giovedì 1 maggio 2014

RITIRO ONLINE

RITIRO ONLINE                                                                                                    
maggio 2014  

Venero la Parola di Dio, l’Icona ed il Crocifisso.   Traccio sulla mia persona il Segno della mia fede, il Segno della Croce, mi metto alla presenza del Signore che vuole parlarmi. 

O Signore, Signore nostro,
quanto è mirabile il tuo nome su tutta la terra!
Voglio innalzare sopra i cieli la tua magnificenza,
con la bocca di bambini e di lattanti.
Quando vedo i tuoi cieli, opera delle tue dita,
la luna e le stelle che tu hai fissato,
che cosa è mai l’uomo perché di lui ti ricordi,
il figlio dell’uomo, perché te ne curi?
Davvero l’hai fatto poco meno di un dio,
di gloria e di onore lo hai coronato.
Gli hai dato potere sulle opere delle tue mani,
tutto hai posto sotto i suoi piedi:
tutte le greggi e gli armenti
e anche le bestie della campagna,
gli uccelli del cielo e i pesci del mare,
ogni essere che percorre le vie dei mari.
O Signore, Signore nostro,
quanto è mirabile il tuo nome su tutta la terra!

(dal salmo 8)

Veni, Sancte Spiritus, Veni, per Mariam.
  
 

LE VIE PER LA FELICITA’
 Nelle beatitudini Gesù indica il cammino verso la vera felicità, che non è un sentimento bensì un’attitudine; non si basa su ciò che si possiede, ma su una gioia interiore, ben più profonda, che possiamo incontrare nell’intimo di noi stessi.

LA TERZA VIA: LA MITEZZA
          






LECTIO  Apro la Parola di Dio e leggo in piedi i brani che mi vengono proposti.   

«Beati i miti perché avranno in eredità la terra».  (Mt 5,5).

 «Poiché così dice il Signore Dio, il Santo d’Israele: «Nella conversione e nella calma sta la vostra salvezza, nell’abbandono confidente sta la vostra forza». (Is 30,15)

 «Vi dico dunque: camminate secondo lo Spirito e non sarete portati a soddisfare il desiderio della carne. La carne infatti ha desideri contrari allo Spirito e lo Spirito ha desideri contrari alla carne; queste cose si oppongono a vicenda, sicché voi non fate quello che vorreste. Ma se vi lasciate guidare dallo Spirito, non siete sotto la Legge. Il frutto dello Spirito è amore, gioia, pace, magnanimità, benevolenza, bontà, fedeltà, mitezza, dominio di sé; contro queste cose non c’è Legge».    (Gal 5,16-18.22-23)

  «Ma tu, uomo di Dio, evita queste cose; tendi invece alla giustizia, alla pietà, alla fede, alla carità, alla pazienza, alla mitezza. Combatti la buona battaglia della fede, cerca di raggiungere la vita eterna alla quale sei stato chiamato e per la quale hai fatto la tua bella professione di fede davanti a molti testimoni».  (1Tim 6,11-12)

 «Chi tra voi è saggio e intelligente? Con la buona condotta mostri che le sue opere sono ispirate a mitezza e sapienza. La sapienza che viene dall’alto anzitutto è pura, poi pacifica, mite, arrendevole, piena di misericordia e di buoni frutti, imparziale e sincera».  (Giac 3,13.17)







MEDITATIO   Seduto, rileggo la Parola per più volte, lentamente. Anche la lettura della Parola di Dio è preghiera. Siamo entrati in quella zona più sacra e più lunga del nostro Ritiro On Line: il grande silenzio !   Il protagonista è lo Spirito Santo.
 Il modo migliore per assaporare un brano delle Scritture è accoglierlo in noi come un cibo nutriente per il nostro spirito, è avere la certezza che sia Dio a volerci parlare per farci entrare nelle dimensioni del suo disegno di amore e di salvezza. Se ascoltiamo attentamente la Parola potremo entrare in un rapporto vivo con il Padre, per lasciarci plasmare dal suo stesso "cuore".

Terza via: la mitezza
«Beati i miti perché avranno in eredità la terra»
 La terza beatitudine definisce la mitezza come via per la felicità. Miti sono coloro che sanno controllare i loro impulsi di rabbia e di ira.
In modo equivoco si può pensare che miti siano coloro che non sentono il desiderio di vendetta, quelli che vivono nella piena pace di spirito con se stessi e con gli altri. Ma ben difficilmente incontreremo persone di questo tipo. La virtù non sta nell'assenza di impulso di voler risolvere le cose con le proprie mani, ma nel controllo.
È mite chi possiede il dominio di sé, chi sa ponderare.

Attraverso il profeta Isaia, Dio ci dice che la salvezza sta nella calma: «Poiché così dice il Signore Dio, il Santo d'Israele: "Nella conversione e nella calma sta la vostra salvezza, nell'abbandono confidente sta la vostra forza"».
La conversione e la calma camminano insieme, poiché se i nostri comportamenti fossero mossi semplicemente dagli impulsi non potremmo essere considerati immagine e somiglianza di Dio. La conversione consiste nella presa di coscienza costante che siamo più che semplici animali, abbiamo la capacità di scegliere, siamo liberi.
Il testo biblico ci dice ancora che la nostra forza sta nella calma e nella fiducia. La calma è legata alla fiducia.
Non si tratta della quiete fisica, ma spirituale, del dono totale di sé a Dio. La forza è questa capacità interiore di superamento, di andare oltre.

Quando ci irritiamo con qualcuno e replichiamo, senza aver prima soppesato la questione, e tentiamo di risolvere il problema in modo esplosivo, la bomba che esplode sembra alleviare la nostra rabbia, ma le conseguenze ci accompagneranno a lungo. Il senso di colpa per la sofferenza causata all'altro non ci darà pace. E peggio: può produrre nell'altro una piaga profonda, che porta a mancanza di perdono o a "falso rispetto", prodotto non dall'amore ma dal timore. Questo generalmente accade con chi ha una qualche autorità. Se chi ha compiti direttivi e di governo non ottiene il rispetto grazie a un modo carismatico di fare il leader, agirà in modo autoritario, frutto di insicurezza.

Su questo, sant'Antonio Maria Claret scrisse: «Non c'è virtù più attraente della mitezza. Una vasca piena di pesci ci può dare un'idea di questo potere. Se, per esempio, tiriamo delle briciole di pane nella vasca, i pesci verranno da tutte le parti per avvicinarsi alla sponda e arrivare vicino ai nostri piedi. Se invece, anziché del pane, tireremo loro una pietra, fuggiranno tutti».

E’ realistico proporre la mitezza, oggi?

Oggi, in generale, viviamo sull'orlo di una crisi di nervi. Imponiamo alla nostra mente e al nostro corpo un ritmo giornaliero che non è quello naturale. Ogni giorno è fatto di 24 ore, ma questo tempo ci pare insufficiente per tutto quello che intendiamo fare. Abbiamo da rendere conto, dobbiamo correre, realizzare, essere intraprendenti, non ci possiamo fermare.
Ci sentiamo utili tanto quanto corriamo.

Oggi la mitezza sembra essere in contrasto con l'elasticità che il mondo richiede. I nostri comportamenti presi d'impulso riflettono le risposte rapide che dobbiamo dare quotidianamente.
Nella maggior parte dei casi, i nostri attacchi di rabbia, ira, mancanza di pazienza sono frutto del poco tempo dedicato a noi stessi.
Fermarsi, pensare, riflettere, respirare sono atteggiamenti associati con il verbo "ricreare", che significa crearsi nuovamente. Soltanto fermandoci riusciamo a sistemare le piccole e grandi collere che il nostro essere così fragile accumula con il passare degli anni.

