sabato 29 marzo 2014

(Gv 9,1-41) Andò, si lavò e tornò che ci vedeva.

VANGELO

(Gv 9,1-41) Andò, si lavò e tornò che ci vedeva. 

+ Dal Vangelo secondo Giovanni

In quel tempo, Gesù passando vide un uomo cieco dalla nascita e i suoi discepoli lo interrogarono: «Rabbì, chi ha peccato, lui o i suoi genitori, perché sia nato cieco?». Rispose Gesù: «Né lui ha peccato né i suoi genitori, ma è perché in lui siano manifestate le opere di Dio. Bisogna che noi compiamo le opere di colui che mi ha mandato finché è giorno; poi viene la notte, quando nessuno può agire. Finché io sono nel mondo, sono la luce del mondo». Detto questo, sputò per terra, fece del fango con la saliva, spalmò il fango sugli occhi del cieco e gli disse: «Va’ a lavarti nella piscina di Sìloe», che significa “Inviato”. Quegli andò, si lavò e tornò che ci vedeva. Allora i vicini e quelli che lo avevano visto prima, perché era un mendicante, dicevano: «Non è lui quello che stava seduto a chiedere l’elemosina?». Alcuni dicevano: «È lui»; altri dicevano: «No, ma è uno che gli assomiglia». Ed egli diceva: «Sono io!». Allora gli domandarono: «In che modo ti sono stati aperti gli occhi?». Egli rispose: «L’uomo che si chiama Gesù ha fatto del fango, me lo ha spalmato sugli occhi e mi ha detto: “Va’ a Sìloe e làvati!”. Io sono andato, mi sono lavato e ho acquistato la vista». Gli dissero: «Dov’è costui?». Rispose: «Non lo so».Condussero dai farisei quello che era stato cieco: era un sabato, il giorno in cui Gesù aveva fatto del fango e gli aveva aperto gli occhi. Anche i farisei dunque gli chiesero di nuovo come aveva acquistato la vista. Ed egli disse loro: «Mi ha messo del fango sugli occhi, mi sono lavato e ci vedo». Allora alcuni dei farisei dicevano: «Quest’uomo non viene da Dio, perché non osserva il sabato». Altri invece dicevano: «Come può un peccatore compiere segni di questo genere?». E c’era dissenso tra loro. Allora dissero di nuovo al cieco: «Tu, che cosa dici di lui, dal momento che ti ha aperto gli occhi?». Egli rispose: «È un profeta!». Ma i Giudei non credettero di lui che fosse stato cieco e che avesse acquistato la vista, finché non chiamarono i genitori di colui che aveva ricuperato la vista. E li interrogarono: «È questo il vostro figlio, che voi dite essere nato cieco? Come mai ora ci vede?». I genitori di lui risposero: «Sappiamo che questo è nostro figlio e che è nato cieco; ma come ora ci veda non lo sappiamo, e chi gli abbia aperto gli occhi, noi non lo sappiamo. Chiedetelo a lui: ha l’età, parlerà lui di sé». Questo dissero i suoi genitori, perché avevano paura dei Giudei; infatti i Giudei avevano già stabilito che, se uno lo avesse riconosciuto come il Cristo, venisse espulso dalla sinagoga. Per questo i suoi genitori dissero: «Ha l’età: chiedetelo a lui!».Allora chiamarono di nuovo l’uomo che era stato cieco e gli dissero: «Da’ gloria a Dio! Noi sappiamo che quest’uomo è un peccatore». Quello rispose: «Se sia un peccatore, non lo so. Una cosa io so: ero cieco e ora ci vedo». Allora gli dissero: «Che cosa ti ha fatto? Come ti ha aperto gli occhi?». Rispose loro: «Ve l’ho già detto e non avete ascoltato; perché volete udirlo di nuovo? Volete forse diventare anche voi suoi discepoli?». Lo insultarono e dissero: «Suo discepolo sei tu! Noi siamo discepoli di Mosè! Noi sappiamo che a Mosè ha parlato Dio; ma costui non sappiamo di dove sia». Rispose loro quell’uomo: «Proprio questo stupisce: che voi non sapete di dove sia, eppure mi ha aperto gli occhi. Sappiamo che Dio non ascolta i peccatori, ma che, se uno onora Dio e fa la sua volontà, egli lo ascolta. Da che mondo è mondo, non si è mai sentito dire che uno abbia aperto gli occhi a un cieco nato. Se costui non venisse da Dio, non avrebbe potuto far nulla». Gli replicarono: «Sei nato tutto nei peccati e insegni a noi?». E lo cacciarono fuori.Gesù seppe che l’avevano cacciato fuori; quando lo trovò, gli disse: «Tu, credi nel Figlio dell’uomo?». Egli rispose: «E chi è, Signore, perché io creda in lui?». Gli disse Gesù: «Lo hai visto: è colui che parla con te». Ed egli disse: «Credo, Signore!». E si prostrò dinanzi a lui. Gesù allora disse: «È per un giudizio che io sono venuto in questo mondo, perché coloro che non vedono, vedano e quelli che vedono, diventino ciechi». Alcuni dei farisei che erano con lui udirono queste parole e gli dissero: «Siamo ciechi anche noi?». Gesù rispose loro: «Se foste ciechi, non avreste alcun peccato; ma siccome dite: “Noi vediamo”, il vostro peccato rimane».Parola del Signore.

Parola del Signore



LA MIA RIFLESSIONE

PREGHIERA

Vieni o Santo Spirito ed aprimi gli occhi, perché il mio vedere non sia cecità.



Una pagina difficile quella d’oggi, perché tocca alcuni punti dolenti del nostro modo di credere.

Il più delle volte noi stessi, cerchiamo di capire chi ha parlato, chi ha detto questo o quel messaggio, prima di decidere se prenderne atto.

È successo anche a me, proprio stamattina, leggendo un messaggio, che era trasmesso come se fosse Gesù che parlava… come se la provenienza ne autenticasse in qualche modo il significato.

Quello che conta è, in fondo, il senso del messaggio e che non vada contro il volere di Dio, perché Gesù stesso affermò che chi non è contro di Lui è con Lui.

Un uomo cieco dalla nascita torna a vedere, e per farlo rinascere, Gesù usa il fango. Ci sono tutti i segni del nascere di nuovo, ma ottusamente scribi e farisei, sempre così colti nella parola di Dio, invece di vedere questo, si domandavano perché Gesù operasse di sabato, andando contro le leggi di Mosè.

Anche i genitori del cieco non hanno il coraggio di gridare al miracolo, perché non vogliono essere emarginati dal tempio… come se il tempio fosse poi la casa degli scribi e dei farisei e non la casa di Dio.

Gli uomini si impossessano ancora una volta della chiave del regno, ma la girano a vuoto nella toppa della porta stretta, perché sono troppo gonfi di se stessi e vuoti di Dio.

Il cieco invece, percepisce, anche se confusamente, quello che Gesù ha operato in lui, illuminato da quell’incontro che gli ha ridato, non solo la vista, ma anche il coraggio di andare contro corrente pur di non tornare indietro, alla sua condizione di cecità.

Apriamo gli occhi e scopriamo quali miracoli Gesù può operare in noi, incuranti se questo vuol dire non far parte di quelli che credono già di sapere tutto, dei sapienti, dei dotti, o peggio ancora di quelli che pensano che Dio sia un’illusione per sciocchi.

La nostra vita sarà un miracolo parlante, fatto di semplicità, di carità e di amore.

Fidiamoci di Dio, come Lui si fida di noi.

venerdì 28 marzo 2014

(Lc 18,9-14) Il pubblicano tornò a casa giustificato, a differenza del fariseo.

VANGELO
 (Lc 18,9-14) Il pubblicano tornò a casa giustificato, a differenza del fariseo. 
+ Dal Vangelo secondo Luca

In quel tempo, Gesù disse ancora questa parabola per alcuni che avevano l’intima presunzione di essere giusti e disprezzavano gli altri: «Due uomini salirono al tempio a pregare: uno era fariseo e l’altro pubblicano. Il fariseo, stando in piedi, pregava così tra sé: “O Dio, ti ringrazio perché non sono come gli altri uomini, ladri, ingiusti, adulteri, e neppure come questo pubblicano. Digiuno due volte alla settimana e pago le decime di tutto quello che possiedo”. Il pubblicano invece, fermatosi a distanza, non osava nemmeno alzare gli occhi al cielo, ma si batteva il petto dicendo: “O Dio, abbi pietà di me peccatore”. Io vi dico: questi, a differenza dell’altro, tornò a casa sua giustificato, perché chiunque si esalta sarà umiliato, chi invece si umilia sarà esaltato».

