. Io vivo nei miei sacerdoti, sono unito a loro, essi mi prestano i loro corpo per amministrare i Ss. Sacramenti, ma sono io che gli amministro in loro. Fammi amare dai miei sacerdoti.”
Gesù a Suor Benigna Consolata Ferrero

“Figlia mia, ama tanto i Sacerdoti, amali e prega per la loro santificazione, perché innumerevoli sono i beni che vengono elargiti per mezzo loro.”
Gesù alla serva di Dio Edvige Carboni

“I miei Sacerdoti, i miei Sacerdoti, dammi tutto per loro. Mia Madre ed Io li amiamo tanto. Offriti al Padre Mio con Me per loro, non temere di dover soffrire troppo per i miei Sacerdoti; essi hanno un bisogno così reale di tutto ciò che sto per fare in te a loro vantaggio.”
Gesù e Marthe Robin

“O Sacerdoti, ceri accesi per illuminare le anime, la vostra luce non si offuschi mai!”
S. Faustina Kowalska

"Vi sono alcuni che hanno l'abitudine di parlare male dei sacerdoti, ve ne sono che li disprezzano. Fate attenzione, figlioli: poiché sono i rappresentanti di Dio, tutto ciò che dite ricade su di Dio stesso. Fareste molto meglio a pregare per loro. Ve ne sono che non pregano mai per i lo­ro pastori: ciò è mol­to ingrato. II sacer­dote, prega sempre per voi, quando offre il divin Sacrificio, quando tiene Nostro Signore fra le sue mani.
Vedete quanto è nel vostro inte­resse pregare il Buon Dio per i sa­cerdoti: più saranno santi, più vi ot­terranno grazie.
Bisogna pregare, soprattutto all'epoca delle ordina­zioni, affinché il Buon Dio ci dia dei buoni sacerdoti. Quando sono santi, quanto bene possono fare! Ma, buo­ni o cattivi che siano, non ditene mai del male. Colui che disprezzate sarà forse colui che vi assolverà all'ora della morte. Voi direte: «Ma è un uomo come un altro ...» Certamente! (...) Ma è al suo ministero che bisogna guarda­re. Il Buon Dio ha messo nelle loro mani tutti i meriti della sua morte e della sua passio­ne per distribuirceli, come un re rimette nelle mani del suo ambasciatore un te­soro perché lo distri­buisca come meglio crede..."
“Andate a confes­sarvi dalla Madonna o da un angelo? Vi assolve­ranno? No. Vi daranno il Corpo e il Sangue di Nostro Signore ? No. La Madonna non può far discendere il suo divin Figlio nell'Ostia. Anche se aveste vicino duecento angeli, non potrebbero assolvervi. Un sacerdote, può farlo; può dirvi «Andate in pace, io vi perdono..Oh, che il sacerdote è qualcosa di grande!".
Santo Curato d’Ars - Patrono dei parroci

“Sacerdoti, io non sono un prete e non sono mai stato degno di poterlo diventare. Come fate a vivere dopo aver celebrato la Messa? Ogni avete il Figlio di Dio nelle vostre mani. Ogni giorno avete una potenza, che l’arcangelo Michele non ha. Con la vostra bocca voi trasformate la sostanza del pane il quella del Corpo di Cristo; voi obbligate Dio stesso a scendere sull’altare. Siete grandi! I più potenti che possono esistere…Sacerdoti ve ne scongiuriamo: siate santi!! Se siete santi voi, noi siamo salvi, se non siete santi voi, siamo perduti.”
Servo di Dio Enrico Medi - Scienziato, figlio spirituale di Padre Pio

“Non siate dei preti a metà. O tutto o niente! Meglio un laico galantuomo che un prete mediocre.
Un prete mediocre è gia un cattivo prete. Chi non si sente di essere santo, se ne vada per i fatti suoi, ma non profani la Chiesa con la sua vita borghese. Per un prete l’essere santo, è una necessità ineluttabile. Tenetelo bene a mente!”
Don Eugenio Bernardi

“Questa mattina quando Gesù fu nel mio cuore (con la comunione) mi parve di vedere come un estesa pianura e in essa una moltitudine di Sacerdoti divisi in tre parti distinte. Una di queste parti, mandava una luce vivissima che illuminava a grande distanza. L’altra, la più numerosa spargeva intorno a se un bagliore fosco; la terza era in tenebra. Gesù era presente. Rivolto alla parte luminosa: “Questi, disse, sono i Sacerdoti secondo il mio Cuore”; di fronte al secondo gruppo cambiò aspetto: “Questi, disse, non sono in mia disgrazia, ma per amore al piacere all’onore, al denaro, alle comodità, non corrispondono alla santità della loro vocazione” e due grosse lacrime gli solcarono il Volto dal quale traspariva grande tristezza. “Quelli avvolti nelle tenebre sono i sacerdoti che celebrano sacrilegamente” e scoppio in pianto. Io sentivo nell’anima il dolore e la tristezza di Gesù in modo così intenso che anche il fisico ne risentiva… “Prega, soffri, immolati” mi sentii rispondere.”
Serva di Dio Suor Maria Pierina de Micheli
apostola del S.Volto
“Gesù mi disse:“Vuoi salire ora in Paradiso oppure offrirti vittima per la Chiesa e per i Sacerdoti”; come in un velocissimo filmato vidi la critica situazione a cui andava incontro la Chiesa e l’apostasia di tanti sacerdoti. La Madonna mi fece vedere la grande schiera di Sacerdoti e religiosi che andavano in pericolo insieme a tutta la Chiesa”.
Serva di Dio Luigina Sinapi
Le anime da Me più predilette, messe alla prova, Mi vengono meno, le deboli si abbandonano all'isgomento ed alla disperazione, le forti si vanno rilassando a poco a poco. Mi rimangono solo, di notte, di giorno, nelle chiese. NON SI CURANO PIU' DEL SACRAMENTO DELL'ALTARE; non si parla mai di questo Sacramento d'amore; ed anche quelli che ne parlano ahimè! Con che indifferenza, conche freddezza.
Il Mio Cuore è dimenticato; nessuno si cura più del Mio Amore; Io sono sempre contristato. La Mia casa è divenuta per molti un teatro di divertimento; anche i Miei ministri che Io ho sempre riguardati con predilezione, che lo ho amati come la pupilla dell'occhio Mio; essi dovrebbero confortare il mio cuore colmo di amarezze; essi dovrebbero aiutarmi nella redenzione delle anime, invece chi lo crederebbe?! Da essi debbo ricevere ingratitudine e sconoscenze. Vedo, figlio Mio, molti di costoro che ... (qui si Chetò, i singhiozzi gli strinsero la gola, pianse in silenzio) che sotto ipocrite sembianze, Mi tradiscono con comunioni sacrileghe, calpestando i lumi e le forze che continuamente do a essi..”
Gesù a Padre Pio - Epistolario I, 342

PREGHIERE PER I SACERDOTI ISPIRATE DAL SIGNORE
da recitare spesso
Signore Gesù, santifica tutti i Sacerdoti per i meriti della tua Santa Passione, perché possano essere la tua vera immagine pura e santa nel mondo. Amen.
Signore Gesù, per l'amarezza che hai pro­vato per il bacio di Giuda traditore, fa' che ritornino alla Grazia santificante tutti i Sacerdoti che furono infedeli alla loro voca­zione e continuano ostinati nei peccati del mondo. Te lo chiediamo per l'intercessione del Cuore Immacolato di Maria e del Cuore Castissimo di San Giuseppe. Amen.
Eterno Padre, offriamo il Santo Volto del Tuo Figlio Gesù per le mani di Maria, con l'intero generoso olocausto di tutti noi stessi in riparazione di tanti peccati che si commettono, specialmente delle offe­se al SS. Sacramento dell'Altare. Te lo offriamo in modo particolare perché i Sacerdoti mostrino al mondo con la santità della vita, l'adorabile fisiono­mia del Divin Volto, irradiando la luce della verità e dell'amore per il trionfo della Chiesa e la propaga­zione del Regno.
"OFFRI INCESSANTEMENTE ALL'E­TERNO MIO PADRE IL MIO S. VOLTO. QUESTA OFFERTA OTTERRA’ LA SAL­VEZZA E LA SANTIFICAZIONE DI TANTE ANIME. SE POI L’OFFRIRAI PER I MIEI SACERDOTI, SI OPERERANNO MERAVIGLIE".
Gesù a Madre Maria Pierina de Micheli
Eterno Padre, per le mani purissime di Maria, pongo nel calice che i sacerdoti innalzano ogni giorno sugli altari di tutto il mondo la sofferenza fisica, morale e spirituale di tutti coloro che vagano per il mondo senza trovare la porta dell’ovile da loro desiderata e non conosciuta. In questo calice pongo anche tutte le sofferenze fisiche, morali di tutti i sacerdoti tormentati dal dubbio, dalle tentazioni di ogni genere e dalle passioni che il Maligno scatena per impedire che essi indichino a tutti la porta dell’ovile dove Tu, il Salvatore, li attendi. Per il tuo Sangue Preziosissimo ti supplico, o Signore, di voler dare a tutti i sacerdoti pienezza di fede, fortezza d’animo in ogni combattimento, chiarezza di conoscenza e fuoco d’amore per ogni anima a te costata angosce mortali nella notte del tuo martirio. Che per la tua misericordia e l’intercessione della SS. Madre dell’Eucarestia, i tuoi ministri, fidenti nel tuo amore, sappiano farti conoscere e amare da tutte le anime loro affidate dalla tua Santa Chiesa. Così sia.
Preghiera a Gesù Sacramentato per i Sacerdoti
O Gesù Eucaristia, ascolta benignamente la preghiera che ti rivolgiamo per tutti i Sacerdoti. Tu sei la vite, o Gesù, i tuoi Sacerdoti i tuoi tralci e noi il grappolo d’uva. È per essi che ascendiamo a Te, e ci comunichi l’onda del Tuo Sangue redentore. Santificali o Signore, sempre più nel loro ministero, perché modellati sul Tuo Cuore Divino portino la salvezza al mondo. Abbiamo bisogno di luce, ed essi ci diano la tua Parola; abbiamo bisogno di vita, ed essi ci diano la Manna che non muore; abbiamo bisogno d’esempio, ed essi siano la colonna che guidò il popolo d’Israele nel deserto. Ah, si compia, o Signore l’unione da te auspicata nella preghiera sacerdotale: “ Padre Santo, custodisci nel nome tuo quelli che hai a Me consegnati, affinché siano una cosa sola con noi. Ne Io prego solamente per questi, ma anche per coloro i quali per la loro parola crederanno in Me: che siano tutti una cosa sola, come Tu sei in Me, o Padre, e Io in Te, che siano anch’essi una sola cosa in Noi”. Amen
PER AMORE DI GESU’, DIFFONDI QUESTO INVITO AD ALTRE ANIME

GRAZIE OTTENUTE A CHI SI IMPEGNA A PREGARE PER I SACERDOTI


Un triduo. Nel 1934 ero a Trapani. Fui chiamato ad assistere una moribonda e vi accorsi frettolosamente.
La camera era piena di parenti. L'in­ferma, appena mi vide, mi disse con mol­ta fede: Padre, aiutatemi a salvare l'ani­ma mia! ... Per me è ormai finita! . . . Voglio confessarmi, ricevere il Santo Via­tico e l'Olio - Santo e poi ... venga la morte!
- Signora, ma siete così grave?
-Sono in uno stato gravissimo; lo sento. Da poco tempo sono stata opera­ta; ora dovranno operarmi di peritonite acuta. Sento che le forze vengono meno. Prima di andare sotto i ferri, pensiamo all'anima.”
Intanto là vicino scorsi un uomo, in lacrime.
- Fatevi coraggio! Voi siete il marito dell'ammalata
- Si, Padre! Non abbiamo figli. Morta mia moglie, resterò solo al mondo.
- Poiché il caso è grave, rivolgiamoci a Dio con la preghiera. Raccomando di fare un triduo di preghiere.
- Suggeriteci voi che cosa fare.
- Dovete dire ogni giorno un Rosario per tutti i Preti di Trapani e, siccome il Signore gradisce assai la preghiera per i suoi Sacerdoti, speriamo che venga la grazia della guarigione. -
Il mio suggerimento fu subito attuato. Tutti quelli che erano presenti cominciarono a pregare. Dopo qualche ora vennero quattro medici. Fatta la visita al­l'inferma, dissero: L'operazione non è urgente. Aspettiamo. -
L'indomani si rinnovò la visita.
Con­clusione: L'ammalata è fuori pericolo. - Il terzo giorno i medici assicurarono che il male andava scomparendo. La guari­gione si ottenne.
Quando la signora mi rivide, piegò le ginocchia davanti a me: Reverendo, sono viva per miracolo!
- Signora, non umiliatemi; in questa faccenda ho poca parte. È il Signore, che ha accettata la preghiera per i Preti di Trapani e vi ha salvata! -
In ringraziamento la pia signora volle solennizzare una giornata nella Parroc­chia di Maria Ausiliatrice, presente lei ed i parenti.

