giovedì 20 novembre 2014

(Lc 19,45-48) Avete fatto della casa di Dio un covo di ladri.

VANGELO 
 (Lc 19,45-48) Avete fatto della casa di Dio un covo di ladri. 
+ Dal Vangelo secondo Luca

In quel tempo, Gesù, entrato nel tempio, si mise a scacciare quelli che vendevano, dicendo loro: «Sta scritto: “La mia casa sarà casa di preghiera”. Voi invece ne avete fatto un covo di ladri».Ogni giorno insegnava nel tempio. I capi dei sacerdoti e gli scribi cercavano di farlo morire e così anche i capi del popolo; ma non sapevano che cosa fare, perché tutto il popolo pendeva dalle sue labbra nell’ascoltarlo.

Parola del Signore
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LA MIA RIFLESSIONE
PREGHIERA
Vieni o Santo Spirito e inonda il mio cuore del tuo amore e della tua sapienza. Assistimi con la grazia dell' amore di Dio, che mi permette, benché indegna, di essere illuminata nella mente e nel cuore, perchè tu, o Signore, ami anche i poveri peccatori come me. 

Il tempio è la casa di Dio, la casa di preghiera per tutte le nazioni, ma Gesù vede che nel suo tempio si fa commercio, che ci sono venditori di colombe, che pensano ai loro interessi invece che a quelli di Dio.
Come sembra attuale questa parola!
L'uomo rimane sempre lo stesso, anche dopo millenni dalla venuta di Gesù, non è cambiato molto, come se la salvezza non ci riguardasse, come se potessimo raggiungerla per diritto o per una serie di pratiche da svolgere, come se la preghiera e la fede fossero una cambiale di cui esigere il pagamento.
Come vorrei che si potesse sempre trovare nelle nostre chiese chi insegna a pregare, chi si occupa dei fratelli, chi è disponibile all'ascolto, chi non giudica, chi aiuta gli anziani e i poveri; oggi, tranne alcune eccezioni, la Chiesa è tutt' altro, ma non dobbiamo avere paura, dobbiamo pregare e credere nella forza dello Spirito Santo, che molto spesso purtroppo, sottovalutiamo. 
Avere fede, chiedere, implorare il Signore e Lui farà di noi dei coraggiosi Cristiani, pronti a tutto, che saranno in grado di vincere sulle forze del male.
Anche se non è semplice cambiare, non dobbiamo pensare di non poter da soli combattere contro certi atteggiamenti, ma dobbiamo in primo luogo, riconoscerli anche in noi.
Preghiamo per la Chiesa, per gli uomini e le donne di questa Chiesa sballottata tra mille intemperie! 
Preghiamo per poter imparare a non cercare Gesù solo per curiosità, come tanti che lo seguivano e pendevano dalle sue labbra aspettando da Lui che gli cambiasse la vita.
Gesù ci ha insegnato come cambiare le nostre priorità, come seguirlo nell'amore, come trovare la pace e la serenità che cerchiamo inutilmente nel mondo, ma noi vorremmo solo che tutto fosse migliore, ma secondo le nostre regole.
Vorrei tanto Signore, poter fare del mio cuore una casa di preghiera, per questo ti chiedo di fermarti, di farmi vedere con il tuo Spirito di Sapienza, quali sono tutte le cose che intralciano il mio cammino verso il tuo altare, verso il tuo Volto Santo.

Don Gio': Il sogno di Dio





Don Giovanni Bertocchi nasce nel 1975, ad Alzano Lombardo (BG) poi va a risiedere a Clusone (BG)
Sin da ragazzo don Giovanni Bertocchi sente forte la presenza di Dio nella sua vita. Il 4 dicembre 1990 annotava: «Spesso mi ritrovo a pensare che io sono un sogno di Dio. Io vedo Dio che sogna la nostra storia» A 14 anni entra in seminario a Bergamo. 
Un ministero breve, nel tempo, solo quattro anni di sacerdozio, ma la fecondità ne è stata grandissima. La sua opera continua ancora in coloro che lo hanno conosciuto e amato.

mercoledì 19 novembre 2014

(Lc 19,41-44) Se avessi compreso quello che porta alla pace!

VANGELO 
 (Lc 19,41-44) Se avessi compreso quello che porta alla pace! 
+ Dal Vangelo secondo Luca

In quel tempo, Gesù, quando fu vicino a Gerusalemme, alla vista della città pianse su di essa dicendo: «Se avessi compreso anche tu, in questo giorno, quello che porta alla pace! Ma ora è stato nascosto ai tuoi occhi. Per te verranno giorni in cui i tuoi nemici ti circonderanno di trincee, ti assedieranno e ti stringeranno da ogni parte; distruggeranno te e i tuoi figli dentro di te e non lasceranno in te pietra su pietra, perché non hai riconosciuto il tempo in cui sei stata visitata».

Parola del Signore


LA MIA RIFLESSIONE
PREGHIERA
Vieni o Spirito di Dio, e illumina il mio cuore e la mia mente, fa che la parola del Signore sia presente in tutto il suo significato, come tu vuoi. Per Cristo nostro Signore.

Quanta tristezza nel cuore di Gesù, quanto dolore, vedersi rifiutato, vedere che è tutto inutile, che non riesce ad entrare nel cuore degli uomini ed in particolar modo, in quelli del tempio, lo riempie d’angoscia. Non capiscono che non sarà nel tempio costituito tra le mura di Gerusalemme che troveranno la salvezza, perché, come tutto ciò che è materiale, sarà distrutto, ma in quello che sarà costituito dal suo corpo offerto sulla croce che non sarà mai distrutto, ma risorgerà dopo la morte.
Essere membra di quel corpo, vuol dire vivere con il Signore anche questa sofferenza per i fratelli che sì perdono, che si oppongono a Lui, che non riescono a vivere la salvezza che da Dio c’è proposta.
Non è rifugiandosi in una chiesa di mattoni che ci salveremo, ma vivendo in comunione con Cristo. Questo dobbiamo tenerlo presente, sempre, perché troppo spesso vediamo atteggiamenti di chiusura alla comprensione e alla carità, proprio da quelle persone che frequentano assiduamente il tempio e che invece di servire la comunità, amano essere considerati importanti, e questo è sintomo di estrema superbia.
Certi integralismi degli uomini, hanno allontanato i fedeli a loro affidati, come pecore ai pastori, dal cuore di Dio e non per rispetto al nome del Signore, ma per non voler perdere il potere e non saper vedere con quanto amore Dio è sceso tra i suoi figli e non sentire quanta e quale misericordia c’è nelle parole di Gesù che grazie alla sua chiesa ci sono state riferite dagli evangelisti.
Mi sembra di leggere questa grande amarezza nel cuore di Gesù, quella di chi parla d’amore, cerca di salvarci e riceve solo ingiurie e ostilità, perché sembra quasi che noi uomini di tutti i tempi, non riusciamo a capire che in quello che il Signore ci dice, non c’è un desiderio di sottometterci al suo nome, ma di elevarci nel suo Spirito.
Senza di Lui noi siamo preda del nostro nemico, che ci può distruggere e solo con Gesù potremo salvarci, col suo aiuto. Ho spesso davanti agli occhi la scena dei due ladroni crocefissi accanto a Gesù, quello che rifiuta fino alla fine di riconoscere in Cristo il figlio di Dio e muore da solo e quello che salva la sua vita morendo con lui e dicendo semplicemente, ricordati di me, quando sarai in paradiso.

martedì 18 novembre 2014

(Lc 19,11-28) Perché non hai consegnato il mio denaro a una banca?