Parola del Signore


LA MIA RIFLESSIONE
PREGHIERA
Vieni O Santo Spirito e lascia che io m’inebri di Te, fa che la tua parola mi entri nelle ossa e mi sia scheletro per camminare verso Dio.

Una scena come non se ne vedono molte onestamente, nelle chiese di oggi.
Credo che possiamo più riconoscerci nel fariseo che nel pubblicano, ma non credo per disonestà, forse più per ignoranza. Ignoriamo quanto siamo colpevoli e di che cosa siamo colpevoli il più delle volte, e quando ce ne rendiamo conto, troviamo sempre il modo per giustificarci.
Quando ci sembra di essere vicini al Signore, perché per grazia, riusciamo a credere in Dio, in Gesù Cristo e nello Spirito Santo, cominciamo un cammino che ci porta a migliorare pian piano, a smussare i nostri difetti, a farci riconoscere che nella nostra vita non sempre abbiamo rispettato certi criteri e così ci ripuliamo un pochino la coscienza.
Immediatamente però, cominciamo a fare altri errori, come quello di ergerci a giudici di chi è al nostro fianco, di chi frequenta le nostre comunità, dei nostri fratelli insomma, e guai se qualcuno ci riprende, perché noi ormai siamo quasi santi !
Ricordo che all'inizio della mia conversione, mi sembrava addirittura di non fare peccati... e parlando con molti fratelli, posso dire che anche per loro fu uguale.
Uno dei pericoli maggiori , non appena inizia il nostro cammino di conversione, è l' innalzamento del nostro IO.
" Io credo, io prego, io faccio la carità....  "  ed invece dovremmo lasciare fuori il nostro io e metterci davanti a Dio, spogli di tutte le strutture che ci costruiamo da soli, perché Dio che legge il nostro cuore, possa agire in noi e sulla nostra coscienza.
Se veramente vogliamo piacere a Dio, dobbiamo chiedere a Lui di farci diventare degni di stargli di fronte.
Siamo tutti peccatori e se ce ne rendiamo conto siamo già a buon punto, mentre se ci sentiamo santi, e ci pavoneggiamo davanti a Dio, non gli lasciamo neanche la possibilità di trovare in noi lo spazio per riempirci della sua grazia.
Ricordiamoci questo quando ci mettiamo davanti al Signore, non cerchiamo di trovare i colpevoli, le cause delle nostre colpe, ma vediamo come non peccare più chiedendo l' aiuto proprio a Lui, lasciandoci trasformare da Lui, che sarà felice di farlo.
Gesù allora sarà venuto anche per noi che ci riconosciamo malati, feriti, oppressi, affamati, molto più spiritualmente che fisicamente, accecati dalla nostra durezza di cuore e dalla nostra superbia. 
Senza l'umiltà la nostra preghiera non sale verso il Signore, ma gira intorno a noi stessi, ed invece di metterci a disposizione di Dio, ci facciamo belli dietro alla sua gloria, senza meriti, e vediamo solo i difetti degli altri, credendoci perfetti, e siamo lontanissimi dall' immagine che dovrebbe avere un seguace di Cristo.

giovedì 27 marzo 2014

(Mc 12,28-34) Il Signore nostro Dio è l’unico Signore: lo amerai.

VANGELO

 (Mc 12,28-34) Il Signore nostro Dio è l’unico Signore: lo amerai.

+ Dal Vangelo secondo Marco


In quel tempo, si avvicinò a Gesù uno degli scribi e gli domandò: «Qual è il primo di tutti i comandamenti?». Gesù rispose: «Il primo è: “Ascolta, Israele! Il Signore nostro Dio è l’unico Signore; amerai il Signore tuo Dio con tutto il tuo cuore e con tutta la tua anima, con tutta la tua mente e con tutta la tua forza”. Il secondo è questo: “Amerai il tuo prossimo come te stesso”. Non c’è altro comandamento più grande di questi». Lo scriba gli disse: «Hai detto bene, Maestro, e secondo verità, che Egli è unico e non vi è altri all’infuori di lui; amarlo con tutto il cuore, con tutta l’intelligenza e con tutta la forza e amare il prossimo come se stesso vale più di tutti gli olocàusti e i sacrifici». Vedendo che egli aveva risposto saggiamente, Gesù gli disse: «Non sei lontano dal regno di Dio». E nessuno aveva più il coraggio di interrogarlo.

 Parola del Signore


LA MIA RIFLESSIONE

  PREGHIERA

  Vieni o Spirito Di Dio ,vieni in me e su di me,vieni a fare di me una tua cosa,a darmi il tuo alito di vita,la tua scienza e la sapienza. Vieni a prendere in me il posto che ti spetta,ed usami come più ti piace.



Anche oggi Gesù ci da un insegnamento che sembra dire: "tutto gira intorno all'amore. "
 Infatti alla domanda dello scriba risponde, come risponde a tutti noi, che due sono i comandamenti che bisogna osservare, quelli principali, che racchiudono tutti gli altri.  AMARE DIO con tutto il cuore, mettendolo quindi al di sopra di ogni altro amore, di ogni altra cosa, e vivere per fare la sua volontà....  AMARE IL PROSSIMO come Dio stesso ci ama tutti e come vorremmo fosse fatto a noi.
 A volte le persone pensano che per avvicinarsi a Dio, occorra una preparazione dottrinale, una sapienza eccelsa, ma non è così; basta accettare di credere in Dio, mettersi al suo cospetto con umiltà e sincerità e allora sarà Dio stesso a prendersi cura di noi, a guidarci verso di Lui con un amore così grande da poterlo quasi toccare con mano.  Sta a noi lasciarci andare, lasciarci abbracciare da questo amore grande e farsi plasmare da Lui, con tranquillità e fiducia, tenendo presente che su questi due comandamenti si basa tutta la nostra fede e che questi sono quelli che ci debbono guidare.


mercoledì 26 marzo 2014

(Lc 11,14-23) Chi non è con me è contro di me!

VANGELO
 (Lc 11,14-23) Chi non è con me è contro di me. 

+ Dal Vangelo secondo Luca



In quel tempo, Gesù stava scacciando un demonio che era muto. Uscito il demonio, il muto cominciò a parlare e le folle furono prese da stupore. Ma alcuni dissero: «È per mezzo di Beelzebùl, capo dei demòni, che egli scaccia i demòni». Altri poi, per metterlo alla prova, gli domandavano un segno dal cielo. Egli, conoscendo le loro intenzioni, disse: «Ogni regno diviso in se stesso va in rovina e una casa cade sull’altra. Ora, se anche satana è diviso in se stesso, come potrà stare in piedi il suo regno? Voi dite che io scaccio i demòni per mezzo di Beelzebùl. Ma se io scaccio i demòni per mezzo di Beelzebùl, i vostri figli per mezzo di chi li scacciano? Per questo saranno loro i vostri giudici. Se invece io scaccio i demòni con il dito di Dio, allora è giunto a voi il regno di Dio.Quando un uomo forte, bene armato, fa la guardia al suo palazzo, ciò che possiede è al sicuro. Ma se arriva uno più forte di lui e lo vince, gli strappa via le armi nelle quali confidava e ne spartisce il bottino. Chi non è con me è contro di me, e chi non raccoglie con me, disperde».

 Parola del Signore



LA MIA RIFLESSIONE

PREGHIERA

Io voglio essere con Te Signore mio, aiutami, fa che il Tuo Santo Spirito, sia sempre su di me, perchè la mia scelta di vita sia una sola e per sempre, con te,  per te e da te mi venga ogni cosa, ti amo Gesù e ti desidero nell'anima mia. Amen.



Spesso Gesù ci ripete che non ci sono alternative possibili oltre alla scelta definitiva verso di lui... non ci sono, è inutile che noi uomini cerchiamo scorciatoie o stratagemmi, per farci una fede di comodo, la parola di Dio è una e se noi seguiamo quella non possiamo sbagliare.

Nel brano di oggi, Luca ci parla di un diavolo che aveva reso un uomo muto, impossessandosi di lui; per un attimo riflettiamo su questo.

La parola, dono di Dio, che ci viene tolta da satana... sembra una cosa dell' altro mondo?

