lunedì 5 gennaio 2015

(Mt 2,1-12) Siamo venuti dall’oriente per adorare il re.

VANGELO 
(Mt 2,1-12) Siamo venuti dall’oriente per adorare il re. 
+ Dal Vangelo secondo Matteo

Nato Gesù a Betlemme di Giudea, al tempo del re Erode, ecco, alcuni Magi vennero da oriente a Gerusalemme e dicevano: «Dov’è colui che è nato, il re dei Giudei? Abbiamo visto spuntare la sua stella e siamo venuti ad adorarlo». All’udire questo, il re Erode restò turbato e con 
lui tutta Gerusalemme. Riuniti tutti i capi dei sacerdoti e gli scribi del popolo, si informava da loro sul luogo in cui doveva nascere il Cristo. Gli risposero: «A Betlemme di Giudea, perché così è scritto per mezzo del profeta: “E tu, Betlemme, terra di Giuda, non sei davvero l’ultima delle città principali di Giuda: da te infatti uscirà un capo che sarà il pastore del mio popolo, Israele”».Allora Erode, chiamati segretamente i Magi, si fece dire da loro con esattezza il tempo in cui era apparsa la stella e li inviò a Betlemme dicendo: «Andate e informatevi accuratamente sul bambino e, quando l’avrete trovato, fatemelo sapere, perché anch’io venga ad adorarlo».Udito il re, essi partirono. Ed ecco, la stella, che avevano visto spuntare, li precedeva, finché giunse e si fermò sopra il luogo dove si trovava il bambino. Al vedere la stella, provarono una gioia grandissima. Entrati nella casa, videro il bambino con Maria sua madre, si prostrarono e lo adorarono. Poi aprirono i loro scrigni e gli offrirono in dono oro, incenso e mirra. Avvertiti in sogno di non tornare da Erode, per un’altra strada fecero ritorno al loro paese.

Parola del Signore
 


LA MIA RIFLESSIONE
PREGHIERA
Vieni Signore Gesù, vieni in Spirito santo, ed indicami la via da seguire per vivere la tua parola.

Le scritture parlano di un re che deve venire, il re dei Giudei e, quando Erode si ritrova davanti i magi, venuti da lontano che cercano questo neonato per adorarlo, si irrita, ha paura di perdere il regno.
Si sente minacciato, ed allora furbamente cerca di ingannarli e si fa promettere che al ritorno sarebbero passati da lì per dirgli dove trovare il bambino per andare anche lui ad adorarlo.
Chi sono i magi? Probabilmente quelli che oggi noi chiamiamo scienziati, quelli che scrutando il cielo cercano di capire e di analizzare gli avvenimenti, quelli che cercano un segno e attraverso quella loro ricerca si mettono in moto e scoprono Gesù, come per significare che scienza e fede non sono in opposizione, mentre quelli che studiano le scritture e che le insegnano nel tempio, i saggi e i sacerdoti, restano fermi nelle loro posizioni, non accettano in quel bambino il Messia. Non vanno neanche a vederlo, non si scomodano, meno che mai vanno ad adorarlo.
E noi? Abbiamo sentito parlare di Gesù, che cosa abbiamo fatto? Ci siamo mossi per andare ad adorarlo? Quanto è cambiata la nostra vita con lui? Sappiamo testimoniare che la sua venuta ci ha cambiato la vita?
I nostri scrigni pieni di doni ricevuti da Dio per presentarli davanti al trono di Gesù, restano troppo spesso chiusi ermeticamente come i nostri cuori.

domenica 4 gennaio 2015

(Gv 1,43-51) Tu sei il Figlio di Dio, tu sei il re d’Israele.

VANGELO 
(Gv 1,43-51) Tu sei il Figlio di Dio, tu sei il re d’Israele. 
+ Dal Vangelo secondo Giovanni
In quel tempo, Gesù volle partire per la Galilea; trovò Filippo e gli disse: «Seguimi!». Filippo era di Betsàida, la città di Andrea e di Pietro. Filippo trovò Natanaèle e gli disse: «Abbiamo trovato colui del quale hanno scritto Mosè, nella Legge, e i Profeti: Gesù, il figlio di Giuseppe, di Nàzaret». Natanaèle gli disse: «Da Nàzaret può venire qualcosa di buono?». Filippo gli rispose: «Vieni e vedi». Gesù intanto, visto Natanaèle che gli veniva incontro, disse di lui: «Ecco davvero un Israelita in cui non c’è falsità». Natanaèle gli domandò: «Come mi conosci?». Gli rispose Gesù: «Prima che Filippo ti chiamasse, io ti ho visto quando eri sotto l’albero di fichi». Gli replicò Natanaèle: «Rabbì, tu sei il Figlio di Dio, tu sei il re d’Israele!». Gli rispose Gesù: «Perché ti ho detto che ti avevo visto sotto l’albero di fichi, tu credi? Vedrai cose più grandi di queste!». Poi gli disse: «In verità, in verità io vi dico: vedrete il cielo aperto e gli angeli di Dio salire e scendere sopra il Figlio dell’uomo».
Parola del Signore
.