Lacrime paterne. Nel 1945 ero a Modica.Venne a trovarmi un buon padre di famiglia. Mentre parlava, piangeva.
- Che Iddio faccia morire prima me ... e no mia figlia! Povera figlia mia ... morire a diciannove anni!
- I medici che cosa ne pensano?
- La curano in tutti i modi, ma la figlia non migliora, anzi perde terreno ogni giorno di più!
- Essendo questa la situazione, non resta che implorare la misericordia di Dio. Volete conoscere uno dei segreti più potenti per ottenere grazie dal Signore? Pregare per i Preti! Voi dovete recitare ogni giorno un Rosario per i Sacerdoti di Modica. Pregare con fede. Non è dif­ficile che Iddio vi consoli presto. -
Come si allontanò rasserenato il bra­vo uomo! La sola speranza della guari­gione della figliuola, gli ridiede il sorriso.
Non trascorse un mese ed il padre di famiglia ritornò.
- Reverendo, non ho parole per rin­graziare Dio! Ho pregato per i Preti del­la città; la figliuola è già guarita perfet­tamente. Non si riconosce più! Vedesse come si è rimessa! È aumentata molto anche di peso ... Ho già fatto un voto, da mantenere per tutta la mia vita: Re­citerò ogni giorno un Rosario per i Sacerdoti! -
Oggi la guarita è un'ottima madre di famiglia, dimorante a Rosolini (Siracusa).

Antonio ... Nel 1947 ero a Palermo, presso l'Orfa­notrofio maschile, in Piazza Santa Chiara. Una sera ero andato nell'infermeria dell'Ospizio, per completare, nel silen­zio, dei lavori di tavolino.
In fondo alla camera giaceva un orfa­nello sui quattordici anni; sua madre lo assisteva. L'infermo da cinque giorni non parlava, non si nutriva ed era nell'inco­scienza; la febbre, oltre i quaranta gra­di, lo consumava. I superiori erano in grande apprensione, perché il caso era veramente grave.
La vista di quella donna, che contem­plava il figlio in quelle tristi condizioni, mi richiamò il pensiero della mamma mia: E se fossi io quell'infermo ... e se quella donna fosse mia madre ... oh, che strazio!
Mi avvicinai alla signora per confor­tarla.
- Abbiate fede in Dio! Speriamo che il vostro Antonio guarisca presto.
- No, Padre, che guarisca presto! ... Che non muoia! ... Io sono una povera vedova; questo figlio è il mio più grande tesoro! Come dovrò fare se morrà? -
Rivolsi la parola al giovanetto, alzan­do la voce al suo orecchio. Non dava segno di udire.
- Signora, suggerisco a voi quello che ho suggerito ad altri in simili casi: Pregare per i Preti di Palermo, recitando ogni giorno per loro un Rosario. Comin­ciate una novena e mettetevi, se è il caso, in grazia di Dio.
- Se faccio così, mio figlio non morrà?
- È probabile! So che Iddio facil­mente accetta la preghiera per i suoi Ministri.
Quanta gioia infusero le mie parole in quel cuore materno sanguinante! La donna cominciò a pregare. L'indo­mani mattina alle ore nove spariva la febbre, completamente, Antonio comin­ciava a parlare ed ebbe la forza anche di alzarsi subito da letto e scendere al pianterreno dell'Ospizio.
È da immaginare la gioia di questa madre! Quando mi presentò il figlio, tranquillo e sorridente, mi disse: Reve­rendo, e questo è mio figlio! Si può rico­noscere per quello che era?
- Avete saputo pregare! Continuate a pregare per i Preti! -

È prodigio!Andare a Torino e non visitare la Pic­cola Cassa della Divina Provvidenza, è una vera omissione.
Lasciato il Santuario di Maria Ausilia­trice, in contrada Valdocco, percorro la Via Cottolengo e busso ad una porta. Una Suora viene ad aprirmi.
- Desidererei visitare questo ricovero. - Attendete, perché il momento non è propizio. È l'ora del pasto. -
Mi trattengo nella cameretta d'aspet­to. Quanta semplicità! Un altarino, de­dicato alla Vergine, è ricoperto di fiori e circondato di lumini; ognuno che deve uscire, prima s'inginocchia davanti alla sacra immagine, recita un'Ave Maria e poi va per i suoi affari.
- Quante Suore siete in questa Casa? - Circa novecento.
- Ed i ricoverati quanti sono? - Quasi tredici mila.
- E quanto pagano?
- Neppure una lira. È ricovero gra­tuito e possono venire qui gli ammalati da qualsiasi nazione. Tanti si astengono dal venire qui, perché non possono resistere al freddo dell'inverno.
- Dunque, non si paga nulla. Ma ave­te dei fondi, delle grandi proprietà, per affrontare le spese quotidiane?
- Nessun fondo.
- Allora voi Suore siete costrette ad andare in giro a questuare?
- Neppure questo si fa. Iddio manda qui direttamente il necessario; e quando pare che siamo con l'acqua alla gola, su­bito arriva la provvidenza, anche in mo­do miracoloso.
- E la Superiora, per regolarsi con prudenza, tiene il registro di contabilità? - Con la Divina Provvidenza non si fanno calcoli.
- E non è mai mancato niente ai ricoverati?
- Da più di un secolo che esiste que­sto ricovero e in nessun giorno è venuto meno il necessario.
- Ma questo è un miracolo perma­nente! . . . -
Eccomi dentro la Piccola Casa. È un grande paese. Bracci di stradali, lunghi viali, immensi isolati, gente che va e vie­ne ... Entro in diversi reparti: uomini anormali, sordo-muti, minorati, ecc. Ovunque scorgo miserie fisiche. In ultimo entro in Chiesa. Trovo il Santissimo Sa­cramento esposto solennemente. Doman­do alla guida: Perché questa Esposizione Eucaristica?
- Qui Gesù Sacramentato resta espo­sto sempre, notte e giorno. Le Suore sor­domute si danno il turno e pregano.
- Per quale intenzione pregano? - Per i Preti, sempre per i Preti! - Ho capito! - Questo è il segreto del miracolo permanente, che si verifica ogni giorno nella Piccola Casa! ... Ed invero Gesù Cristo, vedendosi pregato incessantemente per i suoi Sacerdoti, guarda con occhio di predilezione que­sto ambiente e manda ogni giorno il ne­cessario.
E chi è stato il fondatore di questa opera meravigliosa? Un povero Prete, il Padre Cottolengo! ...
Non so con quale coraggio e convin­zione gli anticlericali possano gridare: Abbasso i Preti! - Sono ciechi! Eh, fossero anche muti! ...

Pensiero delicato.La cittadina di Gangi, sita su alto monte, mi alberga da qualche mese. La popolazione, assetata della parola di Dio, accorre per ascoltare le mie prediche.
Una mattina una pia donna mi dice: Vogliate celebrare una Santa Messa per i Preti morti. Ecco l'offerta! Però deside­ro che sia celebrata laggiù, nella cappel­la sotterranea. -
Con meraviglia vedo nella cripta espo­sti i cadaveri dei Preti defunti. Doman­do: E che significa ciò?
- I Sacerdoti di Gangi in questo mo­do sono ricordati dai fedeli e ricevono suffragi. Hanno lavorato per il popolo ed è giusto che il popolo li ricordi dopo la loro morte. -
Pensiero delicato e doveroso! Ancorché non si mettano in un luogo riservato i cadaveri dei Preti in ogni cit­tà ed in ogni borgata, dovrebbe sentirsi il dovere di suffragare le anime dei Mi­nistri di Dio.
Non trascurino le anime devote que­sto atto di carità spirituale verso coloro che hanno tenuta accesa la fiaccola del­la fede. Di tanto in tanto si facciano ce­lebrare delle Sante Messe e si compiano altre opere di suffragio per i Sacerdoti defunti. Oh, come gradisce Gesù Cristo il ricordo pietoso dei suoi Ministri e co­me ricambia con grazie particolari!
Testimonianze di Don Giuseppe Tomaselli


DOVERI VERSO I SACERDOTI
Amare, rispettare, pregare. Bisogna amare i Sacerdoti, perché il prossimo si deve amare. Bisogna stimarli, perché rivestiti di una dignità sovruma­na; sono come dei vasi misteriosi, con­tenentI un unguento divino; il vaso potrà essere d'oro, di rame, di alabastro o di terracotta, ma l'unguento è lo stesso.
I Sacerdoti si devono rispettare, per­ché ciò che si fa a loro, si fa a Gesù Cristo, che rappresentano.
Bisogna difenderli, senza paura della critica altrui. Difendendo i Preti, si difendono i diritti di Dio. Chi si vergogna di difendere un Ministro di Dio, merita la minaccia di Gesù Cristo: Chi si vergo­gna di me, mi vergognerò di lui davanti al Padre mio nel di del giudizio.
Si deve pregare per i Sacerdoti.
La preghiera è l'arma dell'onnipotenza nelle mani dell'uomo. Per mezzo di essa
il Signore lascia scendere le sue mise­ricordie su ciascun'anima e sul mondo intero.
Il Sacerdote è l'uomo della preghiera e, siccome è anche « l'uomo del popolo », prega per il popolo con assiduità.
Egli, celebrando la S. Messa, prega per i fedeli. Compiendo altre pratiche devote, quali la recita del Rosario, la vi­sita al SS. Sacramento, ecc.... non tra­scura di pregare per le anime, che Iddio gli ha affidato. Ogni giorno, ogni Prete è tenuto a recitare l'Ufficio Divino, sotto pena di peccato; tale recita ha una discreta durata. Egli fa questa preghiera a Dio a nome dell'umanità.
È giusto, quindi, che anche i fedeli preghino per i Sacerdoti, affinché si santifichino, affinché portino molte anime sulla via della salvezza ed affinché ab­biano la forza di resistere agli assalti dei demoni e dei malvagi.
La preghiera, fatta con fede e con ret­ta intenzione, è sempre gradita a Dio; ma quella che si rivolge al Creatore a vantaggio dei Sacerdoti, è molto più gradita.
Il Sacerdote è la pupilla degli occhi di Gesù Cristo e quindi il Signore desidera che la sua grazia aumenti nel suo Mini­stro, affinché egli riesca a salvargli molte anime.
Tuttavia non tutti i fedeli compren­dono il dovere di pregare per i Sacer­doti. Oh, se s'impiegasse in tale preghiera metà del tempo che s'impiega nel mondo a criticare la condotta dei Preti, quanto vantaggio ne verrebbe!
Santa Teresa del Bambino Gesù scri­ve nella Storia di un'anima: « Non sa­pevo convincermi del bisogno che hanno i Sacerdoti della mia preghiera. Sono essi che devono pregare per me. Ma quando andai a Roma e lungo il viaggio ebbi occasione di avvicinare molti Sacerdoti, allora mi convinsi che hanno bisogno della preghiera altrui. Ne incontrai dei fervorosi e zelanti, ma anche di quelli un po' rilassati nello spirito. Da quel tempo in poi ho messo la mia vita a vantaggio dei Sacerdoti: pregare per loro, sacrificarmi per loro. Anche dal Cielo vor­rò continuare questa nobile missione ».
Imparino anche gli altri fedeli a pre­gare ogni giorno per i Sacerdoti. Le ani­me pie scelgano un giorno alla settima­na, ad esempio il giovedì, ed offrano le loro opere di bene a Dio per il vantaggio spirituale dei Sacri Ministri. Oh, come sono care a Dio tali anime e quante gra­zie possono ottenere!

