venerdì 6 luglio 2018

(Mt 9,14-17) Possono forse gli invitati a nozze essere in lutto finché lo sposo è con loro?

VANGELO DI SABATO 7 LUGLIO 2018.

Giorno liturgico: Sabato, XIII settimana del Tempo Ordinario

Testo del Vangelo (Mt 9,14-17): In quel tempo, si avvicinarono a Gesù i discepoli di Giovanni e gli dissero: «Perché noi e i farisei digiuniamo molte volte, mentre i tuoi discepoli non digiunano?». E Gesù disse loro: «Possono forse gli invitati a nozze essere in lutto finché lo sposo è con loro? Ma verranno giorni quando lo sposo sarà loro tolto, e allora digiuneranno. Nessuno mette un pezzo di stoffa grezza su un vestito vecchio, perché il rattoppo porta via qualcosa dal vestito e lo strappo diventa peggiore. Né si versa vino nuovo in otri vecchi, altrimenti si spaccano gli otri e il vino si spande e gli otri vanno perduti. Ma si versa vino nuovo in otri nuovi, e così l’uno e gli altri si conservano».




RIFLESSIONE DI LELLA

PREGHIERA: Vieni o Santo Spirito e guidami in questa piccola stesura che mi accingo a fare, dammi la capacità di dire solo quello che Tu vuoi che io dica, e secondo i tuoi insegnamenti.

Tutti i tempi sono uguali, le cose si ripetono ora come 2000 anni fa.I discepoli di Giovanni cercavano di confrontarsi con quelli di Gesù ed erano pronti alla critica.Evidentemente il digiuno non era fatto con amore, ma accettato come una pratica religiosa, come un' imposizione. Capiamo così che non deve essere un atto apparente, una formalità, perché altrimenti non ha senso. Cominciamo a digiunare dalle liti, dalla violenza, dall' attaccamento ai beni materiali, dalla prepotenza, dal sopruso, dalla voglia di apparire e di mettere sempre il proprio io davanti a tutto e a tutti. Scegliamo l'umiltà di chi non sa riconoscere da solo, neanche i propri peccati e inginocchiamoci riverenti davanti al Signore, che per amore nostro, ha sacrificato il suo Figlio, fino alla morte umiliante della croce, per la salvezza di tutti noi, che sicuramente non meritiamo tanto amore. Matteo ci parla di Gesù che nella regione dei Gaderèni, è interrogato dai discepoli di Giovanni, sul digiuno, che loro e i farisei rispettavano scrupolosamente e che invece i suoi discepoli non facevano. Gesù tra le tante cose che vuole rinnovare per far capire bene i desideri del Padre, rinnova anche questa pratica del digiuno, togliendo da questa, la scorza dell' apparenza, e offrendo se stesso come olocausto, per farci capire che non c' è amore più grande di quello che Lui e il Padre hanno per noi. Gesù con la sua risposta fa capire loro che i suoi discepoli, sono talmente legati a lui da essere come invitati a nozze alla presenza dello sposo, e che pertanto, non hanno motivo di digiunare, perché sono in simbiosi con lui, potranno farlo, se vorranno, quando resteranno da soli. Se lo vorrano! Queste parole di Gesù fanno eco a quelle del Papa nell'enciclica " Lumen Fidei " presentata proprio oggi : "La fede non è una verità che si imponga con la violenza, non è verità che schiaccia il singolo. Il credente non è arrogante". Cerchiamo di vivere le regole fondamentali della fede, preghiera, digiuno e carità, con vero cuore, offrendo ogni nostra azione al Signore, perché è la disposizione dei nostri cuori che farà la differenza tra noi e i farisei

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Comentario: Rev. D. Joaquim FORTUNY i Vizcarro
(Cunit, Tarragona, Spagna)

Oggi, vediamo come con Gesù he iniziata una nuova era, una nuova dottrina, insegnata con autorità, e come tutte le cose nuove contrastavano con le pratiche e l’ambiente prevalente. Così, nelle pagine che precedono il Vangelo che stiamo considerando, vediamo Gesù che perdona i peccati del paralitico e guarisce la sua malattia, mentre gli scribi sono scioccati; Gesù che chiama Matteo, l’esattore delle tasse, e mangia con lui e altri pubblicani e peccatori, e i farisei “scandalizzati”; nel Vangelo di oggi sono i discepoli di Giovanni che vengono a Gesù perché non capiscono come mai Lui e i suoi discepoli non digiunano.

Gesù, che non lascia nessuno senza risposta, dice: «Possono forse gli invitati a nozze essere in lutto finché lo sposo è con loro? Ma verranno giorni quando lo sposo sarà tolto, e allora digiuneranno» (Mt 9,15). Il digiuno era, ed è, una pratica penitenziale che contribuisce a “farci acquistare il dominio sui nostri istinti e la libertà di cuore” (Catechismo della Chiesa Cattolica, n. 2043) e a implorare la misericordia divina. Ma in quei momenti, la misericordia e l’amore infinito di Dio era in mezzo a loro con la presenza di Gesù, il Verbo Incarnato. Come potevano digiunare? C’era solo un’atteggiamento possibile: la gioia, godere della presenza di Dio fatto uomo. Come avrebbero fatto a digiunare se Gesù aveva scoperto per loro un nuovo modo di relazionarsi con Dio, un nuovo spirito che ha rotto con tutti quei vecchi modi di fare?

Oggi Gesù c’è: «Io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo» (Mt 28,20), e non c’è perché è tornato al Padre, e così esclamiamo: “Vieni, Signore Gesù!”

Siamo in tempi di attesa. Pertanto, dovremmo rinnovarci ogni giorno con il nuovo spirito di Gesù, lasciar andare le rutine, il digiuno di tutto ciò che ci impedisce di muoversi verso una piena identificazione con Cristo, verso la santità. “Giusto è il nostro pianto -il nostro digiuno- se ci brucia il desiderio di vederlo” (Sant’Agostino).

Supplichiamo Santa Maria di concederci le grazie di cui abbiamo bisogno per sperimentare la gioia di sapere che siamo figli prediletti.

giovedì 5 luglio 2018

(Mt 9,9-13) Non sono venuto a chiamare i giusti, ma i peccatori.

VANGELO DI VENERDI 6 LUGLIO 2018.

Giorno liturgico: Venerdì, XIII settimana del Tempo Ordinario

Testo del Vangelo (Mt 9,9-13): In quel tempo, Gesù, vide un uomo, chiamato Matteo, seduto al banco delle imposte, e gli disse: «Seguimi». Ed egli si alzò e lo seguì. Mentre sedeva a tavola nella casa, sopraggiunsero molti pubblicani e peccatori e se ne stavano a tavola con Gesù e con i suoi discepoli. Vedendo ciò, i farisei dicevano ai suoi discepoli: «Come mai il vostro maestro mangia insieme ai pubblicani e ai peccatori?». Udito questo, disse: «Non sono i sani che hanno bisogno del medico, ma i malati. Andate a imparare che cosa vuol dire: “Misericordia io voglio e non sacrifici”. Io non sono venuto infatti a chiamare i giusti, ma i peccatori».



RIFLESSIONE DI LELLA

PREGHIERA: Vieni o Santo Spirito, nella mia mente annebbiata e donami la forza di capire e di vivere perfettamente la tua parola, perché essa è luce per la mia vita.

MISERICORDIA IO VOGLIO E NON SACRIFICI- Quello che Gesù fa e dice, non è mai senza senso, anche se per alcuni tratti sembra incomprensibile.
Gli uomini che sceglie, ai quali dice” seguimi, ”sono veramente i più diversi tra loro che poteva trovare. Quando sceglie Matteo, lo fa mentre era occupato ad incassare le tasse per i romani, un uomo che era abituato a far quadrare i conti, ad esigere quello che gli veniva chiesto di esigere, un uomo che in fondo rendeva agli altri l’obbligazione che a lui stesso era fatta, perché dalla sua capacità ad esigere i pagamenti, dipendeva il suo lavoro e quindi la sua vita e quella della sua famiglia.
Non gli doveva interessare molto, delle difficoltà che potevano avere i debitori, come un banchiere dei giorni nostri, uno strozzino, valutava tutto con aridità, senza un minimo di comprensione, anche se non era lui ad intascare le somme dovute, ma con una complicità aberrante con gli aguzzini dei poveri.
Eppure davanti a Gesù rimane colpito, non ci pensa un attimo a seguirlo, forse attirato dalla dolcezza che c’è nei suoi occhi, lui certo non era guardato da nessuno con quella dolcezza, ne dai suoi padroni, né tanto meno dalle persone che opprimeva, ma forse è attirato anche dall’ idea di cambiare vita.
Essere odiati, essere obbligati alla durezza di cuore con inflessibilità, non doveva piacergli poi molto in fondo, a chi piacerebbe far soffrire se non a chi ha un animo crudele e gode dell’infelicità altrui. Racconta Matteo di una cena alla quale Gesù partecipò, in cui c’erano alcuni pubblicani, suoi colleghi e dei peccatori, e i farisei guardavano con il loro solito fare sospetto, mormorando contro Gesù, perché si accompagnava con questa gente, e per loro, che avevano una mentalità molto rigida, certo non era facile comprendere, quel Gesù che era sempre più vicino ai peccatori, a quelli che loro ritenevano gli impuri della società e che invece quando si rivolgeva a loro, che si ritenevano giusti, li chiamava sepolcri imbiancati…ed anche adesso Gesù li gela, riportando una frase del profeta Osea presa dall’antico testamento e gli dice: per fargli capire che pur conoscendo bene la legge di Dio, non sapevano interpretarla. Dio non voleva sacrifici, ma misericordia e nella loro ottusità non volevano capirlo, e tanto meno essere messi allo stesso livello per il Signore di pubblicani, peccatori e reietti della società. Ancora oggi molti Cristiani, che rispettano secondo loro le regole, ritengono di dover essere considerati degni agli occhi di Dio, molto di più di tanti peccatori, e forse sarebbe bene che ascoltassero questa parola, ma sul serio, fino a farla entrare nel più profondo del loro cuore.
Le parole del Papa di questi giorni, possono non piacere ad alcuni,pronti a definire questo Papa con nomignoli o a etichettarlo, ma non è poi così diverso quello che lui oggi dice,rispetto a quello che disse Gesù.
La Maddalena non fu condannata,ma perdonata, per questo poté cambiare vita.
Le donne che seguivano Gesù furono liberate dal peccato, ma anche dal pregiudizio degli uomini.
Quando l'uomo imparerà a provare misericordia per gli altri, allora la misericordia di Dio si aprirà su di Lui e verrà accolto e saprà accogliere; verrà perdonato e saprà perdonare.
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Comentario: Rev. D. Pere CAMPANYÀ i Ribó
(Barcelona, Spagna)

Oggi, il Vangelo ci parla di una vocazione, quella del pubblicano Matteo. Gesù stà preparando il piccolo gruppo di discepoli che dovranno continuare la Sua opera di salvazione. Lui sceglie chi vuole: saranno pescatori o procedenti da una modesta professione. Chiama, a che lo segua, finanche un esattore delle imposte, professione disprezzata dai giudei –che si consideravano osservanti perfetti della legge-, perchè la consideravano quasi fosse una vita peccatrice, perchè riscuotevano imposte da parte del governatore romano, al quale non volevano assoggettarsi.

E’ sufficiente l’invito di Gesù: «Seguimi» (Mt 9,9). Per una parola del Maestro, Matteo lascia la sua professione e, contentissimo, L’invita a casa sua per celebrarvi un banchetto di riconoscenza. Era normale che Matteo avesse un gruppo di buoni amici della sua stessa professione, affinchè l’accompagnassero a partecipare di quel convito. Secondo i farisei, tutta quella gente era peccatrice, riconosciuta pubblicamente come tale.

I farisei non possono star zitti e commentano con alcuni discepoli di Gesù: «Come mai il vostro maestro mangia assieme ai pubblicani e ai peccatori?» (Mt 9,10). La risposta di Gesù arriva immediatamente: «Non sono i sani che hanno bisogno del medico, ma i malati» (Mt 9,12). Il paragone è perfetto: «Non sono venuto (...) a chiamare i giusti, ma i peccatori» (Mt 9,13).