LA MIA RIFLESSIONE
PREGHIERA
Aiutami o Spirito Santo, a leggere tra le righe del Vangelo, quello che Dio ci vuole far conoscere. Per il nostro Signore Gesù Cristo. Amen.
In questo periodo natalizio, si è ricordata la venuta di Gesù sulla terra, ma ancora oggi, dopo più di 2000 anni, ci stiamo chiedendo che cosa è cambiato.
Prima di Gesù, gli ebrei vedevano Dio più come un Dio guerriero, severo, che era pronto a punire i peccatori, gettandoli
nell’ inferno.
Erano un popolo duro, quindi per molti di loro, quel comandamento che diceva “amatevi gli uni con gli altri ” era un poco difficile da digerire.Ma questo in fondo lo è ancora oggi e non solo per gli ebrei.La venuta di Gesù dovrebbe spingerci a seguirlo, a camminare dietro a Lui, ripetendo quello che faceva,testimoniando con la nostra vita, che abbiamo capito cosa Dio vuole da ognuno di noi.
In questo periodo sto usando un libro per fare la mia ora di adorazione: " l'imitazione di Cristo" e non mi sono mai sentita così fragile, così imperfetta, così attacata alla mia parte terrena, dal non riuscire a distaccarmi dai miei difetti.A Natanaele e bastato poco per credere, ma il problema non è credere, è quanto crediamo? Quanto quello in cui crediamo viene a cambiarci la vita....

sabato 3 gennaio 2015

(Gv 1,1-18) Il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi.

VANGELO
 (Gv 1,1-18) Il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi.
+ Dal Vangelo secondo Giovanni

In principio era il Verbo,e il Verbo era presso Dio e il Verbo era Dio.
Egli era, in principio, presso Dio:tutto è stato fatto per mezzo di lui e senza di lui nulla è stato fatto di ciò che esiste.
In lui era la vita e la vita era la luce degli uomini;la luce splende nelle tenebre e le tenebre non l’hanno vinta.Venne un uomo mandato da Dio:il suo nome era Giovanni. Egli venne come testimone per dare testimonianza alla luce,perché tutti credessero per mezzo di lui. Non era lui la luce, ma doveva dare testimonianza alla luce.
Veniva nel mondo la luce vera,quella che illumina ogni uomo.Era nel mondoe il mondo è stato fatto per mezzo di lui;eppure il mondo non lo ha riconosciuto. Venne fra i suoi,e i suoi non lo hanno accolto. A quanti però lo hanno accolto ha dato potere di diventare figli di Dio:a quelli che credono nel suo nome,i quali, non da sangue né da volere di carne né da volere di uomo, ma da Dio sono stati generati.
E il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi;e noi abbiamo contemplato la sua gloria,gloria come del Figlio unigenito che viene dal Padre, pieno di grazia e di verità.
Giovanni gli dà testimonianza e proclama:«Era di lui che io dissi:Colui che viene dopo di me è avanti a me, perché era prima di me».
Dalla sua pienezza noi tutti abbiamo ricevuto:grazia su grazia.Perché la Legge fu data per mezzo di Mosè,la grazia e la verità vennero per mezzo di Gesù Cristo. Dio, nessuno lo ha mai visto: il Figlio unigenito, che è Dio ed è nel seno del Padre,è lui che lo ha rivelato.

Parola del Signore.



LA MIA RIFLESSIONE
PREGHIERA

Ti prego Spirito di Dio, stammi vicino mentre leggo queste righe e falle entrare nel mio cuore, trasformale sulla tastiera in ciò che tu vuoi, annulla il mio pensiero se permane, per l' amore con il quale Gesù ha accettato la volontà del Padre, per tutti i secoli dei secoli. Amen.