Sacerdote chi sei tu?
A Giovanni, il Precursore, gli inviati di Gerusalemme rivolsero la stessa domanda ed egli rispose che non era il Cristo, ma una voce che gridava nel deserto.
Ad un altro uomo, dall'incedere grave, dallo sguardo modesto, dalla parola calma e soave, a questo uomo che si distacca dalla massa, come il Battista, l'umanità domanda ogni giorno: sei tu il Cristo?
Tu non rispondi, ma come un giorno Gesù ai messi di Giovanni, mostri le opere tue sante: i ciechi nell'anima vedono la luce, gli zoppi, gli stanchi, gli sfiduciati camminano spediti per le vie della fede e della speranza, gli ignoranti sono evangelizzati, i derelitti confortati.
Giovanni - dice l'Evangelista - non era la luce, tu invece sei la luce del mondo. Giovanni disse di non essere Elia, né un profeta; tu invece, o Sacerdote, sei più grande di Elia e dei Profeti, perché essi parlarono di Cristo, tu lo rappresenti.
Sono grandi gli uomini della terra che scrivono versi immortali, poemi divini, ma tu sei più grande perché parli un linguaggio che non è terreno.
Sono grandi gli uomini della terra che hanno profuso tutto il loro genio per lanciare verso i cieli le artistiche cattedrali e le basiliche, che hanno costruito le dorate cupole e gli svettanti campanili, ma più grande sei tu che costringi l'Altissimo a scendere in questi templi maestosi.
Grandi gli uomini che hanno tratto da sette note musicali armonie celesti, ma più grande tu, o Sacerdote, che ogni giorno ai piedi dell'altare canti al tuo Dio l'inno verginale della tua perenne giovinezza.
Grandi gli uomini che hanno in mano il destino dei popoli, ma tu sei più grande perché hai in mano le chiavi del cielo e dell'inferno.
Grandi gli uomini della terra che dispongono di armi e di eserciti, ma tu sei più grande perché disponi di mani imploranti che come quelle di Mosè possono mutare il corso della storia.
E se dalla terra saliamo al cielo, là noi ti vediamo più grande o sacerdote!
Adoratori di Dio tre volte Santo, angeli tutti del Paradiso, voi potete assistere al Trono dell'Altissimo, ma il Sacerdote è più fortunato di voi perché porta Iddio dove vuole; voi siete servitori possenti al comando di Dio, ma il Sacerdote fa Dio ubbidiente e servo ai suoi comandi.
Diteci voi almeno, o Santi del cielo, diteci: chi è il Sacerdote? "Io - ci risponde S. Caterina da Siena - baciavo il terreno dove un sacerdote poneva il piede". "Io - ci risponde S. Francesco d'Assisi - mi ritenni indegno di essere insignito di una dignità così eccelsa, e se avessi incontrato un angelo e un sacerdote, avrei prima salutato il Sacerdote".
Chi sei tu, dunque, o Sacerdote? Diccelo almeno Tu, o Vergine Santissima! Tu hai generato Iddio e il Sacerdote genera lo stesso Iddio sull'altare; anzi Tu lo hai generato una sola volta e il Sacerdote lo genera ogni giorno. Tu sei il rifugio dei peccatori, ma il Sacerdote ha il potere di rimettere i peccati...
Oh Sacerdote, chi sei tu dunque? Non sei Dio, ma sei potente come Lui! 0 Dio tu hai creato il mondo e tu o Sacerdote crei sotto i tuoi occhi il Creatore del mondo; Tu o Dio generi eternamente il Verbo e tu, o Sacerdote, hai la potestà di farlo scendere sulla terra e di sacrificarLe.
Chi sei tu dunque, Sacerdote? Dopo Dio, sei il Dio terreno. Venuto dagli uomini non sei più come gli uomini, ma tutto in te è sacro. Tu non sei più uno di noi. Le nostre mani stringono ancora il fango e la polvere, le tue invece o Sacerdote diventano ogni mattina la culla di Gesù.
Le tue mani sono trepide e tenere come quelle di Maria, calde e donatrici come quelle di Giuseppe, riparatrici, ardenti e coraggiose come quelle di Maddalena, misericordiose come quelle di Nicodemo e Giuseppe d'Arimatea, taumaturgiche come quelle di Mosè.
Mani liberatrici che liberano dalle spine del peccato, dai lacci della seduzione, dalle catene del vizio; mani angeliche che abbattono la fredda pietra tombale della disperazione. Mani feconde e generose che spezzano per gli uomini il Pane degli Angeli. Mani paterne spalancate per raccogliere tutte le lacrime dei figli prodighi.
I nostri occhi guardano sempre la terra, i tuoi invece sono fissi nei cieli. Tu vedi tenebre dove noi vediamo false luci, e splendori di cielo dove noi vediamo abissi di disperazione; tu vedi gioia dove noi vediamo dolore; tu vedi tripudio dove noi vediamo grigiore e monotonia; tu vedi il Paradiso dove noi vediamo il
deserto; tu vedi Dio dove noi vediamo le creature; tu vedi l'eternità dove noi vediamo il minuto fuggente!...
Sacerdote di Cristo, chi sei tu?La tua vita è una continua agonia, il tuo cuore è sempre in pena perché il figlio prodigo ancora non torna, l'anima tua è tante volte triste fino alla morte perché a pochi passi dalla tua casa, dalla tua chiesa, Cristo viene di nuovo crocifisso; sei sempre pronto al perdono e a far festa per il figlio dissipatore che ritorna nella casa del Padre; sei il buon Pastore insonne che va in cerca della pecorella smarrita; il tuo cuore è sempre aperto come una bocca che nella tenebra grida ai prodighi sperduti, come il grido lacerante della mamma che chiama. Quando noi siamo distratti, tu ti raccogli nella solitudine, quando noi pecchiamo tu preghi ed espii, quando noi dormiamo tu vegli.
Chi sei tu dunque Sacerdote? Sei un uomo come noi, con le nostre stesse miserie e insieme sei potente come Dio, tanto da poter chiudere le porte dell'inferno e aprire quelle del Cielo a tutti noi peccatori, perfino a quanti hanno seguito le orme di Giuda e di Caino.
Vivi sulla terra come noi, ma tratti problemi di Cielo; vivi nel tempo ma operi per l'eternità.
Chi sei tu dunque o Sacerdote? No, non c'è parola umana che possa dirci quello che tu sei: sei un ministro sospeso tra Cielo e Terra, un mistero indefinibile, insondabile, come Dio, a cui tanto somigli.

IL SACERDOTE
È il dono più grande fatto da Gesù giovedì santo a sera. È preso di mezzo al mondo, vive nel mondo, non appartiene al mondo, anche se è tale per il mondo. E figlio di uomini, ma ha il potere di rendere figli di Dio. È povero, ma può ricolmare di ricchezze infinite. È debole, ma rende forti col Pane della Vita. È servo, ma davanti a lui si in­ginocchiano i potenti. È mortale, ma dona l'immortalità. È luce e può stare nelle tenebre. È sale e può essere scipito. Porta la fede e può non averla. Deve sostenere e dev'essere sostenuto. Il suo perdono è quello stesso di Gesù. Anche il suo messaggio è quello di Gesù: un messaggio di gioia, di luce, di amore. È detto retrogrado, ma è sempre proteso ad ogni vero progresso. È tacciato di oscurantismo, ma a nessuno più di lui la società è debitrice.
Quando è santo, lo si ignora. Quando è bene­fico, lo si trascura. Quando pecca, volentieri lo si calpesta. A tutti si è disposti a perdonare, tranne che a lui. Sono suoi amici preferiti i sofferenti, i deboli, i vacillanti, i moribondi. E fratello di tutti e deve restare estraneo a tutti. Vive solo, senza formarsi una famiglia. Sorride alla vita che nasce, benedice la morte che viene. Consacra l'amore e non deve conoscere l'amore, perché il suo cuore è di Dio e quindi di tutti i fratelli e non di una creatura soltanto. Quando celebra, solo qualche gradino è più in alto degli altri. Ma lui tocca il cielo! E quando confessa, è chiuso nel buio di un confessionale. Ma quanta luce nelle parole che dice: “Io ti perdono!".
Il sacerdote "è il vertice di tutte le grandezze create" (Sant'Ignazio). È dotato di poteri eccezio­nali: cose che la Madonna e gli angeli non possono fare lui le fa: celebra e confessa. Quanti si raccomandano alle sue preghiere, e giustamente! Perché lui è l'avvocato dei fratelli presso Dio, è il pontefice (fa da ponte) tra Dio ed i fratelli. Per tutte queste ragioni il grande Monsabré diceva: "Potete essere grandi quanto volete, non lo sarete mai tanto quanto questo povero prete che cele­bra! ".
Fino alla fine dei tempi il sacerdote sarà l'uo­mo più cercato e più incompreso, più amato e più odiato, più desiderato e più sfuggito, "segno di immensa invidia e di pietà profonda, di ine­stinguibile odio e di indomato amore" (Manzoni) - posto come Gesù a "segno di contraddizione". Il sacerdote deve confortare il suo insegnamento, il suo messaggio più con la vita che con la parola. Una testimonianza la sua tanto più difficile ed impegnativa in quanto spesso è chiamato - come Gesù - "a portare non la pace, ma la guerra ".
Per questo la sua vita è una lotta permanente. Deve vivere a servizio degli altri fino a dimentica­re e sacrificare se stesso. Nei momenti più salienti dell'esistenza, gioiosi o tristi, il sacerdote è sem­pre accanto all'uomo. Deve ricordare a sé ed ai fratelli che la meta non è la terra, ma il cielo.

Signore donaci Sacerdoti santi!
Per predicare la tua verità.
Per dirigere le anime.
Per accogliere i peccatori.
Per condurre a te i fanciulli.
Per santificare le famiglie.
Per consolare gli ammalati.
Per aiutare i poveri.
Per benedire il lavoro dell'uomo.
Per non dimenticare il cielo.
Per continuare il benefico apostolato di P. Pio.
Dio onnipotente ed eterno, che vuoi la salvezza di tutti gli uomini e non vuoi che alcuno perisca, dona al mondo sa­cerdoti santi, perché il loro esempio trascini gli altri a conoscerTi meglio, ad amarTi di più ed a servirTi come a Te conviene. Amen.

PREGHIERA AL PADRE CELESTE PER I SACERDOTI

Padre Celeste, noi ti offriamo tutto il martirio d' amore che subì nel Cenacolo il Cuore del tuo Figliuolo nell'ora in cui esau­riva tutto il tesoro del suo amore per l'u­manità nel donarle l’Eucaristia e il Sacer­dozio, soffrendo nell'intensità tutta l'ama­rezza dell'abbandono e dei tradimenti che attraverso i secoli avrebbe sofferto nel Ce­nacolo perenne dell'Altare.
Noi vogliamo far risuonare al tuo Cuore paterno la preghiera che il tuo Figliuolo ti rivolse in quell' ora di amore e di do­lore per i suoi Sacerdoti che lasciava nel mondo come agnelli in mezzo ai lupi; e con Gesù dunque ripetiamo:
Padre Santo , santificali! Come Gesù noi vogliamo santificarci per essere degni di sacrificarci per i tuoi diletti Ministri; per i fratelli, gli amici del tuo Gesù.
Padre Santo, santificali! E quando ascendono l'Altare per immolarvi l'Ostia Santa, fa che con generoso amore, sappiano unire alle Oblate Eucaristiche, il sacrificio della loro volontà e del loro cuore.
Padre Santo, santificali! E quando do­nano ai poveri figli degli uomini, il Pane degli angeli , Tu comunicati al loro cuore, e dona loro le sante gioie di una sempre, più intima unione col tuo Gesù !
Padre Santo, santificali! E quando con fragilità umana e potestà divina esercitano il tremendo ministero di assolvere e di legare, Tu sostienili, custodiscili, illu­minali, assolvili da ogni ombra che possa offuscare la divina bellezza della loro ani­ma sacerdotale, e dona loro virtù di con­vertire e santificare le anime.
Padre Santo, santificali! E quando dalla cattedra di verità parlano di Te, o Padre, della patria celeste, ai tuoi figli nell' esilio, benedici la loro parola, perchè sia seme fecondo che produca frutti di vita eterna.
Accogli, o Padre, la preghiera del tuo Figliuolo e compi l’infinito desiderio del suo cuore nel moltiplicare e santificare i suoi sacerdoti.
O divino Padrone della messe, manda operai santi al tuo campo.
O celeste Vignaiuolo, custodisci i tralci della tua Vite, non permettere che nessuno di essi vada a bruciare nel fuoco; ma purificali tutti, affinchè diano frutti abbon­danti di vita eterna per la tua gloria e per la santificazione delle anime.
O Maria, madre dell'Eterno Sacerdote, prega con noi, prega in noi, per i sacerdoti del tuo Gesù. Amen.

PREGHIERA A GESÙ PONTEFICE ETERNO

O Gesù, Pontefice eterno, divino Sacrificatore, Tu che in uno slancio incomparabile d'amore per gli uomini tuoi fratelli, hai fatto sgorgare dal tuo Sacro Cuore il Sacerdozio cristiano, degnati di continuare a versare nei tuoi Sacerdoti le onde vivificanti dell'Amore Infinito.
Vivi in essi, trasformali in Te, rendili, per mezzo della tua grazia, gli strumenti delle tue misericor­die; opera in essi e per essi e fa' che, dopo di essersi rivestiti di Te per mezzo della fedele imi­tazione delle tue adorabili virtù, essi facciano in tuo nome e per la forza del tuo spirito, le opere che hai compiuto Tu stesso per la salvezza del mondo.
O Divin Redentore delle anime, vedi quanto è grande la moltitudine di quelli che dormono anco­ra nelle tenebre dell'errore; conta il numero di quelle pecorelle infedeli che camminano sull'orlo del precipizio; considera la folla dei poveri, degli affamati, degli ignoranti e dei deboli che gemono nell'abbandono.
Ritorna a noi per mezzo dei tuoi Sacerdoti; vivi, o buon Gesù, in essi, opera per essi e passa di nuovo in mezzo al mondo insegnando, perdonan­do, consolando, sacrificando, rannodando i sacri vincoli dell'amore tra il Cuore di Dio e il cuore dell'uomo. Amen.