VANGELO
(Lc 19,11-28) Perché non hai consegnato il mio denaro a una banca?
+ Dal Vangelo secondo Luca
In quel tempo, Gesù disse una parabola, perché era vicino a Gerusalemme ed essi pensavano che il regno di Dio dovesse manifestarsi da un momento all’altro. Disse dunque: «Un uomo di nobile famiglia partì per un paese lontano, per ricevere il titolo di re e poi ritornare. Chiamati dieci dei suoi servi, consegnò loro dieci monete d’oro, dicendo: “Fatele fruttare fino al mio ritorno”. Ma i suoi cittadini lo odiavano e mandarono dietro di lui una delegazione a dire: “Non vogliamo che costui venga a regnare su di noi”. Dopo aver ricevuto il titolo di re, egli ritornò e fece chiamare quei servi a cui aveva consegnato il denaro, per sapere quanto ciascuno avesse guadagnato. Si presentò il primo e disse: “Signore, la tua moneta d’oro ne ha fruttate dieci”. Gli disse: “Bene, servo buono! Poiché ti sei mostrato fedele nel poco, ricevi il potere sopra dieci città”. Poi si presentò il secondo e disse: “Signore, la tua moneta d’oro ne ha fruttate cinque”. Anche a questo disse: “Tu pure sarai a capo di cinque città”. Venne poi anche un altro e disse: “Signore, ecco la tua moneta d’oro, che ho tenuto nascosta in un fazzoletto; avevo paura di te, che sei un uomo severo: prendi quello che non hai messo in deposito e mieti quello che non hai seminato”. Gli rispose: “Dalle tue stesse parole ti giudico, servo malvagio! Sapevi che sono un uomo severo, che prendo quello che non ho messo in deposito e mieto quello che non ho seminato: perché allora non hai consegnato il mio denaro a una banca? Al mio ritorno l’avrei riscosso con gli interessi”. Disse poi ai presenti: “Toglietegli la moneta d’oro e datela a colui che ne ha dieci”. Gli risposero: “Signore, ne ha già dieci!”. “Io vi dico: A chi ha, sarà dato; invece a chi non ha, sarà tolto anche quello che ha. E quei miei nemici, che non volevano che io diventassi loro re, conduceteli qui e uccideteli davanti a me”».Dette queste cose, Gesù camminava davanti a tutti salendo verso Gerusalemme.
Parola del Signore

LA MIA RIFLESSIONE
PREGHIERA
Vieni o Spirito di Dio e illumina la mia mente, metti la tua sapienza al mio servizio, perché io possa servirti.
Prima di tutto, dobbiamo considerare che i talenti che il Signore ci mette a disposizione, a volte non sono così chiari neanche a noi stessi, infatti, spesso facciamo della nostra vita un groviglio di cose senza senso, commettendo errori che ci portano a perdere gran parte del nostro tempo a rimpiangere quello che abbiamo perduto ed a commiserarci o arrabbiarci per quello che non abbiamo. Cominciamo a capire qualcosa sempre troppo tardi, e ad apprezzarci per quello che siamo, solo se ci guardiamo con gli occhi di chi ci apprezza per le nostre doti, ma spesso sono falsi apprezzamenti, rispetto a false doti. Quello che invece in questa parabola si vuole rilevare, è l’aspetto cristiano della cosa, quello che ci fa considerare, anche con nostro estremo disappunto, che noi non siamo niente e non abbiamo niente senza il nostro Dio.
Diamo per scontato che quello che abbiamo è nostro, che ci appartiene, ma non è vero, è tutto dono di Dio, perché la vita stessa è dono. Nella parabola dopo aver distribuito i doni, il nobile parte e lascia i suoi servi da soli per tornare ad esprimere il suo giudizio.
Ci chiediamo perché ad ognuno doni diversi; perché a chi più e a chi meno, ma nessuno di noi fa quella che è l’unica cosa giusta da fare: guardare al nostro dono. Vedere di far crescere quel seme che il Signore ha messo nel nostro cuore, semplicemente cercando di svilupparlo così come facciamo con tutti i nostri sensi, con tutta la nostra persona.
Impariamo ad usare la parola, ma non tutto quello che diciamo è uguale, e nessuno se ne meraviglia. Abbiamo la vista e sappiamo grazie a questa leggere, ma non tutti sappiamo leggere nello stesso modo.
Pochi giorni fa leggevo la storia di un grande attore che fu chiamato a leggere una pagina del vangelo e la lesse in modo perfetto, fermandosi nei punti giusti, con la giusta intonazione, ma quando toccò al piccolo prete di campagna, alla gente che ascoltava, quella pagina non riempì solo le orecchie, ma il cuore e i sentimenti vibrarono come corde di violino….
Il piccolo seme di figlio di Dio cresce in noi, cerchiamo di non farlo avvizzire, di non farlo soffocare dalla gramigna, cerchiamo di mettere tutto nelle mani di Dio, cominciando dalla nostra vita, saprà lui come farla fruttare.

lunedì 17 novembre 2014

preghiera


(Lc 19,1-10) Il Figlio dell’uomo era venuto a cercare e a salvare ciò che era perduto.

VANGELO
(Lc 19,1-10) Il Figlio dell’uomo era venuto a cercare e a salvare ciò che era perduto.
+ Dal Vangelo secondo Luca
In quel tempo, Gesù entrò nella città di Gèrico e la stava attraversando, quand’ecco un uomo, di nome Zacchèo, capo dei pubblicani e ricco, cercava di vedere chi era Gesù, ma non gli riusciva a causa della folla, perché era piccolo di statura. Allora corse avanti e, per riuscire a vederlo, salì su un sicomòro, perché doveva passare di là. Quando giunse sul luogo, Gesù alzò lo sguardo e gli disse: «Zacchèo, scendi subito, perché oggi devo fermarmi a casa tua». Scese in fretta e lo accolse pieno di gioia. Vedendo ciò, tutti mormoravano: «È entrato in casa di un peccatore!». Ma Zacchèo, alzatosi, disse al Signore: «Ecco, Signore, io do la metà di ciò che possiedo ai poveri e, se ho rubato a qualcuno, restituisco quattro volte tanto». Gesù gli rispose: «Oggi per questa casa è venuta la salvezza, perché anch’egli è figlio di Abramo. Il Figlio dell’uomo infatti è venuto a cercare e a salvare ciò che era perduto».
Parola del Signore