Le parole di questo Vangelo sono di grande attualità. Gesù continua ad invitarci a seguirLo, ognuno secondo il suo stato e professione. Seguire Gesù, però, esige lasciare passioni disordinate, cattiva condotta familiare, perdere tempo, per potersi dedicare alla preghiera, al banchetto eucaristico, alla pastorale missionaria. In realtà «un cristiano non è padrone di sè stesso, ma deve dedicarsi al servizio di Dio» (Sant’Ignazio d’Antiochia).

Certamente il Signore mi chiede un cambio di vita e, così, mi domando: a quale gruppo appartengo? A quello delle persone che tendono alla perfezione o a quello delle persone che si riconoscono sinceramente smarrite nel buio? Non è forse vero che posso migliorare? Coraggio, allora, e fiducia nel Signore!

mercoledì 4 luglio 2018

(Mt 9,1-8) Resero gloria a Dio che aveva dato un tale potere agli uomini.

VANGELO DI GIOVEDI 5 LUGLIO 2018.

Giorno liturgico: Giovedì, XIII settimana del Tempo Ordinario

Testo del Vangelo (Mt 9,1-8): In quel tempo, salito su una barca, Gesù passò all’altra riva e giunse nella sua città. Ed ecco, gli portavano un paralitico disteso su un letto. Gesù, vedendo la loro fede, disse al paralitico: «Coraggio, figlio, ti sono perdonati i peccati». Allora alcuni scribi dissero fra sé: «Costui bestemmia». Ma Gesù, conoscendo i loro pensieri, disse: «Perché pensate cose malvagie nel vostro cuore? Che cosa infatti è più facile: dire “Ti sono perdonati i peccati”, oppure dire “Àlzati e cammina”? Ma, perché sappiate che il Figlio dell’uomo ha il potere sulla terra di perdonare i peccati: Àlzati —disse allora al paralitico—, prendi il tuo letto e va’ a casa tua». Ed egli si alzò e andò a casa sua. Le folle, vedendo questo, furono prese da timore e resero gloria a Dio che aveva dato un tale potere agli uomini.



RIFLESSIONE DI LELLA

PREGHIERA: Vieni in me, Spirito Santo, Spirito di sapienza: donami lo sguardo e l'udito interiore, perchè non mi attacchi alle cose materiali, ma ricerchi sempre le realtà spirituali.

Gesù passa da una parte all’ altra, si muove da una riva all’ altra ed opera miracoli. Scaccia demoni, ma più che altro parla, spiega, insegna. Molti sono quelli che ascoltano ed accorrono, ma non tutti quelli che si avvicinano hanno voglia di conoscerlo veramente. Tanti hanno voglia di avvicinarsi a lui, ma non tutti riescono a riconoscerlo come il Signore della vita, ed allora questi intralciano il cammino di chi ha voglia di abbracciarlo, di chi vuole venire a lui, anche da molto lontano, passando da vie traverse, aiutato da amici che hanno fede in Gesù e che lo accompagnano per essere guarito.
Noi possiamo essere questi amici, che si prendono carico dei fratelli ammalati e, con le nostre preghiere presentarli al Signore, perché non c’ è ostacolo che ci può fermare quando c’ è la fede. Il discorso della nostra fede, di quanto sia forte o meno, ci porterà a comprendere che se Gesù può guarire il nostro corpo, tanto più potrà guarire la nostra anima.
C’ è un passo del vangelo che dice:-“ là dove due o tre si incontreranno nel mio nome, io sarò in mezzo a loro ” Ricordiamoci di questo, quando preghiamo; ricordiamoci di unirci spiritualmente agli altri fratelli del mondo che pregano e di unire le nostre mani in un unico abbraccio intorno ai fratelli più bisognosi, di non dimenticare nessuno fuori da questo cerchio, di non escludere nessuno per non essere a nostra volta esclusi dall’ abbraccio dell’amore

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Comentario: Rev. D. Francesc NICOLAU i Pous
(Barcelona, Spagna)

Oggi, troviamo nel Vangelo una delle tante manifestazioni della bontà misericordiosa del Signore. Tutte ci dimostrano aspetti ricchi in dettagli. La carità del Signore, che agisce con misericordia, va dalla resurrezione di un morto o alla guarigione della lebbra, fino al perdono di una donna, pubblica peccatrice, passando per molte altre guarigioni di malattie e la redenzione di peccatori pentiti. Quest’ultimo è anche espresso in parabole, come quella della pecora smarrita, la dracma persa e il figlio prodigo.

Il Vangelo di oggi è una dimostrazione della misericordia del Salvatore in due aspetti nello stesso tempo: d’innanzi alla malattia del corpo e d’innanzi a quella dell’anima. E visto che l’anima è più importante, Gesù inizia da qui. Sa che il malato è pentito delle sue colpe, vede la sua fede e di quelli che lo portano, e dice «Coraggio, figliolo, ti sono rimessi i tuoi peccati» (Mt 9,2).

Perché inizia da dove nessuno glielo ha chiesto? È chiaro che legge i suoi pensieri e sa che è proprio questo di cui sarà grato questo paralitico, che, probabilmente, vedendosi di fronte alla santità di Cristo, sentirebbe confusione e vergogna per le proprie colpe, con un certo timore che potessero essere di ostacolo per la grazia della salute. Il Signore vuole calmarlo. Non importa che i maestri della legge mormorino nei loro cuori. Piuttosto, fa parte del suo messaggio dimostrare che è venuto a elargire misericordia con i peccatori, e ora lo vuole proclamare.

E coloro, che, cechi per l’orgoglio, si ritengono giusti, non accettano la chiamata di Gesù; e al contrario lo accolgono quelli che sinceramente si considerano peccatori. Davanti a loro Dio si manifesta perdonandoli. Come dice San Agostino, «l’uomo orgoglioso è una grande miseria, però più grande è la misericordia del Dio umile». E in questo caso, la misericordia divina va ancor più in là: come aggiunta al perdono gli restituiste la salute: «alzati, disse allora il paralitico, prendi il tuo letto e và a casa tua» (Mt 9,6). Gesù vuole che la felicità del peccatore convertito sia completa.

La nostra fiducia in Lui si deve consolidare. Pero sentiamoci peccatori per non escluderci dalla grazia.

martedì 3 luglio 2018

(Mt 8,28-34) Sei venuto qui a tormentarci prima del tempo?

VANGELO DI MERCOLEDI 4 LUGLIO 2018.

Giorno liturgico: Mercoledì, XIII settimana del Tempo Ordinario

Testo del Vangelo (Mt 8,28-34): In quel tempo, giunto Gesù all’altra riva, nel paese dei Gadarèni, due indemoniati, uscendo dai sepolcri, gli andarono incontro; erano tanto furiosi che nessuno poteva passare per quella strada. Ed ecco, si misero a gridare: «Che vuoi da noi, Figlio di Dio? Sei venuto qui a tormentarci prima del tempo?». A qualche distanza da loro c’era una numerosa mandria di porci al pascolo; e i demòni lo scongiuravano dicendo: «Se ci scacci, mandaci nella mandria dei porci». Egli disse loro: «Andate!». Ed essi uscirono, ed entrarono nei porci: ed ecco, tutta la mandria si precipitò giù dalla rupe nel mare e morirono nelle acque. I mandriani allora fuggirono e, entrati in città, raccontarono ogni cosa e anche il fatto degli indemoniati. Tutta la città allora uscì incontro a Gesù: quando lo videro, lo pregarono di allontanarsi dal loro territorio.


RIFLESSIONE DI LELLA

PREGHIERA: Spirito del Signore ,scendi su di me,ed aiutami a leggere le tue parole, usami per quel che vuoi e per chi vuoi. Così sia!

Abbiamo appena visto Gesù  che  spinge i discepoli  verso l'altra riva, e che pensavamo che lì era tutto più facile? Ma neanche per sogno! Gli indemoniati li attendono per tormentarli e per impedirgli di passare.Ci sono dei posti che sembrano fatti apposta per ospitare satana e i suoi accoliti, posti in cui di male ce n’ è talmente tanto che sembra normale, ed in questi posti Gesù arriva e sconvolge anche gli animi dannati. Il diavolo conosce Gesù e lo teme, sa che là dove Gesù regna non c’ è posto per lui e allora subdolamente si mette a scongiurare Gesù di lasciarlo vivere nelle bestie immonde, che rappresentano coloro che sono suoi schiavi, e con loro precipitano poi nell’ abisso. In questo brano si ha un' idea di come il diavolo agisce, prima si nasconde e, una volta scoperto da Gesù deve arrendersi, ma il suo trucco più ben riuscito è nascondere all’ uomo l’ esistenza di se e di Dio, di fargli credere che lui dirige la sua vita, che non deve rendere conto a nessuno, che tutte queste cose le hanno inventate per rovinargli la vita. Lasciate che i morti seppelliscano i morti diceva poco tempo prima Gesù al giovane che lo interrogava per sapere cosa fare per seguirlo. Egli infatti non riusciva a staccarsi dal passato; ed ora in questa nuova riva, tra i morti troviamo i demoni. Gesù ci libererà la via se uccideremo i nostri demoni, se ce ne libereremo per sempre , ci aiuterà a non essere più schiavi dei nostri peccati.


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Comentario: Rev. D. Antoni CAROL i Hostench
(Sant Cugat del Vallès, Barcelona, Spagna)

Oggi, contempliamo una triste “Contrapposizione” poiché ammiriamo il potere e la maestà divina di Gesù Cristo, a chi volontariamente si sottomettono i demoni (segno certo dell’arrivo del Regno dei cieli). Però, allo stesso tempo, deploriamo la grettezza e meschinità di cui è capace il cuore umano al respingere il messaggero della Buona Notizia: «Tutta la città allora uscì incontro a Gesù: quando lo videro, lo pregarono di allontanarsi dal loro territorio» (Mt 8,34). E “triste” perché «la luce vera (...) venne fra i suoi, e i suoi non lo hanno accolto» (Gv 1,9.11).

Ancor più contrasto e più sorpresa se facciamo attenzione al fatto che l’uomo è libero e questa libertà ha il “potere di fermare” il potere infinito di Dio. Diciamolo in un’altro modo: l’infinito potere di Dio arriva fino a dove glielo permette la nostra “potente” libertà. E questo è così perché Dio ci ama principalmente con un’amore di Padre e, pertanto non ci deve sembrare strano che Lui sia molto rispettoso della nostra libertà: Lui non impone il suo amore, piuttosto ce lo propone.

Dio, con saggezza e bontà infinite, governa provvidenzialmente l’universo, rispettando la nostra libertà; anche quando questa libertà umana gli volta la schiena e non vuole accettare la sua volontà. Contrariamente a quello che sembrerebbe, il mondo non Gli sfugge dalle mani: Dio porta tutto a buon termine, nonostante gli impedimenti che possiamo porGli. Infatti, i nostri impedimenti sono, prima di tutto, impedimenti per noi stessi.

In certo modo, si potrebbe affermare che «di fronte alla libertà umana Dio ha voluto rendersi “impotente”. E si può dire anche che Dio sta pagando per questo grande dono [la libertà] che ha concesso a una creatura creata da Lui a sua immagine e somiglianza [l’uomo]» (Giovanni Paolo II). ¡Dio paga!: se lo confiniamo, lui ubbidisce e se ne va. Lui paga, ma noi perdiamo. Guadagniamo, in cambio, quando rispondiamo come Santa Maria: «Ecco la schiava del Signore: avvenga per me secondo la tua parola» (Lc 1,38).





lunedì 2 luglio 2018

(Gv 20,24-29) Mio Signore e mio Dio!

VANGELO DI MARTEDI 3 LUGLIO 2018.

Giorno liturgico: 3 Luglio: San Tommaso, apostolo

Testo del Vangelo (Gv 20,24-29): Tommaso, uno dei Dodici, chiamato Dìdimo, non era con loro quando venne Gesù. Gli dicevano gli altri discepoli: «Abbiamo visto il Signore!». Ma egli disse loro: «Se non vedo nelle sue mani il segno dei chiodi e non metto il mio dito nel segno dei chiodi e non metto la mia mano nel suo fianco, io non credo». Otto giorni dopo i discepoli erano di nuovo in casa e c’era con loro anche Tommaso. Venne Gesù, a porte chiuse, stette in mezzo e disse: «Pace a voi!». Poi disse a Tommaso: «Metti qui il tuo dito e guarda le mie mani; tendi la tua mano e mettila nel mio fianco; e non essere incredulo, ma credente!». Gli rispose Tommaso: «Mio Signore e mio Dio!». Gesù gli disse: «Perché mi hai veduto, tu hai creduto; beati quelli che non hanno visto e hanno creduto!».



