venerdì 19 agosto 2011

(Mt 23,1-12) Dicono e non fanno.


VANGELO
 (Mt 23,1-12) Dicono e non fanno.
+ Dal Vangelo secondo Matteo

In quel tempo, Gesù si rivolse alla folla e ai suoi discepoli dicendo: 
«Sulla cattedra di Mosè si sono seduti gli scribi e i farisei. Praticate e osservate tutto ciò che vi dicono, ma non agite secondo le loro opere, perché essi dicono e non fanno. Legano infatti fardelli pesanti e difficili da portare e li pongono sulle spalle della gente, ma essi non vogliono muoverli neppure con un dito. 
Tutte le loro opere le fanno per essere ammirati dalla gente: allargano i loro filattèri e allungano le frange; si compiacciono dei posti d’onore nei banchetti, dei primi seggi nelle sinagoghe, dei saluti nelle piazze, come anche di essere chiamati “rabbì” dalla gente. 
Ma voi non fatevi chiamare “rabbì”, perché uno solo è il vostro Maestro e voi siete tutti fratelli. E non chiamate “padre” nessuno di voi sulla terra, perché uno solo è il Padre vostro, quello celeste. E non fatevi chiamare “guide”, perché uno solo è la vostra Guida, il Cristo. 
Chi tra voi è più grande, sarà vostro servo; chi invece si esalterà, sarà umiliato e chi si umilierà sarà esaltato».

Parola del Signore

LA MIA RIFLESSIONE
 PREGHIERA
 VIENI O SANTO SPIRITO, E RIEMPIMI DI TE, DELLA TUA SAPIENZA E FA CHE LA LETTURA DELLA PAROLA SIA PER ME GRANDE INSEGNAMENTO DA VIVERE.



Gesù vede tante cose che non vanno come dovrebbero, scribi e farisei, che occupavano i posti più importanti del tempio, non si comportavano come avrebbero dovuto, come si dice oggi, predicavano bene e razzolavano male.

Quindi già duemila anni fa c'era nel tempio c'era chi diceva di fare e non faceva.

La parola di Dio è legge, che non è stata dettata per intimidire, ma per insegnare a vivere in modo corretto e leale, ma molti la usano per essere trattati da capi, da maestri, ma Gesù ammonisce gli apostoli dicendo di non fare come loro, perché uno solo è il maestro da seguire ed è il Cristo, uno solo è il Padre ed è Dio, e come il Cristo è venuto per servire, così gli uomini devono imitarlo e servire i fratelli.

Non capi, ma umilmente servi del popolo di Dio, non guide a parole, ma a fatti, perché la parola del Signore deve essere vissuta prima che insegnata.

Tutto il resto non viene da Dio, ma dalla nostra superbia, e questo discorso è certamente valido per ognuno di noi, che spesso guardiamo la pagliuzza nell'occhio del fratello e non vediamo il trave nel nostro occhio.
-----------------------------------------------------

giovedì 18 agosto 2011

(Mt 22,34-40) Amerai il Signore tuo Dio, e il tuo prossimo come te stesso.


VANGELO
 (Mt 22,34-40) Amerai il Signore tuo Dio, e il tuo prossimo come te stesso. 
+ Dal Vangelo secondo Matteo

In quel tempo, i farisei, avendo udito che Gesù aveva chiuso la bocca ai sadducèi, si riunirono insieme e uno di loro, un dottore della Legge, lo interrogò per metterlo alla prova: «Maestro, nella Legge, qual è il grande comandamento?». 
Gli rispose: «“Amerai il Signore tuo Dio con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima e con tutta la tua mente”. Questo è il grande e primo comandamento. Il secondo poi è simile a quello: “Amerai il tuo prossimo come te stesso”. Da questi due comandamenti dipendono tutta la Legge e i Profeti».

Parola del Signore
LA MIA RIFLESSIONE
PREGHIERA
Ti chiedo Spirito Santo di aiutarmi a spiegare come ci troviamo ... come siamo in sintonia, come tu mi aiuti continuamente, come riesco a sentirti...perché attraverso questo vorrei far comprendere le parole di Gesù.
-E' così facile chiedere, domandare, provocare, e spesso gli uomini lo fanno.Lo facevano i sadducei, lo facevano i farisei e lo facciamo ancora oggi noi.Quante volte in questi giorni mi sono sentita dire, come fai ancora a credere in Dio, come fai a pregare...
Rispondere è facile, perché continuo a credere nell'amore di Dio, ma per chi non crede in Dio, mi rendo conto che è difficile comprendere, Gesù non si insegna, si vive.Amare ed essere riamati, attraverso questo semplice concetto si arriva a vivere Gesù.
Cerco di rispondere un po' a modo mio:
Un giorno Dio si è incarnato e si è fatto uomo per noi, è sceso sulla terra attraverso Maria e ci ha redento attraverso la croce.Solo poche parole ma attraverso queste possiamo capire che l'amore di Dio per noi è talmente grande, da sacrificare la vita per noi.
Con questa azione ricreatrice ha donato all'uomo la speranza della salvezza e della vita eterna
Per questo la speranza cristiana – dice S.Paolo – non può deluderci. E noi per essa, ci aggrappiamo a Dio, alla certezza del suo "esserci" presso di noi e in noi come un Bene, l'unico vero Bene che non ci abbandona alle forze distruttrici del male. Gesù ha assicurato che lo Spirito Santo ci "condurrà alla verità tutta intera". E la verità tutta intera è che siamo infinitamente amati da Dio. «La speranza non delude perché l'amore di Dio è stato riversato nei nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo che ci è stato dato». (Rm 5,5)
Quando questo si sente, quando ci si accosta a Dio con cuore Sincero, umilmente, a piccoli passi, e ci si addentra sempre un pochino di più nella sua parola, ci si ritrova immersi in un qualcosa che a volte è difficile spiegare con le parole, ma che ti avvolge e ti rende consapevole delle tue azioni, ti fa vedere tutto quello che fino ad un po' di tempo prima ti sembrava normale, come un oltraggio alla vita, come un'offesa a Dio.
Ti rendi conto di quello che sei, non un uomo o una donna arrivata, ma un essere umano che deve ripartire da zero, ritornare sui suoi passi e correre più che può lontano dal peccato.
Allora ti accorgi che il Signore ti sta abbracciando, che ti ama, così come sei, che ti ha cercato per riportarti a casa e incominci a seguirlo, a conoscerlo ed impari ad amarlo.
Poi devi fare i conti con la tua umanità, che spunta sempre fuori, da tutte le parti, specialmente nei rapporti con gli altri.
Nulla di quello che fa o dice Gesù è per caso, prima scopri che Dio ti ama ed impari ad amarlo e poi lavori su te stesso e migliori il tuo cammino verso di lui e poi impari che non è ancora sufficiente, perché non puoi dire di amare Dio se non ami gli altri, perché Lui li ama.
Questa è forse la cosa più difficile da fare, imparare ad amare i nostri fratelli in Cristo, non solo quelli che sono bravi, come noi e più di noi, quelli che sono della nostra stessa nazione, idea politica o religiosa, educazione e cultura....ma proprio tutti ma amarli veramente, non vedendo in loro diversità, ma un unico cuore, quello di Dio che batte in loro.
Pensi a quando anche tu eri lontano, a quando non credevi poi molto, a quando commettevi peccati, errori più gravi di oggi...Dio ha avuto pietà di te, si è chinato e ti ha raccolto, ti ha amato...nella parabola di mercoledì abbiamo letto che qualcuno è stato chiamato prima, qualcuno dopo, ma tutti hanno ricevuto la stessa paga dal padrone, vuoi forse dire a Dio come si deve comportare?Vuoi suggerire chi deve amare e chi no?
Gesù ha amato tutti, alcuni hanno scelto di incontrarlo, di decidere per l'amore, altri sono stati troppo orgogliosi per accettare come Dio un uomo che ha amato tanto, un perdente, secondo il loro giudizio...la scelta è sempre la nostra, lui ci lascia liberi, anche di sbagliare, ma più ci conformiamo a Lui, più l'amore ci trasforma, ci trasfigura; più amiamo e più tutto diventa sopportabile, addirittura la nostra gioia sarà lenire il dolore degli altri, dei fratelli che ce lo permetteranno, più ameremo e più saremo simili a Gesù, abbiamo tutto il resto della vita per imparare, cominciamo ...e piano piano capiremo sempre di più.

Preghiera di serenità....Reinhold Niebuhr


Preghiera di serenità
Che Dio mi conceda la serenità
di accettare le cose che non posso cambiare,
il coraggio di cambiare quelle che posso cambiare,
e la saggezza di distinguere tra le due.

Vivere giorno per giorno,
godersi un momento per volta,
accettare le avversità come una via verso la pace,
prendere, come Lui fece,
questo mondo corrotto
per quello che è,non per quello che vorrei,
confidare che Lui sistemerà tutto
se mi abbandonerò alla Sua volontà.
Che io possa essere
ragionevolmente felice in questa vita
e sommamente felice accanto a Lui
nella prossima, per sempre.

Reinhold Niebuhr
 

Regala ciò che non hai... Alessandro Manzoni


Regala ciò che non hai... 
Occupati dei guai, dei problemi
del tuo prossimo.
Prenditi a cuore gli affanni,
le esigenze di chi ti sta vicino.

Regala agli altri la luce che non hai,
la forza che non possiedi,
la speranza che senti vacillare in te,
la fiducia di cui sei privo.
Illuminali dal tuo buio.
Arricchiscili con la tua povertà.

Regala un sorriso
quando tu hai voglia di piangere.
Produci serenità
dalla tempesta che hai dentro.
"Ecco, quello che non ho te lo dono".
Questo è il tuo paradosso.

Ti accorgerai che la gioia
a poco a poco entrerà in te,
invaderà il tuo essere,
diventerà veramente tua nella misura
in cui l'avrai regalata agli altri.
Alessandro Manzoni 

Chiesi a Dio... Kirk Kilgour


di essere forte per eseguire progetti grandiosi:
Egli mi rese debole per conservarmi nell'umiltà.
Domandai a Dio che mi desse la salute
per realizzare grandi imprese:
egli mi ha dato il dolore per comprenderla meglio.
Gli domandai la ricchezza per possedere tutto:
mi ha fatto povero per non essere egoista.
Gli domandai il potere
perché gli uomini avessero bisogno di me:
egli mi ha dato l'umiliazione
perché io avessi bisogno di loro.
Domandai a Dio tutto per godere la vita:
mi ha lasciato la vita
perché potessi apprezzare tutto.
Signore, non ho ricevuto niente di quello
che chiedevo,
ma mi hai dato tutto quello di cui avevo bisogno
e quasi contro la mia volontà.
Le preghiere che non feci furono esaudite.
Sii lodato; o mio Signore,
fra tutti gli uomini
nessuno possiede quello che ho io!

Kirk Kilgour

IO e un po' di briciole di Vangelo: S a c . DOL INDO RUOTOLO pagine d'autobio...

IO e un po' di briciole di Vangelo: S a c . DOL INDO RUOTOLO pagine d'autobio...: S a c . DOLINDO RUOTOLO Fui chiamato Dolindo, che significa dolore... ... pagine d'autobiografia da “La storia della mia vita n...

mercoledì 17 agosto 2011

(Mt 22,1-14) Tutti quelli che troverete, chiamateli alle nozze.


VANGELO 
(Mt 22,1-14) Tutti quelli che troverete, chiamateli alle nozze. 
+ Dal Vangelo secondo Matteo


In quel tempo, Gesù, riprese a parlare con parabole e disse: 
«Il regno dei cieli è simile a un re, che fece una festa di nozze per suo figlio. Egli mandò i suoi servi a chiamare gli invitati alle nozze, ma questi non volevano venire. 
Mandò di nuovo altri servi con quest’ordine: “Dite agli invitati: Ecco, ho preparato il mio pranzo; i miei buoi e gli animali ingrassati sono già uccisi e tutto è pronto; venite alle nozze!”. Ma quelli non se ne curarono e andarono chi al proprio campo, chi ai propri affari; altri poi presero i suoi servi, li insultarono e li uccisero. Allora il re si indignò: mandò le sue truppe, fece uccidere quegli assassini e diede alle fiamme la loro città. 
Poi disse ai suoi servi: “La festa di nozze è pronta, ma gli invitati non erano degni; andate ora ai crocicchi delle strade e tutti quelli che troverete, chiamateli alle nozze”. Usciti per le strade, quei servi radunarono tutti quelli che trovarono, cattivi e buoni, e la sala delle nozze si riempì di commensali. 
Il re entrò per vedere i commensali e lì scorse un uomo che non indossava l’abito nuziale. Gli disse: “Amico, come mai sei entrato qui senza l’abito nuziale?”. Quello ammutolì. Allora il re ordinò ai servi: “Legatelo mani e piedi e gettatelo fuori nelle tenebre; là sarà pianto e stridore di denti”. 
Perché molti sono chiamati, ma pochi eletti».