Mitezza e autocontrollo

La mitezza è viva soltanto nelle persone capaci di autocontrollo. Ma è impossibile avere il controllo di sé senza conoscersi, e nessuno si conosce se non ha il tempo di osservarsi. Una cosa dipende dall'altra. Non basta dire: «Il mio proposito per quest'anno è di vivere la mitezza» se dentro di noi sentimenti e impulsi ribollono senza che sappiamo cosa fare con essi.
Più che domandarci: «Cosa sto sentendo?», è più terapeutico chiedersi: «Perché sto sentendo questa cosa?». La risposta non sarà facile, ci vuole molto coraggio per ammettere certe cose che ci riguardano. Possiamo dire, mentendo, nel tentativo di ingannarci: «Ma io non so quello che mi sta accadendo».

Mitezza e conoscenza di me stesso

Sappiamo sempre cosa sta succedendo, conosciamo il nome e il cognome del problema, ma ammettere che proviamo questo o quello può dare l'impressione che non siamo sufficientemente capaci (peccato di vanità, di immagine che abbiamo di noi stessi). Così è più facile coprire i sentimenti con un velo pietoso e convincerci che siamo vittime di qualcosa che non possiamo dominare.
Per questo si usa dire che le persone che vivono con noi, spesso, ci conoscono bene, poiché gli altri sono capaci di vedere in noi cose che noi non vogliamo vedere. Quando gli amici e i parenti sono sinceri e vogliono il nostro bene, ci potranno dire: «Sto osservando qualcosa in te...». E questo potrà avvenire nella misura in cui saremo aperti, in cui desideriamo crescere. Tuttavia il timore della verità che in generale proviamo fa sì che teniamo a distanza quelli che potrebbero aprirci gli occhi.

Quando non riusciamo ad aprirci all'altro, a rispettare le sue idee, ad accettarlo come lui è, è segno che non riusciamo ad aprirci, a rispettare e ad accettare.
La mitezza è una manifestazione esterna della relazione che abbiamo con noi stessi.

Nel vangelo di Matteo, Gesù afferma che tutto ciò che esterniamo, che esce da noi - atteggiamenti, gesti, parole, azioni - è il risultato di ciò che abbiamo dentro: «Ciò che esce dalla bocca proviene dal cuore. Questo rende impuro l'uomo. Dal cuore, infatti, provengono propositi malvagi, omicidi, adulteri, impurità, furti, false testimonianze, calunnie. Queste sono le cose che rendono impuro l'uomo» (Mt 15, 18-20).

Mitezza e conversione del cuore

Non basta fare dell'ascesi nel tentativo di cambiare i comportamenti considerati sbagliati; è necessaria una profonda conversione del cuore. L'ascesi è la serratura della porta ma non la chiave.

In preparazione ai voti perpetui, con altri tre amici andai in Cile per il secondo noviziato, un'esperienza di due mesi.
Fu un periodo difficile della mia vita: stavo affrontando una serie di problemi, dubbi e tutto questo era di più di quanto le circostanze richiedessero; mi accorsi che ritornavo ad essere piuttosto aggressivo. Anche se cercavo di controllarmi, finivo sempre per dare una risposta sgradevole che feriva le persone che mi stavano attorno.
Secondo il programma, dovevamo fare gli esercizi spirituali ignaziani, che prevedevano un mese di silenzio, preghiera e riflessione. Iniziai questo mese ancora più aggressivo.
Ogni fine pomeriggio avevo un colloquio con un padre che mi seguiva, un gesuita anziano e profondamente sapiente. All'inizio cercai di evitare un colloquio profondo, parlavo di cose superficiali, ma lui, con sguardo sereno, rispettò il mio percorso. Col tempo ho acquisito una maggior fiducia in lui e mi sono aperto di più. Con grande sapienza mi ha detto:
«Figlio mio, Dio non ti ha scelto perché sei perfetto, ti ha chiamato perché ti ama, non cercare di fuggire. Quando Dio ci affida una missione, ci dà pure gli strumenti per lavorare alla nostra opera, ma nessuno può lavorare se è interiormente agitato. L'inquietudine è il risultato della nostra non-adesione, cioè della nostra mancanza di fiducia.
L'inquietudine produce agitazione interiore e la manifestiamo attraverso l'aggressività verso gli altri. Una persona è felice quando sa e confida pienamente in Dio che sostiene la sua esistenza.
I grandi mistici e amici di Dio ci sono noti per la mitezza che hanno vissuto. Niente li turba e sono profondamente felici, poiché sanno guardare il mondo con gli occhi di Dio e non con quelli umani, e Dio ci guarda con il cuore. Recita sempre questa preghiera: "Gesù mite e umile di cuore, fa' che il mio cuore sia simile al tuo". Gesù farà la sua parte, se tu farai la tua. Abbi fiducia!».


Il frutto della mitezza: possedere la terra

Sembra un'utopia affermare che i miti possederanno la terra, quando ancora oggi assistiamo a tante lotte e guerre tra popoli e nazioni per il possesso di determinate regioni del nostro pianeta.
Sembra utopia, ma non lo è, poiché Gesù parla di un possedere che va oltre uno steccato o un muro che delimita un pezzo di terra e fa dire al suo proprietario: «Questo è mio!».
Possedere la terra ha a che vedere con l'universalità e non con dei territori. Le nazioni possono opprimere, le persone possono armarsi per possedere questo o quel pezzo di terra. Nella storia universale, i grandi leader mondiali useranno le armi per conquistare i loro interessi; ma saranno dimenticati, i loro ideali falliranno.
Invece, coloro che pianteranno una bandiera in difesa della vita vivendo la mitezza, che "porgeranno l'altra guancia", saranno capaci di conquistare l'ammirazione e il rispetto in tutto il mondo.
Essi non saranno mai dimenticati: Madre Teresa di Calcutta, Nelson Mandela, suor Dorothy, Chico Mendes, il Mahatma Gandhi, Francesco di Assisi, Rita da Cascia, Giorgio La Pira e tanti, tanti altri. In questo elenco non può mancare il Figlio di Dio fatto uomo, che ci ha mostrato il volto del Padre, Gesù Cristo. Questi sì possederanno la terra, e la possederanno per sempre.
Questi ideali non morranno. Sappiamo bene di essere fatti a immagine e somiglianza di Dio. Dio è amore, per questo non c'è rivoluzione più forte e più duratura dell'amore: essa non avrà mai fine. Nessuno può far tacere la voce dell'amore.
Raccoglieremo ciò che abbiamo seminato. Se siamo mansueti, possederemo il cuore di coloro che vivono con noi, possederemo la terra nella misura in cui uniremo la nostra voce alla voce di tanti uomini e donne che in tutto il mondo predicano e difendono la mitezza come asse di trasformazione.


ORATIO    Domando umilmente di poter essere coerente con le indicazioni emerse dalla meditatio. Esprimo fede, speranza, amore. La preghiera si estende e diventa preghiera per i propri amici, per la propria comunità, per la Chiesa, per tutti gli uomini. La preghiera si può anche fare ruminando alcune frasi del brano ripetendo per più volte la frase/i che mi hanno fatto meditare.