LA MIA RIFLESSIONE
PREGHIERA
Vieni Spirito Di Dio e fa che la mia mente non sia offuscata dalle mie idee, ma fa che io possa veramente svuotarmi di me stessa per fare posto a quello che Tu imprimi nella mia mente e nel mio cuore.
Prima che Gesù passasse di lì, Zaccheo era solo un uomo che viveva la sua vita secondo gli schemi del mondo, in fondo come tutti quelli che si sono ben inseriti, che hanno un bel lavoro, che hanno raggiunto un certo benessere e che non guardano tanto per il sottile, pur di raggiungere il loro scopo.
Era un piccolo uomo che in fondo aveva tutto, ed era riuscito ad apparire soddisfatto, ma evidentemente non era poi così, perchè nonostante sia appagato dal suo lavoro che gli rende bene (esattore dei tributi) cerca di nascosto Gesù, forse un po’ per curiosità, forse per gelosia verso chi vede guarito dall’ incontro col Signore, ma non vuole essere lui ad andare a chiedere e si nasconde tra le foglie di un sicomoro, come per osservare senza essere visto. Ma Gesù lo vede e legge nel suo cuore, perché quello che non è possibile agli uomini, è possibile a Dio e la sua risposta non si fa attendere: - «Zacchèo, scendi subito, perché oggi devo fermarmi a casa tua».
Come la trova non importa, sa che è la casa di un peccatore, è il cuore di una persona che non ha certo vissuto un’esistenza pulita, ma a Gesù non importa, non è venuto per i giusti, ma per i peccatori, l’ ha detto tante volte.
La sua insoddisfazione era latente e si percepisce anche dal fatto che si rende subito conto di dover fare qualcosa per rimettersi in riga, come restituire il maltolto e fare la carità ai bisognosi e a Gesù non è sfuggito al bisogno di pace di Zaccheo. Lo ha scorto e lo ha chiamato, ed ecco che tutto quello che contava prima per Zaccheo, non conta più nulla, è disposto a rinunciare a tutto pur di diventare suo discepolo.
La risposta del Signore è immediata, alla chiamata accorata del pentimento, corrisponde la salvezza, che è per tutti i figli di Dio che si smarriscono nel mondo e vogliono essere riaccolti nella casa del Padre, anche per i più ostinati peccatori, perché Gesù è venuto per offrire se stesso per la salvezza di chi si è perduto.
Zaccheo era una strana persona, che in fondo ci somiglia, perché trova giustificazione a tutto quello che compie, anche ai soprusi e alle azioni disoneste, quasi legittimandole, ma di fronte alla luce di Dio, si arrende. Il fatto di sentirsi accettato da Gesù, abbracciato nonostante, come tutti i peccatori, non se ne senta degno, lo riempie di gioia e lo fa capitolare; immediatamente si converte e promette di riparare al male compiuto restituendo il maltolto ed aiutando i poveri.
Quest’uomo ha capito che la vera conversione viene da Gesù e che in lui si resta soltanto vivendo da fratelli, e amando il prossimo così come siamo amati e perdonati dal Signore.
Mettere immediatamente le nostre scarpe nelle sue impronte per seguire ogni suo passo, per non sbagliare strada, perché Dio ci cerca con amore, ci perdona per amore e non ci giudica, ma ci aiuta a diventare migliori. L’idea che noi abbiamo prevalente di un Dio che giudica è dovuta ai nostri sensi di colpa, verso chi sentiamo come un Padre buono, ma non riusciamo a ricambiare e sappiamo di non meritare.Come spesso mi trovo a ripetere, l’amore di Gesù è veramente singolare, non ha schemi prefissati, ma è veramente a 360°, è per tutti. 

domenica 16 novembre 2014

Riflessione (traccia) 33 domenica ordinario A

(Lc 18,35-43) Che cosa vuoi che io faccia per te? Signore, che io veda di nuovo!

VANGELO
(Lc 18,35-43) Che cosa vuoi che io faccia per te? Signore, che io veda di nuovo!
+ Dal Vangelo secondo Luca

Mentre Gesù si avvicinava a Gèrico, un cieco era seduto lungo la strada a mendicare. Sentendo passare la gente, domandò che cosa accadesse. Gli annunciarono: «Passa Gesù, il Nazareno!». Allora gridò dicendo: «Gesù, figlio di Davide, abbi pietà di me!». Quelli che camminavano avanti lo rimproveravano perché tacesse; ma egli gridava ancora più forte: «Figlio di Davide, abbi pietà di me!». Gesù allora si fermò e ordinò che lo conducessero da lui. Quando fu vicino, gli domandò: «Che cosa vuoi che io faccia per te?». Egli rispose: «Signore, che io veda di nuovo!». E Gesù gli disse: «Abbi di nuovo la vista! La tua fede ti ha salvato». Subito ci vide di nuovo e cominciò a seguirlo glorificando Dio. E tutto il popolo, vedendo, diede lode a Dio.

Parola del Signore




La mia riflessione
Preghiera
O Dio che mi ha voluto in questo mondo, per partecipare alla vita, fa che io possa sempre camminare al tuo fianco e che mi lasci condurre sempre e solo dal Tuo Santo Spirito. Per Cristo nostro Signore. Amen.

Voglio seguirti Signore, dammi la mano, guidami se io sono cieca, fa che io sappia sempre riconoscere la tua mano che mi guida e non mi lasci condurre da chi mi tira da tutte le parti.
Spesso siamo costretti a gridare: dove sei Signore? Vieni a salvarmi, perché ci sembra che Dio ci perda di vista, ma siamo noi che non riusciamo a vederlo, noi che passiamo sotto alla croce come se la cosa non ci riguardasse, noi che non vogliamo condividere il dolore, ma solo la gloria. Eppure la gloria passa dalla croce e, se io sono così fortunata di sentire che la mia è leggera, voglio gridare ancora Gesù, per la croce di quei fratelli che sembrano soccombere sotto al suo peso.
Siamo ciechi se siamo insensibili al dolore dei fratelli, se non sappiamo aiutare chi si sta facendo trascinare verso la perdizione.
Essere cristiano, vuol dire essere corpo di Cristo, non mi stancherò mai di ripeterlo, quindi tutti siamo indispensabili gli uni agli altri, per far vivere questo corpo, e tutti dobbiamo fare la nostra parte, come se fossimo dei piccoli medici che sanano le parti ferite e la medicina è la nostra preghiera, che se urlata con la voce del cuore, arriverà al Signore.
Amiamo fratelli, amiamo chi è lontano, chi sbaglia, chi non sa perdonare, chi ha il cuore ferito, chi non conosce il Signore; amiamo e chiediamo al Signore di donare anche a loro la fede, amiamo e con amore sincero andiamo controcorrente e cerchiamo di combattere contro l’ indifferenza,  di saper aiutare nel bisogno i fratelli invece di mettere a tacere la nostra coscienza, cerchiamo di saper ascoltare più che parlare, cerchiamo di sentirci tutti parte dello stesso corpo.
Ascoltiamo ed ascoltiamoci, cerchiamo dentro di noi le nostre paure, le nostre incertezze, la nostra piccola fede che urla, aiutami Signore! 
Fa che io veda le mie infermità, che io riconosca la mia piccolezza, perchè è nella mia superbia che io divento piccola; nella mia mancanza d' amore che divento egoista; nella mia inquietudine che ti cerco; nella rabbia che ti perdo; nell'orgoglio che ti rifiuto.
Fa questo per me Signore mio, fa che io veda !

sabato 15 novembre 2014

(Mt 25,14-30) Sei stato fedele nel poco, prendi parte alla gioia del tuo padrone.

VANGELO 
(Mt 25,14-30) Sei stato fedele nel poco, prendi parte alla gioia del tuo padrone. 
Dal Vangelo secondo Matteo

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli questa parabola: «Avverrà come a un uomo che, partendo per un viaggio, chiamò i suoi servi e consegnò loro i suoi beni. A uno diede cinque talenti, a un altro due, a un altro uno, secondo le capacità di ciascuno; poi partì. Subito colui che aveva ricevuto cinque talenti andò a impiegarli, e ne guadagnò altri cinque. Così anche quello che ne aveva ricevuti due, ne guadagnò altri due. Colui invece che aveva ricevuto un solo talento, andò a fare una buca nel terreno e vi nascose il denaro del suo padrone.Dopo molto tempo il padrone di quei servi tornò e volle regolare i conti con loro. Si presentò colui che aveva ricevuto cinque talenti e ne portò altri cinque, dicendo: “Signore, mi hai consegnato cinque talenti; ecco, ne ho guadagnati altri cinque”. “Bene, servo buono e fedele – gli disse il suo padrone –, sei stato fedele nel poco, ti darò potere su molto; prendi parte alla gioia del tuo padrone”. Si presentò poi colui che aveva ricevuto due talenti e disse: “Signore, mi hai consegnato due talenti; ecco, ne ho guadagnati altri due”. “Bene, servo buono e fedele – gli disse il suo padrone –, sei stato fedele nel poco, ti darò potere su molto; prendi parte alla gioia del tuo padrone”. Si presentò infine anche colui che aveva ricevuto un solo talento e disse: “Signore, so che sei un uomo duro, che mieti dove non hai seminato e raccogli dove non hai sparso. Ho avuto paura e sono andato a nascondere il tuo talento sotto terra: ecco ciò che è tuo”. Il padrone gli rispose: “Servo malvagio e pigro, tu sapevi che mieto dove non ho seminato e raccolgo dove non ho sparso; avresti dovuto affidare il mio denaro ai banchieri e così, ritornando, avrei ritirato il mio con l’interesse. Toglietegli dunque il talento, e datelo a chi ha i dieci talenti. Perché a chiunque ha, verrà dato e sarà nell’abbondanza; ma a chi non ha, verrà tolto anche quello che ha. E il servo inutile gettatelo fuori nelle tenebre; là sarà pianto e stridore di denti”».