Parola del Signore
--------------------------
LA MIA RIFLESSIONE
PREGHIERA
Vieni o Spirito Santo, Vieni nei cuori dei tuoi fedeli, in me che scrivo ed in chi legge, vieni ad illuminare i nostri cuori e a farci venire fame di Te, fame da affamati, sete da assetati, fa che senza di te non possiamo vivere e che ti cerchiamo come la cerva anela ai corsi d'acqua, per Cristo nostro Signore.
Il re ha scelto un popolo e l' ha invitato ad un banchetto, ma questo popolo non ha accettato l'invito, era troppo attaccato al suo potere, e allora ha invitato altre persone, che erano pagane, emarginate, tutte persone che per quel popolo non avevano diritti... questa cosa mi fa pensare che questo invito fu una grande possibilità per il suo popolo, ma che non ne approfittò e questo decretò la loro condanna.
A Dio niente è nascosto, il nostro cuore è un libro aperto davanti a Lui, sa perfettamente quello che proviamo, conosce le nostre infedeltà e i nostri difetti, non cerca la perfezione, ma vede la verità
Salmo 19-Uno spirito contrito è sacrificio a Dio, un cuore affranto e umiliato, Dio, tu non disprezzi.-
E' inutile camuffare la nostra fede,far vedere che siamo bravi cristiani,meglio essere mediocri ma desiderosi di cambiare che falsi,perché possiamo ingannare gli uomini,ma non Dio.
Possiamo sfuggire alla giustizia umana,ma non a quella divina,possiamo entrare nelle grazie degli uomini con falsi abiti,ma non sfuggirà nulla a Dio...convertiamoci veramente,con umiltà mettiamoci davanti al nostro re e chiediamo perdono finche siamo in tempo,prima che il Signore decreti anche per noi la sua condanna...nessuno sa quando verrà il giorno del giudizio

domenica 14 agosto 2011

qualcuno mi ha detto....per chi non sa pregare....hai mai provato a parlare con Gesù



qualcuno mi ha detto....

per chi non sa pregare....hai mai provato a parlare con Gesù


Caro Gesù,sai chi sono io?Dicono di sì,che Tu sai tutto , che mi conosci e mi chiami per 
nome...ma io non Ti sento,io non Ti conosco,
non credo che Tu ti ricordi di me,perchè io mi sento tanto sola,
Si Signore,troppo sola,con tutti i miei problemi,perchè tutte queste cose brutte nella mia vita,
tante persone vivono bene,tranquille, in salute,coi soldi... ed io?
Lo so che non Ti ho mai chiesto niente,non ti ho mai rivolto la parola,ti ho vissuto più come
 un nemico che come un Padre e sai perché ?
Perché cercavo la felicita' e non la trovavo,cercavo la serenità e non l'ho mai neanche 
sfiorata e Tu dov'eri?
Perché mi hai lasciato libera Signore,libera anche di sbagliare? Perché mi amavi?
Ma che risposta è questa?....Come puoi amarmi e vedermi soffrire e non fare niente per
impedirlo?forse perché non ti chiamo e perché non ti prego?E questa cos'è Signore,non è una
preghiera,non ti sto forse chiedendo aiuto?
Non lo so fare,non so pregare e sono disperata,ma qualcuno mi ha detto che se ti imploro
di aiutarmi lo farai,se ti chiedo di prendermi tra le tue braccia e di consolarmi,lo farai...
io non pretendo che tu mi dia la luna,ma dammi la fede Signore,guarisci il mio spirito,
dicono che il resto verrà piano piano,voglio crederci.
Qualcuno mi ha detto ok....  
sei Tu Signore?!!!!

sabato 13 agosto 2011

(Mt 15,21-28) Donna, grande è la tua fede!


VANGELO 
(Mt 15,21-28) Donna, grande è la tua fede! 
+ Dal Vangelo secondo Matteo


In quel tempo, partito di là, Gesù si ritirò verso la zona di Tiro e di Sidòne. Ed ecco una donna Cananèa, che veniva da quella regione, si mise a gridare: «Pietà di me, Signore, figlio di Davide! Mia figlia è molto tormentata da un demonio». Ma egli non le rivolse neppure una parola. 
Allora i suoi discepoli gli si avvicinarono e lo implorarono: «Esaudiscila, perché ci viene dietro gridando!». Egli rispose: «Non sono stato mandato se non alle pecore perdute della casa d’Israele». 
Ma quella si avvicinò e si prostrò dinanzi a lui, dicendo: «Signore, aiutami!». Ed egli rispose: «Non è bene prendere il pane dei figli e gettarlo ai cagnolini». «È vero, Signore – disse la donna –, eppure i cagnolini mangiano le briciole che cadono dalla tavola dei loro padroni». 
Allora Gesù le replicò: «Donna, grande è la tua fede! Avvenga per te come desideri». E da quell’istante sua figlia fu guarita.

Parola del Signore
LA MIA RIFLESSIONE
 PREGHIERA
Vieni o Santo Spirito, e inonda con la tua luce la mia misera mente, fa che io riesca a fare quello perciò tu mi hai creato, sempre quello che vuoi, nonostante tutto.


Quante volte cerchiamo soccorso per le nostre tragedie.. quante volte ci siamo recati in quei luoghi dove si afferma che si debba cercare Dio e quante volte gli uomini si sono messi tra noi e Lui???
L’uomo di Dio crede di fare bene, sicuramente, crede di saper indirizzare la nostra vita, crede di saperci aiutare nella preghiera…e molti sono quelli che tendono veramente la mano e ci guidano.Eppure per tanti che fanno bene il loro dovere di pastori, ce ne sono altrettanti, che senza accorgersene magari, ci trattano con indifferenza, o peggio.
Di questo brano mi colpisce una cosa, che mi era sfuggita l’ altro giorno, quando la stessa pagina c’è stata proposta dalla chiesa; quello che spinge questa donna a cercare l’aiuto di Gesù è l’ AMORE ed è per questo che non può sfuggire alla sua disperazione che nessuno e tanto meno Gesù, può negare di intervenire.

L’amore muove le montagne, spinge ad osare, ad andare oltre ed è lo stesso amore che fa allargare le braccia e dire: sia fatta la Tua volontà.

venerdì 12 agosto 2011

(Mt 19,13-15) Non impedite che i bambini vengano a me; a chi è come loro, infatti, appartiene il regno dei cieli.


VANGELO
 (Mt 19,13-15) Non impedite che i bambini vengano a me; a chi è come loro, infatti, appartiene il regno dei cieli. 
+ Dal Vangelo secondo Matteo


In quel tempo, furono portati a Gesù dei bambini perché imponesse loro le mani e pregasse; ma i discepoli li rimproverarono. 
Gesù però disse: «Lasciateli, non impedite che i bambini vengano a me; a chi è come loro, infatti, appartiene il regno dei cieli». 
E, dopo avere imposto loro le mani, andò via di là.

Parola del Signore
LA MIA RIFLESSIONE
PREGHIERA
Oggi uso la preghiera di Colletta

Dio onnipotente ed eterno, 
che ci dai il privilegio di chiamarti Padre, 
fa’ crescere in noi lo spirito di figli adottivi, 
perché possiamo entrare 
nell’eredità che ci hai promesso. 
Per il nostro Signore Gesù Cristo...

Leggendole parole di questa preghiera, non ho potuto fare a meno di farle mie, e chiedo a voi che leggete, con tutto il cuore, fatele vostre, inginocchiamo il nostro cuore a questo Dio che tutto può, che presa la nostra umanità l' ha santificata fino al più alto dei sacrifici, morire sulla croce, morire per noi che non meritiamo niente, che siamo davanti a lui a deriderlo, trafiggerlo, e nella migliore delle ipotesi restiamo in silenzio.

Preghiamo e ci sentiamo giusti, ma amici miei, dentro di noi c'è talmente tanta roba da togliere ancora....ma noi siamo adulti, in cuor nostro pensiamo di essere anche consapevoli di aver saputo fare un grande cammino di fede, di miglioramento, chi più chi meno, siamo bravi a riconoscere i nostri meriti. Ci stiamo lodando e anche inutilmente, perché di meriti in tutto questo, ne abbiamo ben pochi, tutto è grazia. I bambini appena nati non sanno parlare, ma cercano amore, sicurezza, cibo, e se riescono ad ottenerlo si lasciano cullare amorevolmente tra le nostre braccia, ma noi chi siamo? Noi siamo i grandi... e già,  questa parola ci dovrebbe far capire che siamo già in errore, noi siamo adulti, inconsapevoli, che credono di essere grandi, e che hanno imparato a camminare sulle loro gambe, ma che si sono allontanati pian piano da quell'amore che era per loro fonte di vita. Passare dal Grembo di Maria per opera dello Spirito Santo, rinascere alla vita in Gesù Cristo e viverla con la fiducia di un bambino, correre a ricevere la benedizione del Signore, senza preoccuparci degli ostacoli, che "i grandi" mettono in mezzo, cercano di trattenerci, ma noi svelti e con la gioia negli occhi, continuiamo a correre verso Gesù. Immagino la scena di chi tira da una parte e dall'altra, e tanti bambini, sgaiattolanti che sfuggono alle prese di chi ci vuole tenere lontani dal nostro maestro, dal nostro pastore, dalla nostra fonte di grazia e benedizione. Sì amici, io voglio essere sempre bambina, che ha voglia di correre da Gesù, che non si fa trattenere da chi sa sempre tutto, anche come ci si deve avvicinare a Gesù. Le nostre voci saranno chiassose, stonate, ma se siamo rinati dal Grembo di Maria, siamo come ci vuole Gesù e dobbiamo solo muovere i nostri passi verso di Lui, lo Spirito Santo sarà la nostra guida, perché è attraverso di Lui che il Signore ci chiama a se.
Poveri discepoli di Gesù, poveri noi se essere grandi, se essere vicini a Gesù, ci fa arrivare a voler rimproverare anche Gesù e ci fa dire chi è degno o no di essere toccato da Lui…..

giovedì 11 agosto 2011

(Mt 19,3-12) Per la durezza del vostro cuore Mosè vi ha permesso di ripudiare le vostre mogli; all’inizio però non fu così.

VANGELO
(Mt 19,3-12) Per la durezza del vostro cuore Mosè vi ha permesso di ripudiare le vostre


mogli; all’inizio però non fu così.

+ Dal Vangelo secondo Matteo

In quel tempo, si avvicinarono a Gesù alcuni farisei per metterlo alla prova e gli chiesero: «È lecito a un uomo ripudiare la propria moglie per qualsiasi motivo?».
Egli rispose: «Non avete letto che il Creatore da principio li fece maschio e femmina e disse: “Per questo l’uomo lascerà il padre e la madre e si unirà a sua moglie e i due diventeranno una sola carne”? Così non sono più due, ma una sola carne. Dunque l’uomo non divida quello che Dio ha congiunto».
Gli domandarono: «Perché allora Mosè ha ordinato di darle l’atto di ripudio e di ripudiarla?».
Rispose loro: «Per la durezza del vostro cuore Mosè vi ha permesso di ripudiare le vostre mogli; all’inizio però non fu così. Ma io vi dico: chiunque ripudia la propria moglie, se non in caso di unione illegittima, e ne sposa un’altra, commette adulterio».
Gli dissero i suoi discepoli: «Se questa è la situazione dell’uomo rispetto alla donna, non conviene sposarsi».
Egli rispose loro: «Non tutti capiscono questa parola, ma solo coloro ai quali è stato concesso. Infatti vi sono eunuchi che sono nati così dal grembo della madre, e ve ne sono altri che sono stati resi tali dagli uomini, e ve ne sono altri ancora che si sono resi tali per il regno dei cieli. Chi può capire, capisca».