No amici,troppo spesso neanche ce ne accorgiamo, ma è così, i figli non parlano con i genitori, non gli comunicano i loro pensieri, i loro problemi... si isolano.. e comincia così una specie di mutismo parlato, fatto di frivolezze e bugie, e nessuno legge tra le righe le cose non dette!

E gli anziani? Le loro paure? Le loro piccole manie di una vita? Dove sta scritto che un anziano dovrebbe stare fermo li' e non rompere, non parlare, non ripetere sempre le stesse cose, magari per colpa dell'alzheimer . Per non parlare poi dei rapporti tra coniugi, che iniziano quasi sempre con la condivisone di tutto e finiscono con la spartizione di quello che resta tra le macerie di un campo di battaglia.

La vita oggi è frenetica, si corre per fare, per creare, ed invece si distrugge tutto quello che di valore abbiamo veramente...l'AMORE.  Per questo amici, la nostra scelta deve essere definitiva, e verso Dio, perchè tutto quello che non viene da Dio, ci allontana dall'amore, e solo quello che porta a Dio, ci fa comprendere ed apprezzare l'Amore. Ora torniamo al Vangelo, e vediamo che le folle furono prese da stupore, ma qualcuno tra loro, cercava di attirare l'attenzione non su quello che avevano visto operare da Gesù, ma cercavano di spostarla altrove, cercavano di insinuare dei dubbi.

E' satana che torna alla carica, dopo aver tentato Gesù nel deserto, ora tenta gli uomini, gli fa chiedere segni;

lo stesso che aveva fatto con Gesù, ma Gesù aveva risposto a tono, e noi dobbiamo fare altrettanto, se vogliamo fare questa scelta definitiva.

Va indietro satana, tu e tutte le tue lusinghe, tu e tutti i tuoi trucchi, le tue domande, i dubbi che mi insinui nella mente, tu e tutte le divisioni che crei. Va via satana dal mio mondo, vai via con la tua corruzione, con la tua malafede, con la tua ingiustizia e la tua sete di potere. Io non voglio essere tua schiava, non voglio vincere a tutti i costi in una discussione, ma voglio parlare, anche con il mio nemico, perchè è mio fratello.

Io non voglio trincerarmi dietro uno schieramento e fare guerra agli altri, non voglio giudicare, perchè tutti abbiamo le nostre colpe, ed invece di criticare un fratello dietro alle spalle, voglio avvertirlo guardandolo negli occhi dell'errore che secondo me sta facendo, senza cattiveria, perchè Gesù mi dice di correggere il fratello che sbaglia, di aprirgli gli occhi, e lo posso fare solo con il mio amore.

Io voglio imparare ad accettare le critiche dei miei fratelli, perchè tra noi ci sia sempre e soprattutto dialogo costruttivo. Scegliamo quindi definitivamente la via dell'amore!. 

 È la  lotta di Dio contro Satana, che  diventa drammatica quando Cristo fa uscire Satana dagli indemoniati.

Satana è paragonato ad un uomo forte "bene armato che fa la guardia al suo palazzo". Tuttavia, Gesù si mostra più forte di lui", perché lo vince "con il dito di Dio", con la sua forza divina, vale a dire con lo Spirito Santo. Egli gli toglie le armi e gli strappa il bottino. È il segno che il regno di Dio è venuto sulla terra e che la lotta tra il bene ed il male in noi stessi richiedono una scelta, coloro che hanno reclamato da Gesù un segno, ecco che ce l' hanno.

Non ne verranno dati loro altri. Scoprendo i loro pensieri perversi, Gesù mostra loro che sono sotto l'influenza dello spirito malvagio. Poiché noi ci troviamo in mezzo a questa lotta, c’è impossibile una posizione neutrale: ognuno deve pronunciarsi pro o contro. Chi in questa lotta non è con lui, è con Satana, ricordiamo le parole di Gesù:

-o Dio o mammona.-

Gesù sa che gli uomini si fanno facilmente influenzare e che satana non li lascerà certo in pace, ma che in questa lotta farà di tutto per strapparli al Padre, per questo ci consiglia d’essere saldi nella fede e di difenderci dagli attacchi del maligno, fortificando le nostre difese con la preghiera e stando in guardia, esercitando la nostra mente alla parola del Signore, ma anche ad un colloquio diretto e continuo con la confessione.

La ricerca della perfezione spirituale, non è una forma di presunzione, ma, per come la vedo io, una questione d’umiltà; perché penso che poiché siamo ancora molto lontani da Gesù, che deve essere il nostro parametro di misura, abbiamo bisogno continuamente di confrontarci con la parola per non cadere nei trabocchetti del perfido.

Non credere che satana esiste, è già essere caduti in trappola, è già avere fatto la propria scelta, è già negare la parola di Gesù, perché è lui stesso che ce ne parla, e purtroppo fratelli miei, molti sono quelli che ci sono caduti, diffidate anche di chi nella chiesa stessa, non crede che esista satana, e rendetevi conto che molti di questi sapientoni, poi sono gli stessi che invece lo vedono da tutte le parti in cui la Madonna appare…..



martedì 25 marzo 2014

PENSIERUCCIO

PENSIERUCCIO

Sorella morte fa sempre capolino


stanca e sfiduciata che mi fa pena

vorrei abbracciarla e vederla serena


starsene quieta senza fretta


ad attendere il suo turno


per la parte che gli spetta.


(lella)

(Mt 5,17-19) Chi insegnerà e osserverà i precetti, sarà considerato grande nel regno dei cieli.

VANGELO
 (Mt 5,17-19) Chi insegnerà e osserverà i precetti, sarà considerato grande nel regno dei cieli. 
+ Dal Vangelo secondo Matteo

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Non crediate che io sia venuto ad abolire la Legge o i Profeti; non sono venuto ad abolire, ma a dare pieno compimento. In verità io vi dico: finché non siano passati il cielo e la terra, non passerà un solo iota o un solo trattino della Legge, senza che tutto sia avvenuto. Chi dunque trasgredirà uno solo di questi minimi precetti e insegnerà agli altri a fare altrettanto, sarà considerato minimo nel regno dei cieli. Chi invece li osserverà e li insegnerà, sarà considerato grande nel regno dei cieli».

Parola del Signore

(Mt 5,17-19) Chi insegnerà e osserverà i precetti, sarà considerato grande nel regno dei cieli.
(Mt 5,17-19) Chi insegnerà e osserverà i precetti, sarà considerato grande nel regno dei cieli.
LA MIA RIFLESSIONE
PREGHIERA
Vieni o Santo Spirito, e parlami come Gesù mi parlerebbe oggi, parlami che io possa capire, che sappia spiegare, ma più di tutto, perché possa vivere questa parola. 


Gesù dice delle cose in questo brano, molto importanti, ci annuncia che è venuto con parole nuove, ma non per abolire la legge di Dio proclamata da Mosè e dai profeti, ma per portarla a compimento.Compiere vuol dire terminare qualcosa che era iniziato, completare, perchè così si colma con la sua venuta, la misericordia di Dio.
Infatti, quello che porta Gesù, non è contro Dio, ma è l’amore di Dio, che s’ incarna e si fa olocausto fino alla morte in croce, per la nostra salvezza. Tutto è compiuto, dice Gesù, ora tocca a noi discepoli proseguire verso Dio Padre, dove Lui ci prepara il posto, ma per farlo dobbiamo seguire i suoi insegnamenti, ed elevare lo spirito al di sopra della carne.
Quanti Santi prima di noi l’ hanno fatto, sono riusciti ad entrare talmente in comunione con Gesù Spirito da riuscire ad avere anche nel corpo i segni della passione di Cristo.
Certo sarebbe bello diventare Santi….Poter aiutare il Signore con grandi carismi a riportare le pecorelle smarrite all’ovile, ma intanto accontentiamoci di entrare noi stessi in quest’ovile che è la casa del Padre, cerchiamo di vivere amando Dio ed il nostro prossimo.

lunedì 24 marzo 2014

(Lc 1,26-38) Ecco concepirai un figlio e lo darai alla luce.