Parola del Signore.



LA MIA RIFLESSIONE
PREGHIERA
Vieni Spirito del Signore a completare con la tua sapienza, i doni che Dio ci ha voluto fare dal momento della nostra creazione nel Suo pensiero divino.

Ho riflettuto spesso su questa pagina del Vangelo ( http://bricioledivangelo.blogspot.it/2014/08/mt-2514-30-sei-stato-fedele-nel-poco.html ) ma oggi vorrei pensare ad altro; a questi benedetti talenti così diversamente distribuiti !Da bambina ho imparato che Dio è buono e giusto, come conciliare questo con questa diversità di talenti? Come si spiega con il fatto che  c'è chi nasce più fortunato e chi meno?
nell'88 comperai un libro che si intitola "ABBRACCIATA DALLA LUCE",che consiglio di leggere ( file:///C:/Users/ISABELLA/Downloads/Eadie%20Betty%20J.%20-%20ABBRACCIATA%20DALLA%20LUCE%20(3).pdf )in cui molte sono le risposte che,romanzate o no, a me piace accettare come probabili, specialmente da pag 42 in poi. Invece di pensare alla differenza di talenti,cerchiamo di non sprecarne neanche una briciola, perchè se non li facciamo fruttare,se non riusciamo ad unirli a quelli dei nostri fratelli,non riusciremo mai a raggiungere l'unità con Dio e con i fratelli, perchè per come la vedo io noi siamo una parte di un insieme. 

venerdì 14 novembre 2014

(Lc 18,1-8) Dio farà giustizia ai suoi eletti che gridano verso di lui.

VANGELO 

(Lc 18,1-8) Dio farà giustizia ai suoi eletti che gridano verso di lui.
+ Dal Vangelo secondo Luca

In quel tempo, Gesù diceva ai suoi discepoli una parabola sulla necessità di pregare sempre, senza stancarsi mai: «In una città viveva un giudice, che non temeva Dio né aveva riguardo per alcuno. In quella città c’era anche una vedova, che andava da lui e gli diceva: “Fammi giustizia contro il mio avversario”. Per un po’ di tempo egli non volle; ma poi disse tra sé: “Anche se non temo Dio e non ho riguardo per alcuno, dato che questa vedova mi dà tanto fastidio, le farò giustizia perché non venga continuamente a importunarmi”». E il Signore soggiunse: «Ascoltate ciò che dice il giudice disonesto. E Dio non farà forse giustizia ai suoi eletti, che gridano giorno e notte verso di lui? Li farà forse aspettare a lungo? Io vi dico che farà loro giustizia prontamente. Ma il Figlio dell’uomo, quando verrà, troverà la fede sulla terra?»



LA MIA RIFLESSIONE
PREGHIERA
Vieni o Spirito Santo e riempi il mio cuore della tua sapienza e dell’ amore di Dio, perché solo con questo amore nel cuore io posso leggere e capire i concetti che Gesù vuole esprimere con la sua parola.

Un brano questo che mette in risalto l’ importanza di pregare sempre ed incessantemente; ma non di una preghiera fatta di parole ripetitive, ma che diventa vita in comune con Dio.
Ci sono tante “scuole di preghiera”, ma probabilmente la più alta è quella dello Spirito Santo, che dona a piene mani la gioia della preghiera a chi la invoca in continuazione.
La vedova chiede giustizia, questa piccola donna insiste presso il suo re, fino a che non ottiene di essere accontentata, ma non per amore o per pietà, solo per stanchezza. Se un re che non è misericordioso, ma disonesto, sa dare giustizia, quanta ne darà il nostro Padre celeste?
Nella prima lettura leggiamo una scena che ha quasi del comico, Mosè che alza le mani in preghiera e la sua gente vince,  ma poi si stanca e i suoi soldati cominciano a perdere, allora, capendo quanto è importante nella lotta la preghiera a Dio, si siede e due uomini gli tengono le braccia alzate al cielo.
Che cosa è la preghiera? Perché con tanta insistenza c’è chiesta da Gesù? Forse gode nell’ essere adulato il nostro Dio? È quindi un Dio vanitoso? No, anzi tutto il contrario. È per noi che ci chiede di insistere nella preghiera, perché possa levigarci l’ anima e renderla piena della grazia di Dio, è per entrare e rimanere in noi che Gesù ci chiede di pregare continuamente, di fare della nostra vita preghiera.
Farci scavare dalla parola di Dio e dalla preghiera, farci scavare dei profondi solchi che Dio riempie del suo amore, perché noi gliene diamo la possibilità, perché vogliamo essere con Lui una cosa sola. Quando si sta con una persona che fa tutto per amore nostro, s’ impara ad amarla, e quest’ amore diventa reciproco; ma se noi trascuriamo di stare con chi ci ama, se lo ignoriamo, se lo facciamo soffrire con la nostra lontananza, non possiamo certo dire di amarlo.
Sempre meno fede nel mondo e sempre più egoismo, basta leggere i giornali e vediamo come la cattiveria e la stupidità umana ogni giorno toccano il limite, e si pensa che sia il massimo, ma poi un altro delitto ancora più orribile, un’altra strage, un’altra violenza…sembra che il male non abbia mai fine….

E il bene dov’è?  È qui silenzioso, in quella donna che assiste il marito invalido; in quel vecchio stanco che con le ossa doloranti va a prendere il nipotino a scuola ogni giorno; in quella moglie che stanca e imbruttita dalla miseria, prepara una cena frugale ma amorevole per il marito che torna sempre più amareggiato e che con un sorriso stanco la accarezza con gli occhi; è in quella figlia che assiste la mamma ammalata e i fratelli più piccoli senza mai lamentarsi; è in quel soldato che per portare la libertà ad una popolazione schiava dei prepotenti, vive lontano di casa, e spesso muore per gente che neanche conosce, ma che si sente cittadino del mondo. Quando tornerà come ci troverà? Dalla parte dei buoni o da quella dei cattivi?

giovedì 13 novembre 2014

Fare i conti con l'amore


(Lc 17,26-37) Così accadrà nel giorno in cui il Figlio dell’uomo si manifesterà.