Parola del Signore



LA MIA RIFLESSIONE

 PREGHIERA


Vieni o Spirito Santo e manda a noi dal cielo,un raggio della tua luce...basterà un piccolo raggio per aprire la mia mente annebbiata dalla mia umanità,e tu dammi quel piccolo raggio e tutto intorno sparirà e sarò solo tua mio Signore,con la mente e con il cuore.



E' lecito Gesù? Quante volte noi chiediamo a Dio se è lecito ai suoi occhi quello che facciamo? Ben poche vero?Siamo noi a decidere quello che è giusto, quello che ci conviene e poi troviamo una giustificazione per cui tutto diventi lecito anche agli occhi di Dio. Dimentichiamo troppo spesso che stringiamo dei patti, facciamo delle promesse e addirittura che consacriamo questi patti. Oggi tutto si fa con troppa leggerezza, sicuramente colpa delle generazioni precedenti,sicuramente della mia generazione,quando ancora non sapevo neanche che cosa era, anche io in pieno femminismo, ho votato per il divorzio. Ma sì, se una cosa non funziona più invece di ripararla,buttiamola alle ortiche,con tutto quello che comporta,così saremo liberi di farci una nuova famiglia,avere altri figli e ricominciare da capo.... sperando che sia la volta buona, o solo fino alla prossima.
Il matrimonio celebrato in chiesa non è solo un patto tra due coniugi, ma anche un patto davanti a Dio e anche se Mosè permise al suo popolo di ripudiare la moglie, lo fece perché il suo popolo era duro di cuore, come quello di oggi.
Io non condivido oggi, che rispondo al nome di Cristiana, il cosiddetto divorzio, e tantomeno l' annullamento del Matrimonio, neanche da parte della Chiesa. Posso accettare l' allontanamento per gravi motivi come il pericolo di vita per un coniuge o per i figli, ma il matrimonio resta sacro e quindi per me solo Dio può mettere fine ad un'unione tra due persone.Questo non significa che giudico chi si è separato  o ha creato nuove famiglie, proprio perchè solo a Dio spetta il giudizio, e lo vorrei mettere bene in chiaro; proprio perchè a volte veniamo tutti accusati di essere dei bigotti perchè cerchiamo di fare nostre le regole di Dio.
Appunto "FARE NOSTRE", non costringere altri a a rispettarle, perhè ogni scelta di vita è "PERSONALE", ogni cammino di fede è "INDIVIDUALE".
Succede però,nella nostra moderna società,che le leggi degli uomini non combacino con le leggi di Dio, ed è giusto che un Cristiano che segue il cammino di Cristo, sappia bene che, anche se le leggi civili siano più permissive, delle leggi di Dio, queste servono per una società giusta e serena. Oggi invece sembra di vivere in un grande supermarket dell'egoismo, dove all' insegna dell' usa e getta, nessuno cerca più di far funzionare le unioni, anzi tutti si danno da fare per consigliare la separazione, l'aborto,e prestano a satana la loro voce che s' innalza sopra a tutto con fare prepotente e tende a soffocare la voce del cuore.
C ' è un vecchio proverbio che dice "chi sbaglia paga!" ma non va più di moda e se uno confonde il sesso con    
 l' amore e si sposa, oppure dopo un po' si disamora, come con un giornale già letto fa una bella pallottola di carta e butta via tutto e pensa di non pagarne mai le conseguenze. Da questo concetto ne scattano altri, che tendono a giustificare tutto, perché la felicità dei figli oggi non si valuta sulle sicurezze morali, ma su quelle materiali,e quindi se nei figli crescerà la consapevolezza che niente è per sempre, non è un grande danno.
Per la durezza del nostro cuore Mosè, la Chiesa, la legge aprono certe porte, ma da quelle porte esce anche       l' amore e ci allontaniamo da Dio che è la fonte dell'amore.
Chiedo scusa se ho ferito qualcuno, so che questo è un bruttissimo discorso e fa male a molti, ma io non intendo giudicare nessuno, sia ben chiaro, anche io, l'ho detto all'inizio, sono colpevole di tanta indifferenza verso l'indissolubità del matrimonio;potessi tornare indietro voterei no per il divorzio, ma tanto non cambierebbe di molto, oggi l'uomo fa le leggi per violarle, non per rispettarle e nel pieno consenso generale.

martedì 9 agosto 2011

(Gv 12,24-26) Se il chicco di grano muore, produce molto frutto.


VANGELO
 (Gv 12,24-26) Se il chicco di grano muore, produce molto frutto. 
+ Dal Vangelo secondo Giovanni

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli:
«In verità, in verità io vi dico: se il chicco di grano, caduto in terra, non muore, rimane solo; se invece muore, produce molto frutto. 
Chi ama la propria vita, la perde e chi odia la propria vita in questo mondo, la conserverà per la vita eterna. 
Se uno mi vuole servire, mi segua, e dove sono io, là sarà anche il mio servitore. Se uno serve me, il Padre lo onorerà».

Parola del Signore
LA MIA RIFLESSIONE
PREGHIERA
Vieni o Santo Spirito e porta la tua luce nella mia mente, affinché attraverso il tuo apporto, il chicco possa germogliare e dare frutto.

Questa è una serie di cose che Gesù ci dice, che sembrano un po’ buttate là, ma che invece sono colonne della fede, sulle quali si basa poi tutta la nostra speranza. Attraverso la sua parola, Gesù si fa chicco di grano, attraverso la sua vita, fa germogliare in noi la speranza di un nuovo modo di concepire sia la vita sia la fede, attraverso la sua morte germoglia in noi la salvezza e attraverso a sua resurrezione la certezza dell’eternità. Tutto è per noi, dal momento della creazione tutto quello che Dio ha fatto, lo ha fatto per noi, tutto quello che ci ha dato l’ ha dato per amore e, la parola di Gesù, ce lo ripete e lo rinnova nel nostro cuore.
Sta a noi adesso, cogliere quel piccolo seme che Dio ha messo nel nostro cuore, farlo germogliare e fare sì che produca frutto, ma senza perdere tempo, senza distrazioni, perché se il campo non è coltivato attentamente, la zizzania soffocherà tutto il raccolto. Vediamo qui espressi i concetti base della nostra fede, quelli che ci faranno passare con l’aiuto di Dio, attraverso la porta stretta, servire e seguire. Se riusciremo ad essere fedeli a questi concetti, vedremo germogliare i frutti dell’amore che Gesù ha trasmesso a noi.
 ----------------------------------------------------

lunedì 8 agosto 2011

(Mt 25,1-13) Ecco lo sposo! Andategli incontro!

VANGELO
(Mt 25,1-13) Ecco lo sposo! Andategli incontro!
+ Dal Vangelo secondo Matteo

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli questa parabola:
«Il regno dei cieli sarà simile a dieci vergini che presero le loro lampade e uscirono incontro allo sposo. Cinque di esse erano stolte e cinque sagge; le stolte presero le loro lampade, ma non presero con sé l’olio; le sagge invece, insieme alle loro lampade, presero anche l’olio in piccoli vasi. Poiché lo sposo tardava, si assopirono tutte e si addormentarono.

A mezzanotte si alzò un grido: “Ecco lo sposo! Andategli incontro!”. Allora tutte quelle vergini si destarono e prepararono le loro lampade. Le stolte dissero alle sagge: “Dateci un po’ del vostro olio, perché le nostre lampade si spengono”. Le sagge risposero: “No, perché non venga a mancare a noi e a voi; andate piuttosto dai venditori e compratevene”.
Ora, mentre quelle andavano a comprare l’olio, arrivò lo sposo e le vergini che erano pronte entrarono con lui alle nozze, e la porta fu chiusa. Più tardi arrivarono anche le altre vergini e incominciarono a dire: “Signore, signore, aprici!”. Ma egli rispose: “In verità io vi dico: non vi conosco”.
Vegliate dunque, perché non sapete né il giorno né l’ora».

Parola del Signore
LA MIA RIFLESSIONE
PREGHIERA
Ti prego Signore, fa che il tuo Santo Spirito scenda su di me e con me rimanga per illuminarmi in questo cammino di fede e di umile evangelizzazione che faccio prima di tutto su di me, applicandomi a conoscere la tua parola.Fammi strumento nelle tue mani, togliendo da me tutto quello che è mio e non mi viene da te.

Leggendo la stessa lettura nel Vangelo di Giovanni, vediamo che riportando le parole di Gesù, ci tiene a comunicare che credere in Dio significa credere nella Luce e camminare nella luce con Gesù significa non solo essere in comunione con Lui, ma anche con i fratelli.
E’ importante capire questo per non ingannare noi stessi, su un cammino che, non pretende da noi la perfezione, ma ci spinge a cercarla.
Tutti sappiamo che il momento arriverà,ma non ci vogliamo pensare,eppure qui vediamo dalle parole di Gesù,che non dobbiamo aspettarci una brutta cosa,un brutto evento,ma una festa simile ad un matrimonio,ad un incontro con lo sposo,è a questo che Gesù paragona il regno dei cieli.
Ed allora leggiamo insieme la parabola delle dieci vergini che attendono lo sposo, e vediamo che 5 sono stolte e 5 sono sagge.
Le prime non avevano calcolato che lo sposo poteva arrivare in ritardo e non avevano portato l’olio di scorta per le lampade….. Troppo spesso noi siamo così, vorremmo seguire la luce, e fare il volere di Dio, ma se l’attesa è troppo lunga, ci distraiamo; se la tentazione è forte, ci allontaniamo e tutto questo senza riflettere sul fatto che la morte è inevitabile e non sappiamo come e quando ci colpirà.
I tempi del Signore non sono i nostri, se fosse possibile amministrare anche quelli, state tranquilli che qualcuno ci avrebbe già provato, l’uomo nella sua superbia, seguendo il padre dei superbi, vorrebbe mettersi al posto di Dio, ci prova continuamente, su questa terra, dove regna il caos, dove tutto si sta distruggendo per colpa nostra, ma ancora lo chiamiamo progresso.
Corriamo con le nostre macchine sempre più veloci, sempre più ubriachi, sfrecciamo nella nostra vita e nella vita degli altri, travolgendo tutto e tutti senza freni e mentre corriamo ci sentiamo immortali. Ma non siamo immortali e verrà per tutti noi il giorno in cui ci troveremo davanti allo sposo della parabola, davanti a quel Gesù che ha amato noi più di quanto amasse la sua mamma e più di se stesso, che cosa gli diremo allora? Grazie, ma io avevo altro da fare che ricambiare il tuo amore…. Le vergini sagge attendono sempre tenendosi alla luce della parola di Dio, cercando di non cadere in tentazione, consapevoli che è vitale essere pronte per l’incontro, per non essere chiuse fuori della porta dello sposo. Non guarderanno se sembreranno fuori moda, se non faranno parte dell’elite di quelli amati dal pubblico, se non saranno capite mentre inginocchiate in chiesa, seguiranno la parola di Dio e non si preoccuperanno di correre da tutte le parti. Invece di vestirsi di apparenza si riempiranno di sostanza e questo sarà olio per le loro lampade. Sempre nostra è dunque la scelta, l’olio che alimenta la lampada è la parola del Signore, alla luce della quale dobbiamo vivere. Ancora una volta ci troviamo a fare una scelta, perché la scelta di vivere da cristiani, in comunione con Cristo, non è per un giorno o per un anno, ma per la vita, alimentando la fede con la preghiera e con le opere di carità verso i nostri fratelli più bisognosi, sia spiritualmente sia fisicamente, perché come dicono Matteo e Giovanni, essere in comunione con Gesù, significa essere in comunione con i fratelli. Non possiamo sperare di salvarci se non ci preoccupiamo di salvarci,non basta avere qualcuno che prega per noi;pensiamo a Santa Monica,che per taanti anni ha pregato per la salvezza del figlio.Dopo tanti anni anche Agostino,contro ogni previsione si è convertito ed è diventato uno dei santi più importanti della nostra chiesa,ma ha dovuto collaborare a questo progetto per cui la mamma pregò tanto il Signore,a questo possono servire le preghiere degli altri,a chiedere grazie per chi non prega,ma il resto ,la conversione,deve vederci collaborare,altrimenti rimane una lampada spenta.

domenica 7 agosto 2011

(Mt 17,22-27) Lo uccideranno, ma risorgerà. I figli sono liberi dal tributo.

