sabato 17 novembre 2012

2 IL COMBATTIMENTO SPIRITUALE di LORENZO SCUPOLI


CAPITOLO I
In che consiste la perfezione cristiana. Per acquistarla bisogna combattere.
Quattro cose necessarie per questa battaglia
Volendo tu, figliuola in Cristo amatissima, conseguire l'altezza della perfezione e, accostandoti al
tuo Dio, diventare uno stesso spirito con lui (cfr. 1Cor 6,17), dal momento che questa è la
maggiore e la più nobile impresa che si possa dire o immaginare, devi prima conoscere in che
cosa consista la vera e perfetta vita spirituale.
Molti infatti, senza troppo riflettere, l'hanno posta nel rigore della vita, nella macerazione della
carne, nei cilizi, nei flagelli, nelle lunghe veglie, nei digiuni e in altre simili asprezze e fatiche
corporali.
Altri, e particolarmente le donne, credono di aver fatto molto cammino se dicono molte preghiere
vocali; se partecipano a parecchie messe e a lunghe salmodie; se frequentemente vanno in chiesa
e si ritemprano al banchetto eucaristico.
Molti altri (tra cui talvolta se ne ritrova qualcuno che,  vestito dell'abito religioso, vive nei
chiostri) si sono persuasi che la perfezione dipenda del tutto dal frequentare il coro, dal silenzio,
dalla solitudine e dalla regolata disciplina: e così chi in queste e chi in altre simili azioni ritiene
che sia fondata la perfezione.
Il che però non è così! Siccome dette azioni sono ora mezzo per acquistare spirito e ora frutto di
spirito, così non si può dire che in esse solo consistano la perfezione cristiana e il vero spirito.
Sono senza dubbio mezzo potentissimo per acquistare spirito per quelli che bene e discretamente
le usano, per prendere vigore e forza contro la propria malizia e fragilità; per armarsi contro gli
assalti e gli inganni dei nostri comuni nemici; per provvedersi di quegli aiuti spirituali che sono
necessari a tutti i servi di Dio e massimamente ai principianti.
Sono poi frutto di spirito nelle persone veramente spirituali, le quali castigano il corpo perché ha
offeso il suo Creatore e per tenerlo sottomesso e umile nel suo servizio; tacciono e vivono
solitarie per fuggire qualunque minima offesa del Signore e per conversare nei cieli (cfr. Fíl 3,20
Volgata); attendono al culto divino e alle opere di pietà; pregano e meditano la vita e la passione
di nostro Signore non per curiosità e gusti sensibili, ma per conoscere ancora di più la propria
malizia e la bontà misericordiosa di Dio, onde infiammarsi sempre più nell'amore divino e
nell'odio di se stesse, seguendo con la loro abnegazione e la croce in spalla il Figliuolo di Dio;
frequentano i santissimi sacramenti a gloria  di sua divina Maestà, per congiungersi più
strettamente con Dio e per prendere nuova forza contro i nemici.
Ma ad altri poi che pongono nelle suddette opere esteriori tutto il loro fondamento, possono, non
per difetto delle cose in sé (che sono tutte santissime) ma per difetto di chi le usa, porgere
talvolta occasione di rovina più che i peccati fatti apertamente. Mentre sono intenti solo in esse,
abbandonano il cuore in mano alle inclinazioni e al demonio occulto, il quale, vedendo che
questi già sono fuori del retto sentiero, li lascia non solamente continuare con diletto nei suddetti
esercizi ma anche spaziare secondo il loro vano pensiero per le delizie del paradiso, dove si
persuadono di essere sollevati tra i cori angelici e di sentire Dio dentro di sé. Questi si trovano
talora tutti assorti in certe meditazioni piene di alti, curiosi e dilettevoli punti e, quasi dimentichi
del mondo e delle creature, par loro di essere rapiti al terzo cielo. Ma in quanti errori si trovino
questi avviluppati e quanto siano lontani da  quella perfezione che noi andiamo cercando,
facilmente si può comprendere dalla vita e dai loro costumi: infatti questi vogliono in ogni cosa
grande e piccola essere preferiti agli altri e avvantaggiati su di loro, sono radicati nella propria
opinione e ostinati in ogni loro voglia. Ciechi nei propri, sono invece solleciti e diligenti
osservatori e mormoratori dei detti e dei fatti altrui. Se tu li tocchi anche un poco in una certa
loro vana reputazione, in cui essi si tengono e si compiacciono di essere tenuti dagli altri, e li levi
da quelle devozioni che usano passivamente, si alterano tutti e s'inquietano moltissimo. E se Dio,
