giovedì 23 novembre 2017

(Lc 19,45-48) Avete fatto della casa di Dio un covo di ladri.

VANGELO
(Lc 19,45-48) Avete fatto della casa di Dio un covo di ladri.
+ Dal Vangelo secondo Luca
In quel tempo, Gesù, entrato nel tempio, si mise a scacciare quelli che vendevano, dicendo loro: «Sta scritto: “La mia casa sarà casa di preghiera”. Voi invece ne avete fatto un covo di ladri».
Ogni giorno insegnava nel tempio. I capi dei sacerdoti e gli scribi cercavano di farlo morire e così anche i capi del popolo; ma non sapevano che cosa fare, perché tutto il popolo pendeva dalle sue labbra nell’ascoltarlo.
Parola del Signore 



COMMENTO DI:

P. Josep LAPLANA OSB Monje de Montserrat
(Montserrat, Barcelona, Spagna)
Oggi, il gesto di Gesù è profetico. Alla maniera degli antichi profeti, realizza un’azione simbolica, piena di significato con vista al futuro. Nel cacciare dal tempio i mercanti che vendevano le vittime destinate a servire come offerta e nell’evocare che «il mio tempio si chiamerà casa di preghiera» (Is 56,7), Gesù annunciava la nuova situazione che Lui veniva a istituire, nella quale i sacrifici di animali non avevano più spazio. San Giovanni definirà la nuova relazione cultuale come una «adorazione al Padre in Spirito e verità» (Gn 4,24). La figura deve lasciar posto alla realtà. San Tommaso d’Aquino diceva poeticamente: “Et antiquum documentum / novo cedat ritui” (che l’Antico Testamento ceda il posto al Nuovo Rito).
Il Nuovo Rito è la parola di Gesù. Per questo, San Luca ha collegato la scena della purificazione del tempio con la presentazione di Gesù predicando in esso ogni giorno. Il nuovo rito si centra nella preghiera e nell’ ascolto della Parola di Dio. Ma, in realtà, il centro del centro dell’istituzione cristiana è la stessa persona viva di Gesù, con la sua carne consegnata e il suo sangue versato sulla croce offerti nella Eucaristia. Anche questo San Tommaso rimarca religiosamente: “Recumbens cum fratibus (...) se dat suis manibus” (seduto a cena con i fratelli (...) dà se stesso con le proprie mani).
Nel Nuovo Testamento iniziato da Gesù non sono più necessari i buoi ne i venditori di agnelli. Lo stesso che «tutto il popolo pendeva dalle sue labbra nell’ascoltarlo» (Lc 19,48), noi non dobbiamo andare al tempio a sacrificare delle vittime, bensì a ricevere Gesù, autentico agnello immolato offerto per noi una volta per tutte (cf. Eb 7,27), e ad unire la nostra vita con la sua.
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LA MIA RIFLESSIONE
PREGHIERA
Vieni o Santo Spirito e guidaci verso la luce della parola.
La mia casa sarà casa di preghiera....
Quanto vorremmo che veramente la casa di Dio fosse solo preghiera, perché allora si che vedremmo ciò che opera Dio,ma siamo troppo indaffarati a mercanteggiare, e difficilmente impareremo a non farlo anche con le preghiere, che troppo spesso sono di richiesta e sempre meno di lode e ringraziamento.

mercoledì 22 novembre 2017

(Lc 19,41-44) Se avessi compreso quello che porta alla pace!

VANGELO
(Lc 19,41-44) Se avessi compreso quello che porta alla pace!
+ Dal Vangelo secondo Luca
In quel tempo, Gesù, quando fu vicino a Gerusalemme, alla vista della città pianse su di essa dicendo:
«Se avessi compreso anche tu, in questo giorno, quello che porta alla pace! Ma ora è stato nascosto ai tuoi occhi.
Per te verranno giorni in cui i tuoi nemici ti circonderanno di trincee, ti assedieranno e ti stringeranno da ogni parte; distruggeranno te e i tuoi figli dentro di te e non lasceranno in te pietra su pietra, perché non hai riconosciuto il tempo in cui sei stata visitata».
Parola del Signore






LA MIA RIFLESSIONE
PREGHIERA
Vieni o Spirito di Dio, e illumina il mio cuore e la mia mente, fa che la parola del Signore sia presente in tutto il suo significato, come tu vuoi. Per Cristo nostro Signore.
Quanta tristezza nel cuore di Gesù, quanto dolore, vedersi rifiutato, vedere che è tutto inutile, che non riesce ad entrare nel cuore degli uomini ed in particolar modo, in quelli del tempio, lo riempie d’angoscia. Non capiscono che non sarà nel tempio costituito tra le mura di Gerusalemme che troveranno la salvezza, perché, come tutto ciò che è materiale, sarà distrutto, ma in quello che sarà costituito dal suo corpo offerto sulla croce che non sarà mai distrutto, ma risorgerà dopo la morte.
Essere membra di quel corpo, vuol dire vivere con il Signore anche questa sofferenza per i fratelli che sì perdono, che si oppongono a Lui, che non riescono a vivere la salvezza che da Dio c’è proposta.
Non è rifugiandosi in una chiesa di mattoni che ci salveremo, ma vivendo in comunione con Cristo e con tutti i fratelli. Questo dobbiamo tenerlo presente, sempre, perché troppo spesso vediamo atteggiamenti di chiusura alla comprensione e alla carità, proprio da quelle persone che frequentano assiduamente il tempio e che invece di servire la comunità, amano essere considerati importanti, e questo è sintomo di estrema superbia.
Certi integralismi degli uomini, hanno allontanato i fedeli a loro affidati, come pecore ai pastori, dal cuore di Dio e non per rispetto al nome del Signore, ma per non voler perdere il potere e non saper vedere con quanto amore Dio è sceso tra i suoi figli e non sentire quanta e quale misericordia c’è nelle parole di Gesù che grazie alla sua Chiesa ci sono state riferite dagli evangelisti.
Mi sembra di leggere questa grande amarezza nel cuore di Gesù, quella di chi parla d’amore, cerca di salvarci e riceve solo ingiurie e ostilità, perché sembra quasi che noi uomini di tutti i tempi, non riusciamo a capire che in quello che il Signore ci dice, non c’è un desiderio di sottometterci al suo nome, ma di elevarci nel suo Spirito.
Senza di Lui noi siamo preda del nostro nemico, che ci può distruggere e solo con Gesù potremo salvarci, col suo aiuto. Ho spesso davanti agli occhi la scena dei due ladroni crocefissi accanto a Gesù, quello che rifiuta fino alla fine di riconoscere in Cristo il figlio di Dio e muore da solo e quello che salva la sua vita morendo con lui e dicendo semplicemente, ricordati di me, quando sarai in paradiso.
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COMMENTO DI:

Rev. D. Blas RUIZ i López
(Ascó, Tarragona, Spagna)
Oggi, l’immagine che ci presenta il Vangelo è quella di un Gesù che «pianse» (Lc 19,41) per la sorte della città eletta, che non ha riconosciuto la presenza del suo Salvatore. Conoscendo le notizie che si son avute negli ultimi tempi, ci risulterebbe facile applicare questo lamento per la città che è, allo stesso tempo santa e motivo di divisioni.
Ma, guardando più avanti, possiamo identificare questa Gerusalemme con il popolo eletto, che è la Chiesa, e –per estensione- con il mondo in cui questa deve compiere la sua missione. Così facendo, ci troveremo davanti a una comunità che, sebbene abbia raggiunto quote altissime nel campo della tecnologia e della scienza, geme e piange, perché vive circondata dall’egoismo dei suoi membri, perché ha alzato attorno a sé le mura della violenza e del disordine morale, perché scaraventa a terra i suoi figli, trascinandoli con le catene di un individualismo disumanizzante. Infine, quello che troviamo è un popolo che non ha saputo riconoscere il Dio che la visita (cf. Lc 19,44).
Tuttavia, noialtri cristiani non possiamo fermarci alle semplici lagnanze, non dobbiamo essere profeti di sventure, ma uomini di speranza. Conosciamo il finale della storia, sappiamo che Cristo ha fatto cadere le mura e ha rotto le catene: le lacrime che verte in questo Vangelo prefigurano il sangue con cui ci ha salvati.
Di fatto, Gesù è presente nella sua Chiesa, specialmente per mezzo di quelli che sono i più bisognosi. Dobbiamo riconoscere questa presenza per capire la tenerezza che Cristo ha verso di noi: è così eccelso il suo amore, ci dice sant’Ambrogio, che Lui si è fatto piccolo ed umile affinché noi possiamo diventare grandi; Lui si è lasciato stringere tra le fasciature di un bambino comune, perché noi siamo liberati dai lacci del peccato; Lui si è lasciato inchiodare sulla croce, perché noi possiamo essere enumerati tra le stelle del cielo...Perciò, dobbiamo essere riconoscenti verso Dio, e scoprire presente tra noi Colui che ci visita e ci salva.

martedì 21 novembre 2017

(Lc 19,11-28) Perché non hai consegnato il mio denaro a una banca?

VANGELO
(Lc 19,11-28) Perché non hai consegnato il mio denaro a una banca?
+ Dal Vangelo secondo Luca
In quel tempo, Gesù disse una parabola, perché era vicino a Gerusalemme ed essi pensavano che il regno di Dio dovesse manifestarsi da un momento all’altro. Disse dunque: «Un uomo di nobile famiglia partì per un paese lontano, per ricevere il titolo di re e poi ritornare. Chiamati dieci dei suoi servi, consegnò loro dieci monete d’oro, dicendo: “Fatele fruttare fino al mio ritorno”. Ma i suoi cittadini lo odiavano e mandarono dietro di lui una delegazione a dire: “Non vogliamo che costui venga a regnare su di noi”. Dopo aver ricevuto il titolo di re, egli ritornò e fece chiamare quei servi a cui aveva consegnato il denaro, per sapere quanto ciascuno avesse guadagnato. Si presentò il primo e disse: “Signore, la tua moneta d’oro ne ha fruttate dieci”. Gli disse: “Bene, servo buono! Poiché ti sei mostrato fedele nel poco, ricevi il potere sopra dieci città”. Poi si presentò il secondo e disse: “Signore, la tua moneta d’oro ne ha fruttate cinque”. Anche a questo disse: “Tu pure sarai a capo di cinque città”. Venne poi anche un altro e disse: “Signore, ecco la tua moneta d’oro, che ho tenuto nascosta in un fazzoletto; avevo paura di te, che sei un uomo severo: prendi quello che non hai messo in deposito e mieti quello che non hai seminato”. Gli rispose: “Dalle tue stesse parole ti giudico, servo malvagio! Sapevi che sono un uomo severo, che prendo quello che non ho messo in deposito e mieto quello che non ho seminato: perché allora non hai consegnato il mio denaro a una banca? Al mio ritorno l’avrei riscosso con gli interessi”. Disse poi ai presenti: “Toglietegli la moneta d’oro e datela a colui che ne ha dieci”. Gli risposero: “Signore, ne ha già dieci!”. “Io vi dico: A chi ha, sarà dato; invece a chi non ha, sarà tolto anche quello che ha. E quei miei nemici, che non volevano che io diventassi loro re, conduceteli qui e uccideteli davanti a me”».
Dette queste cose, Gesù camminava davanti a tutti salendo verso Gerusalemme.
Parola del Signore.