VANGELO
 (Mt 17,22-27) Lo uccideranno, ma risorgerà. I figli sono liberi dal tributo.
+ Dal Vangelo secondo Matteo

In quel tempo, mentre si trovavano insieme in Galilea, Gesù disse ai suoi discepoli: «Il Figlio dell’uomo sta per essere consegnato nelle mani degli uomini e lo uccideranno, ma il terzo giorno risorgerà». Ed essi furono molto rattristati.
Quando furono giunti a Cafàrnao, quelli che riscuotevano la tassa per il tempio si avvicinarono a Pietro e gli dissero: «Il vostro maestro non paga la tassa?». Rispose: «Sì». 
Mentre entrava in casa, Gesù lo prevenne dicendo: «Che cosa ti pare, Simone? I re della terra da chi riscuotono le tasse e i tributi? Dai propri figli o dagli estranei?». Rispose: «Dagli estranei». 
E Gesù replicò: «Quindi i figli sono liberi. Ma, per evitare di scandalizzarli, va’ al mare, getta l’amo e prendi il primo pesce che viene su, aprigli la bocca e vi troverai una moneta d’argento. Prendila e consegnala loro per me e per te».

Parola del Signore

LA MIA RIFLESSIONE
PREGHIERA

Vieni o Santo Spirito e donami la sapienza di comprendere quello che il Signore vuole che io comprenda, aiutami !

Il momento è quasi giunto, Gesù ne è consapevole e cerca di dare ai suoi discepoli le coordinate per comprendere quanto tutto quello che sta per succedere sia necessario.
Il volere del Padre è la salvezza dei figli ed anche se costerà caro a Gesù, in termini di sofferenza, è disposto a tutto pur di salvare i suoi fratelli, perché l’amore di Dio ci unisce a Lui in maniera indissolubile.
 Gesù cerca di far capire a Pietro che è necessario che viva da uomo e che muoia da uomo per assumere su di se tutte le colpe degli uomini e poterli liberare.
La Sua passione sarà terribile, ma il messaggio che Gesù da a Pietro, non è di dolore o paura, ma di accettazione e fondamentalmente di Speranza.
Il Figlio di Dio non dovrebbe pagare la tassa nella chiesa di Dio, ma Gesù fa comprendere a Pietro che sarà Dio stesso a provvedere per pagare il tributo, e lo farà proprio attraverso la sua vita.Ma anche se Gesù morirà, risorgerà dopo tre giorni, e questo deve essere ben presente nella nostra mente, perché la nostra non è solo speranza, ma certezza che nulla è perduto, anche se ci sembra che la fede stia morendo, che la chiesa sia più una multinazionale che la casa di Dio… non fermiamoci a giudicare, ma andiamo oltre, andiamo a condividere con Gesù Cristo quella che sarà la sua e la nostra resurrezione. Noi siamo tempio di Cristo, se accettiamo di rinascere in Lui.

venerdì 5 agosto 2011

(Mt 17,1-9) Il suo volto brillò come il sole.


VANGELO
 (Mt 17,1-9) Il suo volto brillò come il sole. 
+ Dal Vangelo secondo Matteo

In quel tempo, Gesù prese con sé Pietro, Giacomo e Giovanni suo fratello e li condusse in disparte, su un alto monte. E fu trasfigurato davanti a loro: il suo volto brillò come il sole e le sue vesti divennero candide come la luce. Ed ecco apparvero loro Mosè ed Elia, che conversavano con lui.  Prendendo la parola, Pietro disse a Gesù: «Signore, è bello per noi essere qui! Se vuoi, farò qui tre capanne, una per te, una per Mosè e una per Elia». Egli stava ancora parlando, quando una nube luminosa li coprì con la sua ombra. Ed ecco una voce dalla nube che diceva: «Questi è il Figlio mio, l’amato: in lui ho posto il mio compiacimento. Ascoltatelo». 
All’udire ciò, i discepoli caddero con la faccia a terra e furono presi da grande timore. Ma Gesù si avvicinò, li toccò e disse: «Alzatevi e non temete». Alzando gli occhi non videro nessuno, se non Gesù solo.
Mentre scendevano dal monte, Gesù ordinò loro: «Non parlate a nessuno di questa visione, prima che il Figlio dell’uomo non sia risorto dai morti».

Parola del Signore
LA MIA RIFLESSIONE PREGHIERA Vieni vicino a me o Santo Spirito, ed aiutami a comprendere il senso della lettura d’oggi, e saperla applicare alla mia vita.
 In questo brano, Matteo ci porta con Gesù, Pietro, Giacomo e Giovanni sul monte Tabor.
Gli apostoli non comprendevano bene il perché di questa scelta di Gesù di sottoporsi volontariamente a tanta sofferenza, ricordiamo che Pietro che non voleva andare a Gerusalemme con Gesù, dopo che questi aveva detto a lui e agli altri, quello che lo aspettava e lo esortava a non sottoporsi a tale supplizio.
Gesù allora propone ai suoi discepoli di salire sul monte e una volta giunti si misero a pregare. Non volle spiegare a parole, ma volle che potessero condividere con Lui quel momento di preghiera, per aiutarli a capire, gli mostra come questa accettazione poteva diventare la loro trasfigurazione.
Notate la differenza tra il pregare di Gesù, che trasfigura davanti ai loro occhi, e quello assonnato degli apostoli.
Apparve ai loro occhi, riflesso di luce e parlava con Mosè ed Elia era una visione meravigliosa che li fece restare svegli anche se cadevano dal sonno.
Ad un tratto furono avvolti da una nube ed udirono una voce: - ecco il mio Figlio, l’eletto, ascoltatelo -
La voce di Dio confermava quello che disse al battesimo nel Giordano, riporre la propria fede in Gesù Cristo Figlio di Dio, non è un optional, ma è un preciso comando di Dio stesso e non riconoscerlo come tale vuol dire disobbedire a Dio, opporsi al volere di Dio.
I discepoli erano colpiti da questa manifestazione di Gesù e vedere Elia e Mosè li aveva riempiti di una nuova consapevolezza, che ancora non comprendevano fino in fondo, ma che apriva il loro cuore alla speranza e faceva intravedere che la fede è andare oltre la nostra umanità  e  diventava un connubio con Dio.
Dio aveva detto ascoltatelo e avevano visto i patriarchi defunti nella gloria con Gesù, avevano ancora tanta confusione e stettero tre giorni prima di capire bene il senso di quello che era successo, conservando tutte quelle cose in silenzio nel loro cuore.
Rispetto a questo brano io posso aggiungere, per esperienza, che quando il Signore ci concede una sua grazia, anche noi rimaniamo esterrefatti e stupiti, anche se non è la trasfigurazione, ma in ogni modo è sempre un qualcosa che ci lascia senza parole e senza spiegazione, allora anche se al momento non capiamo a fondo, non realizziamo subito il senso dell'accaduto, viene automatico restare tre giorni senza dire nulla e poi pian piano si riesce a mettere a fuoco quello che è successo.
Quanto sarebbe bello poter essere trasfigurati in Gesù, riuscire a fare della nostra preghiera e della nostra vita una ricerca intensa di comunione con il regno dei cieli, il nostro desiderio sarebbe legittimo, come lo è stato per gli apostoli, che hanno chiesto di poter fare tre capanne.
Legittimo voler restare con Gesù, ma ancora non era risorto dai morti, e gli chiese di tacere, fino a che tutto fosse compiuto; ed oggi che senso dare a queste parole?
Gesù è risorto, è con noi, possiamo vivere con lui la nostra esperienza di vita sulla terra, possiamo dimostrare di aver compreso almeno in parte il suo messaggio, possiamo chiedergli di trasformarci in uomini e donne nuove, ma per farlo, dobbiamo credere che Gesù è il figlio che Dio ci chiede di ascoltare ed affidarci a Lui.