Signore della Vita, che bello!...
Oggi ci doni la santità, la perfezione,
la felicità.
Che bello! tutti doni che
da tempo ormai desideriamo e forse,
proprio perché troppo umani e arrendevoli,
abbiamo smesso di cercare!
Eppure, Signore della Vita,
ci ricordi che questi doni
sono già nostri.
Che Bello!
Ridillo ancora, Signore,
che Santi lo siamo già,
che perfetti lo siamo già,
che  ricchi lo siamo già,
che felici lo siamo già.
Dillo e ridillo a noi
poveri umani ancora troppo,
troppo attaccati alla terra,
sporchi di terra  che, come porci,
cerchiamo le perle nel fango..
Aiutaci ad alzare lo sguardo
e vedere il cielo, il sole e la pioggia
per me, per te, per voi, per noi.
Poveri, ricchi, violenti, buoni,
assassini, ladri, genitori,
figli, politici, dittatori,
soldati e drogati, malati e sani.
Dillo ancora ogni giorno,
Signore della Vita,
che sopra e dentro di noi
c’è Santità, Perfezione,
Ricchezza, Felicità,
perché tutto è già stato dato
e troppo di più da Te a noi
fin dall’origine di ogni nascita!
Grazie Signore!
Che bello!
Desiderare d’essere come Te!

 (liberamente tratto da una preghiera di Alberto Signorini)


CONTEMPLATIO     Avverto il bisogno di guardare solo a Gesù, di lasciarmi raggiungere dal suo mistero, di riposare in lui, di accogliere il suo amore per noi. È l’intuizione del regno di Dio dentro di me, la certezza di aver toccato Gesù.
 È Gesù che ci precede, ci accompagna, ci è vicino, Gesù solo! Contempliamo in silenzio questo mistero: Dio si fa vicino ad ogni uomo!

Per Cristo, con Cristo e in Cristo
a te, Dio Padre Onnipotente,
nell’unità dello Spirito Santo,
ogni onore e gloria per tutti i secoli dei secoli.
Amen



ACTIO     Mi impegno a vivere un versetto di questi brani, quello che mi ha colpito di più.
Si compie concretamente un’azione che cambia il cuore e converte la vita. Ciò che si è meditato diventa ora vita!
Prego con la Liturgia delle Ore, l’ora canonica del giorno adatta al momento.
Concludo il momento di lectio recitando con calma la preghiera insegnataci da Gesù: Padre Nostro...
Arrivederci!
  
(spunti liberamente tratti da una riflessione di padre Erlin, missionario claretiano)

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Maria, donna del terzo giorno
(tratto da: don Tonino Bello – “Maria, donna dei nostri giorni”)

Vorrei che fosse Maria in persona a entrare in casa vostra, a spalancarvi la finestra, e a darvi l'augurio di buona Pasqua.
Un augurio immenso quanto le braccia del condannato, stese sulla croce.

Molti si chiedono sorpresi perché mai il vangelo, mentre ci parla di Gesù apparso nel giorno di Pasqua a tantissime persone, come la Maddalena, le pie donne e i discepoli, non ci riporti, invece, alcuna apparizione alla Madre da parte del Figlio risorto.

Io una risposta ce l'avrei: perché non c'era bisogno!
Non c'era bisogno, cioè, che Gesù apparisse a Maria, perché lei, l'unica, fu presente alla risurrezione.
I teologi, per la verità, ci dicono che questo evento fu sottratto agli occhi di tutti, si svolse nelle insondabili profondità del mistero e, nel suo attuarsi storico, non ebbe alcun testimone.
Io penso, però, che un'eccezione ci fu: Maria, l'unica, dovette essere presente a questa peripezia suprema della storia.

Come fu presente, l'unica, al momento dell'incarnazione del Verbo.
Come fu presente, l'unica, all'uscita di lui dal suo grembo verginale di carne. E divenne la donna del primo sguardo su Dio fatto uomo.
Così dovette essere presente, l'unica, all'uscita di lui dal grembo verginale di pietra: il sepolcro «nel quale nessuno era stato ancora deposto». E divenne la donna del primo sguardo dell'uomo fatto Dio.
Gli altri furono testimoni del Risorto. Lei, della Risurrezione.

Del resto, se il legame di Maria con Gesù fu così stretto che ne ha condiviso tutta l'esperienza redentrice, è im­pensabile che la risurrezione, momento vertice della salvezza, l'abbia vista dissociata dal Figlio.
Sarebbe l'unica assenza.
A darci conferma, comunque, di quanto la vicenda della Madre sia incastrata con la Pasqua del Figlio, ci sono nel vangelo almeno due pagine, in cui la frase «terzo giorno», sigla cronologica che designa la risurrezione, è riferita alla presenza, se non proprio al protagonismo, di Maria.

La prima pagina è di Luca. Racconta la scomparsa di Gesù dodicenne nel tempio e il suo ritrovamento al «terzo giorno». Gli studiosi sono ormai concordi nell'interpretare quest'episodio come una profezia velata del tempo in cui Gesù compì il suo passaggio da questo mondo al Padre, sempre a Gerusalemme, in una Pasqua di tanti anni dopo.

La seconda pagina è di Giovanni. Riguarda le nozze di Cana, durante le quali l'intervento di Maria, anticipando l'«ora» di Gesù, introduce sul banchetto degli uomini il vino della nuova alleanza pasquale, e fa esplodere anzitempo la «gloria» della risurrezione. Ebbene, anche questo episodio è introdotto da un marchio di origine controllata: «Il terzo giorno».

Maria, dunque, è colei che ha a che fare col «terzo giorno», a tal punto che non solo è la figlia primogenita della Pasqua, ma in un certo senso ne è anche la madre.

Santa Maria, donna del terzo giorno, destaci dal sonno della roccia. E l'annuncio che è Pasqua pure per noi, vieni a portarcelo tu, nel cuore della notte.
Non aspettare i chiarori dell'alba. Non attendere che le donne vengano con gli unguenti. Vieni prima tu, coi riflessi del Risorto negli occhi e con i profumi della tua testimonianza diretta.
Quando le altre Marie arriveranno nel giardino, con i piedi umidi di rugiada, ci trovino già desti e sappiano di essere state precedute da te, l'unica spettatrice del duello tra la Vita e la Morte. Solo tu ci puoi assicurare che la morte è stata uccisa davvero, perché l'hai vista esanime a terra.

Santa Maria, donna del terzo giorno, donaci la certezza che, nonostante tutto, la morte non avrà più presa su di noi. Che le ingiustizie dei popoli hanno i giorni contati. Che i bagliori delle guerre si stanno riducendo a luci crepuscolari. Che le sofferenze dei poveri sono giunte agli ultimi rantoli. Che la fame, il razzismo, la droga sono il riporto di vecchie contabilità fallimentari. Che la noia, la solitudine, la malattia sono gli arretrati dovuti ad antiche gestioni. E che, finalmente, le lacrime di tutte le vittime delle violenze e del dolore saranno presto prosciugate come la brina dal sole della primavera.

Santa Maria, donna del terzo giorno, strappaci dal volto il sudario della disperazione e arrotola per sempre, in un angolo, le bende del nostro peccato.
A dispetto della mancanza di lavoro, di case, di pane, confortaci col vino nuovo della gioia e con gli azzimi pasquali della solidarietà.
Donaci un po' di pace. Impediscici di intingere il boccone traditore nel piatto delle erbe amare. Liberaci dal bacio della vigliaccheria. Preservaci dall'egoismo.
E regalaci la speranza che, quando verrà il momento della sfida decisiva, anche per noi come per Gesù, tu possa essere l'arbitra che, il terzo giorno, omologherà finalmente la nostra vittoria.