RIFLESSIONE DI LELLA

PREGHIERA: Vieni o Spirito Santo,vieni nella mia mente ed accendi la luce della tua sapienza, perchè possa saper vedere quello che tu vuoi che io veda. Vieni a donarmi la sapienza della semplicità e l'umiltà di mettermi completamente al tuo servizio. Perchè questo vuole il Signore Gesù, che è Dio e che vive e regna nei secoli dei secoli. Amen.

Gesù e Tommaso, Gesù e noi. Aver conosciuto Gesù, a volte non ci esonera dall’ avere dei dubbi. L’ uomo è un misto di fede e paura, non si fida neanche di se stesso a volte, e fa bene, perché spesso cambia idea, anche sulle cose più importanti. E così Tommaso, non si fida di quello che gli altri apostoli gli dicono, vuole vedere Gesù per credere che veramente è risorto dai morti, anzi, di più, per essere sicuro deve poter toccare con mano le sue ferite.  Questo è necessario perché Tommaso creda, allora il Signore lo accontenta, e torna tra i suoi discepoli quando c’è anche lui; solo allora Tommaso fa la sua professione di fede, solo quando attraverso i segni della passione di Cristo, riesce ad entrare nell’amore del suo Signore. Molte volte si ha bisogno di soffrire per una persona, di perderla, per capire quanto siamo legati a lei, quanto l’ amiamo; noi uomini abbiamo bisogno di queste cose per scoprire il senso  dell’ amore ed allora ben venga la tua incredulità se poi come Tommaso, riuscirai a riconoscere quanto Gesù ti ha amato, quanto ha sofferto per te; ben venga la tua incredulità se ti renderai conto che solo Lui è il Signore della tua vita; Gesù non ti amerà di meno se gli esprimerai i tuoi dubbi, ma ti aiuterà a superarli. Oggi invece io vorrei andare appena - appena più in là, vorrei essere io a dire Gesù, vedi, metti le tue mani nelle mie ferite, nella sofferenza ti ho chiamato, sei accorso, ti ho riconosciuto ed ho imparato da te a soffrire per amore! L’incontro con Gesù è qualcosa che ti toglie ogni dubbio, che ti stupisce ma dà sicurezza, che apre gli occhi e il cuore ad un modo di vivere completamente diverso, ad un donarsi agli altri e a Dio che rende la nostra vita in linea con quella di Maria, che dal suo primo Si’ non ha più avuto una vita sua, ma ha vissuto per Dio. Certo noi abbiamo tanto da imparare da Maria, ma non c’è maestra più paziente ed amorevole di lei.Una cosa mi colpisce di questo brano,che Tommaso è definito "uno dei dodici", anche se Giuda sicuramente non era con loro, restano 12 gli apostoli, e questo mi fa pensare che Gesù non decide mai di lasciare fuori nessuno, siamo noi che ci escludiamo non essendo in comunione con Lui e con gli altri.

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Comentario: Rev. D. Joan SERRA i Fontanet
(Barcelona, Spagna)

Oggi, la Chiesa celebra la festa di San Tommaso. L'evangelista Giovanni, dopo aver descritto l'apparizione di Gesù, la stessa Domenica di Risurrezione, ci dice che l’apostolo Tommaso non era lì, e quando gli apostoli -che avevano visto il Signore– lo stavano testimoniando Tommaso rispose: "Se non vedo nelle sue mani il segno dei chiodi e non metto il dito nel posto dei chiodi e non metto la mia mano nel suo costato, non crederò" (Gv 20,25).

Gesù è buono e va all’incontro di Tommaso. Trascorsi otto giorni, Gesù appare nuovamente e dice a Tommaso: “Metti qua il tuo dito e guarda le mie mani; stendi la tua mano, e mettila nel mio costato; e non essere più incredulo ma credente!” (Gv 20,27).

-Oh Gesù, che buono che sei! Se vedi che qualche volta mi allontano da te, vienimi incontro, così come fosti all’incontro di Tommaso.

La reazione di Tommaso furono queste parole: "Mio Signore e mio Dio!" (Gv 20,28). Che belle sono queste parole di Tommaso! Gli dice "Signore" e "Dio". È un atto di fede nella divinità di Gesù. Al vederlo risorto, non vede più solo l'uomo Gesù, che stava con gli apostoli e mangiava con loro, ma al suo Signore e al suo Dio.

Gesù lo rimprovera e dice lui di non essere incredulo ma credente, e aggiunge: “beati quelli che pur non avendo visto crederanno!” (Gv 20,29). Noi non abbiamo visto a Cristo crocifisso, e neppure a Cristo risorto, neppure ci è apparso, ma siamo felici perché crediamo in questo Gesù Cristo che è morto ed è risorto per noi.

Pertanto, preghiamo: «o mio Signore e mio Dio, allontana da me tutto ciò che mi allontana da te. O mio Signore e mio Dio, elargiscimi tutto ciò che mi avvicina a te. – O mio Signore e mio Dio, liberami da me stesso e concedimi di possedere soltanto te» (San Nicola di Flüe).


domenica 1 luglio 2018

(Mt 8,18-22) Seguimi.

VANGELO DI LUNEDI 2 LUGLIO 2018.

Giorno liturgico: Lunedì, XIII settimana del Tempo Ordinario

Testo del Vangelo (Mt 8,18-22): In quel tempo, vedendo la folla attorno a sé, Gesù ordinò di passare all’altra riva. Allora uno scriba si avvicinò e gli disse: «Maestro, ti seguirò dovunque tu vada». Gli rispose Gesù: «Le volpi hanno le loro tane e gli uccelli del cielo i loro nidi, ma il Figlio dell’uomo non ha dove posare il capo». E un altro dei suoi discepoli gli disse: «Signore, permettimi di andare prima a seppellire mio padre». Ma Gesù gli rispose: «Seguimi, e lascia che i morti seppelliscano i loro morti».



RIFLESSIONE DI LELLA

PREGHIERA: O santo Spirito, aiutami a vedere tra le righe della parola da te Ispirata, quello che è importante che io veda, e dammi la forza di dire quello che è giusto che io dica, perché tutto quello che Gesù ha dato per noi, non vada speso invano.

Quanta folla intorno a Gesù, tanta che per non essere soffocato, decide di passare sull’ altra riva… Tutti gli sono intorno, ma quando decide di passare sull’ altra riva, solo uno scriba gli si avvicina e gli dice con convinzione, ti seguirò in ogni luogo tu vada e lo chiama Maestro.
Un altro discepolo, un po’ più indeciso, che in fondo non ha ancora compreso bene il discorso di Gesù e vorrebbe trattenersi ancora un po’ con la sua famiglia, avere il tempo di salutarla, di seppellire i suoi morti, ma questa indecisione, che è tipica di ognuno di noi, può allontanare da noi Gesù.
Se vogliamo veramente entrare in comunione con Lui, dobbiamo allontanare da noi tutto quello che ci trattiene; far venire per primo l’amore per il nostro prossimo. Seguire, vuol dire accettare le sue regole e farle nostre, ma molto spesso la nostra teoria, la nostra buona predisposizione si scontrano subito con la pratica dell’attuazione.
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Comentario: Rev. D. Jordi PASCUAL i Bancells
(Salt, Girona, Spagna)

Oggi, il Vangelo ci presenta –attraverso due personaggi- una qualità del buon discepolo di Gesù: il distacco dai beni materiali. Ma prima, il testo di san Matteo ci offre un particolare che non vorrei che passasse inavvertito: «Vedendo Gesù una gran folla intorno a sé...» (Mt 8,18). La moltitudine si riunisce attorno al Signore per ascoltare la sua parola, essere guarita delle loro sofferenze materiali e spirituali; cercano la salvazione e un alito di Vita eterna in mezzo agli andirivieni di questo mondo.

Come allora, qualcosa di simile succede nel nostro mondo attuale: -più o meno coscientemente- abbiamo bisogno di Dio, di soddisfare il cuore dei beni veri, quali sono la conoscenza e l'amore di Gesucristo ed una vita di amicizia con Lui. Altrimenti, cadiamo nella trappola di voler riempire il nostro cuore con altri “dei” che non possono dar senso alla nostra vita: il telefonino, internet, il viaggio alle Bahamas, il lavoro sfrenato per guadagnare sempre più soldi, la macchina migliore di quella del vicino, o la palestra per pavoneggiarsi del miglior corpo del mondo... È ciò che capita a molti nell'attualità.

In contrasto, risuona il grido pieno di forza e di fiducia di Papa Giovanni Paolo ll parlando alla gioventù: «Si può essere moderni e profondamente fedeli a Gesucristo». Perciò è necessario, come il Signore, il distacco da tutto quello che ci lega ad una vita troppo materializzata e che chiude le porte allo Spirito.

«ma il Figlio dell'uomo non ha dove posare il capo (...). Seguimi» (Mt 8,22), ci dice il Vangelo di oggi. E san Gregorio Magno ci ricorda: «Teniamo le cose temporali per l'uso, quelle eterne nel desiderio; serviamoci delle cose terrene per il cammino, e desideriamo quelle eterne per la fine della giornata». È un buon criterio per esaminare come seguiamo Gesù.


sabato 30 giugno 2018

(Mc 5,21-43) Fanciulla, io ti dico: Alzati!

VANGELO DI DOMENICA 1 LUGLIO 2018.

Giorno liturgico: XIII Domenica (B) del Tempo Ordinario

Testo del Vangelo (Mc 5,21-43): In quel tempo, essendo Gesù passato di nuovo in barca all’altra riva, gli si radunò attorno molta folla ed egli stava lungo il mare. E venne uno dei capi della sinagoga, di nome Giàiro, il quale, come lo vide, gli si gettò ai piedi e lo supplicò con insistenza: «La mia figlioletta sta morendo: vieni a imporle le mani, perché sia salvata e viva». Andò con lui. Molta folla lo seguiva e gli si stringeva intorno. Ora una donna, che aveva perdite di sangue da dodici anni e aveva molto sofferto per opera di molti medici, spendendo tutti i suoi averi senza alcun vantaggio, anzi piuttosto peggiorando, udito parlare di Gesù, venne tra la folla e da dietro toccò il suo mantello. Diceva infatti: «Se riuscirò anche solo a toccare le sue vesti, sarò salvata». E subito le si fermò il flusso di sangue e sentì nel suo corpo che era guarita dal male. E subito Gesù, essendosi reso conto della forza che era uscita da lui, si voltò alla folla dicendo: «Chi ha toccato le mie vesti?». I suoi discepoli gli dissero: «Tu vedi la folla che si stringe intorno a te e dici: “Chi mi ha toccato?”». Egli guardava attorno, per vedere colei che aveva fatto questo. E la donna, impaurita e tremante, sapendo ciò che le era accaduto, venne, gli si gettò davanti e gli disse tutta la verità. Ed egli le disse: «Figlia, la tua fede ti ha salvata. Va’ in pace e sii guarita dal tuo male». Stava ancora parlando, quando dalla casa del capo della sinagoga vennero a dire: «Tua figlia è morta. Perché disturbi ancora il Maestro?». Ma Gesù, udito quanto dicevano, disse al capo della sinagoga: «Non temere, soltanto abbi fede!». E non permise a nessuno di seguirlo, fuorché a Pietro, Giacomo e Giovanni, fratello di Giacomo. Giunsero alla casa del capo della sinagoga ed egli vide trambusto e gente che piangeva e urlava forte. Entrato, disse loro: «Perché vi agitate e piangete? La bambina non è morta, ma dorme». E lo deridevano. Ma egli, cacciati tutti fuori, prese con sé il padre e la madre della bambina e quelli che erano con lui ed entrò dove era la bambina. Prese la mano della bambina e le disse: «Talità kum», che significa: «Fanciulla, io ti dico: àlzati!». E subito la fanciulla si alzò e camminava; aveva infatti dodici anni. Essi furono presi da grande stupore. E raccomandò loro con insistenza che nessuno venisse a saperlo e disse di darle da mangiare.