Non servirono i profeti, non bastò Giovanni Battista che precedendolo lo annunciò, neanche che Gesù venne tra gli uomini, che testimoniò con la sua vita l’ amore del Padre; chi non voleva credere, non credette ugualmente. Anche oggi è così; alcuni aderiscono alla parola di Dio, la fanno loro, la seguono, riescono ad entrare in contatto con il regno di Dio già su questa terra, pur affrontando mille difficoltà e riescono a ricevere dal Signore grazie su grazie, per la fede che ripongono in Lui. Altri invece non seguono la legge dettata a Mosè, proclamata da Gesù su questa terra, cercano ancora, non si fidano, non vogliono riconoscere la verità, non lasciano agire lo Spirito su di loro, si ribellano ed escono dalla via tracciata dal Signore e perdono la verità, andando a cercare chissà quale verità, ma trovando solo la menzogna.
Questo Vangelo di Giovanni ci porta direttamente in contatto con l’ amore di Dio. In principio era il Verbo che per comunicarci il suo amore creò una casa in cui farci vivere, creò la terra e poi ce la mise a disposizione, per amore e con amore. Tutto fa parte di un progetto divino di cui noi facciamo parte. Da Dio viene la vita e nella luce di Dio noi ritroviamo la via per tornare a casa, nella casa che era dal tempo dei tempi, preparata per noi.
Chi non ascoltò i profeti e non credette a Giovanni, non crede neanche a Gesù e non capisce che attraverso di Lui Dio si rivela .
OPPURE : (riflessione del 30 - 12 - 2014  http://bricioledivangelo.blogspot.it/2014/12/gv-11-18-il-verbo-si-fece-carne.html)

Santissimo Nome di Gesù


“Nel Nome di Gesù ogni ginocchio si pieghi,

sia degli esseri celesti,

che dei terrestri e degli inferi”.


                        IL SANTISSIMO NOME DI GESU'

“Nel Nome di Gesù ogni ginocchio si pieghi,
sia degli esseri celesti,
che dei terrestri e degli inferi”.





3 Gennaio - Memoria Facoltativa
Il Santissimo Nome di Gesù fu sempre onorato e venerato nella Chiesa fin dai primi tempi, ma solo nel secolo XIV cominciò ad avere culto liturgico. San Bernardino, aiutato da altri confratelli, sopratutto dai beati Alberto da Sarteáno e Bernardino da Feltre, diffuse con tanto slancio e fervore tale devozione che finalmente venne istituita la festa liturgica. Nel 1530 Papa Clemente VII autorizzò l'Ordine francescano a recitare l'Ufficio del Santissimo Nome di Gesù.
Giovanni Paolo II ha ripristinato al 3 gennaio
 la memoria facoltativa nel Calendario Romano.
 Santissimo Nome di Gesù, il solo in cui, nei cieli, sulla terra e sotto terra,
si pieghi ogni ginocchio a gloria della maestà divina.
Il significato e la proprietà del nome

Anzitutto i nomi hanno un loro significato intrinseco, come appare dai nomi teofori (evocatori della divinità) e da quelli di alcuni eroi, che sono il simbolo della missione adempiuta da costoro nella storia.

In secondo luogo, il nome ha un contenuto dinamico; rappresenta e in qualche modo racchiude in sé una forza. Esso designa l’intima natura di un essere, poiché contiene una presenza attiva di quell’essere.


Platone diceva che “Chiunque sa il nome, sa anche le cose”; conoscerlo vuol dire conoscere la ‘cosa’ in se stessa. Il nome “occupa” uno spazio, ha la “proprietà” della cosa e la spiega.


Il nome di nascita indica in primo luogo, " l’essenza " di una persona, le sue prerogative, le qualità e i difetti; pronunciandolo si è come in presenza di colui che si nomina, si dà ad esso una precisa dimensione.

Così come fra i "primitivi" che cercavano di conoscere il nome al fine di esercitare un potere su una persona o su qualsiasi cosa vivente, il nome è ancora indispensabile nel praticare un incantesimo; infatti i cosiddetti ‘maghi’ vogliono conoscerlo, per inciderlo su amuleti e talismani, accanto a quello delle Entità Invisibili.


Il nome di Dio nella Bibbia


L’esigenza di sapere il nome della divinità in cui si crede, è stato sempre intrinseco nell’animo umano, perché il nome stesso è garanzia della sua esistenza; a tal proposito si riporta un passo dell’opera di Francesco Albergamo “Mito e Magia” che scrive: “Una bambina di nove anni chiede al padre se Dio esiste; il padre risponde che non ne è troppo sicuro, al che la piccola osserva: Bisogna pure che esista, dal momento che ha un nome”.