VANGELO
(Lc 17,26-37) Così accadrà nel giorno in cui il Figlio dell’uomo si manifesterà. 
+ Dal Vangelo secondo Luca
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli:«Come avvenne nei giorni di Noè, così sarà nei giorni del Figlio dell’uomo: mangiavano, bevevano, prendevano moglie, prendevano marito, fino al giorno in cui Noè entrò nell’arca e venne il diluvio e li fece morire tutti. Come avvenne anche nei giorni di Lot: mangiavano, bevevano, compravano, vendevano, piantavano, costruivano; ma, nel giorno in cui Lot uscì da Sòdoma, piovve fuoco e zolfo dal cielo e li fece morire tutti. Così accadrà nel giorno in cui il Figlio dell’uomo si manifesterà. In quel giorno, chi si troverà sulla terrazza e avrà lasciato le sue cose in casa, non scenda a prenderle; così, chi si troverà nel campo, non torni indietro. Ricordatevi della moglie di Lot. Chi cercherà di salvare la propria vita, la perderà; ma chi la perderà, la manterrà viva. Io vi dico: in quella notte, due si troveranno nello stesso letto: l’uno verrà portato via e l’altro lasciato; due donne staranno a macinare nello stesso luogo: l’una verrà portata via e l’altra lasciata». Allora gli chiesero: «Dove, Signore?». Ed egli disse loro: «Dove sarà il cadavere, lì si raduneranno insieme anche gli avvoltoi».
Parola del Signore



LA MIA RIFLESSIONE
PREGHIERA
Vieni o Santo Spirito e illumina il mio cure e la mia mente. Fa che oggi parola del Signore mi diventi chiara alla luce della tua sapienza, per Cristo nostro Signore. Amen.
Gesù continua a richiamare la nostra attenzione al momento in cui verrà il suo regno, ma non lo fa cercando di addolcirci la pillola, perché tutte le sue parole sono già un avvertimento,e non dobbiamo pensare di dover cercare i segni e gli avvertimenti,ma dobbiamo invece cercare di essere pronti in qualunque momento ,per quel giorno,perché è questo che conta e da questo dipende la nostra salvezza.L’esempio che ci fa Luca è molto chiaro,Lot è stato avvisato dall’ angelo che avrebbe distrutto quella città che era dedita al vizio e al peccato,come ai tempi di Noè facevano gli abitanti della terra,e dice a Lot come fare per mettersi in Salvo.Pone il punto sul fatto di non avere desideri per le cose terrene,né rimpianto per una vita smodata,né curiosità su come e quando verrà quel giorno ,ma attenzione a non pensare di essere giusti e di non aver bisogno di mantenere salda la nostra fede,perché sarà facile cadere se non sapremo mantenere vivo il nostro amore per il Signore,se non sapremo morire a noi stessi e vivere in Cristo Gesù.

mercoledì 12 novembre 2014

(Lc 17,20-25) Il regno di Dio è in mezzo a voi.

VANGELO
 (Lc 17,20-25) Il regno di Dio è in mezzo a voi. 
+ Dal Vangelo secondo Luca

In quel tempo, i farisei domandarono a Gesù: «Quando verrà il regno di Dio?». Egli rispose loro: «Il regno di Dio non viene in modo da attirare l’attenzione, e nessuno dirà: “Eccolo qui”, oppure: “Eccolo là”. Perché, ecco, il regno di Dio è in mezzo a voi!».Disse poi ai discepoli: «Verranno giorni in cui desidererete vedere anche uno solo dei giorni del Figlio dell’uomo, ma non lo vedrete. Vi diranno: “Eccolo là”, oppure: “Eccolo qui”; non andateci, non seguiteli. Perché come la folgore, guizzando, brilla da un capo all’altro del cielo, così sarà il Figlio dell’uomo nel suo giorno. Ma prima è necessario che egli soffra molto e venga rifiutato da questa generazione».

Parola del Signore


LA MIA RIFLESSIONE
PREGHIERA
Vieni o Santo Spirito e guidami alla conoscenza del pensiero di Dio. Fa che io non veda altro che quello che Tu mi vuoi mostrare, che possa sempre più rinunciare al mio io per il mio Dio. Catastrofi, segni ed eventi, tutti cercano di scrutare il futuro, e questo denota paura e curiosità da parte della gente, ma troppo spesso si ferma al “cercare dei segni “fuori di noi. Per quello che io riesco a percepire, tutto questo ha solo un senso d’avvertimento, un richiamo, un monito per tenerci desti e deciderci per fare definitivamente la nostra scelta, ma è molto relativo rispetto a quello che dovremmo fare. Gesù c’invita a non cercare questi segni, ma a vivere già su questa terra da figli di Dio, ad essere partecipi del progetto di salvezza che il Padre ha per tutti i suoi figli, e ad entrare in quella che io definisco con molto coraggio e molta semplicità, la nostra famiglia divina. Svegliarsi al mattino e riconoscerci dal primo istante di veglia appartenenti a Dio tracciando il segno della croce, cominciare a trafficare per casa, al lavoro, in famiglia ed in ogni nostro interesse tenendo presente continuamente che la nostra vita sulla terra non è solo un passaggio inutile, una prova alla quale siamo sottoposti per vedere se superiamo un esame, ma uno scegliere di essere già da adesso come il Signore ci desidera. Dio non è un dittatore, né un prepotente, ma scegliere per lui ci costringe a scelte che vanno controcorrente, addirittura in alcune occasioni ci portano a fare delle scelte ben precise, e spesso dolorose, perché conversione significa tornare indietro, alla nostra origine, al nostro piccolo dna di figli di Dio, che abbiamo nel cuore e che per anni, purtroppo abbiamo soffocato cercando di appartenere a questa terra più che a questo cielo. Solo un anno fa c’era una persona su fb che mi chiedeva di aiutarlo a credere, a pregare, ad affidarsi a Dio, in un paio di mesi l’ho sentito trasformarsi da pulcino impaurito a credente sincero, pronto ad affrontare la malattia ed offrirla a Maria per le anime che come lui erano lontane da Gesù. Ho vissuto in diretta un corso accelerato d’amore da parte di Dio per questo suo figlio che aveva perso la strada di casa ed in un momento drammatico della sua vita, se n’era reso conto ed aveva chiesto una mano per tornare a casa. La porta stretta è qui amici, è la decisione di non volere altro di appartenere a Dio, di essere abbracciati quando la paura vorrebbe farti soccombere alla disperazione, la scelta di fidarsi di Dio e di mettere nelle sue mani la nostra vita. Santi si, e da subito!

martedì 11 novembre 2014

(Lc 17,11-19) Non si è trovato nessuno che tornasse indietro a rendere gloria a Dio, all’infuori di questo straniero.

VANGELO
(Lc 17,11-19) Non si è trovato nessuno che tornasse indietro a rendere gloria a Dio, all’infuori di questo straniero.
+ Dal Vangelo secondo Luca
Lungo il cammino verso Gerusalemme, Gesù attraversava la Samarìa e la Galilea. Entrando in un villaggio, gli vennero incontro dieci lebbrosi, che si fermarono a distanza e dissero ad alta voce: «Gesù, maestro, abbi pietà di noi!». Appena li vide, Gesù disse loro: «Andate a presentarvi ai sacerdoti». E mentre essi andavano, furono purificati. Uno di loro, vedendosi guarito, tornò indietro lodando Dio a gran voce, e si prostrò davanti a Gesù, ai suoi piedi, per ringraziarlo. Era un Samaritano. Ma Gesù osservò: «Non ne sono stati purificati dieci? E gli altri nove dove sono? Non si è trovato nessuno che tornasse indietro a rendere gloria a Dio, all’infuori di questo straniero?». E gli disse: «Àlzati e va’; la tua fede ti ha salvato!».