RIFLESSIONE DI LELLA

PREGHIERA: O mio Santo Spirito, confortami.Con la Tua sapienza, consigliami.Con il Tuo amore, riempimi.Con la Tua luce, illuminami.Fa che ogni tua parola diventi la mia parola, per testimoniare la parola che porta luce e vita eterna in ogni cuore.

Marco in questo 5° capitolo del suo Vangelo ci ha accompagnato in questo andare e tornare di Gesù e degli apostoli da una riva all’altra del mar Morto. Gesù acclamato dalla folla e Gesù scacciato da chi ha altri interessi; come abbiamo visto nel vangelo di ieri, quindi possiamo vedere come l’incontro con lo stesso uomo sia accolto in maniera diversa, come nulla cambi nell’ accoglienza del figlio di Dio in base a quello che Lui offre, ma in base a quanto il cuore dell’uomo è disposto ad aprirsi.
Torna quindi sull’altra riva con i suoi discepoli e trova la folla che lo aspetta, si accalca e lo tocca. Immaginate quante mani lo abbiano sfiorato, si siano aggrappate a Lui, ma c’è un tocco che non gli sfugge, che si distingue dagli altri: il tocco di chi l’ ha cercato con la spasmodica attesa di chi crede il Lui, di chi ha fiducia cieca, di chi vuole essere salvato e immerge con quel suo tocco tutta la sua anima in quell’incontro.La donna rappresenta tutte quelle persone con delle ferite interiori che cercano la guarigione, ma quelle ferite così intime, che a volte non si vedono, ci debbono far pensare a quanto possano sanguinare, quanto possano indebolire e rendere fragili, specialmente quando ci troviamo davanti ad una persona che reagisce alle cose della vita, in maniera che ci può sembrare errata. Anche Giairo si fa presso Gesù, crede sicuramente in Lui, nei suoi poteri di guaritore, altrimenti non si esporrebbe così (lui è uno dei capi della Sinagoga) e sappiamo bene che Gesù non era accettato dalla maggior parte di loro come il Messia.Hanno appena comunicato che la figlia è morta, ma Gesù dopo aver guarito la donna si rivolge a lui e dice: «Non temere, soltanto abbi fede!».Si reca a casa sua e trova la gente che piangeva disperata, allontana tutti ed alla presenza della mamma e del papà assicurò che la piccola non era morta, ma dormiva e le ordinò di alzarsi. La fanciulla immediatamente si alzò e si mise a camminare. Una cosa ancora per analizzare il comportamento di Gesù, chiede all’uomo d’avere fede e ai parenti perché si agitano e piangono, sembra quasi una domanda senza senso, la bambina è morta, ed il dolore umano sfoga nel pianto, ma è evidente che Gesù lega tra loro vari elementi, ma non si esprime operando il miracolo apertamente, come fa in altre occasioni, perché? Lo deridevano…alcuni dei presenti, che molto probabilmente era lì a piangere a pagamento (cosa in vigore all’epoca) e che quindi non era spinto dall’amore per la fanciulla a quelle lacrime, non essendo effettivamente addolorato non era interessato al fatto che la ragazza si salvasse, quindi non avendo niente che gli stesse a cuore da chiedere a Gesù, si permetteva di deriderlo e di rifiutarlo. Vediamo che quello che chiede è una nuova visione della vita e della morte, un superare le idee terrene della morte come la fine di tutto, perché Gesù che dice perché piangete, non è morta, sta dormendo è colui che crede nella resurrezione. Gesù quindi fa distinzione tra chi lo prega con cuore sincero e chi no, scaccia via chi finge dolore, allontana gli ipocriti; torniamo a scoprire che nessun peccatore è allontanato da Gesù, neanche il peggiore, ma l’ipocrita si.
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Comentario: Fray Valentí SERRA i Fornell
(Barcelona, Spagna)

Oggi san Marco ci presenta una valanga di bisognosi che si avvicina a Gesù-Salvatore alla ricerca di consolazione e salute. Non solo, quel giorno si fece strada tra la folla un uomo chiamato Giairo, il capo della sinagoga, per implorare la salute per la sua figliola: «La mia figlioletta sta morendo: vieni a imporle le mani, perché sia salvata e viva» (Mc 5,23).

Forse quell’uomo conosceva di vista Gesù, avendolo incontrato tante volte nella sinagoga e, trovandosi così disperato, decise di invocare il suo aiuto. In ogni caso, Gesù, percependo la fede di quel padre afflitto, ascoltò la sua richiesta; solo che mentre si dirigeva verso la sua casa arrivò la notizia che la bambina era già morta e che era inutile disturbarlo: «Tua figlia è morta. Perché disturbi ancora il Maestro?» (Mc 5,35).

Gesù, rendendosi conto della situazione, chiese a Giairo che non si lasciasse influenzare dal pessimismo dell’ambiente, dicendogli: «Non temere, soltanto abbi fede!» (Mc 5,36). Gesù chiese a quel padre una fede più grande, capace di andare più in là dei dubbi e della paura. Arrivato a casa di Giairo, il Messia ridiede la vita alla bambina con le parole: «Talità kum», che significa: «Fanciulla, io ti dico: àlzati!» (Mc 5,41).

Anche noi dovremmo avere più fede, quella fede che non dubita di fronte alle difficoltà e alle prove della vita e che sa maturare nel dolore mediante la nostra unione con Cristo, così come ci suggerisce Papa Benedetto XVI nella sua enciclica Spe Salvi (Nella speranza siamo salvati): «Non è lo scansare la sofferenza, la fuga davanti al dolore, che guarisce l'uomo, ma la capacità di accettare la tribolazione e in essa di maturare, di trovare senso mediante l'unione con Cristo, che ha sofferto con infinito amore».

venerdì 29 giugno 2018

(Mt 8,5-17) Molti verranno dall’oriente e dall’occidente e sederanno a mensa con Abramo, Isacco e Giacobbe.

VANGELO DI SABATO 30 GIUGNO 2018.

Giorno liturgico: Sabato, XII settimana del Tempo Ordinario

Testo del Vangelo (Mt 8,5-17): In quel tempo, entrato Gesù in Cafàrnao, gli venne incontro un centurione che lo scongiurava e diceva: «Signore, il mio servo è in casa, a letto, paralizzato e soffre terribilmente». Gli disse: «Verrò e lo guarirò». Ma il centurione rispose: «Signore, io non sono degno che tu entri sotto il mio tetto, ma di’ soltanto una parola e il mio servo sarà guarito. Pur essendo anch’io un subalterno, ho dei soldati sotto di me e dico a uno: “Va’!”, ed egli va; e a un altro: “Vieni!”, ed egli viene; e al mio servo: “Fa’ questo!”, ed egli lo fa». Ascoltandolo, Gesù si meravigliò e disse a quelli che lo seguivano: «In verità io vi dico, in Israele non ho trovato nessuno con una fede così grande! Ora io vi dico che molti verranno dall’oriente e dall’occidente e siederanno a mensa con Abramo, Isacco e Giacobbe nel regno dei cieli, mentre i figli del regno saranno cacciati fuori, nelle tenebre, dove sarà pianto e stridore di denti». E Gesù disse al centurione: «Va’, avvenga per te come hai creduto». In quell’istante il suo servo fu guarito. Entrato nella casa di Pietro, Gesù vide la suocera di lui che era a letto con la febbre. Le toccò la mano e la febbre la lasciò; poi ella si alzò e lo serviva. Venuta la sera, gli portarono molti indemoniati ed egli scacciò gli spiriti con la parola e guarì tutti i malati, perché si compisse ciò che era stato detto per mezzo del profeta Isaìa: «Egli ha preso le nostre infermità e si è caricato delle malattie».



RIFLESSIONE DI LELLA

PREGHIERA: Vieni spirito di Dio, donaci una fede forte e autentica in Gesù e guarisci tutte le nostre ferite. Allontana da noi ogni dubbio, paura e indecisione. Mostraci le nostre vocazioni e rendici disponibili e generosi nel realizzarle. Apri i nostri occhi alla comprensione della tua parola e donaci la luce per capire quello che Tu vuoi che noi capiamo. A te ci affidiamo con fede, come il centurione si affidò a Gesù.

Spesso quando ci poniamo davanti al Signore, il nostro atteggiamento è incerto, dubbioso, e non assomiglia per niente a quello del centurione di questo brano narrato da Matteo, anzi, sembra quasi che siamo noi gli esseri superiori che si abbassano al livello di un Dio che troppo spesso mettiamo in discussione, nel quale non crediamo veramente… perché non ci accontenta subito, perché alla minima difficoltà lo mettiamo sotto accusa.Non sento altro intorno a me che frasi del tipo: Dio non mi ascolta - Se Dio esiste perché….. - Proprio a me doveva mandare… - Ringrazio Dio di darmi la forza di non esplodere, di non arrabbiarmi, perché capisco il dolore di chi soffre, ma certe volte, quando percepisco in tutto questo, solo la provocazione, la stupidità di chi si sente superiore con la sua non fede, mi viene voglia di invitarli a fare un bagno nell’acqua santa, per liberarsi veramente dalla lebbra che hanno nell’anima.E' abbastanza frequente che si abbia di Dio un'immagine che non corrisponde alla realtà, anche gli ebrei parlano infatti di un Dio severo, geloso, che non perdona e quindi molto simile a loro caratterialmente. Ma il centurione sente parlare di Gesù, che sembra veramente un ebreo diverso dagli altri, uno che non solo compie dei miracoli, delle guarigioni, ma che non disdegna di fermarsi per parlare ed accontentare anche gli ultimi e i lontani , quelli che per la fede ebraica erano tagliati fuori dalla loro cerchia di popolo eletto. Allora si fa coraggio e chiede ad alcuni anziani di chiedere per lui a Gesù di salvare il suo servo che stava molto male. L'uomo era stato caritatevole verso il suo servo, e con molta umiltà, quando Gesù stava andando da lui, gli dice che così come non si era ritenuto degno di chiedere lui stesso questa grazia, non si riteneva degno di ospitarlo in casa sua, ma che era sicuro che con una sua parola, il suo servo sarebbe guarito. Una fede così non poteva non colpire Gesù, che non aveva certo preconcetti ,anche se aveva detto inizialmente di essere venuto solo per il popolo ebraico, ma da subito, non aveva rifiutato grazie a nessuno. Quest'uomo era un comandante dell'esercito romano, quindi un pagano, che mai e poi mai si sarebbe sognato di avvicinarsi a Dio nel tempio degli ebrei, proprio perché questi tenevano la gente a distanza, considerando Dio una loro proprietà, un loro diritto. Lui ,che sa di non essere tra quelli che seguono Gesù, perché è preso dalla sua vita di soldato, dal considerarsi uno che ha potere, perché è comandante delle sue guardie, si rende conto, che tutto il potere terreno di cui dispone, non gli serve a nulla … e se ne accorge quando capisce di amare il suo servo e che vederlo soffrire lo fa star male a sua volta. E’ in quel momento che il suo cuore si apre e cerca l’aiuto di questo uomo buono di cui tutti parlano e non si aspettava che Gesù lo ascoltasse e subito intervenisse.Allora si sente indegno di tanta grazia, di tanta accortezza, perché la sua casa non è degna di riceverlo, poi si rende conto che Gesù è veramente lì davanti a lui e sta accogliendo la sua preghiera. Non conosceva Gesù quel soldato, ma era disposto a credere, ad aprire il cuore, molto più di tanti figli di Israele che restavano duri di cuore e non volevano credere in Lui .
Gesù mette in risalto come aprirà le porte della nuova Gerusalemme a coloro che sono disposti a credere e lascerà fuori i duri di cuore, indipendentemente dalla loro origine terrena.
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Comentario: Rev. D. Xavier JAUSET i Clivillé
(Lleida, Spagna)

Oggi, nel Vangelo, vediamo l'amore, la fede, la fiducia e l'umiltà di un centurione, che sente una stima profonda verso il suo servo. Si preoccupa tanto di lui, che è capace di umiliarsi di fronte a Gesù e chiedergli: «Signore, il mio servo giace in casa paralizzato e soffre terribilmente» (Mt 8,6). Questa richiesta, d'altronde, specialmente per un servo, ottiene da Gesù una risposta immediata: «Io verrò e lo curerò» (Mt 8,7). E tutto sbocca in una serie di atti di fede e di fiducia. Il centurione non si considera degno e, accanto a questo sentimento, manifesta la sua fede davanti a Gesù e di fronte a tutti quelli che erano lì presenti, in tal modo che Gesù dice «Presso nessuno in Israele ho trovato una fede così grande» (Mt 8,10).