Statua lignea all’interno
della chiesa della
Casa Circondariale Rebibbia
Nuovo Complesso
 Roma

        don Claudio Chiozzi e Paolo Capuzzo www.ritiroonline.it/

mercoledì 30 aprile 2014

1 maggio San Giuseppe Lavoratore

 
 
MISSALE  ROMANUM VETUS  ORDO

LETTURE: Gn 1,26-2,3; Sal 89; Mt 13,54-58

Pio XII istituì nel 1955 la festa di «san Giuseppe artigiano» per dare un protettore ai lavoratori e un senso cristiano alla «festa del lavoro». Poiché non tutte le nazioni celebrano tale festa il 1° maggio, la celebrazione d’oggi è una memoria facoltativa. La figura di san Giuseppe, l’umile e grande lavoratore di Nazareth, orienta verso Cristo, il Salvatore dell’uomo, il Figlio di Dio che ha condiviso in tutto la condizione umana (cf GS 22; 32). Così viene innanzitutto affermato che il lavoro dà all’uomo il meraviglioso potere di partecipare all’opera creatrice di Dio e di portarla a compimento; che possiede un autentico valore umano. L’uomo moderno ha preso coscienza di questo valore da quando rivendica, a volte con violenza, il rispetto del suo diritto e della sua personalità. Troppo sovente alcuni cristiani, disturbati nelle loro abitudini e nel tranquillo possesso dei loro beni dalle lotte sociali, si sono opposti alle rivendicazioni sociali dei lavoratori; ciò spiega perché il primo maggio richiama alla mente di molti contemporanei la lotta del mondo del lavoro contro la Chiesa stessa.
La Chiesa «battezza» oggi la festa del lavoro per proclamare il valore reale del lavoro, per approvare e benedire l’azione delle classi lavoratrici nella lotta che esse continuano, in alcuni paesi, per ottenere maggiore giustizia e libertà. La Chiesa fa questo anche per domandare a tutti i suoi fedeli di riflettere sugli insegnamenti dati dalla gerarchia ecclesiastica soprattutto con le Encicliche «Mater et Magistra» di papa Giovanni XXIII, «Populorum progressio» di Paolo VI e « Laborem exercens» di Giovanni Paolo II.
In questo giorno della «festa del lavoro», sotto il patrocinio di san Giuseppe lavoratore, ci riuniamo in assemblea eucaristica, segno di salvezza, non per mettere l’Eucaristia al servizio di un valore naturale, sia pure nobilissimo, ma perché Dio, che ha lavorato nella creazione «per sei giorni » (Gen 1-2), aggiunge alla sua opera un «settimo giorno» per la creazione di un mondo nuovo (Gv 5,17), e perché questa nuova creazione, alla quale collaborano coloro che sono ormai i figli di Dio, si compie principalmente nell’Eucaristia. L’Eucaristia trova il suo posto in una festa del lavoro, perché essa rivela al mondo tecnico il valore soprannaturale delle sue ricerche e delle sue iniziative.
Questo lavoro «nuovo», destinato a stabilire la nuova creazione, obbedisce alle leggi naturali di ogni lavoro, ma è compiuto «in Gesù Cristo», il quale ci rende figli di Dio senza distoglierci dalla nostra condizione di creature. Parlando di un lavoro compiuto «per Dio» (cf Gv 6,27-29; Col 3,23-4,1; 1 Cor 10,31-33), oppure in «azione di grazie» a Dio (si dovrebbe dire «in eucaristia », per conservare l’eco del testo originale), il Nuovo Testamento domanda con insistenza che il lavoro umano rifletta già lo spirito del «mondo nuovo», mediante la carità e il senso sociale che lo deve animare (cf Atti 18,3; 20,33-35; Ef 4,28).
La nostra partecipazione all’Eucaristia, mentre ci permette di col­laborare di più e meglio al lavoro iniziato da Dio per creare il mondo nuovo, santifica pure il contributo che noi diamo al lavoro umano, insegnandoci che esso è collaborazione all’azione creatrice di Dio e che il vero obiettivo di ogni lavoro è la costruzione dei Regno nuovo (cf GS 33-39; 57-72). Leggere il Messaggio del Concilio ai lavoratori (8 Dic. 1965).
 
L'attività umana nell'universo
Dalla Costituzione pastorale «Gaudium et spes» del Concilio ecumenico Vaticano II sulla Chiesa nel mondo contemporaneo  (Nn. 33-34)
Con il suo lavoro e con l'ingegno l'uomo ha sempre cercato di sviluppare maggiormente la sua vita. Oggi poi specialmente con l'aiuto della scienza e della tecnica ha dilatato e continuamente dilata il suo dominio su quasi tutta la natura e principalmente in forza dei maggiori mezzi dovuti all'intenso scambio tra le nazioni, la famiglia umana poco alla volta si riconosce e si costituisce come una comunità unitaria nel mondo intero. Da qui viene che molti beni che l'uomo si aspettava soprattutto dalle forze superiori, oggi ormai se li procura con la propria iniziativa. Di fronte a questo immenso sforzo che investe ormai tutto il genere umano, sorgono tra gli uomini parecchi interrogativi. Qual è il senso e il valore dell'attività umana? Come si deve usare dei suoi frutti e delle sue risorse? Al raggiungimento di quale fine tendono gli sforzi sia dei singoli che delle collettività?
La Chiesa, che custodisce il deposito della parola di Dio, fonte dei principi religiosi e morali, anche se non ha sempre pronta la risposta alle singole questioni, desidera unire la luce della rivelazione alla competenza di tutti, perché sia illuminata la strada che l'umanità ha da poco imboccato. Per i credenti è certo che l'attività umana individuale e collettiva, con quello sforzo immenso con cui gli uomini lungo i secoli cercano di cambiare in meglio le condizioni di vita, risponde al disegno divino. L'uomo, creato ad immagine di Dio, ha ricevuto il mandato di sottomettere a sé la terra con tutto ciò che è contenuto in essa, di governare il mondo nella giustizia e nella santità, di riconoscere Dio come creatore di tutto e, conseguentemente, di riferire a lui stesso e tutti l'universo, di modo che, assoggettate all'uomo tutte le cose, il nome di Dio sai glorificato su tutta le terra.
Questo vale pienamente anche per il lavoro di ogni giorno.
Quando uomini e donne per procurare il sostentamento a sé e alla famiglia, esercitano il proprio lavoro così da servire la società, possono giustamente pensare che con la loro attività prolungano l'opera del Creatore, provvedono al benessere dei fratelli e concorrono con il personale contributo a compiere il disegno divino nella storia. I cristiani pensano che quanto gli uomini hanno prodotto con il loro ingegno e forza non si oppone alla potenza di Dio, né creatura razionale sia quasi rivale del Creatore. Sono persuasi che le vittorie del genere umano sono segno della grandezza di Dio e frutto del suo ineffabile disegno.
Quanto più cresce la potenza degli uomini, tanto più si estende e si amplia la responsabilità, sia individuale che collettiva. Gli uomini non sono distolti dalla edificazione del mondo dal messaggio cristiano, né sono spinti a disinteressarsi del bene dei loro simili, ma anzi ad operare più intensamente per questo scopo.

 
           IL LAVORO DELLA QUOTIDIANITA' ESPRIME IL REGNO DI DIO OGGI 

Il lavoro di San Giuseppe esprime il segno dell'operato dell'uomo credente che vede l'azione di Dio nella storia lungo la propria vita.

Ogni volta che il lavoro nobilita l'umanità nel presente, anche la storia del Regno di Dio si attua con efficacia e con giusto valore nella vita. 

Ecco perché il lavoro di Giuseppe, uomo giusto, ci aiuta a recuperare il senso e il valore della nostra azione per il Regno, affinché sia sempre nel progetto di Dio e rientri nella sua azione di salvezza. 

San Giuseppe il lavoratore esprime e richiama l'opera di Dio che si realizza nella storia umana, a favore della quotidianità che riceve una luce e un orientamento nuovo per procedere lungo la strada della vita nuova in Cristo. 