Preghiera per le vocazioni di papa Pio XII
Signore Gesù, Sacerdote sommo e Pastore uni­versale, che c'insegnasti a pregare dicendo: "Pregate il padrone della messe che mandi operai alla sua messe". ascolta benevolo le nostre suppliche e suscita molte anime generose, che, animate dal tuo esempio e sostenute dalla tua grazia, bramino di essere i ministri e continuatori del tuo vero e unico sacerdozio.
Fa che le insidie e la calunnie del nemico mali­gno, secondato dallo spirito indifferente e materia­lista del secolo, non offuschino tra i fedeli quell'ec­celso splendore e quella profonda stima dovuta alla missione di coloro che, senza essere del mondo, vivono nel mondo per essere dispensatori dei divini misteri. Fa che per preparare buone vocazioni, si continui sempre a promuovere nella giovani l'istruzione religiosa, la pietà sincera, la purezza della vita e il culto dei più alti ideali. Fa che per secondarle, la famiglia cristiani non cessi mai di essere semenzaio di anime candide e fervorose, cosciente dell'onore di dare al Signore Alcuni dei suoi abbondanti rampolli. Fa che alla tua Chiesa stessa, in tutte le parti del mondo, non manchino i mezzi necessari per accogliere, favorire, formare e portare a maturità le buone vocazioni che le si offrono. E affinché tutto ciò divenga realtà, o Gesù amantissimo del bene e della salvezza di tutti, fa che la potenza irresistibile della tua grazia non cessi di scendere dal cielo sino ad essere in molti spiriti prima, chiamata silenziosa, poi, generosa corrispondenza, e infine, perseveranza nel santo servizio.
Non ti affligge, o Signore, il vedere tante moltitu­dini come gregge senza pastore, senza chi spezzi loro, il pane della tua parola, chi porga loro l'acqua della tua grazia, col pericolo che rimangano alla merce dei lupi rapaci che continuamente le insidiano?
Non ti duole il contemplare tanti campi, ove non è ancora entrato il vomere dell'aratro, ove crescono, senza che alcuno disputi loro il terreno, i cardi e i pruni? Non ti dà pena il mirare tanti orti tuoi, ieri verdi e frondosi, prossimi a divenire gialli ed incolti? Permetterai che tante messi già mature si sgranellino, si perdano per mancanza di braccia che le raccolgano?
O Madre, dalle cui mani pietose ricevemmo il più santo di tutti i sacerdoti; o glorioso Patriarca San Giuseppe, esempio perfetto di corrispondenza alle chiamate divine; o santi Sacerdoti che in cielo formate intorno all'Agnello di Dio un coro predi­letto: otteneteci molte e buone vocazioni, affinché il gregge del Signore, da vigili pastori sorretto e gui­dato, possa giungere ai pascoli dolcissimi dell'eter­na felicita. Così sia!

LITANIE PER LA SANTIFICAZIONE DEI SACERDOTI

Concedeteci, o Signore, dei sacerdoti.
Concedeteci, o Signore, dei sacerdoti.
Concedeteci, o Signore, dei santi sacerdoti.
Concedeteci, o Signore, dei santi sacerdoti.
Concedeteci, o Signore, molti santi sacerdoti.
Concedeteci, o Signore, molti santi sacerdoti.
Santa Maria, Regina del Clero, concedeteci dei santi sacerdoti.
San Giuseppe, Patrono della santa Chiesa, concedeteci dei santi sacerdoti.
Santi Angeli ed Arcangeli, concedeteci dei santi sacerdoti.
Santi Patriarchi e Profeti, concedeteci dei santi sacerdoti.
Santi Martiri e sante Vergini, concedeteci dei santi sacerdoti.
Santi Vescovi e Confessori, concedeteci dei santi sacerdoti.
Santi Fondatori di Ordini religiosi, concedeteci dei santi sacerdoti.
Sant'Antonio da Padova, difensore dell'Eucaristia, concedeteci dei santi sacerdoti.
San Pasquale Baylón, concedeteci dei santi sacerdoti.
San Giovanni Maria Vianney, modello di santità sacerdotale, concedeteci dei santi sacerdoti.
San Francesco Saverio, patrono dei preti missionari, concedeteci dei santi sacerdoti.
Santa Teresa del Bambin Gesù, vittima per la santificazione sacerdotale, concedeteci dei santi sacerdoti.
Santi e Beati del Cielo, concedeteci dei santi sacerdoti.
Per celebrare degnamente il Santo Sacrificio, concedeteci dei santi sacerdoti.
Per offrire quotidianamente la Santa Messa, concedeteci dei santi sacerdoti.
Per nutrire i fedeli col Pane di Vita, concedeteci dei santi sacerdoti.
Per favorire gli splendori del culto divino, concedeteci dei santi sacerdoti.
Per rigenerare le anime col Battesimo, concedeteci dei santi sacerdoti.
Per istruire i fanciulli nella santa religione, concedeteci dei santi sacerdoti.
Per crescere la gioventù nel santo timore di Dio, concedeteci dei santi sacerdoti.
Per annunciare a tutti la Parola di Dio, concedeteci dei santi sacerdoti.
Per convertire tutti gli infedeli e gli eretici, concedeteci dei santi sacerdoti.
Per smascherare e combattere le false dottrine, concedeteci dei santi sacerdoti.
Per confermare nella Fede coloro che dubitano, concedeteci dei santi sacer­doti.
Per sostenere ed incoraggiare coloro che esitano, concedeteci dei santi sacerdoti.
Per rialzare coloro che cadono e riconciliarli con Dio, concedeteci dei santi sacerdoti.
Per ricondurre a Dio tutti coloro che se ne sono allontanati, concedeteci dei santi sacerdoti.
Per salvaguardare la morale cristiana, concedeteci dei santi sacerdoti.
Per lottare vigorosamente contro la corruzione dei costumi, concedeteci dei santi sacerdoti.
Per benedire delle sante unioni, concedeteci dei santi sacerdoti.
Per difendere l'onore e la santità del Matrimonio, concedeteci dei santi sacerdoti.
Per consolidare la gioia delle nostre famiglie cristiane, concedeteci dei santi sacerdoti.
Per fortificare e consolare i nostri ammalati ed i tribolati, concedeteci dei santi sacerdoti.
Per assistere i nostri moribondi, concedeteci dei santi sacerdoti.
Per condurre i nostri cari al luogo dell'eterno riposo, concedeteci dei santi sacerdoti.
Per pregare ed offrire per i nostri defunti, concedetèci dei santi sacerdoti.
Per dare Gloria a Dio e pace alle anime di buona volontà, concedeteci dei santi sacerdoti.
Agnello di Dio che togli i peccati del mondo, perdonaci, o Signore.
Agnello di Dio che togli i peccati del mondo, esaudiscici, o Signore.
Agnello di Dio che togli i peccati del mondo, abbi pietà di noi.

Preghiamo

Suscita, o Signore, in seno alla tua Chiesa lo spirito di pietà é di fortezza: esso renda degni i ministri del tuo Altare ne faccia strenui assertori della Tua Parola. Per Cristo Nostro Signore. Amen.


venerdì 7 febbraio 2014

VOCE DI SAN PIO :

-" Questo modo di stare alla presenza di Dio solamente per protestare con la nostra volontà di riconoscersi per suoi servi, è santissimo, eccellentissimo, purissimo e di grandissima perfezione." (Epist. III, p. 982).

SANTI é BEATI :

San Girolamo Emiliani (Miani) Fondatore
8 febbraio - Memoria Facoltativa
Venezia, 1486 – Somasca di Vercurago, Lecco, 8 febbraio 1537
Fondatore della Società dei Servi dei poveri (Somaschi), Girolamo Emiliani si dedicò a malati, giovani abbandonati e al riscatto delle prostitute. Nato a Venezia nel 1486, intraprese la carriera militare. Nel 1511, in prigionia, maturò la vocazione, similmente a sant'Ignazio ferito a Pamplona. Consacratosi a Dio nel 1518, si prodigò in una carestia e in un'epidemia di peste a Verona, Brescia, Como e Bergamo. Qui, nel paesino di Somasca, nacque l'ordine di chierici regolari. Essi intuirono il ruolo di promozione sociale delle scuole e ne aprirono di gratuite con un metodo pedagogico innovativo. Il fondatore morì di peste nel 1537, mentre assisteva dei malati. Santo dal 1767, dal 1928 è patrono della gioventù abbandonata. (Avvenire)
Patronato: Orfani, Gioventù abbandonata
Etimologia: Girolamo = di nome sacro, dal greco
Martirologio Romano: San Girolamo Emiliani, che, dopo una giovinezza violenta e lussuriosa, gettato in carcere dai nemici, si convertì a Dio; si dedicò, quindi, appieno, insieme ai compagni radunati con lui, a tutti i miserabili, specialmente agli orfani e agli infermi; fu questo l’inizio della Congregazione dei Chierici Regolari, detti Somaschi; colpito in seguito dalla peste mentre curava i malati, morì a Somasca vicino a Bergamo.
Ascolta da RadioVaticana:
  
Ascolta da RadioRai:
  
Ascolta da RadioMaria:
  

Il calendario liturgico della Chiesa l’otto febbraio ci fa festeggiare San Girolamo Emiliani che nacque a Venezia 1486, nobile di estrazione perse nella guerra tra Venezia e la lega di Cambrai, il proprio castello di Castelnuovo di Quero sul Piave. In seguito alla sconfitta i francesi s’impossessarono di tutti i suoi beni e fu sottoposto al carcere duro dal Maresciallo di La Palisse. In prigione Girolamo fece voto alla Madonna di cambiare vita qualora gli fosse concessa la Grazia di ottenere la libertà. Girolamo riuscì a scappare dal carcere e finita la guerra tornò a Venezia per sciogliere il suo voto. Così Gerolamo, figlio di un Senatore della Serenissima e di una discendente dei Dogi, nella Chiesa di Santa Maria Maggiore di Treviso, promise alla Madonna di spendere il resto della sua vita ad aiutare il suo prossimo a vivere meglio. Dopo l’insorgere di  una tremenda carestia, cui fece seguito una grave epidemia di peste, si dedicò completamente al servizio dei poveri e alla cura degli ammalati. A contatto con gli appestati, ne contrasse il morbo. Guarito miracolosamente e diede inizio a quella che sarebbe stata la sua missione di vita: la cura di tutti i bisognosi, dagli orfani agli anziani abbandonati alle prostitute. Girolamo curò particolarmente i ragazzi poveri ed abbandonati che vagavano per le calli in cerca di cibo. Per aiutarli fondò il “San Basilio”, il primo orfanotrofio retto con concezioni moderne, nel quale il santo si impegnò non solo a sfamare gli orfani ma anche a dar loro una educazione religiosa e ad insegnare loro un mestiere.
Dopo aver ottenuto la miracolosa guarigione dalla peste, su consiglio di san Gaetano da Tiene e del cardinale Carafa - poi diventato Papa Paolo IV- cominciò a girare l’Italia per aprire numerosi orfanotrofi. Riunendo i suoi più fedeli collaboratori una prima volta a Merone   fondò la Compagnia dei “Servi dei poveri di Cristo”, due anni più tardi a Somasca, un paesino presso Bergamo, si incontrarono nuovamente per formulare la struttura giuridica della sua opera, e da allora dal nome della città, in cui egli morì a causa della peste mentre soccorreva gli ammalati l’8 febbraio 1537 vennero fuori gli attuali Chierici Regolari Somaschi. San Girolamo molto devoto agli angeli custodi, affidò la Compagnia sotto la protezione della Vergine, dello Spirito Santo e dell’Arcangelo Raffaele, componendo anche una orazione all’Arcangelo che egli chiamava “la nostra orazione”: “Dolce Padre nostro, Signore Gesù Cristo noi ti preghiamo per la tua infinita bontà di riformare il popolo cristiano a quello stato di santità che fu al tempo dei tuoi apostoli.
Ascoltaci o Signore perché benigna è la tua misericordia e nella tua immensa tenerezza volgiti verso di noi. Signore Gesù Cristo, Figlio del Dio vivo, abbi pietà di noi (ripetere per tre volte). Nella via della carità, della pace e della prosperità, mi guidi e mi difenda la potenza del Padre, la sapienza del Figlio e la forza dello Spirito Santo, la gloriosa Vergine Maria, l’angelo Raffaele che era sempre con Tobia sia anche con me in ogni luogo e via”. Nel suo sistema pedagogico Girolamo Emiliani non separa mai la formazione cristiana da quella umana: la pratica del vangelo deve aprire contemporaneamente le porte del cielo e quelle del mondo. Emiliani appartiene a quel gruppo numeroso di santi pieni di carità, suscitati nella Chiesa di Dio come reazione allo scisma protestante, che capirono lo spirito della vera riforma dopo il Concilio di Trento. E’ protettore delle città di treviso e Venezia, e patrono degli orfani e della gioventù abbandonata.

Autore:
Don Marcello Stanzione

(Mc 6,30-34) Erano come pecore che non hanno pastore.

VANGELO
(Mc 6,30-34) Erano come pecore che non hanno pastore.
+ Dal Vangelo secondo Marco

In quel tempo, gli apostoli si riunirono attorno a Gesù e gli riferirono tutto quello che avevano fatto e quello che avevano insegnato. Ed egli disse loro: «Venite in disparte, voi soli, in un luogo deserto, e riposatevi un po’». Erano infatti molti quelli che andavano e venivano e non avevano neanche il tempo di mangiare. Allora andarono con la barca verso un luogo deserto, in disparte. Molti però li videro partire e capirono, e da tutte le città accorsero là a piedi e li precedettero. Sceso dalla barca, egli vide una grande folla, ebbe compassione di loro, perché erano come pecore che non hanno pastore, e si mise a insegnare loro molte cose.

Parola del Signore





LA MIA RIFLESSIONE
PREGHIERA 

Ti prego, Signore mio, di vivere dentro di me, di imprimerti nel mio cuore e di esprimerti attraverso la mia misera persona per aiutarci a capirti e a viverti.