LA MIA RIFLESSIONE
PREGHIERA
Vieni o Spirito di Dio e illumina la mia mente, metti la tua sapienza al mio servizio, perché io possa servirti.
Prima di tutto, dobbiamo considerare che i talenti che il Signore ci mette a disposizione, a volte non sono così chiari neanche a noi stessi, infatti, spesso facciamo della nostra vita un groviglio di cose senza senso, commettendo errori che ci portano a perdere gran parte del nostro tempo a rimpiangere quello che abbiamo perduto ed a commiserarci o arrabbiarci per quello che non abbiamo. Cominciamo a capire qualcosa sempre troppo tardi, e ad apprezzarci per quello che siamo, solo se ci guardiamo con gli occhi di chi ci apprezza per le nostre doti, ma spesso sono falsi apprezzamenti, rispetto a false doti. Quello che invece in questa parabola si vuole rilevare, è l’aspetto cristiano della cosa, quello che ci fa considerare, anche con nostro estremo disappunto, che noi non siamo niente e non abbiamo niente senza il nostro Dio.
Diamo per scontato che quello che abbiamo è nostro, che ci appartiene, ma non è vero, è tutto dono di Dio, perché la vita stessa è dono. Nella parabola dopo aver distribuito i doni, il nobile parte e lascia i suoi servi da soli per tornare ad esprimere il suo giudizio.
Ci chiediamo perché ad ognuno doni diversi; perché a chi più e a chi meno, ma nessuno di noi fa quella che è l’unica cosa giusta da fare: guardare al nostro dono. Vedere di far crescere quel seme che il Signore ha messo nel nostro cuore, semplicemente cercando di svilupparlo così come facciamo con tutti i nostri sensi, con tutta la nostra persona.
Impariamo ad usare la parola, ma non tutto quello che diciamo è uguale, e nessuno se ne meraviglia. Abbiamo la vista e sappiamo grazie a questa leggere, ma non tutti sappiamo leggere nello stesso modo.
Pochi giorni fa leggevo la storia di un grande attore che fu chiamato a leggere una pagina del vangelo e la lesse in modo perfetto, fermandosi nei punti giusti, con la giusta intonazione, ma quando toccò al piccolo prete di campagna, alla gente che ascoltava, quella pagina non riempì solo le orecchie, ma il cuore e i sentimenti vibrarono come corde di violino….
Il piccolo seme di figlio di Dio cresce in noi, cerchiamo di non farlo avvizzire, di non farlo soffocare dalla gramigna, cerchiamo di mettere tutto nelle mani di Dio, cominciando dalla nostra vita, saprà lui come farla fruttare.
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COMMENTO DI:
P. Pere SUÑER i Puig SJ
(Barcelona, Spagna)
Oggi, il Vangelo ci propone la parabola delle mine: una quantità di denaro che quel nobile distribuì tra i suoi servi, prima di partire per un paese lontano. Anzitutto consideriamo l’occasione che provoca la parabola di Gesù. Egli andava “salendo” a Gerusalemme, dove lo aspettavano la Passione e la Risurrezione. I discepoli «Mentre essi stavano ad ascoltare queste cose, disse ancora una parabola, perché era vicino a Gerusalemme ed essi pensavano che il regno di Dio dovesse manifestarsi da un momento all’altro» (Lc 19,11). Ed è in queste circonstanze quando Gesù propone questa parabola. Con essa, Gesù ci insegna che dobbiamo far fruttificare i doni e le qualità che Egli ci ha dato. Non sono “nostri” quindi non possiamo fare tutto ciò che vogliamo. Egli ce li ha lasciati per farli fruttificare. Quelli che hanno fatto fruttare le mine —più o meno— sono lodati e premiati per il suo Signore. É il servo pigro, che mise i soldi da parte in un fazzoletto senza farlo rendere, è colui che è rimproverato e condannato:
Il Cristiano, dunque deve aspettare —È chiaro!— il ritorno del suo Signore, Gesù. Però con due condizioni, se si vuole che l’incontro sia amichevole, la prima è allontanare la curiosità malsana di voler sapere l’ora del solenne e vittorioso ritorno del Signore. Verrà, disse in un altro momento, quando meno lo pensiamo. Via per tanto le speculazioni su questo! Aspettiamo con speranza, però in un’attesa fiduciosa senza curiosità malsana. La seconda è di non perdere il tempo. L’attesa dell’incontro e della fine gioiosa non può essere una scusa per non prenderci sul serio il presente. Precisamente, perché la gioia e il piacere dell’incontro finale sarà tanto migliore quanto maggiore sia l’ apporto che ognuno abbia messo per la causa del regno nella vita presente.
Non manca, neanche qui, la grave avvertenza di Gesù a quelli che si ribellano contro di Lui: «E quei miei nemici, che non volevano che io diventassi loro re, conduceteli qui e uccideteli davanti a me» (Lc 19,27).

lunedì 20 novembre 2017

(Lc 19,1-10) Il Figlio dell’uomo era venuto a cercare e a salvare ciò che era perduto.

VANGELO
(Lc 19,1-10) Il Figlio dell’uomo era venuto a cercare e a salvare ciò che era perduto.
+ Dal Vangelo secondo Luca


In quel tempo, Gesù entrò nella città di Gèrico e la stava attraversando, quand’ecco un uomo, di nome Zacchèo, capo dei pubblicani e ricco, cercava di vedere chi era Gesù, ma non gli riusciva a causa della folla, perché era piccolo di statura. Allora corse avanti e, per riuscire a vederlo, salì su un sicomòro, perché doveva passare di là.
Quando giunse sul luogo, Gesù alzò lo sguardo e gli disse: «Zacchèo, scendi subito, perché oggi devo fermarmi a casa tua». Scese in fretta e lo accolse pieno di gioia. Vedendo ciò, tutti mormoravano: «È entrato in casa di un peccatore!».
Ma Zacchèo, alzatosi, disse al Signore: «Ecco, Signore, io do la metà di ciò che possiedo ai poveri e, se ho rubato a qualcuno, restituisco quattro volte tanto».
Gesù gli rispose: «Oggi per questa casa è venuta la salvezza, perché anch’egli è figlio di Abramo. Il Figlio dell’uomo infatti è venuto a cercare e a salvare ciò che era perduto».


Parola del Signore.


COMMENTO DI:


Rev. D. Enric RIBAS i Baciana
(Barcelona, Spagna)
Oggi, Zaccheo sono io. Questo personaggio era ricco e capo di pubblicani; io ho più di quanto abbia bisogno e forse molte volte agisco come un pubblicano e mi dimentico di Cristo. Gesù, nella moltitudine, cerca Zaccheo; oggi, in mezzo a questo mondo, cerca precisamente me: «Scendi subito, perché oggi devo fermarmi a casa tua» (Lc 19,5).
Zaccheo desidera vedere Gesù; non ci riuscirà se non si sforza e sale sull’albero. Tante volte vorrei anch'io vedere l’azione di Dio, ma non so se sono veramente disposto a cadere nella ridicolaggine agendo come Zaccheo. La disposizione del capo dei pubblicani di Gerico è necessaria perché Gesù possa agire; e se non si affretta, forse perderà l’unica opportunità di essere toccato da Dio e così di salvarsi. Forse ho avuto molte opportunità di incontrarmi con Gesù e no ho avuto il coraggio, di uscire di casa, di incontrarLo e di invitarLo ad entrare dentro di me, perché Lui possa dire anche di me: «Oggi per questa casa è venuta la salvezza, perché anch’egli è figlio di Abramo. Il Figlio dell’uomo infatti è venuto a cercare e a salvare ciò che era perduto» (Lc 19,9-10):
Zaccheo lascia entrare Gesù in casa sua e nel suo cuore, sebbene non si senta troppo degno di tale visita. In lui, la conversione è totale: comincia con la rinuncia all’ambizione delle ricchezze, prosegue con il proposito di dividere i suoi beni e finisce determinando di fare giustizia, correggendo i peccati commessi. Forse Gesù mi sta chiedendo qualcosa di simile da molto tempo, io però non voglio ascoltarlo, faccio orecchie da mercante; ho bisogno di convertirmi.
Diceva san Massimo: «Non c’è nulla di più caro e piacevole a Dio come che gli uomini si convertano a Lui con un pentimento sincero». Che Lui mi aiuti oggi a farne una realtà.

domenica 19 novembre 2017

(Lc 18,35-43) Che cosa vuoi che io faccia per te? Signore, che io veda di nuovo!

VANGELO
(Lc 18,35-43) Che cosa vuoi che io faccia per te? Signore, che io veda di nuovo!
+ Dal Vangelo secondo Luca
Mentre Gesù si avvicinava a Gèrico, un cieco era seduto lungo la strada a mendicare. Sentendo passare la gente, domandò che cosa accadesse. Gli annunciarono: «Passa Gesù, il Nazareno!».
Allora gridò dicendo: «Gesù, figlio di Davide, abbi pietà di me!». Quelli che camminavano avanti lo rimproveravano perché tacesse; ma egli gridava ancora più forte: «Figlio di Davide, abbi pietà di me!».
Gesù allora si fermò e ordinò che lo conducessero da lui. Quando fu vicino, gli domandò: «Che cosa vuoi che io faccia per te?». Egli rispose: «Signore, che io veda di nuovo!». E Gesù gli disse: «Abbi di nuovo la vista! La tua fede ti ha salvato».
Subito ci vide di nuovo e cominciò a seguirlo glorificando Dio. E tutto il popolo, vedendo, diede lode a Dio.
Parola del Signore.



LA MIA RIFLESSIONE
PREGHIERA
O Dio che mi hai voluto in questo mondo, per partecipare alla vita, fa che io possa sempre camminare al tuo fianco e che mi lasci condurre sempre e solo dal Tuo Santo Spirito. Per Cristo nostro Signore. Amen.
Voglio seguirti Signore, dammi la mano, guidami se io sono cieca, fa che io sappia sempre riconoscere la tua mano che mi guida e non mi lasci condurre da chi mi tira da tutte le parti.
Spesso siamo costretti a gridare: dove sei Signore? Vieni a salvarmi, perché ci sembra che Dio ci perda di vista, ma siamo noi che non riusciamo a vederlo, noi che passiamo sotto alla croce come se la cosa non ci riguardasse; noi che non vogliamo condividere il dolore, ma solo la gloria.
Eppure la gloria passa dalla croce e, se io sono così fortunata di sentire che la mia è leggera, voglio gridare ancora Gesù, per la croce di quei fratelli che sembrano soccombere sotto al suo peso.
Siamo ciechi se siamo insensibili al dolore dei fratelli, se non sappiamo aiutare chi si sta facendo trascinare verso la perdizione.
Essere cristiano, vuol dire essere corpo di Cristo, non mi stancherò mai di ripeterlo, quindi tutti siamo indispensabili gli uni agli altri, per far vivere questo corpo, e tutti dobbiamo fare la nostra parte, come se fossimo dei piccoli medici che sanano le parti ferite e la medicina è la nostra preghiera, che se urlata con la voce del cuore, arriverà al Signore.
Amiamo fratelli, amiamo chi è lontano, chi sbaglia, chi non sa perdonare, chi ha il cuore ferito, chi non conosce il Signore! Amiamo e chiediamo al Signore di donare anche a loro la fede; amiamo e con amore sincero andiamo controcorrente e cerchiamo di combattere contro l’ indifferenza, di saper aiutare nel bisogno i fratelli invece di mettere a tacere la nostra coscienza, cerchiamo di saper ascoltare più che parlare, cerchiamo di sentirci tutti parte dello stesso corpo.
Ascoltiamo ed ascoltiamoci, cerchiamo dentro di noi le nostre paure, le nostre incertezze, la nostra piccola fede che urla, aiutami Signore!
Fa che io veda le mie infermità, che io riconosca la mia piccolezza, perché è nella mia superbia che io divento piccola; nella mia mancanza d' amore che divento egoista; nella mia inquietudine che ti cerco; nella rabbia che ti perdo; nell'orgoglio che ti rifiuto.
Fa questo per me Signore mio, fa che io veda !
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COMMENTO DI:
Rev. D. Antoni CAROL i Hostench
(Sant Cugat del Vallès, Barcelona, Spagna)
Oggi, il cieco Bartimeo (cf. Mc 10,46) ci offre una lezione di fede, espressa con franca sincerità davanti a Cristo. Quante volte ci converrebbe ripetere la stessa esclamazione di Bartimeo!: «Gesù, Figlio di Davide, abbi pietà di me!» (Lc 18-37). É così utile per la nostra anima sentirci indigenti! Il fatto è, che lo siamo e che, sfortunatamente, poche volte lo riconosciamo davvero e... naturalmente, ricadiamo nella ridicolaggine. Così ci avverte san Paolo: «Che cosa possiedi che tu non l’abbia ricevuto? E se l’hai ricevuto perché te ne vanti come se non l’avessi ricevuto?» (1Cor 4,7).
Bartimeo non ha vergogna di sentirsi com’è. In non poche occasioni, la società, la cultura di quello che è “politicamente corretto”, vorrà farci tacere; con Bartimeo non ci riuscirono. Lui non cedette. Nonostante che «lo rimproveravano perché tacesse, (...) lui gridava ancora più forte: “Figlio di Davide, abbi pietà di me!» (Lc 18,39). Che meraviglia! Vien voglia di dire: -Grazie, Bartimeo, per questo esempio!
Vale la pena di fare come lui, perché Gesù ascolta. E ascolta sempre, nonostante la baldoria che alcuni organizzino attorno a noi! La fiducia semplice (naturale) –senza sottigliezze- di Bartimeo disarma Gesù e gli ruba il cuore: «ordinò che lo conducessero e (...) gli domandò: ”Che cosa vuoi che io faccia per te?» (Lc 18,40-41). Dinnanzi a una fede così grande, Gesù, senza perifrasi, e . . . Bartimeo neppure: «Signore, che io veda di nuovo!» (Lc 18,40-41). Detto e fatto: «Abbi di nuovo la tua vista! La tua fede ti ha salvato» (Lc18,42). Perché « la fede se è forte, difende tutta la casa» (sant’Ambrogio), cioè tutto gli è possibile.
Lui è tutto; Egli ci da tutto. Allora cos'altro possiamo fare davanti a Lui se non darGli una risposta di fede? E questa “risposta di fede” significa “lasciarsi trovare” da questo Dio che, -mosso dal suo affetto di Padre- ci cerca da sempre. Dio non ci si impone, ma passa frequentemente molto vicino a noi: impariamo la lezione di Bartimeo e... non lasciamola passare inavvertitamente!