San Giuseppe esprime anche come il suo operare e il suo operato siano conformi alla volontà di Dio nella storia, permettendo alla grazia di entrare nella quotidianità attraverso l'opera delle mani dell'uomo, santificata dall'intervento di Dio. 

Il lavoro delle azioni umani diventa con san Giuseppe l'opera di disponibilità alla grazia di Dio, permettendo all'azione dello Spirito di essere sempre vicina all'umanità attraverso l'azione del fare quotidiano.
 commento a cura di Don Luciano Sanvito
 
Da uno scritto di Santa Teresa d' Avila





Introduzione
Come è noto Santa Teresa D'Avila fu una grande devota di San Giuseppe, ed era solita esortare tutti i fedeli a fare ricorso alla potente intercessione di questo Santo: ella ripeteva sovente che, come l'antico Giuseppe deteneva le chiavi dei granai egizi, così San Giuseppe detiene le chiavi dei granai celesti, come custode e dispensatore dei tesori del cielo.
Preghiere iniziali
Nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo. Amen.
O Dio, vieni a salvarmi. Signore, vieni presto in mio aiuto.

Gloria al Padre

Sequenza, allo Spirito Santo
Vieni, Spirito Santo,
manda a noi dal cielo
un raggio della tua luce.

Vieni, padre dei poveri,
vieni, datore dei doni,
vieni, luce dei cuori.

Consolatore perfetto;
ospite dolce dell'anima,
dolcissimo sollievo.

Nella fatica, riposo,
nella calura, riparo,
nel pianto, conforto.

O luce beatissima,
invadi nell'intimo
il cuore dei tuoi fedeli.

Senza la tua forza,
nulla è nell'uomo,
nulla senza colpa.

Lava ciò che è sordido,
bagna ciò che è arido,
sana ciò che sanguina.

Piega ciò che è rigido,
scalda ciò che è gelido,
drizza ciò che è sviato.

Dona ai tuoi fedeli,
che solo in te confidano,
i tuoi santi doni.

Dona virtù e premio,
dona morte santa,
dona gioia eterna.
Amen.

Manda il tuo Spirito e sarà una nuova creazione.
E rinnoverai la faccia della terra.

Preghiamo:
O Dio, che con il dono dello Spirito Santo guidi i credenti alla piena luce della verità, donaci di gustare nel tuo Spirito la vera sapienza e di godere sempre del suo conforto. Per Cristo nostro Signore. Amen.

Credo
Io credo in Dio, Padre onnipotente, creatore del cielo e della terra; e in Gesù Cristo, suo unico Figlio, nostro Signore, Il quale fu concepito di pirito Santo, nacque da Maria Vergine, patì sotto Ponzio Pilato, fu crocifisso, morì e fu sepolto; discese agli inferi; il terzo giorno risuscitò da morte; salì al cielo, siede alla destra di Dio Padre onnipotente: di là verrà a giudicare i vivi e i morti. Credo nello Spirito Santo, la santa Chiesa cattolica, la comunione dei Santi, la remissione dei peccati, la risurrezione della carne, la vita eterna. Amen

A te, o beato Giuseppe
(Indulgenza plenaria)

A te, o beato Giuseppe, stretti dalla tribolazione, ricorriamo, e fiduciosi invochiamo il tuo patrocinio,
insieme con quello della tua santissima Sposa. Per quel sacro vincolo di carità, che ti strinse all'Immacolata Vergine Madre di Dio, e per l'amore paterno che portasti al fanciullo Gesù, riguarda, te ne preghiamo, con occhio benigno la cara eredità che Gesù Cristo acquistò col suo Sangue, e con il tuo potere ed aiuto soccorri ai nostri bisogni.

Proteggi, o provvido Custode della divina Famiglia, l'eletta prole di Gesù Cristo;
allontana da noi, o Padre amantissimo, la peste di errori e di vizi che ammorba il mondo, assistici propizio dal cielo in questa lotta col potere delle tenebre, o nostro fortissimo protettore; e come un tempo salvasti dalla morte la minacciata vita del bambino Gesù, così ora difendi la santa Chiesa di Dio dalle ostili insidie e da ogni avversità, e copri ciascuno di noi con il tuo patrocinio, affinchè col tuo esempio e con il tuo soccorso possiamo virtuosamente vivere, piamente morire e conseguire l'eterna beatitudine in Cielo.
Amen

Ripetere per nove volte:Ave, o Giuseppe, uomo giusto, sposo verginale di Maria e padre davidico del Messia; tu sei benedetto fra gli uomini e benedetto è il Figlio di Dio he a te fu affidato, Gesù. San Giuseppe, patrono della Chiesa universale, custodisci le nostre famiglie nella pace e nella grazia divina e soccorrici nell'ora della nostra morte.
 Amen.

Alla fine del nono
Ave, Giuseppe:
San Giuseppe, ti ringrazio che tu mi hai esaudito.
Io, ben sapevo che tu mi esaudisci sempre.


Vita di San Giuseppe

Quamquam pluries

La devozione al Cuore castissimo di S. Giuseppe



 
 
Preghiera di San Francesco Di Sales

Glorioso San Giuseppe, sposo di Maria, estendi anche a noi la tua protezione paterna, tu che sei capace di rendere possibili le più impossibili delle cose. Guarda alle nostre presenti necessità, rivolgi i tuoi occhi di padre su ciò che preme ai tuoi figli. Aiutaci e prendi sotto la tua morevole protezione le questioni così importanti che ti affidiamo, in modo che il loro esito favorevole sia per la Gloria di Dio e per il bene di noi che affettuosamente ti seguiamo.
Amen.


Preghiera a San Giuseppe, patrono dei lavoratori

San Giuseppe, modello e patrono dei lavoratori,
ci rivolgiamo a te con fiducia.
Aiutaci a trovare nel lavoro non solo il nostro sostentamento quotidiano,
ma anche una fonte di merito per la vita eterna.
Tu, vivendo accanto a Gesù, Figlio di Dio, e a Maria sua Madre,
avesti la fortuna di penetrare le loro sublime intenzioni;
concedi a noi di stimare il lavoro, e di amarlo come voi l'avete amato.
Fa' che operiamo con spirito di penitenza;
con diligenza e pace, consapevoli di fare la volontà di Dio,
mentre egli ci chiama a continuare e perfezionare
l'opera della sua creazione.
Possiamo considerare la nostra vita come una giornata
di fatica e di semina, in attesa del riposo e del raccolto, nell'eternità.
San Giuseppe, intercedi per noi e proteggi e custodisci la nostra quotidiana
fatica nel mondo del lavoro. Amen.

 

Preghiera dell'operaio
Gesù, divino operaio e amico degli operai, volgi il tuo sguardo benigno sul mondo del lavoro. Ti presentiamo i bisogni di quanti compiono un lavoro intellettuale, morale o materiale. Vedi in quali fatiche, in quali sofferenze e tra quali insidie viviamo i nostri duri giorni. Vedi le sofferenze fisiche e morali; ripeti il grido del tuo cuore: «Ho pietà di questo popolo». E confortaci, per i meriti e l’intercessione di san Giuseppe, modello degli operai e artigiani.