giovedì 4 agosto 2011

RISTRETTO

RISTRETTO
Ristretto delle virtù dichiarate nell'Opera
che dee praticare chi ama Gesù Cristo.
1. Bisogna soffrir con pazienza tutte le tribulazioni di questa vita, le infermità, i dolori, la povertà, la perdita delle robe, la morte de' parenti, gli affronti, le persecuzioni e tutte le cose contrarie. Ed intendiamo che i travagli di questa vita son segni che Dio ci ama e ci vuol salvi nell'altra. E di più intendiamo che gradiscono più a Dio le mortificazioni involontarie ch'esso ci manda, che le volontarie che ci prendiamo noi.
2. Nelle infermità procuriamo di rassegnarci totalmente alla volontà di Dio, il che piace a Dio più di ogni altra divozione. Se allora non possiamo applicar la mente a meditare, guardiamo il Crocifisso, offerendogli i nostri patimenti ed unendoli a quelli ch'esso patì per noi sulla croce. E quando ci sarà data la nuova della morte, accettiamola con pace e con ispirito di sagrificio, cioè con volontà di voler morire per dar gusto a Gesù Cristo: questa volontà diè tutto il merito alla morte de' martiri. Bisogna allora dire: «Signore, eccomi, voglio tutto quel che volete voi, voglio patire quanto volete voi, voglio morire quando volete voi». Nè stiamo allora a cercar la vita a fine di far penitenza de' peccati; l'accettar la morte con piena rassegnazione vale più di ogni penitenza.
3. In oltre bisogna uniformarci al divino volere nel soffrire la povertà e tutti gl'incomodi che porta seco la povertà, il freddo, la fame, le fatiche, i disonori e le derisioni.
4. Così anche rassegnarci nella perdita delle robe e nella perdita de' parenti e degli amici che poteano farci bene vivendo. Avvezziamoci in tutte le cose contrarie a replicare: Così ha voluto Dio, così vogl'io. E nella morte de' congiunti, in vece di perdere il tempo a piangere senza profitto, impieghiamolo a pregare per le loro anime, offerendo allora a Gesù Cristo la pena che sentiamo di averli perduti.
5. Di più attendiamo a farci forza di soffrir con pazienza e pace i disprezzi e gli affronti. Ad alcuno che ci parla con ingiurie rispondiamo con parole dolci; ma quando ci sentiamo disturbati allora è meglio il soffrire e tacere, finchè non si tranquilli la mente; e procuriamo frattanto di non lamentarci con altri dell'affronto ricevuto, offerendolo in silenzio a Gesù Cristo che tanti ne patì per noi.
6. Usar dolcezza con tutti, superiori ed inferiori, nobili e plebei, parenti ed estranei; ma più specialmente co' poveri e cogli infermi; e più specialmente poi con coloro che ci mirano di mal occhio.
7. Nel riprendere i difetti altrui, giova più la dolcezza che tutti gli altri mezzi e ragioni; perciò guardiamoci di far la correzione quando stiamo adirati, perchè allora la riprensione sempre riuscirà amara, o per le parole o per lo modo. Guardiamoci ancora di correggere il delinquente quando egli sta adirato, perchè allora la correzione più presto l'inasprirà, che lo farà ravvedere.
8. Non invidiare i grandi del mondo delle loro ricchezze, onori, dignità ed applausi che ricevono dagli uomini; ma invidiare coloro che più amano Gesù Cristo, che certamente vivono più contenti de' primi re della terra; e ringraziare il Signore della luce con cui ci fa conoscere la vanità di tutti questi beni mondani, per cui tanti miseri si perdono.
9. In tutte le nostre azioni e pensieri non cercare la propria soddisfazione, ma solamente il gusto di Dio; e perciò non disturbarci quando non ci riesce l'intento di qualche nostro disegno; e quando ci riesce, non cercarne applausi e ringraziamenti dagli uomini; e se ne siamo mormorati, non farne conto, consolandoci di aver operato per piacere a Dio e non agli uomini.
10. I mezzi principali per la perfezione sono: per 1º Fuggire ogni peccato deliberato, benchè leggiero; ma se per disgrazia commettiamo qualche mancanza, guardiamoci di adirarcene con noi stessi con impazienza; bisogna allora pentircene con pace, e, facendo un atto d'amore a Gesù Cristo, promettergli di più non commetterla, cercandogli aiuto.
11. Per 2º Desiderare di giungere alla perfezione de' santi e di patire ogni cosa per dar gusto a Gesù Cristo; e se non abbiamo questo desiderio, pregare Gesù Cristo che per sua bontà ce lo conceda, perchè altrimenti, se non desideriamo con vero desiderio di farci santi, non daremo mai un passo per avanzarci nella perfezione.
12. Per 3º Avere una vera risoluzione di giungere alla perfezione. Chi non ha questa ferma risoluzione, opera con debolezza, e nelle occasioni non supera le ripugnanze; all'incontro un'anima risoluta, coll'aiuto di Dio che non manca mai, vince tutto.
13. Per 4º Fare due ore o almeno un'ora di orazione mentale ogni giorno; e senza precisa necessità non lasciarla mai per qualunque tedio, aridità o agitazione in cui ci troviamo.
14. Per 5º Frequentar la comunione più volte la settimana, secondo l'ubbidienza del direttore, poichè contra il consenso del medesimo non dee farsi la comunione frequente. E lo stesso corre per le mortificazioni esterne di digiuni, cilizi, discipline e simili; tali mortificazioni fatte senza l'ubbidienza del padre spirituale o guasteranno la sanità o apporteranno vanagloria. E perciò è necessario avere il direttore particolare per regolar il tutto colla di lui ubbidienza.
15. Per 6º Usar continuamente la preghiera, col raccomandarci a Gesù Cristo per tutti i bisogni che ci occorrono; col ricorrere ancora all'intercessione dell'Angelo custode, de' santi avvocati e singolarmente della divina Madre, per le mani di cui Iddio concede a noi tutte le grazie. — Già si è dimostrato verso la fine del capo VIII, che dalla preghiera dipende ogni nostro bene. — Bisogna specialmente cercare a Dio ogni giorno la perseveranza nella sua grazia, la quale perseveranza chi la cerca l'ottiene, e chi non la cerca non l'ottiene e si danna; cercare a Gesù Cristo il suo santo amore e l'uniformità perfetta alla sua volontà. E bisogna cercar le grazie sempre per li meriti di Gesù Cristo. Queste preghiere bisogna farle da che ci leviamo la mattina, e poi replicarle nell'orazione mentale, nella comunione, nella visita al SS. Sagramento e la sera nell'esame di coscienza. Principalmente in tempo di tentazioni bisogna che cerchiamo a Dio l'aiuto per resistere, e particolarmente se sono tentazioni contro la castità, invocando allora più volte in aiuto i SS. Nomi di Gesù e di Maria. Chi prega vince: chi non prega è vinto.
16. In quanto all'umiltà, non invanirsi delle ricchezze, degli onori, della nobiltà, del talento e di ogni altro pregio naturale; e tanto meno de' pregi spirituali, pensando che tutti sono doni di Dio. Tenerci per li peggiori di tutti, e perciò aver contento di vederci disprezzati dagli altri; e non fare come fanno alcuni, che dicono essere i peggiori di tutti e poi vogliono esser trattati meglio di tutti. Quindi accettare con umiltà le riprensioni senza scusarci, neppur quando siamo incolpati a torto, purchè non fosse necessaria la difesa per evitare lo scandalo degli altri.
17. Tanto più guardarsi di voler comparire nel mondo, e cercare onori dagli uomini. Perciò tenere avanti gli occhi la gran massima di S. Francesco chetanto siamo noi, quanto siamo avanti a Dio. Peggio sarebbe poi ad un religioso il cercare offici di onore e di superiorità nella religione: l'onore d'un religioso è l'essere il più umile di tutti; e quegli è il più umile, che abbraccia con maggiore allegrezza le umiliazioni.
18. Distaccar il cuore da tutte le creature. Chi sta attaccato a qualche cosa di terra, benchè minima, non potrà mai volare ed unirsi tutto con Dio.
19. Distaccarci specialmente dall'affetto de' parenti. Diceva S. Filippo Neri: «Quanto noi mettiamo d'affetto alle creature, tanto ne togliamo a Dio». E trattandosi dell'elezione dello stato, bisogna che specialmente ci guardiamo da' parenti che cercano più i loro interessi che il nostro profitto. — Distaccarci da' rispetti umani e dalla vana stima degli uomini; e sopra tutto distaccarci dalla propria volontà. Bisogna lasciar tutto per acquistar il tutto.Totum pro toto, scrive il da Kempis.
20. Non adirarci mai per qualunque accidente; e se mai qualche volta ci vediamo sorpresi dall'ira, subito allora raccomandiamoci a Dio, ed allora asteniamoci di operare e di parlare, finchè non ci assicuriamo che l'ira è già sedata. Perciò è spediente che nell'orazione ci prepariamo a tutti gl'incontri che possono avvenirci, acciocchè allora non ce ne risentiamo con colpa; ricordandoci di quel che confessava di se stesso S. Francesco di Sales: «Io non mi sono mai risentito, che appresso non me ne sia pentito».
21. Tutta la santità consiste nell'amare Dio, e tutto l'amore a Dio consiste nel far la sua volontà. Bisogna dunque rassegnarsi senza riserba a tutto quel che Dio dispone di noi; e perciò abbracciar con pace tutti gli eventi prosperi ed avversi che vuole Dio, quello stato che vuole Dio, quella sanità che vuole Dio. Ed a ciò dirigere tutte le nostre preghiere, acciocchè Dio ci faccia adempire la sua santa volontà. E per accertare la divina volontà, dipendere dall'ubbidienza del superiore per chi è religioso, e del confessore per chi è secolare; tenendo per certo quel che diceva S. Filippo Neri: «Di quello che si fa per ubbidienza non se ne ha da render conto a Dio». S'intende, purchè la cosa non sia evidente peccato.
22. Contra le tentazioni due sono i rimedi, la rassegnazione e la preghiera. La rassegnazione, perchè sebbene le tentazioni di peccare non vengono da Dio, nondimeno Iddio le permette per nostro bene; e però guardiamoci di adirarci, per moleste che sieno le tentazioni; rassegniamoci allora nel volere di Dio che le permette, ed armiamoci a superarle colla preghiera che fra tutte è l'arma più forte e più sicura per vincere i nemici. — I mali pensieri non son peccati, sieno laidissimi ed empi quanto si voglia: solo i mali consensi sono peccati. Invocando i Nomi SS. di Gesù e di Maria, non mai resteremo vinti. — Quando la tentazione assalta, giova allora rinnovare il proposito di voler prima morire che offendere Dio; giova ancora segnarci più volte col segno della croce e coll'acqua santa, e giova anche molto lo scovrire la tentazione al confessore; ma il rimedio più necessario è la preghiera, cercando l'aiuto a resistere a Gesù ed a Maria.
23. Nella desolazione poi di spirito due sono gli atti in cui dobbiamo principalmente esercitarci: 1. umiliarci confessando di meritare di essere così trattati; 2. rassegnarci nella volontà di Dio, abbandonandoci in braccio alla divina bontà. Quando Dio ci consola, apparecchiamoci alle tribulazioni che per lo più succedono alle consolazioni. Quando poi ci fa star desolati, umiliamoci e rassegniamoci nella divina volontà, e trarremo assai maggior profitto dalla desolazione che dalla consolazione.
24. Per viver sempre bene bisogna che c'imprimiamo nella mente certe massime generali di vita eterna:
Ogni cosa di questa vita finisce, il godere e 'l patire; e l'eternità non finisce mai.
A che servono in punto di morte tutte le grandezze di questo mondo?
Quel che viene da Dio, o di prospero o di avverso, tutto è buono, ed è per nostro bene.
Bisogna lasciar tutto per acquistare il tutto.
Senza Dio non può aversi mai vera pace.
Solo l'amare Dio e salvarsi l'anima è necessario.
Solo del peccato si dee temere.
Perduto Dio è perduto tutto.
Chi non desidera niente di questo mondo è padrone di tutto il mondo.
Chi prega si salva, chi non prega si perde.
Si muoia, e si dia gusto a Dio.
Costi Dio quanto vuol, non fu mai caro.
A chi si ha meritato l'inferno ogni pena è leggiera.
Tutto soffre chi mira Gesù in croce.
Ciò che non si fa per Dio tutto diventa pena.
Chi vuol solo Dio è ricco d'ogni bene.
Beato chi può dire di cuore: Gesù mio, te solo voglio e niente più.
Chi ama Dio, in ogni cosa troverà piacere; chi non ama Dio, in niuna cosa troverà vero piacere.

CAPITOLO 17 Caritas omnia sustinet. Chi ama Gesù Cristo con amor forte non lascia di amarlo in mezzo a tutte le tentazioni ed a tutte le desolazioni.