sabato 18 novembre 2017

(Mt 25,14-30) Sei stato fedele nel poco, prendi parte alla gioia del tuo padrone.

VANGELO 

(Mt 25,14-30) Sei stato fedele nel poco, prendi parte alla gioia del tuo padrone. 


+ Dal Vangelo secondo Matteo
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli questa parabola: «Avverrà come a un uomo che, partendo per un viaggio, chiamò i suoi servi e consegnò loro i suoi beni. A uno diede cinque talenti, a un altro due, a un altro uno, secondo le capacità di ciascuno; poi partì. Subito colui che aveva ricevuto cinque talenti andò a impiegarli, e ne guadagnò altri cinque. Così anche quello che ne aveva ricevuti due, ne guadagnò altri due. Colui invece che aveva ricevuto un solo talento, andò a fare una buca nel terreno e vi nascose il denaro del suo padrone. Dopo molto tempo il padrone di quei servi tornò e volle regolare i conti con loro. Si presentò colui che aveva ricevuto cinque talenti e ne portò altri cinque, dicendo: “Signore, mi hai consegnato cinque talenti; ecco, ne ho guadagnati altri cinque”. “Bene, servo buono e fedele – gli disse il suo padrone –, sei stato fedele nel poco, ti darò potere su molto; prendi parte alla gioia del tuo padrone”. Si presentò poi colui che aveva ricevuto due talenti e disse: “Signore, mi hai consegnato due talenti; ecco, ne ho guadagnati altri due”. “Bene, servo buono e fedele – gli disse il suo padrone –, sei stato fedele nel poco, ti darò potere su molto; prendi parte alla gioia del tuo padrone”. Si presentò infine anche colui che aveva ricevuto un solo talento e disse: “Signore, so che sei un uomo duro, che mieti dove non hai seminato e raccogli dove non hai sparso. Ho avuto paura e sono andato a nascondere il tuo talento sotto terra: ecco ciò che è tuo”. Il padrone gli rispose: “Servo malvagio e pigro, tu sapevi che mieto dove non ho seminato e raccolgo dove non ho sparso; avresti dovuto affidare il mio denaro ai banchieri e così, ritornando, avrei ritirato il mio con l’interesse. Toglietegli dunque il talento, e datelo a chi ha i dieci talenti. Perché a chiunque ha, verrà dato e sarà nell’abbondanza; ma a chi non ha, verrà tolto anche quello che ha. E il servo inutile gettatelo fuori nelle tenebre; là sarà pianto e stridore di denti”». 


Parola del Signore.




Commento di: P. Antoni POU OSB Monje de Montserrat 
(Montserrat, Barcelona, Spagna)
 
Oggi, Gesù ci narra un’altra parabola del giudizio. Ci avviciniamo alla festa dell’Avvento e, quindi , la fine dell’anno liturgico è vicina. Dio, donandoci la vita, ci ha consegnato anche delle possibilità –più piccole o più grandi- di sviluppo personale, etico e religioso. Non importa se uno ha molto o poco, l’importante è che si deve far fruttificare quello che abbiamo ricevuto. L’uomo della nostra parabola, che nasconde il suo talento per paura del padrone, non ha saputo arrischiarsi: «Colui invece che aveva ricevuto un solo talento, andò a fare una buca nel terreno e vi nascose il denaro del suo padrone» (Mt 25,18). Forse l’essenza della parabola potrebbe essere questo: dobbiamo avere il concetto di un Dio che ci anima ad uscire da noi stessi, che ci incoraggia a vivere la libertà per il Regno di Dio. La parola “talento” di questa parabola –che non è nient’altro che il peso equivalente alla quantità di 30 kg di argento- ha fatto tanta fortuna, che nel linguaggio popolare si usa per indicare le qualità di una persona. La parabola però non esclude che i talenti che ci ha dato Dio non siano soltanto le nostre possibilità, ma anche le nostre limitazioni. Ciò che siamo e ciò che abbiamo, è il materiale con il quale Dio vuole fare di noi una realtà nuova. La frase «a chiunque ha, verrà dato e sarà nell’abbondanza; ma a chi non ha, verrà tolto anche quello che ha» (Mt 25,29), non è, naturalmente, una sentenza per stimolare il consumo, soltanto si può capire a livello di amore e di generosità. Effettivamente, se corrispondiamo ai doni di Dio fidandoci del suo aiuto, allora sapremo che è Lui chi da l’aumento: «Le storie di tante persone semplici, gentili, alle quali la fede ha fatto buone, dimostrano che la fede produce effetti molto positivi (...). E, al contrario: dobbiamo anche notare che la società, con l’evaporazione della fede, si è tornata più dura... » (Benedetto XVI).

venerdì 17 novembre 2017

(Lc 18,1-8) Dio farà giustizia ai suoi eletti che gridano verso di lui.

VANGELO
(Lc 18,1-8) Dio farà giustizia ai suoi eletti che gridano verso di lui.
+ Dal Vangelo secondo Luca

In quel tempo, Gesù diceva ai suoi discepoli una parabola sulla necessità di pregare sempre, senza stancarsi mai:
«In una città viveva un giudice, che non temeva Dio né aveva riguardo per alcuno. In quella città c’era anche una vedova, che andava da lui e gli diceva: “Fammi giustizia contro il mio avversario”.
Per un po’ di tempo egli non volle; ma poi disse tra sé: “Anche se non temo Dio e non ho riguardo per alcuno, dato che questa vedova mi dà tanto fastidio, le farò giustizia perché non venga continuamente a importunarmi”».
E il Signore soggiunse: «Ascoltate ciò che dice il giudice disonesto. E Dio non farà forse giustizia ai suoi eletti, che gridano giorno e notte verso di lui? Li farà forse aspettare a lungo? Io vi dico che farà loro giustizia prontamente. Ma il Figlio dell’uomo, quando verrà, troverà la fede sulla terra?».
Parola del Signore.




RIFLESSIONE DI LELLA

PREGHIERA: Vieni o Spirito Santo e riempi il mio cuore della tua sapienza e dell’ amore di Dio, perché solo con questo amore nel cuore io posso leggere e capire i concetti che Gesù vuole esprimere con la sua parola.
 

- Un brano questo che mette in risalto l’ importanza di pregare sempre ed incessantemente; ma non di una preghiera fatta di parole ripetitive, ma che diventa vita in comune con Dio.
Ci sono tante “scuole di preghiera”, ma probabilmente la più alta è quella dello Spirito Santo, che dona a piene mani la gioia della preghiera a chi la invoca in continuazione.
La vedova chiede giustizia, questa piccola donna insiste presso il suo re, fino a che non ottiene di essere accontentata, ma non per amore o per pietà, solo per stanchezza. Se un re che non è misericordioso, ma disonesto, sa dare giustizia, quanta ne darà il nostro Padre celeste?
Nella prima lettura leggiamo una scena che ha quasi del comico, Mosè che alza le mani in preghiera e la sua gente vince, ma poi si stanca e i suoi soldati cominciano a perdere, allora, capendo quanto è importante nella lotta la preghiera a Dio, si siede e due uomini gli tengono le braccia alzate al cielo.
Che cosa è la preghiera? Perché con tanta insistenza c’è chiesta da Gesù? Forse gode nell’ essere adulato il nostro Dio? È quindi un Dio vanitoso? No, anzi tutto il contrario. È per noi che ci chiede di insistere nella preghiera, perché possa levigarci l’ anima e renderla piena della grazia di Dio, è per entrare e rimanere in noi che Gesù ci chiede di pregare continuamente, di fare della nostra vita preghiera.
Farci scavare dalla parola di Dio e dalla preghiera, farci scavare dei profondi solchi che Dio riempie del suo amore, perché noi gliene diamo la possibilità, perché vogliamo essere con Lui una cosa sola. Quando si sta con una persona che fa tutto per amore nostro, s’ impara ad amarla, e quest’ amore diventa reciproco; ma se noi trascuriamo di stare con chi ci ama, se lo ignoriamo, se lo facciamo soffrire con la nostra lontananza, non possiamo certo dire di amarlo.
Sempre meno fede nel mondo e sempre più egoismo, basta leggere i giornali e vediamo come la cattiveria e la stupidità umana ogni giorno toccano il limite, e si pensa che sia il massimo, ma poi un altro delitto ancora più orribile, un’altra strage, un’altra violenza…sembra che il male non abbia mai fine….E il bene dov’è? È qui silenzioso, in quella donna che assiste il marito invalido; in quel vecchio stanco che con le ossa doloranti va a prendere il nipotino a scuola ogni giorno; in quella moglie che stanca e imbruttita dalla miseria, prepara una cena frugale ma amorevole per il marito che torna sempre più amareggiato e che con un sorriso stanco la accarezza con gli occhi; è in quella figlia che assiste la mamma ammalata e i fratelli più piccoli senza mai lamentarsi; è in quel soldato che per portare la libertà ad una popolazione schiava dei prepotenti, vive lontano di casa, e spesso muore per gente che neanche conosce, ma che si sente cittadino del mondo. Quando tornerà come ci troverà? Dalla parte dei buoni o da quella dei cattivi?


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Comento di : 
Abbé Joan FARRÉS i Llarisó
(Rubí, Barcelona, Espagne)


 «Il faut toujours prier sans se décourager»

 Aujourd'hui, pendant ces derniers jours de l'année liturgique, Jésus nous exhorte à prier, à nous diriger à Dieu. Nous pouvons le comprendre, en imaginant comme les pères et les mères de famille attendent que —tous les jours!— leurs enfants leur disent quelque chose, leur manifestent leur affection.  Dieu, qui est Père de tous, s'y attend aussi. Jésus nous le dit souvent dans l'Évangile, et nous savons que le fait de parler avec Dieu est en soit prière. La prière est la voix de la foi, de notre croyance en Lui, de notre confiance et, espérons que ce soit aussi toujours manifestation de notre amour.  Afin que notre prière sois persévérante et confiante, Saint Luc dit que «Jésus dit encore une parabole pour montrer à ses disciples qu'il faut toujours prier sans se décourager» (Lc 18,1). Nous savons que la prière peut se faire en rendant louange à Dieu, en rendant grâce, ou en reconnaissant la propre faiblesse humaine —le péché—, implorant la miséricorde de Dieu; mais dans la grande majorité des cas, ce sera en demandant une grâce ou une faveur. Et, bien qu'on n'obtienne pas nécessairement ce qu'on demande à l'instant même, le seul fait de pouvoir se diriger à Dieu, le fait de pouvoir raconter à Quelqu'un cette peine ou cette chose qui nous préoccupe, sera suffisant pour qu'on puisse dire que nous avons obtenu quelque chose et certainement —bien que ce ne sera pas immédiat, sinon avec le passage du temps— nous obtiendrons réponse, car «Dieu ne fera-t-il pas justice à ses élus, qui crient vers lui jour et nuit?» (Lc 18,7). Saint Jean Climaco, au sujet de cette parabole évangélique, dit que «ce juge qui ne respectait pas Dieu, cède devant l'insistance de la veuve pour ne pas se déranger d'avoir à l'écouter. Dieu fera justice à l'âme, veuve de Lui par le péché, face au corps, son premier ennemi, et face aux démons, ses adversaires invisibles. Le Commerçant Divin saura faire l'échange juste de notre bonne marchandise, mettre à notre disposition ses grands biens avec amour et être prêt à recevoir nos demandes». Persévérance dans la prière, confiance en Dieu. Disait Tertullien que «seulement la prière vainc Dieu».

giovedì 16 novembre 2017

(Lc 17,26-37) Così accadrà nel giorno in cui il Figlio dell’uomo si manifesterà.