VANGELO 
 (Lc 1,26-38) Ecco concepirai un figlio e lo darai alla luce. 
+ Dal Vangelo secondo Luca

In quel tempo, l’angelo Gabriele fu mandato da Dio in una città della Galilea, chiamata Nàzaret, a una vergine, promessa sposa di un uomo della casa di Davide, di nome Giuseppe. La vergine si chiamava Maria. Entrando da lei, disse: «Rallégrati, piena di grazia: il Signore è con te». A queste parole ella fu molto turbata e si domandava che senso avesse un saluto come questo. L’angelo le disse: «Non temere, Maria, perché hai trovato grazia presso Dio. Ed ecco, concepirai un figlio, lo darai alla luce e lo chiamerai Gesù. Sarà grande e verrà chiamato Figlio dell’Altissimo; il Signore Dio gli darà il trono di Davide suo padre e regnerà per sempre sulla casa di Giacobbe e il suo regno non avrà fine».Allora Maria disse all’angelo: «Come avverrà questo, poiché non conosco uomo?». Le rispose l’angelo: «Lo Spirito Santo scenderà su di te e la potenza dell’Altissimo ti coprirà con la sua ombra. Perciò colui che nascerà sarà santo e sarà chiamato Figlio di Dio. Ed ecco, Elisabetta, tua parente, nella sua vecchiaia ha concepito anch’essa un figlio e questo è il sesto mese per lei, che era detta sterile: nulla è impossibile a Dio». Allora Maria disse: «Ecco la serva del Signore: avvenga per me secondo la tua parola». E l’angelo si allontanò da lei.

Parola del Signore


LA MIA RIFLESSIONE
PREGHIERA

Vieni o Santo Spirito, e guidaci come facesti con Maria alla conoscenza del volere di Dio, e come lei fa che sappiamo accettarlo.

In questo momento della Quaresima, ritornare alle origini, alla scelta di Maria, al suo si, rappresenta per noi ripercorrere un cammino a ritroso che ci fa comprendere come a volte il disegno di Dio si compia sotto ai nostri occhi senza che ce ne rendiamo conto. Per quanti di noi c'è stato un momento in cui Dio ci ha chiamato a compiere una scelta, e quanti hanno detto di si, anche se non sapevano a cosa stavano andando incontro.
Per qualcuno il cammino è stato superficiale, quasi diffidente, per altri più profondo, tutto è dovuto alla disponibilità che c'è nel nostro si, a quanto concediamo e in base a quello ci verrà concesso.
Dalla nascita alla morte di Gesù, e sembra per un attimo che tutto finisca qui, ma dopo la morte c'è la resurrezzione ed il ritorno alla casa del Padre, e Gesù è venuto per aprire la strada; anche se non è stato facile per lui, tutto ha sopportato, tutto ha dato, per la nostra salvezza. 
Il disegno di Dio, era sconosciuto a Maria, agli apostoli, ma non è più sconosciuto a noi, eppure ancora ci poniamo di fronte a questo Dio che si fa uomo, pieni d’incredulità, quasi come se ci aspettassimo che qualcun altro scriva per noi la nostra storia.
E’ Dio che si fa uomo, che viene tra noi, che è pronto a vivere con noi, a vivere nel nostro cuore, a dare un valore alla nostra vita; guardiamolo negli occhi, vediamo di quanto amore è capace, e lasciamoci prendere dalla sua piccola mano… lasciamoci condurre tra le pieghe della storia della salvezza, di quel progetto che ha bisogno di noi, si, anche di noi, per scrivere la nostra storia.
Leggendo il brano  penso che la piccola Maria forse, era timorosa come chiunque di noi sarebbe stato e che l’angelo la porta ad avere delle conferme. Gli dice che il Signore aveva già fatto una grazia alla cugina Elisabetta, che oltre ad essere sterile era anche vecchia… vecchia e sterile, quindi impossibilitata a concepire, ma al Signore tutto è possibile e Maria lascia la sua casa di corsa e va a trovare la cugina per avere conferma delle parole dell’angelo.
Noi nati da Adamo ed Eva, siamo liberi di scegliere come vivere, chi prendere ad esempio, se Eva madre dell'egoismo, sul cui esempio, Caino per invidia uccise Abele, o Maria, che chiede a Gesù, di manifestarsi a Canan, che lo serve seguendolo fino alla sua morte e che ancora oggi interviene nella storia per chiedere a Dio di compiere miracoli per la salvezza degli uomini, affidategli da Gesù sotto alla croce mentre rivolto a Giovanni diceva: <ecco tua madre> e a Lei disse: <donna ecco tuo figlio>.

domenica 23 marzo 2014

(Lc 4,24-30) Gesù come Elìa ed Elisèo è mandato non per i soli Giudei.

VANGELO 
 (Lc 4,24-30) Gesù come Elìa ed Elisèo è mandato non per i soli Giudei. 
+ Dal Vangelo secondo Luca

In quel tempo, Gesù [cominciò a dire nella sinagoga a Nàzaret:] «In verità io vi dico: nessun profeta è bene accetto nella sua patria. Anzi, in verità io vi dico: c’erano molte vedove in Israele al tempo di Elìa, quando il cielo fu chiuso per tre anni e sei mesi e ci fu una grande carestia in tutto il paese; ma a nessuna di esse fu mandato Elìa, se non a una vedova a Sarèpta di Sidóne. C’erano molti lebbrosi in Israele al tempo del profeta Elisèo; ma nessuno di loro fu purificato, se non Naamàn, il Siro».All’udire queste cose, tutti nella sinagoga si riempirono di sdegno. Si alzarono e lo cacciarono fuori della città e lo condussero fin sul ciglio del monte, sul quale era costruita la loro città, per gettarlo giù. Ma egli, passando in mezzo a loro, si mise in cammino.

Parola del Signore


LA MIA RIFLESSIONE
PREGHIERA
Signore ti prego di darmi l'umiltà di mettermi in ginocchio, all'ascolto della tua parola, per saperla comprendere grazie allo Spirito Santo, e per saperla vivere in modo da poter dimostrare ai miei fratelli più lontani, che è possibile seguirti passo passo.  

Ancora una volta Gesù fa il rivoluzionario e, a chi vuole criticarlo per avere una scusa per non doverlo seguire, non pare vero. Quando afferma che nessun profeta è ben accetto nella sua patria, sa perfettamente quello che dice, è, infatti, vero che chi crede di conoscerti e ha la presunzione di sapere tutto di te, non ha interesse nei tuoi confronti. I giudei vedevano che Gesù era il figlio di Giuseppe il falegname, e non riuscivano ad accettare che in lui si rivelasse Dio, che fosse lui il messia atteso, perché credevano di sapere ogni cosa di lui, e non volevano neanche minimamente pensare di cambiare il loro modo di agire. Un po' così anche noi, che leggiamo il vangelo e continuiamo a vivere come se niente fosse, come se non dovessimo cambiare nulla nella nostra vita, nelle nostre "abitudini".  Diciamo di credere, ma poi alle prime difficoltà abbiamo paura e ci dimentichiamo di chiedere al Signore la forza di affrontare ed accettare ogni cosa. Diciamo di amare Gesù, e magari non parliamo con il nostro vicino o con un nostro parente per un motivo magari futile. Diciamo di volerci donare al Signore, di accettare la croce, ma ci lamentiamo in continuazione dei nostri acciacchi. Una frase che mi ha molto colpito in questo passo è quella che raffigura Gesù, che stanco del loro sdegno, della loro indifferenza, del loro volerlo uccidere per eliminarlo dalla loro vita, gli passa in mezzo... e va oltre. Ti prego o Signore di non passare nella mia vita senza che io ti possa accogliere, in ogni occasione, ed in ogni tuo insegnamento, e che non mi senta mai come chi crede di essere sotto un giudice severo che non può capire e che si limita a giudicare e condannare, ma che mi ricordi dell'amore che tu metti in tutte le cose. 

sabato 22 marzo 2014

SII UMILE ( TRATTO DA :QUANDO IL MAESTRO PARLA AL CUORE DI Padre Courtois


SII UMILE

Dimènticati. Rinnègati. Interèssati a me e ti ritroverai al tuo posto, senza averlo cercato. Ciò che conta, è il cammi­no in avanti, l'ascensione del mio Popolo. Ciò che conta è l'insieme e ciascuno nell'insieme. Lascia che diriga la mia grande opera come intendo io. Ho bisogno molto più della tua umiltà che non della tua azione esteriore. Ti utilizzerò come meglio credo. Non hai nessun conto da chiedermi, né io ho alcun conto da renderti. Sii malleabile. Sii disponibile. Sii totalmente in mia mercé, in agguato della mia volontà. Strada facendo, ti mostrerò ciò che mi aspetto da te. Tu non vedrai immediatamente lo scopo, ma io lavorerò attraverso di te, mi si scoprirà in te sempre più spesso. Senza che te ne renda conto, farò passare attraver­so di te la mia luce e la mia grazia.