Quindi quando Mosè (Es. 3) viene chiamato da Dio alla sua missione fra il popolo ebraico, logicamente gli chiede il suo Nome da poter comunicare al popolo, che senz’altro gli chiederà “Chi ti ha riconosciuto principe su di noi?”. E il Dio di Israele, conosciuto inizialmente come il “Dio degli antenati”, il “Dio di Abramo di Isacco di Giacobbe”, oppure con espressioni particolari: “El Shaddai”, “Terrore di Isacco”, “Forte di Giacobbe”, rivela il suo nome “Iahvé”, che significa “Egli è”; e questo Nome entrò così a far parte della vita religiosa degli israeliti, e mediante gli interventi sovrani nella storia, il nome di Iahvé divenne famoso e noto.
I profeti ed i sommi sacerdoti, lungo tutta la storia d’Israele, posero al centro della liturgia il nome di Iahvé, con la professione di fede del profeta, l’invocazione solenne di Dio, la fede e la glorificazione di tutto il popolo (Commemorazione, invocazione, glorificazione del suo Nome).

Nel tardo giudaismo però, per il bisogno di sottolineare la trascendenza divina, il nome di Iahvé non è stato più pronunciato e Dio è stato designato col termine Nome e con altri appellativi, come Padre a sottolineare lo speciale rapporto che lega Dio e il suo popolo.


Il nome del Padre



Ma solo nel Nuovo Testamento, sulla bocca di Gesù e dei credenti, il nome di Padre attribuito a Dio, assume il suo vero significato.

Solo Gesù, infatti conosce il Padre e può efficacemente rivelarlo (Mt.11, 27-28). Gesù si è riferito spesso a Dio chiamandolo Padre, nel Vangelo di s. Giovanni, Padre viene usato addirittura come sinonimo di Dio e secondo l’evangelista questa è la sua vera definizione, questo è il nome che esprime più profondamente l’essere divino. Tale nome è stato manifestato agli uomini da Gesù, ed essi ora sanno che, se credono, sono figli insieme a lui.

Inoltre Gesù ha anche insegnato a pregare Dio con questo titolo “Padre nostro…” e questa è diventata la preghiera per eccellenza della comunità cristiana.

Gesù aveva chiesto al Padre di glorificare il suo nome (Giov. 12, 28) e aveva invitato i discepoli a pregare così: “Sia santificato il tuo nome”; Dio ha risposto a queste preghiere, manifestando la potenza del suo nome e glorificando il proprio figlio.

Ai credenti è affidato il compito di prolungare questa azione di glorificazione; essi lodano, testimoniano il nome di Dio e devono comportarsi in modo che il nome divino non riceva biasimo e bestemmie (Rom. 2, 24).


Il nome del Signore Gesù



Il Messia ha portato durante la sua vita terrena il nome di Gesù, nome che gli fu imposto da san Giuseppe dopo che l’angelo di Dio in sogno gli disse: “Giuseppe, figlio di Davide, non temere di prendere con te Maria, tua sposa, perché ciò che in lei è stato concepito è opera dello Spirito Santo. Essa partorirà un figlio e tu lo chiamerai Gesù: egli infatti salverà il suo popolo dai suoi peccati” (Mt.1, 21-25).
Quindi il significato del nome Gesù è quello di salvatore; gli evangelisti, gli Atti degli Apostoli, le lettere apostoliche, citano moltissimo il significato e la potenza del Nome di Gesù, fermandosi spesso al solo termine di “Nome” come nell’Antico Testamento si indicava Dio.

Nel corso della vita pubblica di Gesù, i suoi discepoli, appellandosi al suo nome, guariscono i malati, cacciano i demoni e compiono ogni sorta di prodigi:
Luca, 10, 17, “E i settantadue tornarono pieni di gioia dicendo: Signore, anche i demoni si sottomettono a noi nel tuo nome”; Matteo 7, 22, “… Signore, non abbiamo noi profetato nel tuo nome e cacciato demoni nel tuo nome e compiuto molti prodigi nel tuo nome?”.
Atti 4, 12, “…Non vi è altro nome dato agli uomini sotto il cielo nel quale possiamo avere la salvezza”.

Risuscitando Gesù e facendolo sedere alla sua destra, Dio “gli ha donato il nome che è sopra di ogni nome” (Ef. 1, 20-21); si tratta di un “nome nuovo” (Ap. 3, 12) che è costantemente unito a quello di Dio.
Questo nome trova la sua espressione nell’appellativo di Signore, che conviene a Gesù risorto, come allo stesso Dio Padre (Fil. 2, 10-11). Infatti i cristiani non hanno avuto difficoltà ad attribuire a Gesù, gli appellativi più caratteristici che nel giudaismo erano attribuiti a Dio.