VANGELO
(Lc 17,26-37) Così accadrà nel giorno in cui il Figlio dell’uomo si manifesterà.
+ Dal Vangelo secondo Luca
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli:
«Come avvenne nei giorni di Noè, così sarà nei giorni del Figlio dell’uomo: mangiavano, bevevano, prendevano moglie, prendevano marito, fino al giorno in cui Noè entrò nell’arca e venne il diluvio e li fece morire tutti.
Come avvenne anche nei giorni di Lot: mangiavano, bevevano, compravano, vendevano, piantavano, costruivano; ma, nel giorno in cui Lot uscì da Sòdoma, piovve fuoco e zolfo dal cielo e li fece morire tutti. Così accadrà nel giorno in cui il Figlio dell’uomo si manifesterà.
In quel giorno, chi si troverà sulla terrazza e avrà lasciato le sue cose in casa, non scenda a prenderle; così, chi si troverà nel campo, non torni indietro. Ricordatevi della moglie di Lot.
Chi cercherà di salvare la propria vita, la perderà; ma chi la perderà, la manterrà viva.
Io vi dico: in quella notte, due si troveranno nello stesso letto: l’uno verrà portato via e l’altro lasciato; due donne staranno a macinare nello stesso luogo: l’una verrà portata via e l’altra lasciata».
Allora gli chiesero: «Dove, Signore?». Ed egli disse loro: «Dove sarà il cadavere, lì si raduneranno insieme anche gli avvoltoi».
Parola del Signore






LA MIA RIFLESSIONE
PREGHIERA
Vieni o Santo Spirito e illumina il mio cuore e la mia mente. Fa che oggi la parola del Signore mi diventi chiara alla luce della tua sapienza, per Cristo nostro Signore. Amen.
Gesù continua a richiamare la nostra attenzione, ma non lo fa cercando di addolcirci la pillola, perché tutte le sue parole sono già un avvertimento.
Molti sono quelli che cercano i segni, come per stabilire attraverso questi il momento della giustizia divina e spesso interpretano arbitrariamente i segni dei tempi. Dobbiamo invece cercare di essere pronti in qualunque momento, perché è questo che conta e da questo dipende la nostra salvezza.
L’ esempio che ci fa Luca è molto chiaro, Lot è stato avvisato dall’ angelo che avrebbe distrutto quella città che era dedita al vizio e al peccato, come ai tempi di Noè facevano gli abitanti della terra, e dice a Lot come fare per mettersi in salvo.
Pone il punto sul fatto di non avere desideri per le cose terrene, né rimpianto per una vita smodata, né curiosità su come e quando verrà quel giorno, ma attenzione a non pensare di essere giusti e di non aver bisogno di mantenere salda la nostra fede, perché sarà facile cadere se non sapremo mantenere vivo il nostro amore per il Signore, se non sapremo morire a noi stessi e vivere in Cristo Gesù.
Non sarà certo un abito talare, una tonaca, nè l’ appartenenza ad una certa elite o ad un gruppo di preghiera che ci salveranno, ma la costanza nel ricercare sempre un comportamento, interiore ed esteriore, morale, da credente coerente e credibile .
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COMMENTO DI:
Rev. D. Enric PRAT i Jordana
(Sort, Lleida, Spagna)
Oggi, nel contesto predominante di una cultura materialista, molti agiscono come ai tempi di Noè: «Mangiavano, bevevano, prendevano moglie, prendevano marito» (Lc 17,27); o come i coetanei di Lot che «(...)compravano, vendevano, piantavano, costruivano» (Lc 17,28). Con una visione così miope, l’aspirazione suprema di molti si riduce alla loro propria vita fisica temporanea e, conseguentemente, tutto il loro sforzo va orientato a conservare questa vita, a proteggerla e ad arricchirla.
Nel brano del Vangelo che stiamo commentando, Gesù vuole contrastare questo concetto frammentario della vita che mutila l’essere umano e lo porta alla frustrazione. E lo fa mediante una sentenza seria e schiacciante, capace di smuovere le coscienze e di obbligare all’ impostazione di domande fondamentali: «Chi cercherà di salvare la propria vita, la perderà; ma chi la perderà, la manterrà viva» (Lc 17,33). Meditando su questo insegnamento di Gesù Cristo, dice sant’ Agostino: «Che dire, dunque? Verranno condannati tutti quelli che fanno queste cose, cioè, quelli che si sposano, piantano vigne e costruiscono? No, loro no! Ma quelli che si vantano di queste cose, quelli che antepongono queste cose a Dio, quelli che sono disposti ad offendere immediatamente Dio per tali cose».
In realtà, chi perde la vita per averla voluto conservare se non colui che è vissuto esclusivamente per la carne, senza lasciar emergere lo spirito; o peggio ancora, colui che vive pieno di sé, ignorando completamente gli altri? Perché è evidente che la vita nella carne deve perdersi inevitabilmente, e la vita nello spirito, se non viene condivisa, si indebolisce.
Ogni vita, per sé stessa, tende naturalmente alla crescita, alla esuberanza, a fruttificare ed a riprodursi. Se, invece, viene sequestrata e rinchiusa, nell’ intento di possederla con cupidigia ed in forma esclusiva, appassisce, diventa sterile e muore. Per questo motivo, tutti i santi, prendendo come modello Gesù che intensamente visse per Dio e per gli uomini, hanno offerto generosamente la propria vita in diversi modi nel servire Dio ed i loro simili.

mercoledì 15 novembre 2017

(Lc 17,20-25) Il regno di Dio è in mezzo a voi.

VANGELO
(Lc 17,20-25) Il regno di Dio è in mezzo a voi.
+ Dal Vangelo secondo Luca
In quel tempo, i farisei domandarono a Gesù: «Quando verrà il regno di Dio?». Egli rispose loro: «Il regno di Dio non viene in modo da attirare l’attenzione, e nessuno dirà: “Eccolo qui”, oppure: “Eccolo là”. Perché, ecco, il regno di Dio è in mezzo a voi!».
Disse poi ai discepoli: «Verranno giorni in cui desidererete vedere anche uno solo dei giorni del Figlio dell’uomo, ma non lo vedrete. Vi diranno: “Eccolo là”, oppure: “Eccolo qui”; non andateci, non seguiteli. Perché come la folgore, guizzando, brilla da un capo all’altro del cielo, così sarà il Figlio dell’uomo nel suo giorno. Ma prima è necessario che egli soffra molto e venga rifiutato da questa generazione».
Parola del Signore



LA MIA RIFLESSIONE
PREGHIERA
Vieni o Santo Spirito e guidami alla conoscenza del pensiero di Dio. Fa che io non veda altro che quello che Tu mi vuoi mostrare, che possa sempre più rinunciare al mio io per il mio Dio.
Catastrofi, segni ed eventi, apparizioni, profezie.... tutti cercano di scrutare il futuro, e questo denota paura e curiosità da parte della gente, ma troppo spesso si ferma al “cercare dei segni “ fuori di noi. Per quello che io riesco a percepire, tutto questo ha solo un senso di avvertimento, un richiamo, un monito per tenerci desti e deciderci per fare definitivamente la nostra scelta, ma è molto riduttivo rispetto a quello che dovremmo fare. Gesù c' invita a non cercare questi segni, ma a vivere già su questa terra da figli di Dio, ad essere partecipi del progetto di salvezza che il Padre ha per tutti i suoi figli, e ad entrare in quella che io definisco con molto coraggio e molta semplicità, la nostra famiglia divina.Svegliarsi al mattino e riconoscerci dal primo istante di veglia appartenenti a Dio tracciando il segno della croce, cominciare a trafficare per casa, al lavoro, in famiglia ed in ogni nostro interesse tenendo presente continuamente che la nostra vita sulla terra non è solo un passaggio inutile, una prova alla quale siamo sottoposti per vedere se superiamo un esame, ma uno scegliere di essere già da adesso come il Signore ci desidera. Dio non è un dittatore, né un prepotente, ma scegliere per lui ci costringe a scelte che vanno controcorrente, addirittura in alcune occasioni ci portano a fare delle scelte ben precise, e spesso dolorose, perché conversione significa tornare indietro, alla nostra origine, al nostro piccolo D.N.A. di figli di Dio, che abbiamo nel cuore e che per anni, purtroppo abbiamo soffocato cercando di appartenere a questa terra più che a questo cielo.Qualche anno fa c’ era una persona su fb che mi chiedeva di aiutarlo a credere, a pregare, ad affidarsi a Dio, in un paio di mesi l’ho sentito trasformarsi da pulcino impaurito a credente sincero, pronto ad affrontare la malattia ed offrirla a Maria per le anime che come lui erano lontane da Gesù. Ho vissuto in diretta un corso accelerato d’amore da parte di Dio per questo suo figlio che aveva perso la strada di casa ed in un momento drammatico della sua vita, se n’era reso conto ed aveva chiesto una mano per tornare a casa. La porta stretta è qui amici, è la decisione di non volere altro di appartenere a Dio, di essere abbracciati quando la paura vorrebbe farti soccombere alla disperazione, la scelta di fidarsi di Dio e di mettere nelle sue mani la nostra vita. Santi si, e da subito!
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COMMENTO DI:

Fray Josep Mª MASSANA i Mola OFM
(Barcelona, Spagna)
Oggi, i farisei domandano a Gesù una cosa che ci ha sempre attratti, con un insieme di interesse, di curiosità e di paura...: Quando verrà il Regno di Dio? Quando sarà il giorno definitivo, la fine del mondo, il ritorno di Cristo per giudicare i vivi ed i morti nel giudizio finale?
Gesù disse che ciò è imprevedibile. L’unica cosa che sappiamo è che verrà improvvisamente, senza preavviso: sarà «come un fulmine » (Lc 17,24), un evento improvviso, e allo stesso tempo colmo di luce e di gloria. Riguardo alle circostanze, la seconda venuta di Gesù resta nel mistero. Gesù, però, ci da una traccia autentica e sicura: da questo momento «il Regno di Dio è in mezzo a voi» (Lc 17,21). O, meglio ancora:«dentro di voi».
Il grande avvenimento dell’ultimo giorno sarà un fatto universale, ma succede anche nel microcosmo di ogni cuore. É lì dove bisogna andare a cercare il Regno. É nel nostro intimo dov'è il Cielo, dove dobbiamo trovare Gesù.
Questo Regno, che comincerà in una forma imprevedibile “fuori”, può cominciare fin d’ora “dentro” di noi. L’ultimo giorno si svolge fin d’adesso in ciascuno di noi. Se l’ultimo giorno vogliamo entrare nel Regno, dobbiamo lasciar entrare adesso il Regno in ognuno di noi. Se vogliamo che Gesù in quell’ultimo momento sia il nostro giudice misericordioso, lasciamo che Lui sia adesso il nostro amico ed ospite in noi stessi.
San Bernardo, in un sermone del tempo di Avvento, parla di tre venute di Gesù. La prima venuta, quando s’incarnò; l’ultima, quando verrà come giudice. C´è una venuta intermedia, che è quella che ha luogo adesso nel cuore di ciascuno di noi. É lì dove si fanno presenti, a livello personale e di esperienza, la prima e l’ultima venuta. La sentenza che Gesù pronuncerà il giorno del Giudizio, sarà quella che risuoni adesso nel nostro cuore. Ciò che non è ancora arrivato, è già fin d’ora una realtà.

martedì 14 novembre 2017

(Lc 17,11-19) Non si è trovato nessuno che tornasse indietro a rendere gloria a Dio, all’infuori di questo straniero.