Stiamo assistendo ad uno dei tanti episodi in cui Gesù e gli apostoli, sono attorniati dalla folla.
Questo è narrato da tutti e 4 gli evangelisti, anche se con delle diversità, e questi versetti precedono la descrizione da parte di Marco della prima moltiplicazione dei pani e dei pesci. Quello che voglio notare insieme a voi però, non è il miracolo che seguirà, ma quello che genererà in Gesù il desiderio di operare il miracolo. Si era incontrato con gli apostoli e loro gli avevano raccontato tutto quello che avevano fatto da quando lui li aveva inviati in missione a due a due.La stanchezza era evidente, e anche gli apostoli come Gesù, provarono cosa voleva dire prendersi cura degli altri più che di se stessi; ricordate quando di Gesù dicevano che era folle perchè non si fermava neanche per mangiare e per stare con i suoi parenti?Lui li guarda e prova compassione per loro, ossia soffre insieme a loro della loro stanchezza, e decide di allontanarsi insieme a loro da quel posto pieno di gente, per trovare un posto per riposare.Nel brano si dice che Gesù cerca un luogo deserto, ma spesso la parola deserto serve per far capire che non ci sono sicurezze su cui basare la propria vita, per questo cercano qualcuno che li conduca fuori dal deserto. E come Mosè, che ricevette dal cielo la manna per saziare il popolo d'Israele, Gesù come un nuovo Mosè, darà loro quello che cercano proprio come un buon pastore che vede le sue pecore che hanno paura perchè non sanno dove andare.Pochi tra noi sanno che le pecore non vedono molto bene, che belano per tenersi in contatto e per questo si stringono tra di loro. Gesù le ama e non vuole farle ripartire da lì senza aver donato loro la sua parola. 

giovedì 6 febbraio 2014

VOCE DI SAN PIO :

-" Se puoi parlare al Signore nell’orazione, parlagli, lodalo; se non puoi parlare per essere rozza, non ti dispiacere, nelle vie del Signore, fermati in camera a guisa dei cortigiani e fagli riverenza. Egli che vedrà, gradirà la tua presenza, favorirà il tuo silenzio, ed in un’altra volta rimarrai consolata quando egli ti prenderà per mano." (Epist. III, p. 982).

SANTI é BEATI :

San Giovanni da Triora (Francesco Maria Lantrua) Sacerdote francescano, martire
Molini di Triora, Imperia, 15 marzo 1760 - Changxa, Cina, 7 febbraio 1816
Martirologio Romano: Nella città di Changsha nella provincia dello Hunan in Cina, san Giovanni (Francesco Maria) Lantrua da Triora, sacerdote dell’Ordine dei Frati Minori e martire, che, dopo lunghi tormenti patiti in un carcere duro, morì strangolato.

Figlio di genitori benestanti (Antonio Maria Lantrua e Maria Pasqua Ferraironi), dopo i primi studi a Triora, frequenta le scuole dei Barnabiti di Porto Maurizio (Imperia). Qui comincia a sentire l’attrazione per la vita religiosa, ottiene con fatica il consenso dei genitori, e nel 1777 lo accoglie a Roma un altro ligure di Ponente, Luigi da Porto Maurizio, provinciale dei francescani.
Nell’Urbe egli indossa l’abito e cambia il suo nome di battesimo (Francesco Maria) in quello di fra Giovanni. Studia filosofia e teologia, viene ordinato sacerdote a 24 anni e poi passa da un convento all’altro come insegnante, e più tardi anche come padre guardiano. Ma nel 1799 lascia Roma, raggiunge Lisbona dove si imbarca per la Cina, e vi arriva circa otto mesi dopo.
Perché la Cina? Perché già nel Duecento c'è stata nello sterminato Paese una presenza francescana. All’epoca di fra Giovanni, la vita delle comunità cristiane in territorio cinese è molto dura, per ragioni soprattutto politiche. Il cristianesimo viene avversato non tanto in sé, ma piuttosto per la sua provenienza dal detestato e temuto “Occidente”. Operando nella grande regione centrale dello Hu-nan, fra Giovanni si dedica in particolare al recupero e all’incoraggiamento, rivolgendosi a individui e gruppi che avevano accolto la fede cristiana, staccandosene poi per paura; o perché lasciati soli, a causa dell’avversione del potere contro i missionari.
Aiutato da generosi catechisti locali e dalle famiglie rimaste fermamente cristiane, il suo sforzo di evangelizzazione ottiene buoni risultati, dovuti anche alla sua capacità di ambientare la fede cristiana nella realtà locale, nonché alla fiducia personale che si conquista (a partire dallo studio accurato della difficilissima lingua). Fra Giovanni rianima comunità cristiane in crisi, ne crea di nuove.
Ma la sua attività è considerata sovversione, e il 26 luglio 1815 egli viene incarcerato con un gruppo di cristiani cinesi. Questi finiranno schiavi e deportati, per aver rifiutato di abiurare calpestando la croce. Per lui, straniero, l’accusa è gravissima: "Entrato di nascosto, ha percorso varie province, ha raccolto discepoli". Pena di morte, dunque, accuratamente motivata e sottoposta all’approvazione imperiale: sarà posto su una croce e strozzato. Lui chiede soltanto di potersi fare ancora il segno della croce, con i cinque inchini tradizionali dei cristiani cinesi. Poi si consegna al supplizio.
Dopo un mese, il corpo di fra Giovanni viene recuperato, portato poi a Macao, e di lì infine a Roma, nella basilica di Santa Maria in Aracoeli. Giovanni Paolo II lo ha canonizzato nel 2000.

Autore:
Domenico Agasso

(Mc 6,14-29) Quel Giovanni che io ho fatto decapitare, è risorto.

VANGELO 
(Mc 6,14-29) Quel Giovanni che io ho fatto decapitare, è risorto. 
+ Dal Vangelo secondo Marco

In quel tempo, il re Erode sentì parlare di Gesù, perché il suo nome era diventato famoso. Si diceva: «Giovanni il Battista è risorto dai morti e per questo ha il potere di fare prodigi». Altri invece dicevano: «È Elìa». Altri ancora dicevano: «È un profeta, come uno dei profeti». Ma Erode, al sentirne parlare, diceva: «Quel Giovanni che io ho fatto decapitare, è risorto!».Proprio Erode, infatti, aveva mandato ad arrestare Giovanni e lo aveva messo in prigione a causa di Erodìade, moglie di suo fratello Filippo, perché l’aveva sposata. Giovanni infatti diceva a Erode: «Non ti è lecito tenere con te la moglie di tuo fratello». Per questo Erodìade lo odiava e voleva farlo uccidere, ma non poteva, perché Erode temeva Giovanni, sapendolo uomo giusto e santo, e vigilava su di lui; nell’ascoltarlo restava molto perplesso, tuttavia lo ascoltava volentieri.Venne però il giorno propizio, quando Erode, per il suo compleanno, fece un banchetto per i più alti funzionari della sua corte, gli ufficiali dell’esercito e i notabili della Galilea. Entrata la figlia della stessa Erodìade, danzò e piacque a Erode e ai commensali. Allora il re disse alla fanciulla: «Chiedimi quello che vuoi e io te lo darò». E le giurò più volte: «Qualsiasi cosa mi chiederai, te la darò, fosse anche la metà del mio regno». Ella uscì e disse alla madre: «Che cosa devo chiedere?». Quella rispose: «La testa di Giovanni il Battista». E subito, entrata di corsa dal re, fece la richiesta, dicendo: «Voglio che tu mi dia adesso, su un vassoio, la testa di Giovanni il Battista». Il re, fattosi molto triste, a motivo del giuramento e dei commensali non volle opporle un rifiuto. E subito il re mandò una guardia e ordinò che gli fosse portata la testa di Giovanni. La guardia andò, lo decapitò in prigione e ne portò la testa su un vassoio, la diede alla fanciulla e la fanciulla la diede a sua madre. I discepoli di Giovanni, saputo il fatto, vennero, ne presero il cadavere e lo posero in un sepolcro.

Parola del Signore.



LA MIA RIFLESSIONE
PREGHIERA
Ti prego o Santo Spirito, di illuminare la mia mente, e far penetrare la tua parola nel mio cuore.

Non ci sono mezze misure, il Cristianesimo non è una teoria, ma una condizione di vita.
Non ci si può definire cristiani e adattare il cristianesimo alle nostre esigenze. E' una scelta seria, perché ne va la nostra salvezza, per questo risulta difficile. 
Anche Erode, che non aveva nessuna intenzione di convertirsi, temeva Dio, ma più per superstizione che per fede. Lo incuriosiva Giovanni Battista, perché aveva il coraggio di parlare, anche contro di Lui, infatti Giovanni denunciava la sua ambiguità.
Erode passava per un buon regnante, addirittura per un benefattore, perché ci teneva molto a rimanere al suo posto, quindi lo fece arrestare temendo che dalle sue parole potesse scaturire una ribellione del popolo.
Il potere è una tentazione continua, allora come ora.La vita di corte era all'insegna della lussuria, delle orge e del libertinaggio, Erodiade era la moglie legittima del fratello di Erode, ma viveva in peccato con il cognato e tutte le sollecitazioni di Giovanni Battista ad una vita onesta e correttamente morale le davano proprio fastidio. Aveva già provato a convincere l'amante ad ucciderlo, ma non c'era riuscita, perché in fondo anche lui temeva Dio e la sua ira, ricordiamo, più per superstizione che per sacro timore di fare del male.
Ma quando uno accetta di vivere con la corruzione, col male, col peccato, perde sempre il controllo della situazione e per un ballo eccitante della figlia di Erodiade, per una promessa fatta giurando sul male, per non passare da bugiardo davanti agli altri, ecco che lo scempio si compie e la testa di Giovanni cade, servita su un vassoio alla richiesta della vergognosa figlia di Erodiade, conformata a quella della madre.Anche oggi compromessi e ricatti, per chi al potere usa la sua posizione per vivere una vita di lussi e vizi, invece che per amministrare onestamente .Non accettiamo il compromesso tra bene e male perché non esiste, è solo un'illusione che satana insinua nelle nostre menti per farci abituare al male fino a legittimarlo ai nostri occhi.Quando Erode sente parlare di Gesù, la coscienza di quello che aveva fatto a Giovanni ancora gli rimorde e dato che non lo conosceva, che era così estraneo alla sua figura, lo associa a quest'ultimo e teme che sia risorto dai morti. Un comportamento retto, non teme lo sguardo del Signore, per questo Gesù ci ha detto in altre occasioni che chi serve Dio, non può servire mammona, ossia satana.

mercoledì 5 febbraio 2014

L'orribile flagellazione Secondo le rivelazioni di Suor Anna Caterina Emmerick (Beata)

L'orribile flagellazione          Secondo le rivelazioni di Suor Anna Caterina Emmerick (Beata)
Per calmare la plebaglia con una punizione che la impietosisse, Pilato diede ordine di flagellare Gesù, secondo l'uso romano.. Fra il tumulto e il furore popolare Gesù fu condotto dagli sgherri sul piazzale. Il Signore venne trascinato bruscamente vicino al corpo di guardia del pretorio, dove si trovava la colonna di marmo munita di anelli e ganci; essa era destinata esclusivamente alla flagellazione dei condannati. I sei flagellatori, che svolgevano la funzione di carnefici nel pretorio, provenivano dalle frontiere egiziane, erano bruni, bassi e tarchiati; seminudi e mezzo ebbri, sembravano bestie assetate di sangue. Essi avevano nello sguardo qualcosa di diabolico; vicino a quella colonna avevano fustigato a morte molti altri condannati.
Benché il Salvatore non avesse opposto alcuna resistenza, venne trascinato con le funi, mentre i flagellatori gli assestavano pugni e calci. Gli strapparono di dosso il manto derisorio di Erode e fecero quasi cadere il Signore a terra. Vidi Gesù tremare e rabbrividire davanti alla colonna. Egli stesso si tolse la veste con le mani gonfie e sanguinanti. Poi pregò e volse per un attimo lo sguardo verso la sua santa Madre immersa nel dolore...

I carnefici, senza cessare le loro orrende imprecazioni, legarono le mani di Gesù a un grande anello fissato alla sommità della colonna dell'infamia. Così facendo, gli tesero talmente le braccia al di sopra della testa che i piedi legati fortemente alla colonna non toccavano completa mente il suolo. Due di quei bruti, assetati di sangue, iniziarono a flagellare il corpo immacolato di Gesù provocandogli i più atroci tormenti. Non mi è possibile descrivere le tremende atrocità inflitte a nostro Signore.
Le prime verghe di cui si servirono gli aguzzini erano strisce di color bianco, sembravano fatte di legno durissimo o nervi di bue.
Dorso, gambe e braccia venivano lacerati sotto i pesanti colpi del flagello, finché la pelle a brandelli col sangue schizzò al suolo. I gemiti dolorosi di Gesù sofferente erano soffocati dal clamore della plebaglia e dei farisei, che continuavano a gridare: "Fatelo morire! Crocifiggetelo!".
Per imporre il silenzio, e continuare a parlare al popolo, Pilato faceva suonare una tromba. Allora sulla piazza si udivano solo le sue parole, accompagnate dall'orribile sibilo della frusta e dai gemiti del Signore, come anche dalle imprecazioni degli ebbri carnefici...