Possiamo domandarci che cosa muove Gesù a realizzare il miracolo. Quante volte chiediamo e sembra che Dio non ci ascolti!, anche se sappiamo che Dio ci ascolta sempre. Dunque, cosa succede? Crediamo di chiedere bene, ma, lo facciamo come il centurione? La sua preghiera non è egoista, ma piena di amore, umiltà e fiducia. Dice San Pietro Crisologo: «La forza dell'amore non misura le possibilità (...). L'amore non distingue, non riflette, non conosce ragioni. L'amore non è rassegnazione davanti all'impossibilità, non s'intimorisce di fronte a nessuna difficoltà». È così la mia preghiera?

«Signore, io non sono degno che tu entri sotto il mio tetto...» (Mt 8,8). È la risposta del centurione. Sono così i tuoi sentimenti? È così la tua fede? «Solo la fede può capire questo mistero, questa fede che è il fondamento e la base di quanto oltrepassa l'esperienza e la conoscenza naturale» (San Massimo). Se è così, anche tu ascolterai: «"Và, e sia fatto secondo la tua fede". In quell'istante il servo guarì» (Mt 8,13).

Santa Maria, Vergine Madre!, Maestra di fede, di speranza e d'amore sollecito, insegnaci a pregare come conviene per ottenere dal Signore tutto quello di cui abbiamo bisogno.

giovedì 28 giugno 2018

(Mt 16,13-19) Tu sei Pietro, a te darò le chiavi del regno dei cieli.

VANGELO DI VENERDI 29 GIUGNO 2018.

Giorno liturgico: 29 Giugno: Santi Pietro e Paolo, apostoli

Testo del Vangelo (Mt 16,13-19): In quel tempo, Gesù, giunto nella regione di Cesarèa di Filippo, domandò ai suoi discepoli: «La gente, chi dice che sia il Figlio dell’uomo?». Risposero: «Alcuni dicono Giovanni il Battista, altri Elìa, altri Geremìa o qualcuno dei profeti». Disse loro: «Ma voi, chi dite che io sia?». Rispose Simon Pietro: «Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente». E Gesù gli disse: «Beato sei tu, Simone, figlio di Giona, perché né carne né sangue te lo hanno rivelato, ma il Padre mio che è nei cieli. E io a te dico: tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia Chiesa e le potenze degli inferi non prevarranno su di essa. A te darò le chiavi del regno dei cieli: tutto ciò che legherai sulla terra sarà legato nei cieli, e tutto ciò che scioglierai sulla terra sarà sciolto nei cieli».



RIFLESSIONE DI LELLA

PREGHIERA: Vieni o Santo Spirito e guidami tra le righe di questo Vangelo, perché possano configgersi nella mia carne come una corona di spine.

Oggi voglio raccontarvi un'altra storia, voglio raccontarvi la storia di tutti coloro che come Pietro rispondono "si", subito, senza pensarci due volte, ma poi, devono fare i conti con il mondo. Eh già! Perché se fosse solo con Gesù il rapporto sarebbe facile, tu parli, io ti ascolto e ti seguo... che potrei desiderare di più? Ma ci sono gli altri, quelli che spesso non scegliamo come compagni di strada, ma che il Signore sceglie per noi. Siamo umani imperfetti, e non è facile sentirsi all' altezza dell' amore di Dio, e questo dovrebbe bastare per cercare di pensare a migliorare noi stessi, per chiedere continuamente perdono delle nostre disattenzioni, mancanze... ma noi ci impegniamo molto solo a guardare le mancanze degli altri. Tutti siamo chiamati a compiere una missione, a percorrere una strada,e non sappiamo bene qual' è, ma piano piano se riusciremo ad entrare in contatto con Dio, riusciremo anche a percepire i segnali che ci guideranno. Può essere solo una frase, un canto, un incontro, una lettura.... e ci immergeremo in qualcosa che ci trascina dove non credevamo di voler andare. Pietro e Paolo, così diversi; il primo burbero, scontroso, impulsivo; spesso vorrebbe che Gesù facesse quello che lui ritiene più opportuno... e se ne prende di rimproveri! Certamente ciò che spicca in lui è il piglio del comandante, ma quanta mortificazione provò quando la paura prevalse e negò di essere discepolo di Gesù. Paolo invece non conosceva Gesù, e pieno di Zelo perseguitava i cristiani credendosi nel giusto, ma folgorato sulla via di Damasco, è costretto dagli eventi a cambiare modo di vedere le cose. Molte le similitudini,la sua cecità e l’accettazione del volere di Cristo gli restituiscono non solo la vista, ma la vita; anche lui come Pietro morirà martire mentre compie la sua missione. Gesù da a Pietro le chiavi del regno, come le da ad ognuno di noi; ci da la chiave per entrare nel suo regno, nella vita eterna. Ad ognuno da la sua; non dobbiamo aprirci la porta rubando la chiave ad un altro, non siamo nella casa del grande fratello televisivo, in cui verremo premiati se sbaraglieremo gli avversari, ma tutt'altra cosa è il giudizio di Dio, esattamente il contrario di quello del mondo.
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Comentario: Mons. Jaume PUJOL i Balcells Archivescovo di Tarragona e Primato di Catalongna
(Tarragona, Spagna)

Oggi celebriamo la solennità di San Pietro e St. Paolo, che furono fondamenta della Chiesa primitiva e, quindi, della nostra fede cristiana. Apostoli del Signore, testimoni della prima ora, vissero quei momenti iniziali della espansione della Chiesa e sigillarono con il suo sangue la loro fedeltà a Gesù. Auguriamoci che noi, cristiani del secolo XXI, sappiamo essere testimoni credibili dell'amore di Dio tra gli uomini, come lo furono i due Apostoli e come lo sono stati tanti e tanti dei nostri concittadini.

In uno dei primi interventi di Papa Francesco, rivolgendosi ai cardinali, ha detto loro che dobbiamo «camminare, costruire e confessare». Cioé, dobbiamo andare avanti sulla nostra strada vitale, costruendo la Chiesa e confessando il Signore. Il Papa ha avvertito: «Noi possiamo camminare quanto vogliamo, noi possiamo edificare tante cose, ma se non confessiamo Gesù Cristo, la cosa non va. Diventeremo una ONG assistenziale, ma non la Chiesa, Sposa del Signore».

Abbiamo sentito nel Vangelo della Messa un fatto centrale per la vita di Pietro e la Chiesa. Gesù chiede a quel pescatore di Galilea un atto di fede nella sua condizione divina e Pedro non esita a dire: «Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente» (Mt 16,16). Immediatamente, Gesù istituì il primato, dicendo a Pietro che sarebbe la roccia sulla quale la Chiesa sarà costruita nel tempo (cfr Mt 16,18) e dandogli il potere delle chiavi, la potestà suprema.

Anche se Pietro e i suoi successori sono assistiti dalla forza dello Spirito Santo, hanno bisogno lo stesso della nostra preghiera, perché la missione che hanno è di grande importanza per la vita della Chiesa: devono essere fondamento sicuro per tutti i cristiani lungo il tempo; per ciò ogni giorno dobbiamo pregare anche per il Santo Padre, per la sua persona e per le sue intenzioni.

mercoledì 27 giugno 2018

(Mt 7,21-29) La casa costruita sulla roccia e la casa costruita sulla sabbia.

VANGELO DI GIOVEDI 28 GIUGNO 2018.

Giorno liturgico: Giovedì, XII settimana del Tempo Ordinario

Santorale 28 Giugno: Sant' Ireneo di Lione, Vescovo e martire
Testo del Vangelo (Mt 7,21-29): In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Non chiunque mi dice: "Signore, Signore", entrerà nel regno dei cieli, ma colui che fa la volontà del Padre mio che è nei cieli. Molti mi diranno in quel giorno: "Signore, Signore, non abbiamo noi profetato nel tuo nome e cacciato demoni nel tuo nome e compiuto molti miracoli nel tuo nome?". Io però dichiarerò loro: non vi ho mai conosciuti; allontanatevi da me, voi operatori di iniquità. Perciò chiunque ascolta queste mie parole e le mette in pratica è simile a un uomo saggio che ha costruito la sua casa sulla roccia. Cadde la pioggia, strariparono i fiumi, soffiarono i venti e si abbatterono su quella casa, ed essa non cadde, perché era fondata sopra la roccia. Chiunque ascolta queste mie parole e non le mette in pratica, è simile a un uomo stolto che ha costruito la sua casa sulla sabbia. Cadde la pioggia, strariparono i fiumi, soffiarono i venti e si abbatterono su quella casa, ed essa cadde, e la sua rovina fu grande». Quando Gesù ebbe finito questi discorsi, le folle restarono stupite del suo insegnamento: egli infatti insegnava loro come uno che ha autorità e non come i loro scribi.



RIFLESSIONE DI LELLA

PREGHIERA:
Signore mio, aiutami con il tuo Santo Spirito a leggere la Tua parola e a viverla nel mondo d’oggi, come Gesù duemila anni fa, voglio vivere solo con Te e di Te. Ascoltami e Così sia.

Gesù ci mette in guardia da una cosa molto importante, non basta l’ apparenza per entrare nel regno di Dio. Per vivere in pieno la fede, infatti, perché sia salda e non cada alle prime intemperie, bisogna capire e vivere la parola di Dio. E’ inutile pronunciare con la bocca per esempio, una preghiera per i poveri, se poi quando ci passano accanto ci giriamo dall’ altra parte schifati, non serve far vedere quanto si è bravi cristiani, ma occorre essere bravi cristiani, perché altrimenti alla prima tentazione forte, crolliamo.
La fede che Gesù c’invita ad avere è fondata sulle solide basi dell’amore che ci lega a Dio, ed è una cosa bellissima confidare, affidarsi, condividere la propria vita con Lui. Troppo spesso noi preferiamo affidarci agli uomini, al politico potente, al personaggio pubblico o al prete e mettiamo Dio sul comodino, come un abat jour da accendere nel momento del bisogno. Questo è quanto di più sbagliato possiamo fare perché Gesù è la luce che deve illuminare i nostri passi, la sua parola la via da seguire; il nostro cuore deve spogliarsi delle cose del mondo e appartenere totalmente a Dio. Non è facile la via che il Signore c’ indica, ma dobbiamo continuare a provare la via della perfezione, dobbiamo seguire la parola di Dio, perché quello che è scritto nelle sacre scritture, solo se praticato, renderà salda la nostra fede. Molto spesso viviamo il cristianesimo come una un vestito troppo stretto, non riusciamo mai a indossarlo completamente, c'è sempre qualche parte che proprio non riusciamo a far entrare. Chiediamo aiuto, ma cerchiamo di imparare a rivestirci completamente di Cristo,  perchè se lasciamo troppe parti scoperte, satana farà presto a lacerarci la veste.
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Comentario: Rev. D. Joan Pere PULIDO i Gutiérrez
(Sant Feliu de Llobregat, Spagna)

Oggi ci colpisce l’affermazione decisa di Gesù: «Non chiunque mi dice: Signore, Signore, entrerà nel regno dei cieli, ma colui che fa la volontà del Padre mio che è nei cieli» (Mt 7,21). Questa affermazione esige anzitutto da noi responsabilità nella nostra condizione di cristiani, e, allo stesso tempo, che avvertiamo l’urgenza di dare una buona testimonianza di fede.

Costruire la casa sulla roccia è un’immagine chiara che ci invita a considerare il nostro impegno di fede, che non si può ridurre solo a belle parole, ma che deve fondarsi sull’autorità delle opere, impregnate di carità. In uno di questi giorni di giugno, la Chiesa ricorda la vita di san Pelagio, martire della castità, morto giovanissimo. San Bernardo, ricordando la vita di Pelagio, ci dice nel suo trattato sui costumi e sul ministero dei vescovi: «La castità, per quanto bella sia, non ha valore né merito, senza la carità. La purezza senza l’amore è come una lampada senza l’olio; e tuttavia dice la sapienza: “Che bella è la sapienza con l’amore”! Con quell’amore di cui ci parla l’Apostolo: quello che procede da un cuore puro, da una coscienza retta e da una fede sincera».