VANGELO
(Lc 17,11-19) Non si è trovato nessuno che tornasse indietro a rendere gloria a Dio, all’infuori di questo straniero.
+ Dal Vangelo secondo Luca
Lungo il cammino verso Gerusalemme, Gesù attraversava la Samarìa e la Galilea.
Entrando in un villaggio, gli vennero incontro dieci lebbrosi, che si fermarono a distanza e dissero ad alta voce: «Gesù, maestro, abbi pietà di noi!». Appena li vide, Gesù disse loro: «Andate a presentarvi ai sacerdoti». E mentre essi andavano, furono purificati.
Uno di loro, vedendosi guarito, tornò indietro lodando Dio a gran voce, e si prostrò davanti a Gesù, ai suoi piedi, per ringraziarlo. Era un Samaritano.
Ma Gesù osservò: «Non ne sono stati purificati dieci? E gli altri nove dove sono? Non si è trovato nessuno che tornasse indietro a rendere gloria a Dio, all’infuori di questo straniero?». E gli disse: «Àlzati e va’; la tua fede ti ha salvato!».
Parola del Signore 


LA MIA RIFLESSIONE
PREGHIERA
Vieni o Spirito Santo di Dio, su di me ed insegnami a lasciarmi penetrare dalla tua sapienza. Fa che nulla ostacoli la nostra unione, per il nostro Signore Gesù Cristo, che mi ha affidato alle tue cure per l’eternità. Grazie amen.

Il Vangelo di oggi ci parla di un Gesù che opera miracoli in terra straniera, tra peccatori e pagani, di un maestro che è riconosciuto anche da chi non è di Gerusalemme e che non disdegna di fermarsi a guarire coloro che gli si rivolgono con fiducia.
Purtroppo anche se ricevono la grazia da Gesù tutti e dieci i lebbrosi, soltanto uno torna indietro a ringraziare, gli altri invece si comportano come se niente fosse, e non sentono neanche il bisogno di ringraziare. Sembra brutto vero?Eppure noi lo facciamo tante volte al giorno, quando diamo per scontato che quello che va bene è merito nostro o comunque del caso, e ci ricordiamo di Dio soltanto quando qualcosa non va per il verso giusto.
A volte siamo veramente ridicoli, chiediamo la perfezione, la salute, la sicurezza… tutte cose che premiano la nostra presenza fisica, ma non cerchiamo mai il benessere spirituale, quello che ci dà invece la forza di affrontare la vita anche quando non va secondo i nostri canoni.
La lebbra che ci avvelena è quella dell’ anima, sempre inquieta, sempre alla ricerca di una felicità esteriore che guarisce solo quando troviamo Gesù, ci lasciamo guarire e ci fermiamo vicino a lui, ossia, per dirla con le parole del vangelo, torniamo indietro, ci convertiamo a Lui, cambiamo vita per vivere l'amore con Lui. Se ascoltiamo la sua parola, ma non la facciamo nostra, non possiamo essere trasformati e salvati, ma restiamo solo degli uditori sonnecchianti che non riescono a percepire la voce dell'amore e della volontà di Dio.
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COMMENTO DI:
P. Conrad J. MARTÍ i Martí OFM
(Valldoreix, Barcelona, Spagna)
Oggi, Gesù passa accanto a noi per farci vivere la scena più profondamente, attraverso la realtà, nella persona dei tanti emarginati, come ce ne sono nella nostra società, che guardano ai cristiani per trovare in essi la bontà e l'amore di Gesù. Ai tempi del Signore, i lebbrosi erano degli emarginati, ma di fatto , quei dieci lebbrosi andarono a incontrare Gesù all'ingresso di un villaggio (cfr Lc 17,12), perché non potevano entrare nei paesi, e nemmeno avevano permesso per approcciarsi alla gente (“si fermarono a distanza”).
Con un po’ di immaginazione, ognuno di noi è in grado di riprodurre l'immagine degli emarginati della società, che hanno nomi come noi: immigrati, tossicodipendenti, criminali, persone con AIDS, disoccupati, poveri... Gesù vuole ripristinare i loro diritti, rimediare alle loro sofferenze, risolvere i loro problemi; e ci chiede collaborazione disinteressata, gratuita, efficace... per amore.
Inoltre, facciamo più presente in ciascuno di noi la lezione che Gesù ci dà. Noi siamo peccatori e bisognosi di perdono, siamo poveri che aspettano tutto da Lui. Saremmo in grado di dire come il lebbroso, «Gesù, maestro, abbi pietà di me» (Lc 17,13)? Sappiamo rivolgerci a Gesù con preghiera profonda e fiduciosa?
Imitiamo il lebbroso, che torna a Gesù per ringraziarlo? Infatti, soltanto «Uno di loro, vedendosi guarito, tornò indietro lodando Dio» (Lc 17:15). Gesù non trova gli altri nove, «Non ne sono stati purificati dieci? E gli altri nove dove sono?» (Lc 17,15). Sant'Agostino ci lasciò questa dichiarazione: «'Grazie a Dio! Non c'è nulla che si possa dire più brevemente (...) ne fare con più profitto di queste parole». Per tanto, noi, come ringraziamo Gesù per il grande dono della vita, propria e della famiglia; la grazia della fede, la Santa Eucaristia, il perdono dei peccati...? Non succede qualche volta di non ringraziare per l'Eucaristia, anche se partecipiamo spesso de essa? L'Eucaristia è, senza dubbio, la nostra miglior esperienza di ogni giorno.

lunedì 13 novembre 2017

(Lc 17,7-10) Siamo servi inutili. Abbiamo fatto quanto dovevamo fare.


VANGELO
(Lc 17,7-10) Siamo servi inutili. Abbiamo fatto quanto dovevamo fare.
+ Dal Vangelo secondo Luca
In quel tempo, Gesù disse: «Chi di voi, se ha un servo ad arare o a pascolare il gregge, gli dirà, quando rientra dal campo: “Vieni subito e mettiti a tavola”? Non gli dirà piuttosto: “Prepara da mangiare, strìngiti le vesti ai fianchi e sérvimi, finché avrò mangiato e bevuto, e dopo mangerai e berrai tu”? Avrà forse gratitudine verso quel servo, perché ha eseguito gli ordini ricevuti? Così anche voi, quando avrete fatto tutto quello che vi è stato ordinato, dite: “Siamo servi inutili. Abbiamo fatto quanto dovevamo fare”».
Parola del Signore.














Commento di : Rev. D. Jaume AYMAR i Ragolta
(Badalona, Barcelona, Spagna)
«Abbiamo fatto quanto dovevamo fare»


Oggi, l’attenzione del Vangelo non si dirige all’atteggiamento del padrone, ma a quello dei servi. Gesù invita i suoi apostoli, mediante l’esempio di una parabola, a riflettere sull’atteggiamento di servizio: il servo deve compiere il suo dovere senza aspettarsi una ricompensa: «Avrà forse gratitudine verso quel servo, perché ha eseguito gli ordini ricevuti?» (Lc 17,9). Tuttavia, questa non è l’ultima lezione del Maestro con riguardo al servizio. Gesù dirà più avanti ai suoi discepoli : «Non vi chiamo più servi, perché il servo non sa quello che fa il suo padrone; ma vi ho chiamato amici, perché tutto ciò che ho udito dal Padre mio l'ho fatto conoscere a voi.» (Gv 15,15). Gli amici non presentano fatture. Se i servi devono compiere il loro dovere, ancora di più gli apostoli di Gesù. Noi, amici suoi, dobbiamo compiere la missione affidataci da Dio, coscienti che il nostro lavoro non ha diritto a nessuna ricompensa, perché lo facciamo con gioia e perché tutto quello che abbiamo e siamo è un dono di Dio. Per il credente tutto è un simbolo, per chi ama tutto è un dono. Lavorare per il Regno di Dio è, già la nostra ricompensa; perciò non dobbiamo dire con tristezza né svogliatamente: «Siamo servi inutili. Abbiamo fatto quanto dovevamo fare» (Lc 17,10), ma con la gioia di chi è stato chiamato a diffondere il Vangelo. In questi giorni abbiamo presente anche la festa di un grande santo, di un grande amico di Gesù, molto popolare in Catalogna, san Martino di Tours, che dedicò la sua vita al servizio del Vangelo di Cristo. Di lui scrisse Sulpicio Severo: «Uomo straordinario che non fu soggiogato dal lavoro né vinto dalla morte, non ebbe preferenze per nessuna delle due parti, non temette la morte , non rifiutò la vita! Con le mani e gli occhi alzati verso il cielo, il suo spirito invincibile non smetteva di pregare». Nella preghiera, nel dialogo con l’Amico, troviamo, effettivamente, il segreto e la forza del nostro servire servizio.

domenica 12 novembre 2017

(Lc 17,1-6) Se sette volte ritornerà a te dicendo: Sono pentito, tu gli perdonerai.

VANGELO
(Lc 17,1-6) Se sette volte ritornerà a te dicendo: Sono pentito, tu gli perdonerai.
+ Dal Vangelo secondo Luca
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «È inevitabile che vengano scandali, ma guai a colui a causa del quale vengono. È meglio per lui che gli venga messa al collo una macina da mulino e sia gettato nel mare, piuttosto che scandalizzare uno di questi piccoli. State attenti a voi stessi! Se il tuo fratello commetterà una colpa, rimproveralo; ma se si pentirà, perdonagli. E se commetterà una colpa sette volte al giorno contro di te e sette volte ritornerà a te dicendo: “Sono pentito”, tu gli perdonerai». Gli apostoli dissero al Signore: «Accresci in noi la fede!». Il Signore rispose: «Se aveste fede quanto un granello di senape, potreste dire a questo gelso: “Sràdicati e vai a piantarti nel mare”, ed esso vi obbedirebbe».
Parola del Signore 





LA MIA RIFLESSIONE
 PREGHIERA 
Vieni o Santo Spirito di Dio, guidami attraverso la tua parola nella conoscenza del cammino da percorrere per seguirti e non smarrire le tue tracce. 