Dacci la sapienza, la virtù, l’amore che ti sostenne nelle laboriose giornate. Ispira pensieri di fede, di pace, di moderazione, di risparmio, perché si cerchino sempre, insieme al pane quotidiano, i beni spirituali ed il Paradiso. Salvaci da chi, con inganno, mira a rapirci il dono della fede e la fiducia nella tua provvidenza. Liberaci dagli sfruttatori, che disconoscono i diritti e la dignità della persona umana. Ispira leggi sociali conformi al magistero ecclesiale. Regnino assieme la carità e la giustizia con la cooperazione sincera delle classi sociali. Considerino tutti il Vicario di Cristo, Maestro nella dottrina sociale, che assicura al lavoratore una graduale elevazione ed il regno dei cieli, eredità dei poveri di spirito.
Amen 
Don Giacomo Alberione




La Scala di San Giuseppe
L’inspiegabile distrazione di un architetto del XIX secolo creò un problema “insolubile” che risultò in un’ammirevole opera d’arte che incanta le anime aperte al meraviglioso, e che fino ad oggi lascia perplessi i piú competenti esperti.




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(Mt 13,54-58) Non è costui il figlio del falegname?

VANGELO 
 (Mt 13,54-58) Non è costui il figlio del falegname? 
+ Dal Vangelo secondo Matteo

In quel tempo Gesù, venuto nella sua patria, insegnava nella loro sinagoga e la gente rimaneva stupita e diceva: «Da dove gli vengono questa sapienza e i prodigi? Non è costui il figlio del falegname? E sua madre, non si chiama Maria? E i suoi fratelli, Giacomo, Giuseppe, Simone e Giuda? E le sue sorelle, non stanno tutte da noi? Da dove gli vengono allora tutte queste cose?». Ed era per loro motivo di scandalo. Ma Gesù disse loro: «Un profeta non è disprezzato se non nella sua patria e in casa sua». E lì, a causa della loro incredulità, non fece molti prodigi.

Parola del Signore


LA MIA RIFLESSIONE
PREGHIERA
Grazie O Spirito Santo di essere sempre così presente nella mia vita, di vivere costantemente nel mio cuore e accorrere al mio richiamo. Sei luce che spacca le tenebre, in ogni occasione, sei voce che grida nel deserto, la voce del Signore mio, sei l’ impronta che Dio pone davanti a me perché ci metta il mio piede. Nulla ti è oscuro e nulla tu mi neghi. Ti adoro mio Signore che nella SS. Trinità, ci riempi della tua misericordia.

Seguire Gesù. Sappiamo quanto è difficile essere onesti, quanto ci costa essere cristiani, vincere la tentazione di fare come tutti, come è difficile essere compresi e non trattati da poveri dementi per questa nostra fede. A Gesù stesso fu riservato questo trattamento, figuriamoci a noi, non ci saranno certo belle parole e complimenti, anzi, a volte anche tra chi ha fede tra chi vive nella stessa comunità Cristiana, ci saranno incomprensioni.
Pensate che Gesù, che non aveva colpe, non aveva mai dato scandalo con i suoi comportamenti, non aveva mai fatto del male a nessuno, lo hanno oltraggiato, fustigato, sbeffeggiato ed ucciso. Noi spesso ci lamentiamo dei nostri problemi, dei disagi e delle incomprensioni ; speriamo di essere trattati meno duramente amici miei, noi che siamo anche peccatori….  Gli uomini hanno molta più memoria dei peccati altrui che dei propri. Una frase in questa pagina di Vangelo, mi porta a invitarvi, e a rinnovare a me stessa l’ invito a credere e a fare veramente posto alla parola di Dio nel nostro cuore:- E lì, a causa della loro incredulità, non fece molti prodigi. -
Proprio le persone per cui Gesù era venuto, per coloro che presiedevano il culto nel tempio, non riescono ad accettare di aprire il cuore e la mente al Cristo. Era entrato lì appena dodicenne  e i dottori  del tempio si erano meravigliati di tanta sapienza. 
Ora però Gesù non si limitava a dire loro quello che era giusto secondo il volere di Dio, non si fermava alla teoria, ma era passato alla pratica, e li spingeva alla pratica nel nome di Dio. La legge di Dio non è solo una legge scritta da imparare a memoria e decantare, ma è adesione alla parola e alla persona che è la parola stessa."In principio era il verbo,il verbo era presso Dio,il verbo era Dio" Gv 1,1Ma quando uno non vuole aprire il suo cuore,non permette che il Signore apra la sua mente; tutti coloro che si oppongono a Dio, che gli parlano sopra, non ascoltano la sua voce e si fermano ai loro pre-giudizi.Proprio così fecero i cosiddetti sapienti, che videro in Gesù, solo il figlio del falegname e non riuscirono ad andare oltre.Oggi mi chiedo e vi invito a porvi la stessa domanda: che cosa è cambiato in me da quando Gesù è entrato nella mia vita? Quanto riesco a lavorare su me stessa per far si che la sua parola sia aderente con la mia vita? Comprendo che le parole di Gesù mi riguardano personalmente?
Lasciamo che Gesù entri con tutto il suo ESSERE nel nostro cuore, facciamogli tutto il posto che riusciamo a fargli con la nostra disponibilità a fidarci di lui ed affidarci a Lui, non cerchiamo di voler fare, capire, agitarci come Marta, ma restiamo in ascolto di quello che lui ci indicherà con la sua parola…facciamogli posto nel cuore e nella mente e allora si che vedremo grandi prodigi, senza dover andare troppo lontano a cercare, ma ripartendo da dentro il nostro cuore. Potremo allora dire anche noi, ti cercavo fuori e ti ho trovato dentro di me, come ha detto Sant’Agostino :" tardi t'amai "  

martedì 29 aprile 2014

(Gv 3,16-21) Dio ha mandato il Figlio nel mondo, perché il mondo sia salvato per mezzo di lui.

VANGELO
(Gv 3,16-21) Dio ha mandato il Figlio nel mondo, perché il mondo sia salvato per mezzo di lui.
+ Dal Vangelo secondo Giovanni
In quel tempo, Gesù disse a Nicodèmo: «Dio ha tanto amato il mondo da dare il Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui non vada perduto, ma abbia la vita eterna. Dio, infatti, non ha mandato il Figlio nel mondo per condannare il mondo, ma perché il mondo sia salvato per mezzo di lui. Chi crede in lui non è condannato; ma chi non crede è già stato condannato, perché non ha creduto nel nome dell’unigenito Figlio di Dio. E il giudizio è questo: la luce è venuta nel mondo, ma gli uomini hanno amato più le tenebre che la luce, perché le loro opere erano malvagie. Chiunque infatti fa il male, odia la luce, e non viene alla luce perché le sue opere non vengano riprovate. Invece chi fa la verità viene verso la luce, perché appaia chiaramente che le sue opere sono state fatte in Dio».
Parola del Signore