La parola chiara, con la forza della carità, manifesta l’autorità di Gesù, che suscitava la meraviglia nei suoi concittadini: «Le folle restarono stupite dal suo insegnamento: egli infatti insegnava loro come uno che ha autorità e non come i loro scribi» (Mt 7, 28-29). La nostra preghiera e contemplazione di oggi deve essere accompagnata da una seria riflessione: come parlo e agisco nella mia vita cristiana? Come do concretamente la mia testimonianza? Come metto in pratica il comandamento dell’amore nella mia vita personale, familiare, nel lavoro, ecc.? Non sono le parole né le molte preghiere quelle che contano, ma l’impegno a vivere secondo il Progetto di Dio. La nostra preghiera dovrebbe esprimere sempre il desiderio di fare il bene e di chiedere aiuto, dal momento che riconosciamo la nostra debolezza.

—Signore, che la nostra preghiera sia sempre accompagnata dalla forza della carità.

martedì 26 giugno 2018

(Mt 7,15-20) Dai loro frutti li riconoscerete.

VANGELO DI MERCOLEDI 27 GIUGNO 2018.

Giorno liturgico: Mercoledì, XII settimana del Tempo Ordinario

Testo del Vangelo (Mt 7,15-20): In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Guardatevi dai falsi profeti, che vengono a voi in veste di pecore, ma dentro sono lupi rapaci! Dai loro frutti li riconoscerete. Si raccoglie forse uva dagli spini, o fichi dai rovi? Così ogni albero buono produce frutti buoni e ogni albero cattivo produce frutti cattivi; un albero buono non può produrre frutti cattivi, né un albero cattivo produrre frutti buoni. Ogni albero che non dà buon frutto viene tagliato e gettato nel fuoco. Dai loro frutti dunque li riconoscerete».




 RIFLESSIONE DI LELLA

PREGHIERA: Vieni o Santo Spirito, dal tuo cuore al mio cuore e parlami delle cose che vuole da me il Signore.

Quest’oggi è l’immagine dell’albero che prevale nella mia mente, ed immancabilmente il pensiero se ne va dove lo Spirito lo porta e, forse per similitudine, stiamo varcando la porta dell’ Eden.
Le direttive di Dio all’uomo partono proprio da lì, da quell’ albero del bene e del male che produce i frutti per cui è stato piantato.
Seminato il bene, il frutto può essere solo il bene, anche se non tutto il bene viene accolto e tanto meno restituito. Non dobbiamo pensare che quello che è offerto sia per forza accolto; dobbiamo uscire dalla concezione della reciprocità, e riflettere su quanto sia gratuito tutto quello che riceviamo da Dio, per riuscire a donare gratuitamente , ma non per generosità, come inizialmente possiamo pensare, ma perchè tutto quello che c’è di buono in noi ci viene da Dio.
Alla fine è questo in parole povere che siamo, frutti buoni o cattivi noi stessi e da quello che sappiamo dare si vede molto chiaramente chi e cosa è seminato in noi.
È chiaro che verremo contaminati da tutto ciò che c’è di negativo intorno a noi, dall’inquinamento esterno e dai cattivi consiglieri, come Adamo ed Eva, o se volete il primo nucleo di persone, come vi piace di più, perchè la forma non cambia il risultato, ma sta sempre a noi la scelta.
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Comentario: Rev. D. Antoni ORIOL i Tataret
(Vic, Barcelona, Spagna)

Oggi, viene posto innanzi al nostro sguardo un nuovo contrasto evangelico, tra gli alberi buoni e cattivi. Le affermazioni di Gesù al rispetto sono così semplici da sembrare quasi banali. Ed è giusto dire che non lo sono affatto! Non lo sono, così come non lo è la vita reale di ogni giorno.

Queste ci insegnano che vi sono buoni che degenerano e finiscono col dare cattivi frutti, e che, al contrario, vi sono cattivi che cambiano e finiscono col dare frutti buoni. Cosa significa quindi, in definitiva, che «ogni albero buono produce frutti buoni» (Mt 7, 17)? Significa che ciò che è buono lo è in quanto non viene a meno facendo il bene. Fa il bene e non si stanca. Fa il bene e non cede alla tentazione di fare il male. Fa il bene e persevera fino all’eroismo. Fa il bene e, se per caso arrivasse a cedere davanti alla fatica di operare così, di cadere nella tentazione di fare del male, o di spaventarsi al requisito non negoziabile, lo riconosce sinceramente, lo confessa veramente, si pente di cuore e... rincomincia.

Ah! E lo fa, tra l’altro, perché sa che se non da dei frutti buoni sarà tagliato e gettato al fuoco (il santo temore di Dio mantiene la vite del buon vigneto!), e perché, conoscendo la bontà degli altri attraverso le loro opere buone, sa, non solo per propria esperienza, ma anche per esperienza sociale, che egli solo é buono e può essere riconosciuto come tale dai fatti e non dalle sole parole.

Non basta col dire «Signore, Signore!». Così come ci ricorda Giacomo, la fede si riconosce attraverso le opere: «Mostrami la tua fede senza le opere, ed io con le mie opere ti mostrerò la mia fede» (Gc 2, 18).

lunedì 25 giugno 2018

(Mt 7,6.12-14) Tutto quanto volete che gli uomini facciano a voi, anche voi fatelo a loro.

VANGELO DI MARTEDI 26 GIUGNO 2018.

Giorno liturgico: Martedì, XII settimana del Tempo Ordinario

Santorale 26 Giugno: San Josemaria, sacerdote
Testo del Vangelo (Mt 7,6.12-14): In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Non date le cose sante ai cani e non gettate le vostre perle davanti ai porci, perché non le calpestino con le loro zampe e poi si voltino per sbranarvi. Tutto quanto volete che gli uomini facciano a voi, anche voi fatelo a loro: questa infatti è la Legge e i Profeti. Entrate per la porta stretta, perché larga è la porta e spaziosa la via che conduce alla perdizione, e molti sono quelli che vi entrano. Quanto stretta è la porta e angusta la via che conduce alla vita, e pochi sono quelli che la trovano!».




 RIFLESSIONE DI LELLA

PREGHIERA: Spirito Santo, nostra guida Guida intima, tu non ci mostri solo all'esterno la volontà divina, ma la traduci per noi in una illuminazione interiore: aiutaci, dunque, ad accogliere pienamente la tua direzione.

La prima parte del brano evangelico,  mi fa pensare a quando ci avviciniamo all’ Eucarestia senza un minimo di preparazione,alle messe ascoltate come per dovere, ma con la testa altrove, alle grazie che Dio ci fa e non sappiamo apprezzare. L’ immagine delle due porte… tutti si accalcano verso quella larga, quella facile da raggiungere, agevole da superare, ed è nella mia mente, come se quasi tutti gli uomini si incamminino attraverso quella, convinti di essere verso la strada giusta. Ma la strada per il paradiso, quella che ha percorso Gesù e attraverso la quale dobbiamo entrare è quella stretta, quella che non è certo agevole, quella che è fatta di sacrifici fatti per amore.
Questo per amore che ho aggiunto, non è un “di Più”, ma è la chiave della vita del Cristiano.
Cristo ci ama e ci chiede di amare, per essere con lui, perché quella porta stretta è il suo cuore pieno d’amore . Se gli chiediamo di entrare di condividere con lui questo amore, sarà lui a darci la chiave, a spalancarci le braccia ed a stringerci al suo cuore, ma dobbiamo decidere di amare, di abbandonare il nostro ego e di vivere solo per essere figli di Dio, fratelli di Cristo e tra di noi.
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Comentario: Diácono D. Evaldo PINA FILHO
(Brasilia, Brasile)

Oggi il Signore ci fa tre raccomandazioni. La prima, «Non date le cose sante ai cani e non gettate le vostre perle davanti ai porci» (Mt 7,6), contrasti in cui i “beni” sono associati alle “perle” e alle “cose sante”; e, d’altra parte, i “cani” e i “porci” a ciò che è impuro. San Giovanni Crisostomo ci insegna che «i nostri nemici sono uguali a noi nella loro natura ma non nella loro fede». Nonostante i benefici terreni siano concessi nello stesso modo a persone degne e indegne, non è così per ciò che riguarda le “grazie spirituali”, privilegio di coloro che sono fedeli a Dio. La giusta distribuzione dei beni spirituali implica uno zelo per le cose sacre.

La seconda è la cosiddetta chiamata “regola d’oro” (cf. Mt 7, 12), che compendiava tutto ciò che la Legge e i Profeti raccomandarono, come rami di un unico albero: l’amore al prossimo presuppone l’Amore a Dio, e da Lui proviene.

Fare al prossimo ciò che vogliamo che gli uomini facciano a noi comporta una trasparenza di gesti verso l’altro, riconoscendo la sua somiglianza a Dio, la sua dignità. Per quale ragione cerchiamo il bene per noi stessi? Perché lo riconosciamo come mezzo di identificazione e di unione con il Creatore. Essendo il Bene l’unico mezzo per la vita in pienezza, è inconcepibile la sua assenza nel nostro rapporto col prossimo. Non c’è posto per il bene qualora prevalga la falsità e predomini il male.

Per ultimo, la “porta stretta”… Papa Benedetto XVI ci chiede: «Che vuol dire questa ‘porta stretta’? Perché molti non possono attraversarla? È forse un passaggio riservato per pochi eletti?» No! Il messaggio di Cristo «ci dice che tutti possiamo entrare nella vita. Il passaggio è ‘stretto’, ma aperto a tutti; ‘stretto’ perché è esigente, richiede impegno, abnegazione, mortificazione del proprio egoismo».

Preghiamo affinché il Signore, che realizzò la salvezza universale con la sua morte e risurrezione, ci riunisca tutti nel banchetto della vita eterna.

domenica 24 giugno 2018

(Mt 7,1-5) Togli prima la trave dal tuo occhio.

VANGELO DI LUNEDI 25 GIUGNO 2018.

Giorno liturgico: Lunedì, XII settimana del Tempo Ordinario

Testo del Vangelo (Mt 7,1-5): In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Non giudicate, per non essere giudicati; perché con il giudizio con il quale giudicate sarete giudicati voi e con la misura con la quale misurate sarà misurato a voi. Perché guardi la pagliuzza che è nell’occhio del tuo fratello, e non ti accorgi della trave che è nel tuo occhio? O come dirai al tuo fratello: 'Lascia che tolga la pagliuzza dal tuo occhio', mentre nel tuo occhio c’è la trave? Ipocrita! Togli prima la trave dal tuo occhio e allora ci vedrai bene per togliere la pagliuzza dall’occhio del tuo fratello».




RIFLESSIONE DI LELLA

PREGHIERA: Vieni Signore ad assistermi con la presenza del Tuo Santo Spirito, per non farmi perdere neppure una tua orma, ma per far si che il mio “ti Seguirò”, sia totale , come tu lo vuoi.

Se c’è una cosa che ci riesce bene è giudicare il comportamento degli altri, in tutto e per tutto; noi donne poi, siamo delle vere maestre in questo. Gli uomini ci seguono a ruota, ma quando si va oltre il semplice pettegolezzo, quando il nostro è un vero e proprio giudizio che diamo nei confronti dell’altro, allora faremmo meglio a ricordare che il giudizio non spetta a noi, ma a Dio. Una volta Gesù ci raccontò di una peccatrice che stava per essere lapidata perché adultera, una terribile usanza che purtroppo in alcuni paesi ancora permane. Quella donna era sicuramente colpevole, ma chi la stava giudicando, non era certo migliore di lei, tanto che Gesù disse a chi era senza peccato di scagliare la prima pietra e tutti se ne andarono senza colpirla. In questo passo ci invita a fare un buon esame di coscienza prima di guardare la colpa del fratello, la pagliuzza che è nel suo occhio, ma di guardare quante e quali sono le colpe che noi commettiamo ogni volta, ossia quanto è grande il trave che è nel nostro occhio e che ci offusca la vista. Torna ancora una volta il metro con il quale Gesù ci misurerà quando sarà la nostra ora, che è lo stesso con il quale noi giudicheremo gli altri. Perdonerà i nostri debiti come noi li perdoneremo agli altri, ci giudicherà secondo come noi giudicheremo gli altri, infatti ci dice Dio, fare agli altri quello che non vorresti fosse fatto a te! Questo passo uno dei più importanti del Vangelo, fa un pò effetto vedere con quanta facilità siamo pronti a condannare e invece grandi peccatori sono diventati grandi santi. Gesù ha un modo di correggere i nostri sbagli, che si chiama AMORE, avete mai provato a dare fiducia a chi si sente respinto da tutti? Quella donna restò con Gesù fino all' ultimo istante della sua vita e non peccò più. Noi spesso diamo fiducia a chi non dovremmo e rifiutiamo l'amore a chi è emarginato, senza curarci del dolore che brucia nel suo cuore.
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Comentario: Rev. D. Jordi POU i Sabater
(Sant Jordi Desvalls, Girona, Spagna)

Oggi, il Vangelo mi ha ricordato le parole della Marescialla del libro Il cavaliere della rosa, di Hug von Hofmansthal: «Nel come vi è la grande differenza». Dal come facciamo una cosa cambierà molto il risultato in molti aspetti della nostra vita, soprattutto quello spirituale.