Atti 5, 41: “Ma essi (gli apostoli) se ne partirono dalla presenza del Sinedrio, lieti di essere stati condannati all’oltraggio a motivo del Nome”.
La fede cristiana consiste nel professare con la bocca e credere nel cuore “che Gesù è il Signore, e che Dio lo ha ridestato dai morti” e nell’invocare il nome del Signore per conseguire la salvezza (Rom. 10, 9-13).

I primi cristiani, appunto, sono coloro che riconoscono Gesù come Signore e si designano come coloro che invocano il suo nome, esso avrà sempre un ruolo preminente nella loro vita: nel nome di Gesù i cristiani si riuniranno, accoglieranno chiunque si presenti nel suo nome, renderanno grazie a Dio in quel nome, si comporteranno in modo che tale nome sia glorificato, saranno disposti anche a soffrire per il nome del Signore.

L’espressione somma della presenza del Nome del Signore e dell’intera SS. Trinità nella vita cristiana, si ha nel segno della croce, che introduce ogni preghiera, devozione, celebrazione; e conclude le benedizioni e l’amministrazione dei sacramenti: “Nel Nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo”.

Il culto liturgico del Nome di Gesù

Il SS. Nome di Gesù, fu sempre onorato e venerato nella Chiesa fin dai primi tempi, ma solo nel XIV secolo cominciò ad avere culto liturgico.
Grande predicatore e propagatore del culto al Nome di Gesù, fu il francescano san Bernardino da Siena (1380-1444) e continuato da altri confratelli, soprattutto dai beati Alberto da Sarteano (1385-1450) e Bernardino da Feltre (1439-1494).
Nel 1530, papa Clemente VII autorizzò l’Ordine Francescano a recitare l’Ufficio del Santissimo Nome di Gesù; e la celebrazione ormai presente in varie località, fu estesa a tutta la Chiesa da papa Innocenzo XIII nel 1721.
Il giorno di celebrazione variò tra le prime domeniche di gennaio, per attestarsi al 2 gennaio fino agli anni Settanta del Novecento, quando fu soppressa.
Papa Giovanni Paolo II ha ripristinato al 3 gennaio la memoria facoltativa nel Calendario Romano.

Affinché la sua predicazione non fosse dimenticata facilmente, Bernardino con profondo intuito psicologico inventò un simbolo dai colori vivaci che veniva posto in tutti i locali pubblici e privati, sostituendo blasoni e stemmi delle varie Famiglie e Corporazioni spesso in lotta fra loro.  Il trigramma del nome di Gesù, divenne un emblema celebre e diffuso in ogni luogo, sulla facciata del Palazzo Pubblico di Siena campeggia enorme e solenne, opera dell’orafo senese Tuccio di Sano e di suo figlio Pietro, ma lo si ritrova in ogni posto dove Bernardino e i suoi discepoli abbiano predicato o soggiornato.
Qualche volta il trigramma figurava sugli stendardi che precedevano Bernardino, quando arrivava in una nuova città a predicare e sulle tavolette di legno che il santo francescano poggiava sull’altare, dove celebrava la Messa prima dell’attesa omelia, e con la tavoletta al termine benediceva i fedeli.
Il trigramma fu disegnato da Bernardino stesso, per questo è considerato patrono dei pubblicitari; il simbolo consiste in un sole raggiante in campo azzurro, sopra vi sono le lettere IHS che sono le prime tre del nome Gesù in greco
ΙΗΣΟΥΣ (Iesûs), ma si sono date anche altre spiegazioni, come l’abbreviazione di “In Hoc Signo (vinces)” il motto costantiniano, oppure di “Iesus Hominum Salvator”.

Ad ogni elemento del simbolo, Bernardino applicò un significato,
 il sole centrale è chiara allusione a Cristo che dà la vita come fa il sole,
e suggerisce l’idea dell’irradiarsi della Carità.

Il calore del sole è diffuso dai raggi,
ed ecco allora i dodici raggi serpeggianti come i dodici Apostoli
 e poi da otto raggi diretti che rappresentano le beatitudini,
la fascia che circonda il sole rappresenta la felicità dei beati che non ha termine,
 il celeste dello sfondo è simbolo della fede, l’oro dell’amore.

Bernardino allungò anche l’asta sinistra dell’H,
tagliandola in alto per farne una croce,
 in alcuni casi la croce è poggiata sulla linea mediana dell’H.