La maggior parte del popolo manteneva una certa di stanza dal luogo della flagellazione, solo alcuni andavano e venivano dai paraggi della colonna per insultare il Signore... Giovani infami preparavano verghe fresche presso il corpo di guardia, altri cercavano rami spinosi per intrecciare la corona di spine. I servi dei sacerdoti avevano regalato denaro ai flagellatori e avevano dato loro delle brocche colme di un liquore rosso, del quale bevvero fino a ubriacarsi.

Dopo un quarto d'ora i carnefici che avevano flagellato Gesù furono Sostituiti da altri due. Questi ultimi si avventarono contro Gesù con cieco furore, usando anche bastoni nodosi con spine e punte. I colpi dei loro flagelli laceravano la carne del Signore fino a farne sprizzare il sangue sulle braccia dei carnefici. Presto quel santo corpo fu ricoperto di macchie nere e rosse, il sangue colava a terra ed egli si muoveva in un tremito convulso, tra ingiurie e dileggi...

La terza coppia di carnefici si avventò con maggior foga delle altre sul corpo martirizzato di Gesù. Per la fustigazione essi si servirono di cinghie munite di uncini di ferro. Eppure la loro rabbia diabolica non si placò. Gesù venne slegato e poi di nuovo legato, questa volta col dorso contro la colonna. Poiché il Signore non poteva più reggersi, gli passarono delle corde sul petto e lo legarono con le mani dietro la colonna. Ripresero così a fustigarlo. Gesù aveva il corpo ridotto a un'unica piaga e guardava i suoi carnefici con gli occhi pieni di sangue, come se implorasse la grazia. Ma, in risposta ai suoi flebili gemiti, la loro furia aumentò e uno dei carnefici lo colpì al viso con un'asta più flessibile.

L'orribile flagellazione durava già da tre quarti d'ora, quando uno straniero d'infima classe, parente di un cieco sanato da Gesù, si precipitò dietro la colonna con un coltello a forma di falce e gridò con voce indignata: "Fermatevi! Non colpite quest'innocente fino a farlo morire!". Approfittando dello stupore dei carnefici ebbri, lo straniero recise le corde annodate dietro la colonna e subito disparve tra la folla. Gesù cadde al suolo in mezzo al suo sangue; gli aguzzini lo lasciarono e se ne andarono a bere...

Al loro ritorno i flagellatori lo presero a calci per farlo rialzare. Gesù, strisciando, fece per riprendersi la fascia che gli aveva cinto i fianchi, ma i carnefici gliela spingevano sempre più lontana, costringendolo a contorcersi al suolo nel suo sangue e a strisciare come un verme; tutto questo avveniva tra i fischi, i motti e gli insulti della gente. Infine lo rimisero in piedi, gli gettarono la veste sulle spalle e lo sospinsero frettolosamente verso il corpo di guardia. Con la veste egli si asciugava il sangue che gli fuoriusciva copioso dal volto... Quando la crudele flagellazione ebbe fine erano circa le nove del mattino. 

Gesù oltraggiato e coronato di spine.
L'incoronazione di spine fu eseguita nel cortile del corpo di guardia, le cui porte erano aperte; nell'interno si trovavano una cinquantina di aguzzini, servi e furfanti, i quali presero parte attiva ai martìri di Gesù. La folla si accalcava da tutti i lati, finché l'edificio fu isolato dai soldati romani.
Gesù fu spogliato nuovamente e rivestito di un vecchio mantello militare color porpora, che gli arrivava fin sopra alle ginocchia. Il mantello si trovava in un angolo della stanza e con esso venivano coperti i criminali dopo la flagellazione. Il Signore fu fatto sedere al centro del cortile, su un tronco di colonna ricoperto di cocci di vetro e di pietre.

Indicibile fu il tormento di quella incoronazione: intorno al capo di Gesù venne legato un serto intrecciato di tre rami spinosi, alto due palmi, le cui punte erano rivolte verso l'interno. Nel legare posteriormente la corona al santo capo, i carnefici gliela strinsero brutalmente per fare in modo che le spine grosse un dito si conficcassero nella sua fronte e nella nuca. Poi gli infilarono una canna tra le mani legate, si posero in ginocchio davanti a lui e inscenarono l'incoronazione di un re da burla.
Non contenti gli strapparono di mano quella canna, che doveva figurare come scettro di comando, e iniziarono a percuotergliela sulla corona di spine, tanto che gli occhi del Salvatore furono inondati di sangue; al tempo stesso i malfattori lo schiaffeggiavano e gli rivolgevano volgarità di ogni tipo... Il suo corpo era tutto una piaga, tanto che camminava curvo e malfermo. Il povero Gesù giunse sotto la scalinata davanti a Pilato, suscitando perfino in quest'uomo crudele un senso di compassione. Il popolo e i perfidi sacerdoti continuavano a schernirlo...
Pilato si assise sul seggio più elevato, di fronte alla colonna della flagellazione. Il seggio era ricoperto da un drappo scarlatto sul quale stava un cuscino azzurro con i bordi gialli; dietro ad esso si trovava il banco degli assessori.
Il Salvatore fu trascinato attraverso la folla e venne posto in mezzo a due ladroni condannati alla crocifissione. Gesù aveva il manto rosso sulle spalle e la corona di spine intorno al capo martoriato; la moltitudine furiosa lo scherniva e lo malediceva. I sacerdoti avevano fatto ritardare l'esecuzione di questi ladroni della peggiore specie con l'intenzione di umiliare maggiormente Gesù.
Le croci dei ladroni giacevano a terra accanto a loro; ma non vidi la croce del Salvatore, probabilmente perché la sua sentenza di morte non era stata ancora pronunciata. Appena si fu assiso sul seggio, Pilato disse ancora una volta ai nemici di Gesù: «Ecco il vostro re!».
Ma essi risposero: «Crocifiggilo!». 
Pilato replicò: «Dovrò dunque crocifiggere il vostro re?».
«Noi non abbiamo altro re all'infuori dell'imperatore!», risposero pronti i sommi sacerdoti.
Vidi Gesù, alla base della scalinata che conduce al tribunale, esposto al dileggio dei suoi nemici... 

Pilato pronunciò la sentenza di morte Con la disinvoltura di un pusillanime. Dopo un lungo preambolo espose i capi d'accusa contro Gesù: «Condannato a morte dai capi dei sacerdoti per aver turbato l'ordine pubblico e violato le leggi ebraiche, facendosi chiama figlio di Dio e re dei Giudei».. E, facendo portare la croce, Pilato concluse con la condanna capitale:
«Condanno Gesù di Nazareth, re dei Giudei, alla crocifissione!».

Pilato redasse la condanna a morte... Il senso di questo scritto era il seguente: «Costretto dalle insistenti pressioni dei sacerdoti del tempio, da tutto il Sinedrio e dalla minaccia di una sommossa popolare, ho consegnato agli Ebrei Gesù di Nazareth, accusato d'aver turbato la pace pubblica, di aver bestemmiato e violato le loro leggi. Ho pronunciato la condanna di quest'uomo nonostante le accuse non chiare, per non essere accusato dall'imperatore di aver provocato una rivolta dei Giudei. L'ho consegnato alla crocifissione insieme a due criminali già condannati dai Giudei».

Egli fece scrivere su una tavoletta di colore bruno iscrizione da apporre sopra la croce i sommi sacerdoti, che si trovavano ancora nel tribunale, protestarono indignati contro la formulazione della sentenza, poiché Pilato aveva scritto che essi avevano fatto ritardare l'esecuzione dei ladroni con il proposito di crocifiggere Gesù con loro. Inoltre essi chiesero che sulla tavoletta non si scrivesse «re dei Giudei», bensì che «si era detto re dei Giudei». Pilato si spazientì e rispose loro incollerito: «Ciò che ho scritto, è scritto!». Tuttavia essi pretendevano che l'iscrizione fosse almeno soppressa, rappresentando un insulto alloro onore. Pilato non esaudì la loro richiesta, e così fu necessario allungare la croce mediante l'aggiunta di un altro pezzo di legno, sul quale si poteva inchiodare la tavoletta con la scritta.

Quando la croce di Gesù fu adattata in questo modo, risultò più alta di quelle dei ladroni e assunse la forma di una Y, come ho sempre contemplato; i due bracci risultarono più sottili del tronco; infine si appose uno zoccolo di legno nel posto dei piedi per sostenerli...

Il Signore venne abbandonato nelle mani dei carnefici. Gli restituirono i suoi indumenti, poiché era usanza dei Romani rivestire coloro che venivano condotti al supplizio...
Per poterlo rivestire, quegli ignobili lo denudarono un'altra volta e gli slegarono le mani. Gli strapparono violentemente il mantello purpureo, provocandogli con gran dolore la riapertura delle ferite. Egli stesso, tremante, si cinse con la fascia che serviva a coprirgli le reni. Gli fu gettato lo scapolare sulle spalle. Siccome a causa della corona di spine era impossibile infilargli la tunica inconsutile, essi gliela strapparono dalla testa causandogli dolori indicibili. Sulla tunica, tessuta dalla sua santa Madre, gli fecero indossare l'ampia veste di lana bianca, la larga cintura e il mantello. Intorno alla vita gli legarono la cinghia munita di punte, dov'erano attaccate le corde con le quali lo trascinavano. Tutto ciò fu eseguito con disgustosa brutalità.

I due ladroni stavano uno a destra e l'altro a sinistra di Gesù, avevano le mani legate e portavano una catena at torno al collo. Erano ridotti male: a causa della recente flagellazione i loro corpi erano ricoperti di piaghe. Indossavano una tunica senza maniche e una cintura intorno alle reni, sul capo avevano un cappello di paglia intrecciata, simile a quello che portano i bambini.
Il ladrone, che più tardi si convertì, era già calmo, rassegnato e pensoso; l'altro, invece, era volgare e insolente: egli si univa ai carnefici nel lanciare insulti e imprecazioni contro Gesù, il quale offriva le sue sofferenze per la loro salvezza. Vidi i carnefici occupati a sistemare gli attrezzi di tortura e a organizzare il doloroso cammino del Redentore.

Dopo aver ricevuto una copia della sentenza, i sacerdoti si affrettarono a raggiungere il tempio. E mentre questi perfidi immolavano sull'altare di pietra gli agnelli pasquali, lavati e benedetti, i brutali carnefici sacrificavano sull'altare della croce l'Agnello di Dio, sfigurato e contuso. Il primo era l'altare simbolico della legge; il secondo era quello della grazia, della carità e del perdono.
Gesù porta la croce verso il Calvario

Impazienti, i carnefici sollevarono Gesù e gli caricarono sulla spalla destra il pesante fardello. Egli rimase curvo sotto il grave peso... Mentre Gesù pregava, le mani dei due ladroni furono legate saldamente alle assi trasversali delle loro croci poste dietro la nuca...
I carnefici rialzarono il Signore con terribile violenza, facendogli sentire sulle spalle tutto il peso dell'intera croce. Così cominciò la marcia trionfale del Re dei re, tanto ignominiosa sulla terra quanto gloriosa in cielo. Ai piedi del legno della croce erano state legate due corde, per mezzo delle quali due carnefici la tenevano sollevata.
Altri quattro aguzzini tenevano delle funi attaccate alla catena che cingeva la cintura di Gesù. Il suo mantello era sollevato e trattenuto dalla cintura...

Il drappello dei legionari romani si mise in marcia sulla strada principale della città, mentre il corteo con i condannati attraversò una viuzza laterale per non intralciare il popolo che si recava al tempio. Precedeva il triste corteo un trombettiere che proclamava a ogni crocevia la sentenza di morte. Qualche passo dietro a lui venivano i servi con le funi, i chiodi, i cunei e tutti gli accessori delle croci dei due ladroni. Seguivano poi i farisei a cavallo e un giovinetto che portava sul petto l'iscrizione della croce.
Infine veniva Gesù, il Cristo, curvo e straziato sotto il carico della croce; era ferito in tutto il corpo e aveva i piedi nudi e sanguinanti. Non aveva preso cibo né bevanda dalla sera prima ed era oltremodo sfinito a causa delle perdite di sangue, della febbre e delle molteplici sofferenze.

Il Signore sosteneva la pesante croce sulla spalla aiutandosi con la mano destra, mentre con la sinistra tentava ripetutamente di sollevare la lunga veste che gli ostacola va il passo. Le sue mani erano ferite e gonfie a causa della brutalità con la quale erano state legate, il suo viso era gonfio e insanguinato, i capelli e la barba imbrattati di sangue raggrumato. La croce e le catene gli premevano sul corpo la veste di lana riaprendogli le piaghe con grande dolore. Quattro carnefici tenevano a distanza le estremità delle corde fissate alla sua cintura. Due lo tiravano in avanti e gli altri due da dietro, così che il suo passo era malfermo.

Prima caduta di Gesù sotto la croce

Davanti alla salita vi è un avvallamento nel quale si accumula acqua piovana e fango. Per facilitare il passaggio, vi era stata posta una grossa pietra, come se ne vedono in molte vie di Gerusalemme. Arrivato a quella pietra, con il grave peso sulle spalle, Gesù non riusciva a proseguire. Tirato dai suoi carnefici, cadde e la croce rovinò accanto a lui. I carnefici lo colmarono di ingiurie e lo colpirono con calci e pugni. Il corteo si fermò e ci fu un grande tumulto...