Gesù dice: «Non giudicate per non essere giudicati» (Mt 7,1). Ma Gesù aveva detto pure che dobbiamo correggere il fratello che è in peccato, e per ciò è necessario avere fatto prima qualche tipo di giudizio. Lo stesso San Paolo nei suoi scritti giudica la comunità di Corinto e San Pietro condanna di falsità Anania e sua moglie. In seguito a ciò, San Giovanni Crisostomo giustifica: «Gesù non dice che non dobbiamo evitare che un peccatore desista dal peccare, dobbiamo correggerlo, certo, ma non come un nemico che cerca la vendetta, ma come il medico che applica un rimedio». Il giudizio, dunque, sembra che dovrebbe essere con l´intenzione di correggere, mai con l´intenzione di vendetta.

Ma è ancora più interessante quello che dice Sant’Agostino: «Il Signore ci avverte di non giudicare precipitosamente ed ingiustamente (...). Pensiamo, in primo luogo, se noi non abbiamo commesso qualche peccato simile; pensiamo che siamo uomini fragili, e [giudichiamo] sempre con l'intenzione di servire Dio e non noi stessi». Se quando vediamo i peccati dei fratelli pensiamo nei nostri, non ci succederà, come dice il Vangelo, che avendo una trave nell'occhio, pretendiamo cacciare una pagliuzza dall´occhio di nostro fratello (cf. Mt 7,3).

Se siamo ben formati, vedremo le cose buone e le cattive degli altri, quasi in un modo incosciente: da ciò emetteremo un giudizio. Ma il fatto di guardare le mancanze altrui dai punti di vista citati ci aiuterà nel come dobbiamo giudicare: ci aiuterà a non giudicare per giudicare, o per dire qualcosa, o per occultare le nostre mancanze o, semplicemente perché tutti fanno così. E, finalmente, teniamo soprattutto presente le parole di Gesù: «con la misura con la quale misurate sarete misurati» (Mt 7,2).

sabato 23 giugno 2018

(Lc 1,57-66.80) Giovanni è il suo nome.

VANGELO DI DOMENICA 24 GIUGNO 2018.

Giorno liturgico: 24 Giugno: Nativita' di san Giovanni Battista

Testo del Vangelo (Lc 1,57-66.80): Per Elisabetta si compì il tempo del parto e diede alla luce un figlio. I vicini e i parenti udirono che il Signore aveva manifestato in lei la sua grande misericordia, e si rallegravano con lei. Otto giorni dopo vennero per circoncidere il bambino e volevano chiamarlo con il nome di suo padre, Zaccarìa. Ma sua madre intervenne: «No, si chiamerà Giovanni». Le dissero: «Non c’è nessuno della tua parentela che si chiami con questo nome». Allora domandavano con cenni a suo padre come voleva che si chiamasse. Egli chiese una tavoletta e scrisse: «Giovanni è il suo nome». Tutti furono meravigliati. All’istante si aprirono la sua bocca e la sua lingua, e parlava benedicendo Dio. Tutti i loro vicini furono presi da timore, e per tutta la regione montuosa della Giudea si discorreva di tutte queste cose. Tutti coloro che le udivano, le custodivano in cuor loro, dicendo: «Che sarà mai questo bambino?». E davvero la mano del Signore era con lui. Il bambino cresceva e si fortificava nello spirito. Visse in regioni deserte fino al giorno della sua manifestazione a Israele.




RIFLESSIONE DI LELLA

PREGHIERA: Vieni o Spirito Santo, ed aiutami a conoscere la tua parola, fa che io possa capire ogni cosa tu vuoi che capisca, e che sappia scrivere secondo il tuo consiglio.

 Una cosa che mi salta all'occhio è come sia stato Dio a decidere tutto, anche il nome del bambino; incredulo il povero Zaccaria aveva dubitato, mentre offriva incenso sull'altare del Signore... Quanti di noi sono come Zaccaria, compiamo dei gesti senza una vera convinzione, preghiamo senza credere veramente... andiamo a messa distratti, facciamo la comunione incoscienti. Ma quando l'amore di Dio nasce, come viene alla luce il piccolo Giovanni, ecco la grazia. Giovanni, il precursore di Gesù, Giovanni il profeta, un uomo che era stato nel deserto per molti anni, e che aveva al suo seguito molti discepoli, un uomo che parlava nel nome del Signore, annunciava la venuta del Messia, ed era temuto per la sua predicazione quasi come Gesù stesso. Bellissime le parole di Gesù nei suoi confronti, quando dice: non c'è figlio d'uomo più grande di Giovanni. Da prima della sua nascita all'ultimo dei suoi giorni, Giovanni è stato il filo conduttore tra Dio e Gesù e tra questo e gli uomini.. Oggi vediamo che lo Spirito Santo agisce su di noi in maniera mirabile, tanti profeti sorgono, profeti dei giorni nostri, che anche se non sono veggenti, vivono nella vita di tutti i giorni il loro rapporto con il Signore in umiltà e sono motivo di conversione per molti...  piccoli semi di senape nel solco dell'amore di Dio che danno frutti copiosi e neanche se ne accorgono, piccole persone che pregano da tantissimi anni, col rosario in mano, ne ricordo una col suo latino sbiascicato, che seguiva la messa senza capirla, ma con una fede che anche se era seduta tra i banchi della chiesa, io la ricordo in ginocchio.... una donna da sempre vecchia, con le mani rugose di terra e la schiena china dai panni lavati al fiume... una vecchia così io l' ho sempre vista nella mia vita... e mi ha fatto sempre tanta tenerezza e rispetto.. noi che vogliamo sempre conoscere, sapere, scrutare....lei che si affidava alla corona del rosario!
Cerchiamo anche noi, di lasciare un segno semplice del nostro passaggio sulla terra, di essere finalmente figli di Dio più che uomini.
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Comentario: Rev. D. Joan MARTÍNEZ Porcel
(Barcelona, Spagna)

Oggi festeggiamo solennemente la nascita del Battista. San Giovanni è un uomo di grandi contrasti: vive il silenzio del deserto, però da lì muove la folla e la invita con voce convincente alla conversione; è umile per riconoscere che egli è soltanto la voce, non la parola, però non ha nessun impedimento ed è capace di accusare e denunziare le ingiustizie, anche gli stessi re; invita a suoi discepoli ad andare da Gesù, però non rifiuta di conversare con il Re Erode mentre si trova in prigione. Silenzioso e umile, è anche coraggioso, è deciso fino a far versare il suo sangue. Giovanni il Battista è un gran uomo! il maggiore dei nati da una donna, così sarà elogiato da Gesù; però è soltanto il precursore di Cristo.

Chissà, il segreto della sua grandezza stia nella sua consapevolezza di sentirsi prescelto da Dio; così lo esprime l’evangelista: «Il fanciullo cresceva e si fortificava nello spirito. Visse in regioni deserte fino al giorno della sua manifestazione a Israele» (Lc 1,80). Tutta la sua infanzia e gioventù è stata segnata dalla consapevolezza della sua missione: dare testimonianza; e lo fa battezzando Cristo nel Giordano, preparando per il Signore un popolo ben disposto e, alla fine della sua vita, versando il suo sangue a favore della verità. Con la nostra conoscenza su Giovanni, possiamo rispondere alle domande di suoi contemporanei: «Chi sarà mai questo bambino?» (Lc 1,66).

Tutti noi, per il battesimo siamo stati scelti e inviati a dare testimonianza del Signore. In un ambiente di indifferenza, San Giovanni è modello e aiuto per noi; San Agostino ci dice: «Ammira Giovanni quanto ti sia possibile, giacché ciò che ammiri profitta Cristo. Profitta Cristo, ripeto, non perché tu gli offra qualcosa a Lui, ma per progressare tu in Lui». In Giovanni le sue attitudini di precursore, manifestate nella sua preghiera attenta allo Spirito, nella sua fortezza e umiltà, ci aiutano ad aprire nuovi orizzonti di Santità per noi e per i nostri fratelli.

venerdì 22 giugno 2018

(Mt 6,24-34) Non preoccupatevi del domani.

VANGELO DI SABATO 23 GIUGNO 2018.

Giorno liturgico: Sabato, XI settimana del Tempo Ordinario

Testo del Vangelo (Mt 6,24-34): In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Nessuno può servire due padroni, perché o odierà l’uno e amerà l’altro, oppure si affezionerà all’uno e disprezzerà l’altro. Non potete servire Dio e la ricchezza. Perciò io vi dico: non preoccupatevi per la vostra vita, di quello che mangerete o berrete, né per il vostro corpo, di quello che indosserete; la vita non vale forse più del cibo e il corpo più del vestito? Guardate gli uccelli del cielo: non séminano e non mietono, né raccolgono nei granai; eppure il Padre vostro celeste li nutre. Non valete forse più di loro? E chi di voi, per quanto si preoccupi, può allungare anche di poco la propria vita?» E per il vestito, perché vi preoccupate? Osservate come crescono i gigli del campo: non faticano e non filano. Eppure io vi dico che neanche Salomone, con tutta la sua gloria, vestiva come uno di loro. Ora, se Dio veste così l’erba del campo, che oggi c’è e domani si getta nel forno, non farà molto di più per voi, gente di poca fede? Non preoccupatevi dunque dicendo: 'Che cosa mangeremo? Che cosa berremo? Che cosa indosseremo?'. Di tutte queste cose vanno in cerca i pagani. Il Padre vostro celeste, infatti, sa che ne avete bisogno. Cercate invece, anzitutto, il regno di Dio e la sua giustizia, e tutte queste cose vi saranno date in aggiunta. Non preoccupatevi dunque del domani, perché il domani si preoccuperà di se stesso. A ciascun giorno basta la sua pena».




RIFLESSIONE DI LELLA

PREGHIERA:
Grazie o Gesù delle tue sante parole, grazie di ogni respiro che hai emesso per noi, concedimi di respirare del tuo respiro e di vivere di Te.

Non si può servire Dio se la ricchezza diventa il nostro Dio. Questo deve essere ben vivo nel nostro cuore e nella nostra mente, se vogliamo salvare la nostra anima, se non vogliamo fare scelte sbagliate.
Spesso ci occupiamo più del nostro corpo che della nostra anima, come se le due cose fossero scollegate, ma non ci rendiamo conto che separando l’una dall’ altra, noi ci separiamo dal creatore, ci allontaniamo da Dio.
Matteo mette in risalto le parole di Gesù con le quali ci dice con una chiarezza sconcertante, che nella vita è una questione di scelta d’appartenenza.
Non si può vivere nel mondo ed essere del mondo e allo stesso tempo servire Dio.
Appartenere a Dio vuol dire confidare che da Lui ti verrà tutto quello che ti serve per vivere.
Molte persone appena perdono le loro sicurezze terrene si preoccupano e disperano, e questo, anche se umanamente è comprensibile, è segno che non è nel Signore che confidano.
Penso agli apostoli che sulla barca, in mezzo alla tempesta avevano paura, ma appena anno invocato il nome di Gesù, hanno visto con loro stupore che comandò alle acque di calmarsi e queste si calmarono.
Abbiamo visto come con pochi pani e pochi pesci, sfamò una moltitudine di gente e ne avanzò.
Abbiamo visto che resuscitò i morti.
Di Dio noi abbiamo attraverso Gesù una rivelazione d’onnipotenza senza pari, ma non ci rivolgiamo a Lui se non in caso d’estrema necessità, e spesso, troppo spesso, lo consideriamo un talismano, un banco dei pegni, al quale dire una preghierina con la speranza di ottenere tutto e subito.
Crediamo di valere solo in base a quello che abbiamo, alla posizione sociale, al nostro aspetto fisico, ma forse questo è vero solo perché anche noi giudichiamo gli altri da questo.
Agli occhi del Signore invece contano le nostre piccole opere buone, la nostra mano tesa verso i fratelli più bisognosi, il nostro amore per lui, per la nostra famiglia; l’amore che riusciamo a dare è più importante di tutto quello che possiamo avere.
Nella vita passiamo molti esami, qualcuno riusciamo anche a truccarlo, con l’aiuto di altri uomini corruttibili…. ma quando passeremo il nostro ultimo esame, non potremo barare, ne comperarne l’ esito.
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Comentario: Rev. D. Carles ELÍAS i Cao
(Barcelona, Spagna)

Oggi, Gesù ci dice: « Non potete servire a Dio e a mammona» (Mt 6,24). Con queste parole ci mette di fronte alla nostra insicurezza che cerchiamo di mascherare con l'appoggio della tranquillità dell'avere non solo il necessario ma anche quello che ci piace, e ciò ci porta a sciupare e a sperperare.

