martedì 10 febbraio 2015

La vocazione: lasciarsi prendere per mano da Gesù

La vocazione: lasciarsi prendere per mano da Gesù

V Domenica Anno B – Gavarno, 8 febbraio 2015

Come viveva Gesù? E come erano le sue giornate? L’evangelista Marco presenta Gesù sempre in movimento. Le sue giornate sono piene: dalla sinagoga, alla casa, dalla casa alla porta della città, dalla città a un luogo di solitudine, nell’arco di una giornata: di giorno, la sera, la notte, il mattino. Gesù non sta fermo. Il suo andare è mosso da un desiderio che lo brucia: la passione del Regno di Dio, l'amore di Dio e degli uomini.
"Tutti ti cercano" gli dicono gli apostoli…  Egli disse loro: "Andiamocene altrove nei villaggi vicini perché io predichi anche là. Per questo infatti sono venuto".
Passa la sua giornata tra le gente: ascolta e vede. E’ attento e premuroso verso malati e sofferenti. Ha la sapienza del cuore e nel suo andare egli diviene occhi per il ciecopiedi per lo zoppo, come proclamato nel vangelo di oggi, mano che solleva.  Gesù non discute e non fa teorie sulle malattie.
Si fa vicino all’uomo e lo prende per mano. 
Con questo gesto non solo dà autorevolezza alle sue parole, ma comunica uno stile: la via per arrivare all’uomo parte dalla vita, dalle sue preoccupazioni e dalle sue attese. Gesù prende per mano e risveglia dal torpore di morte e dallo spirito dissipazione e di insensibilità che fa smarrire il senso della vita…
Nel messaggio per la giornata del malato, il papa scrive: “Quanti cristiani anche oggi testimoniano, non con le parole, ma con la loro vita radicata in una fede genuina, di essere “occhi per il cieco” e “piedi per lo zoppo”!”. 
Papa Francesco esprime gratitudine per quanti stanno vicino ai malati che hanno bisogno di un’assistenza continua, di un aiuto per lavarsi, per vestirsi, per nutrirsi: un servizio prezioso non privo di fatiche.
Prendere per mano è immagine che fa luce sulla vocazione. Oggi ricordiamo un quarantesimo di matrimonio. Un prendersi per mano cominciato da lontano.
Oggi ricordiamo il seminario e le vocazioni sacerdotali. La nostra società è diventata meno sensibile a questo richiamo, perché respira un’aria che la rende sorda ai valori dello spirito. Eppure anche oggi la messe è molta e gli operai sono pochi… 
La beata Teresa di Calcutta che nel suo servizio ha privilegiato sempre gli ultimi, non stancava di dire: "La prima povertà dei popoli è non conoscere Cristo"e a tutti ricordava: "La gente ha fame di Dio. La gente è assetata di amore. Ne siamo coscienti? Lo sappiamo? Lo vediamo? Abbiamo occhi per vederlo? Quanto spesso il nostro sguardo erra senza fermarsi Come se non facessimo altro che attraversare questo mondo. Dobbiamo aprire gli occhi, e vedere".
La vocazione è un lasciarsi prendere per mano dal Signore per condividere con Lui la passione per il regno, per essere con Lui e come Lui pastori e guida, per portare il Vangelo che libera nelle case e nella città… dove si svolge la vita sociale, politica, economica, culturale, nella società pluralista, laica, multiculturale e multi religiosa va testimoniato e annunciato il Vangelo.
Anche la nostra diocesi ha bisogno di vocazioni… In questi ultimi anni, abbiamo avuto trenta direttori di oratorio in meno! Sono trenta parrocchie sui cinquemila abitanti senza il prete giovane. Il numero dei teologi si mantiene sulla cinquantina… Tanti, ma pochi in rapporto alle necessità… Siamo tornati ai numeri della metà degli anni Settanta, quando il vescovo mi incaricò della pastorale vocazionale.
Presentiamo con Gesù al Padre i bisogni del nostra diocesi per vederli come li vede Dio e per condividere i suoi stessi sentimenti di misericordia, di perdono, di compassione, di tenerezza.
Preghiamo perché non manchino ragazzi e giovani che si lascino prendere per mano da Gesù, per annunciare il Vangelo della vera liberazione che il mondo di oggi attende e spera e che solo Dio può donare.
                                                                a cura di don Arturo Bellini


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