I primi discepoli di Gesù potevano sposarsi ed avere figli, ma non dovevano dare scandalo,anche se inevitabilmente gli scandali ci sarebbero stati, anche Gesù avverte di questo, perché è insito nella natura umana trasgredire alle regole. Ma Dio è misericordioso e capisce, ha sempre una grande attenzione per il peccatore, ma anche se per perdonarlo ha bisogno del suo pentimento, ci invita a fare altrettanto. Noi ci rendiamo conto che è molto quello che ci chiede, ma forse dimentichiamo le parole che ci ha insegnato nel Padre Nostro: RIMETTI A NOI I NOSTRI DEBITI, COME NOI LI RIMETTIAMO AI NOSTRI DEBITORI- ed allora, invece di accettare sempre solo quello che ci fa comodo, pensiamo bene a quello che facciamo, e se abbiamo giustamente paura di non riuscire, facciamo come i suoi discepoli e preghiamo: Signore accresci in noi la fede!- Gli scandali sono all’ ordine del Giorno, perché a volte chi dovrebbe guidare il gregge si perde nel peccato e nel vizio, si sottomette ad altri dei, come l’ apparire e il potere, la corruzione e la disobbedienza, ma vi esorto amici cristiani a non farvi ingannare da queste cose, perché mentre molti figli si allontanano e incolpano i loro pastori, dobbiamo ricordare di guardare ad un unico pastore che è Gesù Cristo; l’ unico che non ha mai sbagliato nulla e che ha sempre fatto il volere di Dio Padre e pregare per chi si perde, perché siamo tutti membra dello stesso corpo e del corpo di Cristo.Il perdono per i figli di Dio non è un optional, non è una scelta facoltativa, ma è parte integrante del cammino di fede. Ci sono cose,anche non molto gravi,che però non ci riesce di superare, di perdonare. Spesso ci sentiamo delusi, sconcertati, e il nostro orgoglio ci impedisce di fare il primo passo.Continuiamo a soffrire aspettando che sia l'altro a farsi avanti,a fare il primo passo....quando basterebbe pensare che noi non siamo capaci di perdonare,ma che chiediamo a Dio di perdonare la persona che ci ha ferito, con tutto il cuore e, quando sentiremo salire un po' di risentimento, preghiamo per quella persona, perchè sentire non significa acconsentire.
=================================== COMMENTO DI:
Rev. D. Pedro-José YNARAJA i Díaz (El Montanyà, Barcelona, Spagna)
Oggi, il Vangelo ci parla di tre temi importanti. In primo luogo, la nostra attitudine verso i bambini. Se in altre occasioni ci è stata elogiata l’infanzia, in questa ci si avverte del male che si può occasionargli. Scandalizzare non è sconvolgere o stupire, come a volte si interpreta; la parola dal greco usata dall’evangelista “Skandalon”, che significa oggetto che fa inciampare o scivolare, una pietra nel cammino, o una buccia di banana per capirci. Il bambino deve essere molto rispettato, e guai a colui che lo inizi nel peccato! (cf. Lc 17,1). Gesù gli annuncia un castigo terribile e lo fa con una immagine molto eloquente. Tuttavia si trovano in Terra Santa pietre di mulino antiche. Sono come una specie di grandi diavoli (assomigliano anche solo che in maggior misura ai collari che si mettono al collo dei traumatizzati). Imporre la pietra allo scandalizzatore e gettarlo in acqua esprime un terribile castigo. Gesù usa un linguaggio quasi di umor nero. Poveri noi se danneggiamo corrompendo i bambini! Poveri noi se li iniziamo nel peccato! Ci sono tanti modi per danneggiarli: mentire, ambizionare, trionfare ingiustamente, dedicarsi a mestieri che soddisfano la vanità... In secondo luogo, il perdono. Gesù ci chiede di perdonare tante volte come sia necessario, e anche nello stesso giorno, se l’altro è pentito, anche se ci brucia l’anima: «se tuo fratello commetterà una colpa, rimproveralo, ma se si pentirà, perdonagli» (Lc 17,3). Il termometro della carità è la capacità di perdonare. In terzo luogo la fede: più che una ricchezza dell’intendimento (in senso veramente umano), è uno “stato d’animo’’, frutto della esperienza di Dio, di poter agire contando con la sua fiducia. «la fede è l’inizio della vera vita», disse San Ignazio di Antiochia. Chi attua con fede ottiene opere sorprendenti, così lo esprime il Signore: «Se aveste fede quanto un granellino di senapa, potreste dire a questo gelso: Sii sradicato e trapiantato nel mare, ed esso vi ascolterebbe» (Lc 17,6).

sabato 11 novembre 2017

(Mt 25,1-13) Ecco lo sposo! Andategli incontro!

VANGELO DI DOMENICA 12 NOVEMBRE 2017
(Mt 25,1-13) Ecco lo sposo! Andategli incontro!
+ Dal Vangelo secondo Matteo
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli questa parabola:
«Il regno dei cieli sarà simile a dieci vergini che presero le loro lampade e uscirono incontro allo sposo. Cinque di esse erano stolte e cinque sagge; le stolte presero le loro lampade, ma non presero con sé l’olio; le sagge invece, insieme alle loro lampade, presero anche l’olio in piccoli vasi. Poiché lo sposo tardava, si assopirono tutte e si addormentarono.
A mezzanotte si alzò un grido: “Ecco lo sposo! Andategli incontro!”. Allora tutte quelle vergini si destarono e prepararono le loro lampade. Le stolte dissero alle sagge: “Dateci un po’ del vostro olio, perché le nostre lampade si spengono”. Le sagge risposero: “No, perché non venga a mancare a noi e a voi; andate piuttosto dai venditori e compratevene”.
Ora, mentre quelle andavano a comprare l’olio, arrivò lo sposo e le vergini che erano pronte entrarono con lui alle nozze, e la porta fu chiusa. Più tardi arrivarono anche le altre vergini e incominciarono a dire: “Signore, signore, aprici!”. Ma egli rispose: “In verità io vi dico: non vi conosco”.
Vegliate dunque, perché non sapete né il giorno né l’ora».
Parola del Signore






COMMENTO DI:

Rev. P. Anastasio URQUIZA Fernández MCIU
(Monterrey, Messico)
Oggi, siamo invitati a riflettere sullo scopo dell’esistenza; si tratta di una avvertenza del Buon Dio circa il nostro fine ultimo; non giochiamo con la vita! «Il regno dei cieli è simile a dieci vergini che, prese le loro lampade, uscirono incontro allo sposo» (Mt 25,1). La fine di ogni persona dipenderà dalla strada scelta; la morte è conseguenza della vita –stolta o saggia- dal nostro comportamento in questo mondo. Ragazze stolte sono quelle che hanno ascoltato il messaggio di Gesù, ma non lo hanno messo in pratica. Ragazze sagge sono quelle che lo hanno tradotto in vita, e per questo entrano a far parte del banchetto del Regno.
La parabola è un richiamo serio «Vegliate dunque, perché non sapete né il giorno né l'ora» (Mt 25,13). Non lasciate che si spenga mai la luce della fede, perché qualsiasi momento può essere l’ultimo momento. Il Regno è già qui. Accendete le lampade con l’olio della fede, della fraternità e della reciproca carità. I nostri cuori, pieni di luce, ci permetteranno vivere la autentica gioia, qui e adesso. Coloro i quali vivono attorno a noi si vedranno, anch’essi, illuminati e conosceranno la gioia della presenza dello Sposo atteso. Gesù ci chiede di non far mancare mai l’olio nelle nostre lampade.
Per questo, quando il Concilio Vaticano II, che sceglie nella Bibbia le immagini raffiguranti la Chiesa, si riferisce a questa comparazione dello sposo e della sposa, e pronuncia queste parole: «La Chiesa viene pure descritta come l'immacolata sposa dell'Agnello immacolato, sposa che Cristo «ha amato.. . e per essa ha dato se stesso, al fine di santificarla», che si è associata con patto indissolubile ed incessantemente «nutre e cura», che dopo averla purificata, volle a sé congiunta e soggetta nell'amore e nella fedeltà» (cf. LG 6).

venerdì 10 novembre 2017

(Lc 16,9-15) Se non siete stati fedeli nella ricchezza disonesta, chi vi affiderà quella vera?

VANGELO
(Lc 16,9-15) Se non siete stati fedeli nella ricchezza disonesta, chi vi affiderà quella vera?
+ Dal Vangelo secondo Luca
In quel tempo, Gesù diceva ai discepoli: «Fatevi degli amici con la ricchezza disonesta, perché, quando questa verrà a mancare, essi vi accolgano nelle dimore eterne. Chi è fedele in cose di poco conto, è fedele anche in cose importanti; e chi è disonesto in cose di poco conto, è disonesto anche in cose importanti. Se dunque non siete stati fedeli nella ricchezza disonesta, chi vi affiderà quella vera? E se non siete stati fedeli nella ricchezza altrui, chi vi darà la vostra? Nessun servitore può servire due padroni, perché o odierà l’uno e amerà l’altro, oppure si affezionerà all’uno e disprezzerà l’altro. Non potete servire Dio e la ricchezza». I farisei, che erano attaccati al denaro, ascoltavano tutte queste cose e si facevano beffe di lui. Egli disse loro: «Voi siete quelli che si ritengono giusti davanti agli uomini, ma Dio conosce i vostri cuori: ciò che fra gli uomini viene esaltato, davanti a Dio è cosa abominevole».
Parola del Signore 



LA MIA RIFLESSIONE
PREGHIERA
Aiutami o Signore con il tuo Santo Spirito a comprendere la tua scrittura come tu vuoi da me ed a vivere come Tu vuoi che io viva; non lasciare che io ondeggi , come canna al vento, ma guidami Tu in ogni mia cosa, con tutto il Tuo amore.
Il Signore vede tutto, anche quello che noi stessi non vediamo. Vede nel mio, nel tuo cuore, vede quello che pensiamo veramente, non quello che facciamo trasparire e, se avessimo la coscienza di questo, non la finiremmo più di chiedere perdono. Ci affanniamo per arrivare alla fine del mese, per riuscire a vivere dignitosamente, o per avere di più, o addirittura per essere ricchi…. ma alla nostra anima che stiamo dando? Non basta una preghiera ogni tanto, non basta neppure pregare tutto il giorno se non riusciamo a mettere in pratica nulla di quello che Gesù ci insegna. Sembriamo buoni cristiani, ma non lo siamo mai fino in fondo, c’ è sempre quello scalino che non riusciamo a superare, a salire, perché la nostra pigrizia o il nostro orgoglio ce lo impediscono. Siamo ricchi di noi stessi e poveri delle cose di Dio, purtroppo è questa la nostra realtà. Diamo quello che ci riempie di orgoglio dare, parlo soprattutto per me, quante volte mi sono sentita appagata da questa pagina che scrivo, se mi viene detto grazie…. a me, che non sono altro che uno scarabocchio di Dio, che non riesco neanche a farmi usare da Lui con umiltà.
======================================= COMMENTO DI:
Rev. D. Joaquim FORTUNY i Vizcarro (Cunit, Tarragona, Spagna)
Oggi, Gesù parla nuovamente con autorevolezza: usa il «Io vi dico», che racchiude in sé una particolare forza di nuova dottrina. «Dio vuole che tutti gli uomini siano salvati e arrivino alla conoscenza della verità» (cf 1Tm 2,4). Lui ci vuole santi e ci segnala oggi alcuni punti necessari per raggiungere la santità ed essere in possesso della certezza: la fedeltà nel piccolo, l’autenticità e il non perdere mai di vista che Dio conosce i nostri cuori. La fedeltà nel piccolo è a portata di mano. Le nostre giornate sono spesso modellate da quel che chiamiamo “normalità”: lo stesso lavoro, le stesse persone, pratiche di pietà, la stessa famiglia... In queste realtà ordinarie è dove dobbiamo realizzarci come persone e crescere in santità. «Chi è fedele nel poco, è fedele anche nel molto; e chi è disonesto nel poco, è disonesto anche nel molto» (Lc 16,10). È necessario far bene ogni cosa, con retta intenzione, con il desiderio di piacere a Dio, nostro Padre fare le cose per amore ha un gran valore e ci prepara per ricevere il “vero”. Che bene lo esprimeva San Josémaria: “Hai visto come hanno innalzato quell'edificio grandioso? —Un mattone, poi un altro. Migliaia. Ma a uno a uno. —E sacchi di cemento, a uno a uno. E blocchi squadrati, che contano ben poco rispetto alla mole dell'insieme. —E pezzi di ferro. — E operai che hanno lavorato giorno dopo giorno, le stesse ore... Hai visto come hanno innalzato quell'edificio grandioso?... — A forza di cose piccole!” (Cammino, n. 823). Un buon esame di coscienza ogni sera ci aiuterà a vivere con purezza di intenzioni e non perdere mai di vista che Dio lo vede tutto, anche i pensieri più segreti, come abbiamo imparato nel catechismo, e quel che è importante è piacere a Dio in ogni cosa, il nostro Padre, che noi dobbiamo servire per amore, tenendo conto che «Nessun servo può servire a due padroni: o odierà l'uno e amerà l'altro oppure si affezionerà all'uno e disprezzerà l'altro» (Lc 16,13). Non dimentichiamolo mai: «Solo Dio è Dio» (Benedetto XVI).

giovedì 9 novembre 2017

(Lc 16,1-8) I figli di questo mondo verso i loro pari sono più scaltri dei figli della luce.