Parola del Signore

LA MIA RIFLESSIONE
PREGHIERA
Vieni o Spirito Santo di Dio, su di me ed insegnami a lasciarmi penetrare dalla tua sapienza. Fa che nulla ostacoli la nostra unione, per il nostro Signore Gesù Cristo, che mi ha affidato alle tue cure per l’eternità. Grazie amen.
Il Vangelo di oggi ci parla di un Gesù che opera miracoli in terra straniera, tra peccatori e pagani, di un maestro che è riconosciuto anche da chi non è di Gerusalemme e che non disdegna di fermarsi a guarire coloro che gli si rivolgono con fiducia.
Purtroppo anche se ricevono la grazia da Gesù tutti e dieci i lebbrosi, soltanto uno torna indietro a ringraziare, gli altri invece si comportano come se niente fosse, e non sentono neanche il bisogno di ringraziare. Sembra brutto vero?
Eppure noi lo facciamo tante volte al giorno, quando diamo per scontato che quello che va bene è merito nostro o comunque del caso, e ci ricordiamo di Dio soltanto quando qualcosa non va per il verso giusto.
A volte siamo veramente ridicoli, chiediamo la perfezione, la salute, la sicurezza… tutte cose che premiano la nostra presenza fisica, ma non cerchiamo mai il benessere spirituale, quello che ci dà invece la forza di affrontare la vita anche quando non va secondo i nostri canoni.
La lebbra che ci avvelena è quella dell’anima, sempre inquieta, sempre alla ricerca di una felicità esteriore che guarisce solo quando troviamo Gesù, ci lasciamo guarire e ci fermiamo vicino a lui, ossia, per dirla con le parole del vangelo, torniamo indietro, ci convertiamo a Lui, cambiamo vita per vivere l'amore con Lui.Se ascoltiamo la sua parola, ma non la facciamo nostra, non possiamo essere trasformati e salvati, ma restiamo solo degli uditori sonnecchianti che non riescono a percepire la voce dell'amore e della volontà di Dio.

lunedì 10 novembre 2014

Strada facendo ho incontrato Giulia. (Biografie e Memorie di Santi Moderni)(Mons. Arturo Bellini)

Strada facendo 

ho incontrato Giulia.

(Mons. Arturo Bellini)