LA MIA RIFLESSIONE
PREGHIERA
Vieni o Santo Spirito, e assistimi con la tua sapienza, lascia che io possa lasciarmi andare veramente alla volontà di Dio, che con cuore sincero, impari da te e da Maria tutto quello che devo ancora imparare per essere come Dio mi vuole.
Con questa pagina del vangelo, torniamo al discorso che Gesù fa a Nicodemo, per fargli capire cosa significa rinascere dall'alto.
Gli spiega che solo un amore immenso per gli uomini poteva portare Dio a sacrificare la vita del suo figlio prediletto, in cambio di quella nostra, che pazzi, incoscienti e ingrati, continuiamo a vivere nelle tenebre senza non solo non apprezzare questo gesto, ma addirittura vanificandolo.
Cerchiamo di capire qual è il discorso che Gesù ci fa quando parla di luce e di tenebre ed anche in maniera semplice, ma facciamolo una volta per tutte, altrimenti non usciremo mai da questo tunnel.
Noi non siamo santi, e questo è certo, ma forse pensiamo di essere abbastanza bravi, di piacere al Signore, ma questo amici miei, non è vero....
Mi dispiace dover dire questo, e tanto di più mi dispiace sapere che neanche io che vi parlo e che credo di aver compreso almeno in parte cosa vuole il Signore da noi, sono esonerata da questo fatto.
Gesù non ama le mezze misure, ci ha sempre detto di fare una scelta tra Dio e mammona, ma nessuno di noi, riesce mai a dare un taglio netto alla sete di potere, al desiderio del denaro, e addirittura alla superstizione, perché magari credendo di non fare niente di male, leggiamo l'oroscopo .... non ci crediamo? E allora perché lo leggiamo? C' è sempre qualcosa che ci impedisce di andare fino in fondo.
E se un fratello ci offende e ci fa del male, qual' è la nostra reazione? Beh a dirla tutta, nella migliore delle ipotesi, lo cancelliamo dalla nostra vita ed in questo gesto, che sembra innocuo, o in ogni caso il minore dei mali, noi invece ci mettiamo allo stesso livello di peccatori, di chi ci ha offeso. Pensiamo se Gesù sulla croce ha detto qualche parola contro i suoi carnefici, o se in tutta la vita, ha risposto al male che gli è stato fatto, alle offese ricevute, con rancore o altre offese. E se noi dobbiamo seguire la strada maestra, ossia la via del maestro, la dobbiamo percorrere fino in fondo.

lunedì 28 aprile 2014

(Gv. 14.27-31) Vi do la mia pace

VANGELO
(Gv 14,27-31a) Vi do la mia pace.
Dal Vangelo secondo Giovanni
In quel tempo, disse Gesù ai suoi discepoli:
«Vi lascio la pace, vi do la mia pace. Non come la dà il mondo, io la do a voi.
Non sia turbato il vostro cuore e non abbia timore. Avete udito che vi ho detto: "Vado e tornerò da voi". Se mi amaste, vi rallegrereste che io vado al Padre, perché il Padre è più grande di me. Ve l'ho detto ora, prima che avvenga, perché, quando avverrà, voi crediate.
Non parlerò più a lungo con voi, perché viene il prìncipe del mondo; contro di me non può a, ma bisogna che il mondo sappia che io amo il Padre, e come il Padre mi ha comandato, così io agisco».
Parola di Dio
LA MIA RIFLESSIONE
PREGHIERA
Ti prego o Santo Spirito, di scendere su di me, e illuminarmi con la tua sapienza per comprendere le letture della parola di Dio, per andare dal Figlio al Padre, attraverso di Te.Per Cristo nostro Signore.Amen
Dagli atti degli apostoli apprendiamo che già da 2000 anni la chiesa è perseguitata, all’epoca erano i giudei che non volevano riconoscere Gesù come il Messia, poi c’erano i pagani che non credettero e quelli che adoravano altri dei. In tutto questo marasma, Gesù ci parla di pace…e specifica che la pace di cui parla, non è come quella che si può cercare in questo mondo, ma è la pace che nasce dall’anima, che ha chi vive in pace con se stesso e con i fratelli. Gesù dovrà tornare dal Padre, così com’è venuto dal Padre, lo dice prima che avvenga, perché gli apostoli credano a quello che sentono e che vedono, profeta di se stesso. In questa terra ci sarà il male, creato e provocato dal principe di questa terra, e spesso ci domandiamo perché? Chi lo ha eletto principe di questa terra?…Siamo stati noi uomini, che per vanità, per orgoglio, per brama di potere, per superbia, per voglia d’avere tutto, lo abbiamo ascoltato e lo ascoltiamo ancora. Dio ci guarda scegliere a chi appartenere e soffre perché ci ama, soffre tanto da decidere di mandare a salvarci un redentore, che con il suo sacrificio, ci redimerà dal peccato originale. Forse a qualcuno queste parole non piacciono, non riesce a comprendere come Dio, possa averci lasciato in balia di satana, e allora lo voglio dire più semplicemente.Siamo noi che scegliamo se credere che tutto sia qui sulla terra ed allora accumulare tesori e beni materiali, oppure fidarci della parola di Gesù Cristo, e sperare, ma più che sperare direi avere certezza, di una vita spirituale da vivere già da qui e continuare a vivere dopo la fine inesorabile dei nostri giorni. Si parla di fine del mondo, io preferisco e v’invito, con molta umiltà, a pensare alla fine di quest’ordine di cose, alla fine di una vita materialistica, e al raggiungimento di una vita nella nuova Gerusalemme, imparando a leggere l’apocalisse di Giovanni, non più come una catastrofe annunciata, ma come la vittoria del bene sul male, la vittoria del regno di Dio su quello di satana; ma per fare questo, bisogna che la vittoria avvenga prima di tutto nel nostro cuore

domenica 27 aprile 2014

(Gv 3,1-8) Se uno non nasce da acqua e Spirito, non può entrare nel regno di Dio.

VANGELO
(Gv 3,1-8) Se uno non nasce da acqua e Spirito, non può entrare nel regno di Dio.
+ Dal Vangelo secondo Giovanni
Vi era tra i farisei un uomo di nome Nicodèmo, uno dei capi dei Giudei. Costui andò da Gesù, di notte, e gli disse: «Rabbì, sappiamo che sei venuto da Dio come maestro; nessuno infatti può compiere questi segni che tu compi, se Dio non è con lui». Gli rispose Gesù: «In verità, in verità io ti dico, se uno non nasce dall’alto, non può vedere il regno di Dio».Gli disse Nicodèmo: «Come può nascere un uomo quando è vecchio? Può forse entrare una seconda volta nel grembo di sua madre e rinascere?». Rispose Gesù: «In verità, in verità io ti dico, se uno non nasce da acqua e Spirito, non può entrare nel regno di Dio. Quello che è nato dalla carne è carne, e quello che è nato dallo Spirito è spirito. Non meravigliarti se ti ho detto: dovete nascere dall’alto. Il vento soffia dove vuole e ne senti la voce, ma non sai da dove viene né dove va: così è chiunque è nato dallo Spirito».
Parola del Signore