Quasi tutte le difficoltà umane vengono dall'orgoglio umano. Chiedimi la grazia del distacco da tutte le vanità e ti sentirai più libero per venire a me e riempirti di me. È assolutamente nulla tutto ciò che non è me, e spesso le dignità umane fanno da schermo alla mia presenza, nella misura in cui coloro che ne sono rivestiti ne divengono prigionieri.



Io ti accolgo quando ti senti « nulla », « di poca impor­tanza », quando fisicamente ti senti debole, annientato. Non temere, allora sono Io il tuo rimedio, il tuo soccorso e la tua forza. Tu sei nelle mie mani. Io so dove ti conduco.



Ti faccio passare attraverso l'umiliazione. Accettala con amore e fiducia. È il più bel regalo che io possa farti. Anche e soprattutto se è aspra, essa comporta tali ele­menti di fecondità spirituale che, se vedessi le cose come le vedo io, non vorresti essere umiliato di meno. Se tu sapessi ciò che può scaturire dalle tue umiliazioni unite alle mie! La grande opera dell'amore si realizza a forza di sofferenze, di umiliazioni e di carità oblativa. Il resto è così terribilmente illusorio! Quanto tempo perduto, quante sofferenze sciupate, quanti lavori in pura perdita, perché intaccati dal verme dell'orgoglio o della vanità!



Più comprenderai che sono io ad agire negli altri attra­verso ciò che ti ispiro di dire loro, più la tua influenza su di essi si intensificherà e tu vedrai diminuire l'opinione che hai di te stesso. Penserai: « Non è il frutto del mio sforzo personale, Gesù era in me. Il merito e la gloria devono ritornare a lui ».



Non inquietarti per l'affievolirsi di alcune tue facoltà, ad esempio la memoria. Non è dalla loro intensità che io giudico il valore degli uomini; il mio amore supplisce alle deficienze e alle mancanze umane. Ciò fa parte dei limiti imposti dall'età alla natura umana, e ti fa capire meglio la contingenza di ciò che passa e, dunque, di ciò che non è necessario.

È anche bene che tu ti convinca, ridimensionandoti, che da te stesso non sei nulla e non hai diritto a nulla. Utilizza con gioia tutto quel poco che ti lascio, con un senso di gratitudine per le esigue possibilità che ti sono ancora concesse. Nulla ti sarà tolto di quanto ti occorre per adempiere giorno dopo giorno la tua missione, ma lo utilizzerai in modo più puro, perché più cosciente del­l'assoluta gratuità e della precarietà dei doni messi a tua disposizione.



È normale che talvolta tu sia incompreso, che le tue più oneste intenzioni siano deformate e che ti si attribui­scano sentimenti e decisioni che non vengono da te. Re­sta sereno e non lasciarti condizionare da cose di questo tipo. Lo stesso è accaduto per me, e ciò contribuisce alla redenzione del mondo.



Sii mite. Le occasioni per affermare il tuo buon diritto possono essere numerose, ma la logica divina non è la logica umana. Dolcezza e pazienza sono figlie del vero amore, che sa cogliere le attenuanti e stabilisce la giustizia nella vera equità.



Imita il più possibile la mia mitezza. La mia soavità non è sdolcinatezza. Il mio Spirito è al tempo stesso unione e forza, bontà e pienezza di potenza. Ricòrdati: beati i miti, poiché possederanno la terra e conserveran­no il dominio di se stessi. Meglio ancora, già posseggono me e sono in grado di rivelarmi più facilmente agli altri.



Il mio grado di irradiazione in un'anima dipende dal­l'intimità della mia presenza. Ebbene, io non sono mai tanto presente come quando ritrovo in un cuore umano la mia dolcezza e la mia umiltà. Nella misura in cui rinun­ci a ogni idea di superiorità tu mi permetti di crescere in te, e questo, lo sai, è il segreto di ogni vera fecondità spirituale. Chiedimi di essere umile come io ti desidero, senza ombra di civetteria, ma in tutta semplicità.



L'umiltà facilita l'incontro dell'anima con il suo Dio e getta una luce nuova sui problemi della vita di ogni gior­no. Allora io divento davvero il centro della tua vita. Per me tu agisci, scrivi, parli e preghi. Non sei più tu a vivere, sono io che vivo in te. Io divento tutto per te e tu mi ritrovi in tutti coloro ai quali ti rivolgi. La tua accoglien­za, allora, è più benevola, la tua parola è più genuina portatrice del mio pensiero, i tuoi scritti sono in più giusta misura l'espressione del mio Spirito: ma quanto devi svestirti del tuo io!



La tua umiltà sia leale, fiduciosa e costante. Chiedime­ne la grazia. Più sarai umile, più penetrerai nella mia luce, e più la diffonderai intorno a te.

Senza condividere già la pienezza della gioia eterna che sarà tua, potrai fin da ora farne ricadere alcuni riflessi sulla tua anima e farli risplendere intorno a te.

Sii sempre più un servitore della mia bontà, della mia umiltà, della mia gioia.



Le tue umiliazioni mi sono ancora più utili dei tuoi successi. Le tue rinunce mi sono ben più utili delle tue soddisfazioni. Come puoi inorgoglirti di ciò che non ti appartiene? Tutto ciò che sei, tutto ciò che hai ti è dato soltanto in prestito, come i talenti di cui dice il Vangelo. La tua stessa collaborazione, così preziosa ai miei occhi, non è che il frutto della mia grazia, e quando ricompen­serò i tuoi meriti, saranno in realtà i miei doni che io premierò. In proprio ti appartengono soltanto i tuoi erro­ri, le tue resistenze, le tue ambiguità, che solo la mia inesauribile misericordia può cancellare.
QUANDO IL MAESTRO PARLA AL CUORE

di Padre Courtois

PRESENTAZIONE dell'edizione italiana
http://www.preghiereagesuemaria.it/libri/quando%20il%20maestro%20parla%20al%20cuore.htm
 — con Andre D'aleo e altre 2 persone.

(Gv 4,5-42) Sorgente di acqua che zampilla per la vita eterna.

VANGELO 
 (Gv 4,5-42) Sorgente di acqua che zampilla per la vita eterna. 
+ Dal Vangelo secondo Giovanni