Il significato mistico dei raggi serpeggianti era espresso in una litania:
 1° rifugio dei penitenti;
2° vessillo dei combattenti;
3° rimedio degli infermi;
4° conforto dei sofferenti;
5° onore dei credenti;
 6° gioia dei predicanti;
 7° merito degli operanti;
8° aiuto dei deficienti;
9° sospiro dei meditanti;
 10° suffragio degli oranti;
11° gusto dei contemplanti;
12° gloria dei trionfanti.

Tutto il simbolo è circondato da una cerchia esterna con le parole in latino
tratte dalla Lettera ai Filippesi di san Paolo:
“Nel Nome di Gesù ogni ginocchio si pieghi,
sia degli esseri celesti, che dei terrestri e degli inferi”.
Il trigramma bernardiniano ebbe un gran successo, diffondendosi in tutta Europa, anche Santa Giovanna d’Arco volle ricamarlo sul suo stendardo e più tardi fu adottato anche dai Gesuiti.

Diceva s. Bernardino: “Questa è mia intenzione, di rinnovare e chiarificare il nome di Gesù, come fu nella primitiva Chiesa”, spiegando che, mentre la croce evocava la Passione di Cristo, il suo Nome rammentava ogni aspetto della sua vita, la povertà del presepio, la modesta bottega di falegname, la penitenza nel deserto, i miracoli della carità divina, la sofferenza sul Calvario, il trionfo della Resurrezione e dell’Ascensione. In effetti Bernardino ribadiva la devozione già presente in san Paolo e durante il Medioevo in alcuni Dottori della Chiesa e in s. Francesco d’Assisi, inoltre tale devozione era praticata in tutto il Senese, pochi decenni prima dai Gesuati, congregazione religiosa fondata nel 1360 dal senese beato Giovanni Colombini, dedita all’assistenza degli infermi e così detti per il loro ripetere frequente del nome di Gesù.


La Compagnia di Gesù, prese poi queste tre lettere come suo emblema e diventò sostenitrice del culto e della dottrina, dedicando al Ss. Nome di Gesù le sue più belle e grandi chiese, edificate in tutto il mondo.
Fra tutte si ricorda, la “Chiesa del Gesù” a Roma, la maggiore e più insigne chiesa dei Gesuiti; vi è nella volta il “Trionfo del Nome di Gesù”, affresco del 1679, opera del genovese Giovanni Battista Gaulli detto ‘il Baciccia’; dove centinaia di figure si muovono in uno spazio chiaro con veloce impeto, attratte dal centrale Nome di Gesù. Autore: Antonio Borrelli



Il Nome di Gesù era stato somma tenerezza per San Francesco d’Assisi: “Se gli avveniva di sentir pronunziare il nome di Gesù, si dimenticava di tutto. Vedendo, più non vedeva;
udendo, più non udiva:
aveva Gesù nelle orecchie, negli occhi… in tutte le membra”
(Tommaso da Celano).

Il Nome di Gesù fu supremo amore per Bernardino da Siena. Per il Suo nome inventò un’immagine: su una tavoletta fece dipingere un sole da cui partivano dodici raggi. Nel globo di questo sole spiccava l’abbreviazione del nome latino di Gesù Salvatore degli uomini: IHS. I raggi significavano “la radiosa fede sparsa in tutto il mondo”.
Il Nome di Gesù è l’intero contenuto della salvezza: “In nessun altro nome c’è la salvezza; non vi è altro nome in cui possiamo essere salvati”. (Atti 4,12)
Il Nome di Gesù è la pienezza della vita cristiana: “Tutto quello che fate in parole e in opere, tutto si compia nel nome del Signore Gesù” (Col 3,17).
San Bernardino da Siena fece raffigurare dappertutto la sua tavoletta: sugli ingressi delle case, nei frontoni dei palazzi, sugli altari delle chiese, sulle porte delle città: ovunque doveva apparire il segno della salvezza.
All'orecchio, al labbro, al cuore
il Tuo nome è un grato incanto
O tre volte dolce e santo, sempre amabile Gesù.
Chi t'invoca con amore, rapir tutto in Ciel si sente;
Né più ingombran la sua mente vili affetti di quaggiù.
Tu potente più di un campo ordinato alla battaglia
Fuggir vedi come un lampo il nemico insidiator.
Qual v'ha mai poter che valga contro il braccio dell'Eterno?
Deh! Tu dunque al mio governo vieni, o Nome vincitor.
Tu nei dubbi mi rischiara, negli affanni mi consola,
Al soccorso mio Tu vola fra i perigli del sentier;
E nell'ora la più amara pei banditi figli d'Eva,
Tu mi affranca, Tu mi eleva la Tua gloria a posseder.
Amen