 Giorno liturgico: Venerdì, XXXI settimana del Tempo OrdinarioSantorale 10 Novembre: San Leone Magno, papa e dottore della Chiesa


Testo del Vangelo (Lc 16,1-8): In quel tempo, Gesù diceva ai discepoli: «Un uomo ricco aveva un amministratore, e questi fu accusato dinanzi a lui di sperperare i suoi averi. Lo chiamò e gli disse: «Che cosa sento dire di te? Rendi conto della tua amministrazione, perché non potrai più amministrare». L’amministratore disse tra sé: «Che cosa farò, ora che il mio padrone mi toglie l’amministrazione? Zappare, non ne ho la forza; mendicare, mi vergogno. So io che cosa farò perché, quando sarò stato allontanato dall’amministrazione, ci sia qualcuno che mi accolga in casa sua» Chiamò uno per uno i debitori del suo padrone e disse al primo: «Tu quanto devi al mio padrone?». Quello rispose: «Cento barili d’olio». Gli disse: «Prendi la tua ricevuta, siediti subito e scrivi cinquanta». Poi disse a un altro: «Tu quanto devi?”. Rispose: «Cento misure di grano». Gli disse: «Prendi la tua ricevuta e scrivi ottanta». Il padrone lodò quell’amministratore disonesto, perché aveva agito con scaltrezza. I figli di questo mondo, infatti, verso i loro pari sono più scaltri dei figli della luce».


Commento di  Mons. Salvador CRISTAU i Coll Vescovo Auxiliare de Terrassa
(Barcelona, Spagna)


«I figli di questo mondo (...) sono più scaltri dei figli della luce»

Oggi, il Vangelo ci presenta una questione apparentemente sorprendente. In effetti, il testo di San Luca dice: «Il padrone lodò quell'amministratore disonesto, perché aveva agito con scaltrezza» (Lc 16,8). Evidentemente, qui non ci viene proposto l’essere ingiusti nelle nostre relazioni, e ancor meno con il Signore. Non si tratta, quindi, di un elogio alla frode commessa dall’amministratore. Quel che Gesù vuole sottolineare con questo esempio è denunciare l’abilità nel risolvere gli affari di questo mondo e la mancanza di vero ingegno da parte dei figli della luce nella costruzione del Regno di Dio: « I figli di questo mondo, infatti, verso i loro pari sono più scaltri dei figli della luce» (Lc 16,8). Tutto questo ci dimostra –ancora una volta- che il cuore dell’uomo continua ad avere gli stessi limiti e povertà di sempre. Oggi giorno parliamo del traffico d’influenza, di corruzione, di improvviso arricchimento, di falsificazione di documenti... più o meno come all’epoca di Gesù. Ma la questione che da questo ne deriva è doppia: Pensiamo forse di poter ingannare Dio con la nostra apparenza, con la nostra mediocrità di cristiani? E, parlando di astuzia, dovremmo parlare anche di interesse. Siamo davvero interessati nel Regno di Dio e della Sua giustizia? È frequente la mediocrità nelle nostre risposte come figli della luce? Gesù disse anche, lí dove ci sia il tesoro ci sarà il nostro cuore (cf. Mt 6,21). Qual’è il nostro tesoro nella vita? Dobbiamo esaminare i nostri desideri per conoscere dove si trovi questo nostro tesoro... A questo proposito, Sant’Agostino ci dice: «Il tuo anelito continuo è la tua voce continua. Se smetti di amare, tacerà la tua voce, tacerà il tuo desiderio». Forse oggi, dinnanzi al Signore dovremmo chiederci quale debba essere la nostra astuzia come figli della luce, cioè la nostra sincerità nelle relazioni con Dio e con i nostri fratelli. «In verità, la vita è sempre una scelta: tra onestà e ingiustizia, tra fedeltà e infedeltà, tra bene e male (...). In definitiva –dice Gesù- dobbiamo deciderci» (Benedetto XVI).

mercoledì 8 novembre 2017

(Gv 2, 13-22) Parlava del tempio del suo corpo.

VANGELO DI MERCOLEDì 9 NOVEMBRE 2017
(Gv 2, 13-22) Parlava del tempio del suo corpo.
+ Dal Vangelo secondo Giovanni
Si avvicinava la Pasqua dei Giudei e Gesù salì a Gerusalemme.
Trovò nel tempio gente che vendeva buoi, pecore e colombe e, là seduti, i cambiamonete.
Allora fece una frusta di cordicelle e scacciò tutti fuori del tempio, con le pecore e i buoi; gettò a terra il denaro dei cambiamonete e ne rovesciò i banchi, e ai venditori di colombe disse: «Portate via di qui queste cose e non fate della casa del Padre mio un mercato!».
I suoi discepoli si ricordarono che sta scritto: «Lo zelo per la tua casa mi divorerà».
Allora i Giudei presero la parola e gli dissero: «Quale segno ci mostri per fare queste cose?». Rispose loro Gesù: «Distruggete questo tempio e in tre giorni lo farò risorgere». Gli dissero allora i Giudei: «Questo tempio è stato costruito in quarantasei anni e tu in tre giorni lo farai risorgere?». Ma egli parlava del tempio del suo corpo.
Quando poi fu risuscitato dai morti, i suoi discepoli si ricordarono che aveva detto questo, e credettero alla Scrittura e alla parola detta da Gesù.
Parola del Signore  



LA MIA RIFLESSIONE
PREGHIERA
Vieni accanto a me Spirito Santo di Dio, ed aiutami a non essere ottusa e a non voler mettere il mio pensiero dinanzi al Tuo.


Questo brano è spesso e volentieri usato per parlare male della Chiesa, mettendoci al posto di Gesù, a rivoltare i banchetti di una chiesa che non ci piace in certi suoi aspetti.
Ma amici miei, tra quei banchetti che rivoltiamo e che non accettiamo c’è anche il nostro!
Tutti noi cerchiamo di mercanteggiare con tutto, non siamo abituati a dare senza ricevere nulla in cambio, e se anche in teoria lo facciamo, nella pratica se non riceviamo ringraziamenti e riconoscenza per le nostre opere o addirittura riceviamo offese, siamo subito pronti a rinfacciare tutto quello che abbiamo fatto.
Ma questo brano non si sofferma solo a questo aspetto della Chiesa, ma ci fa presente che la chiesa è il corpo di Cristo, e che noi ne siamo parte; quindi se vogliamo ritenerci degni di essere Chiesa, dobbiamo essere “divorati dallo zelo “ per essa, impegniamoci per primi come partecipanti della comunità ecclesiale, e non solo per apparire, ma veramente per dare tutto quello che Dio ci dona in grazia.
Ognuno di noi può chiedere di essere utile nella sua parrocchia, e senza metterci a spettegolare, ma magari semplicemente impegnandoci a servire la comunità la dove serve, dove il parroco ci indicherà. Chiediamo di poter stare con i bambini, con gli anziani, chiediamo di essere istruiti ed educati, con umiltà, quell’ umiltà che spesso sentiamo carente negli altri, cerchiamo di essere i primi a dimostrarla.
Essere parte viva del corpo di Cristo, questo è quello che dovremmo sapere di essere ,questo ci farebbe trovare lo zelo necessario per purificare noi stessi e quello che ci circonda,invece di perderci in mille chiacchiere.
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Rev. D. Joaquim MESEGUER García
(Sant Quirze del Vallès, Barcelona, Spagna)
Oggi nella festa universale della Chiesa, ricordiamo che anche se Dio non può essere racchiuso fra le pareti di nessun edificio del mondo, fin dall’antichità l’uomo ha sentito la necessità di riservare degli spazi che promuovano l’incontro personale e comunitario con Dio. All’inizio del cristianesimo, i luoghi d’incontro con Dio erano le case private, nelle quali si radunavano le comunità per la preghiera e la frazione del pane. La comunità riunita era – come è anche oggi- il tempio santo di Dio. Con il passare del tempo, le comunità costruirono edifici dedicati alle riunioni liturgiche, la predicazione della Parola e la preghiera. Ed è così come nel cristianesimo, dopo la persecuzione della libertà religiosa nell’Impero Romano, apparvero le grandi Basiliche, fra le quali, quella di San Giovanni in Laterano, la cattedrale di Roma.
San Giovanni in Laterano è il simbolo dell’unità di tutte le chiese del mondo con la Chiesa di Roma, è per questo che la Basilica ostenta il titolo di Chiesa principale e madre di tutte le Chiese. La sua importanza è superiore a quella della stessa Basilica di San Pietro in Vaticano, che in realtà non è una cattedrale, ma è un santuario edificato sulla tomba di San Pietro e luogo della attuale residenza del Papa che, come Vescovo di Roma, ha nella Basilica in Laterano la sua cattedrale.
Però non possiamo perdere di vista il vero luogo di incontro dell’uomo con Dio, l’autentico tempio, è Gesù. Per questo, Lui ha completa autorità per purificare la casa di suo Padre e pronunciare queste parole: «Distruggete questo tempio e in tre giorni lo farò risorgere» (Jn 2,19). Grazie all’offerta della sua vita per noi, Gesù ha fatto dei credenti un tempio vivo di Dio. Per questa ragione il messaggio cristiano ci ricorda che tutta persona umana è sacra, ed è abitata da Dio, e non possiamo profanarla usandola come un mezzo.

martedì 7 novembre 2017

(Lc 14,25-33) Chi non rinuncia a tutti i suoi averi, non può essere mio discepolo.

VANGELO
(Lc 14,25-33) Chi non rinuncia a tutti i suoi averi, non può essere mio discepolo.
+ Dal Vangelo secondo Luca
In quel tempo, una folla numerosa andava con Gesù. Egli si voltò e disse loro:
«Se uno viene a me e non mi ama più di quanto ami suo padre, la madre, la moglie, i figli, i fratelli, le sorelle e perfino la propria vita, non può essere mio discepolo. Colui che non porta la propria croce e non viene dietro a me, non può essere mio discepolo.
Chi di voi, volendo costruire una torre, non siede prima a calcolare la spesa e a vedere se ha i mezzi per portarla a termine? Per evitare che, se getta le fondamenta e non è in grado di finire il lavoro, tutti coloro che vedono comincino a deriderlo, dicendo: “Costui ha iniziato a costruire, ma non è stato capace di finire il lavoro”.
Oppure quale re, partendo in guerra contro un altro re, non siede prima a esaminare se può affrontare con diecimila uomini chi gli viene incontro con ventimila? Se no, mentre l’altro è ancora lontano, gli manda dei messaggeri per chiedere pace.
Così chiunque di voi non rinuncia a tutti i suoi averi, non può essere mio discepolo».
Parola del Signore 



LA MIA RIFLESSIONE
PREGHIERA
Vieni o Santo Spirito e guidami alla luce della Parola,perché possa essere luce con la mia vita...un progetto ambizioso per me, ma non per Te , ma non con Te!
Chi cerca di seguire il Signore sul serio, non lo troveremo al centro degli onori, non sarà il più stimato...ma quello a cui tutto riuscirà difficilmente, quello che però non si arrenderà davanti alle difficoltà.
Così Papa Francesco nella Messa del 17 giugno in Casa Santa Marta.
( http://www.news.va/it/news/papa-francesco-e-gesu-il-segreto-della-magnanimita)
Seguire Gesù non è facile, non è facile. Ma neppure è difficile, perché nella strada dell’amore il Signore fa le cose in un modo che noi possiamo andare avanti; lo stesso Signore ci allarga il cuore». Quindi ha concluso: «Chiediamo al Signore che allarghi il nostro cuore, che ci faccia umili, miti e magnanimi, perché noi abbiamo il “tutto” in Lui».
COMMENTO DI:
Rev. D. Joan GUITERAS i Vilanova
(Barcelona, Spagna)
Oggi, contempliamo Gesù nel suo cammino verso Gerusalemme. Sarà lì che darà la Sua vita per la salvezza del mondo. «In quel tempo, una folla numerosa andava con Gesù» (Lc 14:25): i discepoli camminando con Gesù che li precede, devono imparare ad essere uomini nuovi. Questo è lo scopo delle istruzioni che il Signore espone e suggerisce a quelli che lo seguono nella sua ascensione alla "Città della Pace".
Discepolo significa "seguace". Seguire le orme del Maestro, essere come Lui, pensare come Lui, vivere come Lui .. Il discepolo vive con il Maestro e lo accompagna. Il Signore insegna con le parole e con i fatti. Hanno visto chiaramente l'atteggiamento di Cristo tra l'Assoluto e il relativo. Hanno sentito tante volte delle sue labbra che Dio è il primo valore dell'esistenza. Hanno ammirato il rapporto tra Gesù e il Padre. Hanno visto la dignità e la fiducia con cui ha pregato il Padre. Hanno ammirato la sua povertà radicale.
Oggi il Signore parla in termini chiari. Il vero discepolo deve amare con tutto il cuore e tutta la sua anima a nostro Signore Gesù Cristo, al di sopra di tutti i legami, anche il più intimo: «Se uno viene a me e non mi ama più (…) e perfino la propria vita, non può essere mio discepolo» (Lc 14,26-27). Lui è al primo posto nella vita del seguace. Sant'Agostino dice: «Noi rispondiamo al padre e la madre, 'Vi amo in Cristo, non al posto di Cristo'». Il seguimento precede anche l'amore per la propria vita. Seguire Gesù, dopo tutto, implica abbracciare la croce. Senza croce non c’è discepolo.
La chiamata evangelica chiede prudenza, vale a dire, la virtù che dirige l'azione appropriata. Chi vuole costruire una torre deve calcolare il bilancio. Il re che deve combattere decide se vuole la guerra o la pace dopo aver considerato il numero di truppe disponibili. Chi vuole essere discepolo del Signore deve rinunciare a tutti i suoi averi. La rinuncia sarà la migliore scommessa!

lunedì 6 novembre 2017

(Lc 14,15-24) Esci per le strade e lungo le siepi e costringili ad entrare, perché la mia casa si riempia.