CAPITOLO XVII

Caritas omnia sustinet.
Chi ama Gesù Cristo con amor forte
non lascia di amarlo in mezzo a tutte le tentazioni
ed a tutte le desolazioni.
1. Le pene che maggiormente affliggono in questa vita le anime amanti di Dio non sono la povertà, le infermità, i disonori e le persecuzioni, ma le tentazioni e le desolazioni di spirito. Quando un'anima gode l'amorosa presenza di Dio, allora tutti i dolori, le ignominie ed i maltrattamenti degli uomini, in vece di affliggerla, più la consolano, dandole motivo di offerire a Dio qualche pegno del suo amore: sono in somma legna che più accendono il fuoco. Ma il vedersi dalle tentazioni spinta a perdere la grazia divina, o il temere nella desolazione di averla già perduta, queste son pene troppo amare a chi ama di cuore Gesù Cristo. Ma lo stesso amore dà loro forza di soffrirle con pazienza e di seguire il preso cammino della perfezione. Ed oh quanto si avanzano le anime con tali pruove che suole far Dio del loro amore!
Delle tentazioni.
2. Per le anime che amano Gesù Cristo non vi è pena più tormentosa delle tentazioni. Tutti gli altri mali le spingono a più unirsi con Dio, accettandoli con rassegnazione; ma le tentazioni a peccare le spingono, come di sovra si è detto, a separarsi da Gesù Cristo, e perciò si rendono loro troppo amare più che tutti gli altri tormenti. Bisogna però intendere che, sebbene tutte le tentazioni che inducono al male non vengono mai da Dio, ma dal demonio o dalle nostre male inclinazioni: Deus enim intentator malorum est, ipse autem neminem tentat (Iac. I, 13): nondimeno il Signore permette alle volte che l'anime sue più dilette sieno più fortemente tentate.
Per prima, acciocchè colle tentazioni conoscano maggiormente la loro debolezza e 'l bisogno che hanno del divino aiuto per non cadere. — Quando un'anima trovasi favorita da Dio colle divine consolazioni, le pare di esser abile a superare ogni assalto de' nemici e ad eseguire ogn'impresa di gloria di Dio. Ma quando si trova gagliardamente tentata, e si vede all'orlo del precipizio e vicina a cadere, allora meglio conosce la sua miseria e la sua impotenza a resistere, se Dio non la soccorresse. Questo appunto avvenne a S. Paolo, il quale scrisse che il Signore avea permesso ch'egli fosse molto molestato da una tentazione sensuale, acciocchè non s'invanisse per le rivelazioni di cui l'avea Dio favorito: Et ne magnitudo revelationum extollat me, datus est mihi stimulus carnis meae, angelus satanae, qui me colaphizet (II Cor. XII, 7).
3. In oltre permette Iddio le tentazioni, acciocchè viviamo più distaccati da questa terra, e desideriamo con più ardore di andarlo a vedere in paradiso. Quindi è che le anime buone, in vedersi così combattute in questa vita di giorno e di notte da tanti nemici, hanno in tedio la vita, ed esclamano: Heu mihi, quia incolatus meus prolongatus est (Ps. CXIX, 5). E sospirano l'ora in cui potranno dire: Laqueus contritus est et nos liberati sumus (Ps. CXXIII, 7). L'anima vorrebbe volare a Dio, ma, mentre vive in questa terra, sta ligata da un laccio che la trattiene quaggiù, ove di continuo è combattuta dalle tentazioni. Questo laccio non si spezza se non colla morte; e perciò le anime amanti sospirano la morte che le libera dal pericolo di perdere Dio.
4. In oltre Iddio permette che siamo tentati, per renderci più ricchi di meriti, come fu detto a Tobia: Et quia acceptus eras Deo, necesse fuit ut tentatio probaret te (Tob. XII, 13). Dunque un'anima non perchè è tentata dee temere che sta in disgrazia di Dio; anzi allora dee più sperare di essere amata da Dio. È inganno del demonio il far credere a certi spiriti pusillanimi che le tentazioni son peccati che imbrattano l'anima. Non sono i mali pensieri che ci fanno perdere Dio, ma i mali consensi. Sieno veementi quanto si voglia le suggestioni del demonio, sieno vivi quanto si voglia quei fantasmi impudici che c'ingombrano la mente, quando noi non li vogliamo, niente macchiano l'anima, anzi la rendono più pura, più forte e più cara a Dio. — Dice S. Bernardo che ogni volta che superiamo le tentazioni acquistiamo una nuova corona: Quoties vincimus, toties coronamur. Ad un certo monaco cisterciense apparve un angelo che gli diede in mano una corona, con ordine che la portasse ad un altro religioso, e gli dicesse che tal corona se l'avea meritata per quella tentazione che poco dinanzi avea superata. Nè ci spaventi il vedere che quel cattivo pensiero non si parte dalla mente e seguita a tormentarci; basta che noi l'abborriamo e cerchiamo di discacciarlo.
5. Dio è fedele, dice l'Apostolo: non soffre che noi siamo tentati oltre le nostre forze: Fidelis autem Deus est qui non patietur vos tentari supra id quod potestis, sed faciet etiam cum tentatione proventum (I Cor. X, 13). Chi dunque resiste alla tentazione, non solo non vi perde, ma vi fa gran guadagno,sed faciet cum tentatione proventum. E perciò il Signore spesso permette che l'anime sue dilette siano più tentate dalle tentazioni, acciocchè facciano più acquisti di meriti in questa terra e di gloria nel cielo. L'acqua morta che non si muove, presto s'imputridisce. E così l'anima, stando in ozio senza tentazioni e senza combattimenti, sta in pericolo di perdersi con qualche vana compiacenza del proprio merito, pensando forse che già sia giunta alla perfezione; e così allora poco teme, e perciò poco si raccomanda a Dio, e poco si affatica per assicurare la sua salute. Ma quando ella è agitata dalle tentazioni e si vede in pericolo di precipitare in peccato, allora ricorre a Dio, ricorre alla divina Madre, rinnova i propositi di morir prima che peccare, si umilia e si abbandona in braccio alla divina misericordia: e così acquista più forza, e più si stringe con Dio, come dimostra l'esperienza.
6. Non dobbiamo già noi desiderare perciò le tentazioni, anzi dobbiamo pregar sempre Iddio che dalle tentazioni ci liberi, e specialmente da quelle dalle quali vede Dio che saressimo vinti — ciò significa appunto quella preghiera del Pater nosterEt ne nos inducas in tentationem; — ma quando Dio permette che ci assaltino, bisogna che allora, senza inquietarci per quei brutti pensieri e senza avvilirci, confidiamo in Gesù Cristo e gli cerchiamo aiuto; ed egli certamente non mancherà di darci forza a resistere. Dice S. Agostino: Proiice te in eum, noli metuere; non se subtrahet ut cadas (Conf. lib. 8, c. 11). Abbandonati in Dio e non temere, poichè se egli ti mette nel combattimento, certamente non ti lascerà solo acciocchè cadi.
7. Veniamo ora a' mezzi che abbiamo da usare per vincere le tentazioni.
I maestri di spirito ne assegnano molti, ma il più necessario e più sicuro — di questo solo qui voglio parlare — è il ricorrere subito a Dio con umiltà e confidenza, dicendo: Deus, in adiutorium meum intende; Domine, ad adiuvandum me festina (Ps. LXIX, 2): Signore aiutami, ed aiutami presto. Questa sola preghiera basterà a farci superare gli assalti di tutti i demoni dell'inferno che venissero a combatterci, perchè Iddio è infinitamente più forte di tutti i demoni. Iddio già sa che non abbiamo noi forza di resistere alle tentazioni delle podestà infernali; onde dice il dottissimo cardinal Gotti che quando noi siamo combattuti e siamo nel pericolo di esser vinti, egli è obbligato a darci l'aiuto bastante a resistere, semprechè ce lo domandiamo: Tenetur Deus cum tentamur, nobis ad eum confugientibus, vires praebere qua possimus resistere et actu resistamus (Card. Gotti, Theol. Schol., t. 2. tr. 6. q. 2. § 3. n. 30).
8. E come possiamo temere che Gesù Cristo non ci aiuti, dopo che n'abbiamo tante sue promesse fatteci nelle sacre Scritture? Venite ad me omnes qui laboratis et onerati estis, et ego reficiam vos (Matth. XI, 28). Venite voi che vi affaticate nel combattere colle tentazioni, ed io vi ristorerò le forze. Et invoca me in die tribulationis, eruam te, et honorificabis me (Ps. XLIX, 15). Quando ti vedi tribolato da' nemici, chiamami, ed io ti caverò dal pericolo, e tu me ne loderai. Tunc invocabis et Dominus exaudiet. Clamabis, et dicet: Ecce adsum (Is. LVIII, 9). Allora chiamerai il Signore in aiuto, ed egli ti esaudirà. Griderai: Presto, Signore, soccorrimi; ed egli ti dirà: Eccomi, son presente per aiutarti. Quis invocavit eum et despexit illum? (Eccli. II, 12). E chi mai, dice il profeta, ha invocato Dio, e Dio l'ha disprezzato senza dargli soccorso? Davide per questo mezzo della preghiera tenea per certo di non esser mai vinto da' nemici, dicendo: Io chiamerò il Signore lodandolo, e sarò salvo da' miei nemici: Laudans invocabo Dominum et ab inimicis meis salvus ero (Ps. XVII, 4). Poich'egli già sapea che Dio si fa vicino ad ognuno che lo chiama in aiuto: Prope est Dominus omnibus invocantibus eum (Ps. CXLIV, 18). E S. Paolo aggiunge che il Signore non è già avaro, ma ricco di grazie, per tutti coloro che l'invocano: Dives in omnes qui invocant illum (Rom. X, 12).
9. Oh volesse Iddio che tutti gli uomini ricorressero a lui quando son tentati ad offenderlo, che niuno certamente l'offenderebbe! Cadono i miseri, perchè, allettati da' loro pravi appetiti, per non perdere quei brevi diletti, si contentano di perdere il sommo bene ch'è Dio. Troppo lo dimostra la sperienza, che chi ricorre a Dio nelle tentazioni, non cade, e chi non ricorre, cade: e specialmente nelle tentazioni d'incontinenza. Dicea Salomone ch'egli ben sapea di non poter essere continente se Iddio non ce 'l concedeva; e perciò nelle tentazioni era a lui ricorso colle preghiere: Et ut scivi quoniam aliter non possem esse continens, nisi Deus det... adii Dominum et deprecatus sum illum etc. (Sap. VIII, 21). In tali tentazioni d'impurità — e lo stesso corre nelle tentazioni contra la fede — non è regola di mettersi a combattere colla tentazione da petto a petto, ma bisogna procurare al principio di quella discacciarla indirettamente con fare un atto buono di amore a Dio o di dolore de' peccati, o pure con applicarsi a qualche azione indifferente distrattiva. Subito che ci accorgiamo di qualche pensiero che tiene viso maligno, subito bisogna licenziarlo, chiudergli, per così dire, la porta in faccia e negargli l'entrata nella mente, senza stare a discifrare che cosa dica e pretenda. Tali suggestioni malvagie bisogna scuoterle subito, come si scuotono le scintille di fuoco che ci saltano addosso.
10. Se poi la tentazione impura è già entrata nella mente ed ha spiegato quel che vorrebbe e già muove il senso, allora, dice S. Girolamo: Statim ut libido titillaverit sensum, erumpamus in vocem: Domine, auxiliator meus (Ep. XXII ad Eustoch.). Subito, dice il santo, che il senso è mosso dal fomite, bisogna ricorrere a Dio e dire: Signore aiutatemi, invocando i santissimi nomi di Gesù e di Maria che hanno una virtù particolare di sopprimere tal sorta di tentazioni. — Dice S. Francesco di Sales che i bambini vedendo il lupo corrono subito fra le braccia del padre e della madre, ed ivi si tengono sicuri. Così dobbiamo fare ancor noi: ricorrere subito a Gesù ed a Maria, invocandoli. Replico, subito ricorrere, senza dare udienza e discorrere colla tentazione. Si narra nel libro delle Sentenze de' Padri al § 4 che S. Pacomio un giorno intese che un demonio vantavasi di aver fatto spesso cadere un certo monaco, perchè colui, quando esso lo tentava, gli dava udienza e non si voltava a Dio. All'incontro intese un altro demonio che si lamentava dicendo: «Ed io col monaco mio niente posso, perchè egli subito ricorre a Dio, e sempre vince».
11. Se poi la tentazione persiste a molestarci, guardiamoci allora d'inquietarci e di adirarci con quella, perchè da un tal disturbamento potrebbe il demonio prender forza a farci cadere. Allora dobbiamo con umiltà rassegnarci alla volontà di Dio, il quale vuol permettere che allora siamo così tormentati da quel laido pensiero, con dire: «Signore, così merito io, di esser molestato da tali schifezze in castigo delle offese che vi ho fatte; ma voi mi avete da soccorrere e liberare». E perciò, se la tentazione seguita a molestarci, seguitiamo noi ad invocare Gesù e Maria. Giova molto allora, quando la tentazione seguita a tormentarci, rinnovar la promessa a Dio di patire ogni tormento e morir mille volte prima che offenderlo: e nello stesso tempo non si lasci di cercargli aiuto. E quando la tentazione fosse così forte che ci vedessimo in gran pericolo di consentirvi, allora bisogna incalzar le preghiere, ricorrere al SS. Sagramento, buttarsi a' piedi di un Crocifisso o di qualche immagine della B. Vergine, e pregare con maggior calore, gemere, piangere, cercando soccorso. È vero che Dio è pronto ad esaudir chi lo prega, ed egli è quello, non già la nostra diligenza, che ha da darci la forza di resistere; ma talvolta vuole il Signore da noi questi sforzi, ed egli poi supplisce alla nostra debolezza e ci fa ottenere la vittoria.