In quel tempo, Gesù giunse a una città della Samarìa chiamata Sicar, vicina al terreno che Giacobbe aveva dato a Giuseppe suo figlio: qui c’era un pozzo di Giacobbe. Gesù dunque, affaticato per il viaggio, sedeva presso il pozzo. Era circa mezzogiorno. Giunge una donna samaritana ad attingere acqua. Le dice Gesù: «Dammi da bere». I suoi discepoli erano andati in città a fare provvista di cibi. Allora la donna samaritana gli dice: «Come mai tu, che sei giudeo, chiedi da bere a me, che sono una donna samaritana?». I Giudei infatti non hanno rapporti con i Samaritani. Gesù le risponde: «Se tu conoscessi il dono di Dio e chi è colui che ti dice: “Dammi da bere!”, tu avresti chiesto a lui ed egli ti avrebbe dato acqua viva». Gli dice la donna: «Signore, non hai un secchio e il pozzo è profondo; da dove prendi dunque quest’acqua viva? Sei tu forse più grande del nostro padre Giacobbe, che ci diede il pozzo e ne bevve lui con i suoi figli e il suo bestiame?». Gesù le risponde: «Chiunque beve di quest’acqua avrà di nuovo sete; ma chi berrà dell’acqua che io gli darò, non avrà più sete in eterno. Anzi, l’acqua che io gli darò diventerà in lui una sorgente d’acqua che zampilla per la vita eterna». «Signore – gli dice la donna –, dammi quest’acqua, perché io non abbia più sete e non continui a venire qui ad attingere acqua». Le dice: «Va’ a chiamare tuo marito e ritorna qui». Gli risponde la donna: «Io non ho marito». Le dice Gesù: «Hai detto bene: “Io non ho marito”. Infatti hai avuto cinque mariti e quello che hai ora non è tuo marito; in questo hai detto il vero». Gli replica la donna: «Signore, vedo che tu sei un profeta! I nostri padri hanno adorato su questo monte; voi invece dite che è a Gerusalemme il luogo in cui bisogna adorare». Gesù le dice: «Credimi, donna, viene l’ora in cui né su questo monte né a Gerusalemme adorerete il Padre. Voi adorate ciò che non conoscete, noi adoriamo ciò che conosciamo, perché la salvezza viene dai Giudei. Ma viene l’ora – ed è questa – in cui i veri adoratori adoreranno il Padre in spirito e verità: così infatti il Padre vuole che siano quelli che lo adorano. Dio è spirito, e quelli che lo adorano devono adorare in spirito e verità». Gli rispose la donna: «So che deve venire il Messia, chiamato Cristo: quando egli verrà, ci annuncerà ogni cosa». Le dice Gesù: «Sono io, che parlo con te».In quel momento giunsero i suoi discepoli e si meravigliavano che parlasse con una donna. Nessuno tuttavia disse: «Che cosa cerchi?», o: «Di che cosa parli con lei?». La donna intanto lasciò la sua anfora, andò in città e disse alla gente: «Venite a vedere un uomo che mi ha detto tutto quello che ho fatto. Che sia lui il Cristo?». Uscirono dalla città e andavano da lui.Intanto i discepoli lo pregavano: «Rabbì, mangia». Ma egli rispose loro: «Io ho da mangiare un cibo che voi non conoscete». E i discepoli si domandavano l’un l’altro: «Qualcuno gli ha forse portato da mangiare?». Gesù disse loro: «Il mio cibo è fare la volontà di colui che mi ha mandato e compiere la sua opera. Voi non dite forse: ancora quattro mesi e poi viene la mietitura? Ecco, io vi dico: alzate i vostri occhi e guardate i campi che già biondeggiano per la mietitura. Chi miete riceve il salario e raccoglie frutto per la vita eterna, perché chi semina gioisca insieme a chi miete. In questo infatti si dimostra vero il proverbio: uno semina e l’altro miete. Io vi ho mandati a mietere ciò per cui non avete faticato; altri hanno faticato e voi siete subentrati nella loro fatica».Molti Samaritani di quella città credettero in lui per la parola della donna, che testimoniava: «Mi ha detto tutto quello che ho fatto». E quando i Samaritani giunsero da lui, lo pregavano di rimanere da loro ed egli rimase là due giorni. Molti di più credettero per la sua parola e alla donna dicevano: «Non è più per i tuoi discorsi che noi crediamo, ma perché noi stessi abbiamo udito e sappiamo che questi è veramente il salvatore del mondo».
Parola del Signore.

LA MIA RIFLESSIONE
PREGHIERA

O Signore, che mi chiedi di dare da bere a chi è assetato della Tua parola, ti prego, usami, anche se sono indegna, se sono solo un otre pieno di buchi che disperde le grazie che concedi, ti prego, usami e fa che nulla della tua parola vada perso, fa che possa scorrere lì dove Tu vuoi portarla.
Prima di pregare su questo brano, pensavo a cosa avrei potuto dirvi a questo proposito. Grande errore, io non devo dirvi, ma lasciare che sia lo Spirito Santo che vi dice qualcosa attraverso la mia riflessione e quindi per prima, insieme a voi, mi metto all’ascolto.  
Una donna vede uno straniero avvicinarsi al pozzo e prima di dargli da bere, lo studia, lo interroga e lo classifica. Non vede quasi l’ uomo e non riconosce in lui Gesù, lo tratta con sufficienza e quasi lo sfida; come avrebbe potuto quell’uomo straniero prendere acqua dal pozzo senza secchio? Povera stolta che non si avvede di quanto è potente la grazia di Dio, che non ha bisogno dei nostri mezzucci, ma che si disperde a fiumi e ci inonda, che ha bisogno solo del nostro assenso per essere raccolta.
L’acqua come fonte di vita, che rigenera, che fa germogliare, nutre, leviga scorrendo come sui sassi dei torrenti, trasporta… oppure immobile ristagna e imputridisce.
Gesù parla alla donna con naturalezza, ma anche ai suoi discepoli questo sembra strano, perché anche per loro la samaritana era una straniera, una diversa da loro e si meravigliano di questo Gesù così che rompe gli schemi fissati dalla differenza. Troppo spesso usiamo le parole uguaglianza, solidarietà, antirazzismo, a sproposito; perché in teoria siamo aperti a tutti,ma in pratica tendiamo a privatizzare quello che consideriamo nostro, fregandocene dei diritti degli altri di avere quello che noi abbiamo, anzi, spesso speculiamo sui loro bisogni. Quando gli altri lo fanno con noi la chiamiamo speculazione ( vedi petrolio, energia,acqua, ) ma non ci avvediamo di farlo a nostra volta.
Rifletto su quanto sia importante ricordare le parole di Gesù per essere degni di essere chiamati figli, gratuitamente avete ricevuto, gratuitamente date, La grazia è dono che si riceve e rimane grazia perché è dono ricevuto che si restituisce, facendo ritorno al vuoto, alla gratuità. Se invece accumuliamo senza restituire diventa attaccamento e la grazia imputridisce. Davanti a Gesù noi siamo come la samaritana, che si attesta nella sua posizione senza vedere quanto è in peccato, che si preoccupa di non dare, ma riceve a piene mani dal Signore.Un particolare però mi ha colpito più di tutti, è l'orario in cui questo incontro avviene, l'ora in cui la samaritana esce per non incontrare nessuno al pozzo, col sole alto. Le altre donne sono intente nelle faccende di casa e gli uomini al lavoro. penso quanto ci somiglia questa donna che  non vuole correre il rischio di essere vista, giudicata; non vuole sentirsi dire nulla sul suo modo di vivere, non ha il coraggio di uscire alla luce, perché troppi sarebbero i lati oscuri che verrebbero fuori, ma Gesù non vuole portarci alla luce per svergognarci, infatti intorno non c'è nessuno, ma perché  possiamo decidere senza aspettare di essere perfetti, e testimoniare alla luce che tutti, anche i peccatori come noi, possono rinascere in Spirito e Verità.

venerdì 21 marzo 2014

(Lc 15,1-3.11-32) Questo tuo fratello era morto ed è tornato in vita.

VANGELO
 (Lc 15,1-3.11-32) Questo tuo fratello era morto ed è tornato in vita. 
+ Dal Vangelo secondo Luca

In quel tempo, si avvicinavano a lui tutti i pubblicani e i peccatori per ascoltarlo. I farisei e gli scribi mormoravano dicendo: «Costui accoglie i peccatori e mangia con loro». Ed egli disse loro questa parabola: «Un uomo aveva due figli. Il più giovane dei due disse al padre: “Padre, dammi la parte di patrimonio che mi spetta”. Ed egli divise tra loro le sue sostanze. Pochi giorni dopo, il figlio più giovane, raccolte tutte le sue cose, partì per un paese lontano e là sperperò il suo patrimonio vivendo in modo dissoluto. Quando ebbe speso tutto, sopraggiunse in quel paese una grande carestia ed egli cominciò a trovarsi nel bisogno. Allora andò a mettersi al servizio di uno degli abitanti di quella regione, che lo mandò nei suoi campi a pascolare i porci. Avrebbe voluto saziarsi con le carrube di cui si nutrivano i porci; ma nessuno gli dava nulla. Allora ritornò in sé e disse: “Quanti salariati di mio padre hanno pane in abbondanza e io qui muoio di fame! Mi alzerò, andrò da mio padre e gli dirò: Padre, ho peccato verso il Cielo e davanti a te; non sono più degno di essere chiamato tuo figlio. Trattami come uno dei tuoi salariati”. Si alzò e tornò da suo padre.Quando era ancora lontano, suo padre lo vide, ebbe compassione, gli corse incontro, gli si gettò al collo e lo baciò. Il figlio gli disse: “Padre, ho peccato verso il Cielo e davanti a te; non sono più degno di essere chiamato tuo figlio”. Ma il padre disse ai servi: “Presto, portate qui il vestito più bello e fateglielo indossare, mettetegli l’anello al dito e i sandali ai piedi. Prendete il vitello grasso, ammazzatelo, mangiamo e facciamo festa, perché questo mio figlio era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato”. E cominciarono a far festa.Il figlio maggiore si trovava nei campi. Al ritorno, quando fu vicino a casa, udì la musica e le danze; chiamò uno dei servi e gli domandò che cosa fosse tutto questo. Quello gli rispose: “Tuo fratello è qui e tuo padre ha fatto ammazzare il vitello grasso, perché lo ha riavuto sano e salvo”. Egli si indignò, e non voleva entrare. Suo padre allora uscì a supplicarlo. Ma egli rispose a suo padre: “Ecco, io ti servo da tanti anni e non ho mai disobbedito a un tuo comando, e tu non mi hai mai dato un capretto per far festa con i miei amici. Ma ora che è tornato questo tuo figlio, il quale ha divorato le tue sostanze con le prostitute, per lui hai ammazzato il vitello grasso”. Gli rispose il padre: “Figlio, tu sei sempre con me e tutto ciò che è mio è tuo; ma bisognava far festa e rallegrarsi, perché questo tuo fratello era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato”».