Quando Gesù riuscì a riprendersi, quegli uomini abominevoli, invece di alleviare le sue sofferenze, gli rimisero intorno alla testa la corona di spine. Lo fecero alzare a forza di maltrattamenti e gli misero la croce sul dorso. Egli fu costretto a inclinare da un lato il capo straziato dalle spine. E Gesù, con questo nuovo supplizio, riprese il doloroso cammino per la ripida strada.
Gesù incontra sua madre

Dopo la sentenza pronunciata da Pilato, l'Addolorata si fece condurre nei luoghi santificati dalle ultime sofferenze del suo adorato Figlio. Ella voleva coprire con le sue calde lacrime il sangue di Gesù. Con profonda devozione, Giovanni e le pie donne accompagnarono la Vergine nel suo sacrificio mistico. Con questa consacrazione, la santa Vergine divenne lei stessa Chiesa vivente, Madre comune di tutti i cristiani.

Mentre visitava le stazioni della sofferenza di suo Figlio, la Vergine udì il suono agghiacciante delle trombe che annunziavano la partenza del triste corteo diretto al Calvario. Allora, non potendo più trattenere il desiderio di rivedere il santo Figlio, pregò Giovanni di condurla in uno dei luoghi presso i quali doveva passare Gesù. Scesero dal quartiere di Sion e raggiunsero la piazza dalla quale era partito il corteo con Gesù, e continuarono per le viuzze laterali passando attraverso porte di solito chiuse ma che in quel giorno erano aperte per consentire il transito della folla...

Poi Giovanni, la Vergine Maria, Susanna, Giovanna Cusa e Salomè di Gerusalemme entrarono in un grande palazzo; mi sembra che questa costruzione comunicasse, attraverso viali e cortili, con il palazzo di Pilato, oppure con la dimora di Caifa. Giovanni ottenne dal benevolo portiere il permesso di attraversare il palazzo e uscire dal lato opposto. Costui li fece entrare e si prestò ad aprire la porta orientale dell'edificio. Nel vedere la Madre di Gesù pallida come una morta, con gli occhi arrossati dal pianto, tremante e sfinita, avvolta in un mantello azzurro, mi sentii morire per il dolore. Sempre più chiari si avvertivano il clamore e gli squilli di tromba che annunciavano i condannati condotti alla crocifissione.

Un altro squillo di tromba, questa volta più vicino, trapassò il cuore della santa Vergine. La triste processione era adesso visibile, distava ormai un centinaio di passi dal portone. Il corteo non era preceduto dalla folla, ma questa sta va soltanto ai lati e dietro. Dopo il trombettiere avanzavano gli schiavi con aria insolente e trionfante; essi portavano gli arnesi del supplizio. A quella vista la Madre di Gesù incominciò a tremare, a singhiozzare e a torcersi le mani.

Uno di quegli insolenti, pieno d'arroganza, chiese agli altri: «Chi è quella donna che tanto si lamenta?». Gli fu subito risposto: «E la madre del Galileo».
Subito gli scellerati la colmarono di beffe e la segnarono a dito; uno di essi presentò al suo sguardo addolorato i chiodi che dovevano servire alla crocifissione del Figlio. Vidi i farisei passare superbi sui loro cavalli, seguiti dal giovinetto che recava l'iscrizione. A pochi passi di distanza seguiva Gesù con l'orrenda corona di spine. Il Signore barcollava ed era sanguinante sotto la pesante croce. Gli occhi spenti e arrossati del Cristo sofferente gettarono sulla santa Madre uno sguardo compassionevole.

Toccata da quello sguardo colmo di misericordioso amore, la santa Vergine giunse le mani e si appoggiò al portone per non cadere. Era pallida ed aveva le labbra livide. Il Signore inciampò e barcollò, poi cadde per la seconda volta sotto il peso della croce. La Madre di Gesù, accecata dal dolore, non vide più né i soldati né gli altri, ma solo il Figlio sanguinante torturato dagli aguzzini. Nell'impeto del suo amore, si precipitò in mezzo ai carnefici nel tentativo di abbracciarlo, così cadde in ginocchio vicino a lui e se lo strinse tra le braccia. Udii esclamare: «Figlio mio!...», «Madre mia!...», ma non sono certa se queste parole fossero state pronunciate realmente o solo nello spirito.

Vidi i soldati commossi di fronte a quella Madre straziata dal dolore: essi avevano cercato di respingerla ma non ebbero il coraggio di farle del male. Vi fu un momento di confusione generale, in cui Giovanni e le pie donne ne approfittarono per rialzare Maria...

Circondata da Giovanni e dalle pie donne, l'Addolorata fu portata via e il corteo proseguì il suo triste cammino... Frattanto la soldataglia aveva rialzato Gesù e gli aveva rimesso la croce sulle spalle. In mezzo alla masnada, che seguiva il corteo per ingiuriare il Signore, vidi alcune donne velate piangere in silenzio.
Santa Veronica con il sudario

...vidi una donna uscire da una casa e gettarsi davanti al corteo. Costei era alta e bella e conduceva per mano una giovinetta. La donna si chiamava Serafia ed era moglie di Sirach, un membro del consiglio del tempio. Per dell'avvenimento di questo giorno fu chiamata Veronica..

Serafia aveva preparato a casa un eccellente vino aromatico per confortare Gesù sul doloroso cammino. Impaziente di compiere la sua offerta, la pia donna era uscita più volte per andare incontro alla triste processione. Infatti l'avevo vista correre al fianco dei soldati tenendo per mano la sua figlia adottiva di circa nove anni. Poiché non le era stato possibile aprirsi un varco tra i soldati per raggiungere il Redentore, ella era rientrata a casa per attendere il passaggio del corteo. Giunto l'atteso momento, Serafia discese nella strada, velata e con un sudario di lino sulle spalle. La bimba, tenendosi stretta vicino a lei, manteneva nascosto sotto il grembiulino il vaso chiuso di vino aromatico.

Questa volta Serafia attraversò d'impeto la folla venendo finalmente dinanzi a Gesù. Invano i soldati avevano cercato di trattenerla. Alla presenza del Figlio di Dio ella cadde in ginocchio: fuori di sé dalla compassione, dispiegò per uno dei lati il sudario e gli disse: «Oh, fammi degna di tergere il volto del mio Signore!». Gesù prese il velo con la mano sinistra e lo compresse sul suo volto insanguinato, indi muovendo la sinistra col sudario verso la destra che manteneva il capo della croce, strinse il lino con entrambe le mani e glielo rese.

Serafia baciò la stoffa, se la mise sotto il manto e si rialzò... Il corteo si era arrestato, i farisei e i carnefici, assai irritati, si misero a colpire Gesù, mentre Veronica rientrò in fretta a casa sua... Il lino era tre volte più lungo che largo, abitualmente lo si portava attorno al collo; un'altra stoffa simile si portava pure sulle spalle. A quel tempo, vi era l'uso di andare con i sudari dalle persone malate, o in qualche modo afflitte, e di asciugare loro il viso in segno di amorevole compassione.

Veronica appese il sudario al capezzale del suo letto e lo venerò per tutta la vita. Dopo la sua morte, questo fu passato dalle pie donne alla santa Vergine e poi alla Chiesa degli apostoli. Serafia era nata a Gerusalemme ed era cugina di Giovanni Battista. La pia donna aveva almeno cinque anni più della santa Vergine e aveva assistito al suo matrimonio con san Giuseppe...

Durante l'infame giudizio del tribunale di Caifa, Sirach si dichiarò a favore di Gesù e prese posizione con Giuseppe e Nicodemo, e come loro si separò dal sinedrio. Malgrado i suoi cinquant'anni, Serafia era ancora una bella donna. La domenica delle Palme, per onorare l'entrata trionfale del Signore a Gerusalemme, si era tolta il velo e l'aveva steso sulla strada dove egli passava. Fu questo stesso velo che ella porse a Gesù per alleviare le sue sofferenze. Il santo velo è tuttora oggetto di venerazione nella Chiesa di Cristo.

Il terzo anno dopo l'ascensione di Cristo, l'imperatore romano, molto malato, inviò un suo fiduciario a Gerusalemme per raccogliere informazioni circa la morte e la risurrezione di Gesù. Il fiduciario ritornò a Roma accompagnato da Nicodemo, Veronica e il discepolo Epatras, parente di Giovanna Cusa. Vidi santa Veronica al capezzale dell'imperatore, il cui letto era elevato su due gradini; una grande tenda appesa alla parete pendeva fino a terra. La camera da letto era quadrata; non era grande e non vidi finestre: la luce proveniva da un'ampia fessura posta in alto. I parenti dell'imperatore si erano riuniti nell'anticamera. Veronica aveva con sé, oltre al velo, un lenzuolo di Gesù. Ella spiegò il velo davanti all'imperatore, che guardò stupefatto l'impronta di sangue del santo volto del Signore. Sul lenzuolo, invece, vi era impressa l'immagine del dorso del santo corpo flagellato. Credo che fosse uno di quei grossi lini inviati da Claudia, sui quali vi era stato adagiato il santo corpo del Signore per essere lavato prima della sepoltura.

L'imperatore guarì alla sola vista di quelle immagini, senza nemmeno toccarle. Egli offrì a santa Veronica un palazzo con gli schiavi, pregandola di stabilirsi a Roma, ma lei chiese il permesso di far ritorno a Gerusalemme per morire vicino al santo sepolcro di Gesù crocifisso. Ella ritornò a Sion nel periodo della persecuzione contro i cristiani, mentre Lazzaro e le sue sorelle conoscevano la miseria dell'esilio.

Santa Veronica fu costretta a fuggire con altre donne cristiane, ma fu presa e incarcerata. Morì con il santo nome di Gesù sulle labbra. Ho visto il velo nelle mani delle pie donne, poi in quelle del discepolo Taddeo a Edessa, dove la santa reliquia operò diversi miracoli. Lo vidi ancora a Costantinopoli, e in fine fu consegnato dagli apostoli alla Chiesa. Mi sembra di aver visto il santo velo a Torino, dove si trova anche la sindone del Redentore.
Il corteo riprese il cammino. Gesù, piegato dai brutali colpi dei carnefici, curvo sotto il suo fardello, fu costretto a salire penosamente il tortuoso sentiero che conduce al Calvario...

Dalla cima del monte Calvario si domina tutta la città. Il luogo delle crocifissioni è di forma circolare, come un'ampia piazza dalla quale si snodano cinque sentieri. Cinque strade, o sentieri, si trovano dappertutto in Palestina, in particolar modo presso le fonti d'acqua usate per bagnarsi o per battezzare, come la Piscina di Bethsaida. Molte città hanno anche cinque porte. In Terrasanta quest'antica tradizione ha un significato profondo e profetico, che trova compimento nelle sacre piaghe del Signore: le cinque vie aperte alla nostra redenzione.

I farisei a cavallo raggiunsero il luogo delle croci da ponente, dove il pendio e più agevole e meno ripido, mentre i condannati venivano fatti passare dal lato opposto, più aspro e scosceso. I cento soldati romani si erano disposti intorno al promontorio delle crocifissioni per impedire eventuali disordini. Alcuni di essi vigilavano sui ladroni, che ancora non erano stati condotti sulla cima della collina. I due condannati giacevano al suolo, sul dorso, con le braccia legate agli assi trasversali delle loro croci.

La plebaglia — schiavi, gentili e pagani — non temeva l'impurità e perciò aveva preso posto attorno al luogo delle croci; i fanciulli furono fatti allontanare. Le montagne vicine e la parte occidentale del monte Gihon traboccavano di pellegrini per la Pasqua. Erano le dodici meno un quarto quando Gesù, giunto sulla cima del Calvario...

Che spettacolo pietoso vedere il Signore Gesù in piedi vicino alla sua croce, pallido come un morto e completamente sfigurato! I miserabili lo gettarono di nuovo a terra ed esclamarono: «Vieni, gran re, prendiamo le misure per il tuo trono!».

Vidi Gesù stendersi da solo sulla croce per permettere agli aguzzini di prendere le misure per la chiodatura delle sue mani e dei suoi piedi; contemporaneamente i farisei si facevano beffe di lui. Quando ebbero finito, lo fecero rialzare e lo condussero più in là, vicino a una specie di caverna scavata nella roccia, nella quale ve lo spinsero brutalmente... I carnefici chiusero la porta della prigione e vi lasciarono a guardia due uomini.

Nel punto più alto del Golgota furono iniziati i preparativi del supplizio. Il luogo delle crocifissioni era un'altura tondeggiante che si elevava circa due piedi dal suolo e vi si accedeva per mezzo di alcuni gradini. In questa specie di piattaforma naturale si preparò la buca per fissarvi dentro la croce di Gesù quando sarebbe stata elevata. All'estremità dei due tronchi della croce si praticarono i fori per conficcarvi i chiodi. In alto si fissò la tavoletta della sua condanna e in basso uno zoccolo per posarvi i piedi. In mezzo al tronco verticale furono praticate alcune incavature che avrebbero dato spazio alla corona di spine e avrebbero sostenuto il dorso del Signore, in modo che il suo corpo rimanesse sorretto e il peso non gravasse tutto sulle mani.
Gli sgherri strapparono a nostro Signore il mantello, la cintura di ferro e la cintura, quindi gli tolsero la veste di lana bianca facendola passare sopra la sua testa. Non riuscendo a sfilargli la tunica, impedita dalla corona di spine, gli strapparono quest'ultima con violenza, riaprendogli tutte le ferite del capo. Il Signore rimase con un panno attorno alle reni e lo scapolare di lana che gli proteggeva le spalle; il medesimo si era appiccicato alle piaghe del corpo ed egli patì dolori strazianti quando glielo strapparono. La profonda ferita scavata sulla spalla dall'enorme peso della croce gli provocava una sofferenza indicibile; il dorso e le spalle erano lacerati fino all'osso, il corpo nudo era orribilmente sfigurato, gonfio e piagato...