12. Giova ancora, in tempo che siamo tentati, il segnarci più volte la fronte ed il petto col segno della santa croce. Giova molto ancora scovrir la tentazione al padre spirituale. Dicea S. Filippo Neri che la tentazione scoperta è mezzo vinta. Ma qui è bene avvertire, esser dottrina comunemente approvata da' teologi, anche del rigido sistema, che le persone le quali per molto tempo han fatta vita spirituale e son molto timorate di Dio, semprechè stanno in dubbio e non sono certe di aver dato il consenso a qualche colpa grave, debbono tener per certo di non aver perduta la divina grazia; essendo moralmente impossibile che la volontà confermata per molto tempo ne' buoni propositi, in un subito poi si muti e consenta ad un peccato mortale, senza chiaramente conoscerlo. La ragione si è perchè il peccato mortale è un mostro così orribile, che non può entrare in un'anima, la quale per lungo tempo l'ha abborrito, senza farsi chiaramente conoscere. — Ciò l'abbiamo appieno provato nella nostra opera morale (al lib. VI, n. 476, vers. Item). — Dicea S. Teresa: «Niuno si perde senza conoscerlo; e niuno resta ingannato senza voler esser ingannato».
13. Quindi è che per alcune anime di coscienza delicata e ben assodate nella virtù, ma timide e molestate dalle tentazioni — specialmente se sono contra la fede o la castità — sarà spediente talvolta che il direttore vieti loro di svelarle e di parlarne, poichè nel doverle scovrire dovranno riflettere come quei pensieri sieno entrati, e se poi vi è stata dilettazione in discorrervi, se compiacenza o consenso; e così, col maggiormente riflettervi, più s'imprimono quelle fantasie maligne, e più s'inquietano. Quando il confessore sta moralmente certo che a tali suggestioni la persona non vi consente, meglio è che dia loro l'ubbidienza di non parlarne. E trovo che così appunto faceva la madre S. Giovanna di Chantal. Ella narra di sè ch'essendo stata più anni agitata in orrende tempeste di tentazioni e non avendo mai avuta cognizione di consenso a quelle, non mai se n'era confessata, ma aveva seguito a dirigersi colla regola datale dal suo direttore. Dice così: «Non ho avuta mai chiara cognizione di consenso»: dunque, dicendo così, dà ad intendere esserle rimasta qualche agitazione di scrupolo per quelle tentazioni, ma ciò non ostante si quietava coll'ubbidienza datale dal direttore di non confessarsi di tali dubbi. Del resto, comunemente parlando, molto giova per sedar le tentazioni lo scovrirle al confessore, come abbiamo detto di sopra.
14. Ma torno a dire, fra tutti i rimedi contra le tentazioni il più efficace e più necessario, il rimedio de' rimedi, è il pregare Dio per aiuto, e 'l seguitare a pregare, finchè la tentazione persiste. Spesso il Signore avrà destinata la vittoria non alla prima preghiera, ma alla seconda, alla terza, alla quarta. In somma bisogna persuaderci che dal pregare dipende tutto il nostro bene, dal pregare dipende la mutazione della vita, dal pregare dipende il vincere le tentazioni, dal pregare dipende l'ottenere l'amor divino, la perfezione, la perseveranza e la salute eterna.
15. Ad alcuno che avrà lette le mie opere spirituali io mi sarò forse renduto tedioso in raccomandar troppo spesso l'importanza e la necessità di ricorrere a Dio continuamente colla preghiera. Ma a me pare di averne detto non troppo, ma molto poco. Io so che tutti, giorno e notte, siamo combattuti dalle tentazioni dell'inferno, e che il demonio non lascia occasione per farci cadere. So che noi senza l'aiuto divino non abbiamo forza di resistere agli assalti de' demoni, e che perciò l'Apostolo ci esorta a vestirci delle armature di Dio: Induite vos armaturam Dei, ut possitis stare adversus insidias diaboli; quoniam non est nobis colluctatio adversus carnem et sanguinem, sed adversus principes et potestates, adversus mundi rectores tenebrarum harum(Eph. VI, 11 et 12). E quali sono queste armi di cui c'insegna S. Paolo ad armarci per resistere a' demoni? Eccole: Per omnem orationem et obsecrationem, orantes omni tempore in spiritu, et in ipso vigilantes in omni instantia (Ibid. 18). Queste armi sono le preghiere continue e fervide a Dio affinchè ci soccorra e non restiamo vinti. So di più che tutte le Scritture, così del Vecchio come del Nuovo Testamento, non fanno altro che ammonirci a pregare: Invoca me... eruam te (Ps. XLIX, 15). Clama ad me, et exaudiam te (Ier. XXXIII, 3). Oportet semper orare et non deficere (Luc. XVIII, 1).Petite et dabitur vobis (Matth. VII, 7). Vigilate et orate (Matth. XXVI, 41). Sine intermissione orate (I Thes. V, 17). Onde non mi pare di averne parlato troppo della preghiera, ma molto poco.
16. Io desidererei che tutti i predicatori niuna cosa raccomandassero tanto a' loro ascoltanti, che la preghiera: che i confessori niuna cosa esortassero tanto con maggior calore a' loro penitenti, che la preghiera: gli scrittori spirituali di niuna cosa parlassero più abbondantemente, che della preghiera. Ma di questo mi lamento, e penso che sia castigo de' nostri peccati, che tanti predicatori, confessori e scrittori, della preghiera poco ne parlano. Non ha dubbio che giovano molto alla vita spirituale le prediche, le meditazioni, le comunioni, le mortificazioni; ma se quando vengono le tentazioni noi non ci raccomandiamo a Dio, noi caderemo con tutte le prediche, con tutte le meditazioni, con tutte le comunioni, con tutte le penitenze, e tutti i buoni propositi fatti. Dunque se vogliamo salvarci, preghiamo sempre e raccomandiamoci al nostro Redentore Gesù Cristo, e specialmente in atto che siamo tentati; e non solo cerchiamogli la santa perseveranza, ma insieme la grazia di sempre pregarlo. E raccomandiamoci sempre ancora alla divina Madre ch'è la dispensiera delle grazie, come dice S. Bernardo: Quaeramus gratiam et per Mariam quaeramus. Mentre lo stesso santo ci fa sapere esser volere di Dio che noi non riceviamo alcuna grazia che non passi per le mani di Maria: Nihil Deus habere nos voluit quod per manus Mariae non transiret.
Affetti e preghiere.
O Gesù mio Redentore, spero al vostro sangue che mi abbiate perdonate le offese che vi ho fatte; e spero di venire a ringraziarvene per sempre in paradiso: Misericordias Domini in aeternum cantabo (Ps. LXXXVIII, 2). Vedo che per lo passato io miseramente son caduto e ricaduto, perchè sono stato trascurato in domandarvi la santa perseveranza. Questa perseveranza ora vi cerco: Ne permittas me separari a te. E propongo di cercarvela sempre, e specialmente quando mi vedrò tentato ad offendervi. Così propongo e prometto; ma a che mi servirà questo mio proposito e promessa, se voi non mi darete la grazia di ricorrere a' piedi vostri? Deh per li meriti della vostra Passione concedetemi questa grazia, di sempre raccomandarmi a voi in tutti i miei bisogni.
Regina e madre mia Maria, vi prego, per quanto amate Gesù Cristo; ad ottenermi questa grazia, di ricorrere sempre al vostro Figlio ed a voi in tutta la mia vita.
Delle desolazioni.
17. «È un inganno, dice S. Francesco di Sales, il voler misurare la divozione colle consolazioni che proviamo. La vera divozione nella via di Dio consiste in avere una volontà risoluta di eseguir tutto ciò che piace a Dio». Iddio colle aridità stringe a sè le anime più dilette. Quel che c'impedisce la vera unione con Dio è l'attacco alle nostre disordinate inclinazioni; onde il Signore quando vuol tirare un'anima al suo perfetto amore, cerca di staccarla da tutti gli affetti de' beni creati. E così prima le va togliendo i beni temporali, i piaceri mondani, le robe, gli onori, gli amici, i parenti, la sanità del corpo; e con tali mezzi di perdite, di disgusti, dispregi, morti e infermità, la va distaccando da tutto il creato, acciocchè ella riponga in lui tutti gli affetti suoi.
18. Indi per affezionarla ai beni spirituali, a principio le fa assaggiare molte consolazioni con abbondanza di lagrime e tenerezze; onde l'anima procura allora di staccarsi da' piaceri sensuali, anzi cerca di macerarsi con penitenze, digiuni, cilizi e discipline. Ma allora bisogna che il direttore la tenga a freno e le neghi di fare mortificazioni, almeno tutte quelle che domanda, perchè la persona spinta da quel fervore sensibile facilmente potrebbe coll'indiscrezione guastarsi la sanità. Questa è arte del demonio, che quando vede alcuno che si dà a Dio, e scorge che Dio lo consola colle carezze solite darsi a' principianti, il nemico cerca di fargli perdere la salute colle penitenze indiscrete, acciocchè poi, sopravvenendo le infermità, lasci non solamente le penitenze, ma l'orazione, le comunioni e tutti gli esercizi divoti, e ritorni alla vita antica. Per tanto il direttore con queste anime che cominciano la vita spirituale e cercano penitenze, dee esser molto avaro in concederle, ma procuri di esortar loro a mortificarsi internamente con soffrire con pazienza i disprezzi e le cose contrarie, ubbidire a' superiori, astenersi dalla curiosità di vedere o di sentire, e cose simili; e dica loro che poi, quando avranno acquistato il buon abito di esercitare tali mortificazioni interne, allora potranno rendersi degne di praticare l'esterne.
Del resto è marcio errore il dire, come dicono alcuni, che le mortificazioni esterne non servono o poco servono. Non ha dubbio che per la perfezione son più necessarie le interne, ma non perciò non son necessarie anche l'esterne. Dicea S. Vincenzo de Paoli che chi non pratica le mortificazioni esterne non sarà mortificato nè esternamente nè internamente. Ed aggiungea S. Giovanni della Croce che ad un direttore che disprezza le macerazioni della carne, ancorchè facesse egli miracoli, non gli si dee dar credenza.
19. Ma ritorniamo al punto. — L'anima dunque ne' principî che si dà a Dio ed assaggia la dolcezza di quelle consolazioni sensibili colle quali cerca il Signore di allettarla e così distaccarla da' piaceri terreni, ella si va staccando dalle creature e si attacca a Dio; ma si attacca con difetto, spinta più dalla sensibilità di quelle consolazioni spirituali che da una vera volontà di dar gusto a Dio; e s'inganna col credere che quanto più trova gusto in quelle sue divozioni tanto più ama Dio. E da ciò nasce che quando vien disturbata da quegli esercizi ove trovava pascolo, e viene impiegata in altre opere di ubbidienza o di carità o di obbligazione del suo stato, s'inquieta e se ne accora: — questo è difetto universale della nostra misera umanità, di cercare in ogni azione la propria soddisfazione — o pure quando in quegli esercizi divoti non vi trova i gusti assaggiati, o gli lascia o almeno gli diminuisce, e, diminuendoli poi da giorno in giorno, finalmente gli lascia tutti. E questa disgrazia succede a molte anime che, chiamate da Dio al suo amore, cominciano a camminare nella via della perfezione, e fanno qualche cammino mentre durano le dolcezze spirituali, ma quando poi cessano quelle, lasciano tutto e ritornano alla vita antica. Ma bisogna persuadersi che l'amore a Dio e la perfezione non consiste nel sentire le tenerezze e le consolazioni, ma nel vincere l'amor proprio e nel seguire la divina volontà. Dice S. Francesco di Sales: «Iddio tanto è amabile quando ci consola, che quando ci tribola».
20. In quello stato di consolazioni non è gran virtù lasciare i gusti sensuali e sopportare gli affronti e le cose contrarie. In mezzo a quelle dolcezze l'anima sopporta tutto, ma tal sofferenza proviene spesso più da quelle dolcezze assaggiate che dalla forza del vero amore a Dio. E perciò il Signore, affin di assodarla nella virtù, si ritira e le toglie quei gusti sensibili, per toglierle ogni attacco all'amor proprio che di tali gusti si pasceva. E quindi avviene che dove prima sentiva gaudio in fare atti di offerte, di confidenza e di amore, dipoi, quando è seccata la vena, fa questi atti con freddezza e pena, e sente tedio negli esercizi più divoti, nell'orazione, nella lezione spirituale e nella comunione; anzi non vi trova altro che tenebre e timori, e le pare che tutto sia perduto. Prega, torna a pregare, e si affligge, parendole che Dio non voglia esaudirla.
21. Veniamo alla pratica di quello che dobbiamo far noi dal canto nostro.