Biografie e Memorie di
Santi Moderni


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Introduzione
Questa è una bellissima storia che merita di essere conosciuta e condivisa. E’ proprio vero… la santità appartiene alle persone più semplici, che amano la vita e sanno coglierne i profumi e i colori di ogni stagione, s’irradiano della luce del sole e riscaldano a loro volta i cuori di coloro che hanno la fortuna d’incontrarli per le strade del mondo, in una chiesa, in una scuola o in un letto d’ospedale.
Giulia Gabrieli è la protagonista di un viaggio stupendo nella vita, interrotto a causa di una terribile malattia che se l’è portata con sé, consegnandola tra le braccia del buon Dio la sera del 19 agosto 2011.
Ve la propongo in una veste grafica che racchiude la sua storia in una canzone, meglio ancora, una canzone che sembra scritta proprio per lei, Giulia, meraviglioso esempio di “moderna santità” in un mondo diventato troppo sordo e cieco di fronte alla sofferenza del prossimo.
Ha trasformato i suoi due anni di malattia in un inno alla vita, in un crescendo spirituale che l’ha portata a dialogare con la sua morte:      «Io ora so che la mia storia può finire solo in due modi: o, grazie a un miracolo, con la completa guarigione, che io chiedo al Signore perché ho tanti progetti da realizzare. E li vorrei realizzare proprio io. Oppure incontro al Signore, che è una bellissima cosa. Sono entrambi due bei finali. L’importante è che, come dice la beata Chiara Luce, sia fatta la volontà di Dio». Giulia era fatta così: diceva queste cose enormi, che a noi adulti tremolanti sembrano impronunciabili, con la lievità dei suoi quattordici anni.
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L’eterna gioia
Questa storia inizia con le parole di un bravo giornalista, Fabio Finazzi, scritte per il L’eco di Bergamo per raccontare con la vita nostra la risurrezione di Gesù. Per risorgere bisogna morire, anche se istintivamente ci ribelliamo all’evento, soprattutto quando coinvolge una ragazza di quattordici anni che desidera realizzare tutti i suoi progetti.
Il vescovo di Bergamo, Francesco Beschi, che con lei aveva intessuto un dialogo fitto e confidenziale, a Madrid, ai mille e più giovani bergamaschi presenti alla Giornata, aveva raccontato la storia di Giulia, ma non era al corrente che si fosse aggravata e che poi sarebbe andata “incontro al Signore” proprio durante la Via Crucis.
Di ritorno a Bergamo, qualche ora prima dei funerali, raccolto in preghiera con la famiglia, ha invitato a correggere così l’invocazione per i defunti: “l’eterno riposo” in “l’eterna gioia donale, Signore, splenda a lei la luce perpetua. Amen”.
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Con questa parola, gioia, di colpo così adeguata, finisce (o forse inizia), la storia di Giulia Gabrieli, la ragazza malata di tumore. Che è morta. Ma ce l’ha fatta. E giudicate voi, credenti o meno che siate, se tutto questo non è un miracolo…
Le piaceva molto scrivere ed era anche molto brava e il suo “sogno era scrivere un libro” e in questo l’ha aiutata un giornalista, scelto da lei, che l’ha amata come una figlia, senza che il padre ne fosse geloso, raccogliendo scritti, registrazioni di testimonianze, raccolta di confidenze e così si annuncia.
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Eccomi, mi presento. Mi chiamo Giulia, ho quattordici anni, per la precisione sono nata il 3 marzo 1997 a Bergamo. Ho un fratellino di nove anni, Davide. E, come tutti, due genitori, Sara e Antonio, ai quali voglio tantissimo bene. Sono sempre stata una ragazza normale e sognatrice: desideravo vivere un’avventura come quelle nei film fantascientifici.
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Ed ecco: l’1 agosto 2009 inizia la mia avventura in ospedale con una mano gonfia (la sinistra)…Questa tumefazione, dopo una serie di esami, è stata diagnosticata come un tumore, che mi ha costretta a sottopormi a una lunga serie di chemioterapie.
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L’unica cosa che all’inizio non ho voluto sapere è il nome della mia malattia. Mi sono detta: «Chi se ne frega, sinceramente, del nome scientifico. È pur sempre un tumore. Mi basta sapere questo e che devo curarlo con le chemioterapie».
Poi, a un certo punto, a metà delle terapie, ho voluto saperlo, il nome. È un po’ bruttino: RABDOMIOSARCOMA ALVEOLARE. No, non è carino come nome. Ci sono rimasta un po’ a occhi aperti. Poi mi sono ripresa. Perché bisogna sempre sapere con chi si ha a che fare…
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Sogno di scrivere un libro
Sogno di scrivere un libro per raccontare una storia. La mia storia. Perché anch’io, prima, avevo paura. Avevo paura della malattia, avevo il terrore dell’ospedale. Finché non ci metti piede non sai niente di come si vive dentro. Non pensavo proprio che potessero esistere così tante persone che soffrono, così tanti bambini che stanno male e che sono costretti a curarsi. Io credevo che i tumori fossero una cosa molto rara, invece adesso sono molto frequenti, purtroppo.
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Sogno di scrivere un libro perché ci sono molte persone che sfidano la vita – per esempio quando iniziano a drogarsi – e non si rendono conto che, allo stesso tempo, ci sono tante persone che stanno lottando per avere la vita. È questo che voglio far capire!
È una cosa assurda: io sono qui a combattere per vivere. E ci sono persone, anche della mia età, quattordici anni, prima con la sigaretta in bocca, poi passano all’alcol, poi alla droga… Sembra assurdo dirlo, ma in realtà succede veramente. Io lotto per la vita, loro la buttano via.
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Sogno di scrivere un libro perché devo proprio ringraziare il Signore che mi ha dato tanta-tanta tanta forza. Voglio sottolineare con forza l’importanza delle persone che ti stanno vicine e della preghiera: io ringrazio il Signore di avermi donato, attraverso la malattia che è ritornata, una seconda chance per capire quanto mi vuole bene.
E ora io spero che le persone lo capiscano attraverso il libro, non attraverso la malattia.
Perché la mia situazione non la auguro a nessuno, nonostante io la viva bene. Però, alle persone a cui è capitato, voglio proprio far capire che non è così brutto, non si possono passare le giornate a lamentarsi. Sì, certo, mentre faccio le chemioterapie sto anch’io male e mi chiedo: «Perché è successo proprio a me?». Poi però, quando sto meglio dico: «Ma sì, dai, adesso è passato» e ci rido sopra.
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È questo che voglio dire alle persone malate: «Rideteci sopra». A chi invece sta bene: «Aiutate le persone che sono malate ad accettare la loro malattia e a conviverci, sarà tutto più semplice!». Sogno di scrivere un libro, e questa è la cosa che conta di più, per dire che Lui c’è, che ci sta sempre accanto.
Quando i medici hanno capito che malattia avevo, mi hanno detto: “Guarda che abbiamo scoperto che purtroppo è un tumore.Però è guaribile, te lo assicuriamo che guarirai”. Allora io non capivo perché mia mamma pregava così tanto.
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Mi dicevo: «Tanto guarisco sicuramente, qual è il problema? Non c’è bisogno di fare tutte quelle preghiere». Quando la malattia si è riformata per la seconda volta, allora finalmente ho capito! Io devo pregare il Signore affinché lui mi doni, attraverso le chemioterapie, la grazia della guarigione.
Ma questo non basta: noi dobbiamo pregarlo affinché lui ci dia la forza di andare avanti, di sopportare le cure, di accettarle! Quest’anno io spero di guarire, ma anche se ciò non dovesse accadere so che lui mi è sempre vicino e mi dà la forza di andare avanti.
Inoltre, con la mia sofferenza, sto salvando tantissime altre persone e di questo sono felice! Come Chiara Luce Badano, beatificata nel 2010.
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La fede è la cosa che mi sta aiutando più di tutto ad andare avanti. Il pensiero che c’è un Dio che mi protegge e che fa di tutto perché le cose vadano al meglio, mi carica, mi dà questa grandissima forza…
E in questo mi sta sostenendo molto una ragazza, la beata Chiara Luce Badano: anche lei ha avuto vent’anni fa un tumore e purtroppo, vent’anni fa, non c’erano ancora i mezzi adeguati per curare. Lei è morta, però ha saputo vivere questa esperienza in modo così luminoso e solare, che per me è un grande esempio.
Voglio imparare a seguirla, raccogliere il suo testimone, fare quello che lei è riuscita a fare nonostante la malattia. La malattia non è stato un modo per allontanarsi dal Signore, ma per avvicinarsi a lui e al suo grande amore.
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Il palloncino dell’amore
Ma c’è un’altra esperienza che ha cambiato profondamente la mia fede: i due viaggi a Medjugorje. Per me sono stati davvero una grazia. Non c’è una parola che possa descrivere Medjugorje.
Io, per provare a spiegare cosa avviene, mi sono inventata questa immagine: la Madonna a Medjugorje è come se continuasse a soffiare in un palloncino. Soffia amore, soffia amore, soffia amore.
E questo palloncino diventa talmente grande che scoppia, perché non riesce più a contenere tutto l’amore della Madonna. Così l’amore va dappertutto e va a colmare ogni piccola mancanza del nostro cuore.
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Tutti vanno a Medjugorje perché manca loro qualcosa. Infatti lì si vedono tantissime grazie, tantissimi miracoli, tantissime conversioni, persone che pregano, che vanno a messa, che si confessano.
È bellissimo vedere quanta preghiera c’è, quante persone che si rivolgono al Signore e dicono: «Grazie per tutto quello che hai fatto per me». Io, oltre a recitare tutte le sere il rosario, parlo con la Madonna. Non so voi. Io le parlo, le chiedo di aiutarmi ad andare avanti.
La Madonna è la mia mammina. Quando sto male, dico subito: «Mamma, vieni in mio aiuto, mamma tu che hai sofferto tantissimo vedendo tuo figlio crocifisso guarda me che sto soffrendo anch’io, aiutami, di’ a tuo figlio di aiutarmi, come hai fatto alle nozze di Cana, quando gli hai detto di portare un po’ di vino perché era finito. Ricorda a tuo figlio che sto male, digli di aiutarmi a stare un po’ meglio».
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Il Cristo risorto
A Medjugorje, c’è una bellissima statua del Cristo Risorto. C’è una grossa croce di bronzo, con scavato dentro la forma di un corpo, e un Cristo imponente che si eleva verso l’alto.  Di solito, la croce sta in piedi. Invece lì la croce sta in terra, come dire che lui lascia la morte: la croce sulla nostra terra, mentre lui si eleva verso l’Altissimo.  Lì c’è la vita eterna, siamo leggeri, siamo sospesi, perché è l’amore del Signore che ci innalza verso di lui.
È una cosa bellissima, proprio rappresenta benissimo la risurrezione: la croce grossa, scavata al suo interno, questo segno così pesante, così opprimente, esiste solo sulla terra. In cielo, invece, c’è la leggerezza.
Forza, vai avanti, Dio è con te.
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Ho passato dei momenti molto duri. In particolare, in un periodo in cui ho avuto una reazione di insofferenza a un farmaco, durata alcuni giorni.  Ero arrivata a un punto cruciale: ero nervosissima, mi tremava tutto il corpo e piangevo tutto il giorno. ­­
Continuavo a dire ai miei genitori: «Ma Dio dov’è? Adesso che sto malissimo, ho addosso di tutto, Dio dov’è, lui che dice che posso pregare, può fare grandi miracoli, può alleviare tutti i dolori, perché non me li leva? Dov’è? Perché sta a guardare?». Ero arrabbiata, in quei giorni ho fatto una fatica tremenda a pregare, era proprio difficile.  Mi sbagliavo, fortunatamente. Ne ho avuto la conferma il giorno in cui sono dovuta andare a Padova, per fare la radioterapia.
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Giunta in ospedale l’apparecchiatura si è rotta. Ancora chiedevo a Dio: «Dove sei?». Allora sono andata nella basilica di Sant’Antonio e mi sono inginocchiata a pregare, tranquilla.
Vicino a me c’è una signora, mai vista prima. Non ci avevo fatto caso. Mi alzo per andare ad appoggiare la mano sulla tomba del Santo e arriva questa signora.
Arriva e mette la sua mano sopra la mia mano malata che, voglio farvi notare, non era fasciata, apparentemente era una bellissima mano normale.  Non mi ha detto niente, ma aveva un’espressione sul volto, come se mi volesse comunicare: «Forza, vai avanti, ce la fai, Dio è con te».
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Sono entrata arrabbiata, in lacrime, proprio in uno stato pietoso, sono uscita dalla basilica con il sorriso a cinquanta denti, con la gioia che Dio non mi ha mai abbandonata. Mai.
Dio, molto probabilmente, mi è stato ancora più vicino in quel periodo: ero talmente disturbata dal dolore che non riuscivo a sentirlo vicino, ma in realtà penso che lui mi stesse stringendo fortissimo. Quasi non ce la faceva più.
Una canzone speciale
Strada facendo è una canzone speciale per me. Quando sono giù, ascolto questa canzone, nella versione cantata da Laura Pausini, la mia preferita, e mi dà una grande carica. Sì, mi dona speranza.
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Mi trasmette una sensazione strana, mi trasmette serenità. Strada facendo vedrai che non sei più da sola, strada facendo troverai anche tu un gancio in mezzo al cielo… È come se mi dicesse: «Non ti preoccupare, che piano piano tutto volgerà al meglio».
Per la verità mi aiutano molto anche le canzoni di un cd di Chiara Luce. Una delle più belle s’intitola: Dio mi ama e già si capisce tutto. Un’altra s’intitola: Tutta per te. E a me viene da dire: «Signore, tutta la mia sofferenza io te la dono».
Poi c’è Una vita sola: «Se hai una vita sola, vivila al meglio, attimo per attimo». Infine Luce, che dice: «Corri corri, brilla accanto a me, corri, corri, dimmi che non c’è più nulla da temere. Non ti fermare, non avere paura».
La cosa strana è avere trovato, in una canzone che si può sentire comunemente alla radio e che conoscono tutti, un grande motivo di speranza. «Strada facendo vedrai che non sei più da sola…». Mi dice: «Vai avanti, dai che ce la fai, un gancio in mezzo al cielo lo trovi». Leggerezza mi dà…
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Con la malattia, ho cominciato a pensare alla morte. Non avevo paura di questa cosa… Se dovrà accadere, posso dire che per me è uguale. Certo, mi piacerebbe vivere una vita lunga, realizzare tutti i miei sogni. Però io la morte la vedo come una bella cosa non ho più paura di morire grazie a Chiara Luce Badano.
So che dopo la morte c’è il Signore, ritorno da lui. Lui è tanto buono, mi prende tra le sue braccia. C’è la Madonnina. Che bello conoscerli! Non vedo l’ora di vederli, di poterli conoscere e dirgli grazie per tutto quello che fanno per me. Mi piacerebbe, quando dovrà accadere, se accadrà, vorrei che il Signore mi ricevesse per quella che sono, Giulia Gabrieli.
Però, siccome a me piace essere sempre bella elegante, vorrei essere bella, elegante, ma quella che sono. Voglio il vestito che ho indossato alla comunione di Davide, che è tanto bello e mi sta tanto bene. Poi, in testa, sono un po’ indecisa se una parrucca o una bandana. Voglio che lui mi riceva per quella che sono. Ci vorrebbe proprio una bandana, sì, una bandana bianca. Un bouquet di fiori: quattro lilium, fiori da sposa, una rosa rossa al centro. La mia coroncina del beato Papa Giovanni Paolo II e poi sono a posto: niente trucco, niente di niente. Niente borsa, niente lustrini. Così, semplice. Solo con la mia coroncina al collo e basta. Niente bracciali. A parte quello che mi ha regalato Marija di Medjugorje. Basta, solo questo mi serve.
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Quando si è in Paradiso si prega tutto il giorno, dicono. Dovrei un po’ abituarmici a questa cosa, perché non ne ho tanta voglia, però va beh, le cose verran da sé… E poi, se si devono mettere le scarpe, voglio le ballerine bianche. Se invece non c’è bisogno, a piedi nudi, a piedi nudi per essere a stretto contatto col pavimento che ci sarà. Io mi immagino un pavimento pieno di nuvole. Non vi viene voglia di camminarci a piedi nudi? Eh, eh…
Tutto morbido, che ci sprofondi dentro. Ci salti. Di qua, di là, di su, di giù. Un Paradiso come quello che disegnano nei cartoni animati. Io, il Paradiso, ecco, me lo immagino come: avete presente l’Era Glaciale? Quello, quando trova la ghianda enorme. Che ci sono tutte queste nuvole rosa, questo mega cancello dorato. Così, questo mega cancello dorato e tu, a piedi nudi, apri il cancello… Oh, è bellissimo…
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Introduzione ed elaborazione grafica a cura di
Carlo Mologni