«Che l'ascolti l'avaro; che l'ascolti chi pensa che, chiamandosi cristiano, può servire contemporaneamente la ricchezza e a Cristo. Tuttavia non disse: colui che ha ricchezze, ma chi serve le ricchezze; chi è schiavo della ricchezze e la conserva come uno schiavo; ma chi ha scosso il giogo della schiavitù, le distribuisce quale signore» (San Gerolamo).

Come nelle beatitudini —o in un altro passaggio importante, come quello del comandamento nuovo (cf. Jn 13,34-35)—, oggi il Signore ci invita ad una decisione per la fiducia illimitata in un Padre che ci si dona come provvidenza, per la ricerca del Regno di giustizia, di pace e di gioia per un'autentica povertà interiore dell'anima, che si contorce frequentemente con “con gemiti inesprimibili” (cf. Rom 8,26) verso Colui che solamente può saziare il nostro cuore di pienezza e di eternità. Da questo distacco, da questa incertezza assunta coscientemente, depositiamo tutta la nostra speranza nel seguire Cristo.

Lasciando il passato nel perdono di Dio e scacciando paure e preoccupazioni per un futuro che non è ancora arrivato, Gesù ci invita a vivere il giorno “d’oggi” che è l'unico che abbiamo adesso. Ed in quest’ “oggi” Egli ci si offre come pane che accompagna il giorno. «Solo il presente ci appartiene, giacchè è incerta la speranza del futuro (...). Ad ogni giorno gli è sufficiente la propria malizia. Perché preoccuparci del domani?» (San Gregorio di Nissa).

giovedì 21 giugno 2018

(Mt 6,19-23) Dov’è il tuo tesoro, là sarà anche il tuo cuore.

VANGELO DI VENERDI 22 GIUGNO 2018.

Giorno liturgico: Venerdì, XI settimana del Tempo Ordinario

Testo del Vangelo (Mt 6,19-23): In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Non accumulate per voi tesori sulla terra, dove tarma e ruggine consumano e dove ladri scassìnano e rubano; accumulate invece per voi tesori in cielo, dove né tarma né ruggine consumano e dove ladri non scassìnano e non rubano. Perché, dov’è il tuo tesoro, là sarà anche il tuo cuore.» La lampada del corpo è l’occhio; perciò, se il tuo occhio è semplice, tutto il tuo corpo sarà luminoso; ma se il tuo occhio è cattivo, tutto il tuo corpo sarà tenebroso. Se dunque la luce che è in te è tenebra, quanto grande sarà la tenebra!».



RIFLESSIONE DI LELLA

PREGHIERA: Vieni o Santo Spirito, a parlare con noi di Gesù e di quello che viene ad insegnarci sulla terra, perché a Te affidò noi uomini.

Creati liberi, ci siamo ridotti in schiavitù di tutto e di tutti! Continuiamo a cercare il benessere del corpo, la bellezza, la sensualità, assecondando i nostri desideri, anche a scapito degli altri.
Se almeno questo ci desse la felicità!
Invece no, anzi, più abbiamo e più desideriamo altro, siamo degli eterni insoddisfatti.
Guai poi se perdiamo qualcosa che pensiamo ci spetti di diritto....
In questa pagina del Vangelo c’è una sfida che possiamo e dobbiamo vincere; lasciare la cupidigia e l’egoismo per tornare ad essere liberi, per riuscire a vedere la bellezza del mondo, attraverso la nostra anima, con la luce dell’amore di Dio.
Solo allora riusciremo ad essere felici, quando ci svuoteremo delle cose del mondo e ci riempiremo delle cose di Dio.
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Comentario: Rev. D. Lluís RAVENTÓS i Artés
(Tarragona, Spagna)

Oggi, il Signore ci dice che «La lucerna del corpo è l'occhio» (Mt 6,22). Santo Tommaso interpreta che con questo —parlando dell'occhio— Gesù si riferisce all´intenzione dell'uomo. Quando l'intenzione è retta, chiara, incamminata verso Dio, tutte le nostre azioni sono lucenti, splendenti; ma quando l'intenzione non è retta, com’è grande l'oscurità! (cf. Mt 6,23).

La nostra intenzione può essere non troppo retta, per malizia, per malvagità, ma più frequentemente è per mancanza di buon senso. Viviamo come se fossimo venuti sulla terra per ammucchiare ricchezze e non abbiamo in testa nessun altro pensiero. Guadagnare soldi, comprare, disporre, possedere. Vogliamo attrarre l'ammirazione degli altri o forse l'invidia. Ci inganniamo, soffriamo, ci addossiamo preoccupazioni e dispiaceri e non troviamo la felicità desiderata. Gesù ci fa un'altra proposta: «accumulatevi invece tesori nel cielo, dove né tignola né ruggine consumano, e dove ladri non scassinano e non rubano» (Mt 6,20). Il Cielo è il granaio delle buone azioni. Questo sì che è un tesoro per sempre.

Siamo sinceri con noi stessi. In che cosa impieghiamo i nostri sforzi? Quali sono le nostre inquietudini? Certamente è proprio di un buon cristiano lo studio ed il lavoro onesto per aprirsi passo nel mondo, per portare avanti la famiglia, assicurare il futuro dei suoi e la tranquillità della vecchiaia; magari, per lavorare pure per il desiderio di aiutare gli altri... Sì, tutto questo è proprio di un buon cristiano. Ma se quello che tu cerchi è possedere sempre di più, mettendo il cuore in queste ricchezze, dimenticando le buone azioni, dimenticando che in questo mondo siamo di passaggio, che la nostra vita è un'ombra che passa, non è vero, allora, che abbiamo gli occhi offuscati? E se il buon senso si offusca, «quanto grande sarà la tenebra!» (Mt 6,23).

mercoledì 20 giugno 2018

(Mt 6,7-15) Voi dunque pregate così.

VANGELO DI GIOVEDI 21 GIUGNO 2018.

Giorno liturgico: Giovedì, XI settimana del Tempo Ordinario

Testo del Vangelo (Mt 6,7-15): In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Pregando, non sprecate parole come i pagani: essi credono di venire ascoltati a forza di parole. Non siate dunque come loro, perché il Padre vostro sa di quali cose avete bisogno prima ancora che gliele chiediate.» Voi dunque pregate così: 'Padre nostro che sei nei cieli, sia santificato il tuo nome, venga il tuo regno, sia fatta la tua volontà, come in cielo così in terra. Dacci oggi il nostro pane quotidiano, e rimetti a noi i nostri debiti come anche noi li rimettiamo ai nostri debitori, e non abbandonarci alla tentazione, ma liberaci dal male'. Se voi infatti perdonerete agli altri le loro colpe, il Padre vostro che è nei cieli perdonerà anche a voi; ma se voi non perdonerete agli altri, neppure il Padre vostro perdonerà le vostre colpe».





RIFLESSIONE DI LELLA

PREGHIERA: Vieni o Santo Spirito e guidami per capire le meravigliose parole di Gesù.

Credo che sul Padre Nostro, la preghiera che Gesù ci ha insegnato, si sia detto e spiegato tutto; quindi non mi soffermerò ancora una volta a riflettere sulle parole della preghiera, ma cercherò di trovare il senso che ha questo discorso di Gesù, aiutata dalle indicazioni che la Chiesa ci da, unendo questa lettura alle altre di oggi. Perchè la preghiera sia efficace, non servono le parole, ma quanto ci lasciamo trasformare dalla preghiera stessa. Le parole possono essere anche belle, ma vane se non sono accompagnate da intenzioni sincere e dal desiderio di un vero colloquio, senza finzioni, con il nostro Dio. Nessun cammino porta lontano se gira intorno a se stesso; infatti a volte parliamo di amore, ma non riusciamo ad amare; parliamo di perdono, ma non proviamo neanche a perdonare. Nelle parole che Gesù ci insegna è scritta la nostra salvezza o la nostra condonna, perchè senza giri di parole ci dice : -Se voi infatti perdonerete agli altri le loro colpe, il Padre vostro che è nei cieli perdonerà anche a voi; ma se voi non perdonerete agli altri, neppure il Padre vostro perdonerà le vostre colpe.- Quindi non sprechiamo parole, ma cerchiamo di disporre prima tutto perchè le nostre parole possano essere prese sul serio da Dio. Il perdono che desideriamo per noi, dobbiamo desiderarlo anche per i fratelli, perchè, per quanto possiamo fare, è comunque un perdono al quale non avremmo diritto, ma che ci viene concesso per la grande misericordia del nostro Padre. Un bel fioretto sarebbe imparare a non giudicare e non condannare nessuno, ma dire una preghiera per chiedere perdono per coloro che sono lontani “secondo noi” dal cammino di conversione, tenendo presente che noi per primi, siamo ancora in cammino, e purtroppo, spesso giriamo a vuoto.
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Comentario: Rev. D. Joan MARQUÉS i Suriñach
(Vilamarí, Girona, Spagna)

Oggi, Gesù ci propone un ideale grande e difficile: perdonare le offese. E stabilisce una misura molto ragionevole: la nostra: «Se voi infatti perdonerete agli uomini le loro colpe, il Padre vostro celeste perdonerà anche a voi; se voi non perdonerete agli uomini, neppure il Padre vostro perdonerà le vostre colpe» (Mt 6,14-15). In altre parole dimostrava la regola d’oro della convivenza umana: «Tutto quanto volete che gli uomini facciano a voi, anche voi fatelo a loro» (Mt 7,12).

Desideriamo che Dio ci perdoni e che anche gli altri lo facciano; però noi siamo restii a farlo. Costa chiedere perdono; però non darlo costa ancora di più. Se fossimo veramente umili, non sarebbe così difficile; però l’orgoglio ce lo rende laborioso. Per questo possiamo stabilire la seguente equazione: a maggiore umiltà, maggior facilità; a maggior orgoglio, maggior difficoltà. Questo ti darà una pista per conoscere il tuo grado di umiltà.

Terminata la guerra civile spagnola (anno 1939), dei sacerdoti liberati celebrarono una Messa di ringraziamento nella chiesa di Els Omells. Il celebrante, dopo le parole del Padre nostro «rimetti a noi i nostri debiti» si fermò senza poter continuare. Non era nello stato d’animo di poter perdonare a quelli che lo avevano fatto soffrire tanto in quello stesso campo di lavori forzati. Trascorsi vari secondi, in un silenzio che si poteva tagliare, riprese la preghiera: «come anche noi li rimettiamo ai nostri debitori». Più tardi si chiesero quale fosse stata la miglior omelia. Tutti furono d’accordo: quella del silenzio del celebrante quando recitava il Padre nostro. Costa, però è possibile con l’aiuto del Signore.

Per di più, il perdono che Dio ci da è totale, arriva fino alla dimenticanza. Trascuriamo in fretta i favori, però le offese... Se i matrimoni le potessero dimenticare, si eviterebbero e si potrebbero risolvere molti drammi familiari.

Che la Madre di misericordia ci aiuti a comprendere agli altri ed a perdonarli generosamente.