LA MIA RIFLESSIONE
PREGHIERA
Vieni o Spirito Santo e fermati su di me, fammi rinascere come tu vuoi, illuminami come tu sai e fa che possa capire che cosa vogliono dire le parole di Gesù.
Rinascere dall’alto, o nascere in acqua e spirito, la cosa qui sembra veramente molto complessa e difficile da capire.
Io ho una mia lettura, che chiaramente è solo mia e non vuole essere legge, è anche difficile da spiegare come io la intendo, ma ci proverò, prendendo in prestito le parole di un mio amico carissimo,affetto da S.L.A. che io ho sempre sentito mie, come se lui riuscisse a spiegare semplicemente quello che io provavo.:-- La luce che avvolge le anime è indescrivibile, senti solo la felicità, siamo soli con Dio, soli e insieme ad altre anime. È tutto vero sai, siamo parte del creato e le anime dell’ universo devono ricomporsi in Dio, come se Dio ci ha donato un po’ di Sé, almeno quando andiamo in viaggio, non ci perdiamo.—
Una parte di Se, si è questo che io ho sempre pensato, che in noi, quella "sua immagine e somiglianza" sia un pò di Dio che abbiamo in noi, perché altrimenti non mi spiego come mai senza Dio, ci manca sempre qualcosa.
Io non voglio più allontanarmi da quella parte di Dio che è in me, anzi, più la curo, più la vivo e più sento che sta diventando la parte più importante di me. Sento che è la mia parte giusta, quella fatta di luce e di amore, che ho cercato di soffocare per anni per far vivere quell’altra parte di me fatta di egoismo e di tante altre cose che in fondo non mi hanno mai dato nè la felicità, nè la serenità.
Questa parte “di Dio” che io definisco la parte che porta in se il seme della vita, è invece sempre amore e luce, anche nel dolore, nella sofferenza, nella tribolazione, perché c’è un luogo nel mio cuore, che è pieno di luce e che va oltre tutto quello che è terreno, va verso la speranza , oserei dire la certezza, che oltre la vita terrena che noi vediamo, c'è un mondo meraviglioso che ci aspetta.Rinascere mi fa pensare all'acqua e inevitabilmente mi porta davanti al pozzo dove la samaritana incontrò Gesù.Mi allontano un po' e vedo la mia storia.
Io samaritana, devo avere il coraggio di uscire dagli schemi del mondo, per recarmi al pozzo divino; il coraggio di fermarmi e far diventare Gesù mio maestro, di lasciare che sia Lui a darmi da bere la sua acqua, di lasciare che sia Lui a farmi rinascere in quell' acqua.
Il mio battesimo non è un pozzo arido, ma una fonte che non si inaridisce, perché non viene dagli uomini, ma per mezzo degli uomini consacrati di Dio, mi è stato concesso.
A volte faccio resistenza a questo dono, gettando in questo pozzo le cose degli uomini, che non mi permettono di tirar su acqua pura, ma solo inquinata dai miei pensieri e da tutti i mali che vedo nel mondo e nella Chiesa. Gesù mi si para davanti e mi chiede di lasciarmi dietro le spalle tutti i pensieri negativi e di dissetarmi della sua parola. Gli uomini sono un mezzo, la sua parola è verità. Anche io sono una donna che non sa distinguere la verità, che si sistema le cose come gli fa più comodo, come gli fa più simpatia, come gli conviene di più. Le parole possono avere veramente tanti significati, ma la parola del Signore, comunque la giri e la rivolti, è una, ed è verità, è
l' unica e non cerca scorciatoie.
La samaritana ha bisogno di celarsi, di non uscire allo scoperto, per continuare la sua finzione. La cosa che il Signore mi chiede è di lasciare le cose che vanno tenute nascoste e di uscire alla luce del sole, anzi, in piena luce, proprio perché mi chiede di uscire là dove si incontrano in pochi, dove non sono approdata per caso, ma dove Lui stesso mi ha chiamato ad incontrarlo.
Chi non è nella luce non ha il coraggio di uscire alla luce, perché troppi sarebbero i lati oscuri che verrebbero fuori, ma lo Spirito non vuole portarmi alla luce per svergognarmi, infatti intorno al pozzo non c'è nessuno, ma perché io possa decidere senza aspettare di essere perfetta, e testimoniare alla luce che tutti, anche i peccatori come me, possiamo rinascere in Spirito e Verità. Le ambiguità che conservo sono legate alla falsità dei rapporti con me stessa e con gli altri. Pregare per i peccatori infatti, non significa prima giudicarli, perché io non sono migliore di loro, di nessuno, ma significa chiedere al Signore di offrirci il suo perdono in dono, così come si è offerto in dono con il suo corpo.
Cercare Dio in Spirito e verità, significa per me, uscire allo scoperto, conoscere la verità anche su di me, perché è lui che può farmela conoscere; prendere piena coscienza dei miei peccati, delle mie mancanze, delle mie indecisioni, dei miei errori e poi... non poter più tornare indietro. La scelta deve essere definitiva, perché non si risorge restando morti, ma si risorge per vivere una vita nuova; quindi conoscere la verità tutta intera, non può essere un segno di condanna, ma di misericordia.

sabato 26 aprile 2014

(Gv 20,19-31) Otto giorni dopo venne Gesù.


VANGELO
 (Gv 20,19-31) Otto giorni dopo venne Gesù.
+ Dal Vangelo secondo Giovanni

La sera di quel giorno, il primo della settimana, mentre erano chiuse le porte del luogo dove si trovavano i discepoli per timore dei Giudei, venne Gesù, stette in mezzo e disse loro: «Pace a voi!». Detto questo, mostrò loro le mani e il fianco. E i discepoli gioirono al vedere il Signore. 
Gesù disse loro di nuovo: «Pace a voi! Come il Padre ha mandato me, anche io mando voi». Detto questo, soffiò e disse loro: «Ricevete lo Spirito Santo. A coloro a cui perdonerete i peccati, saranno perdonati; a coloro a cui non perdonerete, non saranno perdonati».
Tommaso, uno dei Dodici, chiamato Dìdimo, non era con loro quando venne Gesù. Gli dicevano gli altri discepoli: «Abbiamo visto il Signore!». Ma egli disse loro: «Se non vedo nelle sue mani il segno dei chiodi e non metto il mio dito nel segno dei chiodi e non metto la mia mano nel suo fianco, io non credo».
Otto giorni dopo i discepoli erano di nuovo in casa e c’era con loro anche Tommaso. Venne Gesù, a porte chiuse, stette in mezzo e disse: «Pace a voi!». Poi disse a Tommaso: «Metti qui il tuo dito e guarda le mie mani; tendi la tua mano e mettila nel mio fianco; e non essere incredulo, ma credente!». Gli rispose Tommaso: «Mio Signore e mio Dio!». Gesù gli disse: «Perché mi hai veduto, tu hai creduto; beati quelli che non hanno visto e hanno creduto!».
Gesù, in presenza dei suoi discepoli, fece molti altri segni che non sono stati scritti in questo libro. Ma questi sono stati scritti perché crediate che Gesù è il Cristo, il Figlio di Dio, e perché, credendo, abbiate la vita nel suo nome.

Parola del Signore





LA MIA RIFLESSIONE
PREGHIERA
Ti prego Signore di soffiare anche su di me il tuo Spirito, per darmi la conoscenza sempre del tuo volere che debbo e voglio fare e per il quale chiedo a te tutto l' aiuto necessario.

Notiamo come nel vedere Gesù i discepoli gioiscono, e chiediamoci: Perché è venuto?
Gli mostra le ferite per fargli vedere che è proprio lui, quello che è salito sulla croce, e ha vinto la morte.
E’ normale che qualcuno abbia dei dubbi, Tommaso non fa finta di credere, ma si rende disponibile a ricredersi.

La nostra umanità ci porta a credere solo a quello che possiamo vedere, anche se  con Gesù ormai abbiamo capito che non può bastare. Ha compiuto miracoli davanti ai loro occhi, è entrato in una casa con le porte chiuse, ma è proprio Lui?
Nulla lo può dividere da noi, perché il suo amore lo spinge a cercarci sempre e a darci tutto di se, così come fa con gli apostoli, ai quali dona lo Spirito Santo. Scopriamo così che solo la nostra incredulità riesce a tenerlo lontano da noi, siamo sempre noi che abbiamo l’ ultima parola.
Chi fa l’esperienza di Gesù nella propria vita, non ha più dubbi, e non serve che lo veda fisicamente o no, anzi proprio perché si fida della sua parola,riesce a sentire la sua azione tramite lo Spirito Santo.
Nel dolore spesso ci sentiamo distrutti sia fisicamente sia moralmente, ma quando chiediamo al Signore aiuto, vediamo che siamo subito alleviati dalla cosa più atroce del dolore, la disperazione.
E’ importante stare vicini a chi soffre, per un motivo o per l’altro, perché noi possiamo essere la parola che Gesù vuole dire, la mano di Gesù che sa accarezzare, noi possiamo essere la testimonianza che Gesù non abbandona i suoi figli, perché seguire il Signore vuol dire amare il nostro prossimo come Dio ama noi.
Amore è la parola d’ordine per entrare nella famiglia celeste, e per tornare nella casa del Padre, dove Gesù è andato a preparare un posto.