http://www.parrocchiagavarnorinnovata.org/BIOGRAFIE%20E%20MEMORIE/indice%20BIOGRAFIE%20E%20MEMORIE5.html


(Lc 17,7-10) Siamo servi inutili. Abbiamo fatto quanto dovevamo fare.

VANGELO
(Lc 17,7-10) Siamo servi inutili. Abbiamo fatto quanto dovevamo fare.
+ Dal Vangelo secondo Luca
In quel tempo, Gesù disse: «Chi di voi, se ha un servo ad arare o a pascolare il gregge, gli dirà, quando rientra dal campo: “Vieni subito e mettiti a tavola”? Non gli dirà piuttosto: “Prepara da mangiare, strìngiti le vesti ai fianchi e sérvimi, finché avrò mangiato e bevuto, e dopo mangerai e berrai tu”? Avrà forse gratitudine verso quel servo, perché ha eseguito gli ordini ricevuti? Così anche voi, quando avrete fatto tutto quello che vi è stato ordinato, dite: “Siamo servi inutili. Abbiamo fatto quanto dovevamo fare”».
Parola del Signore





LA MIA RIFLESSIONE
PREGHIERA
Ti prego o Santo spirito di venirmi nel cuore e di darmi la forza di vivere la fede, per quello che è giusto che io viva, senza paure né limiti umani, annientami ed usami, sono tua.
Per comprendere bene questo brano, sono dovuta tornare indietro, al versetto precedente che dice: In quel tempo, gli apostoli dissero al Signore: «Accresci in noi la fede!». Il Signore rispose: «Se aveste fede quanto un granello di senape, potreste dire a questo gelso: “Sradicati e vai a piantarti nel mare”, ed esso vi obbedirebbe. Allora la mia fede, la nostra fede, quanto è piccola? Non abbiamo proprio capito niente di Dio, e Gesù ce lo fa capire in maniera chiara… ma solo con il cuore libero possiamo entrare in questo mistero.
La fede è un dono, che arriva quando e come il Signore decide di aprirti il cuore. Può avvenire a 5 anni e a 50, ma per tutti coloro che si definiscono Credenti, c’è un momento in cui scatta una molla che ti spinge a cercare come un affamato la parola di Dio. Fame, sete, voglia di stare insieme…. ed è subito amore!!!
L’esempio del padrone che appena arriva il servo stanco dal lavoro dei campi si mette a servirlo e così contraria alla realtà, ci deve far comprendere che la mentalità umana deve essere completamente abbandonata se vogliamo entrare in comunione con Gesù, ma noi non riusciamo proprio a farlo.
Eppure i santi si sono fidati di Dio, fino ad ottenere grazie così particolari da farci rimanere incantati nel sentire le opere che sono riusciti a compiere. Perché se loro ci sono riusciti , noi non ci riusciamo? Sicuramente c’è qualcuno che anche oggi, riesce a superare questo ponte che collega l’umano con il Divino, ossia con lo Spirito di Dio, ma certo che se continuiamo a restare fermi credendo di fare già chissà cosa, non arriveremo mai neanche ad aver fede come neanche la metà di un granellino di senape.
Provare per credere? La domenica, andremo in chiesa, ci metteremo di fronte a Gesù, ci sentiremo grati a Dio di aver dato la sua vita per noi o ci sentiremo bravi e penseremo che Lui ci deve guardare… quanto siamo stati bravi, gli abbiamo fatto questo gran piacere a venire in Chiesa, con tutto quello che abbiamo da fare….
E pensare che senza il suo aiuto siamo niente, perché non proviamo ad essere appena un po’ di più di questo? Perché non apriamo la nostra mente ed il nostro cuore a quanto dobbiamo al Signore che si fida ancora e sempre di noi, fino all’ultimo, nonostante il nostro stupido egocentrismo! Perchè non proviamo a sradicare da dentro di noi tutte le nostre paure di lasciarci andare, i nostri dubbi, i nostri difetti, la nostra parte ingombrante, il nostro gelso radicato nella nostra umanità per far posto al semino di senape perchè possa far crescere in noi la fede.
Pe questo ti preghiamo Signore: accresci la nostra fede! Fa che comprendiamo che tutto quello che riceviamo è dono e che viviamo per servirti. Amen!