Sui grani grossi della Corona del Santo Rosario:

si recita il Gloria e la seguente efficacissima preghiera suggerita da Gesù stesso:
"Sempre sia lodato, benedetto, amato, adorato, glorificato il Santissimo, il Sacratissimo, l'adoratissimo - eppure incomprensibile Nome di Dio - in cielo, in terra o negli inferi, da tutte le creature uscite dalle mani di Dio. Per il Sacro Cuore di nostro Signore Gesù Cristo nel Santissimo Sacramento dell'altare.
Amen"

Sui grani piccoli si dice 10 volte:
"'Cuore Divino di Gesù, converti i peccatori, salva i moribondi,

libera le Anime sante del Purgatorio".
Si conclude con:
Gloria al Padre, Salve o Regina e l'Eterno riposo...
 Signor mio Gesù Cristo, che diceste: «Domandate e riceverete, cercate e troverete, bussate e vi verrà aperto», concedeteci, ve ne preghiamo, il vostro divinissimo amore, onde, con tutto il cuore, con la lingua e con le opere, vi amiamo, nè giammai cessiamo di rendervi lode e gloria.
Signore, ispirateci timore ed amore perpetuo del Vostro Santo Nome, poiché non private mai della vostra assistenza quelli che confermate nel Vostro verace amore. Voi che vivete e regnate nei secoli dei secoli.
Così sia.

venerdì 2 gennaio 2015

(Gv 1,29-34) Ecco l’agnello di Dio.

VANGELO 
 (Gv 1,29-34) Ecco l’agnello di Dio. 
+ Dal Vangelo secondo Giovanni

In quel tempo, Giovanni, vedendo Gesù venire verso di lui, disse: «Ecco l’agnello di Dio, colui che toglie il peccato del mondo! Egli è colui del quale ho detto: “Dopo di me viene un uomo che è avanti a me, perché era prima di me”. Io non lo conoscevo, ma sono venuto a battezzare nell’acqua, perché egli fosse manifestato a Israele». Giovanni testimoniò dicendo: «Ho contemplato lo Spirito discendere come una colomba dal cielo e rimanere su di lui. Io non lo conoscevo, ma proprio colui che mi ha inviato a battezzare nell’acqua mi disse: “Colui sul quale vedrai discendere e rimanere lo Spirito, è lui che battezza nello Spirito Santo”. E io ho visto e ho testimoniato che questi è il Figlio di Dio».

Parola del Signore



LA MIA RIFLESSIONE  
PREGHIERA
  Vieni Spirito Santo, vieni nel più profondo del mio cuore, per farmi comprendere e vivere la tua parola, come facesti con gli apostoli e i profeti di un tempo,come facesti con giovanni il Battista e  come fai con tutti quelli che ti accolgono in spirito e verità. Amen.

Giovanni testimonia con la sua missione che tutto quello che lui vive gli viene da Dio, ma potremmo dire di più, che in tutto quello che fa c’ è Dio.
In molte occasioni parliamo di un cammino che facciamo per seguire Gesù, ma dimentichiamo che fino a quell' incontro noi andavamo proprio per i fatti nostri, non importa quanto lontano dalla retta via, quello che conta è che mentre noi eravamo intenti a vivere, Gesù era lì a guardarci, era lì pronto per entrare nella nostra vita e farsi riconoscere. La cosa che impariamo vivendo il nostro rapporto con Dio in maniera sempre più stretta, è che quasi tutto quello che dobbiamo sapere, non lo aquisiremo studiando, ma lasciandoci scrivere da Dio e imparando ad interagire con Lui.
Giovanni compie un po’ il nostro stesso errore. Ha una sua fantasia di Gesù e vorrebbe adattare a questa  lo Spirito di Dio, sentirsi portatore di qualcosa di suo, di una sua idea, ma Gesù viene prima di Lui e resterà dopo di lui, era, è e sarà sempre; lui può solo testimoniare di aver visto lo Spirito scendere su di Lui e di aver sentito che grazie a Lui tutti saremmo stati figli di Dio, perché essere cristiano vuol dire essere di Cristo, con Cristo ed in Cristo, figlio unigenito di Dio, nel quale ci riconosciamo figli di Dio. Viviamo oltre la scena del battesimo con loro:
Gesù, viene verso Giovanni, i due si erano già incontrati e sembrava che tutto fosse finito lì, con il battesimo di Gesù, ed invece il primo a dover ancora ricevere e dare ancora molto in questa missione sulla terra, è proprio Giovanni.
Il destino di quest’ uomo sia stato scritto prima ancora della sua nascita, si comprende abbastanza bene già dalla visita di Maria a sua madre Elisabetta, e prima ancora, dal concepimento in età avanzata, ma quello che è meraviglioso nella sua vita è l’ estrema dedizione al suo ministero. Nacque da una famiglia sacerdotale, suo padre Zaccaria, era di servizio nel tempio e, fino a che non uscì dal deserto, dove visse da eremita e si cibò di locuste, non abbiamo mai saputo niente di lui. Ĕ quando ad un certo punto della nostra vita avviene l’ incontro con Gesù che tutto si trasforma e cambia, che tutto prende senso e non sembra più di vivere in un deserto, isolati con noi stessi,  come se gli altri non facessero parte della nostra vita. Si abbiamo parenti, amici, vicini e lontani, ma i nostri rapporti con loro sono legati solo da vincoli di sangue e famigliari, ma quando diventiamo cristiani, invece, iniziamo a far parte di una famiglia più ampia, che, man mano che ne prenderemo consapevolezza, impareremo ad amare ed a sentire unita a noi, buoni o cattivi che siamo, proprio in grazia della fratellanza che ci dà essere figli di uno stesso Dio.