Quando il Signore per sua misericordia ci consola con visite amorose, e ci fa sentire la presenza della sua grazia, non è bene ributtar quelle divine consolazioni, come voleano alcuni falsi mistici; accettiamole con ringraziamento, ma stiamo attenti a non fermarci a gustare e compiacerci del senso di quelle tenerezze di spirito: questa si chiama da S. Giovanni della Croce gola spirituale, la quale è difettosa e non piace a Dio. Attendiamo allora a discacciare dalla mente la compiacenza sensibile di quelle dolcezze; e specialmente guardiamoci di credere che Iddio ci usi quelle finezze perchè meglio degli altri ci portiamo con esso, perchè un tal pensiero di vanità costringerebbe il Signore a ritirarsi in tutto da noi e lasciarci nelle nostre miserie. Bisogna allora sì bene che lo ringraziamo con fervore, perchè tali consolazioni di spirito son doni grandi che fa Dio alle anime, assai più grandi di tutte le ricchezze e degli onori temporali; ma in quel tempo non ci affatichiamo già a prenderci diletto di quei gusti sensibili, ma umiliamoci con metterci avanti gli occhi i peccati della vita passata. Bisogna allora credere che quei tratti amorosi son puri effetti della bontà di Dio, e che forse il Signore anticipa a confortarci con quelle consolazioni, acciocchè soffriamo poi con pazienza qualche gran tribulazione che vuole mandarci. E perciò offeriamoci allora a patire ogni pena esterna o interna che ci avverrà, ogni infermità, ogni persecuzione, ogni desolazione di spirito, dicendo: «Signor mio, eccomi, fatene di me e delle cose mie quel che vi piace; datemi la grazia di amarvi e di adempire perfettamente la vostra volontà, e non altro vi domando».
22. Quando l'anima poi sta moralmente certa di stare in grazia di Dio, benchè sia priva così de' piaceri del mondo come di quelli di Dio, nondimeno sta pur contenta del suo stato sapendo che ama Dio ed è amata da Dio. Ma Dio che vuole vederla più purificata e spogliata di ogni soddisfazione sensibile per unirla tutta a sè per mezzo del puro amore, che fa? La mette nel crogiuolo della desolazione, ch'è una pena più amara di tutte le pene interne ed esterne che può patire una persona; la priva della cognizione di stare in grazia; e la lascia fra dense tenebre, in mezzo alle quali par che l'anima non trovi più Dio. Anzi talvolta Iddio permette ch'ella sia assalita da forti tentazioni di senso accompagnate da moti cattivi della parte inferiore, o pure da pensieri di miscredenza o di disperazione, ed anche di odio a Dio, parendole che il Signore l'abbia discacciata da sè e che più non senta le sue preghiere. E perchè da una parte le suggestioni del demonio son veementi e la concupiscenza della persona sta mossa; ed all'incontro, trovandosi l'anima in quella grande oscurità, quantunque resista colla volontà, non sa però discernere abbastanza, se a quelle tentazioni resiste come dee o vi consente; con ciò maggiormente le cresce il timore di aver perduto Dio, e che Dio giustamente, per le sue infedeltà usate in questi combattimenti, l'abbia in tutto abbandonata. Onde le pare di essere già arrivata all'estrema rovina, di non amare più Dio, e di esser odiata da Dio. Questa pena ben la provò S. Teresa, e confessa la santa che in tale stato la solitudine non più la consolava, ma l'era di tormento, e che quando andava all'orazione le parea di trovare un inferno.
23. Avvenendo ciò ad un'anima che ama Dio, ella non si sgomenti, nè si atterrisca il direttore che la guida. Quei moti sensuali, quelle tentazioni contra la fede, quelle diffidanze e quegli insulti che la spingono ad odiare Dio, sono timori, son tormenti dell'anima, sforzi del nemico, ma non sono atti volontari e perciò non sono peccati. L'anima che veramente ama Gesù Cristo ben resiste allora, e dissente a tali suggestioni; ma, per le tenebre che l'ingombrano, no 'l sa distinguere, resta ella confusa, e, perchè si vede lasciata dalla presenza della grazia, teme e si affligge. Ma ben si scorge poi che in queste anime così provate da Dio tutto è spavento ed apprensione, ma non verità: dimandate loro, anche nel mentre che si trovano così derelitte, se mai commetterebbero un sol peccato veniale ad occhi aperti, che risolutamente risponderebbero di esser pronte a patire non una, ma mille morti, prima che deliberatamente dar quel disgusto a Dio.
24. Bisogna perciò distinguere, altro è fare un atto buono, come di respinger la tentazione, di confidare in Dio, di amare e volere quel che vuole Dio: altro è conoscere che in effetto facciamo quest'atto buono. Questo secondo, di conoscere che facciamo l'atto buono, serve a noi di godimento; ma il profitto sta nel primo, cioè nel far veramente quel buon atto. Iddio si contenta del primo, e priva l'anima del secondo, cioè della cognizione di aver fatto quell'atto buono, affin di toglierle ogni propria soddisfazione che niente in verità aggiunge all'atto fatto, poichè il Signore più cerca il profitto nostro, che la nostra soddisfazione. S. Giovanni della Croce scrisse ad un'anima desolata per consolarla, così: «Non mai voi siete stata in migliore stato del presente, perchè non mai così umiliata e distaccata dal mondo, e non mai riconosciuta così cattiva come ora vi conoscete. Nè siete stata mai così spropriata e lontana dal cercar voi stessa». Non crediamo in somma che allorchè sentiamo più tenerezze di spirito siamo più amati da Dio; poichè non consiste in esse la perfezione, ma nel mortificare la nostra volontà ed unirla alla divina.
25. Nello stato dunque di desolazione, dee l'anima non dare udienza al demonio che le suggerisce averla Dio abbandonata, nè dee lasciar l'orazione. Questo è quel che pretende il demonio per farla poi cadere in qualche precipizio. Scrive S. Teresa: «Con aridità e tentazioni fa prova il Signore de' suoi amanti. Benchè tutta la vita duri l'aridità, non lasci l'anima l'orazione; tempo verrà che tutto le sarà pagato molto bene». In tale stato di pena, dee la persona umiliarsi, pensando che così merita di esser trattata per le offese fatte a Dio: umiliarsi e rassegnarsi tutta nel divino volere, dicendo: «Eccomi, Signore, se volete farmi star così desolata e afflitta per tutta la mia vita, e se volete anche per tutta l'eternità, datemi la grazia vostra, fate ch'io vi ami, e poi fate di me quel che vi piace».
26. E vi sarà inutile allora, e forse di maggior inquietudine, il voler accertarvi che stiate in grazia di Dio e che quella sia pruova non già abbandono di Dio, perchè Dio allora non vuole che lo conosciate; e non vuole per vostro maggior profitto, acciocchè più vi umiliate, ed accresciate le preghiere e gli atti di confidenza nella sua misericordia. Voi volete vedere, e Dio non vuole che vedete. Per altro dice S. Francesco di Sales: «La risoluzione di non consentire a niun peccato, anche minimo, ci assicura che stiamo in grazia di Dio». — Ma quando l'anima si ritrova in una profonda desolazione, ciò neppure lo conosce chiaramente; ma non dee ella pretendere in tale stato di sentire quel che vuole, basta che lo voglia colla punta della sua volontà. E così dee abbandonarsi tutta nelle braccia della divina bontà. Oh quanto innamorano Dio questi atti di confidenza e di rassegnazione in mezzo alle tenebre della desolazione! Ah fidiamoci pure di un Dio che, come dice S. Teresa, ci ama più che noi amiamo noi stessi.
27. Si consolino pertanto queste anime care a Dio che stanno risolute di esser tutte sue e si vedono prive nello stesso tempo di ogni consolazione. La loro desolazione è segno che sono molto amate da Dio, e ch'egli lor tiene apparecchiato il luogo in paradiso ove le consolazioni son piene ed eterne. E tengano per certo che quanto più saranno state afflitte in questa terra, tanto più saran consolate nel regno de' beati: Secundum multitudinem dolorum meorum in corde meo, consolationes tuae laetificaverunt animam meam (Ps. XCIII, 19).
Per consolazione delle anime desolate voglio qui soggiungere quel che si narra nella vita della madre S. Giovanna di Chantal, la quale per lo spazio di 41 anni fu afflitta da terribili pene interne, di tentazioni, di timori di stare in disgrazia di Dio, ed anche di essere abbandonata da Dio. Erano sì continue e sì grandi le sue afflizioni che giungeva a dire che il solo pensiero della morte le dava qualche sollievo. Dicea di più: «Son tanto furiosi gli assalti, che non so dove ricoverare il povero mio spirito. Mi sembra talvolta che già se ne fugga la pazienza, ed io stia in atto di perdere e lasciare ogni cosa». Dicea di più: «Il tiranno della tentazione è sì crudele, che ogni ora del giorno io la cangerei colla perdita della vita. E talvolta perdo l'uso del mangiare e del dormire».
28. Negli ultimi otto o nove anni di sua vita le sue tentazioni furono assai più fiere. La madre di Scatel dicea che la sua santa madre di Chantal pativa giorno e notte un continuo martirio interno, quando faceva orazione, quando lavorava ed anche quando riposava; ond'ella ne avea un'estrema compassione. Era la santa combattuta contra tutte le virtù, eccettuata la castità, con sollevamenti di dubbi, di tenebre e di ripugnanze. Talvolta Iddio la privava de' suoi lumi, e le compariva sdegnato, come in atto di scacciarla da sè: in modo ch'ella per lo spavento volgeva lo sguardo altrove per trovar sollievo; ma, non trovandolo, era astretta di ritornare a guardare Iddio e ad abbandonarsi nella sua misericordia. Le parea che all'empito delle tentazioni stesse per cadere ogni momento. L'assistenza divina non già l'abbandonava, ma a lei sembrava che Dio già abbandonata l'avesse, non sentendo più alcuna soddisfazione, ma solo tedi ed angosce, nell'orazione, nella lettura de' libri divoti, nella comunione ed in tutti gli altri esercizi spirituali. La sua guida in tale stato di derelizione non era altro che mirar il suo Dio e lasciarlo fare.
29. Diceva la santa: «In tutti i miei abbandonamenti la mia via semplice mi è una nuova croce, e la mia impotenza di operare mi è un nuovo accrescimento di croce». E perciò dicea parerle esser ella come un infermo oppresso da' dolori, impotente a voltarsi da un lato all'altro, muto che non può spiegare i suoi mali, e cieco che non vede se quelli che gli vengono davanti gli rechino medicina o veleno. Indi piangendo dirottamente soggiungeva: «Mi pare di esser senza fede, senza speranza e senza amore verso il mio Dio». Frattanto non però la santa conservava il volto sereno, era dolce nel conversare, e continuamente tenea lo sguardo fisso in Dio, riposando nel seno della divina volontà. Onde scrisse di lei S. Francesco di Sales suo direttore e che ben conoscea quanto fosse diletta a Dio la di lei bell'anima: «Era il di lei cuore come un musico sordo, che sebbene eccellentemente cantasse, non potea ritrarne alcun piacere». Ed a lei stessa poi scrisse: «Voi dovete servire il vostro Salvatore solo per amore della sua volontà, colla privazione d'ogni consolazione, e con questi diluvi di tristezza e di spaventi». Così si fanno i santi:
Scalpri salubris ictibus,
Et tunsione plurima,
Fabri polita malleo
Hanc saxa molem construunt,
Aptisque iuncta nexibus,
Locantur in fastigio.
I santi già sono queste pietre elette, come canta la Chiesa, che lavorate a colpi di scalpello, cioè colle tentazioni, co' timori, colle tenebre, e con altre pene interne ed esterne, si rendono atte ad esser poi collocate ne' troni del regno beato del paradiso.
Affetti e preghiere.
Gesù, speranza mia, amor mio ed unico amore dell'anima mia, io non merito le vostre consolazioni e dolcezze: riserbatele queste alle anime innocenti che sempre vi hanno amato. Io peccatore non le merito nè ve le domando; quel che solo vi cerco: fate ch'io v'ami, fate ch'io adempia la vostra volontà in tutta la mia vita, e poi disponete di me come vi piace.
Povero me! altre tenebre, altri spaventi, altri abbandoni a me toccherebbero per le ingiurie che vi ho fatte: mi toccherebbe l'inferno, ove, stando per sempre separato da voi e da voi affatto abbandonato, dovrei piangere eternamente senza potervi più amare. No, Gesù mio, ogni pena accetto, ma non questa. Voi meritate un amore infinito; voi troppo mi avete obbligato ad amarvi; no, non mi fido di vivere e non amarvi.
Io v'amo, sommo mio bene, v'amo con tutto il mio cuore, v'amo più di me stesso, v'amo e non voglio altro che amarvi.
Vedo già che questa mia buona volontà è tutto dono della vostra grazia; ma, Signor mio, compite l'opera, assistetemi sempre sino alla morte, non mi lasciate in mano mia, datemi forza di superar le tentazioni e di vincer me stesso, e perciò fate che sempre a voi mi raccomandi.
Io voglio esser tutto vostro, vi dono il mio corpo, l'anima mia, la mia volontà, la mia libertà; non voglio vivere più a me, ma solo a voi, mio Creatore, mio Redentore, mio amore, mio tutto: Deus meus et omnia. Io voglio farmi santo e da voi lo spero.
Affliggetemi come volete, privatemi di tutto, basta che non mi private della vostra grazia e del vostro amore.
O speranza dei peccatori Maria, voi siete così potente con Dio, io molto confido nella vostra intercessione; vi prego per l'amore che portate a Gesù Cristo, aiutatemi e fatemi santo.
Addio, creature, contento vi lascio:
Più vostro non sono, nè sono più mio:
Da tutto già sciolto, io son del mio Dio.
Sì, tutto son tuo, mio caro Gesù;
Amato mio bene, accettami tu.
Amabil Signore, deh prenda il possesso
Di tutto me stesso il santo tuo amore:
Ei regni e governi in questo mio core
Che un tempo infelice ribelle a te fu.
Amabil Signore, possedimi tu.
O amore divino che rendi beate
Con fiamme celesti quell'alme che accendi,
Tu vieni al mio core, e degno tu 'l rendi
Del tuo puro ardore infiammami su,
O amore divino, consumami tu.