per ridurli alla vera conoscenza di se stessi e sulla strada della perfezione, manda loro travagli e
infermità o permette persecuzioni (che non  vengono mai senza sua volontà, così volendo o
permettendo, e che sono la pietra di paragone della lealtà dei suoi servi), allora scoprono il loro
falso fondo e l'interno corrotto e guasto a causa della superbia. Infatti in ogni avvenimento, triste   3
o lieto che sia, non vogliono rassegnarsi e umiliarsi sotto la mano divina acquietandosi nei
sempre giusti benché segreti giudizi di Dio (cfr. Rm 11,33); né sull'esempio del suo Figliuolo, il
quale umiliò se stesso e volle patire (cfr. Fil 2,8), si sottomettono a tutte le creature considerando
come cari amici i persecutori, che effettivamente sono strumenti della divina bontà e cooperano
alla loro mortificazione, perfezione e salvezza.
Perciò è cosa certa che questi tali sono posti in grave pericolo: avendo l'occhio interno
ottenebrato e mirando con quello se medesimi e le azioni esterne che sono buone, si attribuiscono
molti gradi di perfezione e così insuperbiti giudicano gli altri: ma per loro non c'è chi li converta,
fuorché uno straordinario aiuto di Dio. Per tale motivo assai più  agevolmente si converte e si
riduce al bene il peccatore pubblico, anziché quello occulto e coperto con il manto delle virtù
apparenti. Tu vedi dunque assai chiaramente, figliuola, che la vita spirituale non consiste nelle
suddette cose, come ti ho dichiarato. Devi sapere che essa non consiste in altro che nella
conoscenza della bontà e della grandezza di Dio, e della nostra nullità e inclinazione a ogni male;
nell'amore suo e nell'odio di noi stessi; nella sottomissione non solo a lui, ma a ogni creatura per
amor suo; nella rinuncia a ogni nostro volere e nella totale rassegnazione al suo divino
beneplacito: inoltre essa consiste nel volere e nel fare tutto questo semplicemente per la gloria di
Dio, per il solo desiderio di piacere a lui, e perché così egli vuole e merita di essere amato e
servito. Questa è la legge d'amore impressa dalla mano dello stesso Signore nei cuori dei suoi
servi fedeli. Questo è il rinnegamento di noi stessi, che da noi ricerca (cfr. Lc 9,23). Questo è il
giogo soave e il peso suo leggero (cfr. Mt 11, 30). Questa è l'obbedienza, alla quale con
l'esempio e con la parola il nostro Redentore e Maestro ci chiama.
E perché, aspirando tu all'altezza di tanta perfezione, devi fare continua violenza a te stessa per
espugnare generosamente e annullare tutte le voglie, grandi o piccole che siano, necessariamente
conviene che con ogni prontezza d'animo ti prepari a questa battaglia: infatti la corona non si dà
se non a quelli che combattono valorosamente.
Siccome tale battaglia è più di ogni altra difficile (poiché combattendo contro di noi, siamo
insieme combattuti da noi stessi), così la vittoria ottenuta sarà più gloriosa di ogni altra e più cara
a Dio. Se tu attenderai a calpestare e a dar morte  a tutti i tuoi disordinati appetiti, desideri e
voglie ancorché minime, renderai maggior piacere  e servizio a Dio che se, tenendo alcune di
quelle volontariamente vive, ti flagellassi fino al sangue e digiunassi più degli antichi eremiti e
anacoreti o convertissi al bene migliaia di anime. Sebbene il Signore in sé gradisca più la
conversione delle anime che la mortificazione di una voglietta, nondimeno tu non devi volere né
operare altro se non quello che il medesimo Signore da te rigorosamente ricerca e vuole. Ed egli
senza alcun dubbio si compiace di più che tu ti affatichi e attenda a mortificare le tue passioni
che se tu, lasciandone anche una avvedutamente e  volontariamente viva in te, lo servissi in
qualunque cosa sia pure grande e  di maggior importanza. Ora che tu vedi, figliuola, in che
consiste la perfezione cristiana e che per acquistarla devi intraprendere una continua e asprissima
guerra contro te stessa, c'è bisogno che ti provveda di quattro cose, come di armi sicurissime e
necessarissime, per riportare la palma e restare vincitrice in questa spirituale battaglia. Queste
sono: la diffidenza di noi stessi, la confidenza in Dio, l'esercizio e l'orazione. Di tutte tratteremo
con l'aiuto divino e con facile brevità.

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