Parola del Signore


LA MIA RIFLESSIONE 
PREGHIERA 
Ti prego o Spirito d'amore,fammi riconoscere il vero volto dell'amore che Dio vuole farci comprendere in questo brano del vangelo,in ogni sua più piccola sfaccettatura. 

Comincerò col leggere insieme a voi, tra le righe, l'amore del Padre.
Un padre che ha lavorato sodo per non far mancare niente ai figli, che li ha educati al lavoro, alla responsabilità, ha fatto questo con tutti e due, ma all'improvviso, uno di loro, stanco e con una irrefrenabile voglia di ribellarsi al padre, decide che vuole partire, vuole andare lontano per avere tutto quello che il padre per buon senso gli negava.  Il padre con il cuore infranto,non può trattenerlo,e così gli dà la sua parte di eredità e lui va. All'inizio,non si rende conto dell'errore fatto, gode di tutto quello che vuole, ma dopo un po' si rende conto che tutto quello che ora ha,non gli ha dato la felicità,ma anzi,ha ancora di meno di quello che aveva quando si sentiva sottomesso al padre, infatti nel vangelo Luca ci parla di una grave carestia in quel paese, facile da rapportare alla tristezza del suo cuore.Non aveva conquistato nulla ed aveva perso anche quello che aveva... ripensava alla sua casa, dove tutti potevano godere dei beni e dell' amore del padre, persino l' ultimo dei suoi servi, e lui se n' era andato per rincorrere cosa?
Si era perduto!Ecco la nuda e cruda verità, si sentiva perduto e disperato e con fatica, perchè era molto orgoglioso, decide di tornare dal padre.  Chissà cosa pensava ,chissà come sarebbe stato accolto,certamente non si sentiva degno,ma avrebbe trovato le parole per chiedere scusa?  Quanti pensieri prima di incamminarsi,quanto tempo perso in inutili elucubrazioni...
Appena il padre lo vede da lontano gli corse incontro e lo abbracciò, lo strinse forte e ordinò ai suoi servi di portare il vestito più bello, l'anello e i calzari e gli restituisce la sua dignità di uomo e di figlio, e così anche il figlio ingrato capisce quanto è grande la gioia del padre per il suo ritorno, quanto è grande il suo amore! 
Ed ora passiamo all'altro figlio, quello che aveva sempre fatto il volere del padre, quello che gli era stato sempre vicino....cosa succede in lui?
Non gli sembra giusto che per il padre questo ritorno sia motivo di gioia, non accetta che sia messo sul suo stesso piano, forse invidia, forse rabbia,o forse solo dolore, ma qualcosa lo spinge a voler giudicare il modo di agire del padre, addirittura criticarlo... quante volte noi ci mettiamo in questa condizione?  Ecco quello che per me è un punto fondamentale di questo brano del vangelo, il punto in cui la mia riflessione, mi ha portato a capire che noi troppo spesso giudichiamo, condanniamo e vogliamo decidere chi fa il bene e chi il male, dimenticando troppo spesso che Dio non la pensa come noi, ma noi dobbiamo pensare come lui! Noi cerchiamo la vendetta, la giustizia a modo nostro, Dio non vuole la vendetta, nè che i figli muoiano lontani da lui, ma che si convertano e si salvino.

giovedì 20 marzo 2014

VOCE DI SAN PIO :

-" Sí, io amo la croce, la croce sola; l’amo perché la vedo sempre alle spalle di Gesú." (Epist. I, p. 335).

SANTI é BEATI :

Santa Benedetta Cambiagio Frassinello Religiosa
Langasco, Genova, 2 ottobre 1791 - Ronco Scrivia, Genova, 21 marzo 1858
Figlia di contadini, nacque il 2 ottobre 1791, nell'entroterra genovese. Nel 1804 si trasferì a Pavia. Pur sentendosi votata alla vita religiosa accettò, per esigenze familiari, di sposare Giovan Battista Frassinello, operaio e fervente cristiano, originario di Ronco Scrivia. Non ebbero figli. Allora Benedetta, con il consenso del marito, cercò di realizzare il desiderio di consacrarsi interamente a Dio. Accolta dalle suore Orsoline di Caprioglio, nel Bresciano, dovette lasciare per motivi di salute. Rifugiatasi nella preghiera, ebbe la visione di san Girolamo Emiliani che la guarì. Mentre il marito entrò come fratello laico tra i Somaschi, lei avviò un'opera di assistenza per le fanciulle povere. Nel 1827 fondò a Pavia la prima scuola popolare. Dalle ragazze che la frequentavano prese avvio la Congregazione delle Suore di Nostra Signora delle Provvidenza. Dodici anni dopo a Ronco Scrivia nascerà la Casa della Provvidenza. Morì a Ronco Scrivia il 21 marzo 1858. È stata canonizzata da Giovanni Paolo II il 19 maggio 2002. (Avvenire)
Etimologia: Benedetta = che augura il bene, dal latino
Martirologio Romano: A Ronco Scrivia in Liguria, santa Benedetta Cambiagio Frassinello, che spontaneamente rinunciò insieme al marito alla vita coniugale e fondò l’Istituto delle Suore Benedettine della Provvidenza per la formazione cristiana delle giovani povere e abbandonate.

Benedetta Cambiagio nacque il 2 ottobre 1791 nell’entroterra genovese in una famiglia di contadini, ultima di sette fratelli. Quando nel 1804 una folta colonia di contadini si spostarono verso Pavia, anche la sua famiglia si aggregò ad essi.
Nella nuova residenza trascorsero gli anni e Benedetta ormai adulta, pur sentendosi votata per la vita religiosa, si indirizzò verso il matrimonio per esigenze familiari. Giunta ai 25 anni, si unì in matrimonio con Giovan Battista Frassinello, originario di Ronco Scrivia, operaio emigrato anch’egli a Pavia, fervente cristiano.
Purtroppo dalla loro unione non nacquero figli, allora Benedetta con il consenso del marito, cercò di realizzare il sogno della sua gioventù, quello di dedicarsi alla vita consacrata; dopo un fallito tentativo con le cappuccine di Genova, venne accolta dalle suore Orsoline di Capriolo in provincia di Brescia, ma dovette lasciare dopo pochi mesi a causa della salute malferma.
Rifugiatosi nella preghiera, ebbe la visione di s. Girolamo Emiliani il quale miracolosamente la guarì. Il marito entrò come fratello laico tra i somaschi e lei prese a mendicare casa per casa dando così inizio ad un’opera di assistenza per la fanciulle povere e abbandonate.
Nel 1827 fondava a Pavia la prima scuola popolare della città; quattro anni dopo le fanciulle superavano il centinaio e altre persone di buona volontà le si affiancarono per aiutarla nello scopo. Esse costituirono il primo gruppo della nascente Congregazione delle Suore di Nostra Signora della Provvidenza, che Benedetta fondò in quel periodo.
Trascorsero dodici anni di intenso e fruttuoso lavoro ma gli anticlericali locali presero ad osteggiarla furiosamente, al punto che la fondatrice dovette lasciare Pavia e cercare un nuovo posto e insieme a tre suore aprì a Ronco Scrivia (città natale di suo marito) una scuola, con l’accoglienza anche di ragazze benestanti e altre opere di carità. Fu chiamata “Casa della Provvidenza” ed è attualmente la casa madre della Comunità.
Le sue suore furono chiamate dal popolo ‘benedettine’ facendo riferimento al nome della fondatrice.
Morì a Ronco Scrivia il 21 marzo 1858 e sepolta nel cimitero del paese, durante la seconda guerra mondiale nel 1944, un furioso bombardamento alleato sconvolse il piccolo cimitero e le sue reliquie furono disperse.
Le sue suore tornarono a Pavia più di un secolo dopo, nel 1961, nell’Istituto “Benedetta Cambiagio”.
Beatificata da papa Giovanni Paolo II il 10 maggio 1987, è stata poi elevata agli onori degli altari come santa il 19 maggio 2002 dallo stesso pontefice.
Elevato esempio di sana vita coniugale, impregnata di virtù cristiana reciproca dei due coniugi.