giovedì 1 gennaio 2015

(Gv 1,19-28) Dopo di me verrà uno che è prima di me.

VANGELO  
(Gv 1,19-28) Dopo di me verrà uno che è prima di me. 
+ Dal Vangelo secondo Giovanni

Questa è la testimonianza di Giovanni, quando i Giudei gli inviarono da Gerusalemme sacerdoti e levìti a interrogarlo: «Tu, chi sei?». Egli confessò e non negò. Confessò: «Io non sono il Cristo». Allora gli chiesero: «Chi sei, dunque? Sei tu Elìa?». «Non lo sono», disse. «Sei tu il profeta?». «No», rispose. Gli dissero allora: «Chi sei? Perché possiamo dare una risposta a coloro che ci hanno mandato. Che cosa dici di te stesso?». Rispose: «Io sono voce di uno che grida nel deserto: Rendete diritta la via del Signore, come disse il profeta Isaìa». Quelli che erano stati inviati venivano dai farisei. Essi lo interrogarono e gli dissero: «Perché dunque tu battezzi, se non sei il Cristo, né Elìa, né il profeta?». Giovanni rispose loro: «Io battezzo nell’acqua. In mezzo a voi sta uno che voi non conoscete, colui che viene dopo di me: a lui io non sono degno di slegare il laccio del sandalo». Questo avvenne in Betània, al di là del Giordano, dove Giovanni stava battezzando.

Parola del Signore

LA MIA RIFLESSIONE
PREGHIERA
Vieni o Spirito Santo e guida il nostro cuore e la nostra mente a Cristo,perchè sempre mi viene nel cuore che come dice Origene: “Nessuno può comprendere il senso del vangelo di Giovanni se non si è chinato sul petto di Gesù e non ha ricevuto da Gesù, Maria come madre”. 

L'apostolo Giovanni ci parla dell'altro Giovanni,il Battista,e quello che scrive per primo è la parola TESTIMONIANZA. Intanto comincio con il ricordare che questa testimonianza gli è stata richiesta.Le autorità Giudaiche attendevano come tutti il Messia,  (christòs in greco, da cui il nostro “Cristo”) ed il battesimo rappresentava il rito di purificazione per entrare nell'attività messianica, quindi si chiedevano se non fosse lui il Messia atteso.Ma Giovanni nega di essere il Messia,nega di essere Elia (atteso prima del Messia) e nega anche di essere il Profeta di cui aveva parlato Mosè (Deut 18, 15-18: “Il Signore tuo Dio susciterà per te, fra i tuoi fratelli, in mezzo a te, un profeta come me”. )
" Fra i nati di donna non è sorto nessuno più grande di Giovanni Battista " eppure proprio lui, non cerca di usurpare il posto che non gli spetta,non si fa vanto di essere parente di Gesù ,di conoscerlo, non si vanta di avere tante persone che lo seguono,perchè comprende pienamente di non averne alcun merito,se non quello di aver fatto della sua vita ascetica,una continua dedicazione a Dio.Era così infiammato allo Spirito di Dio, che non temeva di non piacere a chi non rispettava le leggi di Dio, a chi conduceva una vita ambigua tra bene e male senza saper decidere e questo gli provocò molti nemici che lo scrutavano,lo interrogavano,con lo scopo di toglierselo di mezzo. Grande la sua umiltà,che gli fece dire: "  a Lui io non sono degno di slegare il laccio del sandalo ".