Gesù, vera immagine di dolore, fu disteso dai carnefici sul letto della sua morte. Dopo avergli sollevato il braccio destro, questi poggiarono la sua mano sul foro praticato nel braccio della croce e ve la legarono strettamente. Poi uno dei due crocifissori pose il ginocchio sul sacratissimo petto del Signore, mentre gli manteneva aperta la mano che si contraeva, e subito l'altro gli conficcò nel palmo di quella stessa mano un chiodo spesso e lungo, dalla punta acuminata. Quindi gli diede sopra dei pesanti colpi di martello. Il Salvatore emise un gemito di dolore e il suo sangue sprizzò sulle braccia dei carnefici. Contai i colpi di martello, ma ne ho dimenticato il numero.

I mazzuoli dei carnefici erano di ferro, avevano pressappoco la forma dei martelli da falegname, però erano più grandi e formavano un pezzo unico col manico. I chiodi, la cui dimensione aveva fatto fremere Gesù, erano talmente lunghi che quando furono conficcati nelle mani e nei piedi del Redentore uscivano dietro la croce. Dopo aver inchiodato la mano destra di Gesù al legno della croce, i carnefici si accorsero che l'altra mano non arrivava al foro praticato nell'asse sinistro della croce. Allora legarono una fune al braccio sinistro di Gesù e, puntando i piedi contro la croce, lo tirarono con tutte le loro forze, finché la sua mano raggiunse il foro. Gesù soffriva indicibilmente perché gli avevano slogato interamente il braccio. I crocifissori s'inginocchiarono sopra le braccia e sul petto del Signore e conficcarono il chiodo nella sua mano sinistra, che subito sprizzò un gettito di sangue. I gemiti di dolore del Salvatore si udivano attraverso il rumore dei pesanti colpi di mazzuolo...

I carnefici distesero le gambe del Signore, che si erano ritratte verso il corpo a causa della violenta tensione delle braccia, e le legarono con le corde. Non riuscendo però a far arrivare i piedi al supporto di legno destinato a sostenerlo, essi rinnovarono gli insulti contro di lui. Intervennero alcuni crocifissori propensi a fare nuovi fori per i chiodi conficcati nelle mani perché sembrava difficile spostare lo zoccolo di legno che avrebbe dovuto sostenere i piedi.. legarono con le funi la gamba destra e la tirarono con violenza crudele finché non raggiunse lo zoccolo di legno, provocando a Gesù un'orribile stiramento...

Gli avevano legato il petto e le braccia perché le mani non si staccassero dai chiodi. Poi legarono il piede sinistro sopra il destro, presero un chiodo ben più lungo di quello delle mani e glielo infissero, conficcandolo fin nel legno della croce. Io guardai quel chiodo trapassare i due piedi del Signore e il supporto di legno. La chiodatura dei piedi fu più crudele di ogni altra, a causa della tensione di tutto il corpo. Gesù è crocifisso.

Era circa mezzogiorno e un quarto quando la croce fu innalzata con Gesù crocifisso... Quando la croce fu innalzata, e fu lasciata cadere di peso nella buca, tremò tutta per il contraccolpo. Gesù levò un profondo gemito di dolore, le sue ferite si allargarono, il sangue ne sgorgò più copioso e le sue ossa slogate si urtarono. La testa, cinta dalla corona di spine, sanguinò violentemente... I carnefici appoggiarono le scale alla croce e slegarono le funi che avevano trattenuto il santo corpo di Gesù durante la chiodatura; in tal modo il sangue riprese a circolare improvvisamente affluendo alle sue piaghe. Ciò causò al Signore altri indicibili dolori...

Contemplai con tenera compassione il mio Signore con l'orribile corona di spine, il sangue che gli riempiva gli occhi, la bocca semiaperta, la chioma e la barba insanguinata, il capo abbattuto sul petto. Dopo lo svenimento, a causa del peso della corona di spine, egli rialzò la testa con fatica. Il suo petto si era rialzato, scavando al di sotto una depressione profonda, l'addome era cavo e rientrato; le spalle, i gomiti, i polsi, le cosce e le gambe tutte slogate. Le sue membra erano tese e i muscoli dilaniati, al punto tale che era possibile contarne le ossa. Il suo santo corpo era ricoperto di macchie orribili, nere, blu e giallastre. Il sangue gli colava dalle mani lungo le braccia e scorreva dal foro prodotto nei suoi sacratissimi piedi, irrorando la parte inferiore dell'albero della croce. Il sangue, dapprima rosso vivo, divenne alla fine pallido e acquoso. Eppure, anche così sfigurato, il santo corpo del Signore, simile a un cadavere dissanguato...

A mezzogiorno, nubi fitte e rossastre coprirono il cielo; a mezzogiorno e mezzo, che corrisponde alla cosiddetta ora sesta dei Giudei, vi fu l'oscuramento miracoloso del sole. Un poco alla volta, il cielo intero s'incupì e si tinse di rosso. Uomini e bestie furono afferrati dalla paura... Gli stessi farisei guardavano con timore il cielo: essi erano talmente spaventati da quelle tenebre rossastre che cessarono perfino d'ingiuriare Gesù...
Quando tornò la luce del giorno, si vide il santo corpo del Signore appeso alla croce, esangue, livido e più bianco di prima a causa del sangue versato. Il centurione.. strappò dalle mani del soldato la spugna, la svuotò e l'impregnò d'aceto puro. Poi l'adattò a una canna d'issopo e la pose in cima alla sua lancia, che portò fino alla bocca del Signore. L'ultima ora del Signore era ormai prossima. Egli lotta va contro la morte come un uomo comune; un sudore freddo gli copriva tutto il corpo e il petto ansimava sempre più forte. Giovanni, sotto la croce, gli asciugava i piedi con un sudario. Maria Maddalena, distrutta dal dolore, era appoggiata dietro la croce. La Vergine si manteneva in piedi fra la croce di Gesù e quella del buon ladrone, sostenuta da Salomè e da Maria di Cleofa. Giunto all'estremo, Gesù disse: «Tutto è compiuto!».

Sollevò il capo e gettò un grido forte e soave che penetrò il cielo e la terra: «Padre, nelle tue mani rimetto il mio spirito! Quando il Signore chinò il capo e rese lo spirito, erano passate da poco le ore quindici. Vidi la sua anima discendere nel limbo come una figura luminosa. Giovanni e le pie donne caddero con la fronte nella polvere.

Tutto si era ormai compiuto, l'anima del Signore aveva abbandonato il santo corpo. L'ultimo grido del Santo dei santi aveva fatto tremare la terra e quelli che lo avevano udito; la roccia del Calvario si spaccò e numerose case crollarono. Le poche persone ancora presenti sul Golgota si percossero il petto e si affrettarono a rincasare. Le vidi profondamente commosse, mentre si laceravano le vesti e si cospargevano il capo di polvere. Giovanni e le pie donne si rialzarono e prestarono amorevoli cure alla Vergine.

Abenadar, dopo aver presentato l'aceto al Salvatore, rimasto stranamente impressionato: fermo sul suo cavallo, egli non poteva più distogliere gli occhi dal santo volto di Gesù coronato di spine. Perfino il cavallo abbassò il capo e il centurione gli allentò le redini. In quel momento la luce della grazia lo illuminò ed e, si sentì trasformato. Il cuore orgoglioso del fiero centurione si era infranto come la roccia del Calvario. Egli gettò lontano la lancia, si batté il petto con forza ed emise il grido dell'uomo nuovo: «Benedetto sia il Signore onnipotente, il Dio d'Abramo, d'Isacco e di Giacobbe! Questi era certamente un giusto, ed è veramente il Figlio di Dio!»...

Con un'estrema convulsione, il corpo di Cristo divenne esangue e impallidì in modo straordinario, mentre le sue ferite, dalle quali era fuoruscito il sangue in abbondanza, risaltavano come macchie scure... Nell'affidarsi completamente alla morte, Gesù aveva sollevato la sua testa coronata di spine lasciandola ricadere sotto il peso dei dolori; le sue labbra, divenute livide e contratte, si erano socchiuse senza più alcuna tensione, così le sue mani sostenute dai chiodi si distesero, come anche le braccia. Il suo dorso si irrigidì lungo la croce e tutto il peso del corpo poggiò sui piedi, le ginocchia si piegarono tutte da un lato ed i suoi piedi trafitti si girarono un poco intorno al chiodo.

VOCE DI SAN PIO :

-"
Siate assidui nella preghiera e nella meditazione. Voi già mi avete detto di aver incominciato. Oh, Dio che questa è grande consolazione per un padre che vi ama al pari dell’anima propria! Continuate a progredir sempre nel santo esercizio dell’amore verso Iddio. Filate ogni giorno qualche poco: sia di notte, alla fioca luce della lampada e tra le impotenze e la sterilità dello spirito; sia di giorno, nel gaudio e nell’abbagliante illuminazione dell’anima." (GF, 173).

SANTI é BEATI !

San Filippo di Gesù (Felipe Las Casas Martnez) Religioso e martire
Città del Messico, Messico, 1571 – Nagasaki, Giappone, 5 febbraio 1597
Chierico dei Frati Minori Alcantarini
Patronato: Messico

Toyotomi Hideyoshi (1535-1598), capo in­contrastato del Giappone dal 1582 al 1598, chia­mato dai cristiani Taicosama, fu nei primi anni fa­vorevole ad essi. Dopo la sfortunata guerra con­tro la Corea, però, pretese la sovranità sulle isole Filippine, a danno degli spagnoli, e in seguito alla loro opposizione, emanò, in data 24 lugl. 1587, un editto di proscrizione contro i cristiani. Sembra che abbiano influito sul cambiamento del suo sta­to d'animo altri fattori, come le insinuazioni di un bonzo, suo medico di fiducia, che gli mostrò i pe­ricoli di una sistemazione degli europei a Naga­saki, il timore dell'ascendente dei missionari sui signori di Cyushu, la ripulsa di donne cristiane a prestarsi ai suoi capricci. Tuttavia la propaganda missionaria continuò la sua attività e Hideyoshi la­sciò dormire il suo decreto, pur seguendo attenta­mente per mezzo di spie i movimenti dei missionari.
Intanto nel 1593 alcuni francescani sotto la gui­da del p. Pietro Battista, da Manila si portarono nel Giappone, ricevuti cordialmente da Hideyoshi. Fondarono due conventi e si dedicarono con gran­de ardore all'evangelizzazione della regione. Ma una serie di circostanze sfavorevoli, fra le quali il naufragio di un galeone spagnolo pieno di pesos d'argento sulle coste giapponesi, confiscato da Hideyoshi, rese tesi i rapporti con gli spagnoli. Il 9 dic. 1596 l'autocrate fece arrestare ad Osaka sei francescani e tre gesuiti e il 31 dic. a Meaco quindici laici giapponesi terziari francescani, ai quali se ne aggiunsero, durante il viaggio, altri due. I religiosi trasportati a Meaco, subirono il taglio dell'orecchio sinistro. Fatti salire su carri in gruppi di tre, dovettero percorrere pubbliche strade, alla vista di tutti, come si usava per i delinquenti e questo per incutere terrore ai cristiani e per aumen­tare le sofferenze dei martiri. Ciononostante la po­polazione mostrava loro molta compassione e cer­cava di soccorrerli. Da Meaco per Sacai, Corazu, Facata giunsero il 5 febb. a Nagasaki, luogo del­l'esecuzione che avvenne mediante crocifissione.
Fra le vittime vi fu Filippo di Gesù, religioso francescano, nato da genitori spagnoli nel Messico. Aveva avuto una giovinezza molto inquieta e di­sordinata. Ammesso nell'Ordine Francescano, ne era uscito per rientrarvi nuovamente a Manila. Giunse a Meaco al momento dell'arresto dei con­fratelli, al cui gruppo fu unito, come appare dal­l'elenco dei martiri. Nella fredda mattina del 5 febb. 1597, a Nagasaki, fu crocifisso insieme con gli altri martiri e fu il primo ad essere trafitto. L'esecuzione avvenne alla presenza di numerosi cristiani e dei marinai portoghesi della Nao.
Urbano VIII, dimostrato il martirio, concesse la Messa e l'Ufficio al suo Ordine nel 1627. Be­nedetto XIV lo iscrisse nel Martirologio che pub­blicò nel 1748, mentre Pio IX lo canonizzò, con gli altri martiri, l'8 giug. 1862, con una magnifica cerimonia, alla presenza di numerosi vescovi (v. La Civiltà Cattolica, serie V, II [1862], pp. 737-46).

Autore:
Filippo Caraffa