Antonio Borrelli



E' la penultima di cinque figli di Giuseppe Cambiagio e Francesca Ghiglione. Sono piccoli proprietari di campagna, che verso il 1804 devono emigrare, come altre famiglie contadine impoverite dalla guerra napoleonica. Si stabiliscono a Pavia, dove nel 1812 va sposa la maggiore delle figlie, Maria. In Benedetta sembra crescere la spinta alla vita contemplativa.  Ma nel 1816 eccola sposa, a  25 anni, nella basilica di San Michele.
E pure lo sposo è di origine ligure: Giovanni Battista Frassinello, nato a Ronco Scrivia. Seguono due anni di vita coniugale, senza figli, e poi marito e moglie si trovano a fare quasi da padre e da madre a Maria, la sorella maggiore di Benedetta: è tornata a Pavia malata di cancro, accolta in casa da loro due, e assistita per anni. Accanto al letto dell’ammalata, matura in essi una doppia vocazione: in Benedetta riprende forza l’aspirazione dei suoi anni giovanili alla vita religiosa; e una “chiamata” simile raggiunge Giovanni, che entra come novizio tra i Somaschi. Lei invece viene accolta fra le Orsoline di Capriolo (Brescia). Ma il suo fisico non regge, deve tornare a Pavia e mettersi a letto. Qui arriva una guarigione di sorprendente rapidità, che lei attribuisce all’intercessione di Girolamo Emiliani, il santo che ha fondato i Somaschi, pionieri dell’istruzione popolare. Guarita, dunque, e definitivamente orientata.
A 36 anni, sull’esempio di Girolamo Emiliani, Benedetta dedicherà la vita alla promozione culturale e all’educazione religiosa delle bambine abbandonate. Raccoglie alcune volontarie, mette a disposizione quello che ha di suo, si fa questuante. Trova anche l’aiuto di alcuni generosi (e tra questi si deve ricordare Angelo Domenico Pozzi). Il vescovo di Pavia, monsignor Luigi Tosi, decide allora che Giovanni Frassinello, lasciata la casa dei Somaschi, affianchi Benedetta nel suo lavoro di fondatrice. Così, nell’autunno del 1826, insieme rinnovano davanti al vescovo il voto di castità. Nel 1827 apre la prima scuola popolare, con l’aiuto delle prime volontarie. Col tempo, l’autorità civile (quella austro-ungarica) le conferirà il titolo di “Promotrice della pubblica istruzione”. Ma lei nel 1838 deve lasciare Pavia e la scuola, con Giovanni e con alcune ragazze: troppe avversioni, anche da parte di preti. Si stabilisce a Ronco Scrivia, paese natale del marito, Regno di Sardegna e diocesi di Genova. Qui, l’arcivescovo cardinale Tadini promuoverà i riconoscimenti canonici per le suore-insegnanti, che si chiameranno Benedettine della Divina Provvidenza. E il terzo millennio le vedrà all’opera in Italia, Spagna, Burundi, Costa d’Avorio, Perú, Brasile; impegnate, come dice la loro regola, a «prestarsi volentieri dove è maggiore l’urgenza di fare del bene».
Benedetta vede solo i primi sviluppi dell’opera, tra cui la nascita di una casa ricovero a Pavia. La malattia di cui morirà (nell’ora e nel giorno da lei previsti) la coglie mentre sta andando ad aprire una nuova casa. Sepolta a Ronco Scrivia, i suoi resti sono andati dispersi nella distruzione del cimitero durante la seconda guerra mondiale, per un bombardamento anglo-americano nel 1944. Giovanni Paolo II l’ha beatificata nel 1987 e poi canonizzata nel 2002.

Autore:
Domenico Agasso

(Mt 21,33-43.45) Costui è l’erede. Su, uccidiamolo!

VANGELO
 (Mt 21,33-43.45) Costui è l’erede. Su, uccidiamolo! 
+ Dal Vangelo secondo Matteo

In quel tempo, Gesù disse ai capi dei sacerdoti e agli anziani del popolo: «Ascoltate un’altra parabola: c’era un uomo che possedeva un terreno e vi piantò una vigna. La circondò con una siepe, vi scavò una buca per il torchio e costruì una torre. La diede in affitto a dei contadini e se ne andò lontano. Quando arrivò il tempo di raccogliere i frutti, mandò i suoi servi dai contadini a ritirare il raccolto. Ma i contadini presero i servi e uno lo bastonarono, un altro lo uccisero, un altro lo lapidarono. Mandò di nuovo altri servi, più numerosi dei primi, ma li trattarono allo stesso modo. Da ultimo mandò loro il proprio figlio dicendo: “Avranno rispetto per mio figlio!”. Ma i contadini, visto il figlio, dissero tra loro: “Costui è l’erede. Su, uccidiamolo e avremo noi la sua eredità!”. Lo presero, lo cacciarono fuori dalla vigna e lo uccisero. Quando verrà dunque il padrone della vigna, che cosa farà a quei contadini?». Gli risposero: «Quei malvagi, li farà morire miseramente e darà in affitto la vigna ad altri contadini, che gli consegneranno i frutti a suo tempo». E Gesù disse loro: «Non avete mai letto nelle Scritture:“La pietra che i costruttori hanno scartato è diventata la pietra d’angolo;questo è stato fatto dal Signore ed una meraviglia ai nostri occhi”?Perciò io vi dico: a voi sarà tolto il regno di Dio e sarà dato a un popolo che ne produca i frutti».Udite queste parabole, i capi dei sacerdoti e i farisei capirono che parlava di loro. Cercavano di catturarlo, ma ebbero paura della folla, perché lo considerava un profeta.

 

Parola del Signore



LA MIA RIFLESSIONE
PREGHIERA
O Spirito di Dio, insegnami a stare in ascolto della tua parola, per comprendere l’ essenza del tuo messaggio e saperlo rendere attuale nella mia vita.

Ancora una parabola sulla vigna, ma questa volta, vediamo che il padrone della vigna, la lascia in mano ai contadini perché la coltivino. Ma questi non vogliono dare al Signore il raccolto, non vogliono riconoscerlo come padrone, né tanto meno riconoscere il Figlio come padrone, per  questo decidono di ucciderlo. Questo è quello che l’uomo fa quando diventa superbo e vuole fare a meno di Dio, vuole guidare la propria vita, senza riconoscerla come un dono, perdendo di vista che quella vigna è già sua, che non ha bisogno di uccidere e rubare niente, perché tutto quello che è del Padre ,è dei figli. 
Ma Gesù che è stato ucciso, è diventato la pietra su cui poggia la Chiesa, Questa chiesa che spesso noi non vediamo come la nostra casa, ma come un’ istituzione che ci è estranea, come un regno di pochi, questa Chiesa che alcuni credono di loro proprietà, e che altri non accettano… Quanta competizione, quanto cercare di mettersi in mostra, quanto guardare i propri interessi.  Che c’entra tutto questo con Gesù? Che ha a che fare con la mitezza ed il coraggio di Maria? Non è stando ai primi posti che si fa la volontà di Dio, ma anzi, Gesù ci diffida dal farlo, ci invita ad essere servitori per essere eredi del regno. Chi è stato chiamato a coltivare la vigna, lo fa nel nome di Dio, o lo fa nel suo interesse? Lavora su se stesso per poter portare frutti al regno di Dio, con la parola e l’esempio? Ognuno di noi dovrebbe farsi un esame di coscienza per scoprire come ci comportiamo, per capire se questo atteggiamento del tutto ci è dovuto ci appartiene, e fino a che punto vogliamo continuare a rifiutare di essere partecipi eredi con Cristo, del regno dei cieli. Cos’ altro deve fare Dio per farci comprendere quanto è grande il suo amore più che dare la vita del suo Figlio per la nostra redenzione?


mercoledì 19 marzo 2014

VOCE DI SAN PIO :

-" Tieniti fortemente e costantemente a Dio unita, consacrandogli tutti i tuoi affetti, tutti i tuoi travagli, tutta te stessa, attendendo con pazienza il ritorno del bel sole, allorquando piacerà allo sposo visitarti con la prova delle aridità, delle desolazioni e dei bui di spirito." (Epist. III, p. 670).