VANGELO
(Lc 14,15-24) Esci per le strade e lungo le siepi e costringili ad entrare, perché la mia casa si riempia.

+ Dal Vangelo secondo Luca

In quel tempo, uno dei commensali, avendo udito questo, disse a Gesù: «Beato chi prenderà cibo nel regno di Dio!».
Gli rispose: «Un uomo diede una grande cena e fece molti inviti. All’ora della cena, mandò il suo servo a dire agli invitati: “Venite, è pronto”. Ma tutti, uno dopo l’altro, cominciarono a scusarsi. Il primo gli disse: “Ho comprato un campo e devo andare a vederlo; ti prego di scusarmi”. Un altro disse: “Ho comprato cinque paia di buoi e vado a provarli; ti prego di scusarmi”. Un altro disse: “Mi sono appena sposato e perciò non posso venire”.
Al suo ritorno il servo riferì tutto questo al suo padrone. Allora il padrone di casa, adirato, disse al servo: “Esci subito per le piazze e per le vie della città e conduci qui i poveri, gli storpi, i ciechi e gli zoppi”.
Il servo disse: “Signore, è stato fatto come hai ordinato, ma c’è ancora posto”. Il padrone allora disse al servo: “Esci per le strade e lungo le siepi e costringili ad entrare, perché la mia casa si riempia. Perché io vi dico: nessuno di quelli che erano stati invitati gusterà la mia cena”».

Parola del Signore 




LA MIA RIFLESSIONE
PREGHIERA
Vieni o Santo Spirito e indica alla mia mente il pensiero di Gesù perchè questo passo del Vangelo possa entrare fin dentro le mie ossa ed essere la struttura portante della mia vita.

A me sembra che Gesù stia parlando in quel tempo, così come parlerebbe proprio oggi; tempo in cui ognuno crede di sapere cosa è importante per Dio e cosa è importante per l'uomo.
Vediamo che l'invito è aperto a tutti, ma ancora cerchiamo di escludere quello o quell' altro, come se il discorso di Gesù non lo ascoltassimo neppure.
Aprire le porte ai ciechi, agli storpi, ai poveri, questa è l'indicazione del Signore, allargare le braccia alla carità, alla comprensione e alla comunione con i fratelli, ed invece che cosa facciamo?Proprio come allora la nostra risposta al Signore, è identica a quella degli invitati al grande banchetto.
C' è sempre qualcosa da fare di più importante, qualcosa di più urgente, ed intanto il tempo passa e non decidiamo mai di accettare quell'invito. C' è poi chi ci prova, chi cerca di corrispondere al richiamo del Signore, ma spesso concediamo al Signore i ritagli del nostro tempo; basti pensare alle nostre funzioni, con l'orologio alla mano, ed il pensiero altrove, come per compiere più un dovere che per vivere con intensità l'incontro con l'amato.
Vero è che oggi dobbiamo faticare per riconoscere nella nostra messa Gesù, che dopo averlo tolto dal centro dell'altare e spostato di lato, con tutto quell' andare e vieni sull' altare anche il Signore è relegato un po' come un figurante.
Vero è che pochi sono quei sacerdoti che tendono a scomparire per mettere al centro Cristo.
Vero è che ascoltiamo senza assumerci nessun impegno.Vero è che usciamo dalla messa nello stesso modo in cui siamo entrati, senza che il Signore sia riuscito a penetrarci il cuore.Vero è che passiamo davanti al nostro bisogno di felicità senza fare nulla, continuando a cercarla dove non si può trovare, proprio come passiamo davanti al derelitto, senza riconoscere in lui il Signore.Eppure solo il Signore mantiene le promesse, solo il Signore è vita e verità, allora perchè continuiamo a rimandare di accettare quell' invito, per seguire l'invito di satana, che ci porta a cercare nel benessere del mondo il nostro cibo... ricordiamo che lui ha già mentito e che sempre ci ha ingannato: "Quello che aveva promesso Satana non si avverò, perchè non si raggiunge la conoscenza disobbedendo alla parola di Dio, ma il timore di Dio è il principio della sapienza."(Proverbi 1:7)
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COMMENTO DI:
Rev. D. Joan COSTA i Bou
(Barcelona, Spagna)
Oggi, il Signore ci offre un'immagine dell'eternità che viene rappresentata da un banchetto. Il banchetto è il luogo in cui la famiglia e gli amici si incontrano e godono della compagnia, della conversazione e dell’amicizia intorno allo stesso tavolo. Questa immagine ci parla di intimità con il Dio trinitario e della gioia che troveremo nella stanza del cielo. Tutto quello lo fa per noi e ci chiama perché "Venite, è pronto" (Luca 14:17). Ci vuole con Lui; vuole che tutti gli uomini e le donne del mondo siano al suo fianco, tutti e ognuno di noi.
E' necessario, tuttavia, voler andare. E pur sapendo che è qui dove meglio si sta, perché il cielo è la nostra casa eterna, che supera tutte le aspirazioni più nobili dell'uomo -"Sta scritto infatti: Quelle cose che occhio non vide, né orecchio udì, né mai entrarono in cuore di uomo, queste ha preparato Dio per coloro che lo amano" (1 Cor 2,9) e, quindi, non c'è nulla di paragonabile-, tuttavia, possiamo rifiutare l'invito divino e perdere per sempre il meglio che Dio ci può offrire: partecipare della sua casa, del suo tavolo, della sua intimità per sempre. Che grande responsabilità!
Noi, purtroppo, siamo in grado di cambiare Dio per qualsiasi cosa. Alcuni, come leggiamo nel Vangelo di oggi, per un campo, altri per dei buoi. E tu ed io, per cosa siamo disposti a cambiare per quello che è il nostro Dio e il suo invito? Qualcuno per pigrizia, per negligenza, per comodità non adempie ai suoi doveri di amore verso Dio: Dio vale così poco che viene sostituito con qualsiasi altra cosa? Che la nostra risposta all’offerta divina, sia sempre un sì, pieno di gratitudine e di ammirazione.

domenica 5 novembre 2017

(Lc 14,12-14) Non invitare i tuoi amici, ma poveri, storpi, zoppi e ciechi.

VANGELO
(Lc 14,12-14) Non invitare i tuoi amici, ma poveri, storpi, zoppi e ciechi.
+ Dal Vangelo secondo Luca
In quel tempo, Gesù disse al capo dei farisei che l’aveva invitato:
«Quando offri un pranzo o una cena, non invitare i tuoi amici né i tuoi fratelli né i tuoi parenti né i ricchi vicini, perché a loro volta non ti invitino anch’essi e tu abbia il contraccambio.
Al contrario, quando offri un banchetto, invita poveri, storpi, zoppi, ciechi; e sarai beato perché non hanno da ricambiarti. Riceverai infatti la tua ricompensa alla risurrezione dei giusti».
Parola del Signore.



COMMENTO DI:
Fr. Austin Chukwuemeka IHEKWEME
(Ikenanzizi, Nigeria)
Oggi, il Signore ci insegna il vero significato della generosità cristiana: il darsi agli altri. «Quando offri un pranzo o una cena, non invitare i tuoi amici, né i tuoi fratelli, né i tuoi parenti, né i ricchi vicini, perché anch'essi non ti invitino a loro volta e tu abbia il contraccambio» (Lc 14,12).
Il cristiano si comporta nel mondo come una persona comune; ma il fondamento del tratto con i suoi simili non può essere né la ricompensa umana né la vanagloria; deve cercare, prima di tutto, la Gloria di Dio senza pretendere altra ricompensa che quella del Cielo. «Al contrario, quando dai un banchetto, invita poveri, storpi, zoppi, ciechi; e sarai beato perché non hanno da ricambiarti. Riceverai infatti la tua ricompensa alla risurrezione dei giusti» (Lc 14, 13-14).
Il Signore ci invita a darci incondizionatamente a tutti gli uomini, mossi solo per amore a Dio ed al prossimo per il Signore. « E se prestate a coloro da cui sperate ricevere, quale gratitudine vi è dovuta? Anche i peccatori concedono prestiti ai peccatori per riceverne altrettanto» (Lc 6,34).
Questo è così perché il Signore ci aiuta a comprendere che se non ci diamo generosamente, senza aspettare ricompensa alcuna, Dio ce lo ripagherà con una grande ricompensa e ci farà Suoi figli prediletti. Per questo, Gesù ci dice: « Amate invece i vostri nemici, fate del bene e prestate senza sperarne nulla, e la vostra ricompensa sarà grande e sarete figli dell'Altissimo, perché egli è benevolo verso gli ingrati e i malvagi» (Lc 6,35).
Chiediamo a Maria Santissima la generosità di saper fuggire da qualsiasi tendenza all’egoismo, come suo Figlio. «Egoista. —Tu, sempre “a pensare a te”. Sembri incapace di sentire la fratellanza di Cristo: negli altri non vedi fratelli; vedi gradini (...)». (San Josemaría Escrivá de Balaguer, Cammino nº31).
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LA MIA RIFLESSIONE
PREGHIERA
Dio onnipotente e misericordioso, tu solo puoi dare ai tuoi fedeli il dono di servirti in modo lodevole e degno; aiutami a servirti con questa pagina di vangelo.
Che grande uomo Gesù! Ricordo che quando ero piccola, vinsi un concorso di religione, il concorso ”veritas” alle elementari, parlando di Gesù e del fatto che era un tipo buffo, perché faceva sempre il contrario di quello che facevano gli altri. Questo brano lo conferma in pieno, chi penserebbe di offrire una cena a gente sconosciuta? Eppure questa è la via della carità, quella che lui ci indica , che poi è la stessa che Lui ha percorso. Infatti per carità d’amore siamo stati invitati al banchetto del regno di Dio, per compassione amorevole, Gesù ha dato la sua vita in remissione dei nostri peccati ed ancora per caritatevole amore si è donato a noi nell’ Eucarestia. L’amore vero, quello che non conosce ostacoli, quello che vuole solo e principalmente il bene dell’amato, e che non è mai abbastanza amato, è solo quello di Gesù, come diceva piangendo San Francesco, come urlava santa Teresina… Nessuno amerebbe dei tipi come noi, ingrati, egoisti, superbi e traditori… ed è questo che ci chiede di fare, amare gli altri come lui ci ama. Non è facile… ma se ci proviamo sempre un po’ di più, riusciremo a capire che l’amore per gli altri,è il dono più grande che possiamo fare a noi stessi.